contratti di concessione/affitto di bene immobile, stipulati tra l

Trento, 6 marzo 2014
PF/lb
CIRCOLARE N. 7/2014
Prot. n. 1304
Agli Enti Soci
- LL.SS. -
OGGETTO: contratti di concessione/affitto di bene immobile, stipulati tra l’Amministrazione
Comunale e le società di telefonia, al fine di permettere l’installazione di un impianto
atto a realizzare e gestire il servizio di telecomunicazione
La presente circolare realizza una disamina giuridica della fattispecie in oggetto.
Si ricorda che i casi concreti divergono da amministrazione comunale ad amministrazione
comunale. Si renderà quindi necessario, in ogni comune, raffrontare l’analisi di seguito esposta
con la fattispecie presente nel rispettivo territorio.
FATTO
Passando all’approfondimento della questione si rileva, in primo luogo, che la società di
telefonia Vodafone Omnitel N.V., società soggetta ad attività di direzione e coordinamento di
Vodafone Group Plc, con sede legale ad Amsterdam, gestionale ed amministrativa ad Ivrea, via
Jervis, 13, ha stipulato con varie Amministrazioni Comunali trentine dei contratti di concessione o
affitto di particelle fondiarie al fine di installare degli impianti (stazione radio base, comprensiva di
strutture ed antenne) atti a realizzare e fornire il servizio di telecomunicazione.
Attualmente la suddetta società presenta istanza alle Amministrazioni Comunali
sostenendo che i contratti di concessione/locazione in essere sono invalidi e privi di efficacia
perché in contrasto con l'art. 93 del D.Lgs 259/03.
La società chiede all’Amministrazione Comunale di conformarsi all’art. 93, del D.Lgs. n.
259/2003, applicando alle occupazioni di aree pubbliche con infrastrutture di comunicazione
elettronica, in luogo degli attuali contratti di concessione, la tassa o il canone previsto per
l’occupazione di spazi ed aree pubbliche; chiede, inoltre, che l’Amministrazione Comunale
preveda un’apposita riduzione della tariffa stabilita per le occupazioni di spazi ed aree pubbliche
realizzati con manufatti di altra tipologia, ai sensi della lett. e), comma 2, art 63 del D. Lgs. 446
del 1997.
La società avverte, infine, che nelle more provvederà al pagamento dell’importo minimo di
euro 516,16 (stabilito per legge) in luogo del pagamento del canone di concessione.
I suddetti contratti sono diversi da comune a comune; alcuni hanno ad oggetto beni
immobili appartenenti al demanio, altri beni appartenenti al patrimonio indisponibile
dell’Amministrazione Comunale, altri appartengono al patrimonio disponibile; altri ancora sono
terreni gravati dal diritto di uso civico il quale è stato temporaneamente sospeso ai sensi di legge.
LE NORME
L’art. 93 del D.Lgs. n. 259/2003, come modificato (con decorrenza dal 01.06.2012) dall’art.
68, comma 1, del D. Lgs 28 maggio 2012 n. 70, stabilisce che “1. Le Pubbliche
Amministrazioni, le Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre per l'impianto di
reti o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti
per legge.
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2. Gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere
indenne la Pubblica Amministrazione, l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario o gestore, dalle
spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte
dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime
nei tempi stabiliti dall'Ente locale.
Nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto, in
conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice o per l'esercizio dei servizi di
comunicazione elettronica, fatta salva l'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed
aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del
canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all' articolo 63 del decreto legislativo
15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, calcolato secondo quanto previsto dal
comma 2, lettere e) ed f), del medesimo articolo, ovvero dell'eventuale contributo una tantum per
spese di costruzione delle gallerie di cui all' articolo 47, comma 4, del predetto decreto legislativo
15 novembre 1993, n. 507 .”
Peraltro la disposizione precedente già prevedeva il divieto di imposizione di oneri e canoni
ulteriori a carico degli operatori di reti di comunicazione elettronica ma limitatamente alla fase di
“esecuzione delle opere” di installazione degli impianti in questione.
La modifica normativa introdotta pare quindi estendere la già espressa volontà del
legislatore affinché nessun altro onere finanziario, reale o contributo possa essere imposto, sia in
conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice, sia per l'esercizio dei servizi di
comunicazione elettronica.
