i m 70 i s e notiziario PERIODICO del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia Poste Italiane s.p.a. - Spediz. in abb. post. - d.l. 353/2003/ (conv. in L. 27-02-2004 n. 46) art. 1 - comma 1- DCB - Filiale R.E. - Tassa pagata taxe perçue - Anno XLVI - N. 07-08 di settembre-ottobre 2014 - In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio P.T. di Reggio Emilia detentore del conto per restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. 07-08 2014 settembreottobre 03 l© editoriale Quale riforma del lavoro Fiorella Ferrarini 05 l© politica Intervista a Luca Vecchi Claudio Ghiretti 09 l© società Intervista a un agente di PS reggiano Francesca Correggi 11 l© 70esimi 70 anni fa la “settimana” del partigiano Antonio Zambonelli sommario Editoriale 03 Quale riforma del lavoro?, di F. Ferrarini Politica 04 Reggio e la cultura della memoria, intervista Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia, di C. Ghiretti 07 L’ANPI contro le mafie, comunicato stampa 08 Brescello, Poviglio e Boretto, intervista ai rispettivi sindaci, di A. Fava 11 L’Anpi e la Costituzione, il resoconto dell’incontro pubblico del luglio scorso, di R. Zardetto Intermezzo 10 A Case Vecchie lungo il Modolena nel ricordo del partigiano poeta Vampa Il lavoro di Giulia e Alessia della 4B della Scuola primaria di San Polo per il progetto promosso dal Comune di San Polo in collaborazione con la Scuola dell’infanzia “Papa Giovanni XIII”, Scuola paritaria dell’infanzia “Mamma Mara”, Scuola elementare “Renzo Pezzani”, Scuola media “Francesco Petrarca” Progetto 25 aprile (1945...2013) Liberi di sognare, Liberi di parlare, liberi di lavorare... in Pace Festa della Liberazione Estero 12 L’inevitabile e costante fallimento dei negoziati israelo-palestinesi, di B. Bertolaso 14 “Ai compagni del Curdistan iracheno”, di G. Notari 14 Le guerre nel mondo Società 15 “Sono sempre stato orgoglioso di mio nonno partigiano”, intervista a un agente di PS reggiano, di F. Correggi 17 Lavoratori e aziende a Correggio, intervista a Renzo Giannoccolo, CGIL, di F. Tavernelli Interventi 19 Con quieto pacifismo, di F. Tavernelli 20 Un 25 aprile dimenticabile, di R. Montanari Cultura 21 Non un maggio qualsiasi per Maria, racconto di E. Carlotti - “l’Unità” è morta rimane la speranza della sua resurrezione, di G. Notari 22 Antonio Soda, politica e cultura, un ricordo 23 A. Soliani,“Tutto si muove, tutto si tiene”, recensione di A. Fava 70esimi 25 70 anni fa iniziava la lunga settimana del partigiano, di A. Zambonelli 26 L’esperienza degli sfollati a Codesino, di R. Martinelli Memoria 28 Sentieri partigiani 2014, di Chiara Guarnieri e Annalisa Govi 31 E’ passata anche per i luoghi della Resistenza la Route del coraggio degli scout cattolici, di a.z. 32 Quando il tenente della Wehrmacht Mueller divenne partigiano, di A. Zambonelli 33 Vanni Luciano, vita di un uomo di montagna, un’autobiografia - CAI “Cani sciolti” e ISTORECO sul sentiero partigiano n. 5 Ricorrenze 34 Festeggiato a Montalto Giannetto Magnanini l’Opinione 24 La riforma del Senato è davvero un attentato alla Costituzione?, di G. Bertani 35 Lettere 38 Lutti 39 Anniversari 43 I sostenitori Le rubriche 13 Segnali di pace, Saverio Morselli 37 Primavera silenziosa, Massimo Becchi In quarta di copertina: “Giornata d’aprile” è il titolo di questo bassorilievo su tavola di legno (cm. 75 x 105) con cui Armando Giuffredi (Montecchio, 1909-1986) vinse il primo premio per la scultura al concorso Arte e Resistenza indetto dall’ANPI reggiana all’indomani della Liberazione. L’iniziativa registrò la partecipazione di 30 artisti (pittori e scultori). Tra di loro gli allora giovanissimi Vittorio Cavicchioni, Nello Leonardi e Remo Tamagnini. notiziario 07-08 2014 sett-ott Spedizione in abbonamento postale - Gruppo III - 70% Periodico del Comitato Provinciale Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Reggio Emilia Via Farini, 1 - Reggio Emilia - Tel. 0522 432991 C.F. 80010450353 e-mail: [email protected]; [email protected] sito web: www.anpireggioemilia.it Proprietario: Giacomo Notari Direttore: Antonio Zambonelli Caporedattore: Glauco Bertani Comitato di redazione: Eletta Bertani, Ireo Lusuardi Collaboratori: Paolo Attolini (fotografo), Angelo Bariani (fotografo), Massimo Becchi, dott. Giuliano Bedogni, dott. Carlo Menozzi, Bruno Bertolaso, Sandra Campanini, Anna Fava, Nicoletta Gemmi, Claudio Ghiretti, Saverio Morselli, Fabrizio Tavernelli Registrazione Tribunale di Reggio Emilia n. 276 del 2-03-1970 Settembre-ottobre 2014 chiuso il 15 settembre 2014 Impaginazione e grafica Glauco Bertani Per sostenere il “Notiziario”: UNICREDIT, piazza del Monte (già Cesare Battisti) Reggio Emilia IBAN: IT75F0200812834000100280840 CCP N. 3482109 intestato a: Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - Comitato Provinciale ANPI editoriale Quale riforma del lavoro? di Fiorella Ferrarini Il tema del lavoro “è uno degli impegni principali per l’AN- PI, tenuta alla salvaguardia delle disposizioni della Carta Costituzionale, tra le quali emergono quelle relative al lavoro, a partire dall’art. 1”, afferma il presidente Smuraglia nell’ultima newsletter. Nel secondo trimestre 2014 il tasso di disoccupazione in Italia è arrivato al 12,3 percento, in crescita di 0,2 punti percentuali su base annua; per gli uomini l’indicatore rimane stabile all’11,5 percento; per le donne sale dal 12,8 percento di un anno prima all’attuale 13,4 percento! Aumentano i divari territoriali, con l’indicatore pari all’8,4 percento nel Nord (+0,3 punti percentuali) e al 20,3 percento nel Mezzogiorno (+0,5 punti), mentre rimane stabile al 10,8 percento nel Centro (dati ISTAT). La situazione è gravissima, specialmente per i giovani, il cui tasso di disoccupazione tra i 14 e i 25 anni ha superato il 40 percento. Scende ancora la produzione industriale a luglio, rispetto all’aumento nell’Eurozona. E’ stato firmato a metà settembre dal presidente Napolitano il decreto Sblocca Italia, contenente “misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive”: il decreto che prevede dieci miliardi per grandi opere. Questo è sicuramente un provvedimento necessario e urgente. Ma il vero elemento di discussione è il Jobs Act, il pacchetto delle proposte sul lavoro di Matteo Renzi. In Commissione sono state approvate alcune norme importanti, come la stretta sulla pratica illegale delle dimissioni in bianco per le donne, il potenziamento e la semplificazione dei contratti di solidarietà, il contratto di ricollocamento, di cui dovrebbe beneficiare ogni disoccupato, la possibilità di cedere le ferie ai colleghi con figli ammalati. Rinviata alla seconda metà di settembre, invece, la discussione sull’articolo 4, quello sul riordino delle forme contrattuali, che riguarda il “contratto a tutele crescenti” e quindi il tema caldissimo dell’eventuale revisione dell’articolo 18, con l’ipotesi di escludere il potenziale reintegro dei lavoratori dopo un licenziamento per ingiusta causa (l’art. 18 era comunque già stato in parte “superato” dalla riforma Fornero senza per altro aver risolto nulla, visto che non sono affatto stati creati nuovi posti di lavoro!) La Camusso ha in proposito osservato che: “si è scivolati su una discussione secondo la quale bisogna ridurre i diritti per estenderli ad altri”! Nel Jobs Act, ha sottolineato la segretaria della CGIL, “molti titoli sono assolutamente condivisibili. Ma noi dopo i titoli vogliamo conoscere come si intendono applicare quelle norme. Per noi il grande tema è l’inclusione dei giovani non garantiti nel mondo del lavoro”. La CGIL e la FIOM hanno programmato mobilitazioni dei lavoratori a ottobre. Sostiene Smuraglia che il dibattito sembra essersi subito orientato “nella direzione della eccessiva rigidità del sistema giuridico del lavoro” e delle difficoltà che si frappongono ai licenziamenti, e quello del “superamento” – ormai considerato certo e irreversibile – dello Statuto dei diritti dei lavoratori. Insomma, si parla soprattutto di regole, considerandole ingiustamente come elemento fondamentale per il rilancio delle attività produttive e dello sviluppo, come ha sottolineato sabato 13 settembre anche l’on. Bersani a Festareggio. Non si vuole sostenere che lo Statuto “non si tocca”, continua il presidente ANPI, “perché è ovvio che le trasformazioni economico-sociali suggeriscono qualche modifica, qualche aggiustamento e qualche integrazione (è vero, infatti, che lo Statuto fu redatto pensando soprattutto al lavoro dipendente e stabile e dunque occorre inserire garanzie e tutele anche per le altre tipologie di lavori). La verità è che si parte dall’idea di un mutamento radicale della stessa filosofia dello Statuto. Mettere mano al quale, nella sostanza, è quasi come mettere mano, con disinvoltura, alla Costituzione”. Ci preoccupano le affermazioni di Mario Draghi secondo cui è giunto il momento in cui gli stati membri della UE, dopo aver rinunciato alla sovranità sui bilanci debbano “almeno in parte rinunciare anche a quella sulle politiche economiche”. Questo convincimento, neanche a dirlo, sembra abbia il pieno consenso della Germania ma anche quello più o meno esplicito, più o meno forzato, degli altri Stati , tra cui l’Italia. L’autunno, dunque, come da diversi anni, si preannuncia caldo e non in senso meteorologico. Condividiamo pienamente le parole del presidente Smuraglia che conclude: “Dobbiamo insistere perché si torni alla ragione e soprattutto ai princìpi-guida della Costituzione; puntando sullo sviluppo, sulla crescita, sulla innovazione e sulla ricerca; combattendo le distorsioni dell’economia, della concorrenza e del mercato, prodotte da cause esterne e illegali (corruzione e mafie)”. Dopo di che, nonostante il disfavore che si continua ad ostentare nei confronti dei sindacati, varrebbe la pena di aprire con loro un confronto e col mondo giuridico una discussione, su un vero e proprio “piano” suscettibile di conciliare le esigenze dello sviluppo con le garanzie di sicurezza e di dignità che spettano, e devono spettare, alle persone che lavorano”. sett/ott 2014 notiziario anpi 3 politica Reggio e la Cultura della Memoria Intervista a Luca Vecchi, Sindaco di Reggio Emilia di Claudio Ghiretti S Reggio Emilia, Sentieri Partigiani 2014. Cortile delle ex Officine Reggiane: il partigiano Ferdianando Cavazzini intervistato da Matthias Durchfeld; alla sua destra la partigiana Giacomina Castagnetti (foto Chiara Guarnieri) ignor Sindaco, prima di entrare nel merito della nostra intervista, se l’aspettava una vittoria tanto netta alle elezioni del 25 Maggio scorso? E, secondo Lei, quanto hanno influito le ragioni locali e quanto le ragioni nazionali? Ogni candidatura elettorale e in particolare la candidatura a sindaco di una città, in una democrazia è sempre un ‘fatto collettivo’, è frutto di una scelta e di un lavoro collettivi. Mi è stato proposto di candidarmi, dalla mia parte politica certo, ma anche da tanti amici, simpatizzanti, da persone che non conoscevo e mi hanno espresso la loro fiducia. Un grande sostegno, anche umano e affettivo, è venuto dai volontari del mio partito, che voglio ringraziare nuovamente anche attraverso questo giornale. Posso dire che mi aspettavo di vincere 4 sett/ott 2014 notiziario anpi le elezioni e di vincerle al primo turno, come è avvenuto. Il notevole consenso nazionale raccolto dal Pd alle Europee è stato importante, ma ritengo che qui a Reggio abbiano voluto premiare i contenuti e il metodo della nostra campagna elettorale. Abbiamo spiegato onestamente che non tutto si può fare, che serve fare scelte nell’interesse della collettività. Gli elettori, non solo quelli tradizionalmente di centrosinistra, hanno capito. I reggiani sono gente tosta, per dirla con Francesco Guccini, sanno qual è ‘il sugo del sale’, cioè la sostanza della sostanza. Anche questo è ‘lavoro collettivo’. All’inizio del suo impegno come Sindaco di Reggio Emilia, ci dica qual è la cosa più importante che vorrebbe realizzare? Le cose importanti da realizzare sono certo più di una e sa- società rebbe riduttivo parlare di una soltanto. A Reggio Emilia c’è un tema culturale, da portare avanti. Penso agli aspetti della Contemporaneità, della cultura e dell’espressione creativa a noi coeva, così ricca di fermenti e di desiderio di futuro, di speranza, di cambiamento. Penso alla valorizzazione della risorsa intellettuale, artistica, creativa, nei campi dell’educazione, della fotografia e delle diverse arti figurative, del teatro. La musica, per esempio è un campo vivace in città. Credo si debba fare uno sforzo ulteriore, che ritengo molto importante, sul tema della Memoria. Penso a un progetto di Cultura della Memoria che sia diffusivo, coinvolgente, agile, abbordabile anche dalle generazioni più giovani. La Memoria - sia essa storica in senso ‘classico’, ma anche dei luoghi, degli oggetti, delle storie di vita, dei significati – è un’aspirazione, anzi un bisogno impellente del nostro tempo. Abbiamo bisogno di vedere, toccare, riflettere, per poter capire e vedere il futuro, per poter comprendere il nostro status di cittadini; abbiamo bisogno di identità, purché sia un’identità aperta, non esclusiva o escludente ma partecipata e quindi sempre più condivisa. Credo che questo possa valere senz’altro anche per la Memoria della Resistenza, che è una Memoria di libertà e democrazia, quindi molto connaturata alla nostra contemporaneità. Certo vi è anche altro di importante da realizzare, nel ‘mare grande e complesso’ di una città come la nostra. Serve lavorare sui Luoghi della Comunità, luoghi non solo fisici, ma di relazione e di crescita: i quartieri e fra questi il centro storico che è più di ogni altro il quartiere di tutti, il simbolo appunto di una memoria identitaria; la scuola; la socialità e lo sport. Nella sua campagna elettorale, Lei ha molto insistito sulla necessità di impegnare il Comune per fronteggiare la crisi economica e il dramma della mancanza di lavoro, ma, in concreto, cosa può fare veramente un Sindaco e con quali risorse? Il lavoro è e deve essere il nostro assillo. E’ nell’articolo 1 della Costituzione, perché è la linfa della democrazia e della dignità della persona. Dopo la crisi innescatasi nel 2008, nulla potrà essere come prima. Siamo di fronte ad un cambiamento strutturale. A questo mutamento epocale si può rispondere soltanto cambiando. Reggio Emilia ha dimostrato di essere un esempio in questo, dalla nascita del Primo Tricolore e della Repubblica Cispadana alla nascita del movimento cooperativo e riformista a inizio Novecento, dalla Resistenza alla rinascita della democrazia e dell’economia nel dopoguerra. Alla fine degli anni Quaranta eravamo fra le città più povere d’Italia. Ma le persone hanno dato una risposta di comunità ed hanno saputo superare le difficoltà e produrre nuove visioni e risposte. E anche questa volta sarà la risposta di comunità che ci farà uscire dalla crisi. Il Comune non è un ente di promozione economica, ma credo che possa dare un contributo importante anche nella costruzione di nuovo lavoro e nuova economia. Percorrere, come stiamo facendo, la strada della sinergia tra investimenti pubblici e privati con strumenti di collaborazione che si stanno rivelando efficaci, è una risposta. Una risposta di comunità, perché chiama in causa attori e risorse importanti, e li orienta verso un obiettivo di interesse collettivo. Avviene per il centro storico, avviene per la ricerca e l’innovazione industriale, avviene per la rigenerazione di diversi ambiti urbani, per la cura della comunità, per la scuola. E si traduce anche in un aiuto a chi è in difficoltà, aiuto che non è mera assistenza, ma accompagnamento a uscire dalla difficoltà, aiuto rivolto a ogni persona o famiglia a ritrovare la propria autonomia e dignità. In questo senso, il Bilancio del Comune è costruito in ogni sua parte come strumento anti-crisi, cioè strumento che vuole contribuire a favorire e governare il cambiamento. Luca Vecchi Non c’è dubbio che la Stazione Mediopadana del treno ad Alta Velocità rappresenti una grande opportunità per l’intero territorio reggiano, ma anche parmense, modenese e mantovano. Uno degli assi della sua politica, lo dico in sintesi, è quello di fare di Reggio Emilia un nodo della rete delle città europee. Che cosa dobbiamo aspettarci entro i prossimi 5 anni? Sì, la stazione Mediopadana è un’opportunità per tutti. La leggiamo come un elemento a servizio di Reggio e delle città vicine che costituiscono quella che chiamiamo “Area vasta”, in grado di superare gli asfittici confini provinciali per creare un dialogo e una cooperazione fra territori e comunità affini. La nuova stazione, avrà, per il territorio reggiano, numerose ricadute positive. Per esempio, nel favorire il decollo degli interventi nell’area Reggiane. Consentirà alle imprese di cogliere al meglio l’opportunità di Expo Milano 2015. La nuova stazione porterà risorse in termini di investimenti e quindi di lavoro, ma anche in termini di capitale sociale, di cultura, di promozione della comunità. Si tratta di processi complessi e non immediati (siamo stati troppo abituati e illusi al ‘tutto e subito’), ma credo che alcuni di questi risultati si potranno vedere già nei prossimi anni. Dopo la vittoria elettorale, Lei ha proposto ai reggiani una Giunta molto rinnovata. Quattro donne e quattro uomini con poca esperienza politica alle spalle. Perché questa scelta? Qualcuno l’ha interpretata come una netta presa di distanza dalle amministrazione guidate dal suo predecessore, Delrio. E’ così? Le assessore e gli assessori sono stati scelti in base alle loro competenze ed esperienze professionali e questo è un fatto nuovo, che segna la volontà di aprire l’Amministrazione a nuove, benefiche contaminazioni. L’esperienza politica non è assente, diciamo piuttosto che non vi sono esperienze politiche pluridecennali, come è giusto che sia. Inoltre, due assessori su otto hanno già avuto ottime esperienze politicoamministrative nella giunta precedente e quindi credo che vi sett/ott 2014 notiziario anpi 5 politica sia anche un’attenzione alla continuità. Io stesso, sebbene giovane, non credo certo di essere alle prime armi della politica. Non capisco quale necessità di ‘netta presa di distanza’ vi sia rispetto alle Amministrazioni guidate da Graziano Delrio. Mi pare un’interpretazione non fondata e alquanto forzata. Dietrologie a parte, il vero tema di un’Amministrazione è il programma e il suo portarlo avanti, nell’interesse collettivo, sia pure nelle pesantissime ristrettezze economiche in cui ogni Comune oggi si trova. Ed è quello che stiamo facendo. Lei punta molto sull’innovazione. Ha messo addirittura un assessore all’agenda digitale, ma in pratica di cosa si tratta? I contenuti dell’Agenda digitale sono scelte volte ad esempio alla digitalizzazione, quindi alla semplificazione, di procedure burocratiche in tema di appalti oppure di documenti anagrafici, così come alla partecipazione nei quartieri che può riguardare la segnalazione di bisogni o criticità così come la proposta di soluzioni e progetti da parte dei cittadini: da Internet alla strada, per dirla con uno slogan. Le potenzialità del digitale sono vastissime. Vogliamo continuare a lavorare con maggiore energia ed efficacia su questi progetti, fra l’altro strettamente legati alla vita nei quartieri, dopo la cancellazione, per legge, di quel punto di contatto e dialogo fra Comune e comunità che erano le Circoscrizioni. Veniamo ad alcuni problemi molto sentiti. Il trasporto pubblico a Reggio costa molto, non riesce a competere con l’automobile e trasporta molti “portoghesi”. A ciò si aggiunga la divergenza fra Comune e Seta. L’azienda dei trasporti chiede di aumentare il prezzo dei biglietti per non fare un buco di bilancio, il Comune dice: prima migliorate il servizio. Cosa sta succedendo? Succede che le risorse nazionali per il Trasporto pubblico locale sono state dimezzate e Comuni ed aziende di gestione del trasporto si sono trovati ancora una volta con il cerino in mano. La solita guerra tra poveri. Nonostante queste difficoltà, SETA e ACT hanno chiuso i bilanci in pareggio e questo è un risultato rilevante, perché anche le passività sono un costo – seppure non immediatamente percepibile – per l’intera collettività. E’ un dato che SETA abbia investito 1,5 milioni di euro quest’anno per il potenziamento e miglioramento del proprio parco mezzi, che sono dieci in più, ma solo sul trasporto extraurbano, e che Comune e Agenzia della Mobilità stiano investendo risorse per centinaia di migliaia di euro 6 sett/ott 2014 notiziario anpi Un “tram” di SETA per la riqualificazione e il miglioramento della sicurezza delle fermate dei bus. Sul tema dei biglietti, con la consulta degli studenti, le scuole e altri attori pubblici stiamo svolgendo un programma di educazione al rispetto delle regole, sia sulla sicurezza, sia sul rispetto e decoro dei mezzi, sia sul pagamento delle corse: lavorare insieme è l’unico modo per risolvere i problemi, spingendo lo sguardo al di là delle polemiche. Centro Storico. E’ un tema di grande complessità e sempre d’attualità. Vi sono iniziative in corso, come quella del nuovo centro commerciale e residenziale di “Palazzo Busetti ed ex Poste” che daranno nuovo slancio al commercio, ma come si pone la sua amministrazione di fronte al fatto che di reggiani in centro ne sono rimasti pochi e gli stranieri sono ormai il 40 percento della popolazione? Posto che essere stranieri – ma è meglio dire cittadini migranti o di origine non italiana, perché per noi è straniero solo chi non rispetta le regole – non è certamente un reato, né un disonore, esiste un tema di residenzialità del centro storico. Serve, ed è nostro obiettivo, costruire un dialogo con i proprietari immobiliari per costruire strategie a promozione di una nuova e più densa residenzialità nella città storica. Serve il coinvolgimento di attori privati in politiche e progetti di interesse pubblico, sul modello di quanto avvenuto, su ampia scala, per palazzo Busetti ed ex Poste o sta avvenendo per palazzo del Carbone: interventi che introducono qualità urbana, aprono al pubblico luoghi che erano divenuti marginali, offrono spazi per una residenza diversificata e appetibile. Le nuove offerte commerciali, che fungono da attrattori a vantaggio anche del commercio al detta- glio tradizionale, sono indubbiamente un