Applicazioni pratiche di narrazioni La cartella parallela e il diario Medico-paziente: un rapporto difficile Sperimentazione cartella parallela da parte di medico reumatologo con pazienti con Fibromialgia: Pazienti maldisposti: arrabbiatissimi, zero fiducia nei medici e nelle medicine, volto torvo, aria minacciosa, seccati con la classe medica, rigidi, chiusi. Medico scettico nei confronti dei pazienti: si china per raccogliere la penna usb caduta…ma non aveva mal di schiena?; sintomi improbabili; esami scritti da chi? E perché?; faccio finta di crederle; esagera in maniera caricaturale i disturbi; si è piegata più volte; improbabili dolori; non aveva nulla. Durante il primo colloquio con il paziente il medico si sente sfidato, poco ascoltato, schiacciato, disarmato, in difficoltà, ha bisogno di fare un lungo respiro. Un’esperienza di "diario incrociato" Medico: Questa paziente mi viene inviata da un collega che la seguiva per un problema di anemia sideropenica, si presenta in ambulatorio una donna molto carina, fisico perfetto che mi dice di essere di San Paulo in Brasile. Nonostante io mi aspetti una persona solare, questa giovane invece mi sembra un po’ depressa: non stringe la mano con forza, parla poco, ha una gestualità molto limitata, usa molte smorfie. La prima cosa che mi dice è che il meteo di T le provoca dolori in tutto il corpo e “formiche” alle mani. Parla un italiano incerto ma si capisce.. Vive in Italia da quasi tre anni dove è sposata ed ha un figlio di due anni e mezzo. La ascolto mentre con poche parole mi spiega la sua sintomatologia di dolore lombosacrale, alle ginocchia, alle spalle, alle mani con associato formicolio. Mi ribadisce che è il meteo di T a darle questi problemi, allora io le chiedo scherzosamente se ha un po’ di Saudade do Brasil e a questo punto alza gli occhi da terra quasi stupita e sorride. Dopo la visita e dopo aver preso visione di tutti gli esami fatti e rifatti dal mio collega, le spiego che ha una sindrome fibromialgica, la cosa la lascia indifferente. Le prescrivo d. e visita fisiatrica. Quando le chiedo di scrivere un diario o qualcosa che descrive i suoi disturbi e come lei li vive, mi dice che non sa scrivere bene in italiano ma che la aiuterà il marito. Un’esperienza di "diario incrociato" La paziente: Sono P D S, ho 28 anni e vengo dal Brasile, vivo in Italia da quasi 3 anni, mi sono sposata poco dopo che sono arrivata in Italia con mio marito ed ho avuto un bambino poco dopo. Dopo la nascita di mio figlio sono cominciati i primi dolori alla schiena, ma davo la colpa alla gravidanza. Poi al primo inverno qui in Italia ho cominciato ad avere dolori alle ginocchia, poi alle spalle, e alle mani specialmente quando le metto nell’acqua fredda o quando c’è vento. Sono andata dal mio dottore ma mi ha detto di portare pazienza, solo che i dolori non mi passavano e ero sempre molto stanca. Quando siamo tornati in Brasile per far conoscere A. ai nonni, lì mi erano passati quasi tutti i dolori anche se ero sempre stanca. In estate qui in Italia sto un po’meglio ma quando arriva autunno e inverno, mi tornano i dolori forti. Dopo tanto tempo il mio dottore mi ha fatto fare esami del sangue e sono risultata anemica perchè avevo poco ferro. Così sono venuta a fare le terapie con ferro in ospedale dal dottor F. Ho fatto tutta la terapia con le flebo di ferro e ora prendo le pastiglie di ferro, ma tutto questo non mi è servito molto, forse sono un po’ meno stanca. Allora il dottor F. mi ha detto di venire da lei. Ho preso 20 giorni le pastiglie di X. da 30 milligrammi che mi ha dato lei ma non mi servono tanto. Un’esperienza di "diario incrociato" Medico: Dopo aver letto questa prima parte, facendole i complimenti per l’italiano, le aumento la duloxeina e le dico che può spaziare anche sulla sfera familiare e globale della sua vita . Mi risponde che l’ha aiutata il marito a scrivere. Forse vuole dirmi che non si sente libera di scrivere quello che vuole? Cerco di capire come vada in famiglia ma mi dice, con poche parole, che è felice con il marito, che non lavora perché sta a casa con il bambino finchè non andrà all’asilo. Paziente: Con le pastiglie più forti che prendo dall’ultima visita, alla mattina mi sento meno stanca e sento meno le formiche nelle mani. Ma alla sera sono distrutta. Mio marito mi deve sempre aiutare a lavare i piatti alla sera perchè resto bloccata nella sedia. Ho sempre i dolori soprattutto alla schiena e alle spalle, che mi passano un po’quando viene una mia amica e mi fa dei massaggi. Aspetto di fare la visita dal fisioterapista. Medico: Rivedo la paziente dopo 45 giorni dalla prima visita. Mi sembra forse un po’ più sorridente, mi dice che i dolori ci sono ancora ma che la mattina, se il figlio non la sveglia di notte, si alza più riposata. Parla più del solito e mi dice, senza che io lo abbia chiesto, che farà, a breve, la visita dal fisioterapista (voleva dire fisiatra). Le cade la chiavetta USB a terra e si china a raccoglierla con facilità… non aveva mal di schiena!?