LA GIURISPRUDENZA
La Corte Costituzionale, nella sentenza 272/2010, ha ribadito che lo scopo dell’art. 93
del D.Lgs 259/03 è quello di impedire che le Regioni possano «liberamente prevedere obblighi
“pecuniari” a carico dei soggetti operanti sul proprio territorio» e, dunque, di scongiurare il rischio
«di una ingiustificata discriminazione rispetto ad operatori di altre Regioni, per i quali, in ipotesi,
tali obblighi potrebbero non essere imposti»; la Corte rileva poi come tale esigenza si ponga,
nello stesso modo, per tutti gli obblighi pecuniari, siano essi imposti in occasione del rilascio
dell’autorizzazione ovvero previsti per interventi di vigilanza e di controllo che si rendano
necessari nel corso dello svolgimento del servizio e che, dunque, siano inerenti al rapporto
instauratosi con l’amministrazione proprio in forza dell’originario titolo autorizzativo.
La sentenza del T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Sez. I – 15 luglio 2010, n. 525 in riferimento
ad un ricorso promosso dalla Vodafone Omnitel N.V. contro il Comune di Udine in merito al
rinnovo della concessione in uso di un terreno per il mantenimento di un impianto di telefonia,
mette in luce che nei casi come quello in oggetto non sia applicabile l’art. 93 del D.Lgs. 259/03.
Secondo il Collegio, il comma 1 dell’art. 93, del D.Lgs 259/03 come sopra citato si limita a
stabilire, in via di principio, una enunciazione che chiaramente risponde all’esigenza di non
gravare finanziariamente l’espletamento di un servizio che risponde ad un comprovato interesse
della collettività.
Il T.A.R. Friuli-Venezia Giulia aggiunge, tuttavia, che non confligge con questa previsione la
sottoposizione ad una previsione tariffaria per la collocazione od il mantenimento di una stazione
radio base.
Il comma 2, dell’art. 93, del D.Lgs 259/03, secondo il T.A.R. Friuli-Venezia Giulia ha una
valenza più specifica, riannodata, tuttavia, sempre ad aspetti squisitamente economici, e,
segnatamente ai rapporti intercorrenti tra gli operatori che forniscono le reti di comunicazione
elettronica e l’Ente locale, ovvero l'Ente proprietario, nella fase relativa alla installazione delle reti
stesse. La disposizione prevede, da un lato, che: “Gli operatori che forniscono reti di
comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere indenne l'Ente locale, ovvero l'Ente
proprietario, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche
specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola
d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale”; dall’altro, che: “nessun altro onere
finanziario o reale può essere imposto, in base all'articolo 4 della legge 31 luglio 1997, n. 249, in
conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice, fatta salva l'applicazione della tassa
per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre
1993, n. 507, oppure del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all'articolo 63
del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni ed integrazioni,
calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettera e), del medesimo articolo, ovvero
dell'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'articolo 47,
comma 4, del predetto decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507”.
Questa seconda previsione – evocata dalla società ricorrente – secondo il Collegio va
interpretata in relazione all’intera normativa e si riferisce, de plano, alla fase di esecuzione
degli interventi de quibus – l’installazione delle reti di comunicazione elettronica - come
risulta dal cenno all’art. 4 della legge 31 luglio 1997, n. 249 (che, come si è visto, si riferisce a sua
volta alla medesima fase), nonché dalla locuzione “esecuzione delle opere di cui al Codice”: la
quale allude verosimilmente all’art. 88 del D.Lgs. n. 259 del 2003.
Seguendo l’orientamento espresso nella sentenza, l’art. 93 del D.Lgs. 259/03, non sarebbe
dunque applicabile o, meglio, tale norma non sarebbe sufficiente per escludere una
regolamentazione della tariffa da parte dell’amministrazione comunale.
La suddetta sentenza T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Sez. I – 15 luglio 2010, n. 525 non è stata
appellata dalla società Vodafone Omnitel N.V..
Tuttavia, preme mettere in luce che, sia la sentenza della Corte Costituzionale che
quella emessa dal T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Sez. I – 15 luglio 2010, analizzano la
situazione normativa antecedente alla modifica legislativa introdotta nel giugno 2012.
