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Numero 3 anno XIX
22 Giugno 2014
LACERBA
PERIODICO GRATUITO
DELL’ AREA VESTINA
POLITICA
ATTUALITA’
SPORT&EVENTI
CULTURA&ARTE
IL MIRACOLO
SECONDO ZOPITO
Emoziona ancora il bue che si
inginocchia. Nel segno della
tradizione di Loreto
LACERBA è il periodico dell’Associazione
Culturale Progetto Domani, distribuito a
Penne, Loreto, Pianella, Civitella Casanova
e Collecorvino Stazione / Via Fiorano
65014 Loreto Aprutino PE / CONTATTI
+39 085 8208880 / www.lacerbaonline.
it / [email protected] / Aut. Trib. di
Pescara del 10-07-1996. Registro stampa
anno 1996 n° 21 / Direttore Berardo
Lupacchini / Editore Gianluca Buccella /
Vice Direttore Vicario Claudia Ficcaglia / Le
Firme: Candido Greco, Gianfranco Buccella,
Gianni Cutilli, Mauro Soccio / Redazione:
Jaques De Molay, Jennifer Di Vincenzo
/ Foto a cura Di Loreto Buttari, Achille
Rasetta, Mauro Soccio / Web e Grafica:
Marta Ferri / Tipografia: Arti Grafiche Picene
PER LA VOSTRA PUBBLICITA’:
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jennifer di vincenzo +39 339 7585454
gianluca buccella +39 3939701736
PENNE/ Il sindaco e la sua causa
Legittima la mia doppia urna
SCANDALI/ La MareMonti
Stai a vedere che
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Editoriale/Gianni Cutilli
Lecca Lecca
Chiuse le urne, tra i politici sono in molti a leccarsi le ferite.
L’elettorato ha “sfogato” le proprie insoddisfazioni anche scalzando
dalle poltrone nomi eccellenti, ma dura e lunga è la strada per
svestire i panni da appecoronati e da sudditi indossati dai cittadini.
Per liberarsene, occorre braccare politici e burocrati di varia specie. Tra i primi, va buttato fuori, col voto, chi ha ostacolato l’obiettivo del riscatto dei cittadini dalla sudditanza. Va privilegiato il
rapporto del candidato o ricandidato con gli elettori, non con lo stato e con la sua legalità un tanto
a scandalo, tanto cara ai tipi alla Napolitano, secondo il quale “l’interesse del Paese suggerisce
CAMBIAMENTI” (detto da un novantenne, inchiodato a Palazzo da 61 anni, suscita ilarità).
Tipi che fingono d’ignorare che lo stato è uno sfasciabenessere; un istigatore alla disperazione (esodati, tartassati…); un ricettatore di ogni sconcezza, di cui ormai, dal Mose in giù, è impossibile
tenere il conto e, a sentire Vodafone, anche insano
sicofante (= spione), disonesto e illegale. Più dilagano le ladronerie, più svelano la loro vera radice
marcia, la causa che spesso le determina o le alimenta: lo stato! Rimane d’attualità un adagio di
Honoré de Balzac. Nell’800, lo scrittore francese
scrisse: “Oggigiorno il peggior stato è lo Stato”, e
non si riferiva neppure al nostro! Lo stato è il primo trasgressore, volgare e vile, di leggi e regole.
Secondo Vodafone, s’abbandona, persino, senza
controllo della magistratura, al “voyerismo uditivo”. E’ così marcio da disconoscere diritti di reciprocità. Vuole essere pagato a rigide scadenze ma
è debitore, incallito, di oltre 100 miliardi. Ha fatto fallire, istigandole al suicidio più persone. Sanziona penalmente, dopo 3 mesi dalla diffida, l’imprenditore moroso per contributi non versati
all’Inps ma non i responsabili di un ente pubblico
per quelli non versati all’Inpdap! Un’abiettezza
morale indecente e diseducativa! Cialtroneria,
ipocrisia, viltà, indifferenza, bugiardaggine sono
il brodo di galleggiamento per i pubblici uffici e di
coltura dei germi degli scandali che vi imperversano. Al solito, il pesce puzza dalla testa e se a
puzzare è lo stato non esiste rimedio! A ogni nuovo scandalo, nuove leggi anticorruzione, come le
“grida” del Manzoni. Tra il 1583 e il 1627, quelle
contro i “bravi” si sprecarono, eppure, 44 anni
dopo, una sera del 1628, furono due “bravi”a fermare per strada Don Abbondio! Le “nuovissime”
norme anticorruzione confermano che le vecchie
erano fetecchie. Appunto, la legalità un tanto a
scandalo! Ma tutto è inutile se non si cura la radice marcia: lo stato. Esso va riportato al servizio
del cittadino, rieducando i suoi funzionari, oggi
spesso in giro impettiti e con le mutande sporche!
Finché lo stato, invece di cacciarla a pedate, fa
spazio a gente come quell’ex prefetto di Napoli,
tale De Martino Andrea, una specie di caricatura
di se stesso, che, all’usanza di don Rodrigo, in una
tragicomica esplosione di arroganza, zittì il prete
anti-camorra don Maurizio Patriciello, reo di non
usare appellativi servili rivolgendosi a un collega
del De Martino, il nostro Paese non arretrerà di
un centimetro dal baratro in cui precipita. Ha ragione il Generale C.A. dei Carabinieri, Maurizio
Scoppa, purtroppo a riposo, che ha spiegato così
l’ingloriosa fine di una sua collaborazione (senza
telefono e senza pc!) con la regione Campana,
come “esperto trasversale in legalità e sicurezza”,
specie per i fondi comunitari: “Per l’insofferenza
della pubblica amministrazione verso ogni sorta
di controllo; per quel mix di inefficienza e di incapacità in cui annega la burocrazia, che più è peri-
ferica e peggio si comporta; per la certezza che
tanto negli uffici nessuno ti dice mai nulla” (Corriere della Sera, 12 maggio 2014). Un capolavoro
di illuminata sintesi quella del Generale Scoppa.
C’è da chiedersi se non sia meglio affidare, per
qualche anno, la gestione della cosa pubblica alla
Benemerita, come fosse Cincinnato, perché rimedi a tutto questo immondezzaio. Nel frattempo,
però, il consenso andrebbe dato a chi è in grado di
educare lo stato ai principi, in primis: osservare le
sue stesse leggi come pretende dai “sudditi”! In
grado di educarlo a una legislazione utile ai cittadini e non ai suoi comodi. Di educarlo ad essere
“servitore dei cittadini” e non “servito”, perché la
democrazia non ammette padroni da “servire”.
Tra i politici, andrebbe premiato chi prometta di
smantellare uffici pubblici inutili, pratiche inutili,
marche, marchette, bolli, timbri, pernacchie e
caccavelle che mandano in orgasmo burocrati e
casse pubbliche; di smantellare corpi di polizia
inutili destinando, gli addetti, per esempio, nei
comuni dove manca sempre gente per gli sportelli, e, i risparmi, a forze dell’ordine indispensabili.
Si pagano stipendi a centinaia di dirigenti di inutili polizie e, a Francavilla al Mare, in pari tempo,
senza dignità e senza vergogna, si lasciano sfrattare i Carabinieri che, persino in America, “hanno una buona reputazione, come la FBI or Scotland Yard”, come scrive un lettore online
italo-americano di un quotidiano. Si dia il consenso a chi sostiene il diritto di reciprocità: per
pretendere da un imprenditore il “documento
unico di regolarità contributiva” (durc), un ente
deve consegnargli quello suo di “regolarità amministrativa” (dura). Va premiato il politico che
s’impegni a far cessare il Far West per i consumatori, sodomizzati da compagnie telefoniche, aeree,
elettriche e da gestori di servizi vari, con la connivenza dello stato, ottuso o in malafede. Col voto,
vanno prevenuti le serpi in seno, i futuri strozzini
e boia e gli ennesimi don Rodrigo. Votare chi promette solo onestà e legalità significa appoggiare
lingue biforcute, armare dei kapò, dediti ai propri
interessi. Per non essere sudditi, occorre sostenere
chi non ha preso in giro gli elettori, non ha fatto
il furbo con loro e, magari, ha pure risolto qualche
problema. Chi si dichiara pronto a contrastare
leggi e regolamenti e circolari che costituiscono
una minaccia o un’angheria per i cittadini. Votando, per esempio, chi ha voluto la tassa sui rifiuti anche dallo studente fuori sede che già la
paga nella città dove studia, si è votato una lingua
biforcuta e, quindi, si è sudditi. Votando chi cinquettava: “l’ospedale di Penne sarà potenziato”,
per poi avere un solo oculista, due soli giorni a
settimana a visitare interni ed esterni o gl’interventi chirurgici d’urgenza sospesi fino al 15 settembre, si sono votati i becchini del S. Massimo,
da sudditi (e forse anche un po’ da pirla!). Il voto
va dato con molta cura. Il politico o l’amministratore che abbia visto la sveglia appesa al collo del
cittadino va lasciato a leccarsi le ferite della meritata punizione elettorale e a meditare, per esempio, sull’inopportunità di presentarsi, a sorpresa,
a una processione. Saremo pure di campagna, ma
non minchioni! Nessuno dei politici venuti a razzolare a Penne per le regionali si è sporcato la lingua a spiegare dove e quanti siano i famosi fondi
(ex art.20) per l’ospedale, i cui lavori, di stagione
in stagione, di anno in anno, vengono annunciati
e mai avviati. Per questo, non andava votato, nemmeno poco, nessuno di quelli che col S. Massimo,
nel tempo, hanno solo fatto propaganda. Devianti
appaiono poi le polemiche sull’esclusione della
“zona industriale” di Penne dagli aiuti statali. Al
di là del merito, sconcerta la localizzazione della
“zona industriale” lungo la strada per Montebello
di B., verso la montagna, sopra il fosso del Ponte
di Sant’Antonio, lontano da snodi intermodali e
in assenza di infrastrutture! Se non è dabbenaggine è malafede! In ogni caso, è intuitivo che l’area
più funzionale allo scopo sia quella prossima alla
vallata del Fino, lontano da zone residenziali e più
vicino all’autostrada da cui dista 15 km. Farsi irreggimentare con polemiche su questioni marginali serve solo a dare per scontato ciò che scontato
non è. E’ un po’ come la poco appassionante diatriba circa l’eleggibilità del sindaco di Penne, frutto di norme trogloditiche. La volontà popolare si
espresse per l’elezione del sindaco in carica e tanto dovrebbe bastare. Non si scorgono, comunque,
colpi scena. I casi d’ineleggibilità sembrano seguire criteri “orizzontali”, non “verticali”: rivestendo
la carica di consigliere comunale non ci si può
candidare, in un altro comune, alla stessa carica
ma a sindaco sì. La norma in discussione è, come
altre, una chiavica di prodotto giuridico ed è pure
il male minore! A livelli più rozzi e terra-terra di
quello nazionale, per esempio a livello di regione
Abruzzo, si trova una vergogna di legge elettorale
che, a 3 settimane dal voto, non fa capire chi siano
gli eletti! Fatta con i piedi? Sì, ma sporchi! Al livello del comune di Penne, poi, capita che atti amministrativi errati siano annullati non dal funzionario responsabile che li ha adottati ma da un
impiegato qualunque e con procedura “campagnola”, senza (ri)notifica formale! Oppure, che si
attivino servizi (..rifiuti) senza la firma del relativo contratto (!!!) con il gestore, perché mancherebbe il certificato antimafia. In uno dei Paesi, nel
mondo, a maggior criminalità organizzata com’è
possibile che quel certificato non sia richiesto anche solo per partecipare a una gara d’appalto? E
comunque, la normativa non assegna 45 giorni
alle prefetture per rilasciarlo? A sei mesi dall’aggiudicazione perché s’aspetta ancora quel pezzo
di carta? E, senza contratto, come si contestano le
inadempienze per le disfunzioni riscontrate nel
servizio, compreso la mancata riconsegna dei sacchetti per l’umido? Piuttosto che all’ineleggibilità,
è meglio appassionarsi a tutto ciò o anche al silenzio del sindaco sugli esiti della “vigilanza”, da lui
più volte rivendicata, sul cronoprogramma dei
lavori, mai avviati, per l’ospedale oppure, a quello
dei politici sulle liste d’attesa; sul modo di pagare
ticket per prestazioni sanitarie e sulla loro quantità, non sempre corretti. Insomma, questo sfasciume di stato esige che si abbia occhio nel mandare
qualcuno a governare, perché può sembrare persona della provvidenza per poi scoprire che è solo
della decadenza e di simili equivoci anche a Penne
s’è fatta esperienza. L’augurio è che gli elettori imparino a riconoscere i decadenti, per scansarli,
evitando così, eleggendoli, di spargere pure il sale
sulle già vaste rovine della Città.
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Stai
a vedere
che (non)
è Toto uno
scandalo
Mare-Monti: il 9 luglio in aula.
Il comune di Penne è parte
civile contro il neopresidente
della Regione. Nelle carte, il
racconto del bluff
L
a testimonianza in cui il geometra Giuseppe Cantagallo racconta l’entusiasmo
dell’ex presidente della Provincia di Pescara nell’apprendere come la Toto spa si fosse
riaggiudicata l’asta, è uno dei documenti del
processo, appena iniziato, ‘Mari-Monti’ in cui
il governatore democratico deve rispondere di
truffa e falso per progettazione e realizzazione della strada fantasma Statale 81, bloccata
dopo appena quattro mesi dall’inizio dei lavori, ma che sarebbe riuscita lo stesso a “ferire” la
riserva naturale del lago di Penne.
“Luciano D’Alfonso, in maniera entusiasta, disse che per fortuna Toto era riuscito a
riprendersi l’appalto, spiegando che inizialmente l’asta se l’era aggiudicata una ditta del
Nord Italia, se non ricordo male dell’EmiliaRomagna, mentre in seguito Toto era riuscito
a riprendersela pagando un miliardo delle vecchie lire alla stessa ditta perché si ritirasse, in
modo tale che la Toto potesse subentrare come
secondo miglior offerente”. È il 2 settembre
2008, e il geometra Giuseppe Cantagallo rende questa testimonianza davanti alla Guardia
forestale di Pescara e al Nucleo operativo dei
carabinieri di Penne, Comune del Pescarese.
D’Alfonso è oggi candidato del Pd alla presidenza della Regione Abruzzo.
Cantagallo è una figura chiave del processo
che ruota intorno alla progettazione e alla realizzazione della Statale 81, conosciuta come
Mare-Monti: la strada fantasma bloccata dopo
appena quattro mesi dall’inizio dei lavori, ma
che sarebbe riuscita lo stesso a “ferire” la riserva naturale del lago di Penne. È lui il progettista a cui venne chiesto “a parole” di occuparsi
della redazione del progetto esecutivo. Ed è lui
a raccontare il rapporto disinvolto che sembra
intercorrere tra l’ente pubblico Provincia e l’azienda privata Toto spa.
Il processo, che muove i primi passi, conta
undici imputati, tra cui Luciano D’Alfonso
che, in qualità di ex presidente della Provincia
di Pescara, deve rispondere di truffa e falso.
Imputati anche Carlo, Alfonso e Paolo Toto
accusati, a vario titolo, di corruzione, truffa
aggravata e falso ideologico. E poi, Fabio De
Santis, ex responsabile del procedimento della strada, già finito sotto inchiesta a Firenze
insieme alla cosiddetta “cricca dei Grandi appalti” del G8 della Maddalena; e il progettista
Carlo Strassil, lo stesso che in una telefonata
intercettata del 16 luglio 2009 rideva della ricostruzione dell’Aquila. La prossima udienza
ci sarà il 7 maggio e sarà dedicata all’ammissione delle prove. Il Tribunale ha ammesso la
richiesta delle parti civili di citare la Toto spa
come responsabile civile nel procedimento.
“Con Toto ci si può parlare”. Secondo l’accusa, guidata dal pm Gennaro Varone, l’appalto
è stato stravolto al fine di renderlo vantaggioso
per l’impresa Toto. È proprio Cantagallo, sentito per diverse ore dagli inquirenti, a ricostruire quella che sembra essere una regia occulta.
Il geometra riferisce di alcuni colloqui con
D’Alfonso (risalenti ai primi mesi del 2001),
uno di questi nell’ufficio di Lucio Marcotullio
nella Brioni Roman Style di Penne. “D’Alfonso
nell’occasione aveva con sé una fotocopia della
Gazzetta ufficiale che pubblicava l’aggiudicazione della gara d’asta indetta per la realizzazione della Mare-Monti, che era stata definita
opera di interesse nazionale…. Spiegando la
cosa, D’Alfonso la commentava in maniera
entusiasta dicendo testualmente, tra l’altro, ”…
con Toto ci si può parlare!…è un’azienda vicina
al nostro gruppo…” Ricordo bene che l’incontro avvenne prima della consegna dei lavori
alla ditta Toto”.
Tra le promesse, un posto all’Anas. È nell’aprile del 1999 che la Provincia dà a Cantagallo 30 milioni di lire con due bonifici, per la
redazione dei rilievi topografici. Ma le spese
da anticipare sono tante e il geometra non ci
sta. “Sono tornato a Pescara da D’Alfonso e gli
ho chiesto un ulteriore acconto; questi mi rassicurò dicendo che mi avrebbe fatto prendere
altri 30 milioni, ribadendo anche le promesse di una mia assunzione all’Anas e di lavori
da parte dell’Anas stessa… Dopo quest’ultimo
incontro avuto con D’Alfonso a Pescara”, con-
tinua Cantagallo, “quest’ultimo ha sempre evitato di incontrarmi e all’epoca non riuscivo a
spiegarmene il motivo, mentre in seguito sono
giunto alla conclusione che forse lui si aspettava di ricevere da me parte dei soldi erogatimi
dalla Provincia. Ad essere sinceri, se lo avessi
intuito prima, considerato il mio stato di bisogno dell’epoca, con una famiglia da sostenere
con tre figli all’università, probabilmente avrei
anche acconsentito”.
Filo diretto con Toto. A maggio del 1999,
Cantagallo era alle prese con la redazione
dell’elenco prezzi necessario per la redazione
del computo metrico, e aveva dei dubbi. “Poiché Luciano D’Alfonso mi aveva detto di procedere celermente”, racconta il teste, “lo contattai rappresentando le mie difficoltà nella
redazione di detto elenco; lui mi invitò, per risolvere il problema, a contattare un certo Rapposelli, comunicandomi il telefono dell’ufficio
dello stesso. Preciso che il D’Alfonso si limitò
a dirmi che era un geometra, senza specificare
altro. Non so se ho ancora il numero di telefono, ma quando chiamai quel numero scoprii
che era quello della Toto Spa di Pescara”.
La strada nella riserva per risparmiare. La
variante alla Mare-Monti che entra nella riserva naturale, secondo Cantagallo, “serviva
sicuramente per recuperare il ribasso d’asta”.
Proprio per quanto riguarda la variante al progetto, Cantagallo parla di un incontro che gli
sarebbe stato preannunciato telefonicamente
dallo stesso D’Alfonso, all’inizio dell’estate
del 2001. Alla riunione, dice il progettista, era
presente anche Carlo Toto “che mi venne presentato in quell’occasione, tant’è vero che Fornarola (ndr allora sindaco di Penne) gli chiese
di darmi un lavoro, ma questi disse che se ne
sarebbe riparlato in seguito”. Il racconto prosegue: “Entrando in ufficio, notai aperta una
planimetria sulla quale era già stata tracciata
una variante alla Mare-Monti che sicuramente
aveva portato Carlo Toto, che prevedeva una
sostanziale modifica del tracciato con l’inserimento di un viadotto”. B. Lup.
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Cerretani:
maggioranza
arrogante
Centro storico
il sindaco si rifiuta di
rispondere, lo fa invece
l’assessore Rocco
D’Amico
di Jennifer Di Vincenzo
L
oreto Aprutino. Lacerba torna ad
affrontare una questione spinosa, il
degrado del centro storico di Loreto
Aprutino. Le amministrazioni si succedono, i
volti degli amministratori cambiano, il centro
storico diventa l’argomento principe e succulento delle campagne elettorali. Tanti i buoni
propositi, declamati con tanta maestria da
sembrare quasi reali. Un penoso teatrino del
paradosso destinato a durare ben poco, giusto
il tempo di accomodare le proprie grazie sulla
poltrona. Ed ecco che tutti i buoni propositi
si trasformano in fatti impossibili da realizzare, causa mancanza di fondi e causa, come
sempre, le scelleratezze dell’amministrazione
precedente.