elemento di incentivazione anche della residenzialità in centro storico. L’Amministrazione comunale anche in questo caso ha un ruolo di facilitazione, di promozione, oltre che di attivazione di progetti di intervento. Serve ora una presa di coscienza, un atto di responsabilità e anche, me lo lasci dire, uno scatto di orgoglio da parte di attori non pubblici ma con un ruolo determinante nel centro storico, affinché il contributo alla soluzione di criticità sia veramente efficace. Parliamo di degrado e sicurezza in città. Fino ad ora questi problemi sono stati affrontati con provvedimenti d’emergenza come le ordinanze antialcol o con controlli straordinari da parte di Polizia e Carabinieri. Ma la delinquenza in città aumenta e contro i comportamenti incivili la Polizia Municipale sembra non sapere come affrontarli. Ha in mente azioni più efficaci e strutturali? La sicurezza è un tema centrale del programma di mandato. E’ vero che le ordinanze servono a fronteggiare emergenze, ma è anche vero che questi provvedimenti hanno indotto, con la loro sistematicità, una maggiore consapevolezza delle regole e hanno dato alle forze di polizia la possibilità di compiere centinaia di interventi mirati. L’Amministrazione ha approvato di recente il nuovo Regolamento di Polizia locale, che aggiorna, rende permanenti e mette a sistema una serie di norme di convivenza civile e decoro urbano, che incidono positivamente sulla qualità della vita e la sicurezza. Polizia di Stato, Carabinieri e Polizia municipale, coordinati nel Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, svolgono ogni giorno un lavoro importantissimo in tema di presidio del territorio e di servizio di prossimità. Vale la pena ricordare, solo in tema politica di Polizia municipale, che nel 2013 gli interventi svolti sono stati in totale 27.322. Di questi, per restare in tema di sicurezza e convivenza civile, 502 interventi sono stati svolti per disturbo della quiete pubblica, 560 per violazioni in materia di commercio, 40 in materia di prostituzione, 321 per accattonaggio, 82 per bivacchi, 52 per danneggiamenti a beni pubblici e privati, 2.712 per problematiche di relative a condizioni manutentive di parchi e arredi pubblici, 30 per spaccio di stupefacenti, 489 per furti e altri reati contro il patrimonio, 1.706 azioni di ausilio alle forze di polizia e vigili del fuoco. La Polizia municipale di Reggio Emilia è l’unica, insieme a quella di Bologna (che però è una città metropolitana a cui Reggio non può essere paragonata) in tutta la regione Emilia-Romagna a garantire l’operatività su tutte le 24 ore della giornata, per tutto l’anno. Interventi di riqualificazione quali quello del piazzale parcheggio Aci e quello del Palazzo dei Musei in centro storico sono a beneficio anche della sicurezza e della convivenza civile ad esempio nella vicina via Secchi. La collaborazione fra Comune e comitati civici, come quello di porta Castello, ha portato, insieme con interventi come la riqualificazione e il presidio sociale del parco Cervi, esiti positivi sul piano della convivenza e della vivibilità dei luoghi pubblici della zona. Come si vede, dove c’è volontà di lavorare insieme, i nodi si sciolgono. Ancora una volta, un lavoro collettivo. Grazie Signor Sindaco e buon lavoro. Grazie Reggio Emilia, agosto 2014. L’abbattimento del palazzo delle Poste L’ANPI contro le mafie Il comunicato stampa dell’associazione partigiani reggiani sulle vicende delle penetrazioni mafiose, oggetto di forte dibattito nella nostra provincia e non solo L’ ANPI della provincia di Reggio Emilia considera non da oggi l’impegno contro le mafie, così come contro ogni forma di illegalità e di sopraffazione, un modo attuale di fare Resistenza, proprio in nome dei valori scaturiti dalla vicenda storica della lotta contro il fascismo e per l’affermazione dei principi codificati nella Costituzione repubblicana. Proprio per questo – come segnalammo al Presidente del Tribunale dott. Caruso in due incontri nel 2012 – siamo da anni vicini ai gruppi locali come Libera con la quale da anni collaboriamo nell’ambito di progetti rivolti dalle scuole e Goel; e in varie occasioni, come ad una Festa resistente di Felina, abbiamo voluto con noi Enrico Bini, la personalità da anni tra le più impegnate nel segnalare il rischio e l’attualità delle infiltrazioni mafiose nel Reggiano. Ma ha qualche buona ragione, lo stesso dott. Caruso, quando afferma “Non mi sarei mai aspettato una situazione simile nel Reggiano. Siamo in Emilia, terra di valori civili, di partigiani, di Resistenza, con istituzioni ben radicate “, aggiungendo poi una considerazione che merita tutta la nostra attenzione e che dovrà essere oggetto di serie riflessioni: ”A questo punto mi è venuto di pensare che rispetto al tema del contrasto alle mafie vi sia maggior impegno in una certa parte della società civile in Sicilia che da queste parti”. Curiosamente si tratta di una considerazione emersa anche nell’incontro di mercoledì 24 u.s., nella nostra sede, tra alcuni dirigenti ANPI e Vincenzo Linarello, il Presidente del Gruppo cooperativo Goel, che da anni si batte con coraggio, in Calabria, nella sua Lòcride, contro la ‘ndrangheta, con successi che meriterebbero di essere meglio conosciuti , valorizzati e sostenuti. Ciò detto crediamo di poter aggiungere che il richiamo del dott. Caruso alle radici resistenziali dell’identità emiliana ci conferma nella necessità di un ridefinizione del nostro legame con tali radici. Una “ridefinizione” che sia, come cerchiamo di fare anche noi come ANPI, superamento di una retorica celebrativa fine a se stessa, per una più puntuale e seria riflessione sul passato (Memoria e Storia) che ci metta in grado di far fronte, ogni giorno, alle sfide del presente: quelle legate ai fenomeni mafiosi, ma anche quelle derivanti dagli sconvolgimenti che già mettono a repentaglio la convivenza tra i popoli e la pace nel mondo.Vogliamo infine esprimere il nostro vivo apprezzamento per i ragazzi di Cortocircuito per le inchieste sulla mafia a Reggio, ricordando che avemmo il piacere di ospitarli nella nostra sede quando erano all’interno del Movimento Studenti “Locomotiva”. sett/ott 2014 notiziario anpi 7 politica Brescello, Poviglio e Boretto Intervista ai sindaci Marcello Coffrini, Gianmaria Manghi e Massimo Gazza di Anna Fava Anche nella nostra provincia, lo scorso 24-25 maggio, si sono svolte le elezioni amministrative. Molti i sindaci riconfermati, alcuni nuovi con qualche comune che ha avuto una inversione di tendenza: Guastalla, per esempio, che dopo l’amministrazione degli ultimi 5 anni da parte del Centro Destra, ha vinto un Sindaco di Centro Sinistra. Anche a Poviglio, Boretto e Brescello il Centro Sinistra si è riaffermato alla guida di queste amministrazioni. Poviglio riconfermando Sindaco Giammaria Manghi con un Consiglio molto nuovo e molto giovane e Brescello, dove il Sindaco precedente, Vezzani, che non poteva esser ricandidato perché già al secondo mandato, ha lasciato il posto a Marcello Coffrini, avvocato ed ex assessore nella Giunta precedente. Caso particolare, (ma non unico nemmeno nella nostra provincia) è stato Boretto dove la sfida non era battere gli avversari politici, ma portare a votare il 50+1degli aventi diritto: pena il commissariamento, in quanto nessun altro schieramento aveva presentato una lista da contrapporre a quella del Sindaco Massimo Gazza. Sindaci eletti con percentuali “bulgare” ai quali vanno le congratulazioni e gli auguri sinceri di un buon lavoro. A loro spetterà amministrare per i prossimi cinque anni queste comunità, in un momento non felice per gli Enti locali e con una crisi economica che non accenna a passare. A loro, l’ANPI, ha voluto rivolgere due domande che vogliono essere una fotografia del territorio delle sfide che li attendono ed un programma legato al 70°anniversario della fine della seconda guerra mondiale. 1) Un primo breve bilancio di questi 3 mesi di mandato e quali sono le emergenze principali del territorio da Lei governato? 2) Il 25 aprile 2015 sarà il 70°anniversario della fine della II GM. Anniversario significativo che vedrà molti soggetti impegnati nel ricordarlo con diversi progetti e/o manifestazioni. Quali iniziative pensate di mettere in campo per ricordare tale avvenimento? Marcello Coffrini 1) In questi tre mesi mi sono reso conto di quelle che possono essere intese come esigenze principali, spesso identificabili anche come emergenze, del nostro comune. In particolare credo che le istanze di aiuto, di tipo economico, logistico e lavorativo, rivolte dai cittadini al comune siano il tema più delicato da trattare, sia per il loro livello quantitativo, sia per la necessità di capire come rispondere e quali criteri applicare per operare in modo equilibrato e, soprattutto, non fine a se stesso. In pratica ritengo sia sempre più importante coordinare le associazioni presenti sul territorio per dirottare parte dei servizi (in particolare gestione del verde, della 8 sett/ott 2014 notiziario anpi pulizia e del decoro urbano) verso gestioni in economia, utilizzando cittadini senza impiego ed in attesa di nuovo impiego, in modo da non erogare aiuti senza un contributo da parte dei soggetti aiutati. Il tutto porterebbe risparmi alle casse comunali, ma permetterebbe anche di motivare i soggetti interessati con effetti positivi anche sul loro futuro reinserimento lavorativo.Su tale punto stiamo lavorando da inizio mandato e contiamo di avere i primi riscontri entro fine anno 2014. Abbiamo dedicato parte del nostro tempo alla cura del territorio, a 360 gradi, ritenendo fondamentale fornire una immagine dello stesso ordinata, pulita ed efficiente, sia per i cittadini che per i numerosi turisti che fortunatamente ci visitano regolarmente.L’idea è quella per cui la crisi economica che ci affligge non debba essere un elemento demotivante, né un alibi per non fare, per cui con tale spirito stiamo affrontando la gestione del territorio e dell’ambiente che ci circonda. Successivamente all’approvazione del bilancio, a fine settembre, inizieremo a progettare la ristrutturazione interne del Comune con rimozione delle barriere architettoniche esistenti. 2) Per celebrare il prossimo 25 aprile la mia idea sarebbe quella di continuare il lavoro fatto con le scuole presenti nel nostro comune, incentivando lo sviluppo di progetti educativi e conoscitivi, per non qualificare la ricorrenza come qualcosa di scontato e di superato; l’impegno sarà quello di iniziare da subito a valuta- re come e cosa fare in tale ottica. Siamo disponibili a collaborare con ANPI ed a ricevere ogni suggerimento al riguardo. Gianmaria Manghi 1) Direi che l’avvio di legislatura è statocaratterizzato da scelte immediate e concrete, in fluida continuità con il mandato precedente. Subito l’attivazione del wi fi nelle aree pubbliche, poi, nel mese di luglio, la costruzione e l’approvazione del bilancio di previsione 2014, in cui l’ennesimo taglio dei trasferimenti statali è stato affrontato attraverso un’ulteriore riduzione della spesa ed una politica tributaria all’insegna della progressività, politica contraddistinta dal principio in virtù del quale “chi più ha, più paga”. Con il mese di agosto, infine, si sono definite le condizioni economiche per operare, da qui a fine anno, un rilevante intervento di edilizia scolastica, dell’importo pari a 330 000 euro, che consentirà di agire sugli edifici di Scuola Primaria e Secondaria di primo grado, effettuando la sostituzione di tutti i rispettivi serramenti. Ciò garantirà un apporto assai significativo alla sicurezza di alunni ed insegnanti ed al contempo arrecherà un contributo al risparmio energetico. La scuola, dunque, al centro dell’azione amministrativa di questo avvio di legislatura, dato confermato anche dall’assenza di liste d’attesa al Nido ed alla Scuola d’Infanzia. Quanto alle emergenze del territorio, la principale resta quella generata dagli effetti della perdurante crisi economica e sociale che attanaglia l’Italia da qualche anno. La contrazione dell’offerta di lavoro, infatti, approfondisce la soglia dell’impoverimento della popolazione, che si manifesta nel progressivo aumento degli sfratti abitativi e nella difficoltà per tante famiglie di affrontare in modo dignitoso la quotidianità e le sue incombenze. Ritengo piuttosto preoccupante questa situazione, poiché rischia di minare, nel tempo, la coesione che ha sempre contraddistinto la nostra comunità. 2) Il 70° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale rappresenta senza dubbio un appuntamento importante, che va approcciato con grande serietà. Ne consegue la necessità, da parte dell’Amministrazione Comunale, di procedere relativamente ad esso non in modo autarchico, bensì condividendo con l’Anpi locale e l’Istituto Comprensivo proposte e progetti. Anche l’Istituto Cervi, espressione diretta della nostra area geografica di appartenenza e del quale il Comune di Poviglio è socio da lungo tempo, è un riferimento con cui interagire. Ci adopereremo, quindi, per promuovere un gruppo di lavoro partecipato con i soggetti citati, in modo tale da programmare iniziative all’altezza della ricorrenza in oggetto, in grado di spaziare dall’orizzonte locale ad altri di più ampio respiro. 1) Fare un bilancio dell’amministrazione a tre mesi dal suo insediamento mi appare prematuro, tuttavia non posso non sottolineare l’alacrità con cui il gruppo si sia messo a lavorare sul settore sportivo, un punto debole del nostro comune. Altro punto su cui stiamo investendo energie e risorse è il completamento dei Magazzini del Genio, il nuovo centro aggregazionale e sociale che presto vedrà l’inaugurazione e l’apertura alla cittadinanza. Le emergenze principali del territorio che amministro sono legate alla crisi del mondo del lavoro, che se è vero che nel nostro comune rimangono buoni i livelli occupazionali, non vanno dimenticate le enormi difficoltà che incontrano i giovani nell’intraprendere una carriera lavorativa. Qui concentriamo il massimo dello sforzo. 2) Le iniziative in programma per il 70° anniversario della fine della seconda guerra Massimo Gazza mondiale sono volte alla sensibilizzazione delle giovani generazioni ai valori della democrazia e della libertà. Prioritaria è la collaborazione con l’Istituto Comprensivo al fine di raggiungere il coinvolgimento dei nostri ragazzi e renderli i protagonisti delle celebrazioni. Verrà proposto uno spettacolo prodotto e interpretato dagli stessi ragazzi sulla figura del partigiano Felice Montanari, verranno calendarizzate uscite nei luoghi della memoria e in coincidenza con il 25 aprile verrà proposto uno spettacolo teatrale sulla figura del Presidente Pertini. Il programma verrà integrato su approfondimenti sulla questione mediorientali. Interrogativo Brescello... Le interviste qui pubblicate, domande e risposte scritte, sono state raccolte prima che scoppiasse la polemica sulle affermazioni del sindaco di Brescello Coffrini a proposito del suo concittadino Francesco Grande Aracri, inquisito e condannato per attività mafiosa. Non la ripercorreremo. Ci limitiamo solo a ricordare il nostro stupore nel leggere la risposta del Sindaco alla nostra prima domanda: dei problemi di infiltrazione mafiosa nel suo territorio neppure un accenno. Eppure, a esempio, un’inchiesta in “Narcomafie” del marzo 2011 di Giovanni Tizian Da don Camillo ai Grande Aracri - La ’ndrangheta spadroneggia nella pianura padana facendo di Brescello, il paese di don Camillo, la silenziosa capitale di un impero criminale, quello dei Grande Aracri, ’ndrina con le radici a Cutro - avrebbe potuto mettergli una pulce nell’orecchio... invece neppure la condanna di un uomo “gentilissimo, uno tranquillo” (Coffrini) lo ha allertato. Dopo l’intervista ai giovani di Cortocircuito, da cui è scoppiato “l’ambaradan”, Coffrini prova a metterci una pezza: “Non sarei più così ingenuo nel trattare certi temi in maniera così colloquiale”. Ipse dixit. (g.b.) (Il fascicolo in PDF è scaricabile da <http://notiziario.ossigeno.info/wpcontent/uploads/2012/01/Narcomafie_InchiestaReggioEmilia.pdf le mani nel cemento>). sett/ott 2014 notiziario anpi 9 intermezzo Case Vecchie lungo il Modolena nel ricordo del partigiano poeta VAMPA Domenica 21 settembre è stato inaugurato il percorso ciclopedonale ed escursionistico che congiunge via Fratelli Cervi al vecchio borgo proletario di Case Vecchie, di Pieve Modolena. Il capogruppo PD in consiglio comunale Andrea Capelli, presente assieme all’Assessore Mirko Tutino, ne ha fatto un sintetico resoconto su Facebook. Ne stralciamo alcune righe Il pubblico, in bici e a piedi, all’inaugurazione; Giovanni Piccinini e, sotto, l’assessore Tutino taglia il nastro “C on più di cento persone da Buda fino alle Case Vecchie di Pieve Modolena per l’inaugurazione della Green Way nel Parco Modolena si riuniscono vecchi abitanti della zona, come lo storico (ANPI-Istoreco) Antonio Zambonelli nato al Guazzatoio, sua nonna materna stava in Buda, dove abita Giovanni Piccinini che ha letto ‘La Modleina’, poesia di Osvaldo Ferrari detto Vampa”. Il quale “Vampa” - aggiungiamo noi – partigiano della 144a Brigata Garibaldi, operaio e poi artigiano, è stato anche, assieme al suo quasi omonimo ed amico Luigi Ferrari, uno dei maggiori poeti dialettali reggiani della seconda metà del Novecento. Su queste pagine abbiamo in più occasioni pubblicato sue poesie. Ebbene Vampa, che ci ha lasciato nel 2012, era nato nel 1921 ed aveva abitato per oltre trent’anni, proprio alle Case Vecchie, il borgo proletario avvolto come in un abbraccio da un’ ansa del torrente Modolena. E non è un caso che Osvaldo abbia dedicato proprio a quel corso d’acqua una delle sue più belle poesie, composta in dialetto e magistralmente tradotta (anzi ricreata) in italiano, come faceva abitualmente. Al termine della camminata Buda-Case Vecchie, abbiamo colto l’occasione per chiedere al consigliere comunale Andrea Capelli di condividere questa proposta: nella piazzetta del borgo venga apposta una targa in memoria di Osvaldo Ferrari “Vampa” / partigiano e poeta / cantore di questo borgo/ e dei personaggi che l’abitarono. 10 sett/ott 2014 notiziario anpi Suggerimenti di lettura In questo piccolo spazio abbiamo pensato di proporvi alcune recenti letture che ci hanno colpito. Nel centenario della Grande Guerra un libro da leggere che nelle sue quasi 600 pagine non ha mai un momento di “stanchezza” è “I Sonnambuli” di Christopher Clark (Laterza). Alla fine uno capisce che individuare chi ha scatenato l’inutile strage è più difficile di quel che ci hanno raccontato. Invece con il testo di Ivonne Sherratt “I filosofi di Hitler” (Bollati Boringhieri) il lettore è introdotto nel mondo della cultura tedesca di Otto/ Novecento (e anche precedente) che ha aperto la strada al nazismo e trova i nomi di quei filosofi che sono passati armi e bagnagli al servizio di Hitler. Uno per tutti: il filloso Heidegger. Ma l’autrice ci fa anche conoscere gli “SFORTUNATI” oppositori. Il tutto documentato con approfondite schede biografiche. Per chi invece volesse fare i conti con la violenza che ha caratterizzato il secolo scorso un libro da leggere è quello di Niall Ferguson “XX secolo, l’età della violenza. Una nuova interpretazione del Novecento”. Se amate anche la letteratura, come intermezzo di allegerimento, vi proponiamo Murakami “1q84” (Einaudi), per sognatori inesausti. (g.b.) L’ANPI e la Costituzione politica Pubblichiamo il resoconto dellla conferenza “RIFORMA DEL SENATO, LEGGE ELETTORALE, SOVRANITÀ POPOLARE” – organizzata da ANPI, Associazione reggiana per la Costituzione e CGIL, svoltasi il 14 luglio al Centro insieme-Circolo ARCI Bismantova Catellani – che ha visto la partecipazione di Rina Zardetto (Presidente dell’Associazione Reggiana per la Costituzione) del giornalista Stefano Morselli, del sen. Vannino Chiti e del prof. Massimo Villone (ordinario di Diritto costituzionale presso l’università “Federico II” di Napoli). Lunedì sera, 14 luglio 2014, all’incontro con Vannino Chiti ed il prof. Villone Massimo presso il circolo Arci, c’è stata una buona partecipazone. La sala grande conteneva quasi 150 persone ed era piena; presenti c’erano esponenti dell’Anpi, Camera del Lavoro, partito democratico, SEL, Rifondazione comunista, Lista Tsipras, associazionismo diffuso, qualche esponente di spicco della vecchia democrazia cristiana. Non vi faccio un resoconto dettagliato della serata, però alcuni passaggi mi preme sottolinearli. Il professore Villone dice: capisco il calcolo politico di Renzi, in quanto Berlusconi è in un momento di forte debolezza, perciò è più facile manovrarlo, però non si pò assolutamente dargli la qualifica di Padre Costituente. La Costituzione serve per limitare il potere che non deve essere sbilanciato. Con queste riforme non ci sono equilibri adeguati. Il problema del bicameralismo da affrontare e che è ragione di ritardo è le colpa è tutta della Politica non certo della Carta. C’è il governo che mette continuamente la tagliola sulla discussione Parlamentare. Ha poi spiegato che è falsa la possibilità di riduzione vera dei costi con la proposta del Senato della riforma Boschi. L’obbiettivo è quello di mettere un uomo solo al comando e così come sono state pensate le riforme favoriscono il potere alla maggioranza di governo, con bassa rappresentatività Parlamentare. Ovviamente la colpa oltre alle riforme costituzionali è da attribuirsi anche alla legge elettorale “Italicum” definito peggio del Porcellum, perciò in base all’ultima sentenza della Corte, ci sono tutte le premesse di incostituzionalità anche in questa proposta. Ha condannato l’art. 81 messo in Costituzione ancora dal governo Monti, scrivendo così l’obbligo di una forte auserità per il nostro Paese. Queste cose accadono dice perchè i Parlamenti sono deboli; un Parlamento forte è un Parlamento rappresentativo e questa è una fase debole. Il senatore Chiti è entrato più nel merito delle riforme portando dati, esempi e comparazioni. Ha sottolineato il fatto che oramai i decreti legge sono stati negli ultimi anni abusati, riducendo al minimo le prerogative Parlamentari. Ha proposto di dimezzare le indennità, che non ha senso che siano più onerose dello stipendio del sindaco di Roma, (tra l’altro ha ricordato che era una proposta della campagna elettorale del PD). Da sinistra: Massimo Villone, Stefano Morselli, Vannino Chiti e Rina Zardetto Ha parlato anche lui degli squilibri che questa legge elettorale (ricordiamolo già votata e passata alla Camera dei Deputati) è estremamente squlibrata, non solo per il Parlamento ma avrebbe ricadute forti anche sulle regioni che porterebbe ogni regione a trattare per la composizione del proprio consiglio con leggi regionali diverse. La forte diminuzioni di organismi di garanzia con l’introduzione della legge elettorale e la cancellazione del senato elettivo. Problema di autonomia dei magistrati; sul conflitto di interessi non ha saputo rispondere perchè non aveva ancora avuto tempo di guardare gli ultimi ritocchi che avevano fatto alla proposta su questo determinato punto prima di portarla in Commissione. Certo in questo modo i cittadini contano meno. Ha rimarcato il fatto che nel nostro Paese diversamente dalla Francia, non c’è una legge sui poveri e che sono diventati, fra giovani e non solo, il 44 percento nel Paese con una concentrazione del 60 percento al Sud.Il pubblico al quale abbiamo deciso volutamente di lascire spazio è intervenuto con domande puntuali, precise, preoccupato ma con forte desiderio di capire. Anche da parte di alcuni fans del governo Renzi, che proprio per come è stata impo- stato il dibattito, hanno ascoltato con forte interesse senza reazioni, prendendo atto dello stato dell’arte. Alla domanda rivolta a Chiti: “Se non cambia la proposta di riforma e rimane sostanzialmente così lei la vota? La risposta è stata: “Non si tratta di andare contro il governo Renzi, si tratta di rispondere all’art. 67 della nostra carta, ed in tutta e profonda coscienza non posso votarlo, proprio per le pesanti ricadute che avrebbe sul nostro sistema democratico”. Ho informato il pubblico in sala e lo stesso Chiti della lettera inviata quella mattina a tutti i senatori (al quale ne ho data una copia) e del presidio che dal 15 ci sarebbe stato a Roma con le associazioni romane e la Rete per la Costituzione. I due relatori sono rimasti contenti in particolare il senatore Chiti che, riaccompagnandolo in albergo a Bologna, ci ha detto che era contento di come si era sviluppata la serata ed ha ringraziato molto gli organizzatori anche per la alta partecipazione. Ovviamente anche lui in questa fase difficile ha bisogno di sentire un supporto psicologico. Rina Zardetto Associazione reggiana per la Costituzione sett/ott 2014 notiziario anpi 11 estero L’inevitabile e costante fallimento dei negoziati israelo-palestinesi di Bruno Bertolaso Netanyahu, Obama e Abu Mazen Q uando il governo israeliano, durante gli ultimi negoziati, condotti con una crescente intransigenza di Netanyahu, tanto da riconfermare ufficialmente e in presenza di “sbalorditi” emissari statunitensi, l’intenzione del suo governo di prolungare sine die il controllo della Cisgiordania, ci si è trovati di fronte all’ennesimo fallimento di ogni accordo. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas si è visto costretto a mettere fine alle divisioni interne, che indebolivano fortemente la causa palestinese, proponendo di dare vita ad un governo unico con Hamas. Il 23 aprile scorso è stato siglato un accordo per la creazione di un governo di tecnici, presieduto da Abbas, per indire, entro un semestre, elezioni legislative e presidenziali. La profonda delusione delle autorità israeliane nei riguardi del succitato accordo, accentuata dalle dichiarazioni di Obama, che attraverso il dipartimento di Stato prometteva una forte disponibilità, da parte del Governo americano, a collaborare con il nuovo governo palestinese, ha provocato, in primis, l’ennesima rottura dei negoziati in corso e un urgente convocazione del Consiglio di sicurezza israeliano. Uri Ariel, ministro nazionalista di Tel Aviv, trascinato dal profondo odio nei riguardi dei vicini plestinesi, non si è trattenuto, emettendo un duro comunicato, nel quale accusava Abu Mazen di avere costituito un governo terroristico, assieme agli assassini di Hamas. Secondo attenti analisti politici, si sono originati in quel momento gli estremi per andare molto al di là dalla rottura dei negoziati, innescando la ricerca di motivazioni, che potessero “giustificare” lo scatenarsi di un conflitto militare. Infatti la barbara uccisione dei tre seminaristi ebrei e del giovane palestinese, sono state le mosse studiate e messe in atto, da parte di forze ben individuabili, per attivare l’atteso innesco e scatenare l’ennesimo massacro condotto con aerei, missili, carri armati, quarantamilia riservisti, mandati ad invadere con la forza più brutale uno Stato indipendente come Gaza, i cui difensori, pur combattendo per la loro Patria, sono risultati praticamente disarmati di fronte ai missili ed ai possenti carri armati dell’esercito ebraico. La logica dei comandanti delle forze di terra è stata quella di fare terra bruciata, eliminare preventivamente chiunque si muovesse, fossero essi donne o bambini, eliminare prefe12 sett/ott 2014 notiziario anpi ribilmente i terroristi di 5/6 anni per non lasciarli crescere, distruggere ogni struttura per l’infanzia, come l’asilo Um el Nasser, costruito col contributo della Ong milanese “Vento di Terra”, ora ridotto a poche misere macerie. La feroce logica dei nazisti del 10 x 1 è stata qui ribaltata a 30-40-50 x 1... Gli insegnanti sono stati largamente superati! Gli estremismi si sono confrontati da ambedue le parti, anche se la feroce risposta ai razzi palestinesi, quasi fuochi simbolici, hanno dato origine a una risposta così violenta e cruenta, tanto da scandalizzare anche i cinici alleati americani, i quali, chiudendo gli occhi e la coscienza, hanno balbettato attraverso John Kerry “... la guerra è difficile. Difendiamo il diritto di Israele a fare quello che sta facendo!...” . Il mondo, Italia compresa, ha mantenuto una posizione di quasi passività, decisamente incomprensibile, mentre Israele radeva a tappeto interi quartieri popolari densamente popolati come quello di Sajaya, attuando azioni militari, che non potevano essere considerate un diritto alla difesa, né giustificate in nome della lotta al terrorismo. Considerazioni come “crimine di guerra”, “genocidio”, “delitto contro l’umanità” sono state solamente quelle di Abbas e di alcuni Stati arabi, con in testa l’Egitto, divenuto poi l’importante fautore degli accordi di tregua “illimitata” del 26 agosto, mentre la Merkel si era limitata ad annullare gli aiuti finanziari promessi ad Israele, per l’acquisto, da parte dello stesso, di sottomarini nucleari prodotti in Germania. L’adesione, richiesta da Abu Masen e Hamas alla Corte penale internazionale dell’Aja, col fine di perseguire legalmente Israele per crimini di guerra, non potrà, un lontano domani, fare giustizia dei massacri umani e delle distruzioni civili di Gaza Il previsto, come prassi ormai usuale, fallimento dei negoziati per una vera e duratura Pace è indubbiamente dovuto, oltre al potere acquisito dalle forze più estreme dei due Stati, anche al non rispetto delle risoluzioni dell’ONU n° 242 e n° 338 che, non si comprende come, Israele stia tranquillamente ignorando da anni, non mettendo fine al ritiro delle truppe occupanti e non restituendo l’integrità territoriale ai Territori palestinesi illegittimamente occupati. Bisogna riportare le parti al tavolo del negoziato di Pace, con il convincimento che non esistono alternative alla stessa, anche per i più inguaribili estremisti. Non si può auspicare e nemmeno pensare, di poter cancellare un intero popolo e annientare con la forza i legittimi diritti alla sua autodeterminazione. Scorcio del muro in costruzione nel villaggio di Sawahreh www.segnalidipace.wordpress.com Segnali di pace/ estero “FERMARE, NON BOMBARDARE” di Saverio Morselli - Temo che non ci siano alternative in questo momento a un’azione militare, la situazione è ormai fuori controllo e da parte della comunità internazionale c’è la responsabilità di non aver fatto nulla per prevenire o fermare tutto questo - L e parole di Bashar Matti Warda, arcivescovo di Erbil (Kurdistan iracheno) descrivono a perfezione i tempi che stiamo vivendo: da un lato l’assenza di una fruttuosa della mediazione diplomatica, dall’altro la guerra come estrema ma inevitabile soluzione. Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire. Dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi non era mai accaduto che si sviluppassero tanti conflitti di così grande gravità. O, quanto meno, non contemporaneamente e non così mediaticamente mostrati. Il nuovo ordine mondiale, spesso propagandato dall’Occidente come nobile obiettivo delle “guerre giuste”, ha mostrato tutto il suo vero volto, fatto di aree di influenza e alleanze strategiche, di profitti e interessi economici, di sfruttamento delle risorse e conseguente mantenimento delle povertà. Un ordine cinicamente basato su ciò che conviene fare in un particolare momento storico ed economico. Per il dopo si vedrà, forse. E nell’attesa di questo “dopo”, le crisi si incancreniscono, si accentuano, evolvono, addirittura mutano fisionomia, creano mostri, si diffondono ed esplodono lasciando sul terreno morte e sofferenza. Mettendo in moto esodi e migrazioni di dimensioni epocali, o alimentando fughe di massa dalla disperazione come quelle a cui abbiamo assistito di recente nel Mediterraneo. Criticità e conflittualità irrisolte continuano ad essere affrontate con una sorta di esibizione di “buona volontà”, un invito alle parti alla moderazione, attraverso la amplificata “missione” diplomatica del mediatore di turno. Nessuna autocritica, nessun cambio di rotta nelle politiche internazionali, nessuna messa in discussione delle politiche di riarmo che, guarda un po’, lo stesso Occidente “serio e responsabile” di frequente favorisce e finanzia. Fino alla conclusione scontata, quella che l’arcivescovo di Erbil enuncia in preda allo sconforto: che guerra sia. Ovviamente, umanitaria. Che altro si vuole? Che le “anime belle”, i pacifisti se ne facciano una ragione, in mancanza di soluzioni politiche e negoziate la parola va data alle armi. Non è stato forse fatto tutto il possibile per scongiurare la guerra? Ebbene no, non è stato fatto tutto il possibile. Ciò che è accaduto recentemente a Gaza è insieme terribile e vergognoso: occorreva forse il brutale omicidio dei tre giovani israeliani per accorgersi che la Striscia è dal 2005 una polveriera alimentata dal blocco militare delle frontiere terrestri aeree e marittime operato da Israele? Una prigione a cielo aperto in cui convivono centinaia di migliaia di persone che costringe la popolazione a vivere come topi in gabbia che è diventata lo spaventoso brodo di coltura del delirio di Hamas? Occorrevano altre migliaia di morti per ricordarci che la questione israelo/ palestinese è irrisolta dal 1948? Può forse sorprendere che in Libia, eliminato Gheddafi e ridistribuite tra gli stati della coalizione dei “volenterosi” le risorse petrolifere, domini il caos causato dalle milizie delle più diverse provenienze che si affrontano per il controllo del potere? Dopo aver contribuito attivamente alla distruzione del Paese cosa ha fatto la cosiddetta Comunità internazionale per pacificarlo? E ancora in Siria, dove una guerra civile di tre anni e centinaia di migliaia di vittime non ha concesso neppure una pausa umanitaria, può meravigliare che la feroce rivincita sunnita abbia abbracciato la causa prima di Al Qaeda e ora dell’ISIS? Quell’ISIS che occupa ormai gran parte dell’Iraq e che rispolvera termini come Califfato, Sharia, “infedele”, che uccide deporta converte taglia teste e che ora tutti guardano con incredulità, paura ed orrore, come se venisse da un altro pianeta e non fosse, viceversa, il frutto avvelenato di una politica di emarginazione e di umiliazione riservata ai Sunniti nel dopo Saddam, che il governo iracheno ha messo in atto con la pressione e la complicità di chi di fatto ha occupato il Paese sino al 2012. E che dire, infine, della crisi in Ucraina dove, la dissoluzione del Paese si è trasformata in una guerra civile tra separatisti e lealisti che in realtà copre la contrapposizione di interessi strategici ed economici di Russia e NATO? Quale azione diplomatica è possibile nel momento in cui coloro che rivendicano il compito di comporre il conflitto dichiarano apertamente da che parte stanno? “Siamo entrati nella terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli”. Ci voleva l’intervento di Papa Francesco per riportare una svogliata opinione pubblica a fare i conti con la guerra diffusa. E ci volevano le sue parole per riaffermare il principio che la guerra non si risolve con la guerra: “Dove c’è un aggressione ingiusta è lecito fermare l’aggressore. Fermare, non bombardare. E una sola nazione non può giudicare come si ferma l’aggressione”. Pur senza pronunciarne il nome, il riferimento è preciso e si chiama ONU. Quell’ONU che ha da tempo abdicato al suo ruolo originario di intermediazione diplomatica a favore del sempre più di frequente disinvolto protagonismo dei singoli Stati e della UE. “Fermare, non bombardare”, ha detto Papa Francesco. E in queste parole ci sta tutto il senso di una proposta pacifista che non si limiti ad illustrare le responsabilità delle politiche di guerra, le cause della povertà e delle disuguaglianze, la vergogna del commercio di armamenti per poi raccogliere i cocci dei conflitti nella pur sacrosanta solidarietà alle popolazioni martoriate e nella meritoria raccolta di aiuti economici e di medicinali. Una proposta che si sporchi le mani con la guerra quando questa è iniziata e si impegni a fermarla con azioni che è giusto definire di “polizia internazionale”, sia essa, come è auspicabile, di interposizione disarmata e nonviolenta o, ove non sia possibile, anche armata, ma mai con l’obiettivo di prendere parte al conflitto. Che ci piaccia o no, solo una ONU riformata in senso democratico e svincolata dall’antistorico diritto di veto può farlo. Chi altro? sett/ott 2014 notiziario anpi 13 estero Giacomo Notari: “Ai compagni del Curdistan iracheno” - Pubblichiamo la lettera dell’ANPI di Reggio Emilia, del 18 luglio scorso, a firma del presidente Giacomo Notari indirizzata ai combattenti curdi, impegnati contro contro gli estremisti sciiti dell’Isis. In queste ore sono partiti i primi raid dei caccia francesi in Iraq, contro le postazioni dell’Isis; nei prossimi giorni le attenzioni del mondo saranno invece rivolte sull’Assemblea generale delle Nazioni Unite che affronterà il tema del coordinamento internazionale della battaglia al Califfato. Mentre scriviamo non conosciamo ancora gli sviluppi. Ai compagni del Curdistan iracheno Carissimi compagni, lasciate che il presidente e tutti gli iscritti all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Reggio Emilia possano esprimere innanzi tutto il dispiacere per non essere riusciti a incontrarvi in Italia, causa assurde norme burocratiche evidenziate a suo tempo al viceministro degli Affari Italiani Lapo Pistelli con lettera che non ha mai ricevuto risposta alcuna. Ora ci giungono notizie davvero preoccupanti sulla situazione interna all’Iraq, e soprattutto degli scontri tra voi partigiani, l’Isil degli estremisti sunniti e le milizie sciite; apprendiamo che nel nord l’esercito ha ceduto all’avanzata dei jihadisti e che continuano le infiltrazioni di al-Qaeda e di altri gruppi radicali che mirano al petrolio. Leggiamo che l’Iraq non è più una nazione, diviso com’è su tutto e che nel Kurdistan nel corso degli scontri siete riusciti a impadronirvi di Kirkuk, la storica capitale abbandonata dall’esercito regolare, la Gerusalemme irachena. Speriamo che questo non abbia comportato gravi perdite umane. Immaginiamo con dolore la situazione che state vivendo con le vostre famiglie per mantenere la legittima autonomia mentre le forze islamiste avanzano verso Baghdad. Rammentiamo in parallelo la lotta di Liberazione dei nostri partigiani nel corso della seconda guerra mondiale, gli eccidi di civili innocenti, il dolore e l’impegno di tante donne; proprio nel 2014 e nel 2015 commemoriamo i settantesimi della Resistenza e della Liberazione. Vi esprimiamo tutta la nostra vicinanza condividendo il senso delle vostre lotte. Vi porgiamo i nostri più sentiti auguri di pace nel vostro martoriato paese sperando nella piena realizzazione dei diritti fondamentali cui legittimamente aspirate e nella piena autonomia del Kurdistan. Vi chiediamo inoltre di darci, se potete, notizie che ci rassicurino. Il Presidente Giacomo Notari Le guerre nel mondo, un terzo millennio senza pace America del Sud Colombia Cominciata come rivolta contadina negli anni 60 ha portato alla nascita delle FARC e a una lotta spietata fra guerriglieri, esercito, popolazione locale, narcotrafficanti. I morti sono stimati fra i 50 e i 200.000. Africa Libia Il 17 febbraio (2012) insorgeva Bengasi, uno degli episodi della Primavera araba, intesa come rivolta contro i regimi corrotti e assassini. Quello di Gheddafi era forse il peggiore. Oggi, con le immagini dell’aeroporto di Tripoli distrutto in mano alle milizie islamiste, la Cirenaica proclamata “Emirato di Barqa” e dominata dalla branca locale di Al Qaeda, la guerra entra nella fase più difficile. Sud Sudan Fra il 1983 e il 2003 la guerra civile sudanese ha fatto due milioni di morti. Da bagno di sangue è nato il Sudan del Sud. Nel dicembre 2013 è però esplosa la lotta interetnica fra l’etnia Dinka del presidente Salva Kiir e quella Nuer del vicepresidente Riek Machar. Mali Stato debole, infiltrato dagli islamisti, precipita nel caos quando colonne di jihadisti si trasferiscono dalla Libia con il loro bottino di armamenti moderni e distruggono le forze armate regolari. Deve intervenire la Francia, con i 4 mila uomini della missione Serval. Nigeria I Boko Haram, fondati nel 2002, hanno trasformato il Nord del paese in un campo di battaglia: le vittime fra il 2009 e il 2014 sono stimate fra i 5 e 12 mila. Il rapimento di quasi 300 studentesse ad aprile ha sollevato indignazione mondiale. Repubblica Centrafricana La presa della capitale Bangui, nel marzo 2013, da parte dei ribelli Seleka ha risvegliato la comunità internazionale. A settembre partirà una missione di peace keeping guidata dall’Unione europea. Somalia In Somalia si combatte dalla metà degli anni Ottanta. L’ultima fase del conflitto è caratterizzata dall’ascesa della branca qaedista degli Shabaab, dell’intervento dell’Unione africana e del Kenya. Europa Ucraina La rivoluzione di piazza Maidan l’ha riportata nell’orbita europea ma Mosca ha aiutato la rivolta dei ribelli filorussi dell’Est e si è annessa la Crimea. La guerra è nella sua fase più sanguinosa: 1000 morti nelle ultime tre settimane fra Lugansk e Donetesk. 14 sett/ott 2014 notiziario anpi Medio Oriente Striscia di Gaza L’operazione “Protective Edge”, scattata l’8 luglio, innescata dal rapimento e dall’uccisione da parte di estremisti palestinesi di tre studenti ebrei in Cisgiordania, è un capitolodelle guerre arabo-palestinesi cominciate nel 1948. Duemila i morti palestinesi (700 miliziani di Hamas) 4 civili e 64 militari quelli israeliani. Siria Il conflitto più sanguinoso in corso è la somma di quattro. Nato come rivolta contro il regime di Bashar al Assad nel marzo 2011, si è trasformato in uno scontro etnico fra sciiti (alawiti) e sunniti. Ha visto l’intervento degli hezbollah libanesi, jihadisti dai paesi come l’Arabia, serivizi segreti turchi. E ha segnato l’esplosione del fenomeno Isis. Iraq Le deposizione di Saddam Hussein nel 2003 si è trascinata dietro un’insurrezione sunnita contro il nuovo potere sciita appoggiato dall’Occidente (ma anche dall’Iran) con l’infiltrarsi di cellule di al Qaeda. Le truppe americane hanno tenuto premuto il coperchio sulla pentola. Con il ritiro l’equilibrio si è rotto rapidamente. Lo Stato islamico dell’Iraq (e poi della Siria, Isis) fondato da Al Baghdadi nello stesso anno, nasce qui. Afghanistan Quando nell’autunno del 2001 comincia la guerra al terrore con la missione americana Enduring Freedom, il paese arrivava da un quarto di secolo di guerra civile, invasione sovietica, follia talebana che avevavno fatto a seconda delle stime fra i 2 e i 3 milioni di morti. In 13 anni se ne sono aggiunti, secondo le stime basse, altri 70 mila, compresi quasi 4 mila soldati occidentali. Sud est asiatico Birmania Fin dall’indipendenza dall’impero britannico la Birmania, oggi Myanmar, ha conosciuto una serie di colpi di stato e repressioni che hanno causato 200 mila vittime in 66 anni. Oggi le tensioni maggiori sono nei confronti della minoranza Karen. Filippine Nell’insurrezione del Moro national liberation front si è innestata la branca locale di Al Qaeda guidata da Abu Sayyaf. Il paese è a maggioranza cattolica e dal 1898 nell’orbita degli Stati Uniti. (Fonte “La Stampa”, 25 agosto 2014) società “Sono sempre stato orgoglioso di mio nonno partigiano” Intervista a un agente della Polizia di Stato di Reggio Emilia di Francesca Correggi “Un pomeriggio afoso di luglio nella sede dell’ANPI di Reggio e due chiacchiere con un poliziotto della nostra città. Dalla storia della sua famiglia, al suo lavoro, alla sua visione Una parata dei reparti di polizia I tuoi nonni sono stati entrambi partigiani ed anche dopo la fine della guerra la tua famiglia ha avuto una coscienza civile e politica molto forte. Cosa ha lasciato in te e nella tua educazione questa loro esperienza? Mi hanno raccontato ed insegnato tanto, valori che cerco di portare con me nella vita ed anche nello svolgere il mio lavoro, dove cerco di essere un uomo prima di tutto. Sono cresciuto con il mito di mio nonno. “Sii un uomo e non un generale”, mi diceva. Sono sempre stato molto orgoglioso di lui. Nei suoi racconti di partigiano ometteva molti dettagli, in particolare sulla battaglia della Sparavalle. Quell’episodio deve avergli lasciato molte ferite, non amava parlarne, ma ogni anno cercava di partecipare alla commemorazione. Mia nonna raccontava forse un po’ di più, ma più che della resistenza armata, mi parlava volentieri di quando lei e il nonno si sono conosciuti, su in montagna. La loro esperienza mi ha fatto tante volte pensare a come sono cresciuto, al mio essere fortunato, alla gioventù spensierata, al mio avere tutto. Noi a 18 anni giocavamo a calcio, mentre loro avevano un mitra in mano e si sono innamorati durante una guerra. Nel tuo lavoro