Scratch: parliamone. Questo ambiente di programmazione, basato su icone, consente di realizzare procedure, anche complesse, attraverso la compilazione di una procedura. Realizzato presso il MIT (lo stesso Istituto che vide la nascita del linguaggio LOGO ad opera di Seymour Papert nel lontano 1976), l'ambiente esercita indubbiamente un certo fascino su Docenti e Allievi, grazie alla sua interfaccia grafica accattivante, alla semplicità d'uso (almeno nelle fasi primitive) e al feedback immediato dell'attività svolta mediante il movimento di figure (Sprite) in un micromondo virtuale. Scratch fu ampiamente preso in considerazione e valutato dal Team "LOGIC", che ne considerò l'impiego nell'ambito dell'omonimo Programma, destinato a sviluppare e certificare competenze in materia di Coding e Computational Thinking. Dopo un aperto e acceso confronto, il Team decise di non adottarlo, condividendo la tesi secondo cui l'impiego di linguaggi a icone, quando non consente la migrazione verso linguaggi di programmazione codificati, non agevola di fatto lo sviluppo di competenze relative al Coding, e includendo in tale scelta non soltanto Scratch, ma anche altri ambienti virtuali. Dello stesso parere, ampiamente condiviso, è il prof. Giovanni Marcianò, Ricercatore presso il Politecnico di Torino, Dirigente Scolastico e fondatore della rete "Robocup Junior Italia (mirabile esempio di aggregazione di esperienze di Robotica educativa)", il quale, in un contributo a cura di Barbara G. Demo dal titolo “Un linguaggio a misura di bambini per programmare piccoli robot mobili”, avvalora ampiamente la tesi qui esposta. Nel contributo infatti si legge: “Torniamo al linguaggio di programmazione per osservare che, volendo introdurre sin dalla scuola primaria la Robotica come strumento di apprendimento costruttivista (avrei parlato di “apprendimento a matrice costruzionista – n.d.r.), è necessario che le attività con i robot e il modo in cui le si propone permettano ai bambini di acquisire piena consapevolezza di quanto stanno facendo, quella “deep competence” di cui scrive Papert nel suo Mindstorms. Questa convinzione ha spinto Marcianò a ritenere che i linguaggi testuali di programmazione dei robot siano da preferire a quelli iconici per i quali si osserva una lettura spesso acritica delle icone e soprattutto della loro composizione. Non cambiano la sostanza del problema alcune proposte dove si cercano modalità per rendere più accessibile una sintassi complessa: per esempio il progetto Tern in cui le icone sono tessere in legno colorato quindi toccabili e che, come in un puzzle, permettono soltanto certi incastri [Horn, 2007]”. Credo che una tale tesi induca quantomeno a riflettere. Siamo quindi contrari all’uso di Scratch? Tutt’altro: Scratch è un ottimo ambiente in cui l’Allievo può esercitare e sviluppare abilità nell’ambito del Pensiero Procedurale, e come tale va considerato e incoraggiato. Diversamente, riteniamo errato pensare che questo ambiente (così come altri ambienti simili) possa e debba essere impiegato per sollecitare competenze relative al Coding e al Pensiero Computazionale, che necessitano di un corretto approccio a linguaggi più complessi, sintatticamente Autore: Giuseppe Albano Mail: [email protected]
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