La poltrona è malefica, commette un
sortilegio, improvvisamente riesce a far dimenticare a chi ne prende possesso tutte le
promesse fatte. Certo, dal di fuori non si può
comprendere quanto sia difficile riuscire ad
amministrare di questi tempi, con le ristrettezze economiche con le quali quotidianamente si deve avere a che fare. E’ un compito
arduo, che richiede seriamente una passione
ed una dedizione verso il proprio Paese. Quasi una missione. Considerazioni che il primo
cittadino e il suo team avranno sicuramente
fatto prima di proporsi amministratori con
tanta grinta ed energia. Consapevoli che non
avrebbero avuto una situazione semplice da
gestire. Prima di addentrarci nel tema del centro storico è doveroso premettere che abbiamo
chiesto al primo cittadino Gabriele Starinieri
di rilasciare un’intervista nella quale poter
parlare degli interventi in programma per
la riqualificazione di Loreto antica, richiesta
che ci è stata negata perché a suo avviso la
nostra testata manca di credibilità. Lascio a
voi lettori la scelta di considerare credibile o
meno le righe e le foto che seguono.
Il centro storico è devastato. Nel corso
degli anni trascorsi non è stato fatto nessun
intervento per la manutenzione, tanto trascurato da giungere ad una situazione davvero
molto critica. Case pericolanti, muri crollati,
strade impraticabili invase da erbacce altissime, igiene inesistente ed odore pessimo.
Il muro crollato dove si congiungono Via
Diana e Via dei Filosofi è ancora cosi, come il
29 Novembre 2013. Da allora la situazione è
rimasta invariata, con il conseguente disagio
dei tanti cittadini che vivono in quella zona.
Il muro crollato è solo il fiore all’occhiello
di una situazione di degrado che si protrae da
diversi anni. Percorrendo le strade del centro
storico si ha la sensazione di trovarsi catapultati nell’immediato dopoguerra. Poi guardando gli sterchi e la sporcizia si deduce che il
tutto è purtroppo frutto dell’incuria.
E’ un colpo al cuore per chi ama questo
paese ed assiste impotente alla sua morte.
Risolvere la questione richiede degli interventi importanti ed inoltre servirebbero dei
fondi talmente corposi che il Comune non
possiede. Ma per tentare di arginare questa
situazione non serve molto, in realtà basterebbe anche poco, quantomeno per portare
rispetto verso gli abitanti del centro storico,
che pagano le tasse come ogni altro cittadino. In fondo ai cittadini basta non sentirsi abbandonati, sentirsi considerati e vedere che da
parte degli amministratori c’è la reale volontà
di andare incontro alle necessità del paese.
Un cittadino del centro storico è un cittadino disagiato, che viene mancato di rispetto e leso nella sua dignità. Costringere una
persona anziana a dover percorrere a piedi
delle strade piene di escrementi e puzzolente
perché a causa dei vari crolli non può più
avvicinarsi con un mezzo alla propria abitazione è una violenza. Costringere dei bambini
a dover respirare l’aria insana e nauseabonda
resa irrespirabile dagli sterchi dei piccioni è
un’altra violenza. Costringere un cittadino ad
arrendersi di fronte alla realtà perché stanco
e demoralizzato dal sentirsi rispondere che
“non ci sono i soldi” “ è umiliante ed estremamente scorretto verso chi vive in questo paese
e spesso lo cura a proprio carico.
Non è vero che il cittadino non collabora.
E’ un luogo comune. Sono molti gli abitanti
che potano le piante e tagliano l’erba. Non è
vero che non hanno senso civico, come spesso
si addice agli abitanti del centro storico. Ne
hanno fin troppo, ma il fare di tutt’erba un
fascio è una caratteristica altresì “tipica” della
realtà loretese.
E con le erbe del centro storico di fasci ce ne
escono davvero moltissimi.
E proprio in nome del non fare tutt’erba
un fascio, l’assessore Rocco D’Amico ci spiega che effettivamente l’amministrazione si sta
adoperando per garantire quantomeno il taglio
dell’erba e una pulizia delle strade più costante.
Accetta con disponibilità e cortesia di rilasciare un’ intervista per i nostri lettori.
Assessore, la pulizia del centro storico in
che modo viene gestita attualmente?
Attualmente la pulizia del centro storico è
affidata alla RIECO, e per contratto prevede il
passaggio della spazzatrice una volta al mese.
Ci siamo subito resi conto che era necessario incrementare la pulizia del centro storico che, in
molti casi, deve essere un’operazione manuale
e non meccanica, per la natura stessa delle vie.
Perciò un mese fa abbiamo deciso di incaricare
due operai, tramite un’agenzia interinale, che si
dovranno occupare non solo dello spazzamento manuale del centro storico, ma anche della
pulizia della piazza, del piazzale monumento
e dell’area adiacente all’area della vecchia stazione.
Lo sfalcio delle erbe nel centro storico
sembra essere fermo. E’ cosi’?
Questi due operai si occuperanno anche
dello sfalcio delle erbe nel centro storico, un’operazione che purtroppo abbiamo cominciato
diverso tempo fa, ma che ha subito un rallentamento a causa delle piogge, contiamo comunque di completare lo sfalcio delle erbe in tempi
ragionevoli.
Con quale frequenza questi operai si occuperanno della pulizia del centro storico?
Sicuramente sarà una frequenza quotidiana,
saranno presenti sul centro storico per cercare di garantire quanto più possibile l’igiene attraverso lo spazzamento manuale. Questi due
operai sono assunti per un impegno di 16 ore
settimanali e li abbiamo utilizzati anche per lo
sfalcio delle erbe del cimitero. Inoltre, quasi sicuramente daremo un incarico ad una cooperativa che si occuperà dello sfalcio delle erbe nelle
zone più critiche.
La raccolta differenziata è partita da
poco, cosa ne pensa?
In merito a questa cosa sento di dover ringraziare tutti i cittadini che si stanno adoperando molto per la raccolta differenziata, però
è necessaria una collaborazione maggiore perché ci sono ancora alcune criticità da superare.
Troviamo ancora rifiuti buttati senza criterio
ma ci auguriamo che con il passare del tempo e
con l’abituarsi alla nuova situazione ci siano dei
miglioramenti in questo senso.
Quali interventi sono in programma per i
crolli del centro storico, ossia quello in Via
Rasetti e quello in Via Diana?
Per quanto riguarda Via Rasetti è tutto
pronto per l’inizio dei lavori, però non sappiamo ancora la data di inizio, mentre per il crollo
in Via Diana per il momento è in programma
la messa in sicurezza del muro, però non mi
sento di poter indicare una data precisa.
Sicuramente la disponibilità dell’assessore
D’Amico nell’affrontare questo tema scomodo
ci rincuora, cosi come la sua reale buona
volontà di adoperarsi. La speranza è che anche
altri seguano il suo esempio.
LORETO APRTUINO - “ Questa
maggioranza è sempre più arrogante
e presuntuosa – dice Alberto
Cerretani consigliere di minoranza –
non accetta il confronto e neppure
le proposte. In Consiglio Comunale
abbiamo avanzato l’idea di affrontare
le problematiche del centro storico
istituendo una consulta che, nel giro
di un mese, sviluppi un progetto che
renda il centro storico nuovamente
appetibile, come lo era alcuni anni
fa, per i turisti, per i residenti e per
chiunque voglia investirci.
Una consulta che proponga un
piano particolareggiato o di recupero
per evitare il continuo degrado del
paesaggio o, peggio ancora, lo
sprofondamento dello stesso centro
storico a causa di grandissime
infiltrazioni d’acqua nel terreno.
Infiltrazioni che potrebbe causare il
verificarsi dei procedimenti molto più
evidenti e molto più corposi di quello
che è successo in via Barella o al
muro tra Via Dante e Via dei Filosofi.
La consulta dovrà essere
composta da esponenti all’università
di architettura, dalle associazioni
di settore (Archeo club, al FAI,
all’Italia Nostra), ad un rappresentate
dell’ordine degli ingegneri, ad
uno dell’ordine dei geologi e alla
stessa Fondazione dei Musei Civici.
Consulta composta da professionisti
capaci di intercettare fondi europei
che permetta, in questo modo, in un
periodo di qualche anno, il recupero
del nostro borgo.
E’ importante però, nell’immediato,
risolvere i tanti problemi dei residenti
che ogni giorno lottano con le buche,
la sporcizia e le feci degli animali.
Purtroppo la maggioranza Starinieri
ha bocciato questa idea, oltremodo
a costo zero per l’amministrazione,
dimostrando ancora una volta la
superficialità di gestire la cosa
pubblica. Starinieri non dovrebbe
mai dimenticare che ha vinto le
elezioni con il 22 per cento, mentre
nei banchi dell’opposizione siedono
i rappresentanti di liste civiche che
messe insieme rappresentano il 57
per cento del popolo di Loreto ”.
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E’ difficile
anche morire
Visioni beate: erbacce a Loreto Aprutino
RIGOPIANO
FARINDOLA (PE)
Tel. 338 7421345
VEDUTE DA VIA ALESSANDRO PERTINI 11 • LORETO APRUTINO • 12 MAGGIO 2014. Foto: SERGIO FIUCCI
Dott.Sergio Fiucci in Arte Beato Maestro del Provvisorio • già insegnante • fotografo • scrittore • poeta & pittore “fuori dagli schemi”
Cavaliere Accademico del Verbano sezione Arte & Accademico di Merito de “i 500” di Roma
Vietato morire.
causa della burocrazia a Loreto è difficile anche morire.
Sono mesi che gli uffici comunali si rimpallano a vicenda chi deve fare cosa: dopo la
pubblicazione sul bura della
Legge Regionale n.42/2013,
che disciplina l’attività funebre e cimiteriale, molti
comuni si sono organizzati
per espletare tutti quegli atti
che servono per autorizzare
l’agenzia funebre a trasportare e ad seppellire il defunto. Fino a qualche mese fa,
a Loreto, le autorizzazioni
venivano rilasciate dall’ufficio di Stato Civile ma dall’inizio di quest’anno la giunta
comunale decide di affidare
al Comando dei vigli Urbani
l’onere di rilasciare l’autorizzazione al trasporto all’agenzia funebre, mentre all’ufficio
di Stato Civile il compito di
autorizzare la sepoltura.
Ma aimè le cose non vanno nella direzione giusta:
l’ufficio di Stato Civile, come
da disposizione, si limita a
rilasciare
l’autorizzazione
al seppellimento, mentre il
Comando di polizia municipale si rifiuta di rilasciare
l’autorizzazione al trasporto.
Dopo un via vai estenuante tra un ufficio e l’altro, le
A
agenzie funebri ottengono il
permesso per trasportare la
salma dal sindaco stesso che
firma l’atto.
Il comandante dei vigili, Massimo Pasquariello, di
fronte all’ordine di servizio
inviatogli dal sindaco per
adempiere al nuovo compito
ha risposto con una missiva
dove chiede al sindaco Starinieri di verificare presso
organi competenti se tale
compito risulta legittimo o
no, affinché si evitasse che gli
atti rilasciati siano nulli e che
potrebbero far incorrere le
agenzie funebri verso multe
salatissime. Nel frattempo
prima che venga chiarito il
dubbio i vigili non firmeranno nessun atto.
Il sindaco in questi mesi
non ha né risposto al Comandante dei Vigili e non
ha nemmeno confermato la
disposizione da lui emanata
lasciando tutto nel caos più
totale, così ogni qualvolta
vi è un funerale le agenzie
funebri , dopo aver ricevuto dall’ufficio di Stato Civile
l’autorizzazione alla sepoltura, devono sempre raccomandarsi a qualche Santo,
soprattutto il sabato e la domenica, per far si che il sindaco sia raggiungibile e che
possa firmare l’autorizzazione al trasporto.
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Legittima la mia
doppia urna
Né ineleggibile né incompatibile: il
reticente D’Alfonso cerca e forse
trova una scappatoia. Dal caso di
Lentini a quello di Pisciotta, insidie
e speranze per il sindaco
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Egregi amministratori di Loreto Aprutino,
Sappiamo che il momento è difficile, che le risorse sono scarse e le difficoltà tante: lo
sanno tutti.
Ma la vostra ignavia e la vostra incapacità di muovere un solo dito o una sola foglia
sono altrettanto noti. Non riuscite a far pulire un tombino, né a far chiudere una buca,
né a far riaprire una strada, per non parlare della casa comunale, dei musei, del teatro.
Non ci sono realtà territoriali privilegiate: campagna, piazza, frazioni, parchi gioco,
zone urbane, centro storico: tutte ugualmente, drammaticamente trascurate.
Non c’è amico, parente, conoscente di altri paesi che, venendo a Loreto non provi
una nota di tristezza per il senso di abbandono che si percepisce arrivando.
In tutto questo senso di trascuratezza la cosa più drammatica è lo smarrimento della cittadinanza: nessuno più sollecita, si lamenta o
protesta.
Ma quello che non vi si può proprio perdonare è lo stato di abbandono del cimitero. Se non riuscite ad avere considerazione per i
vostri concittadini viventi. Abbiatene almeno per quelli che non lo sono più !!!
Cittadini mortificati, ma ancora speranzosi.
PENNE – Spera D’Alfonso,
spera di restare in sella, insidiato
dal ricorso di alcuni elettori sulla
sua (in)eleggibilità a sindaco di
Penne poiché quando indossò la
fascia tricolore, tre anni fa, era
già consigliere di circoscrizione,
fin dal 2009, al Comune di Reggio
Emilia: nessuno, alleati ed avversari, l’aveva mai saputo né lui si
era mai degnato di comunicarlo,
come avrebbe dovuto, per una minima questione di trasparenza nei
confronti della comunità pennese.
E’ questo l’aspetto più significativo di una sentenza più seria già
emessa dall’opinione pubblica che
dunque già condanna sul piano
della trasparenza e della credibilità un primo cittadino gravato
da ombre sul suo passato professionale diffuso a modo suo: è stato solo professore universitario a
contratto, e non vincitore di concorso, senza potersi cioè fregiare
del titolo accademico di professore che ha dovuto eliminare dagli
atti amministrativi, ma che ha
fatto riemergere sulla porta d’ingresso del suo ufficio. D’Alfonso
si è affidato all’assistenza legale di
Giulio Cerceo. All’avvocato Ugo
Di Silvestre invece si sono rivolti i consiglieri di maggioranza
(tranne l’avvocato Vellante, Solini
ed Evangelista che non ne hanno
voluto sapere) coinvolti nella disputa elettorale e che hanno deciso di costituirsi nell’udienza del
18 maggio scorso poi rinviata al
7 luglio. La questione dell’ineleggibilità di D’Alfonso trae origine
dalla contemporanea titolarità di
cariche in enti territoriali diversi,
disciplinata dal testo unico sugli
enti locali. Secondo la difesa del
sindaco, non c’è una espressa previsione normativa che precluda ad
un consigliere di circoscrizione di
un grande Comune l’accesso alla
carica di sindaco di un altro Comune. In buona sostanza, in Italia
non c’è una ineleggibilità verticale. Tutt’al più, nel caso D’Alfonso,
potrebbe ravvisarsi una incompatibilità e non un’ineleggibilità,
dicono i suoi legali. Ma neppure
quella e comunque non produrrebbe il terremoto al Comune. Se vi
fosse l’incompatibilità, D’Alfonso
l’avrebbe sanata dimettendosi a
Reggio Emilia con atto protocollato in quel Comune il 17 agosto
del 2011, cioè tre mesi dopo il voto
per il sindaco di Penne. E comunque dovrebbe scattare una procedura di contestazione in consiglio
comunale. Cerceo e Di Silvestre
oppongono ai ricorrenti popolari che l’ineleggibilità verticale od
incrociata non è prevista dalla
legge e dalle sentenze interpretative fin qui pronunciate, ma è solo
orizzontale fra cariche identiche
(sindaco in carica con altro sindaco, consigliere comunale in carica
con altro consigliere comunale,
ecc.) e fanno un chiaro riferimento al percorso delle argomentazioni esposto in una sentenza della
cassazione del 2008 che decise il
caso di Lentini, in Sicilia, Regione
a statuto speciale la cui normativa
è però diversa dal testo unico statale. Lì un consigliere provinciale
in carica a Siracusa venne eletto
tempo dopo anche sindaco di Lentini. Il tribunale di Siracusa ne dichiarò l’ineleggibilità, ma la corte
d’Appello di Catania e la cassazione stabilirono che Alfio Mangiameli fosse solo incompatibile. La
legge siciliana infatti prevede che
le cariche di consigliere provinciale e di consigliere comunale sono
incompatibili. Si tratta cioè di
un’incompatibilità verticale, non
prevista invece dalla legge statale.
Nell’isola, l’incandidabilità e l’ineleggibilità valgono solo in maniera orizzontale: cioè non è candidabile (e dunque ineleggibile)
in un altro consiglio comunale il
consigliere comunale in carica in
un altro Comune, così come quello provinciale in carica non può
presentarsi in un’altra Provincia
e quello di quartiere in un altro
quartiere. Il legislatore siciliano
ha previsto invece una incompatibilità verticale fra il consigliere
provinciale in carica ed il consigliere comunale e fra il consigliere comunale e quello di quartiere.
All’articolo 11 comma 3 della legge regionale sicula n.31 dell’86 si
legge:”La carica di consigliere comunale è incompatibile con quella
di consigliere di un quartiere di un
Comune”. Diversa la situazione al
di fuori dell’isola. L’articolo 56 del
testo unico disciplina l’incandidabilità e l’incompatibilità (art.65)
solo orizzontale fra il consigliere
comunale in carica che non può
candidarsi in un altro Comune,
fra il consigliere provinciale in
carica che non può proporsi in
un’altra Provincia e il consigliere
di circoscrizione interdetto a presentarsi in un’altra circoscrizione.
La cassazione ha però spiegato
nel 2006, decidendo sul Comune
di Pisciotta, che “il legislatore ha
regolato nell’articolo 60 in modo
diretto e del tutto indipendente
dall’incandidabilità quella che è
l’ineleggibilità”. Stando così le
norme di portata identica, non si
capisce allora come l’articolo 60
punto 12 del testo unico (“Non
sono eleggibili a sindaco, presidente della Provincia, consigliere
comunale, consigliere provinciale
e consigliere circoscrizionale il
sindaco, il presidente della Provincia, il consigliere provinciale,
il consigliere comunale e il consigliere circoscrizionale rispettivamente in carica in altro Comune, Provincia o circoscrizione”),
contestato a D’Alfonso, sia stato
pensato per disciplinare ancora
un volta lo stesso campo d’azione
dell’incandidabilità e dell’incompatibilità. Anche se l’articolo 60,
rispetto agli altri, in aggiunta nomina espressamente il sindaco ed
il presidente della Provincia, ente
ormai verso un’altra configurazione giuridica. Parrebbe anomalo
dunque sia sul piano della tecnica
legislativa sia su quello del senso
logico-giuridico: l’articolo 60 punto 12 del testo unico non dovrebbe
chiarire questioni già colpite dalla
incandidabilità e dall’incompatibilità orizzontale, cioè rispetto
alle stesse cariche in altri Comuni,
Province o circoscrizioni. L’unica
incompatibilità verticale prevista,
a differenza della Sicilia dove il
sindaco non fa parte del consiglio
comunale, è quella dell’articolo 65
in vigore da sempre, ma fino allo
scorso aprile:”La carica di consigliere comunale è incompatibile
con quella di consigliere di una
circoscrizione del Comune”. Cioè
dello stesso grande Comune (dove
esistono le circoscrizioni). L’articolo 1 comma 23 lettera C della
legge n.56 del 2014 l’ha modificato
l’8 aprile allargandone la portata:
la carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di
consigliere di una circoscrizione
dello stesso o di altro Comune. La
cassazione nel 2006 aveva chiarito che un consigliere comunale
in carica non poteva farsi eleggere sindaco di un altro Comune
(caso Pisciotta) senza dimissioni
preventive. “Il legislatore intende
limitare per chi rivesta una carica
all’interno di un organo elettivo,
l’accesso ad altro organo omologo
(anche se non identico)”, sosteneva la suprema corte. Le vertenze
elettorali comunque sono tutte di
stretta interpretazione e perciò la
parola finale la dirà comunque la
cassazione, a Roma, entro l’estate
prossima. Quando mancherà un
solo anno alla fine regolare della
consiliatura pennese. E D’Alfonso, il reticente, resterà sulla graticola ancora per un pezzo. B.Lup.