hai molti colleghi che non sono di Reggio e che vengono da altre parti d’Italia. Ti capita che ti chiedano della tua famiglia, dei tuoi nonni partigiani e del rapporto che qui in Emilia abbiamo con la memoria? A volte, mentre sono di servizio in centro a Reggio, le persone mi fermano per parlare, perché conoscevano mio nonno e sapevano cosa aveva fatto. Una volta mi è capitato addirittura che una signora in via Roma si mettesse a piangere parlando di lui e della guerra ed anche il collega che era con me si è commosso, rendendosi conto di quello che significava per “noi” aver conosciuto i partigiani. Altri invece tendono ad essere un po’ frenati, soprattutto forse quelli che vengono dai reparti mobili, probabilmente pensando che se indossi una divisa alcune questioni legate a una certa cultura politica vadano lasciate a distanza. Come mai hai deciso di fare il poliziotto? E cosa dicevano i tuoi nonni del tuo lavoro? Ho deciso di rimanere a fare il poliziotto dopo il servizio mili- del mondo di oggi”. tare. Erano passati tanti anni da fatti che hanno ferito il nostro paese, come il luglio del 1960 per citarne uno particolarmente forte per Reggio, e per mio nonno il mio lavoro non è mai stato un problema, sapeva che gli scelbini erano un’altra cosa! Era un lavoro sicuro, che ti dava una sicurezza economica per lo meno. Lui mi diceva sempre “comportati da uomo, usa la tua testa e non farti portare sulla cattiva strada dagli altri”. E su questo aveva ragione, è quello che ho sempre cercato di fare. Mia nonna invece si preoccupava forse un po’ di più per la mia incolumità, temeva fosse pericoloso per me. Da cittadino, e non solo da poliziotto, come vedi il rapporto tra le persone e la polizia? Non trovi che in Italia, dove ce l’abbiamo un po’ con tutti, con le istituzioni, con i politici… ci sia anche un po’ di pregiudizio anche nei confronti della polizia e dell’autorità in generale? Sì, è vero, c’è molto pregiudizio. Spesso il cittadino, preso dal nervosismo del momento o dalla situazione esasperata e dalla crisi in cui viviamo, vede in te la figura che difende il sistema, un sistema di politici corrotti e istituzioni che non funzionano. Nel mio ruolo, invece, di poliziotto di quartiere vivo quotidianamente in mezzo alla gente e ricevo, insieme ai miei colleghi, molta stima dagli abitanti di certe zone di Reggio, dai commercianti del centro, dagli anziani che spesso non si sentono sicuri. Reggio è una città in cui si vive bene, ma anche qui si fa fatica a debellare la microcriminalità. Malgrado i continui tagli di personale, che ad esempio hanno portato i poliziotti a presidio del centro storico da otto a quattro unità, noi facciamo del nostro meglio e le persone questo lo sentono. A Reggio abbiamo alcune zone “calde”: via Secchi, via Sessi, la zona del teatro municipale, via Turri. Come vedi queste situazioni? Secondo me la situazione in via Nacchi, in zona musei civici, è molto migliorata grazie soprattutto alla nuova illuminazione. Di certo, passare da soli di notte, magari d’inverno, in quella zona o tra via Sessi e via Secchi non è il massimo. Via Turri vive certamente una situazione particolare, la zona abitata dagli sett/ott 2014 notiziario anpi 15 società Luglio 2001, La scuola Diaz di Genova dopo l’assalto della polizia Torino 2013, Durante la manifestazione dei “forconi” alcuni poliziotti su tologono il casco immigrati è diventata oggi il vero quartiere popolare di Reggio. Non ci sono molte città in Italia i cui i quartieri limitrofi alla stazione sono particolarmente belli o tranquilli! Però non mancano iniziative per renderla vivace, i progetti per l’integrazione, la presenza degli avvocati di strada. In ogni caso, Reggio non vive oggi situazioni più pericolose o diverse da altre città, anzi. modo diverso? Io sono per indole una persona ottimista e buona, ma in effetti da quando faccio il poliziotto sono diventato più diffidente. So bene che la Reggio in cui viviamo oggi non è più quella degli anni settanta. Mia mamma lascia sempre la borsetta in macchina, io non lo farei mai. Sono una persona sensibile, ma devo dire che più che i cadaveri, gli incidenti o i feriti, mi fanno effetto le truffe, soprattutto nei confronti degli anziani, perché non sopporto i soprusi sui più deboli. Potresti commentare alcuni fatti che hanno coinvolto la polizia e sono diventati dei casi a livello nazionale? Dai fatti del G8 a Genova al caso Aldrovandi, alla solidarietà coi forconi alcuni mesi fa a Torino. Per il caso Aldrovandi mi vergogno profondamente. Può capitare che ci siano delle colluttazioni anche violente in caso ti trovi a dover gestire soggetti particolarmente agitati, ma nulla può giustificare quanto accaduto a Ferrara e chi ha sbagliato è giusto che paghi, come pagherebbe un qualsiasi cittadino che ammazza una persona. Pure a Genova sono state alzate troppo le mani, senza dubbio, ed è stato fatto mettendo sullo stesso piano e colpendo con la stessa forza chi aveva distrutto la città, i giornalisti o i manifestanti pacifici che erano semplicemente andati a dormire in una scuola. Non va fatta di tutta l’erba un fascio tra i manifestanti, come tra i poliziotti. La scena di Torino in cui i poliziotti si tolgono il casco davanti ai “forconi” invece mi ha fatto commuovere, forse me lo sarei tolto anch’io per dare un segno di vicinanza a chi manifestava in modo pacifico e civile per rivendicazioni in cui, alla fine, molti in Italia si identificano. Credo che durante le manifestazioni sarebbe importante non riconoscersi reciprocamente come nemici da combattere. Poi in manifestazione bisogna esserci, basta un niente per far scattare dei meccanismi che nessuna delle parti vuole. Ci racconti un episodio che ti ha lasciato qualcosa in particolare, un episodio della tua carriera dopo il quale non ti sei più sentito lo stesso? Mi ricordo di una sera del ’96, un inseguimento a una macchina rubata. Per la prima volta in vita mia, pur non credendo, mi sono fatto il segno della croce. Da Masone siamo riusciti a prenderli solo a Calerno, dopo chilometri di sportellate, colpi di pistola e un ferito tra i carabinieri. Quei minuti mi hanno fatto seriamente pensare a certe cose e al valore della mia vita. Se tornassi indietro comunque rifarei questo lavoro e forse farei anche qualche anno in più di volante, ma quando ho chiesto di essere spostato era perché mia nonna non stava bene, l ’ho fatto un po’ anche per lei...”. E la scena in cui, in Val di Susa, un manifestante insulta un carabiniere dandogli della pecorella? Che effetto ti ha fatto? Trovo che il collega sia stato molto bravo e molto professionale, era un ragazzo molto giovane e mi sono meravigliato della sua capacità di non rispondere alla provocazione. Cosa pensi della proposta di mettere un codice identificativo sulle divise? Temo sia un’arma a doppio taglio. Mi sta bene che venga messo un codice, magari sui caschi quando si va in manifestazione, ma non il nome. Mettere il nome sulla divisa credo possa ledere la privacy, il nostro è un mestiere molto delicato. Da quando fai il poliziotto hai imparato a conoscere una parte più “cattiva” della nostra società, da allora guardi il mondo in 16 sett/ott 2014 notiziario anpi Reggio Emilia 2013. Piazza Martiri del 7 luglio vista da via Secchi società Lavoratori e aziende a Correggio Intervista a Renzo Giannoccolo coordinatore CGIL-Correggio di Fabrizio Tavernelli in termini qualitativi, i settori più colpiti, nel distretto correggese, sono l’edilizia, il tessile, il settore della plastica e gomma, la grafica e una parte della metalmeccanica. Come inserire e dove i lavoratori in cassa integrazione? Tramite i centri per l’impiego è importante riqualificare chi resta senza lavoro tramite corsi di formazione mirati a coprire quelle richieste che provengono dalle aziende che non hanno subito contrazioni di mercato o sono in fase di espansione. Renzo Giannoccolo Quali sono le prospettive per i lavoratori e le aziende del territorio? Diminuisce cassa integrazione ordinaria; aumentano cassa integrazione straordinaria, contratti di solidarietà e mobilità.Da questi dati, si comprende che le prospettive sono tra le peggiori. La situazione emiliana è paragonabile ad altre o ha una sua peculiarità? In termini quantitativi, dove c’è più industria e sevizi, la situazione è più grave; Cosa possono fare le amministrazioni locali? In questa fase è difficile anche per le amministrazioni locali intervenire a sostegno di chi perde il lavoro. A loro abbiamo sempre chiesto, in particolare in occasione della definizione dei bilanci preventivi, di istituire un Fondo di sostegno per le persone in difficoltà, nel senso più ampio del termine, pertanto anche per coloro che, perdendo il lavoro, portano tutta la famiglia in una situazione critica. Il sindacato è ancora visto come riferimento? Il sindacato è ancora un punto di riferimento. Purtroppo, però, la contrattazione collettiva, in questa fase, è sostanzial- mente impostata a difesa dei posti di lavoro e le nostre sedi sono sempre più affollate di persone che chiedono servizi e assistenza per le varie pratiche (disoccupazione, cassa integrazione, mobilità, assegni familiari) e procedure tipo fallimenti e concordati. Servono azioni concrete da parte del Governo a favore di lavoratori dipendenti, pensionati, precari, esodati e per tutti coloro che hanno bisogno di un sostegno al reddito (tra le priorità: ammortizzatori sociali in deroga). Se non si sblocca il contratto nazionale dei pubblici dipendenti (ma dov’è il grasso che cola?), se non si investe nella scuola, se non si eliminano le ingiustizie introdotte dalla legge Fornero, se non si salvaguarda il territorio (sempre più devastato,) se non si inizia una vera lotta all’evasione, dalla quale si possono ricavare le risorse per fare ricerca, innovazione e abbassare le imposte per lavoratori e pensionati, il Paese non crescerà per anni, forse, per decenni. Aggiungerei, per concludere, che dobbiamo avere, tutti, una cura particolare per la nostra Costituzione, quale bene comune da difendere ma, soprattutto, da applicare. Credo, però, che il Governo abbia imboccato il verso sbagliato. LA CRISI IN PROVINCIA E NEL DISTRETTO DI CORREGGIO In Provincia di Reggio Emilia, il numero delle lavoratrici e dei lavoratori interessati agli ammortizzatori sociali resta al di sopra delle 10.000/12.000 unità da quasi tre anni. Abbiamo verificato una consistente diminuzione del ricorso alla Cassa integrazione ordinaria, ma con il contestuale ricorso per centinaia di lavoratori alla Cassa integrazione straordinaria e ai contratti di solidarietà. Ore autorizzate: rispetto al periodo gennaio/giugno 2013 diminuiscono del 63,1% le ore di Cassa integrazione ordinaria mentre aumentano del 10,9% per le Casse straordinarie e i Contratti di solidarietà. Settori interessati: delle 3.977.716 di ore autorizzate il 61,6% è stato utilizzato nell’Industria, il 14,1% nel settore dell’edilizia e il 12,8% nel settore del commercio. Licenziamenti collettivi: a giugno 2014, dall’inizio della crisi (2008), sono 261 le aziende che hanno attivato procedure di mobilità per 4.605 lavoratori (+ 674 rispetto a dicembre 2013). Il 17,3% delle aziende ha invece cessato l’attività produttiva collocando i lavoratori in mobilità. La situazione nel distretto di Correggio è in linea con questa tendenza: con 117 aziende e 2.722 lavoratrici e lavoratori coinvolti nell’utilizzo dei vari armortizzatori sociali. sett/ott 2014 notiziario anpi 17 società 10 settembre 2014 Nel dettaglio: Il comune di Reggio ha incontrato le Associazioni della Terra dei fuochi CASSA INTEGRAZIONE ORDINARIA 28 aziende e 761 lavoratori coinvolti CASSA INTEGRAZIONE STRAORDINARIA 4 aziende e 814 lavoratori CONTRATTI DI SOLIDARIETA’ 12 aziende e 582 lavoratori MOBILITA’ 8 aziende e 258 lavoratori CASSA INTEGRAZIONE ORDINARIA IN DEROGA 46 aziende e 223 lavoratori CAMPAGNOLA 6 aziende e 29 lavoratori CORREGGIO 15 aziende e 66 lavoratori FABBRICO 4 aziende e 20 lavoratori RIO SALICETO 10 aziende e 43 lavoratori ROLO 6 aziende e 38 lavoratori SAN MARTINO 5 aziende e 27 lavoratori CASSA INTEGRAZIONE STRAORDINARIA IN DEROGA 19 aziende e 84 lavoratori CAMPAGNOLA 4 aziende e 14 lavoratori CORREGGIO 9 aziende e 46 lavoratori FABBRICO RIO SALICETO ROLO SAN MARTINO 1 azienda e 6 lavoratori 1 azienda e 8 lavoratori 1 azienda e 1 lavoratore 3 aziende e 9 lavoratori Sala del Tricolore: Anna de Vita, Ciro Scocca, Eletta Bertani, Mirko Tutino, Vera Romiti, Marzia Caccioppoli e Antonella Cecere L e rappresentanti delle Associazioni della Terra dei fuochi sono state ospiti di Reggio il 10 e l’11 settembre. Il 10 settembre in Sala del Tricolore erano presenti: Marzia Caccioppoli e Antonella Cecere, madri di bambini morti a causa di tumori provocati dal grave degrado ambientale provocato dall’interramento dei rifiuti tossici operato dalla camorra in un patto scellerato con imprese del Nord Italia. Queste donne hanno avuto la forza di trasformare il dolore in impegno per affermare il diritto di tutti i bambini alla vita e alla salute costituendo l’Associazione: “Noi genitori di Tutti”. Erano altresì presenti: Ciro Scocca (presidente) e Anna de Vita (portavoce) per l’Associazione RES di Castel Volturno. RES è impegnata con varie iniziative nella promozione della cultura della legalità, per la tutela e valorizzazione dell’ambiente e per l’educazione alla cittadinanza attiva. La mattina del 10 le citate associazioni hanno avuto anche un intenso scambio di idee con il “Forum delle don- ne della Provincia” e con la sua presidente Vera Romiti. La serata dell’11 settembre sono state ospiti di FestaReggio in una affollata iniziativa alla Tenda Centrale, sensibilizzando i presenti sulla drammatica situazione esistente nella zona tra Caserta e Napoli, presentando video a testimonianza e invitando all’impegno di tutti a sostegno della loro battaglia. Rosi Bindi ha concluso l’iniziativa sottolineando il valore nazionale dell’impegno contro le mafie e per la rinascita economica, sociale e civile del Sud, senza la quale non è pensabile che l’Italia riesca ad uscire dalla crisi e a realizzare un vero e autentico rinnovamento. Con la visita degli amici della associazioni anticamorra nella nostra città lo scambio con la Terra dei fuochi, raccontato anche sull’ultimo numero del Notiziario (giugno/luglio 2014) da Eletta Bertani a seguito di una diretta esperienza in quella realtà, ha compiuto un primo passo in un percorso che auspichiamo possa continuare ed evolvere. L’ANPI Provinciale ringrazia: L’artista reggiano ATTILIO BRAGLIA per la donazione alla sezione “Cittadina” di n. 1 opera dedicata a Dorina Storchi “Lina” e la disponibilità di n. 2 opere per la mostra d’arte 70° della Resistenza che si terrà in collaborazione con Istoreco e Art Resistance Shoah. Il sig. MARIO PECA per la donazione di n. 20 volumi “ANTIFASCISTI NEL CASELLARIO POLITICO CENTRALE” della moglie fu Maura Ferrari, figlia secondogenita di DIDIMO FERRARI “Eros”, commissario politico delle formazioni partigiane della provincia di Reggio Emilia e primo presidente dell’ANPI provinciale del dopoguerra. Il Sig. MARIO BONILAURI per il deposito a disposizione di studiosi e interessati di n. 5 volumi “IL PIONIERE” anni 1952-1955. 18 sett/ott 2014 notiziario anpi interventi L’articolo di Glauco Bertani “Reggio Emilia 2014. Un 25 Aprile dimenticabile? aq16 e Lega rovinano la festa”, pubblicato sul numero scorso del Notiziario, ha suscitato alcune osservazioni da parte di Fabrizio Tavernelli e Rino Montanari che volentieri pubblichiamo Con inquieto pacifismo di Fabrizio Tavernelli In merito all’articolo apparso sul notiziario di Giugno-Luglio sul controverso 25 Aprile a Reggio Emilia volevo provare ad ampliare e guardare sotto un’altra luce le domande e le perplessità espresse da Glauco. Credo che il notiziario possa essere un luogo in cui si possano mettere a confronto diverse idee, diverse visioni, diversi approcci in merito al nostro essere dentro a questa composita associazione. Specifico a Glauco (con il quale ho condiviso esperienze, progetti e naturalmente una amicizia che giunge sino ad oggi) che questo mio scritto nasce dal continuo farmi altrettante domande , dal mio assoluto credo nel dubbio in ogni frangente e in ogni situazione. Non mi sento ne movimentista, ne radicale ma nemmeno riformista, ufficiale-ufficioso, governativo. Diciamo che frequento tutti questi ambiti, osservo, discuto, mi emoziono o mi rattristo e come prima cosa mi chiedo quale sia il mio ruolo nell’anpi (aldilà della “ufficiale” carica di presidente Anpi di Correggio). Soprattutto mi chiedo cosa sarà e cosa ne sarà dell’anpi una volta che se ne sarà andato anche l’ultimo partigiano. Cosa è meglio, cosa sarà meglio? L’antifascismo “militante” o l’antifascismo “assopito”? L’antifascismo che scende in piazza o l’antifascismo che accetta tutti indiscriminatamente sui propri palchi a celebrare la Resistenza in nome della pacificazione? Naturalmente tutto questo coinvolge temi e storie che attraversano da decenni la sinistra italiana e che io non sono in grado di affrontare con totale competenza. Una dialettica accesa che ha come punto focale l’evoluzione dei partiti, il ruolo delle amministrazioni, la politica parlamentare ed extraparlamentare, gli scontri fratricidi nella sinistra, la cultura giovanile. Veniamo quindi all’azione “bellicosa” dei ragazzi di Aq16 contro la Lega. Devo dire che con sempre più leggerezza le nostre amministrazioni cedono spazi e occasioni per manifestazioni che nulla hanno a che spartire con gli ideali nati dalla Resistenza e dalla Costituzione italiana. Cosa ancora più grave é fare coincidere queste manifestazioni nello stesso giorno o invitare rappresentanti politici di forze razziste e intolleranti alle celebrazioni partigiane. Non è il caso di Reggio, gli spazi erano differenti, gli ambiti distanti, le motivazioni diverse. Forse non è stato un buon servizio fatto alla Resistenza la bagarre di protesta contro la Lega di Aq16 ma temo che nemmeno la sonnacchiosa e di nuovo retorica, asettica manifestazione in cui sfilano i politici locali sia un buon servizio alla Resistenza. Devo dire inoltre che posso capire la presa di distanza di Glauco dai facinorosi da centro sociale ma non mi ha convinto del tutto lo stile, la forma con cui è stato scritto l’articolo. Tutti quei virgolettati negativi adottati nei confronti dei manifestanti mi sono sembrati eccessivi e mi hanno riportato alla mente altri virgolettati adottati spesso sui media ufficiali nei confronti di manifestanti di altre cause (No-global, No-Tav, Comitati etc). Purtroppo devo constatare che sempre più, queste prese di distanza sono coincidenti alle esternazioni e prese di distanza di organi di informazione “riformisti”, del nuovo corso democratico, oppure dall’altro lato (?) gravitanti nell’area del centro-destra. Il problema è che nell’anpi, volenti o no, sono confluiti tanti giovani non più inquadrabili soltanto nei partiti tradizionali, anzi in un certo modo, al calo degli iscritti nei partiti sono coincisi nuovi iscritti antifascisti nella nostra associazione. Cosa fare con questi iscritti un po’ turbolenti? Metterli da parte? Azzittirli con le buone o le cattive? Vai a spiegare loro che ci vuole disciplina di partito, che servono strategie politiche, che ogni impeto va smorzato. Non mi pare proprio che i partigiani abbiano trasmesso tutta questa organizzazione, quietezza, temperanza di sentimenti. Sembra a volte e la sensazione si riaffaccia con scadenza (non ultima la querelle, di cui ahimè a livello locale, sono stato interprete sulla non adesione nazionale alla manifestazione in difesa della costituzione) che sia in atto un tentativo di “normalizzazione” dell’anpi. Un tentativo di rendere innocua l’associazione e le diverse visioni. Confrontandomi con altri giovani di anpi sparse per l’italia ho condiviso questa inquietudine, per molti iscritti di altre sezioni la presa di posizione dall’alto dell’anpi sulla manifestazione è apparsa inconcepibile. Il rumore, il clamore, le azioni sconclusionate, le proteste sopra le righe danno argomentazioni al nemico certo, ma forse sono più letali per il futuro della nostra associazione il silenzio dell’era degli inciuci, la normalità delle grandi coalizioni, il contenimento sociale del dissenso. Non è inquietante per un antifascista l’indifferenza? Il disinteressarsi ipocrita dei tradimenti della morale, dell’etica resistenziale? Non è un tema del nostro territorio un tempo virtuoso “Il Tradimento” di valori sorti dopo la Liberazione? Nessuno vuole mettere in discussione la possibilità per tutti di esprimere le proprie idee, anche quelle più controverse e reazionarie, altra cosa è pensare che dare spazio a forze di nuovo stampo fascista non provochi reazioni. Perchè, passando al caso specifico, è inutile negare che la Lega continui a fare del razzismo la propria bandiera. Certo quei “trecento rivoluzionari” (uso i virgolettati dell’articolo di Glauco) hanno fatto un bel casino antidecoroso ma gli altri che hanno permesso nel giorno del 25 aprile una iniziativa della Lega, come li possiamo virgolettare? E quelli che si mettono il cuore in pace partecipando alla celebrazione pacificatoria del 25 aprile e poi si rintanano in un amorfo, indolore, neutrale silenzio? Il 25 Aprile dovrebbe diventare festa condivisa da tutti gli italiani, spurgata di zone oscure, settarismi ecc., ma a me continua a fare un certo senso vedere i palchetti su cui si fa la retorica della Lotta di Liberazione presi d’assalto da qualsiasi politico in cerca di vetrine o lavacri di identità perse sett/ott 2014 notiziario anpi 19 interventi o peggio ancora da esponenti che poi nel resto dei giorni sbeffeggia la costituzione o si pone su posizioni illiberali, razziste. Capita, sempre più spesso. Come si fa allora a starsene in silenzio, composti, dentro le righe? Vai a spiegare ai giovinastri turbolenti che i partigiani risposero al fascismo senza rumoreggiare, senza estremismi, senza moto d’animo. Difficile. Dal mio punto di vista il futuro dell’anpi non sarà mai violento, soverchiante e credo neppure “militante” ma allo stesso modo non sarà carico di “empatia”, “condivisione”, “etica” se si trasformerà o tornerà ed essere noiosa, innocua, asettica ufficialità. Se la nostra paura sarà quella di dare in pasto al “nemico” argomenti per screditare, saremo allora condannati ad un innocuo immobilismo. Non oseremo più nulla, nemmeno un tono di voce un po’ più alto per paura di attacchi strumentali. I partigiani si chiedevano sempre se ad una loro azione, ci sarebbe stata una controreazione? Sì chiedevano sempre se il loro operato era particolarmente intelligente, mirato, privo di rischi? Spesso era l’urgenza dell’azione, l’impeto che a volte non sa- rebbe stato troppo centrato, lucido, razionale, anzi foriero di errori ma spinto dalla coscienza e perchè no, dalla rabbia e dalla ribellione. Stiamo dunque avvicinando o piuttosto allontanando i giovani “ribelli”? Certo sappiamo che le strategie comunicative impongono di non dare in mano ai media il modo di rovinare i nostri baluardi ma quale direzione stiamo indicando ai giovani per rispondere ad una passività dilagante? E’ difficile pensare a “ortodossie”, linee programmatiche condivise, moderatismo quando poi la costituzione viene stravolta insieme al rappresentante supremo del fascismo culturale italiano, per lo più pregiudicato o ancora peggio con una forza, la Lega, che ha come obiettivo il disgregamento egoistico del paese. Detto questo, non mi vedrete coinvolto in tafferugli con le forze dell’ordine o a rovesciare i banchetti di forze politiche avversarie (episodi da cui prendere le distanze, a Correggio in occasione di ERA lo abbiamo fatto) ma allo stesso tempo ho un po’ paura di una amorfa e rassicurante accettazione di spazi e convivenze politiche un po’ troppo disinvolte. Con Inquieto Pacifismo... Un 25 Aprile dimenticabile? di Rino Montanari Quando, sull’ultimo numero del Notiziario, ho visto un arti- colo sulla manifestazione del 25 Aprile 2014 a Reggio Emilia, sono andato subito a leggerlo nella speranza di trovare riscontro ai sentimenti e alle sensazioni vissute ed elaborate dentro di me in quella travagliata e triste giornata. Sono rimasto molto deluso dalle argomentazioni e da ciò che ha catturato l’attenzione dell’autore (aq16, Lega, euro, rivoluzionari) e che riempie il 99 percento del suo articolo. Solo nelle ultime tre righe Bertani si fa la domanda chiave: “perché autorizzare due manifestazioni di quel tipo?”