… MAH?! Un’esperienza di "diario incrociato" Medico: Mi viene inviato in ambulatorio da un collega, dicendomi che c’è un ragazzo giovane con problemi più psichici che fisici di dolore articolare, non ha nemmeno capito bene che disturbi abbia, secondo lui è fibromialgico e basta. Entra un ragazzo alto, atletico. Atteggiamento molto agitato, non si siede neanche, inizia a parlarmi in maniera molto confusa agitata usando un sacco di avverbi e parole preceduti da -stra (es. straforte, stramale, strasudato). E’ un fiume in piena, ha quasi il fiatone da quanto parla, svaria da un problema di sudorazioni, a dolore ai piedi, a bruciore alle piante dei piedi, poi mi dice di dolore alle spalle e cervicale. Parla di infiltrazioni, di FANS, di cortisone, parla di ultrasuoni, laser, palestra…. AIUTO!!! Cerco di mettere la conversazione su un binario più razionale ed inizia a dirmi che secondo lui ha un disturbo autoimmune che gli fa sudare in maniera eccessiva e gli crea dolori. Vedo esami di laboratorio e radiologici nella norma. Non ci capisco più niente. A questo punto gli propongo di mettere per iscritto in un diario o in una forma di descrizione i suoi sintomi e come questi modifichino la sua vita e influiscano sul suo vissuto. Gli chiedo anche di cercare di ripercorrere le tappe dei medici che ha visto e delle terapie che ha fatto. Compiliamo il test e mi rendo conto che comunque così male non sta, lo rivedrò a breve, gli prescrivo per ora b…. Prima di andar via mi dice: “sono felice che ho trovato un medico giovane che si prenda a cuore il mio problema, i vecchi medici non ti badano più di tanto”. Ho difficoltà a compilare la cartella di valutazione, obiettivamente non c’era nulla se non una contrattura dei muscoli paravertebrali con 11 tender point dolorabili ma non così tanto, e non saprei dire quali siano i sintomi principali di cui soffre. Confido nella sua produzione. Un’esperienza di "diario incrociato" Paziente: Da quando ho circa 25 anni ho un forte dolore ai tendini d’Achille. La decisione di rivolgermi ad un dottore è nata perché ad un certo punto una mattina alzandomi dal letto non riuscivo più a camminare. In pratica era come se i tendini fossero bloccati, per recarmi al bagno dovevo praticamente strisciare i piedi sul pavimento perché come cercavo di camminare quindi piegare il piede, mi arrivavano delle fortissime stilettate di dolore dai tendini che mi provocavano un’immediata sudorazione in particolare nei piedi. Poi, pian piano che i tendini si “scaldavano” potevo nuovamente camminare sempre avvertendo dolore ma più tollerabile. In particolare il dolore era avvertibile anche esercitando leggera pressione con le dita sui tendini; questo a fine 2006, infatti i primi esami risalgono al 2007. Da evidenziare che le radiografie sono state fatte dopo le prime cure, laser, tacher, ecc. Poi è successo qualcosa di strano, dopo le prime cure e pastiglie varie, il dolore seppur sempre presente nei tendini è sorto anche nella base dei piedi. Ora ho una sensazione di dolore sulle piante dei piedi un bruciore continuo, anche nei lati. Sensazione tra l’altro che avverto anche quando vado a coricarmi e che mi disturba il sonno, a volte poi le dita dei piedi si muovono da sole come piccole scossone mentre cerco di dormire. La cosa più grave però e lo dico perché questo ha cambiato la mia vita, non posso più stare in piedi molto o camminare troppo perché il dolore diventa insopportabile Tanto che (per me assolutamente inusuale) nel 2009 ho dovuto andare dal mio medico di base per chiedere alcuni giorni di riposo dal Lavoro per il forte dolore che provavo ai piedi. .. Un’esperienza di "diario incrociato" …Ultima triste esperienza è stata una gita a Parigi nel dicembre 2010. Praticamente al secondo giorno in giro a piedi per i vari musei francesi ho dovuto rientrare in albergo e fermarmi perché non riuscivo più a camminare. Ma ho camminato due giorni per non più una decina di chilometri, voglio dire non è niente . In quella occasione poi ricordo che oltre al dolore alle piante dei piedi di colpo ad un certo punto entrambi i tendini hanno iniziato a bruciare a mezza altezza fra muscolo ed inserzione. La sensazione che posso descrivervi è questa: una lama sui tendini. Come quando vi capita di prendere di lato un foglio e vi fate quel tipico minuscolo taglietto che di per se non vi fa sanguinare molto, ma brucia. Tra l’altro interessante osservazione è anche questa, se io prendo il sole al mare, di notte le piante dei piedi mi bruciano ulteriormente. Inoltre sul piede destro ho anche un altro fastidio che non è presente sul sinistro, una specie di pungiglione come un sassolino sotto il tallone. A questo punto però riprendiamo il discorso della sudorazione che nel mio corpo ed in me è un fattore molto anomalo e forse io credo correlato in qualche modo a questi problemi ai piedi. Non ricordo da quanto tempo ho questa manifestazione di sudorazione, ma da parecchio . Dico subito che è già anomala come zone di sudorazione. lo sudo sulle mani e sui piedi più di tutto, nei glutei, tanto che molto spesso sembra me la sia fatta addosso (questo per farvi capire l’entità della sudorazione) e incredibilmente raramente ad altezza rotula sulle ginocchia. Come si caratterizza