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FAUSTO BUFARALE
Storia di una virgola
La conoscete la storia della virgola? Ve la racconto
io. Un poveruomo stava già davanti al plotone
d’esecuzione e chiese la grazia. La risposta fu “Grazia
impossibile,fucilarlo”.Ma qualcuno cambiò la virgola,e
risultando “Grazia,impossibile fucilarlo” il malcapitato
salvò la vita. A Penne era accaduto lo stesso col
sindaco,accusato di essere ineleggibile,per non precisata
incompatibilità,gli avevano già recitato il diasillo come
faceva ai morti la signora Calcedonio,senza sapere
se la carica fosse incompatibile per appartenenza a
comitato di quartiere o associazione per la rivalutazione
dello stoccafisso con i ceci,tanto andavano trovando la
scusa. Chi sia stato l’ideatore dell’arcano ovviamente
non si sa,un oppositore con pazienza certosina per la
ricerca d’incompatibilità,un mistico pentitosi di aver fatto
eleggere il sindaco in un momento d’introspezione,un
emulo del rospo di Esopo che sempre inappagato,volendo
diventare bue ,schiattò. Chissà. Fatto sta che il colpo,per
la famosa virgola,é stato parato e la sede municipale
non ha cambiato inquilino. Ma se l’inquilino fosse
cambiato il trattamento sarebbe stato lo stesso,perché
la storia è sempre stata questa,ad eccezione di…vedi
dopo. Alle elezioni vengono messe in cattedra persone
perbene,colte,preparate,come tali democraticamente
elette,che poi devono fare i conti con i frombolieri della
politica,alcuni dei quali con poca dimestichezza per i
congiuntivi,ed il popolo appoggia questi ultimi,perché
si sa,veder cadere in disgrazia chi sta al potere gratifica
sempre e comunque. Si potrebbe invece far governare
serenamente chi è stato eletto al fine di poterlo giudicare
al termine del mandato, cosa purtroppo poco gustosa
per l’opinionista da bar. Ma la speranza non si é spenta
dentro di me,allorquando ho visto che in piazza,dove
credevo si facessero scavi archeologici da fare invidia
ad Indiana Jones,é venuta fuori una fontana. Ho visto
la luce in fondo al tunnel allorquando anche quelli che
volevano la scuola sulle palafitte per combattere i disastri
idro-geologici e quelli che volevano mettere il centro per
la contraccezione d’emergenza nel vecchio convento
delle suore anziché nel distretto sanitario dislocato, non
si sono lamentati. La fontana ha forma di elle,sarà la elle
di Lucio? Ai tempi di Lucio,infatti, nessuno faceva lo
sgambetto al sindaco,anzi quando lui passava,molti attuali
sgambettatori si auto-sgambettavano per inchinarsi alla
sua grandezza e la stabilità politica regnava sovrana. E’
un sogno? Chissa? Fatto sta che a Manoppello il mio
idolo ha un amico,capace di fare miracoli in politica quasi
quanto i suoi conterranei,uno sul manto erboso, Verratti e
l’altro in Cielo,il Volto Santo.
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Con Severo
Penne è più
facile
I movimenti nella politica
PENNE – Si chiama
“Penne Facile”: è il nome del
nuovo gruppo consiliare costituito da Giovanni Severo.
L’ex capitano del Penne
lascia così Vincenzo Ferrante, quest’ultimo in organico
a Forza Italia, e tenta l’allungo sulla fascia di sinistra.
Sostenuto dai socialisti di
Rocco Petrucci e dai reduci
progressisti comandati da
Vincenzo Bellante, il consigliere comunale di “Penne
Facile”, ragioniere commercialista nonché membro del
direttivo della Società Operaia “Diego Aliprandi”, ha
costituito un nuovo gruppo
in consiglio comunale e ha
incontrato il neo presidente
della giunta regionale, Luciano D’Alfonso, in visita
ufficiale nel presidio ospedaliero di Penne e nell’Utap
di Via Caselli, in occasione
della quale era attorniato
da “yesman” dell’ultim’ora
e sostenitori del Pd vestino.
Giovanni Severo si è fatto anche la foto di rito con
Luciano D’Alfonso, seguita da una poderosa stretta
di mano che ha dato il via
libera alla nuova avventura politica di Servero nella
coalizione di centrosinistra.
È previsto anche il passaggio in maggioranza. Perché
questo allungo di Severo? Al
momento non è comprensibile. Al di là dell’esito della
sentenza sull’ineleggibilità
del sindaco Rocco D’Alfonso, attesa per il prossimo
7 luglio, Penne potrebbe
tornare al voto molto probabilmente nella primavera
del 2015, cioè un anno prima della scadenza naturale.
Ennio Napoletano infatti
vuole candidarsi a sindaco
e anticipare tutti, e questa
strategia avrebbe spinto socialisti e affini ad accorciare
i tempi: magari chiedere le
primarie di coalizione per
mettere fuori gioco gli avversari, compreso Napoletano. Luciano D’Alfonso si
è già schierato con gli amici
di Rocco Petrucci, al quale
è molto legato, e tra loro c’è
un patto forte e indissolubile. Si prevedono tempi duri,
insomma, per gli ex diesse.
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Giustizia e sisma
13 giugno 1944
Terremoto
ma non troppo
di Giacomo Acerbo
All'alba del 13 giugno 1944 i cittadini di Loreto Aprutino videro
sorgere un sole caldo e rassicurante. In molti si alzarono presto per
recarsi al funerale dell'allievo ufficiale pilota Carlo Bonfiglio. Questi,
grazie ad una delazione, fu arrestato perché in possesso della pistola
d'ordinanza e fucilato in località Colle Stella l’11 giugno. Buona parte
del paese si recò alla funzione e dopo un po' ci si accorse che c'era
qualcosa di strano: i tedeschi erano spariti. Nottetempo infatti, gli
ultimi rimasti, si erano allontanati definitivamente ripiegando verso
nord.
Dopo il funerale la gente era ancora presente numerosa in piazza
Garibaldi quando si udì il motore di un veicolo che si avvicinava e,
dopo qualche minuto, rombando, fece l'ingresso in piazza una camionetta con quattro militari a bordo.
Erano gli esploratori della I Divisione di fanteria Canadese questi
si fermarono un attimo in piazza, poi entrarono nel centro storico
fino ad arrivare al Castello Chiola ove era acquartierato il comando
Tedesco. Quindi, sinceratisi dell’assenza di truppe, ridiscesero giù fraternizzando con i Loretesi scambiando qualche sigaretta; dopo poco
andarono via tornando da dove erano venuti. Il giorno successivo arrivarono alcune unità della II Divisione di fanteria Neozelandese le
quali poi rimasero a presidiare il paese per diversi mesi fino alla fine
definitiva del conflitto.
Mentre accadeva questo, la vicina Penne viene liberata dalle truppe
italiane. Infatti, la mattina presto alcune pattuglie motocicliste della
184a cp. Paracadutisti della Divisione “NEMBO”, a bordo delle mitiche Moto Guzzi Alce, raggiunsero Penne e,
dopo una rapida ricognizione volta ad accertare l'assenza dell'occupante tedesco, proseguì fino ad arrivare
a Castiglione Messer Raimondo. Verso mezzogiorno
arrivarono a bordo di un'automobile tre militari inglesi appartenenti all'VIII Divisione di fanteria indiana.
Questi si fermano a fraternizzare con i pennesi accettando un buon bicchiere di vino e s'informarono delle
eventuali necessità della popolazione. Per la comunicazione sfruttarono la traduzione della vedova Trabassi
che, maltese di origine, aveva vissuto per numerosi anni
a New York. Dopo di ciò, rimontarono in macchina e
tornarono da dove erano venuti allontanandosi in direzione di Pianella.
Nel pomeriggio sempre del giorno 13 accadde un fatto curioso, anche se molto comune nelle fasi di guerra. Si
diffuse inaspettata e quasi incredibile la notizia che i tedeschi
tornavano e che ne avevano combinato e ne stavano combinando di
tutti i colori soprattutto a danno di donne e bambini. C'èra chi giurava che la ferocia della rappresaglia era partita da Roccafinadamo e
si stava estendendo nei territori appena abbandonati. “S'ha 'rturnat li
tidisch!!!” Sia nel comune di Penne che in quello di Loreto Aprutino
scoppiò il finimondo! Alcuni si tapparono in casa, molti altri fuggirono dai centri abitati, molti contadini abbandonarono le masserie spingendo avanti i loro armenti portandoli in luoghi poco accessibili, altri
ancora si diressero verso Pianella o Pescara per cercare protezione alle
truppe alleate. Fu questo forse il momento di terrore più terribile del
periodo di occupazione nazista.
Si apprese solo poi che a Roccafinadamo, allontanatisi i tedeschi,
vi era stato un alterco fra un partigiano e un soldato fascista repubblicano. Qualcuno si era presa la briga di raccontare, esagerandolo, il
fatto accaduto e la cosa si era gonfiata a dilatata a dismisura creando
una giornata di angoscia e terrore che si sgonfiò definitivamente solo
il giorno dopo.
Fortunatamente la liberazione dei centri di Loreto e Penne si tradusse essenzialmente nel cambio di colore delle divise dei militari presenti. A parte il tragico episodio della fucilazione dell'allievo Bonfiglio, non vi furono altri fatti di sangue durante la liberazione.
Nel narrare brevemente questi eventi è opportuno segnalare al lettore un fatto storico forse poco conosciuto. I paracadutisti esploratori
motociclisti che “Liberarono Penne” erano inquadrati nel CIL. Questa
sigla indicava il Corpo Italiano di Liberazione. Questo reparto nacque
15
il 22 marzo 1944 come corpo d'armata e rimase operativo
fino al 24 settembre 1944. Esso era strutturato su due unità di livello divisionale. La prima divisione venne creata
ex novo fondendo due brigate di fanteria, tra cui il Primo
Raggruppamento Motorizzato, con i relativi supporti; l'altra fu la 184ª Divisione paracadutisti "NEMBO", di stanza
in Sardegna e riportata sul territorio nazionale.
Questa Divisione fu il primo reparto italiano a cui venne assegnato un settore autonomo d'intervento. In pratica
operava con una catena di comando tutta composta da ufficiali italiani. Venne schierata sin dal 31 maggio nel settore
adriatico, dislocandosi intorno a Lanciano, dove fu raggiunta
dal 185° che le era stato assegnato in rinforzo. Nel quadro dell'avanzata generale su tutto il fronte, l'8 giugno 1944 la Divisione
concorse all'azione offensiva con il 183° che raggiunse Crecchio e
Canosa Sannita e con il 184° liberò Orsogna e Filetto. Proseguendo l'avanzata, il giorno 9 il XIV/184° raggiunse ed occupò Ari, sulla destra
il 183° occupò Giuliano Teatino e S. Rocco mentre il XIII/184° guardò
il fiume Foro, oltrepassò Villamagna e puntò su Chieti vincendo le
residue resistenze tedesche ed infliggendo perdite al nemico. Alle ore
18.00 il battaglione raggiunse ed occupò Chieti, primo capoluogo di
provincia liberato da unità italiane. Di fatto questo reparto non doveva arrivare a liberare la città di Chieti, che era di competenza dei
reparti Canadesi, ma tale fu l'impeto e l'ardore che questi soldati italiani misero nella battaglia che essi furono sempre avanguardia delle
truppe di liberazione.
Per concludere una curiosità nella curiosità: lo stemma del Corpo
Italiano di Liberazione fu ideato dal Gen. Umberto Utili e conteneva,
oltre la croce e la scritta libertas, l'immagine di Alberto da Giussano.
Questa figura leggendaria che, da sempre, è stata simbolo del desiderio
di unità d'Italia. Nell'immaginario collettivo, ormai di pochi, rimane
un simbolo della battaglia di Legnano celebrata durante il risorgimento come la vittoria del popolo italiano contro l'invasore straniero,
tanto da esser inclusa nel "Canto degli Italiani" di Goffredo Mameli
e da diventare l'argomento dell'omonima opera di Giuseppe Verdi.
Nel 1879 poi Giosuè Carducci ne fece uno dei protagonisti della sua
celebre opera "Della Canzone di Legnano". Ebbene, di questo simbolico personaggio, di recente si è appropriata una forza politica. Così
Alberto da Giussano, simbolo dell’Italia unita è diventato simbolo del
separatismo patrio. Misteri della cultura contemporanea!!!
Il Comune di Penne torna
fuori dal cratere sismico.
Lo ha deciso la quarta
sezione del Consiglio di Stato,
che ha accolto il ricorso
presentato dalla Presidenza
del Consiglio dei Ministri
contro la sentenza del Tar
Lazio, che aveva inserito il
centro vestino nell’elenco
dei 49 Comuni che potevano
usufruire di benefici economici
e fiscali riservati ai territori
danneggiati dal terremoto
del 2009. In origine Penne
non figurava in quell’elenco,
perché non risultava tra i
centri che avevano risentito di
un’intensità pari o superiore
al VI grado della Scala
Mercalli-Cancani-Sieberg.
A decidere che la località
doveva essere inserita in
quell’elenco era stato il Tar
Abruzzo nel 2010, su ricorso
presentato dal Comune
di Penne, rappresentato
dall’avvocato Sergio Della
Rocca. Mentre lo studio
legale dell’avvocato Gabriele
Vellante, attuale presidente del
Consiglio comunale, ha difeso
altri comuni del pescarese,
sempre per la stessa vicenda.
A sostegno della sua richiesta
il Comune aveva sostenuto
che l’attività di rilevazione
dei danni era stata parziale
e incompleta, in quanto non
aveva tenuto conto delle
segnalazioni e delle reiterate
istanze delle amministrazioni
locali. Il Comune sosteneva
anche come, dall’insieme
dei sopralluoghi e delle
rilevazioni dai tecnici e degli
incaricati della Protezione
civile, emergesse un quadro
di rilevante gravità, tale da
giustificare anche l’inclusione
di Penne nel decreto. Il Tar
del Lazio aveva accolto il
ricorso annullando il diniego
di inclusione del Comune di
Penne, stabilendo l’obbligo
per l’amministrazione di
procedere a una nuova
valutazione delle risultanze dei
rilievi macrosismici, al fine di
individuare il grado di intensità
sismica che aveva colpito
il territorio del Comune. La
Presidenza del Consiglio dei
ministri ha proposto appello
contro la sentenza di primo
grado affermando che il Tar
aveva frainteso i dati. E il
Consiglio di Stato (Giorgio
Giaccardi, presidente, Nicola
Russo, Diego Sabatino,
Oberdan Forlenza, consiglieri,
Fabio Taormina, estensore),
ha completamente demolito
la sentenza del primo giudice.
I giudici di Palazzo Spada
hanno sostenuto che «si è
condivisibilmente rilevato che
il Commissario ha evidenziato
l’assenza di lesioni tali da
consentire il riconoscimento
del livello di danno sismico
necessario per l’inserimento
nell’elenco, con una serie
di rilevamenti costituiti da
giudizi valutativi di fatti». Tra
l’altro il Consiglio di Stato ha
censurato il metodo, e quindi
l’utilizzo di rilievi macrosismici
che «non prevedevano alcuna
documentazione ufficiale»,
perché «nei fatti, il rilevatore
prende appunti sul proprio
quaderno di campagna o, se
preferisce, su fogli prestampati
che in fase di attribuzione del
grado vengono discussi e
confrontati con altri rilevatori,
inserendo quindi l’intensità
finale sul foglio Windows
Excel che compone il piano
quotato». Inoltre, «l’attribuzione
dell’intensità nella scala
Mercalli-Cancani-Sieberg
durante il rilievo macrosismico
speditivo, non prevede la
redazione di nessuna scheda
specifica né nessun atto,
tantomeno amministrativo,
ma è basata sulla valutazione
che l’operatore esperto
compie nel lasso di tempo
necessariamente breve nel
quale si trattiene nella località
oggetto di indagine».
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PENNE – Misteri, leggende
e miracoli attorno ad un
Cristo di stoffa di non più di
mezzo metro di cui pochi
sanno o ricordano l’esistenza.
Ed è così che si alimenta il
fascino su ciò che furono le
Dame di Malta che per secoli
custodirono l’icona.
Il Cristo è ora nella cripta
del Museo Civico Diocesano,
chiuso però a causa del
terremoto del 2009, dopo
che vi venne trasferito dalla
chiesa di San Giovanni
Battista, una rarità abruzzese.
Le suore Gerolosomitane
erano il ramo femminile
dell’Ordine dei Cavalieri di
Malta nato per difendere
la fede cristiana e offrire
ospitalità ai pellegrini che
si recavano in Terra Santa.
Erano a Penne dal 1230 per
assistere infermi e derelitti.
Quasi dimenticata dagli anni
’60, quando le fu preferita
la vicinissima chiesa della
Santissima Annunciazione,
San Giovanni Battista è del
‘500, poi ritoccata nel ‘700,
si fa notare per le sue croci,
scolpite e disegnate ovunque.
Grazie alle credenze popolari,
una leggenda è arrivata ai
giorni nostri sulle monache,
coriste (nobili) e converse
(che non avevano il sangue
blu). Si racconta infatti che
la priora del convento (già
istituto d’Arte ed oggi palazzo
di giustizia), una volta ultimati
i lavori della chiesa e arrivati
alla vigilia solenne della
consacrazione, volle dare
a questo piccolo Cristo di
pezza una sistemazione ed
una venerazione più degna.
Fu così che venne collocato
nel più prezioso degli altari,
ma lei e le sue consorelle
appena presero il Cristo dalla
sua urna originaria su Penne
si scatenò un violentissimo
nubifragio e tutte le religiose
persero la vista. Soltanto una,
anziana e malata, ebbe la
forza di alzarsi e di andare
in soccorso di tutte le altre.
Da quell’istante il cielo tornò
sereno e tutte le monache
riacquistarono la vista. A
Penne si sparse la voce
del miracolo inducendo il
vescovo a riportare nella sua
urna quella sacra immagine.
Dai primi anni ’90, dopo un
restauro voluto dalla Brioni
il Cristo di stoffa venne
trasportato e custodito nel
Museo Civico Diocesano.
A rinfrescare la memoria
ha provveduto il sito
luoghimisteriosi.it che torna
a mettere in primo piano
San Giovanni Battista: nel
1751 papa Benedetto XIV
concesse persino l’indulgenza
plenaria a chi visitava la
chiesa il 24 giugno ed il 29
agosto giorni della nascita
e della morte di Giovanni
Battista. Italia Nostra da anni
è impegnata a ridarle vita.
Antonio Di Vincenzo, il suo
presidente, ha stabilito un
contatto con la prefettura che
ne è proprietaria per conto
del ministero dell’Interno
e insieme con la Curia
Arcivescovile Pescara-Penne.
“Vorremmo che la chiesa
tornasse ad ospitare sante
messe ed abbiamo parlato
con don Giorgio Moriconi
che ne sarebbe ben lieto”.
L’attesa continua.
B.Lup.
PENNE – Tre sterratori sepolti
nel crollo di un chiosco di benzina in costruzione. Sono le 17,15
del 26 aprile 1956: dopo quattro
ore di lavoro, viene estratta la salma di uno degli operai.
Una tragedia di 58 anni fa che
finì anche sulle pagine nazionali
dei quotidiani come La Stampa.
I tre operai sono rimasti sepolti
sotto una grossa frana di terra e macerie, calcolata in circa
200 metri. Si stavano eseguendo
i lavori per le fondamenta di un
chiosco di distribuzione di carburanti. Gli operai, scavando, erano
giunti alla profondità di quasi un
metro e mezzo, allorché ad un
tratto, sembra per il cedimento di
un muraglione di terra ricavato
a ridosso della strada, è crollata
pure una parte del fabbricato già
costruito. A perdere la vita furono Enrico Ruscitti, di 39 anni,
Federico Di Norscia, 50enne, e
Nicola Camplese, classe 1910.
Appena avvenuto il crollo, sono
intervenuti i carabinieri della
compagnia di Penne, coordinati
dal capitano Giuseppe Di Santo:
iniziavano così le operazioni di
rimozione della terra e delle macerie per poter recuperare i tre
operai: ma a tarda sera l’opera di
soccorso non era ancora terminata. Sul luogo del disastro, si sono
portati anche i familiari delle tre
vittime: hanno collaborato con i
militari nel tentativo di estrarre
vivi i loro congiunti. Dopo quattro ore di lavoro, è riemerso il
cadavere di Nicola Camplese, 46
anni, padre di quattro figli. Dopo
questo recupero, le speranze di
poter ritrovare vivi gli altri due
operai, Enrico Ruscitti, padre di
tre figli, e Federico Di Norscia,
papà di due figli, sono del tutto
svanite.
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18
Dedicato a Nino
M
i ha colto di sorpresa la
notizia della dedica della
biblioteca dell’ Istituto
Superiore “Emilio Alessandrini
“ di Montesilvano avvenuta nel
maggio scorso. Non mi aspettavo assolutamente che a distanza
di tanti anni fosse ricordato con
tanto affetto un ragazzo semplice,
come Nino , che ho sì conosciuto,
ma non così profondamente come
molti poi hanno dimostrato di aver
fatto.