. Per andare all’origine del problema occorrerebbe porsi una domanda diversa: “chi e perchè ha autorizzato una manifestazione della Lega il 25 Aprile nel pieno centro di Reggio Emilia in concomitanza con la festa della Liberazione?”. L’evento scatenante è questo! Reggio è una città che si è meritata e che continua a meritarsi una giornata di festa completamente dedicata ai valori della Resistenza. Ogni angolo della città ha una lapide, una pietra di inciampo, un monumento, un cippo che ricorda quella lotta, quei valori, quei caduti. E’ una giornata in cui la nostra città non può essere divisa con null’altro, lo dobbiamo a chi ci ha regalato queste Istituzioni e questa democrazia. La Lega è libera di poter fare le manifestazioni che crede, ma si deve mettere in fila... e, certamente, il 25 aprile Reggio Emilia è già occupata (da almeno 68 anni ed io spero che continui). Le Istituzioni preposte che hanno permesso questa “fortuita sovrapposizione” credo debbano riflettere sulla decisione presa, le 20 sett/ott 2014 notiziario anpi Istituzioni democratiche (Comune, Provincia, ecc...) dovevano far valere con maggior forza la loro opposizione. L’ANPI stessa doveva mobilitarsi molto di più di quanto non ha fatto. Stupisce il silenzio di tanti che dovrebbero rappresentare le Istituzioni nate dalla Resistenza. Stupisce la velocità di svolgimento della manifestazione ufficiale. Stupisce che nessuno dal palco abbia criticato l’evento organizzato dalla Lega. Stupisce che la stampa e le televisioni locali abbiano trattato questa questione in modo estremamente superficiale (una cosa assolutamente normale). Spiace che gli unici ad alzare la voce e a denunciare questa “concomitanza” sia stato un gruppo di un centinaio di giovani subito bollati come autonomi, i “soliti casinisti”, “fascisti rossi” (Salvini)... Un centinaio di giovani contro cui erano schierati centinaia di forze dell’ordine (Polizia Municipale compresa) organizzate e ben equipaggiate che hanno isolato Piazza del Monte e le vie limitrofe, il cuore di Reggio: una vera sconfitta per la città nel giorno della Liberazione. Poi ognuno può mantenere la propria idea sui “rivoluzionari” di aq16. Ma ciò che maggiormente mi spaventa è una città silente, che lascia passare inosservato anche questo affronto e che si sta avviando ad una sempre crescente indifferenza. In alto: un momento della manifestazione organizzata da aq16 e, sotto, un particolare di quella delle istiztuzioni (foto Angelo Bariani) Io ti racconto... vite partigiane. Giovani che raccontano giovani - un’anticipazione? di Elia Carlotti Non un maggio qualsiasi per Maria cultura Mi chiamo Elia Carlotti, studente universitario di 21 anni, vivo a Bibbiano. Sono il nipote di Remo Bonazzi (partigiano “Andrea”) e di Enore Melioli, sorella di Ave Melioli, Medaglia d’argento per la Resistenza. I racconti e le vicende che mi sono venuti incontro in tutti questi anni attraverso testimonianze dirette o indirette, hanno dato energia sufficiente alla scrittura di questo testo, frutto, in larga misura, della mia fantasia. Guardo le nuvole riflesse nella bacinella d’acqua che ho riem- pito per lavarmi i capelli. Per un attimo mi incanto ad osservare dentro questo cerchio poco profondo di ferro, nel mentre cadono le gocce dalle punte, che fanno ondeggiare questa specie di dipinto liquido. Poi le nuvole le scruto davvero, spalancando gli occhi al cielo. E’ una mattina di primavera. Oggi il cielo sembra ancor più immenso. Poche nuvole color latte fresco spezzano in modo irregolare l’azzurro. I miei ricci, ancora bagnati, hanno reso umida la parte del vestito che copre la schiena. Li tengo raccolti per un po’, chinandomi, e li strizzo per far uscire le ultime gocce d’acqua. Il sole scalda parecchio, pochi minuti e la testa torna asciutta. Il campo che scende sotto casa possiede verde e fiori in abbondanza, è vestito dai modi della natura e da migliaia di insetti. Il posto in cui stiamo sostando è delizioso, pare estraneo alle vicende degli ultimi mesi eppure ne è stato colpito duramente: i proprietari della casa sono stati portati via, uccisi forse, il bestiame pure è stato sottratto ai suoi padroni. Doveva trattarsi di una famiglia numerosa, il casolare è grande, seppur comprende la stalla e il fienile che presi insieme occupano due terzi dell’intera struttura; c’era anche un’orto, ma al suo interno non è rimasta che terra ed erbacce. “Che fai, ti abbronzi?”, mi dice Sergio affacciato ad una finestra dell’abitazione. “Mi sono lavata i capelli, aspettavo al sole che si asciugassero. Questo posto è splendido, non trovi?”, gli rispondo. “Sì, è molto bello, è un peccato rimanerci così poco”. Sergio è un ragazzo poco più grande di me, i suoi atteggiamenti sono sicuri e impostati, ma il suo viso rivela ancora una certa tenerezza da fanciullo. Sta ancora lì affacciato, mi guarda e sorride. Io fingo di non considerarlo, mi metto a posto la camicietta, la gonna. Mi sento osservata. Raggiungo Aldo e Cesare che stanno seduti sull’erba riparati dall’ombra di due querce enormi. Aldo pochi giorni fa durante uno scontro con un gruppo di tedeschi ha subito un colpo al braccio, per fortuna solamente sfiorato. “Come va il braccio?”, gli domando. “Sento dolore ma il bruciore è passato. Domani mattina ripartiamo, questa zona è da troppo tempo lasciata a se stessa, questa quiete non mi da tranquillità. I fascisti possono capitare in ogni momento”. Nel dire ciò Aldo si sistema la fasciatura e scruta l’orizzonte come un cane da guardia che allunga il muso verso possibili pericoli. Lui è un uomo dall’apparenza severa, è esigente e rispettoso. Inizialmente fu molto diffidente e contario riguardo alla mia presenza nella formazione; per lui questa è una questione maschile, strettamente legata ai muscoli e al coraggio, ma un muscolo lui a momenti lo perdeva senza il mio intervento al suo braccio ferito. Poi devo dire che non disprezza affatto ciò che preparo loro da mangiare, quando si hanno gli ingredienti per cucinare qualcosa o quando la situazione lo permette. Quando spiega ai compagni le future mosse, i prossimi movimenti, sembra che non mi prenda nemmeno in considerazione, come se preferisse lasciarmi sul posto, in mano ai fascisti. Non me la prendo più di tanto, non c’è tempo per attaccarsi a queste leggerezze, intorno a noi c’è allerta, occorre utilizzare le energie mentali e fisiche per salvarsi la pelle. E’ sera. Abbiamo mangiato poco, le scorte scarseggiano e le razioni di cibo assomigliano a quelle di certe bestie selvatiche, in mano al destino. Può capitare di trovare gente generosa, e da queste parti è frequente, come accade di incontrare gente spaventata, e di questi tempi il perché lo si intuisce facilmente. Ci sono giunte voci di interi paesi bruciati, persone sterminate per presunti aiuti a noi partigiani. “l’UNITA” E’ MORTA RIMANE LA SPERANZA DELLA SUA RESURREZIONE di Giacomo Notari Novant’anni giusti dopo la sua fondazione ad opera di Anto- nio Gramsci, “l’Unità” ha cessato di esistere, ma occorre sperare nella sua resurrezione. Anche perché quel giornale rimase in vita, e clandestinamente diffuso, perfino durante il ventennio fascista. “ Noi veniamo da lontano – diceva Togliatti – e andremo lontano”. La vita di quelli della mia generazione, dall’immediato post liberazione, è stata costantemente accompagnata da un giornale che aveva quel nome : “l’Unità”. “Stiamo uniti perché il cammino è difficile”, ci dicevamo. E dif- ficile il cammino lo fu anche nell’Italia nata da quella Resistenza alla quale molti di noi avevamo partecipato. Ai tempi di Scelba il mio paese, Marmoreto, sull’Appennino, contava circa trecento anime. Una sessantina erano giovani e donne aderenti al Partito comunista. A quel partito io mi ero iscritto già durante il partigianato. Da Milano ogni giorno arrivava il pacco del quotidiano di Gramsci e a turni, alcuni di noi, lo portavamo alle famiglie. Ecco perché oggi ci sentiamo orfani, pensando a quei primi anni del dopoguerra che non furono una passeggiata, anche se uffisett/ott 2014 notiziario anpi 21 cultura cialmente eravamo nel Paese delle libertà costituzionali, compresa la libertà di pensiero a mezzo stampa… Basti un episodio per avere idea delle difficoltà che incontrammo.Capitò che uno dei nostri attivisti, nell’era scelbiana, scrisse a mano un manifestino annunciando che avevamo raccolto una certa cifra a sostegno appunto de “l’Unità”. Capitò anche che un benpensante avvertì i Carabinieri di Collagna di questo infame reato. Nel giro di poche ore una camionetta dell’Arma era a Marmoreto, davanti a casa del colpevole, Corrado Coli, classe 1928. Gli legarono le mani e lo portarono nel carcere di San Tommaso, a Reggio. Noi, in paese, pensavamo di vederlo tornare nel giro di pochi giorni. Invece non fu così. Sicché, dopo una settimana dall’arresto di Corrado mi attivai, andai a Reggio con la corriera e mi presentai alla portineria del carcere. Il funzionario incaricato mi spiegò che Coli non poteva uscire perché doveva pagare vitto e alloggio per il suo “soggiorno” in San Tommaso.Tornai a casa con la solita corriera. Come cellula del Pci (intitolata a mio fratello Giuseppe, caduto partigiano) organizzammo una sottoscrizione tra la borgata di Marmoreto e il paese di Busana, raccogliendo la cifra necessaria. Di quei tempi i soldi non abbondavano. Molti paesani erano andati nelle miniere del Belgio e vigeva ancora un’agricoltura di sopravvivenza. Per finire tornai alla portineria del carcere, pagai il conto, e assieme al prigioniero liberato comprammo due biglietti per tornare a casa. Questo ex prigioniero vive tuttora, a pochi passi da casa mia. Fin che “l’Unità” è uscita è andato ogni giorno all’edicola, a Busana, acquistando il nostro giornale anche per me. Compreso l’ultimo numero, che conservo, nella speranza della resurrezione. Perché crediamo che di quel giornale ce ne sia ancora bisogno. Antonio Soda: Con la scomparsa di Antonio Soda noi dell’ANPI perdiamo un amico che abbiamo avuto spesso al nostro fianco, con la sua grande competenza di giurista e lo spirito di sincero democratico, nell’azione a difesa dei valori della Resistenza su cui si fonda la Costituzione Repubblicana. E’ in corso una riforma della Costituzione piuttosto radicale: trasformare il Senato, disegnato dai costituenti nel secondo dopoguerra, in Senato delle autonomie”. Così scrivevamo il giorno in cui apprendemmo della morte dell’onorevole Soda. Noi lo vorremmo ricordare proponendo le domande che gli avevamo sottoposto alcuni mesi fa per il Notiziario di luglio: “se la malattia me lo consente rispondo volentieri”, ci disse. Purtroppo le cose sono andate tragicamente. “Nel testo base del governo l’obiettivo è abolire il bicamera- lismo perfetto, le indennità, il voto di fiducia, il voto sul bilancio. Inoltre, usiamo il condizionale, prevederebbe l’elezione dei senatori sia tra i consiglieri regionali sia in un listino a parte in cui sarebbero indicati i nuovi senatori che i cittadini devo eleggere. – Andrea Pertici, ordinario di Diritto costituizionale all’Università di Pisa, firmatario insieme a Civati di un progetto di riforma costituzionale profondamente diverso da quello presentato dal governo, sostiene che cosi il Senato diverrebbe non una seconda Camera ma una Camera secondaria. Anche il senatore Chiti è firmatario di un progetto di revisione costituzionale lontano da quello del governo e più prossimo a quello di Civati. In questi ultimi due progetti il Senato perderebbe il suo attuale ruolo ma non la funzione di seconda Camera. Che ne pensa? 22 sett/ott 2014 notiziario anpi – In questo stagione di riforme anche il Titolo V della Costituzione, già riformato in fretta e furia nel 2001, è di nuovo oggetto di attenzione riformatrice. Infatti – oltre ai numerosi contenziosi apertisi fra Stato e regioni su materie in cui non si capisce bene di chi sia la competenza – con la riforma del 2001, le regioni “hanno visto crescere in tutti i campi la loro autonomia organizzativa e di spesa senza che di pari passo crescesse la loro autonomia fiscale, ma contemporaneamente non era impegnate a recuperare quel denaro che non era loro”. Quindi… – Secondo lei il progetto di riforma della legge elettorale, il cosiddetto Italicum, è costituzionale? In merito ci sono pareri contrastanti...”. Questa la scheda di presentazione che avevamo preparato: Antonio Soda è nato a Melfi il 28 gennaio 1943. Coniugato con la reggiana Carla Ferrari, risiedeva a Reggio Emilia da oltre trent’anni. Ha cultura il nuovo libro di Albertina Soliani Prodi: “Tutto si muove, tutto si tiene” è un misto di spiritualità e laicità... di Anna Fava Il profumo di biancheria pulita. Di quella asciugata al sole in estate. Ecco. È la prima sensazione che ho avuto leggendo “Tutto si muove, tutto si tiene” di Albertina Soliani (ed. Diabasis). E già questo potrebbe bastare per dire che il libro è piacevole. Poi, leggendolo, la ensazione seconda è stata quella di intraprendere un viaggio. Nel tempo e nello spazio. Che ha avuto inizio nella campagna di Boretto, via Goleto, zanzare in estate e nebbia in inverno che l’ha vista bambina. Poi Parma, la musica di Verdi come colonna sonora, gli studi superiori e l’insegnamento; Roma, la città eterna ed il Parlamento, l’impegno politico e la Costituzione. Infine Rangoon, Birmania, terra bellissima e coraggiosa, affamata di libertà e diritti civili, come Aung Sun Shu Khi, che attendeva Albertina nella sua casa e con la quale ha stretto una bella amicizia. Amiche. E tra amiche ci si va a trovare a vicenda. Quindi Parma. Nella sua Emilia. Nella terra di Verdi. Perché tutto si muove, tutto si tiene. Romano Prodi, nella prefazione al libro, scrive che “gli ideali che Albertina ha perseguito e gli obiettivi che ha raggiunto sono il risultato di fatica, di semplicità, e di assoluta coerenza rispetto ai propri principi”. “Tutto si muove, tutto si tiene” è un misto di spiritualità e laicità. Vangelo e Costituzione. Il tutto condito dall’intelligenza e dalla tenacia di una donna. Che non ha avuto paura delle difficoltà. Che ha creduto fortemente in quello che faceva. Che ha ascoltato la sua vita e quella degli altri e che agli altri ha dedicato il suo impegno. Perché questo libro, che vuole essere “quasi un bilancio per la generazione che viene” diventa un atto d’amore verso le nuove generazioni. Quelle che oggi sono così bistrattate, con poche speranze e tante difficoltà. Nell’aprile scorso ho avuto il piacere di ascoltarla nella sala civica di Poviglio. Ero di ritorno da un viaggio a Napoli. Lì, casualmente avevo incontrato i ragazzi che si occupano di ridar dignità e splendore al Rione Sanità. Giovani coraggiosi, intraprendenti, che hanno ridato vita alle bellezze artistiche in questo quartiere, con la voglia di strapparlo, faticosamente, pezzo per pezzo, alla malavita. Confesso l’emozione e la mia commozione nell’ascoltare la guida che mi aveva accompagnato alla scoperta di questa realtà. E confesso la stessa emozione un paio di sere dopo, nelle parole di Albertina Soliani. Perché il confronto, per me, è stato inevitabile. Due generazioni, lo stesso impegno. La stessa voglia di lottare. La medesima voglia di cambiare. Cambiare per migliorare. Per se stessi, per la comunità locale, per gli altri. In nome di quei valori, così belli e non scontati che stanno sia nel Vangelo che nella nostra Costituzione. E in quel profumo di biancheria pulita, così intenso e così buono, che accompagna la vita e la politica più bella. politica e cultura due figlie.Entrato giovanissimo in Magistratura nel 1968, ha svolto a Reggio Emilia funzioni di giudice istruttore, di giudice di sorveglianza, di giudice del lavoro e di giudice del dibattimento. E’ stato quindi consigliere presso la Corte di Appello di Bologna. Nominato magistrato di cassazione, con la candidatura, nel 1994, nella lista dei Progressisti, ha preferito dare le dimissioni dall’ordine giudiziario per dedicarsi in piena libertà allo svolgimento dell’attività politico-parlamentare. E’ stato membro della Commissione Affari Costituzionali e del Comitato dei Servizi di Sicurezza nella XII Legislatura. Si è quindi iscritto nell’albo degli avvocati patrocinanti in Cassazione. Eletto deputato nelle liste dell’Ulivo, nel 1996, ha ricoperto la carica di responsabile del gruppo dei Democratici di Sinistra-Ulivo nella Commissione Affari Costituzionali e Interni della Camera. Componente della Commissione Bicamerale per le Riforme Istituzionali, ha partecipato attivamente ai lavori per il progetto di superamento della crisi istituzionale italiana. Antonio Soda ha contribuito alla formulazione di numerose proposte di legge diventate leggi dello Stato: fra queste, la legge costituzionale sull’autonomia statutaria delle regioni e sull’elezione diretta del Presidente della Regione, la legge costituzionale sul giusto processo, la legge costituzionale sull’ordinamento federale della Repubblica, la legge sul cosiddetto pacchetto sicurezza, la legge sulle associazioni di promozione sociale, la legge sulla cremazione. E’ strato presidente dell’istituto musicale “A. Peri” di Reggio Emilia. Sulle questioni della democrazia ha scritto “Ripensiamo la Costituzione”, Editori Riuniti, è anche autore di saggi giuridici fra i quali, da ultimo, Le riforme istituzionali: la transizione incompiuta (1993-2000) Ordinamento comunitario e diritto nazionale. E’ stato eletto deputato nella nelle legislature XII, XIII XIV Legislatura, quest’ultima dal 4 giugno 2001 al 27 aprile 2006. Nel note iniziali abbiamo scritto di averlo avuto spesso al nostro fianco. Vogliamo solo ricordare due articoli/intervista pubblicati sui nn. del Notiziario di set/ott e dic/1994 il primo La lotta politica passa fra opulenza e miseria e Come rivivitalizzare il centro storico di Reggio?. sett/ott 2014 notiziario anpi 23 l’opinione La riforma del Senato è davvero un attentato alla democrazia? di Glauco Bertani “[Onorevole Umberto Terracini], che cosa si potrebbe escogitare per rendere più snello e rapido il lavoro del parlamento? Abolire una delle due Camere. Faccio finta di non aver sentito e torno a chiederti: per snellire l’iter parlamentare delle leggi non si potrebbe, per esempio, aumentare i casi per i quali sono previste sedute in comune di Camera e Senato? I costituenti esclusero espressamente la possibilità di istituzionalizzare un’assemblea nazionale che fosse la somma delle due assemblee già esistenti […] Solo in casi particolari i due rami del parlamento possono essere convocati in seduta comune. Non si potrebbe aggiungere a questi casi quelli delle dichiarazioni programmatiche del presidente del consiglio e della votazione su mozioni di fiducia o di sfiducia al governo? […] Ma il problema non è quello di risparmiare tempo solo in occasioni eccezionali […] No, il problema è molto più vasto e investe la funzionalità del parlamento in ogni suo atto quotidiano […] L’unico modo per riuscire nello scopo è sopprimere una delle due Camere. Bene: e quale delle due Camere sopprimeresti? Ma il Senato naturalmente. Per tradizione è stata sempre la meno rappresentativa. E oggi, nonostante che anch’essa venga eletta direttamente dal popolo, scaturisce da una base elettorale più limitata di quella della Camera. Per via della differenza d’età degli elettori e degli eleggibili? Appunto”. Le motivazioni, come si vede, alla base dell’eliminazione del bicameralismo perfetto sono diverse da quelle che oggi spingono per la differenziazione dei compiti di Camera e Senato. Uguali invece le ragioni funzionali: rendere più snello e rapido il lavoro del Parlamento, per evitare, come ricorda Danilo Morini, la decretazione d’urgenza, vera metastasi di un sistema democratico. Non è, però, la fregola delle citazioni che mi ha suggerito di riportare questo passo della lunga intervista su “Come nacque la Costituzione” che il partigiano Pasquale Balsamo fece, nel lontano 1977, a Terracini comunista, antifascista lungamente incarcerato, partigiano, membro della Commissione dei 18 e presidente dell’Assemblea costituente, ma è la laicità con cui affronta un problema complesso come la possibile revisione costituzionale. Recentemente Mauro Bortolani, dell’Associazione per la difesa della Costituzione, ha scritto, in risposta a Danilo Morini, sostenitore della riforma in corso, che il pericolo sia l’eccessivo peso che – congiuntamente a una legge elettorale che premierebbe i maggior partiti – verrebbe ad assumere l’esecutivo, con il conseguente sbilanciamento degli equilibri dei poteri dello Stato, già descritti da Montesquieu. “Ci rendiamo tutti conto – scrive Bortolani – che un tale rischio può essere ‘mortale’ per la democrazia, se un populista-demagogo ben più pericoloso di Renzi, riuscisse a conquistare il favore popolare”. Nel testo della carta nata dalla Resistenza, Terracini, invece, avrebbe fatto radicalmente a meno del Senato e siamo nel 1977, gli anni Settanta furono, come tanti ricorderanno, anni piuttosto turbolenti. Ma il problema della snellezza dell’iter legislativo è un problema che l’ormai vecchio esponente del PCI pone con decisione. E oggi, credo, che il maggior pericolo per la democrazia non stia tanto nella preoccupazione sollevata da Bortolani, e da altri esponenti politici compresi diversi “compagni” di partito di Renzi, ma piuttosto nell’immagine di immobilità privilegia24 sett/ott 2014 notiziario anpi Terracini mentre firma la Costituzione ta che la classe politica da di sé a un’opinione pubblica che si reputa migliore, cosa di cui dubito leggermente. Nella riforma presentata dal governo Renzi il Senato assume funzioni diverse dalla Camera e sarà formato da rappresentati eletti dalle Regioni, da alcuni sindaci e da personalità nominate dal Presidente della repubblica per un totale di cento membri. Dall’8 agosto scorso, giorno in cui è stata approvata a Palazzo Madama al giorno in cui sarà effettivamente operante, di tempo ne passerà di sicuro parecchio, tuttavia anche se per qualcuno i problemi sono sempre altri, la ricaduta di fiducia su una nuova classe politica che appare decisa a rompere una certa prassi consolidata non può che far bene alla democrazia (che non mi pare in pericolo). Se è demagogia lo dirà un tempo non troppo lungo, ma ora a me pare prevalente in questa giovane compagine governativa lo sforzo di sanare il gap fra governati e governanti. L’opposizione alla riforma ha gridato alla dittatura, chiaramente un’iperbole linguistica, senza valutare il fatto che la democrazia è, sì, rispetto delle minoranze ma non è la “prevaricazione della minoranze sulla maggioranza. No, questa è dittatura”, Terracini docet. 