questa sudorazione è un’altra cosa strana. Innanzi tutto è una maledizione perché mi accompagna ogni giorno ed è molto fastidiosa perché è imbarazzante per esempio stringere la mano ad una persona nei luoghi di lavoro o compilare un modulo perché si inumidisce (non vi dico le tragedie durante gli esami universitari), ti scivola il telefonino dalle mani, più in generale impedisce un normale svolgimento del lavoro e della vita. Un’esperienza di "diario incrociato" Medico: Rivedo il ragazzo, questa volta mi sembra più sereno, mani sempre sudate. Leggiamo insieme con calma la storia che ha scritto: in verità i problemi principali sono 2 una possibile tendinite dell’achilleo bilateralmente e un’iperidrosi. A questo punto eseguo anche un’ecografia articolare da cui si apprezza entesite bilaterale dell’achilleo con ispessimento dello stesso, dell’inserzione del bicipite femorale a sinistra ed a livello della cuffia dei rotatori. SORPRESA!! Avrà anche un trait fibromialgico ma non ha solo quello. La sua storia scritta e la sua maggiore tranquillità, forse dovuta al fatto che ora si fida di me, mi hanno aiutato a fare diagnosi. Tra l’altro viene fuori che a periodi gli compare sulla pelle una dermatite che potrebbe essere psoriasi. Proprio una bella sorpresa. Grazie Narrative Medicine.. Ci sono anche i fallimenti Medico "La paziente ritorna in ambulatorio, si siede, mi fa vedere il suo diario, anche se noto che non è scritto sotto forma di diario ed è molto schematico. Tempo 3 secondi mi chiede se le ho fatto la relazione per la visita alla commissione di invalidità… che disdetta!! Che rabbia!! Le dico che la farò. Non gliene frega niente della medicina narrativa. Infatti mi dice che non è cambiato niente con la terapia e compila il test dicendomi le risposte più negative prima ancora che finisca le domande. La saluto e le dico che ci vedremo per la relazione, non è preoccupata di curare i suoi dolori ma solo della pensione di invalidità. Missione fallita!" Il racconto libero Together. Io e la mia Psoriasi Non ricordo esattamente l’esordio. Forse dal primo periodo dell’università. O dalle prime responsabilità. Molti dicono che dipenda dalla psiche. Questo grande, inconoscibile recipiente dove conscio ed inconscio si mescolano: una scatola emotiva che trattiene, elabora, cataloga, oblia…e quando non autenticamente ascoltata, manda il conto direttamente al mittente. Il conto può assumere varie forme: ansia, depressione, mal di fegato, svariate forme di malattie curabili ed una nutrita schiera di eventi incurabili. Nel mio caso il Signor Inconscio forse ha estratto la Psoriasi: esordisce con cautela, timidamente, poi man mano prende coraggio e, di conseguenza, campo…”Ma si, dai….per questo soggetto potrebbe funzionare. Che dite? Gliela incartiamo?”. E comincia la storia. Non lo definirei un calvario. Credo di poter dire che, dopo un primo momento di scoramento, ho deciso di accettare questa strana compagna di viaggio. Certo non è stato facile condividere proprio tutto. Lei è un tipo invadente, esibizionista, se parlasse sarebbe quasi sicuramente logorroica. Non ama la gente, e di conseguenza la gente non ama lei. Rifugge i luoghi affollati, talvolta anche quelli poco popolati, esige attenzione e se non la ottiene si gonfia, si sposta, cambia foggia, si arma contro di te. Ha un carattere bizzoso, vuole comandare…su questo non transige. E’ egemonica come tutti i caratteri forti. Anche quando si placa, lo fa per pochi istanti, brevi periodi che ti lasciano intravedere l’arrivo di un armistizio ma poi…….improvvisamente si ribella, manifestandosi in tutta la sua potenza. Ogni tanto sfodera aspetti seducenti…ma sempre per ottenere di più. Lì è bravissima: ti coccola, ti gratifica e tu ti isoli in questo mondo fatto di te e di lei…. Together. Io e la mia Psoriasi …La pelle si fa più viva, più palpitante, più recettiva: la richiesta, di solito, arriva sotto forma di timido prurito. Un niente, un insorgere innocente….direte voi. No! L’inizio della catastrofe. Tu cominci a grattare, grattare, grattare, fino allo sfinimento. Ti trasformi in una “gratto-dipendente” e se non lo senti, te lo procuri……..Sei seduto al bar? In una riunione un po’ difficile? Un po’ di ansia? Ecco l’insorgere del prurito, un suo fidatissimo collaboratore, direi scudiero, abilissimo peraltro, che sa dove toccare e sa come ricompensarti……..con qualche impagabile secondo di autentico godimento. Come tutte le cose gaudenti, anche questa presenta criticità. “Non si gratti, signora, mi raccomando”, “Cerchi di stare serena e calma”, “Vedrà che con questo si attenuerà”. E la devastazione parte a ruota libera e la scatola emotiva lì sopra ad osservare: “Ma non è che abbiamo esagerato? Va bene gratificarsi ma scarnificarsi così….é davvero inaudito!” “Mandiamole un segnale, facciamo che incontri qualcuno che la aiuti”. “Ma chi? Quella testa di rapa lì? Ma non lo sai che è dalle elementari che non ascolta nessuno?…Ma che si arrangi!”