Si rileva, altresì che, mentre il Comune di Udine aveva regolamentato il pagamento della
C.o.s.a.p. dell’area in questione, per i comuni trentini il corrispettivo è frutto di contratti di
concessione/locazione.
Ricostruito il panorama normativo e giurisprudenziale, pare ora opportuno procedere nella
disamina della questione analizzando l’ambito di applicabilità dell’art. 93 del D.Lgs. 259/03 in
relazione alla classificazione di “beni pubblici”.
BENI APPARTENENTI AL PATROMINIO DISPONIBILE
Con riferimento alle aree appartenenti al patrimonio disponibile è indubbio che le stesse
possano essere oggetto di contratti di locazione di diritto privato in quanto beni soggetti alla
disciplina del diritto comune.
L’art 93, del D.Lgs. 259/03, rinviando alla disciplina della Tassa Occupazione Spazi ed
Aree Pubbliche (T.o.s.a.p.) ovvero del Canone Occupazione Spazi ed Aree Pubbliche
(C.o.s.a.p.), non trova applicazione ai beni appartenenti al patrimonio disponibile; la tassa o il
canone sono applicabili esclusivamente, in virtù della relativa disciplina istitutiva, ai beni
demaniali ed a quelli che appartengono al patrimonio indisponibile.
Pertanto, ricorrendo tale fattispecie, le amministrazioni comunali che hanno previsto
fideiussioni o depositi cauzionali a garanzia del corretto adempimento del contratto, previo invito
a Vodafone Omnitel N.V. a versare il canone pattuito e previo avviso che, in caso di mancato
versamento si avvarranno delle suddette garanzie, potranno eventualmente valutare di procedere
all’escussione dei depositi cauzionali.
BENI DEMANIALI O PATRIMONIALI INDISPONIBILI
Nel caso di beni demaniali o appartenenti al patrimonio indisponibile sembra invece
applicabile la normativa sopra richiamata addotta da Vodafone a fondamento della relativa
pretesa.
La previsione di una regolamentazione ad hoc della C.o.s.a.p. per tale fattispecie
risulterebbe quindi opportuna e renderebbe più facile per il futuro anche la riscossione della tariffa
nel momento in cui le società di telefonia non dovessero pagare. In questo modo, in caso di
mancato pagamento si potrebbe, infatti, procedere con un’iscrizione a ruolo senza dover
affrontare le lungaggini e l’aleatorietà di un giudizio.
In prospettiva di tale regolamentazione, si suggerisce di prestare adeguata attenzione ai
seguenti criteri:
- Istituzione di una nuova categoria di occupazione permanete di suolo pubblico destinata
alla realizzazione ed alla gestione del servizio di telecomunicazione. A tal fine si
rammenta che, l’individuazione delle zone all’interno dell’abitato urbano in cui è possibile
installare tali impianti, dovrebbe già essere stata effettuata dai comuni nel momento in cui
gli enti locali hanno adottato il regolamento che prevede l’insediamento urbanistico e
territoriale dei nuovi impianti di telecomunicazione così come previsto dall’art 3 bis del
D.P.G.P. 29 giugno 2000 n. 13 – 31/Leg.
- Determinazione della tariffa: quest’ultima dovrà essere determinata considerando il valore
economico della disponibilità dell’area ed il sacrificio imposto alla collettività; a questo
proposito si rileva che ciò che deve essere tenuto in considerazione per quantificare il
canone non è tanto il valore dell’area ma piuttosto il valore della disponibilità dell’area
che varia in ragione della peculiarità del concessionario. Per esempio il Comune di
Udine, per tale fattispecie, ha stabilito una tariffa di euro 460,00 a metro quadrato (per le
aree interne all’abitato) e 382,00 a metro quadrato per quelle esterne; tali tariffe sono
state ritenute eque e non irrazionali o illogiche dal Tar nella sopra richiamata sentenza
dove si sottolinea che il Consiglio comunale si è avvalso di un potere discrezionale
esercitato in conformità dell’art. 63 del D.Lgs 446/97.
Per i comuni che hanno invece adottato il regolamento T.o.s.a.p., essendo la
determinazione delle tariffe, ai sensi di legge (art. 44 del D.Lgs 15.11.1993 n. 507 ss. mm), più
vincolata, si suggerisce di provvedere all’adozione di un regolamento C.o.s.a.p..
