Il problema amianto e i Servizi di Igiene e Sanità Pubblica Dr. Fabrizio Magrelli Direttore UOC SISP ASL RMB La problematica dei rischi per la salute pubblica conseguenti alla presenza di amianto negli ambienti di vita e di lavoro è stata negli anni più recenti al centro dell’attenzione delle nostre Istituzioni: • Il Ministero della Salute ha prodotto nel 2012 il Quaderno n. 15 interamente dedicato allo stato dell’arte e prospettive in materia di contrasto alle patologie asbesto – correlate; • L’INAIL ha pubblicato nel 2012 il 4° rapporto del Registro Nazionale Mesoteliomi; • si è riunita a Venezia il 22 – 24 novembre 2012 la seconda Conferenza Governativa Amianto; • è stato approvato dal Governo in data 21/03/2013 il “Piano Nazionale Amianto – Linee di Intervento per un’azione coordinata delle amministrazioni statali e territoriali”, attualmente all’esame della Conferenza Stato – Regioni. Obiettivo generale del Piano Nazionale Amianto è quello di “migliorare la tutela della salute e la qualità degli ambienti di vita e di lavoro in relazione al rischio rappresentato dall’esposizione ad amianto”. Per conseguire detto obiettivo generale sono individuati obiettivi di macroarea di intervento (tutela della salute, tutela dell’ambiente, sicurezza del lavoro) ed ulteriori sub – obiettivi, e le azioni di brevemedio termine in grado di ottenere risultati significativi nella lotta ai rischi derivanti dall’amianto. Tra questi, particolarmente significativo per gli operatori dei Servizi del Dipartimento di Prevenzione è il Sub – obiettivo 5 “Razionalizzazione della normativa di settore”, nel quale si afferma che “più di 20 anni di cospicua produzione normativa, non sempre emanata dal medesimo ministero, ha comportato intrecci e contraddizioni tra norme di non sempre facile interpretazione, soprattutto da parte dell’utenza. E’ quindi opportuno intraprendere un percorso di armonizzazione, semplificazione ed aggiornamento per il superamento delle criticità, anche ricorrendo alla formulazione di un testo unico per le oltre 100 norme esistenti”. Mentre per la protezione dei lavoratori esposti a rischio la situazione appare più semplice in quanto la normativa ormai si può ritenere raccolta, quantomeno per i suoi aspetti fondamentali nel D. Lgs. n. 81/2008, la situazione è più problematica per la tutela dell’ambiente e della salute della persona, sia per l’eterogeneità delle fattispecie regolate, sia per la segmentazione della normativa in contesti disciplinari diversi e non facilmente coordinabili tra loro. (Quaderno n. 15 del Ministero della Salute) Legge 27 marzo 1992 n. 257 “Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto” Decreto del Ministro della Sanità del 6 settembre 1994 “Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art. 6, comma 3, e dell’art. 12 comma 2, della legge 257/92” sono i due riferimenti normativi principali da tenere presenti nello svolgimento di attività di vigilanza riguardante la presenza di materiali presumibilmente contenenti amianto negli ambienti di vita. Sono necessarie due premesse. 1. Nelle norme di cui stiamo parlando manca una precisa definizione dell’attribuzione delle funzioni di vigilanza sul loro rispetto 2. Queste norme non sono finalizzate ad una valutazione del rischio sanitario per la popolazione generale associato alla presenza di materiali contenenti amianto nel contesto urbano costruito. Di più, nell’art. 1 della legge (finalità) non vi è il minimo accenno a quelle di natura sanitaria. Legge 257/1992 - Art. 9 comma 1: le imprese che utilizzano amianto o svolgono attività di smaltimento o di bonifica dell’amianto inviano annualmente alla Regione e alla ASL una relazione dettagliata…… Legge 257/1992 - Art. 9 comma 2: le USL vigilano sul rispetto dei limiti di concentrazione di cui all’art. 3 comma 1 (ambienti di lavoro) e trasmettono alla Regione relazioni annuali sulle condizioni dei lavoratori esposti Legge 257/1992 - Art. 10: La Regione adotta un piano di protezione che prevede tra l’altro: .... Il controllo delle condizioni di salubrità ambientale e di sicurezza del lavoro attraverso le USL La rilevazione sistematica delle situazioni di pericolo derivanti dalla presenza di amianto L’assegnazione delle risorse finanziarie alle USL per la dotazione della strumentazione necessaria per i controlli Il censimento degli edifici nei quali siano presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile …. Legge 257/1992 - Art. 12 comma 1: Le USL effettuano l’analisi del rivestimento degli edifici di cui all’articolo 10, comma 2, lettera l, vale a dire gli «edifici nei quali siano presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile, con priorità per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico o di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamento» Legge 257/1992 - Art. 