…. “ Dai, facciamo un ultimo tentativo. Se non succede niente, allora vorrà dire che hai ragione tu e …la lasciamo al suo destino”. Allora dopo un po’ di tempo, innumerevoli situazioni imbarazzanti, evitamenti pietosi (“Detesto il mare” e ti stabiliresti tutto l’anno alle Maldive), patetici camuffamenti circensi ( “Mi piacciono solo i vestitoni” e ti infileresti di corsa in autoreggente traforato effetto nudo), TI DECIDI AL GRANDE PASSO: “Pronto dottore, sono ..., si ricorda di me?........... Quel caso di psoriasi di qualche anno fa? Noo?? Beh, è passato qualche anno, in effetti………………Più di uno??...............Come passa a volte il tempo, eh? Vabbé vorrei prendere un appuntamento………Urgente? Nooo, no, non mi pare…………forse si……………. Direi di si…………..Le sto raccontando quella dell’uva? Meglio vedermi subito? Domani ore 15.00?.... E’…….. perfetto”. Vi parlo di me Salve a tutti come mi chiamo non importa la cosa importante è quello che ho da dirvi. Voglio parlarvi del psoriasi e di quando ho iniziato ad avere i primi sintomi ero adolescente e vidi comparire sul mio corpo delle macchie rosse e pensai non è nulla ma poi col tempo da semplici macchie rosse cambiarono e iniziarono a prudermi e grattandomi spesso notai del sangue decisi di andare dal dottore. Andai dal primo dermatologo ma le cose non miglioravano poi ne seguirono altri ma andava sempre peggio. In me il disagio aumentava perchè vedevo che queste macchie rosse erano sempre più numerose e visibili e le persone mi chiedevano cosa avessi sinceramente non sapevo cosa rispondere poi arrivò il momento che anche al lavoro ero a disagio perchè anche li mi chiedevano cosa avessi e molti iniziarono quasi ad aver paura ad avvicinarsi .iniziai a cambiare il mio modo di vestire sia nel tempo libero ed anche al lavoro a farmi crescere i capelli perchè colpì anche la cute a non uscire quasi più e a diventare scontroso con tutti mi sentivo a disagio gli altri non capivano il mio disagio sembravano tutti dottori senza laurea pronti a parlare e giudicare più passava il tempo e più mi sentivo isolato continuai con le pomate che mi prescrivevano i dottori ma non vedevo miglioramenti poi mi dissero che andando al mare sarebbe andata meglio. La prima volta che andai al mare con questo mio disagio non andò bene perchè una volta in spiaggia in costume da bagno inizia a notare che tutti mi fissavano come se avevo qualcosa di diverso dagli altri e chi per paura non si avvicinava chi per curiosità domandava e poi scappava e poi gli ignoranti che facevano commenti poco carini … Vi parlo di me ...Iniziai a perdere le fiducia anche nei dottori perchè nulla di ciò che mi avevano detto e dato funzionava poi io da adolescente volevo essere come tale ma questo disagio non me lo permetteva iniziai allora chiudermi in me stesso lasciando perdere i dottori e gli amici e a non importarmi più di nulla tanto nessuno capiva come mi sentivo. Tanto che non era più solo un problema di estetica ma anche psicologico e per diverso tempo smisi anche di usare le pomate. Poi ci fu un periodo nel quale mi ero rassegnato che non si poteva fare nulla poi venni a sapere che stavano studiando un nuovo farmaco ma ero incerto solo che ero arrivato ad un punto che non che la facevo più e volevo reagire mi informai e per fortuna trovai un bravo medico che, al contrario degli altri, mi fece ricredere ed ora sto molto meglio sono tornato a vivere. Quello che voglio dire a chi leggerà questa lettera è che la psoriasi non è una malattia o una piaga ma un disagio che può non essere sconfitto ma abbattuto trovando le persone giuste che si dedica a trovare nuove cure e a non arrendersi mai davanti ad una persona sfiduciata. Concludo dicendo solo che io ora sto bene è so che la psoriasi fa parte di me ma ora non ho alcun disagio perchè ho imparato ad accettarla. La storia delle storie… La Psoriasi è definita come : malattia, patologia, convivente, croce, incubo, disagio, invadente, tormento, stupida, inferno, compagna di viaggio, amica/nemica, rincorsa, incurabile Il 30% delle persone ritiene la psoriasi causata da episodi di natura psico-emotiva Nell 65% delle storie viene descritto l'avanzare della Psoriasi, la sua evoluzione sul corpo Nel 25% delle storie viene descritta la peregrinazione tra varie strutture mediche e specialisti, alla ricerca di una terapia efficace Il 12% dei pazienti, nel descrivere l'andamento della malattia, accosta il prurito al nervoso, indicati come collegati e consequenziali l'uno all'altro L'isolamento e la perdita della voglia di stare in mezzo agli altri viene descritta nel 17% delle storie Un altro 12% di persone racconta invece la reazione alla malattia, la voglia di guarire e di diventare più parte attiva del percorso di cura, fino a usare l'espressione del “combattere” la Psoriasi. La figura del medico specialista e del suo staff vengono citati nel 22% delle storie, il più delle volte con espressioni di gratitudine e sollievo, che sottintendono la fatica fatta a trovare le persone giuste, oltre alla terapia giusta, cui affidarsi Il futuro è citato dal 25% dei pazienti, che spaziano tra speranza in nuove cure che possano far sparire la malattia e propositi di buona convivenza con essa e di cure regolari Il racconto semi-strutturato Storie di vita negli anni d’argento 50 