A cominciare da Don Elio Marighetto, parroco della Chiesa del
Carmine dove Nino ha ricevuto il
sacramento della Comunione e
della Cresima. Queste le sue parole
espresse in occasione della cerimonia svoltasi nell’Istituto. “Stiamo
per intitolare a Nino di Felice e alla
Prof.ssa Mariella Speciale, la Biblioteca dell’Istituto Superiore
“Emilio Alessandrini”. È il giusto
riconoscimento a due persone che
con impegno e amore hanno vissuto il loro rispettivo ruolo di studente e di docente, senza paragonarsi ad altri e senza trovare scuse
o pretesti per tirarsi indietro. In
particolare Nino Di Felice, giovane
morto a soli 20 anni, ha lasciato in
quanti l’hanno conosciuto un ri-
cordo indelebile che merita d’essere tramandato anche ai posteri. Io
ho avuto modo di conoscerlo per
averlo accompagnato a ricevere i
sacramenti e, soprattutto, per averlo avuto come attivo collaboratore
nelle attività della Parrocchia Madonna del Carmine in Loreto
Aprutino. Quello che più mi ha
sorpreso in lui è stata la serenità e
la gioia di vivere che trasmetteva a
tutti, nonostante le avversità che
l’hanno accompagnato nel corso
della sua breve vita. Sempre intraprendente, non si tirava mai indietro. Partecipava sempre, e con entusiasmo, a tutte le iniziative della
parrocchia. Di lui ho un ricordo
che mette in evidenza il suo modo
di affrontare la vita. Stavamo riordinando insieme l’Ufficio parrocchiale, quando è stato richiamato
dal patrigno con un urlo che aveva
poco di paterno (di umano). Gli
chiesi se gli volesse bene, e lui rispose: «Non mi resta che lui». Diceva un grande: «Se Dio ti ha dato
soltanto un limone, non invidiare
gli altri che hanno di più. Fatti una
limonata e goditela».” La cugina,
nella stessa occasione così l’ha ricordato: “Dentro ciascuno di noi ci
sono tanti ricordi: di Nino bambino, di Nino fotografo, di Nino
aspirante uomo-politico, di Nino
che sapeva destreggiarsi con abilità
in qualunque situazione, anche
con persone più grandi e istruite di
lui.Col passare del tempo, questi
ricordi non hanno perso di intensità, ma hanno piuttosto acquistato
peso e significato, facendoci riflettere e sorridere ... e restare senza
fiato al pensiero che lui ... proprio
lui che era la voglia di vivere fatta
persona... non sia più tra noi. Immaginate, ragazzi, un bambino che
aveva più di una bicicletta parcheggiata davanti a casa. Una era
sua; le altre per i suoi amici. Era
bello lanciarsi tutti insieme, in discesa, senza freni e con il cuore in
gola! Posso affermare che questo è
uno dei ricordi più belli che io abbia ancora di lui. Immaginatelo
poi, ragazzo della vostra età, che
senza permesso, di nascosto, parta
per Milano ad assistere al Concerto dei V2; o mentre si preparava
per gli esami di Stato, studiando al
buio, in una notte d’inizio estate,
davanti a una finestra aperta, in
piedi, con un libro in mano e fumando una sigaretta, con le cuf-
di Gianfranco Buccella
fiette alle orecchie e la musica a
tutto volume. Alla domanda: «A
Ni’, che stai facendo?». «Sto a studià!». Era anche appassionato di
musica e di cinema. Spesso andavamo a dormire tardi proprio per
vedere insieme dei buoni film,
come “Caccia a Ottobre Rosso” o
“L’attimo fuggente”. Naturalmente
questi ricordi hanno un significato
unico per chi li ha vissuti! Sono
emozioni che non riusciremo mai
a trasmettere al meglio con le sole
parole. Mi auguro però che aiutino
a capire meglio la personalità d’un
ragazzo che, pur tra difficoltà oggettive, riusciva a coinvolgere
chiunque gli fosse stato accanto,
nella sua voglia travolgente di fare
qualcosa, come poteva essere: andare al cinema, a un concerto, in
discoteca, o semplicemente cucinare, ma con la musica ad alto volume! Aveva sempre uno sguardo
risoluto che faceva svanire ogni
forma di tristezza. Nino non stava
mai fermo! A volte sembrava incurante del pericolo: non perché lo
sottovalutasse o lo considerasse
con leggerezza, propria dei giovani
della vostra età, ma semplicemente
perché non era la paura a fermarlo
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o a fargli cambiare idea. Quando
era convinto di una cosa e che valesse pena farla, anche la sconfitta
o l’insuccesso gli offrivano l’opportunità di riprovarci in un altro modo.Questa sua caratteristica d’essere sempre positivo e di
credere che, con impegno e sacrificio, avrebbe potuto raggiungere
ogni obiettivo, lo rendevano speciale nel cuore di ognuno di noi.
Aveva vent’anni, Nino, più o
meno la vostra età. Nel contesto
sociale attuale, dove al momento
ci sono poche certezze e mille
difficoltà, sembra quasi inutile
sognare. Io credo invece che ancora una volta Nino saprebbe infondere fiducia e coraggio. Sembra paradossale, ma eravamo noi
che ci appoggiavamo a lui che
aveva vissuto tutta una vita, fino
all’ultimo, sempre in salita. Vorrei ora ricordare il rapporto speciale che Nino aveva con i suoi
compagni di classe, i ragazzi della
V^D, oramai adulti, ma allora
spensierati e allegri. Tutti ricorderanno il preside Gianni Pagannone, che li ha seguiti sempre
con cura e amore e, per primo, ha
avuto l’idea di intitolare questa
Biblioteca a Giovanni Di Felice,
impegnandosi in tutti questi anni
perché ciò si realizzasse. Purtroppo da qualche giorno ci ha
lasciati per andare a ricevere la
ricompensa del suo servizio”. Ho
pensato di mettere su Facebook
la notizia corredata dalla sua foto
per avere ulteriori testimonianze
e in tantissimi si sono letteralmente scatenati per rilasciare
traccia del proprio personale ricordo. Ne riporto qui di seguito
le più significative: “Frida Monroe In realtà, parlavo di lui proprio ieri sera. Erano gli anni 90 e
lui si batté a lungo per un compagno di classe: Alessandro portatore di handicap, si fece sentire
molto... Credo che partecipò ad
una trasmissione nazionale e a
suo tempo andò anche al provveditorato agli studi, alla provincia.
Tutto ciò per l’abbattimento delle
barriere architettoniche che impedivano il passaggio del compagno di classe. Era molto Attivo
politicamente a suo tempo socialista convinto...Ma q uesta è solo
una piccola parte...” Sonia D’Angelo “Nino era nato il 6 gennaio
del 1972. Era cresciuto con la
madre Maria e il padre adottivo
del quale non ricordo il nome.
Perse la madre da piccolo (non
ricordo a che età) e fu cresciuto
solo dal padre. E’ stato sempre un
ragazzo più maturo della sua età,
forse perché la vita gli ha riservato sempre batoste su batoste.
Poco prima della sua morte perse
19
anche il padre. Io ebbi modo di
conoscerlo e frequentarlo nel
1988, quando iniziammo con Patrizia Di Fulvio un corso di teatro
sotto la palestra della scuola elementare, alla fine del quale mettemmo in scena “Proibito” di
Tennesse Williams, dove lui interpretava Tom. Era sempre sorridente, pieno di iniziativa, sempre pronto a partecipare a
qualsiasi attività. Nonostante la
giovane età metteva spesso giacca e cravatta, e ricorda bene Frida
riguardo la storia di Alessandro.
Nell’anno scolastico 1989/90 organizzò giornate intere di manifestazioni studentesche a Penne,
partecipando alla trasmissione
uno mattina. Alla fine di tutto
Alessandro fu riammesso a scuola, ma lui fu costretto a trasferirsi
all’itc di Montesilvano, poiché la
preside Mariotti fu molto esplicita nel dirgli che se fosse restato lì
avrebbe ripetuto l’anno. Nell’estate del ‘92 fu operato per un sospetto di ulcera. Lo aprirono e si
accorsero che invece era un tumore allo stomaco molto avanzato. Morì il 18 ottobre 1992 a soli
vent’anni. No, non mi sono dimenticata affatto di lui... Gabriella Giovanetti “Io l’ho conosciuto
all’interno del’associazione che
gestiva il Supercinema, anni
89/90 forse ,il ricordo che ho di
lui è sicuramente di un ragazzo
più maturo rispetto alla sua età,
molto intelligente e sicuramente
si differenziava dai suoi coetanei.
Sempre molto disponibile, collaborativo e molto umile. Quando
seppi della sua malattia, lo andai
a trovare in ospedale di Atri, entrai nella sua stanza in penombra, riuscendo a malapena a
scorgere un esile corpicino all’interno di un letto che sembrava
enorme,,,,Nino dormiva in quel
momento, era solo, io scappai via
piangendo, non ebbi il coraggio
di svegliarlo e salutarlo.....” Rita
Evangelista “Nino era un ragazzo
veramente speciale, molto intelligente, simpatico, pieno di gioia..
nonostante tutto. Io l’ho conosciuto bene a scuola, non come
sua insegnante, ma ho apprezzato la sua curiosità e la voglia di
apprendere. Abbiamo fatto insieme un viaggio d’istruzione,
quando lui era in terza media, in
Costa Azzurra, ed è stato l’animatore del gruppo con la sua
simpatia e i suoi interessi culturali. Nino ha fatto parte per parecchi anni dell’Associazione cinema ed era l’anima di tutte le
manifestazioni, soprattutto del
festival “Cantando, cantando”.
Noi tutti abbiamo vissuto con
tanta angoscia la sua malattia e
ricordo che siamo andati a trovarlo
in ospedale a Atri in gruppo e anche da soli. La sua morte ha lasciato
un grande vuoto e negli anni successivi, durante lo svolgimento del
festival di cui parlavo più sopra, gli
è stato dedicato un premio speciale.
Nessuno di noi lo ha dimenticato e
andiamo spesso a fargli visita al cimitero. Era un ragazzo speciale e
merita il nostro ricordo. Ciao
Nino!” ” Lorella Bompensa “Nino
ha frequentato molto la ns famiglia...era molto legato a mio fratello
Renzo Bompensa, veniva sempre a
casa ns..abitava in uno degli appartamenti affianco alla parrocchia
della Madonna del Carmine, aveva
solo 10 o 11 anni quando perse la
mamma e ricordo che al funerale
fece il cherichetto...era un ragazzo
con una intelligenza superiore, anche molto colto....a 12 anni passavamo i pomeriggi d’estate a parlare di
poesia, di letteratura, conosceva già
Shakespeare, la Divina Commedia
e altre poesie....dopo il corso di teatro ci siamo persi di vista per alcuni
anni e l’ho ritrovato quella sera che
lo andammo a trovare in ospedale
ad Atri, io e Sonia....la malattia era
molto avanzata, il suo corpo era devastato ma la luce dei suoi occhi era
ancora quella di quando era bambino. Quando lo conobbi quello che
mi colpì di lui furono i suoi occhi e
il suo parlare un italiano che non
era comune dalle nostre parti.... e’
stato un ragazzo davvero molto generoso e penso spesso a lui....non lo
dimenticherò mai!” Renzo Bompensa “Siamo cresciuti insieme, ricordo quando andavo a casa sua e
Maria ci faceva fare i tortellini. Era
l’unico del Rione Cappuccini che
aveva il Commodore 64!!!!! E io
avevo il privilegio di giocarci!!!!
Avevamo 11 o 12 anni quando il
padre fu ricoverato per una trombo
flebite, Nino mi chiese di mettere in
moto la loro Ritmo 60, altrimenti si
sarebbe scaricata la batteria. Salimmo in macchina, misi in moto, ci
guardammo per 10 secondi......misi
la retro e andammo a fare il giro di
Fiorano!!!! Naturalmente non proprio a passo d’uomo!!!! I giorni successivi non si parlava d’altro!!!!!!!”
Giuliana D’Intino “Io sono andata
via da Loreto nel 1979, non so
quanti anni aveva Nino. Però mi ricordo che un giorno, passando davanti a casa sua, la sua mamma
“Maria” le stava cuocendo gli arro-
sticini fiammeggiandoli sul gas e lui
era seduto sulla sedia che aspettava
con l’acquolina in bocca. Questa
scena non l’ho mai dimenticata. Era
uno dei pochi bambini “se non l’
unico” che parlava solo in italiano,
sarà che il padre lo parlava quotidianamente. Non ricordo il nome,
ma aveva una bella cadenza, so che
era del settentrione. Ricordo che
una sera d’estate erano davanti alla
loro casa tutti e tre pronti per partire, “andavano a ballare “ Nino era
ben vestito e sua madre gli stava
pettinando i capelli tutti all’indietro
bagnando il pettine nell’acqua. Che
carino con i suoi capelli effetto brillantina. Grazie a tutti per avermi
fatto conoscere quello che è stato
dopo e che io neanche immaginavo. Ciao NINO” Maria Grazia Cerchiara Nino era Nino....e non si dimenticherà mai. ..ha lottato contro
le barriere architettoniche al Marconi come rappresentante d’istituto
per Alessandro. ..ha organizzato
con valente le “Pecaniadi”. ..era
molto intelligente ... mi ricordo che
un tempo veniva a fare ripetizioni
di matematica da mio padre. ...dimostrava di più della sua età. ...forse perché la sua vita è stata dura...è
volato via a soli 22 perché i fiori più
belli stanno in cielo...” Graziano Di
Pasquale quanti ricordi!!!!! le prime
sigarette sotto la mensa delle scuole
medie...sono passati molti anni...
sembravamo gianni e pinotto. Voleva sempre la mia colazione...panino
con salsiccia. e io gliela davo sempre... ma in cambio della sua... pizzetta con salame... ciao toporagno...
era il suo nomignolo .... non gli piaceva... ma se ero io a dirglielo ... non
gli dava fastidio. caro amico mio
non ti ho mai dimenticato... a parole e facile da dire... ma puntualmente ogni volta che scendo al cimitero.. e solo lui lo sa.... gli faccio visita.
era come un fratello per me. r.i.p.
gra.” Gabriele Evangelista “Era diventato una specie di eroe, e si era
fatto conoscere nel mondo degli
adulti, non era un ragazzino come
noi, era un uomo...anche se poi non
ebbe il tempo crescere ancora un
pò...ebbe giusto il tempo di diplomarsi e di li a poco se ne andò in
cielo....ciao Nino ovunque tu sei”
Se queste sono le testimonianze
perché ricordarlo solo a Montesilvano? E a Loreto ? No, non può
esserci solo l’oblio e l’indifferenza!
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La buona
terra è
ancora
servita
40 anni di buona tavola: li
festeggia il ristorante-hotel La
Bilancia, a contrada palazzo di
Loreto Aprutino.
Era il 1974, i mondiali
di calcio si giocavano in
Germania quando Sergio Di
Zio e la sua famiglia decisero
di partire con un’avventura
culinaria di spessore. Ed
è così che Sergio Di Zio
continua a servire i suoi piatti,
tipici della cucina locale col
tempo sempre più ricercata,
tagliando un traguardo storico
nell’area vestina. I menu
sono cambiati, ma sempre
rispettando la tradizione
della buona terra. I prodotti
tipici locali caratterizzano da
sempre le pietanze servite
con la consueta attenzione
ai particolari. Non è un caso
che il ristorante nei decenni
ha ospitato personaggi
importanti: da giornalisti a
calciatori, a critici d’arte, ad
attori, a personaggi noti della
televisione, alcuni in incognito.
20
Abbracciamo sempre i nostri figli
Q
uando si parla di figli si apre,per noi
genitori,un mondo intero fatto di
parole,di sentimenti,di risate, di sacrifici
e a volte anche di dispiaceri.
Già da piccolissimi cominciamo a raccontare ai
nostri amici, ai nonni, agli zii, le loro "prodezze".
Il primo dentino, i primi passi,la prima volta che
hanno detto mamma.
Poi i figli cominciano a crescere e allora si inizia con lo sport.Bastano pochi tiri al pallone e già
siamo pronti ad andare sugli spalti per ammirare
i piccoli campioni,qualche colpo di racchetta e diventano tennisti, poche bracciate e sono dei perfetti nuotatori.Che meraviglia l'amore dei genitori!
Ma i figli, come dice Kahlil Gibran sono"come
frecce vive scoccate in avanti", e noi genitori siamo gli archi mai pronti però a scagliarli lontano.
Ed è proprio così, non si è mai veramente pronti a
lasciarli andare, a farli camminare da soli.
Da piccoli li teniamo in braccio ,li riempiamo
di coccole , di baci e di tenerezze, poi , quasi d' improvviso, diventano grandi e le manifestazioni di
affetto diminuiscono. Loro si sentono in imbarazzo, soprattutto se c'è qualcuno. Se ti avvicini per
un abbraccio o un bacio sono sempre sbrigativi e
si vergognano.
Restiamo un pò sconcertati dal loro comportamento dimenticando che anche noi alla loro età
facevamo lo stesso.
Poi, dopo il diploma, decidono di andare a studiare lontano o all'estero.
Bellissime opportunità, grandi soddisfazioni.Lo studio, il futuro, una visione allargata del
mondo e della vita. Ma ,di rimando, quanti attimi mancati,quante risate non condivise, quanti
momenti di incertezza e difficoltà di cui non sei
partecipe e vorresti esserlo per aiutare i tuoi figli
a superarli e andare avanti.
Mi accusano di mettere sempre in prima linea
i sentimenti piuttosto che la ragione.Loro ormai
sono grandi e devono imparare la vita.
Però i figli sanno sorprenderti sempre.Quando la tristezza ha il sopravvento e i pensirei più
pesanti ti turbano, loro arrivano e vedi le braccia
allargarsi per stringerti. Allora pensi che il tuo lavoro non è stato inutile. Ti senti rassicurata e le tue
lacrime scendono copiose.Lacrime che spesso tieni
dentro perchè non puoi mai farti vedere piangere
dai figli, lacrime che hai versato di notte , quando
loro dormono e non possono vederti e ascoltarti.
Allora mai tirarsi indietro ad un abbraccio.
Anche se loro sono " grandi",ne hanno bisogno
quanto noi.
Penso con grande dolore e pena a quel papà, è
difficile chiamarlo così, che solo pochi giorni fa ha
ucciso i suoi bambini così piccoli.
Ho il cuore spezzato.
Quanta fatica, quante notti insonni, quanti sacrifici si fanno per i figli e poi, un attimo di follia,
li porta via così in fretta.Mi dà un pò di pace l'idea che sono con la loro mamma che li abbraccia
stretti e continua a cullarli insieme agli angeli custodi.
Non dimentichiamo mai che anche noi siamo
a nostra volta figli.Anche noi abbiamo avuto un
passaggio difficile per diventare genitori,colmo di
disagi, di insicurezze e momenti di nostalgia.
Penso alla tenerezza che dobbiamo avere verso i nostri cari. Siano essi giovani o più anziani, in salute o malati. Rappresentano il bene più
prezioso,il legame più bello, l'amore più grande.
Solo dimostrando questi sentimenti i nostri figli ameranno sempre e continueranno ad avere le
braccia tese per stringerci in un forte abbraccio.
Maria Amicone
La Bilancia, 40 anni di gusto e tradizione
Nel giugno 1974 Sergio insieme alla moglie Antonietta, superba cuoca, aprì la “trattoria“ La Bilancia,
con il prezioso aiuto della mamma Angela. “Il nome La Bilancia volle significare equilibrio e se dopo 40
anni siamo ancora qui ad offrirvi una cucina legata alle tradizioni del territorio, possiamo dire che le
nostre idee si sono rivelate valide e sono condivise, tuttora, dai nostri clienti”.
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21
La nuova
trasparenza
Ente
N. Indicatori Percentuale
Comune di Penne
65/72
90,28%
Istituto Comprensivo M. Giardini
72/72
100,00%
Istituto Comprensivo C. Paratore
No sito
===
I.T.C. Marconi
52/72
72,22%
I.I.S. L. da Penne - M.Dei Fiori
No sito
===
Comune di Loreto Aprutino
69/72
95,83%
Istituto Comprensivo di Loreto Aprutino
03/72
4,17%
Comune di Collecorvino
00/67
0,00%
Istituto Comprensivo di Collecorvino
72/72
100,00%
Comune di Pianella
68/72
94,44%
Istituto Comprensivo Papa Giovanni XXIII
No sito
===
Governo
Ministero Istruzione
Ministero Giustizia
Ministero Interno
di Giacomo Acerbo
Il Decreto 33/2013 è entrato in
vigore ormai da più di un anno
e chiama le pubbliche amministrazioni ad un notevole lavoro,
consistente nella pubblicazione
sui propri siti Web di un numero
rilevante di informazioni: dalla situazione patrimoniale di Ministri
e Sindaci agli appalti, dai bilanci
degli enti alle liste d’attesa delle
strutture sanitarie, dalla spesa
per personale e consulenze ai curricula dei dirigenti.
Le finalità del decreto sono
chiare: combattere la corruzione
e incentivare forme di controllo
diffuso dell’operato della pubblica amministrazione in modo da
accrescere l’efficienza del settore
pubblico ed aumentare la fiducia
che i cittadini nutrono nelle istituzioni.
In pratica la norma conta di invertire definitivamente gli orientamenti precedenti del diritto
amministrativo. Le segreterie dei
vari enti si chiamavano così, perché esse erano tenute al segreto su
fatti e cose ed il segretario era il
depositario di esse. Ora forse si
dovrà cominciare a sostituire i
termini; le segreterie si chiameranno uffici pubblicitari e i segretari si trasformeranno in pubblicisti. Lo spirito della norma è quello
di superare la richiesta di accesso
agli atti. Infatti, tutto dovrebbe
essere reso disponibile online senza costringere alcuno a chiedere
di poter accedere agli atti e fatti
della pubblica amministrazione.