BENI DI USO CIVICO
Più complesso appare infine delimitare l’ambito di applicabilità dell’art. 93 del D.Lgs.
259/03 con riferimento ai beni di uso civico.
Al fine di determinare l’eventuale riconduzione di tale fattispecie nell’ambito di applicabilità
della norma citata, occorre, a giudizio di chi scrive, poter individuare puntualmente la natura dei
beni in questione ovvero chiarire, in primo luogo, se i beni gravati di uso civico sono o no di
proprietà del Comune e, in secondo luogo, se lo sono a titolo di demanio o di patrimonio
indisponibile.
Circa il primo profilo di analisi si osserva sostanzialmente che il diritto di uso civico può
gravare sui terreni appartenenti a) alla generalità dei cittadini di uno specifico Comune/Frazione
(e in questo caso si tratterebbe, secondo la giurisprudenza esaminata, di beni appartenenti al
“demanio universale” quale categoria a se stante e diversa dal concetto di demanio come
disciplinato dall’art. 822 del Codice civile); b) a specifici gruppi di persone (ad. es. le c.d. Regole
di Spinale e Manez o la Magnifica Comunità di Fiemme); c) all’A.S.U.C. quale organo della
Frazione che esercita l’attività amministrativa di gestione dei beni frazionali di uso civico (nello
specifico si osserva, in realtà, che l’A.S.U.C. non potrebbe nemmeno risultare titolare formale di
beni frazionali, in quanto è solo organo di gestione di tali beni, la cui titolarità ‘sostanziale’ spetta
alla Comunità di tutti gli abitanti mentre la titolarità formale all’Ente di imputazione: il Comune per
i beni di uso civico comunale, la Frazione per i beni di uso civico frazionale – in tal senso vedasi
la Circolare n. 2/2008 del Servizio Libro fondiario della P.A.T.)
Se per la fattispecie di cui alle lettere b) e c) è indubbia la non applicabilità del precitato art
93, del D.Lgs. 259/03 in quanto il titolare “tavolare” del bene (sia questo A.S.U.C., Frazione, la
Magnifica Comunità di Fiemme ovvero le Regole di Spinale e Manez) non rientra comunque tra i
soggetti di cui al comma 1 del precitato art. 93, potrebbe residuare eventualmente qualche
perplessità limitatamente ai beni di uso civico comunale di cui alla lett. a).
Con riferimento a tale categoria si osserva che, secondo un cospicuo orientamento
giurisprudenziale della Cassazione, la presenza del diritto di uso civico non è atta a far ricadere
automaticamente un bene nella categoria del demanio o del patrimonio indisponibile intesi
civilisticamente ancorchè tale bene sia di proprietà comunale, qualificandosi l’uso civico come
elemento “esterno” alla natura giuridica del bene.
Pertanto ai fini dell’imposizione T.O.S.A.P./C.O.S.A.P. pare rilevare non tanto il regime
giuridico civilistico cui sono sottoposti i beni gravati di uso civico proprio a causa della presenza di
uso civico (inalienabilità, imprescrittibilità ecc.), bensì la natura originaria di questi beni
prescindendo dalla presenza del vincolo di uso civico.
In tale direzione pare andare pure la Risoluzione 20/11/1997, n. 223/E del Ministero delle
Finanze il quale, rispondendo ad un quesito posto da un’amministrazione comunale che chiedeva
se siano soggette alla T.o.s.a.p. le occupazioni effettuate su terreni incolti di montagna gravati da
uso civico appartenenti al patrimonio disponibile del comune medesimo, risponde in modo
negativo. Al riguardo, il Ministero rileva che, esaminata la questione debba essere esclusa
l'applicabilità della tassa per l'uso particolare dei terreni di cui trattasi. Detti terreni, infatti,
secondo quanto esposto nella risoluzione, fanno parte del patrimonio disponibile del comune e,
quindi, il loro utilizzo da parte del singolo cittadino non rientra nella previsione normativa di cui
all'art. 38 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 e successive modificazioni ed integrazioni,
secondo la quale sono attratte a tassazione solo le occupazioni di spazi ed aree demaniali o del
patrimonio indisponibile dell'ente locale. Il Ministero continua sottolineando che a diversa
conclusione non si ritiene possa condurre la circostanza che, nel caso di specie, i terreni siano
gravati da uso civico. Infatti, l'uso civico, sebbene, si presenti nella sua disciplina con notevoli
analogie rispetto a quella dei beni demaniali, ha tuttavia una natura giuridica diversa ed ha
particolari criteri che ne regolano l'amministrazione e la tutela. Peraltro, il Ministero ribadisce che,
pur volendosi attribuire all'uso civico il carattere sostanziale della demanialità, nel caso di specie,
l'esclusione dalla tassa risulterebbe, comunque, confermata dal fatto che, trattandosi di terreni
incolti, mancherebbe la effettiva destinazione degli stessi all'uso pubblico generalizzato, il quale,
come è stato affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, Sezioni unite, con sentenza n. 6950
del 23 giugno 1993, rappresenta l'elemento indispensabile per l'imposizione.