storie di persone anziane fragili e loro caregiver Traccia semi-strutturata: il vissuto della persona: la storia di vita prima della fragilità; la quotidianità e la qualità della vita: ruolo famigliare, sociale, autonomia; la gestione dell’incontinenza nel domicilio; il supporto del territorio: servizi socio-assistenziali, soluzioni abitative, mobilità, sostegno economico. Storie di vita negli anni d’argento Cerco di gestirmi meglio che posso e di non abbattermi “Ho 92 anni. Vivo da sola, ero sposata e avevo una figlia, ma purtroppo sono morti entrambi e sono rimasta proprio sola. Ho dei nipoti che vivono a M, ma vengono a trovarmi solo ogni 15 giorni. Quando ero ragazza avevo iniziato a studiare, ma poi mi sono sposata e ho interrotto gli studi. Stavo meglio a casa mia, ma comunque…Mio marito aveva una specie di taxi, allora io mi sono presa la patente e mi sono messa ad aiutarlo. Eravamo sempre in giro ad accompagnare le persone, andavo spesso fino alla città più vicina. Sono incontinente da 4 anni, prima di allora non avevo mai avuto nessun problema. I miei riferimenti sono il medico di base e il cardiologo, perché ho avuto 2 infarti. Andavo anche da un oculista perché soffro di maculopatia agli occhi, ma era troppo lontano e, dopo avere fatto le iniezioni, ho visto che non mi è servito a niente, anzi sono peggiorata, e adesso non vado più. Ogni anno dovrei anche fare la visita dal nefrologo, e purtroppo devo andare privatamente perché con il pubblico mi avrebbero dato l'appuntamento tra troppi mesi, invece in questo modo me l'hanno dato subito. Con l’incontinenza il disagio c'è, però riesco a gestirla e mi muovo; mi cambio spesso, sia di giorno che di notte. Per ora riesco ad essere abbastanza autonoma. Esco al mattino, vado a Messa e mi faccio il mio giretto, prendo il mio pane e il mio latte, e poi trovo delle amiche che mi accompagnano a casa. Quando torno a casa faccio i miei piccoli lavori, e poi al pomeriggio vado al centro anziani del paese; mi faccio accompagnare da una specie di taxi che pago 2 euro al giorno. In realtà ormai al centro anziani io non posso fare più niente perché non vedo quasi nulla; una volta giocavo a carte, ma adesso non vedo più le carte. Chiacchiero un po' con delle amiche, anche se la maggior parte delle persone che va lì gioca a carte. Siamo un bel numero di persone, ci conosciamo perché siamo del paese. Per la gestione della casa ho bisogno di aiuto, tutte le settimane viene una donna a pulire; per la spesa chiedo spesso ai vicini di aiutarmi. Io esco e faccio le piccole commissioni e i giretti. Oggi sono venuta qui a piedi da casa mia, anche se con fatica… Storie di vita negli anni d’argento Leggo molto, faccio taglio e cucito, non mi annoio “Io ho un problema precoce di incontinenza da circa 2 anni, causato dalla presenza di un fibroma molto grosso che non posso togliere chirurgicamente perché, avendo già subito numerosi e rischiosi interventi chirurgici, i medici hanno deciso di non farmi rischiare ulteriormente. Il fibroma è stata la conseguenza di un'infezione comparsa in seguito agli interventi chirurgici che ho avuto. E' stata una cosa lunga, sono stata in rianimazione per molto tempo, e poi per 2 anni ho dovuto fare quotidianamente le flebo di antibiotici, andavo in ospedale tutti i giorni, anche Natale e Pasqua. Prima facevo l'infermiera, mi mancavano 6 mesi per arrivare ai 40 anni di lavoro. Adesso invece sono in pensione. Pensavo che avrei passato la pensione diversamente, viaggiando, invece, essendo rimasta con la stampella, devo fare cose più leggere. Ma è andata bene così, qualcuno devo ringraziare, ero finita in rianimazione e sono ancora qui a raccontarlo, sana di mente. Vivo a casa da sola, sono vedova da 15 anni e ho una figlia che però va e viene, perché vive in un'altra città. Sono anche nonna, ho 2 nipotini piccoli. A casa sono autonoma, faccio da mangiare e le mie cose, usando la stampella. Poi viene ogni tanto una signora a fare le pulizie di casa più pesanti, sennò uno si ammazza per che cosa, per risparmiare soldi che poi spenderei in medici? Guido un'auto con il cambio automatico; per 3 anni non ho più guidato, ma non andava bene come soluzione, e invece adesso sono comodissima. Poi se devo camminare cammino, però senza borse della spesa. Leggo molto e faccio taglio e cucito, mi metto lì, cerco le stoffe e faccio gli orli. Non mi annoio. Ho una casa in affitto al mare, dove vado spesso per cambiare aria e non rischiare di ammalarmi, anche perchè non posso fare il vaccino dell'influenza. Lì mi annoio ancora meno, perchè esco tanto e sto in spiaggia, anche se coperta perchè non posso prendere il sole. Cerco di tenermi un po' con il cibo, dovrei seguire una dieta ma non ci riesco. E' mia figlia che insiste...anche per questo mi muovo sempre, sennò apro la dispensa e mi metto a mangiare!... Storie di vita negli anni d’argento Preferisco che resti a casa sua e faccia le sue cose con calma “Mia mamma ha 84 anni ed è incontinente da 3, fa fatica a deambulare, anche perché ha avuto parecchie malattie. In parte continua ad essere autonoma, e io stessa cerco di stimolarla a rimanere