12 comma 5: Presso le USL è istituito un registro nel quale è indicata la localizzazione dell’amianto floccato o in matrice friabile presente negli edifici. I proprietari degli immobili devono comunicare alle USL i dati relativi alla presenza dei materiali di cui al presente comma. La legge 257/1992 assegna funzioni di controllo alla ASL in merito alla presenza di amianto floccato o in matrice friabile, specialmente nei luoghi di lavoro. La stragrande maggioranza di tutte le segnalazioni istituzionali e dei cittadini che giungono ai nostri Servizi riguardano manufatti in Eternit (coperture, canne fumarie, cassoni), sui quali la ASL non è tenuta ad effettuare alcun tipo di accertamento analitico Le definizioni di amianto floccato, in matrice friabile ed in matrice compatta sono contenute nel DM 06/09/1994: Friabile: materiali che possono essere facilmente sbriciolate o ridotti in polvere con la semplice pressione manuale (ad es. teli, feltri, imbottiture usati come rivestimenti isolanti di tubazioni o caldaie, costituiti al 100% in amianto; cartoni, carte, costituiti al 100% in crisotilo) Floccato: rivestimento di superficie applicato a spruzzo o a cazzuola I materiali considerati compatti sono: - l’eternit (miscela di cemento con 1015% di amianto in genere crisotilo, più raramente crocidolite o amosite); - prodotti bituminosi, mattonelle di vinile con intercapedini di carta d’amianto, mattonelle e pavimenti vinilici, PVC e plastiche rinforzate (contenenti un 10 – 25% di amianto); - vernici, mastici, sigillanti, stucchi adesivi (contenenti 0,5 – 2% di amianto). I materiali compatti di norma non creano pericoli di rilascio di fibre. L’eternit, in particolare, può rilasciare fibre soltanto se è: - tagliato (segato) - abraso - perforato - spazzolato - deteriorato al punto di essere friabile Le coperture in eternit, in particolare, dopo una prolungata esposizione agli agenti atmosferici subiscono un progressivo degrado per azione delle piogge acide, degli sbalzi termici, dell’erosione eolica e di microrganismi vegetali. Di conseguenza, dopo anni dall’installazione si possono determinare alterazioni corrosive superficiali con affioramento delle fibre e fenomeni di liberazione. Questo fenomeno, rapportato ai milioni di metri quadri di coperture di eternit che troviamo in una grande città, installate da alcune decine di anni, può contribuire ad un progressivo incremento del fondo di fibre nell’aria outdoor ? E’ possibile stabilire se e in quale misura la singola copertura può contribuire all’incremento ulteriore dell’inquinamento ambientale in un’area circoscritta e quindi valutarne l’eventuale impatto sanitario ? Ma quale concentrazione di fibre di asbesto è presente nell’aria che respiriamo all’aperto o nelle abitazioni? L’amianto non è compreso nell’elenco degli inquinanti atmosferici per i quali la Comunità Europea fissa valori limite ai fini della valutazione della qualità dell’aria e della tutela della salute della popolazione generale. Il valore limite di esposizione lavorativa per l’amianto, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore, è fissato dall’art. 254 del D. Lgs. n 81/2008 in 0,1 fibra / cc di aria (10 fibre/ litro – 10.000 fibre /mc) La concentrazione di fibre di amianto da non superare per ottenere, ai sensi del DM 06/09/1994, la certificazione di restituibilità di ambienti confinati sottoposti a bonifica è pari a 2 fibre/litro (2.000 fibre / mc) La Monografia n. 100 della IARC (2012) «Arsenico, metalli, fibre e polveri: review dei rischi di cancerogenicità per l’uomo» nella (piccola) parte dedicata a studi sulla concentrazione di asbesto nell’aria outdoor ed indoor riporta i seguenti ordini di grandezza di riferimento: Zone rurali: fino a 10 fibre /mc Zone urbane: fino a 100 fibre /mc Adiacenze di sorgenti di esposizione (miniere, fabbriche, demolizioni, discariche non regolari di MCA): fino a 10.000 fibre /mc Aria indoor abitazioni, scuole etc. : 30 – 6000 fibre/ mc Considerazioni. - Il limite di concentrazione di fibre di amianto nell’aria interna adottato per consentire l’uso di locali bonificati è superiore di almeno un ordine di grandezza alle concentrazioni riscontrabili nell’aria outdoor delle città. - Mancano standard e dati per proporre e adottare provvedimenti scaturenti da motivazioni sanitarie riguardanti edifici contenenti MCA. - Il rispetto della legge 257/92 e del DM 06/09/1994 prescinde da finalità strettamente sanitarie, non è quindi di esclusiva competenza del Dipartimento di Prevenzione della ASL. Il DM 06/09/1994 affida al proprietario dell’immobile e/o al legale rappresentante dell’attività che vi si svolge la responsabilità dell’attuazione di un programma di controllo: - per il mantenimento in buone condizioni di tutti i tipi di materiali contenenti amianto, - per la prevenzione del rilascio