Ma non mancano le ombre: il
decreto – approvato in tutta fretta alla fine del governo Monti –
presenta numerose incongruenze
ed oggettive difficoltà specialmente per le amministrazioni locali. E
questo non può che incidere sul livello di applicazione della norma:
71/72
70/72
58/72
72/72
98,61%
97,22%
80,56%
100,00%
al momento, il numero di Enti che
ha pubblicato tutte le informazioni previste dal Decreto è assai
basso, e ciò nonostante le tante e
rilevanti sanzioni.
In questo contesto siamo andati a verificare almeno l’adeguamento dei siti istituzionali degli
enti del nostro territorio. La verifica è stata fatta utilizzando “La
bussola della trasparenza” rinvenibile sul sito MagellanoPA.it;
nella tabella i risultati.
Volendo commentare i dati
salta all’occhio immediatamente
l’enorme diversità di situazioni
tra enti omogenei. Si passa agevolmente da comuni che hanno
un adeguamento prossimo al
100%, come Loreto Aprutino e
Pianella, a comuni che si trovano ancora allo 0,00%, come Collecorvino. Poi vi sono scuole che
si sono adeguate al 100% come
quella di Collecorvino, scuole che
sono prossime allo 0,00% come
l’I.C. di Loreto Aprutino ed altre
invece che il sito istituzionale non
lo hanno proprio!!!
C’è da precisare inoltre che tale
verifica tiene conto solo della funzionalità del sito e non già anche
dei contenuti. Infatti i siti potrebbero essere funzionali al 100% ma
non contenere poi le informazioni
che dovrebbero esporre.
Guardando con attenzione mi è
venuta in mente questa frase attribuita a Giovanni Giolitti: “La legge per i nemici si applica e per gli
amici si interpreta”. Infatti si può
osservare che l’I.C. Di Collecorvino ha una funzionalità al 100%,
superiore alla funzionalità dello
stesso Ministero dell’Istruzione.
Stesso discorso di inadeguatezza
vale per i siti del Governo e del
Ministero della Giustizia!!!
È proprio vero, le leggi valgono
solo per gli altri!!!
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22
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23
Bue e Ciufoli...
Tu chiamali se vuoi...
emozioni
San Zopito
e i suoi riti
di Gianfranco Buccella
Rinnovati i rituali dell’inginocchiamento
del bue e del ritorno dei vetturali
In questa foto: il revival della
leggenda
Sotto, a sinistra: il ritorno dei
vetturali
A destra, il caratteristico corteo
nel centro storico
di Mauro Soccio
L
ORETO APRUTINO – Al cospetto di una presenza gioiosa e partecipativa di una folla
proveniente da ogni parte d’Abruzzo, Loreto Aprutino ha messo in luce
i valori cristiani nella fede al Santo
e rinnovato i suoi rituali di religiosità popolare, le cui radici affondano
nel passato più remoto. Zopito, il
cui vero nome corrisponde a quello
di Zopyros, era un giovane cristiano
di nazionalità greca, vissuto nel IV
secolo e martirizzato a Roma il 12
ottobre, all’età di circa vent’anni.
E’ patrono di Loreto dal 1711,
dopo San Michele Arcangelo e San
Tommaso d’Aquino, l’Angelico Dottore. I suoi sacri resti arrivarono
nella Chiesa di San Pietro Apostolo,
provenienti dalla vicina Penne, trattenuti dalla Curia Vescovile per le
ricognizioni di rito, dopo che erano
stati prelevati dalle Catacombe di
San Callisto in Roma nel 1710.
La leggenda di fondazione del rito
dell’inginocchiamento del bue, trae
origine proprio da questo “trasloco” ovvero durante la processione
da Penne a Loreto, in prossimità di
Collatuccio, un contadino intento ad
arare i campi con un bue, non dette segni di riverenza al sacro corteo,
continuando a lavorare. Fu l’animale ad inginocchiarsi. Ma leggenda o
meno, quella di Loreto Aprutino,
è la festa contadina per eccellenza,
intesa come espressione del mondo
rurale che regola il vivere quotidiano
sui suoi cicli produttivi e come tale
ricorre in primavera, nell’imminenza della grande raccolta delle bionde
messi. Propiziarsi la benevolenza del
Santo era un’ancestrale necessità per
i contadini e la sua mitizzazione una
conseguenza. Capisaldi peculiari di
questo spirito rurale che si effonde
nei giorni della festa ( Pentecoste e
lunedi seguente), sono state le spettacolari manifestazioni del Bue di San
Zopito e del Ritorno dei vetturali,
entrambi portatrici di significati apotropaici legati all’economia storica
della cittadina.
Se il “Pio bove”, che si inginocchia
al cospetto della statua del Santo in
processione (oltre che nel sagrato
della Chiesa di San Pietro e davanti ad altre chiese nel centro storico) rappresenta la sottomissione al
Santo, il “Ritorno dei vetturali” è la
rappresentazione dello scioglimento
di un voto (pregavano il Santo per
evitare il pericolo costituito dai briganti e tornare sani e salvi da lunghi,
avventurosi viaggi nella penisola nel
commercio dell’olio d’oliva. Al loro
ritorno avrebbero effettuato una processione di ringraziamento in suo
onore) ma entrambi i rituali sono
vive testimonianze di un’antica e florida economia, in passato essenzialmente agricola del paese. “Culiunde”
Il bue in ginocchio davanti alla
Chiesa di San Pietro in attesa
della benedizione
Foto: Lino Rosetti
(sederi unti d’olio) venivano chiamati
i suoi abitanti, per la forte vocazione agricola ed in particolare per la
sapiente arte di saper produrre nei
secoli un eccellente olio extra-vergine
d’oliva, lo stesso che poi, tanti anni
dopo, è andato a costituire la base
della D.O.P. “Aprutino-Pescarese”,
la prima ad essere riconosciuta dalla CEE con il reg. 1263 del 1 luglio
1996. L’agricoltura, pertanto, è lo
sfondo naturale di questa straordinaria festa. Che con i suoi colori, i suoni, l’atmosfera particolare che spazia
Lucia Chiappini,
l’angioletto
tra il sacro e il profano, sono al centro di
dibattiti e conferenze e qualificano la Festa
di San Zopito tra le più significative della
Regione.
I nitriti dei cavalli e il loro zoccolìo; il sofferto e profondo muggito del bue con il disarmonico suono dei campanacci; la nenia
della zampogna e la marcetta della Banda
musicale; le grida dei bimbi che non credo-
no ai loro occhi, le esclamazioni di stupore
degli adulti e commenti vari, danno inconfutabilmente il senso di una festa vera, molto pittoresca e fanno della domenica e del
lunedi di Pentecoste a Loreto Aprutino, uno
dei momenti più straordinari da non perdere ed in cui è molto forte la riappropriazione del senso di appartenenza al territorio.
di CIRONE LILIANA
Ci si interroga da sempre sul valore di
un museo o di un reperto ed ognuno ha risposto a suo modo a seconda della propria
sensibilità, cultura o convinzione. Ed io non
voglio qui rispondere e sentenziare sulle ragioni giuste del pensiero che a mio parere
dovrebbe prevalere. Voglio solo fermarmi
su un aspetto: quello emozionale. Qualsiasi
cosa, evento, oggetto, panorama, fenomeno,
avvenimento, immagine, colpisce la nostra
attenzione per la prima volta suscita in noi
un’emozione mai provata prima e riempie
la nostra area cerebrale emotiva di un nuovo contenuto che prima non esisteva. La ripetizione del fenomeno non raggiunge mai
la stessa intensità. Quindi la conservazione
di un panorama, di un avvenimento, di un
immagine non può riguardare solo noi stessi ma riguarda soprattutto gli altri, i neofiti
dell’emozione, quelli che non l’hanno mai
provata. Il nostro paese, il nostro bue, le
nostre montagne, il nostro paesaggio le nostre tipicità vanno conservate per regalare
agli altri le nostre emozioni. Gli altri hanno
il dovere di preservare il proprio ambiente
per far vivere anche a noi le loro emozioni in uno scambio reciproco relazionale ed
emozionale che arricchisce l’Uomo. E’ in
quest’ottica che sono rimasto emotivamente
folgorato dalla mostra dei fischietti (Ciufoli) che durante la festa di San Zopito è stata
allestita nella sala Otello Farias di Loreto
da Giusy Di Crescenzo, moglie del compianto Veniero De Giorgi che, evidentemente, riusciva ad emozionarsi alla vista di uno
solo di quei fischietti che con tanta passione
ha collezionato nel corso della sua esistenza.
La stessa emozione credo l’abbiano provato
i visitatori che hanno avuto l’opportunità e
la gioia di ammirare, per la prima volta, un
mondo nuovo, quello dei fischietti che, nel
loro piccolo esistere, racchiudono i quattro
elementi fondamentali della natura: Terra
(argilla di cui sono composti) Acqua (necessaria per impastare l’argilla) Fuoco ( per
cuocere il manufatto e dargli lucentezza e
consistenza) Aria ( per dargli fiato creativo
del suono e dell’armonia) Quante emozioni
in un fischietto! E quante in un bue ammaestrato che si inginocchia!
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TRASLOCHI
Angelo, l’emigrante triste
dI Gianfranco Buccella
N
icola Di Teodoro nasce a Loreto Aprutino il 15 dicembre
1937. La sua famiglia si era stabilita nella città di Victoria, in Venezuela, dove era emigrata, ed è lì che lui la raggiunse nel 1956. Coniugato con Sol America Ontiveros forma una
bellisima famiglia arricchita dalla nascita di ben quattro figli con
la fierezza di aver dato loro un titolo universitario. Frequenta gli
studi elementari nella Scuola Elementare “Tito Acerbo” di Loreto Apruino e questo da solo basta per andarne fieri perché è da
questa scuola che appunto apprende gli elementi primari che ne
fanno poi uno scrittore. Frequenta il liceo nell’Istituto Apostolico
Montorfano di Bergamo continuando poi i suoi studi presso l’Istituto Educativo de la Victoria in Venezuela dove apprende la lingua
spagnola e la lingua inglese ed approfondisce i suoi studi in letteratura, storia e geografia venezuelana. Partecipando ad importanti
corsi di formazione tecnica si specializza e, grazie alle sue capacità
e al suo grande desiderio di superamento delle sue condizioni, ottiene dal Ministero delle Opere Pubbliche numerosi ed importanti
riconoscimenti. In parallelo con la sua attività lavorativa svolge la
sua attività giornalistica in importanti mezzi di comunicazione che
lo porteranno nel tempo a scrivere numerosi volumi: “Una estrana
aventura”_ “Gente y tertulias de provincia”- “Estampas victoriana” “Quimeras”- “Estampas victorianas III”- “ Amores Bastardos”
-“Angelo el emigrante triste” .
Quest’ultimo volumetto di 140 pagine è stata la pubblicazione
che mi ha avvicinato e fatto conoscere questo nostro conterraneo,
morto quest’anno in Venezuela. “Nace el 15 de diciembre de 1937
en un pueblo italiano llamado Loreto Aprutino. Hombre de mediana
estatura; ojos color miel; cabello grisáceo, casi calvo.” Così recita l’incipit della sua biografia sul Web ma io non mi sono accontentato e sono
andato a San Pellegrino, frazione di Loreto che lo ha visto nascere e che
lo ricorda anche per i suoi numerosi ritorni dalla terra venezuelana.
“Un uomo squisito, una bravissima persona, un uomo sensibilissimo ed
intelligente, una piacevolissima persona” Queste le dichiarazioni che
ho raccolto dagli amici e dai parenti della piccola frazione.
“Angelo, l’emigrante triste” non ha certamente la pretesa di entrare
nell’elencazione dei grandi capolavori della letteratura italiana ma possiede una sua peculiarità: quella di riportare in auge tutta la tematica
legata all’emigrazione italiana degli anni ‘50 e ’60 in parallelo con il fenomeno gigantesco dell’immigrazione dei giorni nostri. Il filo conduttore del volumetto, la colonna sonora che lega i vari racconti sembra essere qualcosa che l’autore stesso non avrebbe mai potuto immaginare.
Esso è impalpabile , non rintracciabile fra le righe e le parole dell’autore
ma presente nella mente del lettore dei giorni nostri che si lascia ammaliare dall’enucleazione della “retorica sentimentale” dell’emigrante solo
perché oggi ne intravede un riscontro reale fra i barconi di Lampedusa.
Il Di Teodoro quei sentimenti li ha vissuti e li ha trasformati in parole
per i suoi lettori ma il tempo ha dato a quei sentimenti la patina della
retorica trasformando i sentimenti in sentimentalismi. Nel 1991, anno
della sua pubblicazione, il volume suscitava certamente nel lettore una
reazione che oggi non sarebbe riscontrabile. Così come oggi, alla luce
dei nuovi fenomeni migratori, lo stesso volume, con la sua medesima
carica narrativa va a suscitare sentimenti diversi, non riscontrabili né
nell’intenzione dell’autore né nei pensieri dei suoi primi lettori. Oggi ci
si va ad immedesimare, seguendo il racconto, non più nei vissuti dei
nostri emigranti ma in quelli dei nuovi migranti che sfuggono disperatamente dalla fame e dalle guerre. Il racconto del Di Teodoro va oltre le
sue stesse intenzioni svolgendo una funzione sociale che lui stesso non
avrebbe mai potuto immaginare. Mai l’autore avrebbe infatti potuto
pensare che la sua terra potesse diventare una terra ambita, una meta
addirittura per gli stessi venezuelani (sì perché oggi anche dal Venezuela si fugge) che vedono l’Italia come l’eldorado del benessere o della
democrazia. Il racconto assume così la funzione sociale di formazione
e di riflessione sul fenomeno dell’immigrazione fornendoci una chiave
di lettura che ci costringe a rimandare indietro i nostri sentimenti negativi che affiorano ogniqualvolta pensiamo all’invasione dell’Italia da
parte della numerosa schiera degli immigrati. Le ceneri di Nicola Di
Teodoro sono state cosparse, per sua stessa volontà, nella bellissima
Piazza Italia inaugurata a La Victoria in Venezuela con una grande
cerimonia che ha tributato
al nostro concittadino grandi onori per il suo impegno
nella diffusione della nostra
cultura. Tantissimi sono
stati gli Italiani che hanno
portato ai massimi onori
la nostra bandiera nei vari
paesi del mondo. Perché
meravigliarci allora se qualche senegalese , nigeriano
o marocchino farà sventolare orgogliosamente la
sua bandiera lungo le rive
del Tavo? Questa l’amara riflessione che “Angelo
l’emigrante triste” mi ha
costretto a fare. Altra cosa
poi è l’azione che l’Italia e
l’Europa dovrebbe operare
per la regolamentazione
dei flussi migratori. Altro
capitolo, altra storia!
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E’ tutto
un premio
Valanga di
riconoscimenti
per l’Istituto
Comprensivo
di Loreto Aprutino
26
di Gianfranco Buccella
Non saprei proprio da
dove cominciare e quale privilegiare nell’elencazione dei
vari premi nazionali, delle
manifestazioni e delle cerimonie svoltesi a chiusura di
questo ultimo anno scolastico e che hanno visti protagonisti gli alunni e i docenti
dell’Istituto Comprensivo di
Loreto Aprutino. L’intero
palinsesto della testata non
basterebbe per contenerli tutti se si volesse dare ad
ognuno la giusta valorizzazione. Mi limiterò pertanto
a riportarne qui di seguito
la semplice elencazione pur
consapevole che ogni alunno è stato protagonista ed
avrebbe voluto il privilegio
di esserci e di essere ricordato. Comincerò con la “Prima
Borsa di studio in memoria
della DSGA Concetta BUCCELLA” La cerimonia di
premiazione si è svolta il
29 maggio presso la sala
Cscella del Castello Chiola
ed ha visto protagonisti i
vari attori già distintisi durante la settimana di Pausa
Didattica svoltasi in febbraio. Premi e riconoscimenti
per tutti. Primo premio
regionale E.I.P RICORDI
DELLA MEMORIA SALVO D'ACQUISTO PER IL
LAVORO "UNO SGUARDO AL PASSATO" realizzato dalle classi quinte e da un
gruppo della secondaria, coordinato dall’Ins. Maria Giovanetti.MOTIVAZIONE:
Il lavoro è particolarmente
pregevole perchè ha coinvolto l'intera comunità scolastica e si è avvalso della collaborazione scientifica della
Direttrice dei Musei Civici
di Loreto Aprutino Dr Paola
DI TOMMASO. I PREMIO
NAZIONALE E.I.P. - CISS
STAMPA SCUOLA MARISA ROMANO LOSI PER IL
GIORNALE SCOLASTICO
" IL PENSAGRAMMA".
CERIMONIA DI PREMIAZIONE: 22 ottobre 2014
presso la Sala delle Conferenze della BIBLIOTECA
NAZIONALE CENTRALE
di ROMA. - Primo premio
assoluto Kids al Politecnico di Milano assegnato
alle classi IV A-B-C guidate dalle docenti Mimma
Granchelli,Adriana
Bellisario,Stefania
Buonarrota,Rita Ciarcelluti, Marianna Rasetta,
Franca Vitileia e Marina
D’Anastasio per il lavoro
svolto nell’ambito del progetto: “ABBRACCIAMO
LORETO” - Venerdì 6 giugno, nel giardino dello stesso istituto si è svolto il saggio finale delle classi quinte
con l’allestimento dello
spettacolo “ Come gabbiani… volasolo chi osa farlo”
con
accompagnamento
musicale degli studenti
dell’Indirizzo
Musicale
della scuola secondaria di
I° grado “G. Rasetti”.- Sempre nella splendida cornice della sala Cascella del
Castello Chiola si è svolta
la presentazione del cartone animato: “Fundicill”
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realizzato dagli alunni della
scuola dell’infanzia con la
collaborazione dell’esperto
di cinema di animazione Nicola Ioppolo e della docente
di scuola materna Candida
Buffeti. Nella stessa occasione, patrocinata dal Comune
di Loreto Aprutino, oltre
all’intervento del Sindaco
Gabrile Starinieri si è potuto registrare il qualificato
intervento del Prof Giovanni
Damiani Presidente Ecoistituto Abruzzo e della responsabile della Biblioteca Comunale “Panbianco” Donatella
Granchelli.- VI Premio di po-
27
esia “Giose Fragassi” Comune di Moscufo – Tema:
“Sui sentieri della bellezza”
primo premio categoria A a
Elena Vellante classe IV B
per la poesia - Il mio papàNumerose altre segnalazioni
sono state date ad altri componimenti degli alunni della
stessa scuola. Insomma una
valanga di premi e di riconoscimenti per una scuola che
promuove la crescita dei nostri bambini a cui rivolgiamo
i nostri complimenti e i nostri migliori auguri di buone
vacanze.
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Collecorvino,
concerto di fine anno
“Fundicill”
Cronaca di un
pomeriggio trascorso
con le voci, i colori,
l’entusiasmo dei
“piccoli uomini”
della Scuola
dell’Infanzia di Via
Roma.
LORETO APRUTINO – L’Istituto Comprensivo della cittadina, con il patrocinio del
Comune e la collaborazione della Biblioteca
Comunale ”G. Panbianco”, giovedì 12 c.m. ha
organizzato con successo, presso la Sala Cascella del Castello Chiola, un interessante dibattito sull’importanza della fontana grande
come elemento di identità sociale tra passato e futuro.
Gli interlocutori privilegiati sono stati i
bambini e le bambine della Scuola dell’Infanzia di Via Roma, che oltretutto hanno prestato le loro bianche voci allo straordinario
cartone animato di Nicola Ioppolo, loretese
d’adozione, che armatosi di tecnica e pazienza ha saputo sfornare un cartoon veramente
singolare. Parliamo della fontana grande di
Via Pretara, lasciata in abbandono da tempo,
ma elevata a simbolo del centro storico e del
recupero della sua vivibilità da tanti appassionati che, al pari di chi scrive, sentono il
richiamo dell’appartenenza, come un punto
da cui ripartire per contribuire a ridare al
decadente lustro della cittadina, un valido
motivo per proiettarsi con più convinzione e
motivazione verso il futuro.
Dopo il saluto del Sindaco Gabriele Starinieri che ha sottolineato la difficoltà nel
reperire i fondi per il restauro della fontana,
è improvvisamente intervenuto al microfono
Filippo, il suo figlioletto che, spronato dalla
giusta atmosfera, ha fatto promettere al genitore sindaco l’impegno necessario per realizzare il recupero della struttura pubblica,
grande sogno dei concittadini. Anche altri
bambini hanno posto domande pertinenti ai
conferenzieri che si sono dovuti impegnare
per soddisfare le loro curiosità.
Ha introdotto la conferenza/dibattito la
Prof.ssa Lorella Romano, Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo del paese,
la quale sciorinando il linguaggio adatto ai
bambini di 5 anni, ha invitato i suoi giovanissimi interlocutori a poggiare la mano destra
sul petto, all’altezza del cuore, perché le cose
bisogna amarle prima di farle.