autonoma. Vive con me e io fortunatamente lavoro presso una casa di cura e faccio i turni, quindi riesco a gestire mia madre da sola. Me ne occupo solo io. Io l'accompagno fuori per ogni cosa, ma generalmente esce solo per fare delle visite mediche, sennò sta a casa. In casa, a seconda della giornata, si barcamena con il bastone; anche se cammina, non sta in equilibrio. Certi giorni devo starle un po' più dietro del solito, dipende, io cerco di individuare che tipo di giornata è e da lì mi regolo. Di testa c'è, anche se ha avuto recenti momenti di disorientamento, è anche caduta e per alcuni giorni successivi alla caduta non è stata molto a posto con la testa, aveva comportamenti strani e diceva cose strane. Dipende dai giorni, ma certo non è più la mamma di prima. Lo capisco anche quando guarda i film, lei adorava i polizieschi ma adesso vedo che non riesce più a stare dietro alle trame, si confonde. Viviamo insieme da sempre, per me è difficile andare a vivere da sola, con il mio stipendio, e poi mi fa piacere aiutare la mamma, vorrei evitare più che posso la casa di riposo. Preferisco che resti a casa sua e si faccia le sue cose con calma, anche si ci mette due ore per fare qualunque cosa, tanto non ha fretta. Ho appena fatto la richiesta per la fornitura per l'incontinenza, avevo richiesto sia i pannoloni che le traverse, ma ci passano solo pannoloni. Se per i pannoloni mi sento supportata, per il resto mi sento abbandonata, nel senso che per ogni cosa ti fanno girare e rigirare, io fortunatamente faccio i turni e riesco a barcamenarmi. Ad es., volevo richiedere il deambulatore, ma la ASL ti fa girare e rigirare, stavo pensando di informarmi sul prezzo e comprarlo da me. E poi non riesco ad ottenere l'accompagnamento, anche se mia madre ha il 100% di invalidità. In questo, la dottoressa di base non ci aiuta. Quando dobbiamo fare delle visite mediche, io pianifico ogni spostamento, che ci costa molta fatica, ma io calcolo bene i tempi e lascio che mia madre cammini piano piano con il bastone; i medici ci vedono arrivare puntuali, con mia madre che cammina, e mi dicono che non serve l'accompagnamento perché cammina da sola, ma non si rendono conto che in realtà lei non sta in equilibrio e non può camminare da sola; una volta è anche caduta in casa e l'ho portata al Pronto Soccorso… Di cosa parlano le storie… casa giorni modello/prodotto 200 180 160 sola/o mamma/madre 140 medico 120 pannolone/i 100 80 famiglia/famigliare problema/i 60 40 20 padre/papà prima 0 richiesta spesa/pagare/compra… notte cambiare badante incontinente/incontin… autonoma-… sorella/fratello figlia/i ONICE Obesità Narrata in Italia: verso una cura efficace L’obiettivo del progetto era quello di promuovere, attraverso la metodologia della cura (o medicina) narrativa, una cultura di buone cure sull’obesità. Ulteriore scopo era quello di valorizzare le testimonianze di professionisti e persone obese al fine di consentire uno scambio alla pari tra “obesi guariti” e “obesi non guariti”. Lo studio ha avuto una durata di 3 mesi (marzo-maggio 2011) ed ha coinvolto 149 persone obese e 25 professionisti sanitari e non che operassero nel campo dell’obesità. Erano attese cento storie, ne sono arrivate molte di più: e questo è il sintomo della grande voglia di aprirsi a parlare di sé, usando lo strumento della narrazione. La favola semi-strutturata C’era una volta un bambino/a… Al massimo peso raggiunto si sentiva… La quotidianità con «gli altri»… Il viaggio nelle cure: i fallimenti… La gioia dei primi risultati… Il suo/a compagno/a reagiva… Ma un bel giorno scoprì la chirurgia bariatrica… Il giorno dell’intervento… La scelta si è rivelata… Oggi il/la protagonista si sente… Il sopraggiungere dell’obesità L’"essere obeso" Il viaggio nelle cure Ospitata sul sito web dell’Associazione Amici degli Obesi La raccolta diretta delle storie: le interviste Progetto ANTARES Analisi delle lesioni midollari Non Traumatiche: Assistenza, Regole, Equipe, Statistiche “La composizione dell’offerta socio-sanitaria per le persone con lesione midollare di origine non traumatica: censimento delle strutture, delle professioni e delle tipologie assistenziali esistenti in Italia ” Obiettivi del progetto: il Focus Spina Bifida Analisi dell’organizzazione dei percorsi di cura per le persone con Spina Bifida in Italia. Particolare attenzione alla fase del Transitional Care e alla gestione dei percorsi di cura per l’età adulta. Cos’è il Transitional Care? Definito come un set di interventi e azioni per assicurare il coordinamento e la continuità assistenziale durante il passaggio di un paziente tra diversi livelli di cura. Basato su un programma che prevede che tutte le nuove figure mediche siano formate sulla gestione delle patologie croniche e informate sulle condizioni cliniche, le preferenze e gli obiettivi del paziente (Improving the Quality of Transitional Care for Persons with Complex Care Needs. Journal of the American Geriatrics Society - 2003). Essenziale per le persone con necessità di cure complesse e utilizzato per gli adolescenti e i giovani adulti (15-25 anni) con patologie croniche per il