70 ANNI FA INIZIAVA 70esimi LA LUNGA SETTIMANA DEL PARTIGIANO Col contributo decisivo e mai abbastanza valorizzato di centinaia di donne di Antonio Zambonelli Volantino di lancio della “settimana” U no degli aspetti di straordinario valore della lotta di liberazione nel Reggiano fu la cosiddetta “Settimana del Partigiano” che, in teoria, avrebbe dovuto durare dall’11 al 18 ottobre 1944, ma che in realtà si protrasse fino a tutto dicembre ed oltre, coinvolgendo in particolare centinaia di donne di tutta la provincia. Lo scopo era quello di sovvenire alle esigenze di vestiario e di alimentazione dei partigiani in montagna, alleviando anche così il peso sopportato dalla popolazione montanara. Alla realizzazione dell’iniziativa, oltre ai Gruppi di difesa della Donna, parteciparono anche i sappisti della pianura e il Fronte della gioventù. Prima si trattò di far conoscere alla popolazione l’iniziativa, mediante la ripetuta affissione notturna di appositi volantini in tutta la pianura, poi di raccogliere presso le famiglie alimenti, vestiario e quanto serviva al sostentamento delle formazioni. Nonostante le condizioni economiche difficili per tutta la popolazione, determinata dalle ristrettezze connesse alla situazione bellica, i risultati furono di eccezionale importanza. Il peso maggiore della raccolta, casa per casa, toccò ai Gruppi di difesa della donna. Centinaia di organizzate, nei dintorni di Reggio e in tutto il resto della pianura e della pedecollina, si mobilitarono allo scopo.Merita di ricordare l’esempio di Zelina Rossi, Anna, mezzadra di Bagnolo, che fu una protagonista della or- ganizzazione dei GdD tra Bagnolo, Correggio, San Martino in Rio e Rubiera. Ci ha lasciato un importante fondo cartaceo relativo alla sua attività. In un rapporto del 12.12.44 leggiamo “Settore Budrio. Le organizzate hanno ultimato i guanti e stanno preparando i pacchi natalizi […] S. Martino. Ho riunito le responsabili del settore […] hanno ultimato quel po’ di guanti che hanno potuto fare dato che in generale sono tutte operaie e molto povere”. In un rapporto che Anna riceve da Greta leggiamo che anche a Bagnolo “si sta ultimando la confezione dei guanti e anche dei pacchi per i nostri garibaldini, i nostri fratelli che sono in montagna sotto i rigori del freddo”. Come avvenissero i trasporti verso la montagna ce lo racconta per esempio Cesare Soragni, all’epoca abitante a Marmirolo: ”I compagni partigiani di sotto della Via Emilia, cioè di Castellazzo, Gazzata, San Faustino, avevano il compito di realizzare la raccolta di viveri, indumenti, guanti. Io e il mio amico Pippo Bertani e la staffetta Nanda Lasagni, da Marmirolo, che sta a sud della Via Emilia, portavamo la roba al primo posto di blocco, a Viano, passando da Gavasseto, Sabbione e Pratissolo. Il materiale era trasportato, nottetempo, da un birocciaio con una biga. La staffetta stava davanti in bicicletta. Noi due seguivamo il carro pronti a intervenire in caso di necessità: io avevo soltanto una rivoltella a tamburo. Una volta, qualche giorno prima del Natale ‘44 avvertiti dalla staffetta che stavamo per imbatterci in una colonna tedesca in transito sulla strada per Scandiano – erano circa le 4 del mattino – facemmo marcia indietro e ricoverammo la biga sotto il portico di contadini amici. La notte successiva ritornammo sul posto e ripartimmo col prezioso carico verso Viano”. Carmen Altare, impegnata come la sorella Cosetta nei GdD di Castelnovo Sotto, sottolinea, in una sua testimonianza, che non vanno dimenticate “per tutto il loro contributo, anche le modestissime donne casalinghe [...] fecero tutto il possibile per trovare indumenti, viveri. Il risultato fu molto buono . Ricordo che le donne avevano tirato fuori la lana dai loro materassi, filato, fatto guanti […] Furono raccolti anche molti medicinali . Andavamo da medici e farmacisti della zona che collaboravano con noi. Ne mettemmo insieme scatoloni: bende, cotone, bottiglie di alcool. Consegnavamo il tutto ad Olga Lini impiegata alla Cantina sociale, che era di Correggio….lei provvedeva all’invio del materiale a destinazione”. A metà dicembre venne lanciata, in continuità con la “settimana”, la campagna per il Natale del Partigiano e furono ancora i GdD a mobilitare centinaia di donne per confezionare i pacchi dono contenenti vestiario, viveri, dolci e un biglietto di auguri. E fu ancora mediante l’Intendenza delle SAP che i pacchi vennero fatti arrivare in montagna. Per esempio verso il 20 l’intendente Athos, del sotto settore Fellegara-Arceto, provvide con alcuni uomini a trasportare i pacchi “che per la maggior parte erano provenienti dalla Bassa reggiana e dal settore di Rubiera” (Istoreco, busta 16/A). Dai primi di gennaio del ‘45, con la ristrutturazione delle SAP provinciali in due brigate (76.a e 77.a), la 5.a zona (Scandiano e comuni limitrofi) diventò 1. battaglione della 76.a con una regolare Intendenza che provvedeva all’approvvigionamento della montagna essendo rimasta libera la via che da Scandiano portava a Baiso e oltre. Quasi ogni giorno – scrive Laerte Ragni – squadre di SAP scortavano ogni genere di vettovagliamento dalla zona di Rubiera a quella di Viano sfidando mille pericoli ed eludendo la vigilanza tedesca. Quintali di merci passarono per quel corridoio a mezzo di colonne di carri con la collabosett/ott 2014 notiziario anpi 25 70esimi razione dei contadini locali nonostante il disturbo continuo degli aerei e delle pattuglie nemiche. Il partigiano rubierese Dante Ognibene ricordava che molta roba veniva immagazzinata a casa sua e che il burro veniva fuso e trasportato dentro a damigiane. Lo stesso Ognibene ed altri, aggiungono che talvolta la merce veniva trasportata verso la montagna con un camioncino condotto dal cosiddetto “bandito Valenti”, singolare personaggio che nel febbraio ‘45, con eccezionale sangue freddo, riuscì anche a portare in salvo Otello Montanari ferito in combattimento a San Maurizio, da Villa Bagno fino in montagna, di giorno, passando indenne anche in mezzo ai tedeschi. La vicenda della settimana del partigiano, iniziata 70 anni or sono e continuata fino a dicembre ’44, ebbe un’importanza decisiva per far sì che i distaccamenti partigiani della montagna potessero continuare la lotta nonostante il proclama Alexander con cui, 13 novembre ’44, erano stati invitati a tornarsene a casa in attesa della primavera e della ripresa dell’avanzata alleata dal Sud. Dalla Bassa, per esempio da Campagnola, Fabbrico, ecc. il materiale raccolto veniva trasportato, naturalmente sempre di notte, lungo la via Beviera, all’epoca strada bianca immersa nella campagna, fino a Bagnolo e poi Pratofontana, dove c’era un posto tappa diretto da Giovanni Ferretti, Corradi. Lì avveniva in genere il cambio delle staffette e si provvedeva a far proseguire il materiale. Continuando con un altro esempio: anche in tutto il comune “rivierasco” di Gualtieri venne organizzata una raccolta straordinaria per la “settimana”. “A Pieve Saliceto, ricordava Anna Tirelli, siamo andati con un carretto trainato da un cavallo. Lo abbiamo riempito di salumi, formaggio e farina donati dai contadini. Il 29 novembre l’Intendenza del IV distaccamento SAP manda in montagna il seguente materiale: tute 520, camicie 350, paia di scarpe 150, giubbe 80, coperte 650, burro kg. 50, formaggio kg. 150, pasta kg. 40, sale kg. 200, carne kg. 30. Parte dei generi indicati erano stati sottratti, con un colpo di mano, al maggiore tedesco che comandava la Organizzazione Todt di Guastalla”. Restando alla zona Ovest del Reggiano, apprendiamo che a Cavriago, dove operava una forte ed estesa organizzazione dei GdD “l’attività più impegnativa era costituita, oltre che da riunioni politiche con rappresentanti del Pci e del FdG, “dal lavoro di raccolta, confezione e spedizione di pacchi (medicinali, sigarette, viveri, indumenti, generi di comfort) alle formazioni di montagna”. In particolare, nel paese rosso ma anche dossettiano, anche 70° anniversario dell’incendio di Toano L’esperienza degli sfollati a Codesino di Renzo Martinelli Settanta anni fa Codesino era un ca- solare isolato a valle di Toano, quasi a picco sul torrente Dolo, raggiungibile solo attraverso sentieri e carraie. All’inizio di agosto del 1944 era diventato rifugio di gente fuggita in tutta fretta dal paese con poche cose essenziali: coperte, masserizie e ... mucche, prezioso capitale per i contadini di allora. Quasi tutti i toanesi erano sfollati al diffondersi della voce che stavano sopraggiungendo i tedeschi in azione di rappresaglia antipartigiana. Molti cercarono scampo proprio a Codesino. Gli sfollati pensavano agli eccidi ed alle devastazioni compiute nel mese di marzo in località poco distanti: Monchio, Susano, Costrignano, Savoniero, Cervarolo. Erano sgomenti. L’unica loro speranza era che i tedeschi non si sarebbero spinti fino a quello sperduto casolare. Erano tanti, troppi per essere ospitati tutti in casa. Eppure sperimentarono un’accoglienza straordinaria da parte delle famiglie Cappucci che vi abitavano. I vecchi, le donne ed i bam26 sett/ott 2014 notiziario anpi bini trovarono alloggio nelle camere, nei corridoi, nelle cantine, negli sgabuzzini; gli uomini nelle stalle e nei fienili, ma molti di questi ultimi preferirono trascorrere le notti nei fossi, nelle boscaglie della Mattina o – come scrisse padre Mario Cappucci del luogo, recentemente scomparso – nelle tane del Mandariaccio, le quali “abituale dimora delle volpi, sono divenute casa per gli sfollati”. Il cibo non fu fatto mancare. Era costituito dal pane che i Cappucci sfornavano ogni giorno, dal latte di cui vi era abbondanza e dal formaggio fatto in casa. Ricordava padre Mario: “Nel corridoio del piano terreno della casa le pentole sono piene di latte a disposizione di tutti e le donne sono indaffarate a fare il formaggio. Pane e formaggio saranno l’alimento di tutti”. Da quella sperduta località il 5 agosto gli sfollati videro nubi di fumo levarsi dal paese in fiamme e dalla cima del Castello: delle loro case, delle chiese, del municipio non sarebbero rimasti che cumuli di macerie. A distanza di settanta anni, sabato 2 agosto gli “Amici dei borghi toanesi” ed i Cappucci del luogo (figli e nipoti di coloro che concessero generosa ospitalità ai “alcune donne cattoliche (Silvia Rigattieri, Anna Magnani e altre) partecipavano al lavoro dei GdD, e raccoglievano esse stesse sia le quote sociali sia i generi da inviare ai partigiani. I gruppi dei vari rioni [Pratonera, Cristo, San Nicolò, Castellina, Borghetto] erano incaricati di raccogliere [...] i singoli generi, che venivano ammassati nel fienile di Armando Ferrari Bedini. Qui si riunivano le donne per confezionare i pacchi, che poi venivano portati a casa della Burani, dove passavano a ritirarli gli incaricati dell’intendenza partigiana” (CAVANDOLI, Cavriago antifascista, p.198) . Fu un vera e propria gara di solidarietà che riguardò non solo il Reggiano ma anche varie zone dell’Italia settentrionale e che si avvalse del contributo decisivo e mai abbastanza valorizzato, di tante donne. Sul n.10 di “Noi Donne”, periodico clandestino dei GdD (e nel dopoguerra dell’UDI), pubblicato e diffuso nel Nord Italia, si traccia un bilancio di quella “lunga settimana”, dove si legge che “chi batte il record di questa gara di solidarietà patriottica e di affetto è Reggio Emilia e provincia, dove la somma raccolta raggiunge il milione, senza contare una quantità imponente di materiale vario che si può valutare per una somma due volte superiore”. fuggiaschi) hanno organizzato, con il patrocinio del comune di Toano e della pro loco, un incontro rievocativo, seguito da merenda sul prato, “per riassaporare quei sentimenti di amicizia e di solidarietà che resero eccezionale l’esperienza degli sfollati a Codesino”, con accompagnamento di canti della tradizione popolare. La cerimonia, guidata con elegante brio da Mario Ferrari (Presidente della CRI di Toano), si è articolata in una serie di brevi ma significativi interventi da parte del Sindaco prof. Vincenzo Volpi, del Presidente dei Borghi Toanesi arch. Elisabetta Vendramin, dei cugini Alessandro e Camillo Cappucci, nonché della dottoressa Mirta Grossi titolare di un B&B nelle vicinanze, grande estimatrice della vallata. E’ proseguita con la benedizione del cippo da parte del parroco don Graziano Gigli e gli onori resi dalle insegne di CRI, ANPI, ANA, REDUCI. Trombettiere Damiano Ceresoli. La ricorrenza dell’incendio di Toano è stata poi ufficialmente commemorata il giorno successivo, domenica 3 agosto, con una santa Messa celebrata nell’antica Pieve di Santa Maria in Castello da don Graziano Gigli, accompagnata dai canti della corale S. Rocco di Gusciola diretta dal maestro Pier Alberto Bernabei. Ai lati del presbiterio rendevano onore i labari dei Comuni di Toano, Montefiorino e Prignano oltre alle insegne dell’ANPI (presente Giacomo Notari), dell’ANA e della CRI di Toano. 70esimi Gavasseto 6 settembre Anpi e Spi-Cgil nel settantesimo del sacrificio dei fratelli Vecchi di Anna Ferrari A sinistra il corteo; a destra Antonio Zambonelli durante la commemorazione; alle sue spalle il Sindaco, di fronte Luciano Cattini e sullo sfondo Anna Ferrari Sabato 6 settembre si è svolta la com- memorazione della fucilazione avvenuta a Gavasseto il 3 settembre 1944 di Giuseppe e Gino Vecchi. Nell’occasione si sono ricordati insieme, anche se morirono in circostanze diverse perchè vittime della stessa mano: il nazifascismo, e anche perchè amarono e servirono la libertà con la stessa convinzione. Giovanni, partigiano nella 144a Brigata Garibaldi, caduto in combattimento il 24 novembre 1944 e Onesto che fu richiamato allo scoppio della seconda guerra mondiale e che risultò disperso sul fronte russo nel 1943. Dissero no alla dittatura, alla privazione di libertà e dignità umana, all’odio, che li colpì tremendamente, ma non li sconfisse. La sezione cittadina Dorina Storchi “Lina”, in collaborazione con CGIL SPI e il contributo di UNIPOL ha effettuato la ristampa del libretto “I F.LLI VECCHI: una famiglia contadina nella resistenza”. Si è ritenuto doveroso continuare sulla strada delle pubblicazioni dedicate a figure eroiche della nostra terra, occasione importante per riflettere sulla pagina più buia della nostra storia e sugli eventi che hanno segnato la fine del fascismo e dell’occupazione nazista. Una pagina di storia che nelle nostre scuole viene studiata in modo superficiale e in tarda età, mentre dovrebbe essere proprio la Scuola il luogo dell’apprendimento, dell’inclusività, del rispetto, dell’apertura, della pluralità delle idee politiche e delle culture. La scuola è il luogo che dovrebbe garantire l’uguaglianza e la libertà di pensiero; la scuola è l’antitesi del fascismo. Per questo l’insegnamento degli avvenimenti della nostra storia è indispensabile affinché non sembri una pagina lontana dai nostri giorni. Alle 10 presso la chiesa di Gavasseto si è svolta la funzione religiosa. Un corteo si è poi formato con le bandiere dell’ANPI provinciale, della sezione Cittadina “Dorina Storchi Lina”, della sezione di Villa Ospizio, dello SPI-CGIL, fino al cippo davanti al quale si è svolta la cerimonia con l’intervento del sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e dello storico e segretario dell’ANPI Antonio Zambonelli. Luca Vecchi, per la prima volta nella terra dei suoi antenati in veste di Sindaco, ha affermato che il ricordo della morte dei quattro fratelli Vecchi fa parte della sua memoria familiare e della sua formazione umana, cominciando dai racconti della nonna paterna, oggi 95enne, vedova di Onesto, disperso sul fronte russo dal 1943 (quando il papà di Luca aveva due anni). Ha poi sottolineato come il ricordo della Resistenza,della solidarietà popolare attorno ai partigiani, frutto di una radicata tradizione di solidarismo, debba oggi e in futuro costituire un valore fondante e da mantenere vivo di fronte alle nuove difficili sfide che ci attendono. Concludeva infine ponendosi la domanda di come mantener viva in futuro le memorie delle lotte dei sacrifici che fondano la nostra identità di Paese democratico . Zambonelli, collegandosi alle parole di Vecchi, richiamava i vari interventi che da anni vanno svolgendo, nelle scuole e altrove, l’ANPI e lo SPI-CGIL in collaborazione con ISTORECO, proprio sui temi della Memoria e del suo impatto col presente. Rivolgendosi al Sindaco, segnalava come sia necessario che nella città e nel territorio venga reso anche “leggibile” (con targhe e “pietre d’inciampo”) lo spessore della storia del Novecento, dalle radici di un solidarismo che fu soprattutto socialista e che passò come fiume carsico sotto la scure del fascismo, remergendo in una intesa col cattolicesimo sociale, e non solo, nella lotta di Liberazione. In sostanza dalla commemorazione del 6 settembre è emerso, ancora una volta, che queste celebrazioni debbono aiutarci a saper cogliere la grande eredità che la resistenza ci ha lasciato. Significa ribadire i valori della Costituzione repubblicana nel contesto di un’Europa che sia operatrice di pace e impegnata affinché i deboli e gli “ultimi” abbiano una vita degna di essere vissuta. sett/ott 2014 notiziario anpi 27 memoria - Sentieri Partig Un venerdì mattina Matthias mi ha chiesto di partecipare ai “Sentieri Partigiani”, documentando il viaggio organizzato da Istoreco con foto e resoconti giornalieri. Da subito mi ha incuriosito e mi ha fatto molto piacere ricevere questa proposta, forse perché mio nonno, nato nel 1931, durante la seconda guerra mondiale è stato staffetta partigiana e mi ha raccontato della guerra tante volte. Così giovedì 11 settembre 2014 siamo partiti in pullman da Reggio Emilia. Il nostro albergo a Busana era una ex colonia fascista e poi sede del Comando tedesco in montagna. Mentre marciavo su quei sentieri in salita e in discesa pensavo a quanto sarebbe stato faticoso e doloroso percorrerli con le armi in spalla, la neve, la disperazione di aver perso amici fratelli e parenti, la fame, l’incertezza di riuscire ad arrivare alla meta sani e salvi. E la consapevolezza di vivere la propria giovinezza durante una guerra cercando, con tutte le forze, di “debellarla”. Alla fine di ogni camminata ci aspettava sempre il racconto di un partigiano, e questo era il principale motivo per cui durante la camminata cercavo di “non mollare” nonostante la fatica. Giacomo Notari “Willi” il primo giorno ci ha accolti, insieme alla moglie, nel cortile di casa sua a Marmoreto di Busana. Lì ha raccontato alcuni episodi della guerra e di come non ci si potesse fermare davanti a nulla, pochi giorni dopo la morte del fratello, infatti, dovette distribuire volantini in paese. Alla fine dopo averci offerto da bere e i suoi deliziosi lamponi molto orgoglioso ci ha mostrato il suo orto. Il giorno seguente, venerdì 12 settembre, Giacomo ci aspettava al faro di Ligonchio, monumento eretto in ricordo dei caduti della prima guerra mondiale. Willi ha ricordato di come durante la Resistenza gli consegnarono un mitra, che gli fece «compagnia fino alla fine della guerra», e della sua vita politica prima come consigliere comunale di minoranza del PCI, poi di maggioranza ed infine della sua carriera da sindaco di Ligonchio. Nella discesa dal monte Giacomo ci ha illustrato alcune caratteristiche dei funghi che “incontravamo” durante il percorso; infatti lui, nonostante i suoi 86 anni va ancora a raccogliere i funghi sulla sua montagna. In seguito, raggiunto il Passo Pradarena, abbiamo camminato fino a Presa Alta attraverso il crinale arrivando alla centrale elettrica di Ligonchio. Lì ci aspettavano Giacomo e l’attuale sindaco di Ligonchio Giorgio Pregheffi,figlio della staffetta partigiana “Bianca”. Giacomo ha spiegato come durante la guerra, sulle montagne di Reggio e Modena fosse nata la Repubblica di Montefiorino, in cui, alle votazioni, avevano partecipato anche le donne. Un episodio che mi ha fatto sorridere e riflettere molto è stato