Interessantissimo ed accattivante l’inter-
vento del Presidente dell’Ecoistituto Abruzzo,
Prof. Giovanni Damiani che, come sempre,
ha saputo focalizzare l’attenzione di tutti, anche dei bambini, per la chiarezza espositiva
sul tema: “Storicità e importanza della fontana grande”. Con l’ausilio delle immagini proiettate ha efficacemente spiegato l’incommmensurabile valore del recupero della fontana
anche sotto l’aspetto dell’identità cittadina.
E’ stato poi, presentato il cartone animato “Fundicill”, realizzato dai bambini della
Scuola dell’Infanzia di Via Roma, curato dalla docente di riferimento Candida Buffetti e
dall’esperto del cinema d’animazione Nicola
Ioppolo. Superfluo sottolineare il successo
avuto dal cortometraggio ma è bene ricordare che i bambini si sono sentiti proiettati
nel centro delle cose, con un uno slancio partecipativo da travolgere chiunque. Anche gli
insegnanti ed esperti stessi.
Ha ripreso il microfono la Prof.ssa Lorella Romano concludendo l’incontro e ricordando, tra le altre cose, il Premio Assoluto
assegnato al nostro Istituto Comprensivo al
recente Concorso Nazionale di Milano, legato all’Expo 2015.
Dulcis in fundo ovvero sorpresa finale: è
stato tolto il panno di seta nera che copriva
l’oggetto misterioso posizionato al centro
della Sala Cascella: il plastico della fontana
realizzato in modo impeccabile dall’appassionato Domenico Petrucci. Riproposizione
formale della fontana originale con particolari ritocchi che la rendono fruibile anche
nel senso turistico del termine. Molto interessante l’aggiunta di una cavea teatrale che
invita all’organizzazione di eventi culturali
all’aperto.
La signora Donatella Granchelli, responsabile della Biblioteca Comunale “G. Panbianco”, ormai conduttrice provetta, ha svolto
con passione e brillantezza la moderazione
dello straordinario incontro. M.S.
Nelle foto: alcuni momenti della gioiosa
manifestazione.
Gli alunni dell’Istituto
Comprensivo di Collecorvino,
nei locali della discoteca
“Momà” , mercoledì 4 giugno
2014, hanno orchestrato un
piacevolissimo “Concerto di fine
anno” preparato a cura degli
insegnanti Donata De Rogatis –
musica – Francesca Bergiglione
– clarinetto – daniele di Diego
– chitarra – Alessandro Aloisi –
percussioni – Susanna Capocci –
pianoforte - . La manifestazione,
promossa dalla Dirigente
Scolastica Prof.ssa Michela
Terrigni, è stata patrocinata dal
Sindaco di Collecorvino, Antonio
Zaffiri. La Scuola Secondaria di I°
grado dell’Istituto Comprensivo
di Collecorvino è giunta al 6°
anno dell’istituzione del corso
di strumento musicale che
coinvolge circa 70 alunni che
sono stati avviati alla pratica
musicale. I ragazzi sono stati
affiancati dall’ensemble di
flauti dolci del corso di musica
della scuola Media e dai
ragazzi che hanno partecipato
al laboratorio di avviamento
allo studio dello strumento
musicale realizzato all’interno
delle classi quinte della scuola
primaria. Con tali attività la
scuola sostiene un percorso
educativo che riconosce e
valorizza l’importanza dello
studio della musica per lo
sviluppo delle capacità cognitive,
emotive e relazionali dei
ragazzi in età evolutiva. Grande
rilievo è stato dato alla pratica
della musica d’insieme, con
l’istituzione di un’orchestra,
composta da circa 130 elementi,
che si occupa di studiare ed
eseguire alcuni dei brani più
significativi del repertorio
musicale classico e moderno.
In questa occasione l’orchestra
ci ha proposto un repertorio
estremamente eterogeneo, con
brani musicali che spaziano
dalla tradizione popolare, alla
musica contemporanea, dando
particolare importanza ad
alcuni dei più famosi brani del
repertorio classico. Ogni brano è
stato accuratamente arrangiato
dai docenti in base alle capacità
strumentali ed esecutive dei
ragazzi dell’orchestra. Sono
stati eseguiti: - Il mattino- di
Edvar Grieg – Tema – di
W.A.Mozart – Inno alla gioia
– di L.V. Beethoven – La fata
confetto – di P.I. Tcaikowsky
- Brano tradizionale Klezmer
–di Anonimo – Canarios – di
G.Sandez – La pantera rosa – di
H. Mancini – Danza magiara
– di Anonimo – Bel Danubio
blu – di J. Strauss- C’era una
volta il west – di E. Morricone e
Danza ungherese di J.Brahms.
I complimenti più sinceri ai
piccoli e grandi esecutori dei
brani piacevolmente ascoltati
che certamente andranno
ad alimentare il vivaio degli
strumentisti della Banda
Cittadina “Ivo Padula” di
Collecorvino che tanta gloria ha
già portato alla cittadina vestina.
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Carlo
Bonfiglio,
simbolo delle
vittime del
nazismo
31
In questa pagina: Carlo
Bonfiglio, il loculo al
cimitero e insieme ai
suoi colleghi aviatori (al
centro, in piedi)
di Mauro Soccio
L
ORETO APRUTINO – I suoi colleghi
aviatori sono ormai
quasi tutti deceduti e chi
è ancora vivo si trova in
un’età veneranda per cui
nessuno di loro potrà avere
la possibilità di ricordarlo.
Come appunto, hanno sempre manifestato dal 1945 a
pochi anni fa, coi capelli
ingrigiti. Il rischio di cancellare la sua memoria e
l’estremo sacrificio di altri
loretesi dalla lavagna della Grande Storia, perché il
mondo va veloce e non può
soffermarsi su fatti ormai
accaduti, è molto forte. Rimuovere le loro memorie
significa rimuovere anche
quella efferata del Nazifascismo. Per cui, in coincidenza col 70° Anniversario
del loro estremo sacrificio,
ci è sembrato giusto e doveroso dedicare alcune righe, alla memoria di Carlo
Bonfiglio di Milano, come
simbolo di tutte le vittime
di Loreto Aprutino. Allievo Sottotenente Pilota, sfollato nella nostra cittadina,
insieme con altri colleghi
corsisti provenienti dall’Aereoporto “Liberi” di Pesca-
ra, dopo lo sbandamento
seguito alla firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943,
fu trucidato barbaramente
dai nazisti in ritirata l’11
giugno 1944, cioè due giorni prima della liberazione
di Loreto Aprutino, a Colle Stella –Fonte d’Anto’ di
Penne.
Esistono ancora una
lapide muraria commemorativa all’interno dell’inaccessibile Palazzo Comunale
di Via dei Mille, una via
senza targa toponomastica
antistante al Monumento
Ai Caduti, un loculo monumentale al cimitero di
Collefreddo ed una malandata croce in ferro a Colle
Stella. Ma esiste pure il suo
diario delle giornate loretesi, scritto di proprio pugno
e dato alle stampe dai suoi
colleghi superstiti, all’indomani dell’efferato delitto:
Giorni d’Attesa (1944).
Diamogli uno sguardo, così
avremo modo di conoscere
più da vicino la sensibilità
d’animo dello sfortunato
aviatore.
Un diario dedicato alla
sua amata Stella “a colei
che in giorni tristi seppe
Il luogo dove morì Carlo Bonfiglio (si noti a sinistra la croce in ferro)
amare, ridando al mio cuore la pace
perduta e la certezza dell’avvenire…”.
C’è da dire che il nome Stella è fittizio.
Il suo grande amore era Aurora, figlia
dell’avv. Luigi Barbara di Pescara. Ma
per una strana e tragica coincidenza
quel nome fittizio poi, identificò il
luogo in cui lo ammazzarono: Colle
Stella. Un raccapricciante ed inconsapevole presagio della fine che lo aspettava. “Vent’anni! Ecco la mia età.
L’età della gioia, dell’amore, della
poesia, della vita…!” Ammette che a
quell’età dovrebbe essere spensierato,
felice ed invece lo prende una sorta di
smarrimento, facendolo soffrire. Pensa
alla guerra e alle sue distruzioni: “Patria, Nazione, ideali, donne, uomini,
case”. Niente rimane intatto al contat-
to con la guerra. “Voglio vivere! Ecco
il mio grido. Voglio la mia vita per me
e per chi mi ama. Gli ideali migliori
saranno la mia meta”
Bellissima la sacrale considerazione della natura nella descrizione della
primavera: “La natura risorge, una
brezza nuova carica di profumi e di
promesse, spira fra gli ulivi, mormorando voci incomprensibili. E’ primavera! Il verde grano, ricopre come
morbido tappeto tutti i pendii: nel
cielo nubi altissimi striano di bianco
il cielo immenso e di uno <strano>
colore azzurro. Gli uomini, piccoli
uomini curvi ai nuovi lavori, irrorano la terra con il loro sudore rendendo le zolle feconde…Il soffio tenue di
questo venticello, che mi accarezza e
che mi dà brividi di piacere, che mi bacia
con tanta purezza, mi porta il profumo di
colei che amo…Vorrei piegare le ginocchia
e pregare, pregare…”
“Rigenerato, quasi, in questo mattino
radioso, profumato guardando…il cielo
d’Abruzzo, mi avvio alla casa, che da mesi
mi ospita e che da mesi mi vede soffrire,
più sereno, fiducioso con l’anima colma
di gioia!” La casa, come tanti sanno, era
quella di Antonio Di Tullio (‘Ndonje di Tirture) in Via Borea, 5 (attuale Via C. Battisti) nel centro storico. Alla sua porta, un
giorno bussarono alcuni nazisti chiedendo
di aprirla per catturare il poco più che ventenne allievo aviatore.
Era gonfio d’amore Carlo Bonfiglio, un
amore speranzoso, vitale, base granitica
sulla quale anelava costruire un futuro se-
reno insieme con la sua amata. “Amo, amo
ed il mio cuore esulta! Il mio spirito, grazie a questo grande dono, è ora più leggero, libero dal male, dal dolore, è meno
avvinghiato alla materia …Piccola cara
bambina che mi ami, che mi guidi, che mi
aiuti: tu che mi vedi soffrire e soffri con
me, tu che mi vedi gioire e gioisci con me,
mi prendi la mano quando la tristezza mi
vince e mi abbatte e mi chiami per nome
come solo tu così mi sai chiamare, chi sei?
Una visione? Realta?...Si, è vero! Stella mi
ama con ardore e purezza infinita…ma in
certi momenti mi sento tanto lontano da
<Lei>. Forse non ne sono degno, forse è
migliore di me. O forse – e qui torna a farsi
sentire un cattivo presentimento – è quell’ignoto domani nel quale non so guardare
senza un brivido di terrore…”.
Si rivolge perciò all’Essere Supremo supplicandolo: “Assistimi, o Dio, nella scelta delle mie
decisioni, ascolta le mie preghiere, consola chi
soffre per me ed avrebbe tanto bisogno di me e
del mio amore, di sostegno e di affetto. Fammi
degno di amare e permetti che un giorno … placati gli odi, prosciugati gli immensi fiumi di sangue, possiamo <Lei> ed io vivere uniti per Te…
Così sia.”
Era un uomo di fede, Carlo Bonfiglio, di quella
più umilmente vera se corroborava il suo animo
con la voce del vento, e tendeva l’orecchio alle piccole cose. Voleva uscire da quella brutta faccenda
della guerra al più presto per iniziare una nuova
vita con la sua amata. Aveva ormai, subito, la metamorfosi amorosa: “Sono in uno stato d’animo
nuovo, mai provato fino ad oggi. Amo nel nome
vero dell’amore, amo come credo che Iddio voglia che gli uomini si amino, ed amo con un fine
sacro e preciso. Alieno dalle così dette passioncelle che subito si spengono lasciando per l’aria
lo stesso odore dell’olio che ha finito di ardere,
sono deciso a raggiungere la santa meta dell’Altare al fianco di Colei che Dio mi ha assegnato come sposa…Amo in un modo infinitamente
grande... Nuove dolcezze ho conosciuto, ed ancor più apprezzo ora l’affetto muto, sincero e
pieno di dedizione di colei che adoro… sarà mia
Sposa un giorno davanti a Dio…L’immagine di
“Lei” è sempre davanti a me: i suoi occhi azzurri
come il cielo, pieni di amore e di passione sempre mi guardano, la bocca mi sorride nell’attesa
trepida di un bacio, lungo bacio d’amore…”
Le ultime parole del diario: “Alla fine di questo
giorno, amore mio, ti mando la buona notte ed
il mio bacio più dolce suggelli ancora una volta il nostro amore. Buona notte amor mio! Mia
Stella!”
Dopo alcuni giorni, le sue speranze e i buoni
propositi, che voleva condividere con la dolce
amata, furono troncati violentemente dall’assurdità nazista. Carlo Bonfiglio fu barbaramente
trucidato in un luogo appartato della campagna
vestina dove tutt’ora una croce in ferro ne indica
il punto. Una donna anziana, non vedente, ricorda ancora l’eco tragico dello sparo che annientò la
vita del giovane. Il suo corpo fu trovato quarantacinque giorni dopo il delitto Dopo poco tempo
la sua grande amata morì di crepacuore. Dimenticare queste cose vuol dire anche dimenticare le
atrocità, le efferatezze, la follia nazista e, più in
generale, la follia umana. Remember cittadino,
remember.
Ringrazio l’Ing. Enzo Casalena e la sua
cortese disponibilità nel fornirmi documenti
su Carlo Bonfiglio.
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32
E’ uscito il nuovo
numero de
LACERBA ?
seguici su » lacerbaonline.com
33
Certo, ne vuole
una copia ?
Epigrafe esposta nel Santuario di Bucchianico. In basso: la Fiaccola della Carità e un
dipinto che illustra il miracolo avvenuto nel 1612 al Convento dei Cappuccini di Loreto
Magari... non riesco mai a trovarlo in edicola !
Purtroppo non possiamo stampare più copie
perchè non abbiamo abbastanza soldi.
Però lei può aiutarci e le spiego come ...
Versando 20 € all’associazione le lasceremo
una copia in edicola a suo nome.
Dopo 20 anni di
informazione libera e
bella, LACERBA chiede ai
lettori un piccolo
contributo per difendere la
sua autonomia.
Per andare avanti abbiamo
bisogno del vostro aiuto.
Per i primi 100 sottoscrittori
sarà estratta una serigrafia di
Procopio
Per info:
Gianfranco Buccella 339.3293885
Andrea Evangelista 389.6470028
La Fiaccola della Carità 2014
Loreto Aprutino designata Ente Civile per la particolare celebrazione camilliana, quest’anno coincidente
col centenario della Prima Guerra Mondiale
LORETO APRUTINO - Indubbiamente,
anche se in modo diverso da come ci si aspettava, la manifestazione legata a San Camillo De
Lellis, rappresenta una rottura col passato e finalmente il paese natio della mamma del Santo
entra a far parte ufficialmente delle celebrazioni camilliane nel mondo. Dopo quattrocento
anni, trascorsi in un silenzio strano quanto
imbarazzante, le autorità ecclesiastiche e civili
dei Comuni di Bucchianico (Ch) e di Loreto
Aprutino (Pe), si avvicinano in un prolifico
dialogo di collaborazione in nome del “Gigante della carità”. Ricordiamo che la mamma del
Santo, Donna Camilla De Compellis, era nata
e vissuta da nubile a Loreto Aprutino in una
casa nelle adiacenze della Chiesa di San Biagio (Fu Don Camillo Smigliani che nel 1991
fece richiesta all’Amministrazione Comunale
di dedicare lo spazio davanti alla citata chiesa al nome del Santo. Richiesta accolta e da
quell’anno quel luogo si chiama Piazzetta San
Camillo De Lellis, ed una targa toponomastica sarà finalmente installata in questa occasione). Notizia riportata da Sanzio Cicatelli,
scrittore camilliano, contemporaneo di San
Camillo, il quale ci fa partecipi anche del miracolo avvenuto nel 1612 presso il Convento
dei Frati Cappuccini, quando il Santo era passato a salutare i parenti prima di partire per
Roma dove sarebbe rimasto sino alla fine dei
suoi giorni (14 luglio 1614). Trovando le porte
del paese chiuse (erano le due di notte) per il
brigantaggio, riparò al Convento dei Cappuccini dove tra l’incredulità dei presenti, trasformò l’acqua in vino, all’ora del desinare. Detto
così, forse, si riesce a dare solo una pallida
idea di ciò che accadde in quel frangente ma
chi fosse interessato a capire meglio e con più
dettagli, è pregato di leggere le testimonianze
dei presenti al fatto miracoloso, nel libro sulla
santificazione del Ministro degli Infermi. La
Fiaccola della Carità, che arde perennemente
nel Santuario di San Camillo a Bucchianico, è
legata anche alla designazione dell’Ente Civile
e dell’Ente Militare, che quest’anno saranno
Aprutino
Ore 19,00 - Celebrazione della Santa Messa
con la partecipazione del coro di San Pietro
- “Intra Missam”: presentazione e benedizione dell’Olio destinato alla lampada votiva che
perennemente arde nella cripta del Santuario
di San Camillo, a Bucchianico. Lampada benedetta da Papa Giovanni XXIII - Consegna
dell’Anfora con l’Olio alla Delegazione incaricata al trasporto a Bucchianico, Patria di San
Camillo De Lellis - Messaggio “Ignis Ardens”
da parte del Camilliano presente più rapprerispettivamente il Comune di Loreto Apruti- sentativo
Ore 20,15 – Termine della cerimonia e inino e l’Aeronautica Militare. E soprattutto in
coincidenza col Centenario della Prima Guer- zio divertimenti vari
ra Mondiale. Per quanto riguarda il nostro
Il trittico cerimoniale prevede un seguito
territorio, le manifestazioni si svolgeranno
il 29 p.v. ad iniziare dalle ore 17,00 presso all’Altare della Patria e alla Chiesa della
la Chiesa della Madonna del Carmine dove Maddalena in Roma (5 luglio) e a Bucchianiarriverà il Piede di San Camillo e dopo aver co (Ch) (15 luglio), per la chiusura dell’Anno
dato lettura del fatto miracoloso avvenuto Giubilare del Santo. Per raggiungere entrambi
nell’ex Convento, ci si avvierà per raggiungere i luoghi l’Amministrazione comunale metterà
il piazzale del Monumento Ai Caduti, dove ci un pulman a disposizione dei visitatori. M.S.
si unirà al resto dei presenti, composto dalle
Autorità Civili e Militari, dai Gruppi, dagli
Enti, dalle Rappresentanze che nel frattempo
(alle ore 18,00) si erano dati appuntamento
davanti al Municipio di Via M Angolani. Il
resto del programma è così composto:
Ore 18,20 - Dichiarazione dell’apertura
delle Celebrazioni “Fiaccola 2014 – Ediz.
LV”- Designazione del ruolo di Ente Civile
della Città di Loreto Aprutino - Dichiarazione
del Sindaco di Loreto Apr. di accettazione del
ruolo di Ente Civile - Consegna del documento
relativo da parte della “Fiaccola della Carità”
e del Comune di Bucchianico - Alzabandiera
del tricolore d’Italia al suono dell’Inno Nazionale - Benedizione e deposizione della corona
d’alloro al Monumento Ai Caduti a nome del
Comune di Loreto Aprutino, del Comune di
Bucchianico, dell’Ente Militare 2014, e della
Fiaccola della Carità, al suono della Canzone
del Piave - Intervento del Sindaco di Loreto
Ricordo di Monsignor
ANTONIO IANNUCCI
a cento anni dalla
nascita
di Giorgio Di Carlo
Anniversari
Auguri alla San Cesidio
Compie dieci anni
l’Associazione San Cesidio
Giacomantonio di Colleromano.
Era l’aprile del 2004 quando
Frà Bernardino Lucantonio
e un gruppo di giovani che
frequentavano il convento
diedero vita a un sodalizio
con l’obiettivo di preservare il
tesoro architettonico, culturale e
artistico custodito nel complesso
di Colleromano.
Nell’autunno precedente era
stato edito il primo calendario
con le immagini della chiesa
e del complesso conventuale,
ottenendo una più che favorevole
accoglienza da parte della
cittadinanza, che non ha mai
lesinato a Colleromano il proprio
affetto. Da secoli, infatti, la
struttura monastica adagiata sul
colle rappresenta per Penne un
punto di riferimento anche sotto
il profilo visivo.
Negli anni, numerose
generazioni di giovani si sono
avvicinate alla realtà della
comunità religiosa, intrecciando
un rapporto di reciproca stima e
amicizia con i Frati Francescani,
e in particolare con Frà
Bernardino Lucantonio, persona
di profonda fede e accogliente
con tutti.
Centinaia, migliaia di giorni
e serate passate insieme,
pellegrinaggi e gite, risate e
preghiere, senza dimenticare
anche una buona dose di lavoro
per tenere in vita e valorizzare
le meraviglie del museo e della
biblioteca: da tutto questo è
nata l’associazione, che porta
avanti l’eredità di Frà Bernardino,
sia dal punto di vista spirituale,
organizzando pellegrinaggi
e momenti di preghiera, sia
lavorando con costanza e
abnegazione per conservare le
testimonianze storico artistiche
del convento.