passaggio dai centri di cura pediatrici a quelli rivolti all’età adulta. (American Academy of Pediatrics “A consensus statement on health care transitions for young adults with special health care needs”, Pediatrics, 2002). Le premesse Circa l’80-90% delle persone con Spina Bifida raggiunge l’età adulta (fonte: Istituto Superiore di Sanità). Nuove esigenze di cura: fisiche, funzionali, psicologiche e sociali… Come gestirle? Dove gestirle? Quali figure professionali di riferimento? Riorganizzare i percorsi di cura? Dibattito in corso tra i professionisti medici, le organizzazioni sanitarie e le associazioni. Lo strumento di indagine scelto: l’intervista Indagine qualitativa attraverso interviste a referenti medici e persone con Spina Bifida (o loro famigliari), orientate ad approfondire i percorsi di cura offerti sul territorio nazionale. In presenza: 75%; Telefoniche: 11%; Via telematica: 14%. I due punti di vista: Traccia intervista professionisti: Traccia intervista pazienti: Dati struttura: n.posti letto, modalità assistenziale, team; Dati persona: età, residenza; RETE regionale/nazionale e con US: transizione età pediatrica/adulta; Percorso di cura: n. e tipologia strutture consultate, figure di riferimento, supporto territorio, trasferimenti extra-regione; Attività assistenziali: gestione cura persona con SB pediatrica/adulta Età adulta: riferimenti; Attività formative: prevenzione, supporto psicologico, formazione, servizi territoriali Gestione vescico-sfinterica: disfunzioni, complicanze, cateterismo Criticità e problematiche emergenti Progetti/programmi Rete: conoscenza centro; Gestione vescico-sfinterica: modalità adottata, complicanze; Criticità riscontrate Proposte e suggerimenti First International Congress Narrative Medicine and Rare Diseases Rome, 4th June 2012 Adults with Spina Bifida: Transitional Care or leaving patients alone? Two different points of view Riorganizzazione dei percorsi di cura e Transitional Care Vuoto di cura e senso di abbandono Transitional care risposta per conciliare i due punti di vista Per curare chi cura… Il racconto attraverso la fiaba: progetto VEDUTA - Valori Esistenziali contro il Dolore nelle Unità di Terapia e Assistenza Analisi di clima organizzativo progettata e realizzata nel 2012 da Fondazione ISTUD con Federdolore, Ministero della Salute e Cittadinanza Attiva • Abbiamo raccolto 244 storie di fiabe dai professionisti delle unità di cure palliative di tutta Italia • Da tale lavoro, la carta dei valori della Società Italiana di Cure Palliative è stata riscritta. • Comunicazione orale accettata al world congress «What future for narrative medicine?», Londra 2013 I pazienti e i famigliari: non fonte di stress ma di energia per il 98% dei professionisti; il senso di una professione I motivi di soddisfazione relazionale L’ascolto e la comprensione del paziente rigenerano e stimolano l’operatore sanitario Le cause di stress 37,5% 23,4% 15,8% 12,0% 8,2% 3,3% Il I familiari Entrambi Nessuno paziente Altro Non risponde "Practictioners must be prepared to offer the self as a therapeutic instrument". Rita Charon, Narrative medicine: Honoring the stories of illness: Oxford University Press, 2006 Uomo, 46 anni, Medico con funzione di coordinamento dedicato part time alla terapia del dolore “C'era una volta un ragazzino di dodici anni che attraverso un lungo viaggio arrivò davanti al mare in una sera di primavera, al paese delle cure alle persone che soffrivano: poco distante dalla spiaggia c’era un piccolo villaggio di pescatori dove ognuno era partecipe della vita degli altri. Il paese era vicino al villaggio, dava sul mare, dietro una pianura e poi le montagne. In quel paese non c'erano solo le persone che soffrivano che erano venute da ogni città vicina ed erano persone fatte di acqua, ma c'erano anche i loro cari attorno e questi erano fatti di aria. E poi, in quel paese, vivevano tutti gli altri che si erano fermati lì per curare quelli che ne avevano bisogno ed erano fatti di terra. Quando il ragazzino vide per la prima volta i visi delle persone intente a curare e pensò che quei visi fossero sereni, e poi guardò le mani e pensò che quelle mani fossero capaci, e poi guardò ciò che facevano, e ascoltò le loro parole che erano parole di rassicurazione. Allora decise che si sarebbe fermato in quel paese perché avrebbe potuto essere come loro. Ma un brutto giorno accadde che gli uomini grigi della città decisero di costruire qualcosa che lui sapeva sarebbe stato inutile, lì in quel posto. Poi però successe anche che quegli uomini grigi non riuscivano a sopportare la luce, il profumo del mare, l’aria fresca che scendeva dalle montagne e andarono a costruire ciò che era inutile nel deserto al di là delle montagne. Ora quel paese è tornato alla tranquillità. Quel paese sarà felice a condizione di saperne leggere la bellezza.” Donna, 44 anni, infermiera professionale C'era una volta una farfalla con grandi ali e colori allegri e splendenti che attraverso un lungo viaggio fra fiori profumati e sgargianti, frutti colorati e fili d'erba arrivò al paese delle cure alle persone che soffrivano perché una brutta