La dottrina esaminata pare addirittura escludere qualsiasi inquadramento sistematico del
bene d’uso civico entro categorie codicistiche (‘…in quanto tali beni rappresentano una proprietà
collettiva caratterizzata dal vincolo di destinazione al godimento collettivo e, per tale vincolo, essa
si attesta indivisibile ed inalienabile senza che queste caratteristiche ne facciano un bene
pubblico della specie demaniale o patrimoniale indisponibile. Il modello dominicale è una
fattispecie di appartenenza autonoma..’ – I beni d’uso civico, L. Fulciniti, CEDAM 2000, pag.
103).
Preme infine segnalare, ai sensi della legge provinciale sugli usi civici (L.P. 6/2005), la
possibilità per l'amministrazione competente di disporre a favore di terzi la sospensione del
vincolo di uso civico per la realizzazione di opere, di interventi o impianti di pubblica utilità, ivi
inclusi quelli finalizzati a garantire servizi pubblici essenziali, nonché per consentire la
concessione in uso a titolo oneroso di un determinato bene di uso civico ovvero la costituzione
sul medesimo di diritti reali (art. 15, comma 1)
Il medesimo articolo stabilisce inoltre che la concessione in uso o la costituzione di diritti
reali deve in ogni caso prevedere le forme specifiche di utilizzo del bene, il corrispettivo e la
durata dell'utilizzo o del diritto nonché gli obblighi e le garanzie poste a carico dei soggetti terzi a
tutela del bene di uso civico. Il corrispettivo deve essere congruo e impiegato in conformità a
quanto previsto dall'articolo 10 della L.P. 6/2005.
La legge provinciale, nel caso di concessione in uso di tali beni, impone dunque il
pagamento di un corrispettivo che è una cosa ben diversa dal pagamento di una tassa o di un
canone per l’occupazione di suolo pubblico o di un contributo.
Per tutto quanto sopra esposto, con riferimento alla fattispecie in esame, pare non trovare
applicazione, almeno a giudizio di chi scrive, l’art. 93 del D.Lgs. 259/03.
RINEGOZIAZIONE DEI RAPPORTI DI CONCESSIONE
Sia nel caso generale in cui Vodafone chiede di applicare l’art 93 del D.Lgs. 259/03, sia nel
caso in cui chiede di rideterminare l’ammontare del canone di concessione/locazione onde
evitare di smantellare i siti presenti sui territori comunali, l’amministrazione comunale sarà tenuta
a porre in essere una comparazione degli interessi pubblici coinvolti, cercando di verificare da
una parte l’interesse all’incasso di un determinato canone e, dall’altra, l’interesse a mantenere sul
proprio territorio gli impianti di telecomunicazione che offrono un indubbio servizio di interesse
collettivo; non si può sottovalutare infatti la possibilità della società di recedere anticipatamente
dal contratto qualora tale possibilità sia stata prevista nelle convenzioni.
La decisione in un senso o nell’altro sarà ovviamente frutto di una scelta discrezionale e
politica che resta in capo alle singole amministrazioni comunali e che può variare da comune a
comune.
Nello specifico, per quanto riguarda la richiesta della società di applicazione dell’art. 93 del
D.Lgs. 259/03 (sempre e solo per quanto riguarda i beni demaniali e indisponibili) si rileva che
l’art. 1339 c.c. prevede che Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge [o da
norme corporative], sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole
difformi apposte dalle parti.