Fin da principio, i ragazzi
della San Cesidio hanno voluto
rendere fruibileColleromano sia
alla cittadinanza che ai visitatori
provenienti dall’esterno. Così,
oltre al calendario, appuntamento
ormai tradizionale e sempre ricco
di novità, sono state organizzate
altre iniziative quali le mostre di
pittura e di scultura abruzzese,
le mostre natalizie dei presepi, il
presepe vivente e, l’anno scorso,
il Bernaday, una due giorni di
musica ed esibizioni artistiche
per onorare la memoria di Frà
Bernardino.
La foresteria, situata al pian
terreno, è attrezzata per ospitare
piccolecomitive, e da anni dà
alloggio con regolarità a gruppi
di scout.
Tra i visitatori è d’obbligo citare
i numerosi studiosi interessati
a Colleromano sia dal punto di
vista architettonico che sotto
il profilo più squisitamente
culturale: una struttura
bassomedioevale che custodisce
qualcosa come trentamila libri
e molte opere d’arte di vario
genere, dalle tele ai manufatti
per l’uso quotidiano, costituisce
un vero e proprio paradiso per
storici e ricercatori nelle materie
più disparate.
Certo, le sfide che
quotidianamente i venti membri
dell’associazione sono chiamati
ad affrontare non sono poche
e neanche delle più facili, dalla
cronica mancanza di fondi al
disinteresse verso la nostra storia
e le nostre tradizioni culturali che,
purtroppo, caratterizza da tanti,
troppi anni l’Italia, suscitando con
disarmante regolarità lo stupore
degli stranieri. Il terremoto del
2009, che pure non ha causato
troppi danni, non ha certo
facilitato il compito ai ragazzi
della San Cesidio.
Pietro, Massimo e gli altri,
tuttavia, seguendo anche in
questo gli insegnamenti di
Frà Bernardino, continuano
a rimboccarsi le maniche
con passione e voglia di fare,
cercando sempre nuovi modi per
valorizzare Colleromano.
In un’epoca in cui, anche
per via di una crisi economica
profonda, si tende a guardare
con sfiducia al futuro e cresce
l’individualismo, l’impegno
dei ragazzi di Frà Bernardino
acquista ancora più valore. La
nutrita partecipazione della
cittadinanza, e non solo, ai loro
appuntamenti, poi, testimonia
senza dubbio la bontà del lavoro
che quotidianamente questi
giovani svolgono.
Buon decimo compleanno
alla San Cesidio, quindi, e che i
prossimi dieci anni siano ancora
migliori!
Alessio Turchi
Nel giorno dedicato a Sant’Antonio è
ricaduto il centenario della nascita a Bolognano di Mons. Antonio IANNUCCI, ricordato
come Arcivescovo “fondatore della Diocesi di Pescara germogliata sull’antico tronco della Chiesa Vestina”, secondo le parole di
Mons. Vincenzo D’Addario - Arcivescovo di Teramo-Atri - morto prematuramente.
Compìuti gli studi nel Seminario Regionale di Chieti e nel Collegio Capranica di Roma, egli fu ordinato sacerdote il 25 marzo
1938 ma volle continuare negli studi. Dopo due anni si laureò in
Teologia riportando la votazione “Summa cum laude” presso la
Pontificia Università Gregoriana di Roma risultando il primo
fra i cinquantacinque laureati dell’anno; successivamente conseguì pure la specializzazione in Magistero Teologico. Terminati gli
studi tornò a Chieti dove l’allora Arcivescovo Mons. Giuseppe
Venturi - sua guida non solo spirituale - lo nominò Parroco di S.
Agostino e insegnante di Religione nella Scuola Media Superiore.
Senonchè l’8 dicembre del 1949 fu chiamato a Pescara quale
Vicario Generale di Mons. Benedetto Falcucci , divenuto Vescovo
della nuova Diocesi di Penne–Pescara. L’incarico fu mantenuto
sino al 1955 allorchè l’8 maggio fu consacrato Vescovo e nominato Ausiliare, a causa delle non buone condizioni fisiche del
Vescovo Falcucci. Nel 1959 divenne Vescovo residenziale della
stessa Diocesi, che nel 1982 fu elevata a sede Metropolitana col
titolo di Pescara-Penne; Mons. Iannucci ne divenne l’Arcivescovo
e mantenne l’incarico sino al 20 aprile 1990 quando, con l’accettazione delle dimissioni presentate al compimento di 75 anni, il
20 aprile 1990 assunse il titolo di Arcivescovo emerito dell’Arcidiocesi di Pescara-Penne. Morì a Pescara il 14 ottobre 2008 e
molti ricordano ancora la partecipazione alle sue esequie dell’intera città; la salma fu tumulata nella cattedrale di San Cetteo
(sala del Battistero) ove riposa.
La sua attività nei 35 anni di Episcopato è notevole e ricca di
risultati ottenuti; ha scritto libri di cultura religiosa e storica ed è
stato autore di numerosi documenti pastorali, oltre che di articoli
a contenuto biblico, religioso e sociale;
A quanto è dato ricordare ha ordinato 111 sacerdoti; ha istituito ben 70 nuove parrocchie e realizzato la costruzione di
42 chiese. Inoltre sono stati ordinati due Vescovi: Mons. Antonio Valentini e Mons. Vincenzo D’Addario, senza dimenticare
la promozione della causa di beatificazione del giovane operaio
Nunzio SULPRIZIO, e la conseguente realizzazione del Santuario a Pescosansonesco. La celebrazione a Pescara nel 1977 del
XIX’Congresso Eucaristico Nazionale costituisce poi l’apice del
lungo episcopato; veramente indimenticabile e significativo fu il
momento in cui Papa Paolo VI - al termine dell’omelia pronunciata sabato 17 settembre sulla “rotonda” di corso Umberto (oggi
“nave di Cascella) - gli fece dono della Croce pastorale, quale
<<degno Pastore di questa antica e giovane Diocesi>>..
Anche nel sociale la sua opera è stata intensa ed efficace, basti
ricordare il Centro Nazareth in Pescara – uno dei 18 Centri della
Fondazione Papa Paolo VI - dove sono accolte numerose persone
anziane, né può essere dimenticata la creazione del Lebbrosario
Diocesano di Madirè nel Benin e dell’Ospedale Diocesano a Quagadaugou, entrambi nell’Africa Occidentale; così pure vanno
ricordati gli aiuti educativi e formativi a favore dei giovani del
terzo mondo.
Erano i tempi in cui Pescara si avviava a essere una grande
città, sviluppata e in linea con i tempi,
e nel ricordare tutto il fervore di attività religiose e sociali di
Mons. Iannucci, si può ben dire che le sue forti capacità organizzative e decisionali sicuramente accompagnarono la rinascita
della città di D’Annunzio e della sua Provincia, bombardati e
umiliati dagli eventi che segnarono il passaggio dalla Monarchia
alla Repubblica.
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36
Le feste
sono finite
Mimmo Locasciulli si fa
portavoce del disagio
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37
CONCORSO
Donne in bianco
e nero e a colori
S
PENNE – Dopo le elezioni
regionali, Mimmo Locasciulli
è tornato ad occuparsi
dell’amministrazione locale.
E questa volta, il cantautore
pennese tocca il tema delle
feste popolari cittadine.
Molte di loro, infatti, a
causa di problemi di natura
economica e non (come per
la festa di San Massimo),
sono state ridimensionate o
cancellate. Locasciulli, che
parla già da futuro candidato
sindaco di Penne, osserva:
«Le feste patronali o simili
non sono certamente degli
eventi culturali di alto profilo,
ma non si può negare che
esse sono l'espressione
di tradizioni, consuetudini
ed usanze popolari che
non dovrebbero essere
abbandonate e dimenticate.
In una città come Penne,
dove le occasioni culturali o
di socialità varia sembrano
davvero un bene proibito, la
mancanza di queste feste
popolari assume sempre piú
il significato di una definitiva
condanna alla assenza.
I mancati festeggiamenti
del patrono San Massimo,
della Madonna del Carmine
o di Sant'Antonio, a titolo
di esempio, rappresentano
anche per la società laica
una grave amputazione della
conservazione della memoria
popolare. Le pro loco e i
comitati facciano sentire la
propria voce anche attraverso
le istituzioni che, nella loro
mission, dovrebbero tenere
nella dovuta considerazione
anche la tutela delle nostre
tradizioni».
i è concluso sabato 6
giugno 2014 il quarto concorso “Immagini
amiche/nemiche delle donne”
ideato dall’avv. Silvia Di Salvatore dell’Associazione Donne
Vestine e dalla dott.ssa Francesca Magliulo dell’UDI Pescara.
La cerimonia di premiazione, patrocinata dal Comune di
Penne, si è tenuta presso la sala
comunale Francesco D’Angelosante ed è stata presenziata
dall’assessora alle pari opportunità, Margherita D’Agostino.
Le opere in concorso hanno interpretato, raffigurato, descritto e analizzato i valori della differenza e delle pari opportunità
per tutti, con lo scopo di sfidare
i pregiudizi, le arretratezze e
gli stereotipi, affermando e valorizzando le persone, indipendentemente dal genere. Sono
state premiate le classi 2°A e 2B
dell’Istituto Comprensivo Mario Giardini per il video “Diversamente umani”; la classe 2B
dell’Istituto Comprensivo L.C.
Paratore per la poesia “Ritratto
di donna”; la classe 4B del Liceo
Luca da Penne per i racconti e
le poesie sul carcere femminile.
Hanno partecipato al concorso anche alcune detenute della
Casa Circondariale “Madonna del Freddo” di Chieti e una
donna in affidamento ai servizi
sociali a dimostrazione del fatto che le emozioni vanno oltre
le sbarre e che chi sbaglia deve
sempre avere la speranza di
poter ricominciare. Un riconoscimento postumo è stato consegnato alla signora Maria Cacciatore in memoria del figlio
Peppino Evangelista per la poesia dedicata alla madre “Grazie,
Signore!”. Testimonial dell’evento è stata Lulù, il pupazzo
che ha incontrato i bambini
della scuola elementare Mario
Giardini per una avventura alla
scoperta di sé. I bambini hanno
intervistato Lulù e a loro volta
hanno risposto alle domande
del pupazzo e degli “zii” Luca e
Mariano: hai un fidanzato? Lavori? Aiuti la mamma nelle faccende domestiche’ E il tuo papà
l’aiuta?... L’obiettivo era quello
di conoscersi, conoscere l’altro,
raccontarsi, raccontare, notare le differenze e le uguaglianze, accettare le differenze e le
uguaglianze. Il pupazzo ha poi
coinvolto i ragazzi del Liceo rivolgendo loro domande sui “fidanzati” e coinvolgendoli in parodie improvvisate per cercare
di esorcizzare le ansie nei confronti dell’altro sesso. Le Donne
Vestine e l’UDI Pescara ringraziano le Scuole partecipanti, la
direttrice della Casa Circondariale Madonna del Freddo e
la dottoressa Luana Capretti,
la sig.ra Maria Cacciatore ed
infine Viviana Bazzani, Luca
Aceto e Mariano Della Pelle per
l’intervento di Lulù (visibile su
You Tube in TG LULU).
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39
Il Mondiale nel pallone
di Gianfranco Buccella
Renato Mariotti ci aveva già
abituati da tempo alla sua “diversa prospettiva” nella visione e,
soprattutto, nel modo di “Vivere”
la sua passione calcistica. Da anni
segue i suoi “pulcini” trasmettendo loro valori e non solo tecnica
e tattica calcistica. Il suo sguardo
sempre composto, equilibrato,
paziente e quieto trasmette ai
suoi allievi sicurezza ed infonde
fiducia. Ho potuto osservarlo con
attenzione nel corso della sua prestazione all’interno delle attività
proposte nella settimana di “PAUSA DIDATTICA” svoltesi a febbraio nell’Istituto Comprensivo
di Loreto Aprutino con gli alunni
delle classi della Scuola Primaria.
Per l’occasione , oltre a dimostrare le sue doti comunicative e relazionali con i piccoli allievi, ha
manifestato una “verace” passione
per il pallone , quella passione che
parte dal cuore e al cuore ritorna
senza mai trascendere i confini
del sentimento per accostarsi a
quello degli interessi monetari
legati al business sportivo. Profondo conoscitore della storia del
calcio nazionale e locale , ha convinto anche me che pensavo solo
al calcio degenerato nel mondo
del dio denaro. Ha riportato nelle aule scolastiche l’immagine di
un calcio pulito che promuove
sentimenti positivi e valori sociali
come l’amicizia e la solidarietà. Mi
ha sorpreso Renato in quella occasione e mi sorprende ancora di
più oggi che vedo premiata la sua
dedizione al mondo del calcio con
una mostra dal titolo “Il mondiale nel pallone” promossa a Chieti
dall’associazione di volontariato
onlus Erga Omnes. In occasione
dei mondiali di calcio, che sono
in svolgimento in Brasile dal 12
giugno al 13 luglio, nello Spazio
Esposizioni Temporanee di Palazzo de’ Mayo a Chieti, con ingresso
libero, Renato Mariotti espone
la sua preziosissima collezione
di cimeli calcistici come palloni,
scarpe da calcio, giornali sportivi,
ripercorrendo la storia dei mondiali di calcio a partire da quelli
disputati nel 1930 in Uruguay fino
all’ultimo mondiale del 2010 in
Sud Africa. In mostra anche il primo pallone di fine ‘800 con il quale il Genoa ha giocato le sue partite d’esordio, pezzo significativo
del calcio italiano. Nella collezione di Renato Mariotti c’è infatti la
prima scarpa prodotta dai fratelli
Adolf e Rudolf Dassler nel 1925,
antecedentemente al loro diverbio
e divisione in Puma e Adidas. In
collezione anche un’altra curiosità legata al primo mondiale del
1930, ossia i due differenti palloni
con i quali vennero giocati i due
tempi della prima partita: l’arbitro
designato, il belga Jean Langenus,
ad inizio incontro risolse infatti
così il bizzarro litigio per il quale
ciascuna squadra voleva giocare
con il proprio pallone da calcio.
La motivazione che ha dato origine a questa mostra è più profonda di una semplice esaltazione
del calcio attraverso l’esposizione
dei suoi cimeli. E’ la storia di un
“Pallone” che riporta in primo
piano problematiche sociali delle
più svariate provocando, inevitabilmente, una riflessione sullo
sperpero di denaro e sullo show
mediatico che fanno da cornice
ad ogni Mondiale di Calcio. L’intento di questa mostra, quindi,
non è solo quella di ripercorrere la
storia dei Mondiali e l’evoluzione
del Pallone negli anni, ma di proporre alle nuove generazioni, alle
nuove leve calcistiche, una diversa
prospettiva del “giuoco del calcio”,
in un’ottica non più condizionata
dalla spettacolarizzazione dei riflettori mediatici. L’Esposizione
rappresenta pertanto quello spirito che già avevo intravisto negli
occhi di Renato quando “giocava”
a fare il maestro con gli alunni
della scuola del “Tito Acerbo”.
L’inaugurazione è avvenuta
giovedì 12 giugno alle ore 18 nello
Spazio Esposizioni Temporanee
di Palazzo de’ Mayo, Corso Marrucino, 121 – Chieti.Gli orari di
apertura per il mese di giugno: da
martedì a venerdì 10-13, sabato
e domenica 10-13/16-20; per il
mese di luglio: da martedì a domenica dalle 19 alle 23
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Un momento della
manifestazione al Politecnico
di Milano
Nell’altra pagina, alcuni
elaborati dei bambini e
l’attestato di premio assoluto
vinto
C’è una Loreto che sa vincere
di Mauro Soccio
LORETO APRUTINO - C’è una Loreto costruttiva che guarda al futuro portandosi dietro le ricchezze del suo passato. Che
vuole rinsaldare bene le radici dell’appartenenza per proiettarsi
negli anni a venire con la consapevolezza della sua vera identità.
Una Loreto che sa anche vincere e lo fa con questa motivazione:
“La narrazione testimonia con efficacia un percorso più ampio che ha coinvolto gli alunni e documenta anche
la creazione di un rapporto con il territorio e le associazioni
locali. Foto e immagini evocative sono incorniciate in una
struttura narrativa estremamente curata. L’organizzazione
del lavoro in classe appare efficace ed è ottimamente descritta: si nota il ricorso a strategie di cooperative learning che
hanno portato a benefici didattici cognitivi e formativi”.
Stiamo parlando del Concorso Nazionale Policultura-Expo
al quale il nostro Istituto Comprensivo saggiamente diretto dalla Prof.ssa Lorella Romano ha partecipato con 3 progetti di cui,
quello denominato AbbracciAMOloreto ha centrato in pieno
l’obiettivo.
Qualcuno ricorderà che nel dicembre 2012 insieme con gli
amici delle Associazioni Riunite e delle maestranze dell’Istituto
Comprensivo della cittadina, fu organizzata la manifestazione
AbbraccioAMOloreto con l’intento di fare opera di sensibilizzazione tra i cittadini sul recupero di alcune strutture architettoniche di grande importanza (Palazzo Municipale, Teatro “De
Deo”, Chiesa San Francesco e relativo chiostro, Antiquarium
“A. Casamarte”, Museo Etnografico della Valle del Tavo, i locali
dell’ex Bocce, la Fontana grande) all’interno del centro storico.
Il coinvolgimento degli alunni e studenti dell’Istituto produsse
un ingente materiale espressivo, letterario e figurativo, di valore, una cui sintesi, assemblata dalla docente Erminia (Mimma)
Granchelli, ha partecipato al citato concorso nazionale ed in
parte, internazionale (8 paesi hanno partecipato con elaborati
in lingua inglese).
La pole position, fatta registrare dopo la prima scrematura, è
stata avvalorata dalla clamorosa vittoria finale che ha sbalordito finanche i componenti la giuria tecnica.
L’emozione davanti al computer, giovedi 5 giugno u.s., collegato in streaming col Politecnico di Milano, ad assistere in
diretta alle fasi della premiazione, è stata tanta ed anche giustificata. Vedere Mimma ricevere il premio in nome e per conto dell’Istituto Comprensivo di Loreto Aprutino - Provincia di
Pescara - in un palcoscenico così qualificante…beh! Non è cosa
di tutti i giorni.
Abbiamo sempre affermato che gli interlocutori privilegiati
delle azioni socio-culturali prodotti sul territorio devono necessariamente essere gli alunni e gli studenti del nostro Istituto
Comprensivo. Perché saranno loro gli uomini e le donne del domani e dovranno essere consapevoli del patrimonio culturale
della loro cittadina, in modo da sviluppare sensibilmente il
senso di appartenenza al territorio. Non ci sono altre vie da
seguire se vogliamo incamminarci in sentieri meno pericolosi ed accidentati di quelli che l’odierna società spesso ci
propone. In questa ottica, la motivazione della giuria è stata
impeccabile, cogliendo l’essenza di quello che, unitamente
ai docenti, abbiamo cercato di trasmettere ai giovani “corsisti”. Vorrei invitare tutti ad essere meno scettici e a credere
maggiormente alle buone cose della vita, così quando si
organizzano manifestazioni serie e piene di contenuti, soprattutto quando si coinvolgono le maestranze scolastiche,
la convinzione nella partecipazione collettiva sarà più visibilmente tangibile. Forza e coraggio…riprendiamo i remi!
41
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42
Penne è più
donna
L
la moglie Giunone, la regina del Cielo,
da sempre impegnata a controllare il
fedifrago marito dai cento amori, celebrata come rappresentante del vincolo
coniugale, la protettrice del matrimonio e dispensatrice della fecondità.
A Vulcano, deforme e brutto, disprezzato dagli stessi dei e artefice
nella sua officina di armi per quanto
splendide, preferivano le belle forme
di sua moglie Venere, la cui seduzione
era inebriante, il cui sorriso era accattivante, dispensatrice della concordia
e socievolezza dei cittadini.
A Marte, dio della guerra, al quale
avevano pur dedicato una porta della
loro Città, preferivano Cerere, la dea
delle biade, alla quale già allora sacrificavano il porco, simbolo della fertilità. La festeggiavano in onore dell’amicizia, mangiando la porchetta, per
stringere continue alleanze famigliari.
Al truce sguardo del dio guerriero
preferivano l’espressione di mite dolcezza e di dignità maestosa di Cerere
che in capo non aveva l’elmo di guerra, ma una corona di spighe.
Non fidandosi dei medici, non tenevano in alcun conto Esculapio, lo
ignoravano addirittura, e al suo posto
veneravano Feronia, dea anch’essa
delle messi, ma soprattutto delle fonti,
dei boschi, dove curavano gli ammalati con l’Acqua Ventina, efficace in una
ventina di malanni.
Drusilla era un divinità di comodo.