malattia aveva spento i loro colori e non riuscivano più a vedere nulla attorno a loro. Il paese era circondato da colline verdi punteggiate di fiori, specchi d'acqua limpidissima, animaletti colorati che zampettavano allegramente ovunque. In quel paese non c'erano solo le persone che soffrivano che erano venute da tutti quei paesi che prima erano allegri colorati, pieni di vita e di armonia ed erano fatte di colori spenti, tristi, opachi e sempre più bui, ma c'erano anche i loro cari attorno e questi erano fatti di vibrazioni di ansia, di moti di preoccupazione, di sorrisi e rassicurazioni dipinte di giallo per nascondere la verità. ...... Quando la farfalla, attraverso gli occhi delle persone che soffrivano vide per la prima volta i visi delle persone che curavano, pensò che quei visi fossero come un raggio di sole che fa risplendere i colori, poi guardò le mani e pensò che quelle mani fossero lì per stringere le tue e portare via la paura e l'angoscia e poi guardò i loro occhi che non nascondevano la verità e ascoltò le loro parole quando gli dissero che poteva parlare liberamente, chiedere tutto ciò che voleva sapere, dire quando si sentiva pronto per rivedere tutti i colori nel paese attorno a sé e nel volto e nel cuore dei suoi cari. Allora decise che era il paese giusto per fermarsi perché avrebbe potuto tornare tutto come prima. Ma un brutto giorno accadde che i colori sparirono di nuovo, la luce si offuscò, la paura ritornò. Poi però successe anche che tutti si strinsero attorno a lui e con i loro occhi e le loro mani riportarono la serenità e la consapevolezza che anche il sole ogni giorno se ne va..e un giorno tutti ce ne andremo..ma finché si è in questo paese, i colori e la luce devono esserci sempre..dentro e attorno a noi. Ora quel paese è conosciuto da tutti coloro che soffrono. Quel paese sarà felice a condizione di poter sempre essere nelle condizioni di restituire colore, luce e serenità. Gli idealtipi nelle metafore • La metafora maggiormente ricorrente (39%) è l’aiuto al malato “ultima spiaggia”, “la luce dopo il tunnel” “un grande ombrello”, “il porto per un mare in tempesta” “un’ancora di salvezza”- l’icona del benefattore. • La seconda immagine maggiormente ricorrente (30%) è quella di un professionista industrioso che lavora instancabilmente “un sarto industrioso senza attrezzi”, “pronto a far tutto la notte e il giorno sempre d'intorno in giro sto... (Barbiere di Siviglia)”, “un amalgama tra gli altri specialisti”, “a volte mi sento come il vigile all'incrocio trafficato che deve cercare il modo migliore per rendere fluido ed efficace la circolazione”. • Segue la metafora dell’eroe -declinato da don Chisciotte con i suoi mulini a vento, al Crociato al Paladino- che rappresenta il 14% delle risposte e descrive un animo idealista e orientato a grandi obiettivi a volte non sempre realizzabili. • Un altro 11% esprime invece immagini riconducibili al solitario. • L’ultimo 5% rappresentato restituisce immagini di prigioniero o limitazioni classificabili come mancanza di libertà decisionale nel contesto professionale Le metafore e i sentimenti, l’analisi emozionale 8% 8% 40% 75% 33% 50% 17% 28% 30% 67% 28% 50% 30% 28% 8% professionista industrioso eroe senza libertà decisionale solitudine Test di valutazione del burn-out di Maslach. Analisi delle emozioni di Goleman sollievo gioia rabbia dolore paura Dal dolore del professionista industrioso alla rabbia di chi è prigioniero Nel paese delle cure palliative le persone saranno serene se … “non saranno ingannate da chi gli promette cose irreali” “si trova un linguaggio per capirsi ed il coraggio di andare incontro ad ogni altra marea in arrivo” “si trova il modo di considerare ogni piccola cosa” “non si tradiscono le persone che passano” “si mantiene un equilibrio tra umanità e management” “si conosce la verità e non le menzogne” “si rispettano le scelte e le volontà dei suoi abitanti” “non si permette alle persone di arrivare prive di valori, interessate solo al denaro, e che non hanno fiducia” “non ci si farà condizionare da donne e uomini privi di sentimenti, o distaccati dalle condizioni degli altri” Gli esiti Consapevolezza dei terapisti del dolore dei punti di forza e delle fragilità Riedificazione organizzativa interna delle unità di terapia del dolore: la leadership deve essere nella logica della diversità e integrazione tra gli idealtipi individuati, prendendone le positività da ciascuno Rafforzamento della rete dei terapisti del dolore per passare dalla competizione alla cooperazione. I professionisti hanno fiducia in sé stessi; più sfiducia c’è nella rete dei terapisti del dolore, a volte i "paesi vicini" sono vittime del campanilismo. Un riconoscimento della motivazione nel curare, fonte di rinnovata energia per gli operatori e, di riflesso, per i pazienti. Paura sul fatto che finiscano i rifornimenti di medicinali contro il dolore. E’ oggi troppo spesso muro il dialogo con gli amministrativi: possibili azioni di coinvolgimento “empatico” potrebbero essere funzionali al pieno decollo della terapia del dolore.
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