quando Giacomo ha detto di avere ricevuto, una sera, quattro pezzi di cioccolato da un soldato americano. I suoi piani erano di mangiare un quadretto ogni sera, così da avere energie per la notte ma «… poi la notte l’ho finito perché c’era bisogno 28 sett/ott 2014 notiziario anpi di zuccheri, son cose da ridere ma son vere». Il 13 settembre arrivati a Poiano di Villa Minozzo, alla casa di “don Carlo” accolti da Giovanna Quadreri, “Libertà”, e dalla figlia di Laura Quadreri ,“Foresta”, due sorelle che hanno militato nella Resistenza, come staffette e infermiere. Con loro, Enrico Bini e Sara Manfredini, sindaco e assessore di Castelnovo Monti. Giovanna ha raccontato come da staffetta teneva i contatti per il suo distaccamento, facendo moltissimi chilometri in montagna, andando però ogni sera a mangiare a casa dei genitori rassicurandoli sulle condizioni della sorella Laura. Libertà a sedici anni dovette andare in bicicletta fino a Cento di Ferrara per portare vestiti ad alcuni ragazzi, e poi spiegato di aver «riportato a casa» i suoi fratelli. Giovanna non è in nessuna foto del suo distaccamento perché «non ci sono mai nelle foto io, mi han fatto sempre correre». Camminando con sindaco e assessore abbiamo guadato il Secchia, fino ad arrivare a Vologno di Castelnovo Monti. Lì abbiamo reso omaggio alla tomba di Foresta con un racconto da parte della figlia e un ringraziamento del sindaco. Per concludere abbiamo cantato tutti insieme “Bella Ciao”. Poco più giù, in un parcheggio, ci aspettava Francesco Bertacchini “Volpe” mentre alle sue spalle svettava la Pietra di Bismantova. Volpe ha raccontato come, insieme all’amico Armando “Pancio”, ha deciso di diventare partigiano. Subito, per un breve periodo, sono stati partigiani a Corniglio di Parma, abitando a casa di un signore che forniva loro «ogni ben di Dio» da mangiare. Pancio però decise di trasferirsi sulle montagne reggiane, in un distaccamento di partigiani comunisti, e Volpe lo seguì. Alla sera ci siamo ritrovati tutti a cena al “Catomes Tot” a Reggio Emilia dove, essendo arrivata con un po’ di anticipo, ho avuto il piacere e l’onore di essere invitata da Volpe a sentire alcuni divertenti aneddoti della vita da partigiano. Ha raccontato che, a suo dire, «teneva su di morale » del suo distaccamento con delle «cantate» spesso riguardanti la mamma, che lo «immaginavano» molto perché «a quell’età lì, stare tanto lontano dalla mamma in guerra non era facile». La 21esima edizione di “Sentieri Partigiani” si è conclusa domenica 14 settembre, anche giornata europea della Cultura Ebraica. Abbiamo visitato la Sinagoga di Reggio Emilia ed in seguito siamo andati alla ex Prefettura per sentire la testimonianza di Giacomina Castagnetti. Lì Giacomina ha spiegato che lei non capiva «da che parte stare», perché a scuola leggeva “il Duce ha sempre ragione” e a casa sentiva il fratello essere totalmente contrario alla guerra. Ha deciso di diventare antifascista quando un suo fratello fu torturato e incarcerato a Castelfranco Emilia, ed anche perché le sue amiche non la andavano più a trovare iani 2014 - memoria di Chiara Guarnieri e Annalisa Govi -Ho studiato la storia della Resistenza a scuola e pensavo, ingenuamente, di conoscerla, invece mi sbagliavo. Poiché anche solo percorrere i Sentieri dei partigiani fa davvero immaginare la forza e il coraggio che serviva in tempo di guerra…essendo la sua famiglia antifascista. Giacomina ci ha accolti nel cortile della ex Prefettura poiché, lì, l’8 febbraio del ’45 ci fu una manifestazione di donne, a cui lei partecipò, per chiedere al Prefetto del grano per i propri figli. Giacomina ricorda che per la Liberazione, lei andò in casa e aprì tutte le finestre per poter far entrare la luce e l’aria, poiché durante la Resistenza bisognava tenere le finestre sempre chiuse per evitare di essere bombardati e per il coprifuoco. In seguito ci siamo spostati alle Reggiane, dove abbiamo ascoltato la testimonianza dell’ex operaio Fernando Cavazzini “Toni”. Toni, addetto a far saltare i ponti con altri 11 partigiani, ha ricordato di quando, dopo aver assistito all’eccidio delle Reggiane del 28 luglio 1943, disse: «Basta! Da oggi sono partigiano!». Abbiamo concluso la giornata con il Pranzo di Brigata, in compagnia dei partigiani, presso il cortile di Istoreco, cantando canzoni insieme al Coro Selvatico. Mi ha fatto davvero molto piacere partecipare a questo evento, poiché, ho imparato dai racconti in prima persona dei partigiani quanto fosse dura la Resistenza e quanti sacrifici umani ed emotivi abbia comportato. Ho studiato la storia della Resistenza a scuola e pensavo, ingenuamente, di conoscerla, invece mi sbagliavo. Poiché anche solo percorrere i Sentieri dei partigiani fa davvero immaginare la forza e il coraggio che serviva in tempo di guerra. I partigiani che hanno raccontato le loro vicende, in questi giorni, durante la Resistenza avevano più o meno l’età che ho io adesso, spesso erano anche più giovani. Così ho cercato di pensare se fosse capitato a me di trovarmi in mezzo ad una guerra, di dover combattere sulle montagne o in città, di dover abbandonare famiglia e amici senza la certezza di poter tornare a casa e con la paura di perdere persone care e di rischiare la propria vita. Questo mi ha fatto davvero comprendere quanto sia grande il debito che ancora oggi abbiamo nei confronti dei partigiani, della loro lotta di Resistenza. Questa esperienza mi ha lasciato una traccia forte di riconoscenza come non mi era mai successo con le molte letture fatte sui libri e sui manuali scolastici. Infine vorrei presentarmi: sono una studentessa in “Marketing e organizzazione d’impresa” dell’Università di Modena e Reggio Emilia, conosco Istoreco da alcuni anni perché nel 2010 ho avuto la grande fortuna di partecipare con il Liceo Moro al “Viaggio della Memoria” ad Auschwitz-Birkenau e per me effettuare lo stage qui voleva dire donare qualcosa di mio a questa organizzazione, ma ancora una volta sono io ad aver ricevuto tanto. (c.g) LE FOTO Nell’ordine: - partigiano sentinella, 1945 - alla centrale per la testimonianza di Giacomo “Willi” Notari e con il sindaco di Ligonchio Giorgio Pregheffi - sotto la Pietra di Bismantova testimonianza di Francesco “Volpe” Bertacchini - alla casa di Don Carlo per la testimonianza di Giovanna “Libertà” Quadreri, con la figlia di Laura Quadreri e il sindaco di Castelnovo Monti Enrico Bini Nell’altra pagina: - Domenica Secchi: la donna sul muro (foto di Chiara Guarnieri e Matthias Durchfeld) sett/ott 2014 notiziario anpi 29 memoria Sentieri Partigiani 2014 La donna sul muro Una storia di fratellanza tra le macerie delle Officine E’ domenica 14 settembre. ISTORECO ha deciso di concludere la 21° edizione dei Sentieri Partigiani in città con la testimonianza di Fernando Cavazzini alle Officine Metalmeccaniche Reggiane. Centocinquanta persone si muovono all’interno di un paesaggio surreale. L’abbandono, le macerie, i vuoti e il silenzio accompagnano il corteo mentre si avvicina al cancello dove Cavazzini racconterà gli eventi del 28 luglio1943. Il ricordo della raffiche del mitragliatore sugli operai fa piangere Cavazzini oggi così come allora. Cavazzini ha cominciato dopo quegli spari la sua vita di ribelle, il suo Rifiuto. Durante il racconto è come se vedesse, tra i ruderi abbandonati della fabbrica, le nove persone uccise dai bersaglieri dell’esercito italiano. Non è facile per noi ora immaginare migliaia di operai sotto il sole che si avvicinano ai cancelli e chiedono di uscire per manifestare la loro voglia di vivere, insieme al desiderio che la guerra e la fame finiscano. “Non vogliamo lavorare per la guerra!”, urlavano durante la manifestazione, opponendosi con coraggio alla produzione di morte della propria stessa fabbrica. Otto anni dopo, il trattore R60 darà una risposta a quelle urla, uscendo trionfante dalle Officine Reggiane. Mi guardo attorno e provo ad immaginare le “Schiere d’eroi umili ed offesi” che cantano il più lungo esperimento di autogestione operaia in Italia. Nella canzone di Rivetti (delle Reggiane “R60” è stata scritta nel 1951. Il testo è di Rivetti e la Musica di Isernia) il nuovo modello di trattore è una “bandiera di pace e di libertà”, mentre si celebra la “grande e gloriosa” classe operaia che “alle Reggiane lotta con valor”. Nel silenzio di oggi osservo stupita le finestre sfondate, le bocche aperte e affamate degli enormi capannoni e penso alla catena solidale tra i cittadini e gli operai, allo slancio politico e alla vita culturale nati in quei 18 mesi proprio qui. Il gigante maestoso delle Officine Reggiane oggi è irriconoscibile: lasciato a marcire nel degrado, mentre nuove forme di umanità si nascondono tra i capannoni insieme ai fantasmi di una grande storia. Una fila di panni stesi, una pentola appoggiata su un cumulo di sassi, qualche faccia che si sporge per un momento a vedere cosa ci fa lì tanta gente “perbene”. Non è il sole dell’avvenire a dipingere la sua luce qui oggi, ma le ombre silenziose di un passato dimenticato e di un presente “indesiderato”. Ogni 28 luglio fino a qualche anno fa, si veniva proprio dove siamo ora, vicino al cancello che dà su via Agosti, per ricordare gli operai uccisi dall’esercito nel 1943. Le autorità cittadine 30 sett/ott 2014 notiziario anpi e un prete parlavano a fianco della lapide scritta in memoria dell’eccidio. Ora tutto è stato rimosso. Un patrimonio di memorie lentamente distorto, spostato e abbandonato per dare spazio alla civiltà chiassosa delle notti rosa. Le uniche impronte di vita che infestano ancora il sonno di queste macerie sono i graffiti. Non si tratta solo di figure irriverenti e colorate appostate tra i muri, ma di vere e proprie sfide all’oblio, segni di nuove obiezioni. Un’enorme e dolcissima Domenica Secchi vestita di bianco guarda dall’alto di un muro un orizzonte lontano, e sorride a un futuro a cui io do le spalle. L’ha dipinta uno di questi giovani ribelli urbani, un graffitista che una volta abbiamo incontrato. Il giovane artista, colpito dalla storia dell’eccidio del 1943, decide mesi fa di ritrarre Domenica Secchi sul muro della costruzione ora abbandonata in cui la donna aveva tentato di ripararsi per sfuggire agli spari dei Bersaglieri. Il ragazzo conosce la storia di questa giovane operaia uccisa all’ottavo mese di gravidanza. Decide così di rimettere il viso di questa donna dove il suo ricordo è stato cancellato, cioè nel luogo autentico della strage. Al centro del muro c’è una nicchia con una piccola Madonna, che il ragazzo lascia all’altezza del ventre della figura dipinta, come per rappresentare il bambino che Domenica Secchi portava in grembo. Mentre il graffitista dipinge il murales, si accorge che qualcuno lo sta osservando a distanza. Si volta e vede un uomo dalla pelle e dagli occhi scuri fermo dietro di lui. Il graffitista gli parla, racconta al nuovo venuto la storia di Domenica Secchi. Gli dice della sua idea che quella donna fosse una specie di santa. L’uomo è attento e sembra incuriosito da questa forma di arte così democratica da essere lì anche per lui. Dice di essere musulmano. Il graffitista gli chiede se nella sua religione esistano i santi. Gli dice che secondo lui, quando si prega, si dovrebbero ringraziare persone come Domenica Secchi. Poi i due si salutano e si separano. Qualche tempo dopo, il graffitista intravede una figura che gli si avvicina tra le macerie delle Officine. Non ricorda bene… forse si sono già incontrati? L’uomo ha qualcosa di familiare e gli rivolge la parola: “ L’ho fatto, sai?” dice con serietà. “Come? Scusa?...” Il graffitista comincia lentamente a mettere a fuoco i ricordi. “Ho pregato per quella donna che mi hai detto. Venerdì scorso sono andato alla Moschea e ho detto la preghiera per lei”. Ora anch’io guardo e ringrazio la donna mora che sorride là in alto sul muro. Non so come si siano salutati l’uomo e il graffitista. Non so dove siano andati, benché mi piaccia considerarli come eredi del popolo storico delle Reggiane. La felicità più grande è tuttavia quella di sapere che si siano spartiti un piccolo pezzo della nostra flebile memoria e che la storia di Fernando Cavazzini sia ora in così buone mani. (a.g.) “Approfitto di questo piccolo spazio per ringraziare Steffen e Matthias, ma soprattutto Daniela “Dax” Campani che mi ha accompagnato con tanta disponibilità ovunque dovessi andare, GRAZIE Francesco “Volpe” Bertacchini” memoria E’ passata anche per i luoghi della Resistenza la Route del coraggio degli scout cattolici Ciro Torre, studente di UNIMORE, capo scout del gruppo Reggio Emilia 4, si è rivolto all’ANPI nel giugno scorso, per essere aiutato a far incontrare con un partigiano o partigiana il suo gruppo e altri due provenienti da Genova e da Battipaglia. Questo per ascoltare, dalla testimonianza di un resistente, cosa possa voler dire coraggio, dato che al “coraggio” era appunto dedicata la marcia attraverso l’Italia di circa 30.000 scout cattolici dell’ AGESCI (età 16-21 anni). Obiettivo finale il Parco nazionale di San Rossore per la discussione e l’approvazione di un documento guida rivolto alle istituzioni politiche e religiose. Come ANPI ci siamo attivati e il 5 agosto, dopo una marcia partita da Puianello, il gruppo di una sessantina di giovani e ragazze ha raggiunto la Pietra di Bismantova scendendo poi a Castelnovo Monti dove, nel tardo pomeriggio, ha incontrato, davanti al Monumento alla donna nella Resistenza, la partigiana Giacomina Castagnetti. Da segnalare che un altro gruppo ha raggiunto la borgata di Cervarolo, luogo della strage nazifascista del marzo 1944, per capire cosa c’è dietro le lapidi che ricordano sofferenze ed eroismi della lotta di liberazione. A San Rossore le migliaia di scout, dopo vari dibattiti e incontri, compreso quelli con autorità come l’ex scout Renzi e Papa Francesco, hanno approvato la Carta con cui si impegnano “ad essere testimoni di un amore autentico e universale portando avanti valori di non discriminazione e di accoglienza...per sconfiggere l’indifferenza, lottare contro l’omertà e per la legalità … farsi portavoce presso le istituzioni civili ed ecclesiastiche di una generazione che vuole essere protagonista di un cambiamento della società”. E citiamo solo pochi brandelli di un testo – La Carta del Coraggio - assai ampio e approfondito e che tocca i temi più vari, compresi quelli definiti “sensibili”. E lo fanno appunto con coraggio, chiedendo per esempio, da giovani cattolici, che “la Chiesa rivaluti omosessualità, convivenza e divorzio”. (a.z.) LE FOTO Castelnovo ne’ Monti. Gli scout all’ascolto di Giacomina con il monumento alle donne partigiane sullo sfondo. Sotto un bella immagine di Giacomina Castagnetti sett/ott 2014 notiziario anpi 31 memoria Quando il tenente della Wehrmacht Werner Mueller divenne partigiano di Antonio Zambonelli S ono passati più di 35 anni da quando scovai, leggendo il Diario del distaccamento SAP “Nino Rinaldi”, la vicenda del tenente della Wehrmacht Werner Mueller diventato partigiano a San Donnino di Casalgrande. Ne resi conto nel libro “L’ova lunéina”, pubblicato nel 1980. Vi si legge del quasi incredibile gentlemen’s agreement realizzato, dall’agosto 1944 al gennaio 1945, tra il comando partigiano di San Donnino ed il sunnominato tenenete, che comandava il presidio germanico (una quarantina di soldati) insediatosi il 21 agosto ‘44 nel Parco Spalletti. Da quella data, e per alcuni giorni, il locale distaccamento SAP si trovò nell’impossibilità di operare poiché ogni notte i soldati pattugliavano le strade.Ma pochi giorni dopo il suo arrivo, il tenente Mueller venne avvicinato da un sapista locale che, fingendo di volere fornire amichevoli informazioni, avvertì il tenenete che la zona era pericolosa in quanto intensamente battuta dai partigiani e che dunque non sarebbe stato prudente esporre a rischi mortali dei soldati durante la notte. Tornando dal colloquio, che avrebbe potuto essere per lui molto rischioso, il partigiano riferì di avere avuto l’impres32 sett/ott 2014 notiziario anpi sione che il tenenete fosse un antinazista. Comunque la sera stessa né la pattuglia, né le due sentinelle davanti al Parco entrarono in servizio e la cosa si protrasse per tutto il 1944. Ciò che favorì molto la possibilità di mantenere aperto ed agibile il “corridoio” che da Rubiera, Via San Donnino raggiungeva Scandiano e le colline. Corridoio attraverso il quale transitò diverse notti molto materiale che nell’autunno-inverno del ’44 raggiunse le formazioni dell’Appennino. Il 4 novembre si ebbe un imprevisto incidente tra un gruppo di sapisti e sentinelle tedesche inaspettatamente uscite dal parco Spalletti: ci fu un berve scambio di colpi d’arma da fuoco ma senza conseguenze cruente. Il giorno appresso il tenente Mueller spiegò ad emissari partigiani che le sentinelle erano uscite senza suo ordine e che averebbe fatto rispettare ai suoi sottoposti, come per il passato, la consegna di starsene chiusi durante la notte. Il 3 gennaio ’45, essendo ormai troppo rischiosa la sua posizione, Mueller diserta e si aggrega ai partigiani col nome di battaglia “Italo”. Qui si fermavano le mie conoscenze al riguardo, conoscenze basate esclusivamente sul citato Diario del distaccamento “Nino Rinaldi” (in ISTORECO, Busta 76.a SAP, cartella 5a Zona). Ma le cose hanno avuto uno sviluppo ulteriore nell’estate appena trascorsa, quando l’amico Giglio Mazzi, il partigiano “Alì”, mi ha trasmesso la seguente mail: “ti invio la foto e la scheda personale dell’ufficiale tedesco Werner Mueller, ricavata dallo schedario ANPI di Casalgrande […] risulta che la sua attività di collaboratore coi Sapisti del 1° Btg della 76a Brigata SAP ebbe inizio il 13.01.45 . Cioé poche settimane dopo la nostra azione [forse l’incidente del 4.11?. N.d.R.] di disarmo del Presidio tedesco alloggiato nelle scuole elementari di San Donnino. Questo avvalora quanto da te affermato nella tua Ova lunéina e conferma le supposizioni da me espresse nell’apposito capitolo della mia autobiografia [inèdita.NdR] circa la sua presunta avversità ad Hitler ed al suo dannato regime nazista”. La scheda alla quale “Alì” fa riferimento e che mi ha inviato in fotocopia, è poi una di quelle (originali in ISTORECO) degli iscritti all’ANPI di Reggio tra fine 1945 e 1946. Ne ricaviamo che Werner, figlio di Otto, era nato l’11 luglio 1909 (dunque 105 anni fa...) a Rumsdorf [Sassonia-Anhalt, ex DDR] che era sposato,che viene riconosciuto partigiano dal 13.01.45, nome di battaglia Italo e che dopo la Liberazione abitava a San Donnino e lavorava presso Algeri Nino. Quale sia stato poi il suo destino successivo merita di essere approfondito. Siccome era sposato è possibile abbia lasciato dei figli sulle tracce dei quali sarebbe opportuno mettersi. Così come si potrebbero avere utili notizie dai familiari di Nino Algeri. Segnalo che l’instancabile Alì si è già messo in contatto con Silvana Taglini, Assessore alla cultura di Casalgrande “per saperne di più e per valutare se ci fosse spazio per una comune iniziartiva nell’ambito del 7O°”. Rimaniamo in attesa degli sviluppi. memoria Vanni Luciano, vita di un uomo della montagna un’autobiografia Vi racconto un po’ della mia vita vissuta. Sono nato a Ramiseto nel 1926 da Gabrielli Elena di Canova di Ramiseto, di famiglia contadina, e da mio padre Vanni Umberto abruzzese commerciante. Era venuto in Emilia, girava per i paesi a piedi con una valigia ed un fagotto. A Canova ha conosciuto mia madre e si sono sposati, hanno avuto due figli: Gina, nata nel 1923, ed io nel 1926. I miei genitori erano poveri ma onesti. Ricordo la mia infanzia come un’infanzia piacevole. Ho frequentato la scuola fino alla quinta elementare. Dall’età di otto anni, finite le ore di scuola, andavo dai miei nonni, li aiutavo in campagna e portavo le mucche al pascolo. Vanni nel 1945 All’età di 13 anni i miei genitori mi hanno mandato a imparare da falegname da Cecconi Renato, che ricordo volentieri. Vi sono stato fino alla primavera del 1944. Nel 1943 cade il fascismo e ci fu la repubblica di Salò. Io avevo 18 anni. Si sentiva parlare di partigiani alla macchia e mi sono subito arruolato. Ero contrario al nazifascismo. Sono andato alla Scalucchia di Succiso dove c’era il comandante “Eros” (Didimo Ferrari, NdR). Ho operato in quella zona fino al rastrellamento di luglio da parte dei tedeschi. Poi sono stato assegnato al distaccamento “Don Pasquino”, comandante “William” [Massimiliano Villa, NdR]. Siamo stati un mese a Legoreccio in comune di Vetto, poi siamo passati nel parmense nel comune di Neviano e nel comune di Traversetolo fino a novembre quando ci fu un grosso rastrellamento. Ci fu una grossa battaglia, abbiamo avuto dei morti, non potevamo competere con l’esercito tedesco. Ci siamo sbadati e poi ci siamo riorganizzati. lo sono stato assegnato con un gruppo di otto partigiani al Sole di Vetto. Avevamo un magazzino dove raccoglievamo viveri, vestiario, medicinali. Tanta di questa roba, con cui rifornivamo i diversi distaccamenti, veniva dalla pianura. Sono rimasto fino alla Liberazione al Sole di Vetto. Finita la guerra sono tornato a lavorare dal mio vecchio principale fino al 1952, poi io ed un mio collega Giovanni Dughetti ci siamo messi a lavorare in proprio. Dopo due anni il mio socio si è fatta la casa e il laboratorio ed io ho continuato da solo con tre operai. Lì vicino dove lavoravo abitava una ragazza quarta di dieci figli. Ci siamo innamorati e ci siamo sposati. Abbiamo comprato la casa dove abitavamo, l’abbiamo ristrutturata, abbiamo rinnovato il negozio, che avevamo. Avevo smesso di fare il falegname per ragioni di salute. Il sindaco Bombardi mi disse che cercavano un sub agente di assicurazione per la compagnia UNIPOL. Io accettai. L’ho fatto per vent’anni con profitto per me e per UNIPOL. Nel 1970 abbiamo avuto una figlia. Era molto bella e brava. Ci ha dato solo soddisfazioni. Ha frequentato le scuole fino al diploma magistrale, poi ha preferito lavorare come sub agente di assicurazione per la compagnia UNIPOL. Dopo un anno è stata assunta come impiegata dalla stessa Compagnia prima a Scandiano, poi a Cavriago, poi a Castelnovo ne’ Monti. In quel periodo ha conosciuto Marco del Sole di Vetto bravo e lavoratore figlio di bravi genitori. Nel 1995 si sono sposati e ci hanno dato due bei nipoti, che noi abbiamo aiuato ad allevare. I genitori lavoravano e