Addebito della separazione ad entrambi i coniugi: lui violento e

Addebito della separazione ad entrambi i coniugi: lui violento e fedifrago lei pronta a
scappare
Corte
con
di
i
soldi
Cassazione
del
marito
n.
19002/2014
Civile
(Cass.
n.
sez.
I
19002/2014)
del
10/9/2014
Presidente: Carnevale
Svolgimento del processo
1. - Il Tribunale di Bolzano nel 2007 dichiarò la separazione giudiziale di R.R. e A.M. senza addebito,
rigettando la domanda della M. di assegnazione della casa coniugale e condannando il R. a versarle un
assegno
di
euro
1300,00
mensili.
Avverso tale sentenza propose appello il R. ai fini dell'addebito della separazione alla M., del rigetto della
domanda della stessa di assegno di mantenimento e della corresponsione a lui stesso di un assegno
dell'importo
di
750,00
euro
mensili.
2. - La Corte d'appello di Trento - Sez. distaccata di Bolzano, con sentenza del 6 maggio 2009 rigettò il
gravame, addebitando peraltro la separazione ad entrambi i coniugi e revocando il contributo al
mantenimento
della
M..
La Corte di merito esaminò preliminarmente la eccezione sollevata dall'appellante secondo la quale il
termine per la costituzione nel procedimento di secondo grado sarebbe stato troppo breve, rigettandola,
alla stregua del rilievo che per il procedimento di secondo grado avverso sentenze di separazione sulla
base dell'art. 23 della legge n. 78 del 1987 andrebbe applicato il rito della camera di consiglio, disciplinato
dagli
artt.
737
e
segg.
cod.
proc.
civ.
In particolare, l'art. 739, secondo comma, cod. proc. civ., prevede che il reclamo venga depositato entro
dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione. Nella specie, con decreto dell'11 gennaio 2008 era
stato concesso termine alla M. fino al 20 febbraio 2008 per la costituzione nella causa. Per la notifica del
ricorso e del decreto alla controparte era stato concesso termine fino al 5 febbraio 2008, che la Corte
giudicò adeguato tenuto conto che il legislatore concede al ricorrente solo dieci giorni per la
predisposizione del reclamo. Non si configurava, quindi, disparità di trattamento tra le parti né violazione
dei
diritti
della
difesa.
Nel merito, il giudice di secondo grado rilevò che dalle risultanze istruttorie era emerso che il R. era
dedito all'alcool e che era stato visto spesso in compagnia di una signora più giovane, che spesso
minacciava la moglie, la offendeva e la picchiava. Peraltro era emerso sul conto della M. che costei aveva
effettuato prelevamenti privati dal conto del Residence R., incassandone i ricavi e che, allontanandosi dal
domicilio coniugale per un lungo periodo, aveva fatto un viaggio in Australia con un soggetto che aveva
sostenuto le relative spese. Inoltre, la M. aveva ottenuto nel dicembre del 1998 il ricovero coattivo del
marito nel reparto di psichiatria dell'ospedale di Brunico ed aveva poi minacciato di farlo ancora.
Da tali acquisizioni probatorie la Corte di merito inferì che entrambi i coniugi avevano violato regole
imperative e inderogabili, sicchè non era possibile stabilire una graduazione nella violazione dei rispettivi
doveri, avendo contribuito entrambi a rendere insostenibile la convivenza, con conseguente addebito
della separazione ad entrambi. Pertanto, non potevano essere prese in considerazione né la domanda di
contributo
di
mantenimento
di
R.
né
quella
della
M..
3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre la M. sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso il
R..
Motivi della decisione
1. - Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 101 cod. proc. civ. e falsa applicazione
degli artt. 23 della legge n. 74 del 1987 e 4, quindicesimo comma, della legge n. 898 del 1970 nonché
dell'art. 709-bis, secondo comma, cod. proc. civ. in combinato disposto con l'art. 739 cod. proc. civ., e
violazione dell'art. 350 cod. proc. civ. La Corte di merito avrebbe concesso alla M. un termine
eccessivamente breve per la costituzione nel giudizio di appello, violando il principio del contraddittorio
ed il diritto di difesa. Fa presente il difensore della ricorrente di aver ricevuto mandato solo dopo che al
legale officiato per il primo grado del procedimento di separazioné era stato notificato l'atto di gravame
del R., sicchè egli aveva avuto solo "25 giorni per organizzare la difesa. Al riguardo, si osserva nel ricorso
che, pur ammettendosi che l'appello in materia di separazione e divorzio segua il rito camerale - ciò che,
dopo la riforma del 2005, sarebbe opinabile - non dovrebbe, comunque trovare applicazione nella specie
l'art. 739, secondo comma, cod.proc.civ., riferibile al solo reclamo e non anche al giudizio di appello.
2.
-
La
censura
risulta
priva
di
fondamento.
Secondo l'orientamento di questa Corte, ai sensi dell'articolo 23 della legge 6 marzo 1987 n. 74, l'appello
avverso le sentenze di separazione deve essere trattato con il rito camerale, il quale si applica all'intero
procedimento, dall'atto introduttivo - ricorso, anziché citazione - alla decisione in camera di consiglio (v.
Cass.,
sent.
n.
17645
del
2007.
Cfr.
anche
Cass.,
sent.
n.
21161
del
2011).