Sorella ed amante dell’imperatore Caligola, era morta giovane ed era stata
da lui divinizzata: i Pennesi la veneravano per tenersi buono ed amico l’Imperatore che era pazzo. Costui ricambiò, rifacendo le terme del Colle Sacro.
Vesta era preferita al fratello Giove:
era la dea del focolare domestico e di
tutta la Vestinia. Il suo fuoco non era
distruttivo come la folgore del fratello, ma benefico ed emblema dell’unità
nazionale. Era preferita a Marte, dio
della guerra, in quanto era conservatrice della pace.
Con queste divinità femminili è
facile intuire quale fosse l’indole dei
Vestini, particolarmente dei Pennesi.
Pacifici per natura, della guerra con le
armi non hanno alcuna idea: sono inclini per idealismo anche al sacrificio
della vita, ma non hanno alcuna idea
43
Penne: la cripta
Nella storia il rosa è il colore
dominante. Ecco perché
a crisi economica che attraversiamo induce molti disgraziati
a contarsi le costole: maschi o
femmine son sempre ventiquattro. Vi
fu un tempo in cui l’uomo ne ebbe
venticinque e fu il tempo di Adamo,
creato di fresco e lasciato tutto solo
nel Paradiso Terrestre. Ad ogni nuovo giorno se le contava pure lui, ma
non certo per fame. La sua crisi era di
tutt’altra natura! Sempre venticinque
alla conta e andava in ismanie. Crisi nata, forse, per una dimenticanza
del Sommo Creatore, che pure aveva
creati gli altri esseri viventi maschi e
femmine, dicendo loro: Siate fecondi!
Quando se ne accorse, sottrasse finalmente ad Adamo la venticinquesima
costola e con somma soddisfazione di
lui gli creò Eva. Con quest’atto fu risolto il grave problema di popolare il
mondo che si trovava sprofondato in
una paurosa stasi, solitudine ed inerzia di eventi.
Fin dai primordi dell’Umanità la
donna era destinata a risolvere le cose
più gravi, più difficili dell’Uomo che
avrebbe necessitato della sua indispensabile collaborazione.
Nella Storia, meglio nella Preistoria
e nei ricordati primordi dell’Umanità,
la società sarebbe stata matriarcale
con venerazione di una divinità femminile, la Gran Madre, personificazione dell’Universo e di tutti gli esseri viventi, vedi le varie veneri del Neolitico.
La Storia di Penne, con la sua origine etnica e le sue divinità tipicamente
femminili, al di sopra delle quali c’è
Vesta, ricorda un po’ questo antico
matriarcato, anche perché la donna
pennese si fa protagonista nei momenti più difficili.
Il Panteon pennese conosce divinità quasi esclusivamente femminili:
Vesta, Giunone, Cerere, Feronia, Venere, Drusilla. La stessa etnia di Penne
prende nome da Vesta, essendo i Pennesi vestini per eccellenza.
Qual è allora il valore della femminilità di questo Panteon? Vediamolo.
A Zeus-Giove, dio supremo dell’ordine dell’universo, ma non della famiglia, i Pennesi, che ancora oggi non
gradiscono nessun ordine, neanche se
fosse un invito a fare presto suggerito
dal proprio orologio, gli preferivano
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“Con queste divinità femminili è facile
intuire quale fosse l’indole dei Vestini,
particolarmente dei Pennesi. Pacifici
per natura, della guerra con le armi
non hanno alcuna idea”
del combattere insieme. In un
ipotetico loro esercito non vi
sarebbero fanti ma solo tutti
capi. Poche volte nella Storia
provarono a formare un piccolo esercito, una volta diretto a
Pescara contro i Borboni ma si
dileguò nella notte, spaventato
dalle folgori di un temporale
scambiate per i cannoni della
Fortezza. Un seconda volta
mandato non contro, ma incontro alle milizie borboniche,
non per combatterle, ma per
rabbonirle con prosciutti, salami, porchette, soprassate e
mortadelle. Ottimi commensali, amanti dell’amicizia, del
canto, del lavoro in genere, ma
dimentichi degli impegni presi il giorno prima, spensierati,
sempre negati nell’esercizio
della cosa pubblica, si presero
perfino i rimproveri dell’ottimo concittadino Luca da Penne.
Ad onor del vero c’è un solo
episodio che li riscatta tutti, la
difesa della Città dall’assalto
dell’aquilano Iacopo Caldora,
il quale poté entrare in Città
solo passando sui cadaveri di
5.500 cittadini, morti tutti con
le armi in pugno. Si trattò di
eroismo non comune, riconosciuto dalla cancelleria aragonese e meriterebbe di essere
ricordato da un monumento
sul posto. Tale carneficina avvenne per il tradimento degli
Aquilani coinvolti nelle beghe politiche del tempo e per
l’indifferenza del vescovo di
allora, Giovanni da Palena. A
questa funestissima esperienza
risale, forse, lo scetticismo pen-
nese nella lotta politica e militare,
nonché la diffidenza, notata anche
da Giovanni De Caesaris, verso i
vescovi della città, di cui il Da Palena è uno dei pessimi esempi.
Lo spirito combattivo, più che
negli uomini, è nelle donne pennesi. Il pennese calcola, temporeggia,
attende di sapere da dove spira il
vento per dirigere la prora. La donna pennese ha pronta la decisione,
va controvento e sa subito come
orientarsi in qualsiasi frangente,
non badando agli ostacoli. Due
soli episodi possono bastare: uno
del tempo degli Italici e l’altro dei
nostri giorni.
Intorno al 90-89 a.C., Penne subì
due assalti, uno degli Italici ed uno
dei Romani. Gli Italici erano amici ma non si fidavano dei Pennesi
per il loro carattere e chiesero loro
in ostaggio dei figli in pegno del
contributo militare promesso. Prevalendo nei Pennesi il partito dei
simpatizzanti romani (mai unità
in Città, anche allora!), gli impegni
non furono onorati e ci fu l’assedio
degli amici. Costoro minacciarono
di uccidere gli ostaggi: ne nacque
tale indecisione tra gli assediati
alla quale posero fine le loro mogli.
Che uccidessero pure i loro figli,
esse sapevano come metterne al
mondo altri che avrebbero combattuto a fianco dei Romani!
Come andassero poi le cose lo
si deduce dall’ingresso in Penne degli assedianti e dalla neutralizzazione cruenta del partito romano.
In questo caso le donne non salvarono la Città, bensì il suo onore e la
cosa fu riconosciuta dai Romani.
L’altro episodio riguarda i nostri giorni. A tutti è noto a quale
indifferenza è sottoposto con il
turismo il patrimonio religioso
architettonico-artistico della Città. Gli ostacoli frapposti a qualsiasi intervento fanno capire che
non si ha alcuna conoscenza della
sua importanza. Ne sono testimonianza la chiusura dell’Hotel dei
Vestini, quella del Museo Civico –
Diocesano, quella di alcune chiese,
di conventi e di un oratorio molto
importanti. Le lungaggini sono
inspiegabili, almeno nel caso del
citato Museo. Nonostante la tempestiva denunzia delle infiltrazioni
d’acqua piovana da ogni parte del
tetto, si sono attesi tanti mesi da
far crollare il controsoffitto. Risultato: statue, arredi, tappeto, tele e
artistico credenzone del Settecento
in malora! Perché poi son passati
tanti anni per riaprire la Cripta
che non era stata interessata né dal
crollo, né dalla infiltrazione d’acqua? E perché per riaprirla - l’idea
è nata da alcune donne! - c’è voluta
la mobilitazione di una gran parte
della popolazione con la raccolta
eccezionale di 1200 firme? Perchè
il piano terra dello stesso Museo
rimane chiuso, nonostante non sia
stato mai interessato dall’acqua e
nonostante le riparazioni del tetto,
nel frattempo avvenute?
Alla riapertura della Cripta, alle
riparazioni del tetto del Museo
si è giunti con la collaborazione
del Comune, della Curia e della
Sovrintendenza, ciascuno per le
rispettive competenze. Lodevole
la parte del Comune che, per concretizzare l’accordo faticosamente
raggiunto (non senza la sua pressante diligenza), pur non essendo
tenuto, si è accollata tutta la spesa
del taglio di un cancello presistente
per ricavarne due battenti. Non va
sottaciuta neanche, dopo tantissimo tempo di inutile attesa, la raccolta delle suddette firme operata
da un pugno di donne che sono
state ringraziate con aspra critica ed avversate come se avessero
compiuto qualcosa contro la Curia, o addirittura contro la persona
dell’Arcivescovo. E’ sotto gli occhi
di tutti che, grazie a queste donne
che hanno sensibilizzato il problena, non solo si è riaperta la Cripta
ai turisti, almeno quella (1200 visitatori in soli due mesi!), ma il Duomo ha riacquistato il suo decoro
di Concattedrale di Pescara, mentre prima appariva abbandonato
come una chiesa di campagna, polverosa, fredda, e poco accogliente.
E questo non può non piacere alle
autorità religiose, ai cittadini, ai
turisti che lasciano ora messaggi
entusiatici.
Ho sempre sostenuto che nella
storia di Penne c’è un innegabile
protagonismo femminile e bisogna
riconoscere che è fatto di sacrifici per il bene della Collettività. Il
citato gruppo di donne, arricchito
da qualche validissima presenza
maschile, a turno fa vigilanza a titolo di volontariato. Sono mamme,
mogli e nonne, che sottraggono
alla famiglia propria il loro tempo
prezioso. E scusate se è poco!
Candido Greco
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45
lacerbaonline.it
I NONNI
un periodico che esce tutti i giorni
di Francesco Di Giorgio
Il pubblico
danaro
di Tonino Testa
C
Visita il nostro sito e tieniti aggiornato
sulle news dell’area vestina, perche’ ...
Lacerba ne sa di più
ome tutti sanno, il pubblico danaro viene amministrato dal governo
per attuare tutte quelle riforme
necessarie volte a migliorare la
qualità della vita di tutti i cittadini che tra l’altro pagano le
tasse.
Pertanto gli amministratori
devono essere capaci, onesti,
non pensare ai propri interessi, ma fare gli interessi del bene
comune. I trasgressori naturalmente dovrebbero essere severamente uniti perché approfittando del pubblico danaro
commettono un grande crimine. Nell’antica Roma, Seneca,
l’importante filosofo, che tra
l’altro era stato precettore del
giovane Nerone, si era arricchito in maniera illecita, quando
Nerone divenne imperatore lo
costrinse a suicidarsi: si tagliò
le vene. Il grande imperatore
Augusto inoltre, dovendo risanare il bilancio, chiese un parere al suo consigliere economico,
Petronio. Questi senza pensarci
due volte rispose:”Sire, bisogna aumentare le tasse, tanto i
Romani prima si ribelleranno
ma poi, come tante pecore, andranno a pagare”. Il consigliere
Petronio fu licenziato su due
piedi con queste parole:”Caro
Petronio, le pecore vanno tosate, ma non scorticate”. Infine,
desidero ricordare che durante
l’orazione funebre in occasione
della morte di Giulio Cesare,
Marc’Antonio rivolto ai Romani disse:”Compatrioti, quando i
poveri hanno pianto, il nobile
Cesare ha lacrimato; inoltre,
molti prigionieri egli ha riportato a Roma ed il prezzo del
loro riscatto ha riempito il pubblico tesoro”. C’è da chiedersi:
oggi dov’è il pubblico tesoro?Le
casse dello Stato sono vuote
nonostante i cittadini paghino
un’infinità di tasse: dall’Irpef
ai rifiuti, e fra poco pagheremo anche l’aria che respiriamo
a causa dei numerosi scandali
che accadono quotidianamente.
Come diceva il grande Totò:”Ed
io pago, io pago…”.
Secondo accreditati politologi, uno dei periodi migliori
dal punto di vista economico
fu quello giolittiano. Giovanni
Giolitti, lo statista che governò
dal 1903 al 1914, realizzò non
soltanto il suo programma di
governo, ma anche quello voluto dalla sinistra: tant’è che
un noto giornalista, il marchigiano Luigi Albertini, direttore
del Corriere della Sera, scrisse
che oramai Carlo Marx poteva
essere relegato in soffitta. In
quel periodo fu realizzata una
grandissima opera: l’Acquedotto pugliese, la cui realizzazione
superò notevolissime difficoltà
in quanto l’approvigionamento
idrico avvenne alle sorgenti del
Monte Sele, a 250 km da Bari.
Inoltre, fu inaugurata nella
piazza principale di Bari, il 14
maggio 1915, la prima fontana
pubblica ed alla fine del 1919
altri 19 grandi comuni ebbero
l’acqua potabile. Ed i conti dello Stato erano perfettamente in
ordine, tant’è che la lira faceva
“aggio” sull’oro, vale a dire che
i cittadini preferivano avere la
lira in tasca anziché comprare
gli oggetti preziosi. Oggi purtroppo è un altro mondo e le
condizioni economiche, nonostante i notevoli sacrifici di tutti i cittadini, non sono ottimali.
In un tardo pomeriggio un
politico, parlando dal balcone
del Municipio ad una numerosa folla raccolta in piazza,
stava elencando tutte le riforme necessarie per migliorare le
condizioni di vita dei cittadini,
quando aggiunse:”Perché altrimenti chissà dove andremo a
finire…”.
Dopo
pochi
minuti,
alta si levò la voce di un
ascoltatore:”Onorevole, non si
preoccupi: tanto già ci stiamo!”.
Oggi si va
generalizzando la
tendenza ad isolare
gli anziani, sia
per garantire alle
nuove coppie la più
ampia libertà nel
governo della casa e
nell’educazione dei figli,
sia per consentire ai
“vecchi” la tranquillità
di cui sono desiderosi.
Accanto a queste
ragioni positive, ve
ne sono purtroppo di
meno…nobili: il ripudio
radicale di ciò che
appartiene in qualsiasi
modo al passato, il
rifiuto all’assistenza
di chi è afflitto da
acciacchi e tristezza,
e quindi costituisce
un peso anziché un
aiuto. La tendenza
all’emarginazione di
chi si trova nella “terza
età” è tuttavia frenata
da alcune situazioni
di fatto con le quali
si è costretti a fare i
conti: mancano gli
appartamenti per
i nuovi sposi, che
perciò si rassegnano
ad abitare con i
genitori del marito o
della moglie, quando
nascono i figli, il lavoro
extra-domestico
della madre pone
crudamente il problema
della loro assistenza.
I nonni, in genere,
accettano volentieri il
ruolo di baby sitter, non
soltanto perché amano
i figli e sono disposti
ad aiutare i generi e
le nuore, ma anche
in quanto provano
tenerezza ed affetto per
i nipotini, che offrono
loro l’occasione di
sentirsi ancora utili ed
importanti, di riprovare
in qualche misura e
per analogia le gioie
della maternità e della
paternità, di uscire
da una solitudine che
appare sempre più una
condanna anziché una
liberazione.
Polacchi
a San Ciro
Candido Greco
Il dott. Gerardo Polacchi, figlio
dello storico-poeta Luigi, ha donato alla Chiesa di S. Ciro una icona
sacra del Cristo Pantokrator nella
ricorrenza del 26° anniversario della morte del padre che cade il prossimo 14 luglio.
La bella icone sarà collocata nella Chiesa, recentemente restaurata
dalle Suore della Santa Famiglia
che per l’occasione faranno celebrare una Messa di suffragio per il
Poeta. Il rito sarà rinviato all’autunno, essendo l’Istituto impegnato nel
Capitolo Generale.
Per pura coincidenza il suddetto anniversario cade quest’anno
nel Primo Centenario della Grande
Guerra, ovvero della Prima Guerra
Mondiale che, com’è noto scoppiò
proprio nell’estate del 1914, alla
quale il Polacchi partecipò da volontario. Caduto prigioniero il 26
maggio 1916, fu smistato nei campi
di prigionia prima austriaci e poi
magiari, ove rimase fino al tracollo dell’Impero Austro-Ungarico nel
1917.
Alla Grande Guerra parteciparono anche molti pennesi, i cui nomi
sono oggi scritti sulla stele del Parco
della Rimembranza, a ricordo del
sacrificio della loro vita nell’adempimento di quel dovere sacro che fu
la difesa della Patria.
Il Polacchi ritornò vivo dalla
Guerra, con un diario dal titolo Memorie di un Sottotenente, scritto
“di trincea in trincea, di prigionia
in prigionia”, una testimonianza
preziosissima di quel tragico conflitto mondiale, la prima del genere
in Italia, benché data alle stampe
dopo un ventennio (oggi dovrebbe
esere ristampata).
Ancora una volta troviamo il Polacchi al centro di un avvenimento
di importanza eccezionale, questa
volta addirittura mondiale, con la
sua testimonianza di prim’ordine, che risulterebbe molto utile se
Penne volesse ricordare il sacrificio
dei suoi centottanta figli caduti. La
Grande Guerra è tutta nelle Memorie del Polacchi con il suo carico di
sofferenza e di umanità e nella stele
del Parco della Rimembranza
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46
Il valore educativo delle Arti Marziali
C
onsiderato che già da qualche tempo è aumentata
la domanda di attività
ludico-sportive e che di conseguenza le Federazioni Nazionali
hanno orientato la formazione e
l’aggiornamento degli Insegnanti
Tecnici alla nuova realtà, preparando adeguatamente i Tecnici
delle Società Affiliate che concretamente si occupano di formazione e avviamento all’attività
sportiva.
Riteniamo che allo stato attuale gli Insegnanti Tecnici di Arti
Marziali non possono essere solo
e semplicemente dei tecnici, ma
Educatori che hanno acquisito
nel percorso formativo Federale
conoscenze adeguate di tutte le
problematiche connesse allo svolgimento deldelicato ruolo dell’insegnante.
Contestualmente all’opera di
promozione e divulgazione delle
arti marziali, riteniamo opportuno precisarne il significato, per
evitare il perpetuarsi di dannosi
equivoci. Con questo numero de Lacerba diamo alcune informazioni
sulla Kick Boxing:
Il termine "KICK BOXING"
(letteralmente "Tirare di calcio e
di pugno") nasce negli USA ufficialmente nel 1974 con il nome di
"FULL CONTACT KARATE".
Nel 1980, a causa del successo che il Full Contact Karate incontrò in Europa, nacquero dei
contrasti con le Federazioni di
Karate esistenti e per evitare problemi politico-sportivi, la WAKO
decise di lasciar cadere l’uso della parola Karate associata a Full
Contact e nacque così il termine
di KICKBOXING che immediatamente dava l’idea di cosa i praticanti stessero facendo: tirare di
calcio e di pugno. Un altro motivo per cui si lasciò cadere l’uso
della parola karate allora, era che
nel frattempo accanto al full contact, la kickboxing aveva adottato delle altre formule sportive
che si chiamano Semi Contact e
Light Contact. Quindi la parola
Kickboxing assume un termine
generico, come una corolla dalla
quale si diramano tutte le varie
specialità: Semi Contact, Light
Contact, Full Contact, Forme
Musicali, Aero-Kickboxing e
presto anche Kick-Light, sono le
specialità praticate oggigiorno.
Il Semi Contact (consigliato
anche ai bambini 10 anni) dove
il combattimento viene interrotto ogniqualvolta l'atleta riesce
a piazzare un colpo a bersaglio
utile senza esprimere la sua potenza. I punteggi variano a secondo della tecnica utilizzata.
Il Light Contact (dai 15 anni) è il
passo intermedio per arrivare ai
combattimenti a contatto pieno. I
due avversari si affrontano scambiandosi vicendevolmente colpi
senza interruzione in un fluire di
tecniche giudicate sempre secondo il criterio della tecnica portata a segno con precisione. Anche
qui la tecnica arriva a segno senza esprimere tutta la sua potenza.
Il Full Contact è decisamente la
formula agonistica più dura, gli
atleti si affrontano su di un ring
e i colpi portati a segno sono a
contatto pieno. Nella Low-Kick,
come dice il termine stesso Low
Kick=calci bassi, gli atleti come
nel full combattono su di un ring
con la regola che i calci possono
essere portati sia all'interno che
all'esterno coscia.
Forme Musicali, questa disciplina racchiude tutte le arti
marziali, dal Karate, al Kung
Fu, al Wu shu, ecc., con lo scopo di creare un incontro immaginario con la musica che non
fa solo da sottofondo ma deve
essere un tutt'uno con l'esercizio stesso. Il sincronismo è fondamentale in questa disciplina.
La spettacolarità, il dinamismo
e l'elasticità rendono le esibizioni molto piacevoli da seguire.
Aerobic Kickboxing Questa disciplina mette da parte la formula sportiva del combattimento.
Attraverso la musica e attrezzi
dell'aerobica come lo step vengono insegnate le combinazioni e le
tecniche della kickboxing, accrescendo il bagaglio conoscitivo del
praticante, evitandogli lo scontro
diretto con un avversario, ma formandolo sulla completezza delle
tecniche. Puo' essere utilizzata
come formazione per l'autodifesa
o come preparazione agonistica
agli scontri diretti.
Ermano Emilio
Maestro Cintura Nera 4° Grado
Kick Boxing