noicon soddisfazione abbiamo dato loro una mano. Tuttora stiamo dando una mano, perché sia i genitori che i nipoti meritano e ci vogliono bene. Tornando al 1944, io ero partigiano con il nome di “Lupo”. Mi sono iscritto al PCI e dopo la Liberazione sono sempre stato attivo e ho fatto sempre parte della segreteria comunale del partito. Fatto il tesseramento, io con i miei organizzavamo le feste dell’Unità. Sono volontario nel servizio di ambulanza. Sono tuttora, che scrivo, segretario comunale dell’ANPI. (2012) CAI “Cani sciolti” e ISTORECO sul sentiero partigiano n. 5, La Bettola/Vezzano s/C L a primavera scorsa si è rinnovato l’annuale appuntamento della sottosezione CAI “Cani Sciolti” di Cavriago con i sentieri partigiani. I soci CAI frequentano assiduamente e con piacere l’Appennino di cui conoscono storia, leggende, cronache passate e recenti, ma ripercorrere sentieri e onorare luoghi che sono stati teatro della nostra Resistenza è un’emozione particolare, oltre che un dovere civile. Eravamo in 24 domenica 18 maggio davanti al monumento alle vittime della rappresaglia nazifascista della Bettola. Ci piace sottolineare con soddisfazione che, accanto ad alcuni soci che si accostano per la prima volta a questa esperienza, ci sono altri che hanno mancato nessun appuntamento. Abbiamo sempre il contributo prezioso del nostro amico e socio Fabio Dolci che, in questa occasione ci aiuta a prendere coscienza dell’alto prezzo pagato dalla popolazione civile alla guerra. Prima di incamminarci, Fabio racconta quanto è avvenuto nella notte di San Giovanni 1944 in questo luogo di grande rilevanza strategica per il controllo della SS63. All’azione partigiana di sabotaggio del ponte, per altro fallita, seguì uno scontro con una pattuglia tedesca che lasciò sul terreno tre morti. Anche i partigiani ebbero tre vittime. La reazione tedesca fu feroce: un reparto scese nella notte, attaccò la locanda posta in prossimità del ponte e Casa Prati uccidendo 32 civili. Mentre i piedi si muovono le parole di Fabio risuonano nella mente di ognuno e intanto gli occhi si riempiono dei bei paesaggi appenninici. Pranziamo al Mulino del Tasso che ci rattrista per lo stato di abbandono in cui lo troviamo. Riprendiamo le conversazioni al Monte delle Tane dove una lasett/ott 2014 notiziario anpi 33 memoria pide ricorda vittime partigiane, tra questi il comandante Dino Meglioli “Giuda”, persona già nota a quelli di noi che hanno ascoltato la testimonianza della sorella nel corso di una precedente esperienza sul sentiero n.3. Qui Fabio ci illustra la strategia delle Operazioni Wallenstein che misero a ferro e fuoco la montagna a ulteriore dimostra- zione che la popolazione civile, senza l’appoggio della quale non sarebbe stato possibile condurre la lotta partigiana, va annoverata tra le vittime di guerra. Dopo la camminata alla Casa Cantoniera di Casina abbiamo consumato insieme una gustosa merenda dandoci appuntamento per l’anno prossimo su un nuovo sentiero. Un’agape fraterna di post-comunisti (quasi tutti) attorno a Giannetto Magnanini festeggiamento, sia pure tardivo, per i 90 anni di Giannetto, compiuti nell’ottobre 2013. Siccome questo Notiziario esce in ottobre, ne approfittiamo per un affettuoso augurio nella ricorrenza del 91°: BUON COMPLEANNO GIANNETTO! Nella foto a sinistra: l’intero gruppo dei commensali in una foto mal riuscita ma unica testimonianza della comunità raccoltasi attorno a Giannetto il 18 luglio 2014 Sotto: Magnanini e alcuni commensali in attesa che il piatto si riempia. Alla sua sinistra: Vincenzo Bertolini, Franco Riccò, Roberto Scardova, Vanni Orlandini (in piedi) Organizzata dall’impagabile Vanni Orlandini, persona sensi- bile quant’altre mai alle relazioni di amicizia e al loro mantenimento nel tempo, si è realizzata una piacevole rimpatriata di post-comunisti (quasi tutti), il 18 luglio u.s., nella trattoria da Venturi, a Montalto di Vezzano. Eravamo una trentina di persone attorno al nostro Giannetto Magnanini, l’ex operaio e partigiano sapista della Lombardini Motori che a 90 anni suonati continua a porre domande su quella storia del movimento operaio e antifascista reggiano al quale ha dedicato varie pubblicazioni dopo decenni di vita politica e amministrativa vissuta a vari livelli: a fianco del giovane Enrico Berlinguer ai tempi della F.M.G.D. (Federaz. Mondiale Giov. Democratica), consigliere della Regione Emilia-Romagna , dirigente ANPI, Presidente ACT, Presidente di Istoreco. il pranzo voleva essere anche un 34 sett/ott 2014 notiziario anpi Lettere RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO La lettera che segue ci è stata recapitata dall’Autrice, la signora Natalia Zhylyuk, che vive in Italia da 15 anni e scrive abbastanza correttamente nella nostra lingua. Dalle sue parole emerge una appassionata quanto parziale perorazione pro identità nazionale ucraina e una vibrante accusa contro la Russia. Un tempo ucraini e russi ci apparivano come un unico popolo. Ricordate quello spot TV dell’astronauta sovietico lanciato nello spazio prima dell’89 e atterrato dopo, a URSS implosa? “Sono in Russia?”, chiede alla contadina. “Niet, Ucraina” risponde quella. “Beh, sempre Russia, sempre URSS...”, dice il cosmonauta. “Niet Rossija! Ukraina!!!”, ribatte arrabbiandosi la contadina. Una rabbia ancora più forte in questa lettera, dove con la ricapitolazione di secoli di devastazioni subite dall’Ucraina si salta a pie’ pari l’occupazione nazista, le stragi che l’accompagnarono, lo sterminio degli ebrei, Babi Yar, il collaborazionismo ucraino proprio nella persecuzione degli ebrei. La lettera ci è tornata in mano dopo essere rimasta tra altre carte per diverso tempo. Non reca la data in cui è stata scritta ma un numero di cellulare: abbiamo telefonato alla signora Zhylyuk, realizzando quanto segue: col suo appassionato testo, scritto nell’aprile scorso, la signora ha inteso replicare all’articolo di Bruno Bertolaso apparso sul “Notiziario” n. 4, 2013, Ucraina una rivolta tinta di nero. Rileggendo il testo del nostro collabora- tore va rilevato che esso è caratterizzato da una visione non parziale né manichea tesa invece a cogliere la complessità del rapporto russo-ucraino, segnalando che in “una rivolta popolare... contro il sistema di potere corrotto del presidente V. Yanukovich” si sono inseriti “movimenti di estrema destra”, e che la situazione [già nell’aprile scorso in atto] poteva determinare “grave rischio per la Pace”. Come si sta del resto purtroppo puntualmente verificando proprio mentre stendiamo questa nota. (a.z.) Sul numero precedente del “Notiziario” compariva la lettera di protesta indirizzata da Fiorella Ferrarini a Concita De Gregorio per lo spazio dalla stessa De Gregorio dato a Giampaolo Pansa e alla sua ennesima “controstoria della resistenza” nella comunque bella trasmissione Pane quotidiano. Uno spazio che Pansa ha occupato ed usato a piacimento senza che la De Gregorio abbia voluto adeguatamente interloquire arginando l’ arrogante supponenza dell’ospite. Due nostri lettori hanno scritto in merito a Fiorella. Pubblichiamo di seguito la lettera di Gianni Giannocolo e stralci di quella di Emidia Cappellini, che fu giovanissima staffetta partigiana a Bagnolo, da anni residente a Modena. Emidia, la partigana Marusca, non solo è da anni una nostra fedele e attenta lettrice, ma ha anche pubblicato, sulle nostre pagine, qualche sua poesia e una testimonianza di vita vissuta. Vengo dalla Resistenza di 70 anni fa. [...] Il motivo che mi spinge aa scriverti è la tua contestazione della trasmissione Pane quotidiano di RAI 3 del primo marzo condotta da Concita De Gregorio. Confesso che non ho mai visto questa trasmissione, né conosco la presentatrice. Colgo nel tuo articolo l’indignazione sull’intervista al sig. Pansa. E’ da anni che questo scrittore infama la resistenza con la sua mania di revisione che dobbiamo semplicemente chiamare.....Comprendo la tua rabbia, che unisco alla mia. Questa notizia ha rinnovato la mia indignazione, perché da anni trovo insopportabile la volgare caparbietà nell’offendere e insultare chi ha fatto la resistenza. Le pubblicazioni di Pansa sono un oltraggio verso i valori della Resistenza, una continua offesa contro i partigiani che l’hanno vissuta e sofferta, per i pochi ancora rimasti, ed ancor più per coloro che per la libertà (anche di tipi come Pansa) hanno dato la vita. Emidia Cappellini Gentilissima Fiorella, mi permetto di darti del tu, certamente sei molto più giovane. Io vengo da lontano. Onorevole redazione! Mi chiamo Natalia Zhylyuk. Sono una ucraina, lavoro in Italia da circa 15 anni [...]. Il mio dovere di ucraina difendere la mia patria in questo articolo per aiutare a [in]formare l’opinione pubblica italiana [….]. Le notizie che arrivano dall’Ucraina, purtroppo spesso brutte e tragiche. Ma il lettore italiano deve sapere la verità diversa che influenza la propaganda russa e succhia sangue nel mio popolo piu’ di 300 anni della nostra storia. Schiaccia con uno stivale militare il nostro Paese perché è unica sfortuna essere un cancello tra Europa e Russia. Obiettivo della Russia di tutti i secoli distruggere e sterminare la nostra patria.[...] Se fate caso leggere la nostra storia vera, non inventata dai russi, troverete stragi terribili di zar Pietro I e Caterina II che hanno sterminato tutta la grande regione Zaporishka Sich tagliando le teste a tutti i kasaki e poi mettendoli [le teste] sulle piazze. Il periodo tragico cominciando da Lenin e poi Stalin sono anni di violenze, torture repressioni, morte di fame sintetico [in sintesi?]: 1932-1933 hanno sterminato 10 milioni di ucraini, interi paesi. Poi morte di fame 1947. In tutto lungo periodo storico sovietico “fratellanza” della Russia ha “regalato” sulle nostre terre 12 [centrali] nucleari e hanno nascosto l’esplosione di Chernobil [per] un periodo lungo, non salvando il popolo, soprattutto donne e bambini e addirittura ci hanno così costretti a partecipare alla festa del 1° maggio sulle piazze di Kiev. [Nel] periodo di 23 anni della nostra indipendenza la Russia ha usato il suo potere per avere governi con orientamento russo, facendo la sua “politica fraterna” in tutti questi anni. In tutti questi secoli la Russia ha proibito parlare e insegnare nelle scuole come lingua ufficiale la nostra lingua ucraina 11 volte!!! Adesso il mio popolo combatte contro la dittatura e la criminalità di Yanukovich [fuggito n Russia a fine febbraio 2014. NdR], criminale con precedenti penali e con aiuto di Putin quattro anni il suo governo ci anno [ci ha] distrutto quasi tutto l’esercito ucraino infiltrando agenti russi del FSB [l’ex KGB sovietico] e ha messo il popolo in povertà distruggendo l’economia e mettendo il mio paese sotto dittatura criminale. Ucraina combatte per la libertà e democrazia e dopo un parto sanguinoso e doloroso nasce una nuova Ucraina. Cara Fiorella, anch’io sono stato alquanto turbato per il metodo usato dalla De Gregorio nel condurre il colloquio con Pansa. A queste pinzillacchere (come diceva Totò) non ci fa caso più nessuno cara Fiorella. Occorre, su questioni come quella sulla “guerra civile”, non soltanto una certa preparazione, ma anche una spiccata sensibilità su un problema che continua a far discutere molte persone, tra le quali, molte ancora, oggi condividono le posizioni di Pansa. Bada bene, non mi riferisco ai fascisti, ai neo fascisti o a personale di destra che continuano a ritenere la interpretazione di Pansa sulla “guerra civile” la più corretta, no cara Fiorella, tu avrai certamente un sussulto quando tenderai l’orecchio e noterai quanti ancora, anche tra vecchi partigiani, condividono le idee di Pansa. Il quale scrive, straripa su tutte le TV nazionali e locali riproponendo stancamente, ma metodicamente, quasi scientificamente il suo verbo e nessuno più ci fa caso. sett/ott 2014 notiziario anpi 35 Lettere Se ritieni di inviarmi il tuo indirizzo, ti farò recapitare il mio ultimo lavoro: “Resistenza: guerra civile o guerra giusta? Il carattere della Guerra di Liberazione contro il nazifascismo”. Un libro molto documentato, che mi è costato molto lavoro per le mie ricerche nell’Archivio Militare di Friburgo (Germania), in quello dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito (Roma), di alcuni Archivi di Stato e Comunali. È un libro che fa discutere perché riconosco di aver usato toni duri nei confronti di Pansa e di Pavone. A Pavone, non mi permetterei mai di disconoscere il grande valore dello storico che io rispetto, però il suo lavoro su “Una guerra civile” non può essere condiviso. Recentemente in una intervista rilasciata al “Manifesto” Pavone, consapevole di aver lasciato con il suo libro molti dubbi tra i lettori, ha dichiarato che il titolo del libro lo ha suggerito Foà. E ancora non possiamo essere d’accordo con Pavone, perché è il contenuto del libro che non può essere condiviso. Il problema, Fiorella, non soltanto quello del coinvolgimento di Smuraglia in un colloquio con la De Gregorio che è sempre utile, anche se Smuraglia, in più di una occasione ha contrastato l’dea della guerra civile. Tutti i Presidenti dell’ANPI da “Bulow” a Smuraglia l’hanno contrastata. Il problema di fondo , invece, è coinvolgere le organizzazioni orizzontali dell’ANPI in questa battaglia, si è proprio una battaglia, per evitare che si continuasse a gettare fango sulla Resistenza. In questo senso ho una certa esperienza e posso dirti che quando sono stato invitato dall’ANPI di Pordenone, di Mirano, di Avellino, di Lecce, oppure da qualche Istituto di scuola superiore e si é dibattuto il tanto discusso problema della “guerra civile” alla fine sono stati soltanto in pochi che se ne sono usciti storcendo il naso. Il problema fa profondamente affrontato per evitare, tra l’altro, che con la storia della “guerra civile”, si continui a equiparare i partigiani ai repubblichini. Noi abbiamo combattuto nella Resistenza soprattutto contro l’invasore nazista, tanto il fascismo, contrariamente a quel che ritengono alcuni benpensanti, non era più un pericolo per l’Italia. Saluti cordiali e continui pure la tua battaglia. Gianni Giannoccolo Le ceneri dei partigiani Capponi e Bentivegna disperse nel Tevere Alcuni partecipanti aelle celebrazioni del 70° dell’ANPI a Roma, nel giugno scorso, esibiscono un cartello di protesta perché “Carla Capponi e Rosario Bentivegna possano riposare nel cimitero a-cattolico” alla Piramide. Permesso mai concesso (foto Glauco Bertani) Carla Capponi e Rosario Bentivegna, eroi della Resistenza romana, combattenti contro il nazifascismo, hanno attraversato Roma per l’ultima volta, nella giornata di lunedì 22 settembre, trasportati dalle acque del Tevere, la loro ultima dimora. La figlia Elena, infatti, non avendo ottenuto il permesso di seppellirli in 80 centimetri di terra nel Cimitero Acattolico come desiderato dai genitori, ha rispettato la loro volontà di avere disperse le ceneri, come ultima ipotesi, nel fiume sacro ai romani diventato la loro tomba. Chiunque potrà portare dei fiori di campo, i preferiti da Carla, in ogni parte del fiume. 36 sett/ott 2014 notiziario anpi Primavera silenziosa/ di Massimo Becchi Le concessione per le acque minerali in l’Emilia-Romagna Un’indagine sui canoni di concessione per le acque minerali dimostra come l’Emilia-Romagna sia molto arretrata, con una legge datata e i canoni calcolati sugli ettari e non sui quantitativi prelevati. Svendiamo un bene prezioso con uno scarsissimo ritorno economico per la Regione. Necessaria una diversa fiscalità ambientale per tutelare le risorse e promuovere i comportamenti virtuosi. E’questa l’impietosa sintesi di un recentissimo rapporto di lu- glio realizzato da Legambiente e Altreconomia sulla gestione delle concessioni per le acque minerali, quelle che comunemente ci troviamo sulla nostra tavola. L’acqua in bottiglia non conosce crisi. Nel 2012 i consumi sono addirittura cresciuti rispetto all’anno precedente, passando a 192 litri d’acqua minerale per abitante. Più di una bottiglietta da mezzo litro al giorno a testa – nell’80 percento dei casi di plastica – che conferma il primato europeo del nostro Paese: 12,4 miliardi di litri imbottigliati, per un giro d’affari da 2,3 miliardi di euro in mano a 156 società e 296 diversi marchi. Un’attività che ha un grande impatto ambientale. Per soddisfare l’incomprensibile sete di acqua minerale degli italiani vengono infatti utilizzate oltre 6 miliardi di bottiglie di plastica da 1,5 litri, per un totale di più di 450 mila tonnellate di petrolio utilizzate e oltre 1,2 milioni di tonnellate di CO2 emesse. Impatti importanti che garantiscono elevatissimi profitti esclusivamente alle società che gestiscono questo business, agevolate da canoni a macchia di leopardo e sempre estremamente vantaggiosi. All’industria delle acque minerali, in quasi tutte le regioni italiane, vengono richiesti importi ridicoli, e spesso senza prendere in considerazione i volumi emunti o imbottigliati. Una vera e propria regalia di un bene pubblico che appartiene a tutti i cittadini. L’Emilia-Romagna è tra le regioni bocciate: la nostra regione adotta infatti un criterio di calcolo dei canoni di concessione basato esclusivamente sugli ettari dati in concessione, e non prevede un calcolo anche in base alle portate derivate. Sono 1.083 gli ettari in regione, dati in concessione alle aziende imbottigliatrici, e solo 21,28 gli euro richiesti dall’amministrazione regionale per ogni ettaro di concessione: un canone leggermente aumentato rispetto ai 18,69 euro per ettaro che venivano richiesti nel 2011, ma ancora troppo basso. La legge regionale del 1988 che regola i canoni di concessione non è stata mai aggiornata rispetto all’intervento del 2006 della Conferenza Stato-Regioni: cercando di regolamentare il settore dell’acqua in bottiglia attraverso un documento di indirizzo, otto anni fa si proponeva di uniformare i canoni su tutto il territorio nazionale, prevedendo l’obbligo di introdurre una tariffazione sia in base agli ettari dati in concessione che per i volumi emunti o imbottigliati, indicando come cifre di riferimento almeno 30 euro per ettaro e un importo tra 1 e 2,5 euro per metro cubo imbottigliato. Indicazione che è stata seguita da diverse Regioni, ma non dalla nostra. Situazione peraltro in contrasto anche con la necessità di ridurre i rifiuti o con le azioni virtuose attuate in molti comuni per promuovere l’acqua di rete, depurata a caro prezzo, tramite le casette dell’acqua. In un momento di scarsità di risorse economiche unito alla costante pressione sulle risorse naturali, il teman di avere una più giusta fiscalità ambientale è una questione di primaria importanza e non più rinviabile. E’ necessario un approccio più coraggioso nell’usare la leva economica per ridurre le pressioni ambientali sull’acqua, sul suolo, nelle cave. In questo caso la questione dei canoni è paradigmatica. E’necessario ribadire con forza alcuni principi condivisi: l’acqua è una risorsa limitata; l’acqua è un bene comune; chi inquina paga. Tre principi fondamentali che dovrebbero portare la nostra Regione alla revisione dei canoni di concessione, che ancora oggi risultano invece incredibilmente bassi. Questi canoni, oltre che avvantaggiare aziende il cui interesse cozza con la tutela della risorsa e dell’ambiente, pongono l’Emilia Romagna come fanalino di coda a livello nazionale. Una tariffazione più equa potrebbe infatti contribuire a disincentivare il consumo di acqua in bottiglia (con tutto ciò che questo comporta in termini di produzione di plastica e di CO2 per il loro trasporto) e a dotare la nostra regione di introiti da reinvestire sul territorio per la difesa idraulica, la manutenzione e la riqualificazione fluviale. L’acqua in bottiglia viene mediamente venduta a un prezzo di 0,26 euro al litro, mentre alle Regioni le aziende imbottigliatrici pagano in media 1 euro ogni 1000 litri, ovvero un millesimo di euro per litro imbottigliato, con ampi margini di guadagno. Quello che gli italiani vanno a pagare, infatti, è rappresentato per più del 90 percento dai costi della bottiglia, dei trasporti e della pubblicità, unito ovviamente all’enorme guadagno dell’azienda in questione, e solo per l’1 percento dall’effettivo costo dell’acqua. sett/ott 2014 notiziario anpi 37 70° della Liberazione 25 Aprile 2015, l’ANPI di Reggio Emilia e ISTORECO organizzano una mostra d’arte collettiva sul tema della Resistenza VOGLIAMO IL TUO AIUTO Contatti: A.N.P.I. [email protected] A.R.S. - Art Resistance Shoah [email protected] In occasione del 7O° della Liberazione, 25 Aprile 2015, l ’ANPI di R eggio E milia e ISTORECO stanno organizzando una mostra d’arte collettiva sul tema della Resistenza. La mostra sarà curata da Elisabetta Del Monte, da Salvatore Trapani, i due critici d’arte di Istoreco in seno al quale coordinano il progetto ARS (Art Resistance Shoah), e da una rappresentanza della nostra Associazione.Una delle sezioni in mostra avrà il fine di raccontare la Resistenza attraverso l’opera dei partigiani stessi. Come hanno rappresentato il momento della lotta, degli ideali, del coraggio contro l’invasore nazista e i fascisti al loro fianco questi giovani artisti e partigiani? La Resistenza è il momento di vitale importanza per la Democrazia nel nostro Paese, per la sua Storia, che se è stato accompagnato da un guizzo artistico, anche documentario di alcuni partigiani, potrebbe fornire chiavi culturali e di lettura molto interessanti alprogetto che ci apprestiamo a sviluppare con questa mostra del 2015. Siamo dunque in cerca di opere d’arte, che forse puoi avere anche tu a casa o ricordare della loro esistenza presso quella di amici e parenti. Le opere prestate, saranno trattate con estrema cura e rispetto e restituite ai legittimi proprietari a chiusura d’esposizione. Ti chiediamo, di aiutarci in questa ricerca di opere, sculture, immagini; di allertare se lo ritieni la tua rete di conoscenze, per aiutarci a dare luce e onore a opere che altrimenti continueranno a restare al chiuso di mura domestiche. Ripopoleremo così quel bacino di memorie che ci apprestiamo a onorare nel 70° giubileo della Liberazione, con questa mostra destinata a diventare - anche grazie al tuo aiuto un grande momento nel flusso del ricordo. Ti ringraziamo per l’attenzione, sperando nel tuo aiuto
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