e della dispersione delle fibre - per il corretto intervento in caso di rilascio di fibre, - per la verifica periodica delle condizioni dei materiali contenenti amianto. Il programma di controllo prevede che il proprietario dell’immobile o il responsabile dell’attività svolta: - designi il responsabile del controllo e coordinamento delle attività manutentive sui MCA; - tenga un’idonea documentazione da cui risulti l’ubicazione dei MCA; - sulle installazioni maggiormente soggette ad intervento (es. caldaie, tubazioni) apponga avvisi sulla presenza di amianto; - garantisca il rispetto di efficaci misure di sicurezza durante le attività di pulizia e gli interventi manutentivi - fornisca un’adeguata informazione agli occupanti dell’edificio sulla presenza di amianto nello stabile, sui rischi potenziali e sui comportamenti da adottare. Nel caso siano in opera materiali friabili, il proprietario dell’immobile provvederà inoltre a far ispezionare l’edificio almeno una volta da personale in grado di valutare le condizioni dei materiali, redigendo un dettagliato rapporto corredato di documentazione fotografica, da trasmettere alla ASL competente, che può prescrivere di effettuare un monitoraggio ambientale periodico delle fibre areodisperse all’interno dell’edificio. La mancata effettuazione del programma di controllo è punito ai sensi dell’art. 15 (sanzioni) comma 2 delle legge 257/92 per inosservanza degli obblighi concernenti l’adozione delle misure di sicurezza previste dal decreto emanato ai sensi dell’art. 6 comma 3 (normative e metodologie tecniche) con la sanzione amministrativa da € 3.615,20 a € 18.076,00. Rimane tuttavia una rilevante criticità, consistente nel fatto che la pretesa da parte dell’organo di vigilanza della redazione di un programma di controllo e del suo successivo rispetto presuppone l’avvenuto accertamento della presenza di amianto nei materiali sospettati di contenerlo. La normativa tecnica riportata nel D.M. 06/09/1994 si applica alle strutture edilizie ad uso civile, commerciale o industriale aperte al pubblico o comunque di utilizzazione collettiva. Maggiori criticità di applicazione: 1. Condomini 2. Edifici industriali/artigianali abbandonati Condomini - Trova applicazione il D. Lgs. 81/2008) - Programma di controllo non sempre elaborato e realizzato. - Richiesta di intervento spesso motivata da litigiosità intra ed intercondominiali - Possibile rischio espositivo per gli appartamenti (attici) immediatamente sottostanti alle coperture, se deteriorate. - Assenza di linee guida regionali per la valutazione dello stato di conservazione delle coperture e per la valutazione del rischio - Rischio di eccesso interventistico. Edifici ad uso lavorativo abbandonati 1. Difficoltà di interlocuzione 2. Difficoltà di accesso 3. Difficoltà di applicazione della normativa 4. Difficoltà di esecuzione di accertamenti tecnici in sicurezza 5. Difficoltà di attuazione di interventi di risanamento Gestione dei rifiuti Qualora si riscontrino rifiuti (lastre, cassoni, blocchi etc) depositati sul suolo o abbandonati all’interno di locali, sia di proprietà pubblica che privata, la norma di riferimento è la parte IV del Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (Cosiddetto Testo Unico in materia ambientale), che all’art. 177 ricomprende esplicitamente nel proprio ambito di applicazione anche i rifiuti contenenti amianto. L’articolo 188 stabilisce che gli oneri relativi alle attività di smaltimento dei rifiuti (compresa quindi la loro caratterizzazione analitica) sono a carico del loro detentore. ART. 192 D. Lgs. 152/2006 (divieto di abbandono) 1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. 2. È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. 3. Fatta salva l’applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate. L’abrogazione della Legge Regionale 06/06/1980 n. 52 (Esercizio delle funzioni amministrative in materia di igiene e sanità pubblica e vigilanza sulle farmacie ai sensi dell’art. 32 della legge 23/12/78 n. 833) ha fatto venir meno l’attribuzione alle ASL delle funzioni precedentemente svolte dall’Ufficiale Sanitario e quelle di Polizia Giudiziaria. In ogni caso, il provvedimento di diffida per il quale può poi trovare applicazione l’articolo 650 del Codice Penale deve necessariamente essere predisposto dall’Autorità competente Conclusioni. Maggiore omogeneità delle modalità di trattazione della normativa tra ASL ed ASL (ruolo della Regione). Integrazioni normative a livello regionale sulla gestione della presenza e dello smaltimento di MCA in strutture civili, compresa l’approvazione di criteri di valutazione dello stato di conservazione delle coperture Ordinanza Sindacale per la manutenzione strutture edilizie abbandonate. Grazie per l’attenzione
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