A questo riguardo secondo parte della dottrina, perché possa farsi luogo alla sostituzione
della clausola contrattuale con la norma imperativa, è necessario che quest'ultima preesista al
contratto, cioè sia già in vigore al momento della sua stipulazione ( Carresi, Il contratto, in Tratt.
Cicu, Messineo, XXI, 2, Milano, 1987, 216, nt 15; Messineo, Contratto, 944). In senso contrario a
tale conclusione, si è però osservato che, salva diversa espressa disposizione del legislatore, le
norme cogenti si applicano all'atto stesso della loro entrata in vigore, indipendentemente dalla
preesistenza di clausole pattizie da esse difformi, sicché non sussisterebbero ostacoli alla
sostituzione di clausole per effetto di una normativa avente carattere imperativo sopravvenuta
alla conclusione del contratto ( Scognamiglio R., 234).
Nessun rilievo, in particolare, bisognerebbe attribuire al fatto che, in questo modo, le parti
non abbiano potuto conoscere, al momento della stipulazione, l'esistenza della norma imperativa
e dunque non abbiano potuto regolamentare i loro rapporti tenendo adeguatamente conto del
rischio della sostituzione, la quale, infatti, opera indipendentemente dai presupposti conoscitivi
che possano essere stati assunti ad oggetto di valutazione nell'esercizio della privata autonomia
(Riccio, Inserzione automatica di clausole e invalidità di clausole difformi, in CeI, 2005, 63).
Se un contratto è concluso con una determinata clausola, o prezzo di beni o servizi, che
successivamente venga ad essere disciplinata, in modo cogente, per legge, qualora il rapporto
derivante dal predetto contratto sia ancora pendente, al momento del ius superveniens, la nuova
disciplina può trovare ingresso nel vecchio rapporto attraverso l'art. 1339 (C. 6798/1993; contra
C. 4220/1957).
Stante l’incertezza giuridica e la mancanza di giurisprudenza sul punto i comuni trentini
potrebbero optare per seguire la tesi che sostiene che non possa farsi luogo alla sostituzione
automatica del prezzo qualora la clausola che prevede dei prezzi fissati dalla legge non fosse già
in vigore al momento della stipulazione del contratto.
CONCLUSIONI
In conclusione, riassumendo sommariamente le argomentazioni sopra svolte, si consiglia
di:
Beni appartenenti al patrimonio disponibile e beni di uso civico:
- inviare a Vodafone Omnitel N.V. una diffida ad adempiere chiedendo oltre al versamento
del canone anche gli interessi. (Per quanto sopra evidenziato, preme tuttavia
sottolineare l’opportunità per le Amministrazioni comunali di valutare se nel caso di
specie sia più conveniente concludere per il futuro un accordo che ridetermina il canone
andando incontro alle richieste della società oppure insistere per il pagamento,
affrontando se necessario una lite giudiziaria per conseguire il mancato pagamento
nonché il rischio di un eventuale recesso anticipato dal contratto).
Beni appartenenti al demanio e al patrimonio indisponibile:
- prevedere una regolamentazione ad hoc della C.o.s.a.p. per queste fattispecie particolari
(anche in modo da consentire all’amministrazione comunale di conseguire l’eventuale
mancato pagamento della tariffa con un’iscrizione a ruolo in luogo di una lite giudiziaria)
tenendo conto, per i contratti in corso, di quanto sopra argomentato.
Si allega infine il parere predisposto dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato che è stato
richiesto dallo scrivente Consorzio al fine di rafforzare la posizione dei comuni trentini in questa
fattispecie.
Si evidenzia altresì che, nel caso in cui la società Vodafone Omnitel N.V., dopo la diffida
ad adempiere dovesse continuare a non versare i canoni pattuiti, ci si potrà rivolgere alla
precitata Avvocatura per valutare l’opportunità di intraprendere eventuali azioni giudiziarie.
Ricordiamo che gli uffici del Consorzio sono a disposizione sia per un’eventuale attività di
raccordo e coordinamento delle iniziative che le Amministrazioni volessero intraprendere, sia per
ogni chiarimento che dovesse rendersi necessario.
Cordiali saluti.
Il Direttore
dott. Alessandro Ceschi
All.
Il Presidente
dott. Paride Gianmoena
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