Nella specie, la Corte ha emesso, in data 11 gennaio 2008, decreto di fissazione dell'udienza per il 20
febbraio 2008, concedendo termine all'appellante fino al 5 febbraio 2008 per la notifica del ricorso e del
decreto: termine, codesto, da ritenere adeguato, come già ha fatto la Corte di merito nel rigettare la
eccezione già in quella sede sollevata dalla difesa dell'attuale ricorrente, in considerazione della maggiore
brevità del termine di dieci giorni concesso dal richiamato art. 739, secondo comma, cod. proc. civ. per la
predisposizione del reclamo. Donde la esclusione di ogni censura di disparità di trattamento tra le parti o
di
violazione
del
diritto
di
difesa.
3. - La seconda censura ha ad oggetto la asserita contraddittorietà del dispositivo e la violazione del
combinato disposto degli artt. 336 e 132 n. 5 cod. proc. civ. Si osserva che, avendo la Corte di merito
rigettato entrambi gli appelli, non avrebbe potuto al tempo stesso riformare la sentenza impugnata,
addebitando ad entrambi i coniugi la responsabilità della separazione - non attribuita in primo grado a
nessuno dei due - così determinando la perdita del diritto della M. all'assegno di mantenimento, stabilito
dal
4.
primo
-
La
doglianza
è
giudice.
immeritevole
di
accoglimento.
4.1. - Sussiste un contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, che determina la nullità della
sentenza, ai sensi degli artt. 156 e 360 n. 4 cod. proc. civ., nel solo caso in cui il provvedimento risulti
inidoneo a consentire l'individuazione del concreto comando giudiziale, non essendo possibile ricostruire la
statuizione del giudice attraverso il confronto tra motivazione e dispositivo attraverso valutazioni di
prevalenza di una delle affermazioni contenute nella prima su altre di segno opposto presenti nel secondo
(v.
Cass.,
sent.
n.
14966
del
2007).
Il principio secondo cui la portata precettiva di una sentenza va individuata con riferimento non solo al
dispositivo, ma anche alla motivazione, trova, invece, applicazione tutte le volte in cui il giudice abbia
pronunciato una sentenza di merito (di accertamento o di condanna) che si presti ad una interpretazione
complessiva, che presuppone una sostanziale coerenza delle diverse parti e proposizioni della medesima.
4.2. - Nella specie, dal tessuto motivazionale della sentenza impugnata emerge con sicura evidenza che la
valutazione della Corte di merito, incentrata essenzialmente sulla addebitabilità a ciascuno dei coniugi
della crisi del rapporto matrimoniale, non consentiva né l'accoglimento dell'appello principale del R., volto
ad ottenere la declaratoria di addebito della separazione alla moglie quale presupposto per l'accoglimento
della domanda di condanna della stessa alla corresponsione in suo favore dell'assegno di mantenimento,
né l'accoglimento del gravame incidentale della M., inteso a conseguire l'accertamento della esclusiva
responsabilità
del
coniuge
nella
causazione
della
crisi
coniugale.
In tale contesto, in cui risulta chiara la volontà della Corte di escludere ogni diritto di ciascuno dei coniugi
all'assegno di mantenimento in quanto responsabili entrambi della intollerabilità della prosecuzione della
convivenza, nessun rilievo idoneo a determinare un insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo
della sentenza assume il contenuto nel dispositivo, in cui, mentre si stabilisce il rigetto dell'appello
principale del R. (oltre che di quello incidentale), si addebita però la separazione non solo allo stesso R.,
ma anche alla M., e, conseguentemente, si revoca il riconoscimento in favore di costei, contenuto nella
sentenza di primo grado, dell'assegno di mantenimento, che costituiva uno dei risultati cui il gravame era
inteso.
5. - Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 151, secondo comma, cod. civ.,
e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio. La Corte di merito avrebbe riportato molto sommariamente, ai
fini della ricostruzione del percorso logico del proprio convincimento, episodi confermati da alcuni testi,
senza un vero esame istruttorio, senza, cioè, cercare riscontri a tali episodi, alcuni dei quali verificatisi in
epoca successiva alla separazione dei coniugi, e senza esaminare l'attendibilità dei testi; mentre, per
converso, avrebbe omesso di valutare altre risultanze istruttorie che avrebbero dovuto indurla a diverse
conclusioni.
6.
-
La
censura
è
infondata.
6.1. - La valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla
credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle
ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del
merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre,
non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a
discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi
implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono
logicamente
incompatibili
con
la
decisione
adottata.
6.2. - Nella specie, la Corte di merito ha fornito ampia ed articolata motivazione del proprio
convincimento in ordine alla responsabilità di entrambi i coniugi nella crisi del matrimonio, analizzando
puntigliosamente il materiale probatorio dal quale ha ritenuto emergesse, di volta in volta, la
dimostrazione del contributo offerto da ciascuno di essi alla intollerabilità della prosecuzione della
convivenza.
7. - Le suesposte argomentazioni danno conto altresì della infondatezza del quarto motivo, con il quale si
deduce ancora violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., anche in riferimento all'art. 356 cod. proc.
civ. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla mancata considerazione di un
documento prodotto nel giudizio di primo grado, e ritenuto tardivo dal Tribunale, in cui il R. riconosceva
alcuni torti commessi nei confronti della moglie e la spettanza alla stessa di una parte del compendio
immobiliare costruito con danaro e lavoro di entrambi, riconoscimento cui non aveva poi fatto seguito il
materiale
trasferimento
alla
M.
di
alcuno
di
detti
beni
immobili.
8. - Resta assorbito dal rigetto delle illustrate censure l'esame del quinto motivo, che presuppone
l'accoglimento delle prime, e con il quale si richiede l'addebito delle spese di tutti i gradi del giudizio al
R..
9. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In ossequio al criterio della soccombenza, le spese
del giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio