Medicina Narrativa applicazioni pratiche

Applicazioni pratiche di
narrazioni
La cartella parallela e il diario
Medico-paziente: un rapporto difficile
Sperimentazione cartella parallela da parte di medico reumatologo
con pazienti con Fibromialgia:
Pazienti maldisposti:
arrabbiatissimi, zero fiducia nei medici e
nelle medicine, volto torvo, aria minacciosa,
seccati con la classe medica, rigidi, chiusi.
Medico scettico nei confronti dei pazienti:
si china per raccogliere la penna usb
caduta…ma non aveva mal di schiena?;
sintomi improbabili; esami scritti da chi? E
perché?; faccio finta di crederle; esagera in
maniera caricaturale i disturbi; si è piegata più
volte; improbabili dolori; non aveva nulla.
Durante il primo colloquio con il paziente il medico si sente sfidato, poco
ascoltato, schiacciato, disarmato, in difficoltà, ha bisogno di fare un lungo respiro.
Un’esperienza di "diario incrociato"
Medico:
Questa paziente mi viene inviata da un collega che la seguiva per un problema di anemia
sideropenica, si presenta in ambulatorio una donna molto carina, fisico perfetto che mi dice
di essere di San Paulo in Brasile. Nonostante io mi aspetti una persona solare, questa
giovane invece mi sembra un po’ depressa: non stringe la mano con forza, parla poco, ha una
gestualità molto limitata, usa molte smorfie. La prima cosa che mi dice è che il meteo di T le
provoca dolori in tutto il corpo e “formiche” alle mani. Parla un italiano incerto ma si
capisce.. Vive in Italia da quasi tre anni dove è sposata ed ha un figlio di due anni e mezzo.
La ascolto mentre con poche parole mi spiega la sua sintomatologia di dolore lombosacrale,
alle ginocchia, alle spalle, alle mani con associato formicolio. Mi ribadisce che è il meteo di T
a darle questi problemi, allora io le chiedo scherzosamente se ha un po’ di Saudade do Brasil
e a questo punto alza gli occhi da terra quasi stupita e sorride. Dopo la visita e dopo aver
preso visione di tutti gli esami fatti e rifatti dal mio collega, le spiego che ha una sindrome
fibromialgica, la cosa la lascia indifferente. Le prescrivo d. e visita fisiatrica. Quando le
chiedo di scrivere un diario o qualcosa che descrive i suoi disturbi e come lei li vive, mi dice
che non sa scrivere bene in italiano ma che la aiuterà il marito.
Un’esperienza di "diario incrociato"
La paziente:
Sono P D S, ho 28 anni e vengo dal Brasile, vivo in Italia da quasi 3 anni, mi sono sposata poco
dopo che sono arrivata in Italia con mio marito ed ho avuto un bambino poco dopo.
Dopo la nascita di mio figlio sono cominciati i primi dolori alla schiena, ma davo la colpa alla
gravidanza. Poi al primo inverno qui in Italia ho cominciato ad avere dolori alle ginocchia, poi
alle spalle, e alle mani specialmente quando le metto nell’acqua fredda o quando c’è vento. Sono
andata dal mio dottore ma mi ha detto di portare pazienza, solo che i dolori non mi passavano e
ero sempre molto stanca. Quando siamo tornati in Brasile per far conoscere A. ai nonni, lì mi
erano passati quasi tutti i dolori anche se ero sempre stanca. In estate qui in Italia sto un
po’meglio ma quando arriva autunno e inverno, mi tornano i dolori forti. Dopo tanto tempo il
mio dottore mi ha fatto fare esami del sangue e sono risultata anemica perchè avevo poco ferro.
Così sono venuta a fare le terapie con ferro in ospedale dal dottor F. Ho fatto tutta la terapia
con le flebo di ferro e ora prendo le pastiglie di ferro, ma tutto questo non mi è servito molto,
forse sono un po’ meno stanca. Allora il dottor F. mi ha detto di venire da lei. Ho preso 20
giorni le pastiglie di X. da 30 milligrammi che mi ha dato lei ma non mi servono tanto.
Un’esperienza di "diario incrociato"
Medico: Dopo aver letto questa prima parte, facendole i complimenti per l’italiano, le aumento
la duloxeina e le dico che può spaziare anche sulla sfera familiare e globale della sua vita . Mi
risponde che l’ha aiutata il marito a scrivere. Forse vuole dirmi che non si sente libera di
scrivere quello che vuole? Cerco di capire come vada in famiglia ma mi dice, con poche parole,
che è felice con il marito, che non lavora perché sta a casa con il bambino finchè non andrà
all’asilo.
Paziente: Con le pastiglie più forti che prendo dall’ultima visita, alla mattina mi sento meno
stanca e sento meno le formiche nelle mani. Ma alla sera sono distrutta. Mio marito mi deve
sempre aiutare a lavare i piatti alla sera perchè resto bloccata nella sedia. Ho sempre i dolori
soprattutto alla schiena e alle spalle, che mi passano un po’quando viene una mia amica e mi fa
dei massaggi. Aspetto di fare la visita dal fisioterapista.
Medico: Rivedo la paziente dopo 45 giorni dalla prima visita. Mi sembra forse un po’ più
sorridente, mi dice che i dolori ci sono ancora ma che la mattina, se il figlio non la sveglia di
notte, si alza più riposata. Parla più del solito e mi dice, senza che io lo abbia chiesto, che farà, a
breve, la visita dal fisioterapista (voleva dire fisiatra). Le cade la chiavetta USB a terra e si
china a raccoglierla con facilità… non aveva mal di schiena!?… MAH?!
Un’esperienza di "diario incrociato"
Medico:
Mi viene inviato in ambulatorio da un collega, dicendomi che c’è un ragazzo giovane con
problemi più psichici che fisici di dolore articolare, non ha nemmeno capito bene che disturbi
abbia, secondo lui è fibromialgico e basta. Entra un ragazzo alto, atletico. Atteggiamento molto
agitato, non si siede neanche, inizia a parlarmi in maniera molto confusa agitata usando un sacco
di avverbi e parole preceduti da -stra (es. straforte, stramale, strasudato). E’ un fiume in piena, ha
quasi il fiatone da quanto parla, svaria da un problema di sudorazioni, a dolore ai piedi, a
bruciore alle piante dei piedi, poi mi dice di dolore alle spalle e cervicale. Parla di infiltrazioni, di
FANS, di cortisone, parla di ultrasuoni, laser, palestra…. AIUTO!!!
Cerco di mettere la conversazione su un binario più razionale ed inizia a dirmi che secondo lui
ha un disturbo autoimmune che gli fa sudare in maniera eccessiva e gli crea dolori. Vedo esami
di laboratorio e radiologici nella norma. Non ci capisco più niente. A questo punto gli propongo
di mettere per iscritto in un diario o in una forma di descrizione i suoi sintomi e come questi
modifichino la sua vita e influiscano sul suo vissuto. Gli chiedo anche di cercare di ripercorrere le
tappe dei medici che ha visto e delle terapie che ha fatto. Compiliamo il test e mi rendo conto che
comunque così male non sta, lo rivedrò a breve, gli prescrivo per ora b…. Prima di andar via mi
dice: “sono felice che ho trovato un medico giovane che si prenda a cuore il mio problema, i
vecchi medici non ti badano più di tanto”.
Ho difficoltà a compilare la cartella di valutazione, obiettivamente non c’era nulla se non una
contrattura dei muscoli paravertebrali con 11 tender point dolorabili ma non così tanto, e non
saprei dire quali siano i sintomi principali di cui soffre. Confido nella sua produzione.
Un’esperienza di "diario incrociato"
Paziente:
Da quando ho circa 25 anni ho un forte dolore ai tendini d’Achille.
La decisione di rivolgermi ad un dottore è nata perché ad un certo punto una mattina alzandomi
dal letto non riuscivo più a camminare. In pratica era come se i tendini fossero bloccati, per
recarmi al bagno dovevo praticamente strisciare i piedi sul pavimento perché come cercavo di
camminare quindi piegare il piede, mi arrivavano delle fortissime stilettate di dolore dai tendini
che mi provocavano un’immediata sudorazione in particolare nei piedi. Poi, pian piano che i
tendini si “scaldavano” potevo nuovamente camminare sempre avvertendo dolore ma più
tollerabile. In particolare il dolore era avvertibile anche esercitando leggera pressione con le dita
sui tendini; questo a fine 2006, infatti i primi esami risalgono al 2007. Da evidenziare che le
radiografie sono state fatte dopo le prime cure, laser, tacher, ecc.
Poi è successo qualcosa di strano, dopo le prime cure e pastiglie varie, il dolore seppur sempre
presente nei tendini è sorto anche nella base dei piedi. Ora ho una sensazione di dolore sulle
piante dei piedi un bruciore continuo, anche nei lati. Sensazione tra l’altro che avverto anche
quando vado a coricarmi e che mi disturba il sonno, a volte poi le dita dei piedi si muovono da
sole come piccole scossone mentre cerco di dormire. La cosa più grave però e lo dico perché
questo ha cambiato la mia vita, non posso più stare in piedi molto o camminare troppo perché il
dolore diventa insopportabile Tanto che (per me assolutamente inusuale) nel 2009 ho dovuto
andare dal mio medico di base per chiedere alcuni giorni di riposo dal Lavoro per il forte dolore
che provavo ai piedi. ..
Un’esperienza di "diario incrociato"
…Ultima triste esperienza è stata una gita a Parigi nel dicembre 2010. Praticamente al secondo
giorno in giro a piedi per i vari musei francesi ho dovuto rientrare in albergo e fermarmi perché
non riuscivo più a camminare. Ma ho camminato due giorni per non più una decina di
chilometri, voglio dire non è niente . In quella occasione poi ricordo che oltre al dolore alle piante
dei piedi di colpo ad un certo punto entrambi i tendini hanno iniziato a bruciare a mezza altezza
fra muscolo ed inserzione. La sensazione che posso descrivervi è questa: una lama sui tendini.
Come quando vi capita di prendere di lato un foglio e vi fate quel tipico minuscolo taglietto che
di per se non vi fa sanguinare molto, ma brucia.
Tra l’altro interessante osservazione è anche questa, se io prendo il sole al mare, di notte le piante
dei piedi mi bruciano ulteriormente. Inoltre sul piede destro ho anche un altro fastidio che non è
presente sul sinistro, una specie di pungiglione come un sassolino sotto il tallone. A questo punto
però riprendiamo il discorso della sudorazione che nel mio corpo ed in me è un fattore molto
anomalo e forse io credo correlato in qualche modo a questi problemi ai piedi. Non ricordo da
quanto tempo ho questa manifestazione di sudorazione, ma da parecchio . Dico subito che è già
anomala come zone di sudorazione. lo sudo sulle mani e sui piedi più di tutto, nei glutei, tanto
che molto spesso sembra me la sia fatta addosso (questo per farvi capire l’entità della
sudorazione) e incredibilmente raramente ad altezza rotula sulle ginocchia. Come si caratterizza
questa sudorazione è un’altra cosa strana. Innanzi tutto è una maledizione perché mi
accompagna ogni giorno ed è molto fastidiosa perché è imbarazzante per esempio stringere la
mano ad una persona nei luoghi di lavoro o compilare un modulo perché si inumidisce (non vi
dico le tragedie durante gli esami universitari), ti scivola il telefonino dalle mani, più in generale
impedisce un normale svolgimento del lavoro e della vita.
Un’esperienza di "diario incrociato"
Medico:
Rivedo il ragazzo, questa volta mi sembra più sereno, mani sempre sudate.
Leggiamo insieme con calma la storia che ha scritto: in verità i problemi
principali sono 2 una possibile tendinite dell’achilleo bilateralmente e
un’iperidrosi. A questo punto eseguo anche un’ecografia articolare da cui si
apprezza entesite bilaterale dell’achilleo con ispessimento dello stesso,
dell’inserzione del bicipite femorale a sinistra ed a livello della cuffia dei
rotatori. SORPRESA!! Avrà anche un trait fibromialgico ma non ha solo
quello. La sua storia scritta e la sua maggiore tranquillità, forse dovuta al
fatto che ora si fida di me, mi hanno aiutato a fare diagnosi. Tra l’altro
viene fuori che a periodi gli compare sulla pelle una dermatite che potrebbe
essere psoriasi. Proprio una bella sorpresa. Grazie Narrative Medicine..
Ci sono anche i fallimenti
Medico
"La paziente ritorna in ambulatorio, si siede, mi fa vedere il suo diario, anche se
noto che non è scritto sotto forma di diario ed è molto schematico. Tempo 3
secondi mi chiede se le ho fatto la relazione per la visita alla commissione di
invalidità… che disdetta!! Che rabbia!! Le dico che la farò. Non gliene frega
niente della medicina narrativa. Infatti mi dice che non è cambiato niente con la
terapia e compila il test dicendomi le risposte più negative prima ancora che
finisca le domande. La saluto e le dico che ci vedremo per la relazione, non è
preoccupata di curare i suoi dolori ma solo della pensione di invalidità.
Missione fallita!"
Il racconto libero
Together. Io e la mia Psoriasi
Non ricordo esattamente l’esordio. Forse dal primo periodo dell’università. O dalle prime
responsabilità. Molti dicono che dipenda dalla psiche. Questo grande, inconoscibile recipiente dove
conscio ed inconscio si mescolano: una scatola emotiva che trattiene, elabora, cataloga, oblia…e quando
non autenticamente ascoltata, manda il conto direttamente al mittente. Il conto può assumere varie
forme: ansia, depressione, mal di fegato, svariate forme di malattie curabili ed una nutrita schiera di
eventi incurabili. Nel mio caso il Signor Inconscio forse ha estratto la Psoriasi: esordisce con cautela,
timidamente, poi man mano prende coraggio e, di conseguenza, campo…”Ma si, dai….per questo
soggetto potrebbe funzionare. Che dite? Gliela incartiamo?”.
E comincia la storia. Non lo definirei un calvario. Credo di poter dire che, dopo un primo momento di
scoramento, ho deciso di accettare questa strana compagna di viaggio. Certo non è stato facile
condividere proprio tutto. Lei è un tipo invadente, esibizionista, se parlasse sarebbe quasi sicuramente
logorroica. Non ama la gente, e di conseguenza la gente non ama lei. Rifugge i luoghi affollati, talvolta
anche quelli poco popolati, esige attenzione e se non la ottiene si gonfia, si sposta, cambia foggia, si
arma contro di te. Ha un carattere bizzoso, vuole comandare…su questo non transige. E’ egemonica
come tutti i caratteri forti. Anche quando si placa, lo fa per pochi istanti, brevi periodi che ti lasciano
intravedere l’arrivo di un armistizio ma poi…….improvvisamente si ribella, manifestandosi in tutta la
sua potenza. Ogni tanto sfodera aspetti seducenti…ma sempre per ottenere di più. Lì è bravissima: ti
coccola, ti gratifica e tu ti isoli in questo mondo fatto di te e di lei….
Together. Io e la mia Psoriasi
…La pelle si fa più viva, più palpitante, più recettiva: la richiesta, di solito, arriva sotto forma di timido
prurito. Un niente, un insorgere innocente….direte voi. No! L’inizio della catastrofe. Tu cominci a
grattare, grattare, grattare, fino allo sfinimento. Ti trasformi in una “gratto-dipendente” e se non lo senti,
te lo procuri……..Sei seduto al bar? In una riunione un po’ difficile? Un po’ di ansia? Ecco l’insorgere del
prurito, un suo fidatissimo collaboratore, direi scudiero, abilissimo peraltro, che sa dove toccare e sa come
ricompensarti……..con qualche impagabile secondo di autentico godimento. Come tutte le cose gaudenti,
anche questa presenta criticità. “Non si gratti, signora, mi raccomando”, “Cerchi di stare serena e calma”,
“Vedrà che con questo si attenuerà”. E la devastazione parte a ruota libera e la scatola emotiva lì sopra ad
osservare: “Ma non è che abbiamo esagerato? Va bene gratificarsi ma scarnificarsi così….é davvero
inaudito!” “Mandiamole un segnale, facciamo che incontri qualcuno che la aiuti”. “Ma chi? Quella testa
di rapa lì? Ma non lo sai che è dalle elementari che non ascolta nessuno?…Ma che si arrangi!”…. “ Dai,
facciamo un ultimo tentativo. Se non succede niente, allora vorrà dire che hai ragione tu e …la lasciamo al
suo destino”.
Allora dopo un po’ di tempo, innumerevoli situazioni imbarazzanti, evitamenti pietosi (“Detesto il mare”
e ti stabiliresti tutto l’anno alle Maldive), patetici camuffamenti circensi ( “Mi piacciono solo i vestitoni” e
ti infileresti di corsa in autoreggente traforato effetto nudo), TI DECIDI AL GRANDE PASSO: “Pronto
dottore, sono ..., si ricorda di me?........... Quel caso di psoriasi di qualche anno fa? Noo?? Beh, è passato
qualche anno, in effetti………………Più di uno??...............Come passa a volte il tempo, eh? Vabbé vorrei
prendere un appuntamento………Urgente? Nooo, no, non mi pare…………forse si……………. Direi di
si…………..Le sto raccontando quella dell’uva? Meglio vedermi subito? Domani ore 15.00?.... E’……..
perfetto”.
Vi parlo di me
Salve a tutti come mi chiamo non importa la cosa importante è quello che ho da dirvi. Voglio parlarvi
del psoriasi e di quando ho iniziato ad avere i primi sintomi ero adolescente e vidi comparire sul mio
corpo delle macchie rosse e pensai non è nulla ma poi col tempo da semplici macchie rosse cambiarono e
iniziarono a prudermi e grattandomi spesso notai del sangue decisi di andare dal dottore. Andai dal
primo dermatologo ma le cose non miglioravano poi ne seguirono altri ma andava sempre peggio.
In me il disagio aumentava perchè vedevo che queste macchie rosse erano sempre più numerose e
visibili e le persone mi chiedevano cosa avessi sinceramente non sapevo cosa rispondere poi arrivò il
momento che anche al lavoro ero a disagio perchè anche li mi chiedevano cosa avessi e molti iniziarono
quasi ad aver paura ad avvicinarsi .iniziai a cambiare il mio modo di vestire sia nel tempo libero ed
anche al lavoro a farmi crescere i capelli perchè colpì anche la cute a non uscire quasi più e a diventare
scontroso con tutti mi sentivo a disagio gli altri non capivano il mio disagio sembravano tutti dottori
senza laurea pronti a parlare e giudicare più passava il tempo e più mi sentivo isolato continuai con le
pomate che mi prescrivevano i dottori ma non vedevo miglioramenti poi mi dissero che andando al
mare sarebbe andata meglio. La prima volta che andai al mare con questo mio disagio non andò bene
perchè una volta in spiaggia in costume da bagno inizia a notare che tutti mi fissavano come se avevo
qualcosa di diverso dagli altri e chi per paura non si avvicinava chi per curiosità domandava e poi
scappava e poi gli ignoranti che facevano commenti poco carini …
Vi parlo di me
...Iniziai a perdere le fiducia anche nei dottori perchè nulla di ciò che mi avevano detto e dato
funzionava poi io da adolescente volevo essere come tale ma questo disagio non me lo permetteva iniziai
allora chiudermi in me stesso lasciando perdere i dottori e gli amici e a non importarmi più di nulla
tanto nessuno capiva come mi sentivo. Tanto che non era più solo un problema di estetica ma anche
psicologico e per diverso tempo smisi anche di usare le pomate.
Poi ci fu un periodo nel quale mi ero rassegnato che non si poteva fare nulla poi venni a sapere che
stavano studiando un nuovo farmaco ma ero incerto solo che ero arrivato ad un punto che non che la
facevo più e volevo reagire mi informai e per fortuna trovai un bravo medico che, al contrario degli
altri, mi fece ricredere ed ora sto molto meglio sono tornato a vivere.
Quello che voglio dire a chi leggerà questa lettera è che la psoriasi non è una malattia o una piaga ma
un disagio che può non essere sconfitto ma abbattuto trovando le persone giuste che si dedica a trovare
nuove cure e a non arrendersi mai davanti ad una persona sfiduciata.
Concludo dicendo solo che io ora sto bene è so che la psoriasi fa parte di me ma ora non ho alcun disagio
perchè ho imparato ad accettarla.
La storia delle storie…
La Psoriasi è definita come : malattia, patologia, convivente, croce, incubo, disagio, invadente,
tormento, stupida, inferno, compagna di viaggio, amica/nemica, rincorsa, incurabile
Il 30% delle persone ritiene la psoriasi causata da episodi di natura psico-emotiva
Nell 65% delle storie viene descritto l'avanzare della Psoriasi, la sua evoluzione sul corpo
Nel 25% delle storie viene descritta la peregrinazione tra varie strutture mediche e
specialisti, alla ricerca di una terapia efficace
Il 12% dei pazienti, nel descrivere l'andamento della malattia, accosta il prurito al nervoso,
indicati come collegati e consequenziali l'uno all'altro
L'isolamento e la perdita della voglia di stare in mezzo agli altri viene descritta nel 17% delle
storie
Un altro 12% di persone racconta invece la reazione alla malattia, la voglia di guarire e di
diventare più parte attiva del percorso di cura, fino a usare l'espressione del “combattere” la
Psoriasi.
La figura del medico specialista e del suo staff vengono citati nel 22% delle storie, il più delle
volte con espressioni di gratitudine e sollievo, che sottintendono la fatica fatta a trovare le
persone giuste, oltre alla terapia giusta, cui affidarsi
Il futuro è citato dal 25% dei pazienti, che spaziano tra speranza in nuove cure che possano
far sparire la malattia e propositi di buona convivenza con essa e di cure regolari
Il racconto
semi-strutturato
Storie di vita negli anni d’argento
50 storie di persone anziane fragili e loro caregiver
Traccia semi-strutturata:
 il vissuto della persona: la storia di vita prima della
fragilità;
 la quotidianità e la qualità della vita: ruolo
famigliare, sociale, autonomia;
 la gestione dell’incontinenza nel domicilio;
 il supporto del territorio: servizi socio-assistenziali,
soluzioni abitative, mobilità, sostegno economico.
Storie di vita negli anni d’argento
Cerco di gestirmi meglio che posso e di non abbattermi
“Ho 92 anni. Vivo da sola, ero sposata e avevo una figlia, ma purtroppo sono morti entrambi e sono
rimasta proprio sola. Ho dei nipoti che vivono a M, ma vengono a trovarmi solo ogni 15 giorni.
Quando ero ragazza avevo iniziato a studiare, ma poi mi sono sposata e ho interrotto gli studi. Stavo
meglio a casa mia, ma comunque…Mio marito aveva una specie di taxi, allora io mi sono presa la patente e
mi sono messa ad aiutarlo. Eravamo sempre in giro ad accompagnare le persone, andavo spesso fino alla
città più vicina.
Sono incontinente da 4 anni, prima di allora non avevo mai avuto nessun problema. I miei riferimenti sono
il medico di base e il cardiologo, perché ho avuto 2 infarti. Andavo anche da un oculista perché soffro di
maculopatia agli occhi, ma era troppo lontano e, dopo avere fatto le iniezioni, ho visto che non mi è servito
a niente, anzi sono peggiorata, e adesso non vado più. Ogni anno dovrei anche fare la visita dal nefrologo, e
purtroppo devo andare privatamente perché con il pubblico mi avrebbero dato l'appuntamento tra troppi
mesi, invece in questo modo me l'hanno dato subito.
Con l’incontinenza il disagio c'è, però riesco a gestirla e mi muovo; mi cambio spesso, sia di giorno che di
notte.
Per ora riesco ad essere abbastanza autonoma. Esco al mattino, vado a Messa e mi faccio il mio giretto,
prendo il mio pane e il mio latte, e poi trovo delle amiche che mi accompagnano a casa. Quando torno a
casa faccio i miei piccoli lavori, e poi al pomeriggio vado al centro anziani del paese; mi faccio
accompagnare da una specie di taxi che pago 2 euro al giorno. In realtà ormai al centro anziani io non
posso fare più niente perché non vedo quasi nulla; una volta giocavo a carte, ma adesso non vedo più le
carte. Chiacchiero un po' con delle amiche, anche se la maggior parte delle persone che va lì gioca a carte.
Siamo un bel numero di persone, ci conosciamo perché siamo del paese.
Per la gestione della casa ho bisogno di aiuto, tutte le settimane viene una donna a pulire; per la spesa
chiedo spesso ai vicini di aiutarmi. Io esco e faccio le piccole commissioni e i giretti. Oggi sono venuta qui a
piedi da casa mia, anche se con fatica…
Storie di vita negli anni d’argento
Leggo molto, faccio taglio e cucito, non mi annoio
“Io ho un problema precoce di incontinenza da circa 2 anni, causato dalla presenza di un fibroma molto
grosso che non posso togliere chirurgicamente perché, avendo già subito numerosi e rischiosi interventi
chirurgici, i medici hanno deciso di non farmi rischiare ulteriormente. Il fibroma è stata la conseguenza di
un'infezione comparsa in seguito agli interventi chirurgici che ho avuto. E' stata una cosa lunga, sono
stata in rianimazione per molto tempo, e poi per 2 anni ho dovuto fare quotidianamente le flebo di
antibiotici, andavo in ospedale tutti i giorni, anche Natale e Pasqua.
Prima facevo l'infermiera, mi mancavano 6 mesi per arrivare ai 40 anni di lavoro. Adesso invece sono in
pensione. Pensavo che avrei passato la pensione diversamente, viaggiando, invece, essendo rimasta con la
stampella, devo fare cose più leggere. Ma è andata bene così, qualcuno devo ringraziare, ero finita in
rianimazione e sono ancora qui a raccontarlo, sana di mente.
Vivo a casa da sola, sono vedova da 15 anni e ho una figlia che però va e viene, perché vive in un'altra città.
Sono anche nonna, ho 2 nipotini piccoli. A casa sono autonoma, faccio da mangiare e le mie cose, usando la
stampella. Poi viene ogni tanto una signora a fare le pulizie di casa più pesanti, sennò uno si ammazza per
che cosa, per risparmiare soldi che poi spenderei in medici?
Guido un'auto con il cambio automatico; per 3 anni non ho più guidato, ma non andava bene come
soluzione, e invece adesso sono comodissima. Poi se devo camminare cammino, però senza borse della
spesa. Leggo molto e faccio taglio e cucito, mi metto lì, cerco le stoffe e faccio gli orli. Non mi annoio. Ho
una casa in affitto al mare, dove vado spesso per cambiare aria e non rischiare di ammalarmi, anche perchè
non posso fare il vaccino dell'influenza. Lì mi annoio ancora meno, perchè esco tanto e sto in spiaggia,
anche se coperta perchè non posso prendere il sole. Cerco di tenermi un po' con il cibo, dovrei seguire una
dieta ma non ci riesco. E' mia figlia che insiste...anche per questo mi muovo sempre, sennò apro la dispensa
e mi metto a mangiare!...
Storie di vita negli anni d’argento
Preferisco che resti a casa sua e faccia le sue cose con calma
“Mia mamma ha 84 anni ed è incontinente da 3, fa fatica a deambulare, anche perché ha avuto parecchie
malattie. In parte continua ad essere autonoma, e io stessa cerco di stimolarla a rimanere autonoma.
Vive con me e io fortunatamente lavoro presso una casa di cura e faccio i turni, quindi riesco a gestire mia
madre da sola. Me ne occupo solo io. Io l'accompagno fuori per ogni cosa, ma generalmente esce solo per
fare delle visite mediche, sennò sta a casa. In casa, a seconda della giornata, si barcamena con il bastone;
anche se cammina, non sta in equilibrio. Certi giorni devo starle un po' più dietro del solito, dipende, io
cerco di individuare che tipo di giornata è e da lì mi regolo.
Di testa c'è, anche se ha avuto recenti momenti di disorientamento, è anche caduta e per alcuni giorni
successivi alla caduta non è stata molto a posto con la testa, aveva comportamenti strani e diceva cose
strane. Dipende dai giorni, ma certo non è più la mamma di prima. Lo capisco anche quando guarda i film,
lei adorava i polizieschi ma adesso vedo che non riesce più a stare dietro alle trame, si confonde.
Viviamo insieme da sempre, per me è difficile andare a vivere da sola, con il mio stipendio, e poi mi fa
piacere aiutare la mamma, vorrei evitare più che posso la casa di riposo. Preferisco che resti a casa sua e si
faccia le sue cose con calma, anche si ci mette due ore per fare qualunque cosa, tanto non ha fretta.
Ho appena fatto la richiesta per la fornitura per l'incontinenza, avevo richiesto sia i pannoloni che le
traverse, ma ci passano solo pannoloni. Se per i pannoloni mi sento supportata, per il resto mi sento
abbandonata, nel senso che per ogni cosa ti fanno girare e rigirare, io fortunatamente faccio i turni e riesco
a barcamenarmi. Ad es., volevo richiedere il deambulatore, ma la ASL ti fa girare e rigirare, stavo pensando
di informarmi sul prezzo e comprarlo da me. E poi non riesco ad ottenere l'accompagnamento, anche se
mia madre ha il 100% di invalidità. In questo, la dottoressa di base non ci aiuta. Quando dobbiamo fare
delle visite mediche, io pianifico ogni spostamento, che ci costa molta fatica, ma io calcolo bene i tempi e
lascio che mia madre cammini piano piano con il bastone; i medici ci vedono arrivare puntuali, con mia
madre che cammina, e mi dicono che non serve l'accompagnamento perché cammina da sola, ma non si
rendono conto che in realtà lei non sta in equilibrio e non può camminare da sola; una volta è anche caduta
in casa e l'ho portata al Pronto Soccorso…
Di cosa parlano le storie…
casa
giorni
modello/prodotto
200
180
160
sola/o
mamma/madre
140
medico
120
pannolone/i
100
80
famiglia/famigliare
problema/i
60
40
20
padre/papà
prima
0
richiesta
spesa/pagare/compra…
notte
cambiare
badante
incontinente/incontin…
autonoma-…
sorella/fratello
figlia/i
ONICE Obesità Narrata in Italia:
verso una cura efficace
L’obiettivo del progetto era quello di promuovere, attraverso la
metodologia della cura (o medicina) narrativa, una cultura di buone cure
sull’obesità. Ulteriore scopo era quello di valorizzare le testimonianze di
professionisti e persone obese al fine di consentire uno scambio alla pari
tra “obesi guariti” e “obesi non guariti”.
Lo studio ha avuto una durata di 3 mesi (marzo-maggio 2011) ed ha
coinvolto 149 persone obese e 25 professionisti sanitari e non che
operassero nel campo dell’obesità.
Erano attese cento storie, ne sono arrivate molte di più: e questo è il
sintomo della grande voglia di aprirsi a parlare di sé, usando lo strumento
della narrazione.
La favola semi-strutturata
C’era una volta un bambino/a…
Al massimo peso raggiunto si sentiva…
La quotidianità con «gli altri»…
Il viaggio nelle cure: i fallimenti…
La gioia dei primi risultati…
Il suo/a compagno/a reagiva…
Ma un bel giorno scoprì la chirurgia bariatrica…
Il giorno dell’intervento…
La scelta si è rivelata…
Oggi il/la protagonista si sente…
Il sopraggiungere dell’obesità
L’"essere obeso"
Il viaggio nelle cure
Ospitata sul sito web dell’Associazione Amici degli Obesi
La raccolta diretta delle
storie: le interviste
Progetto ANTARES
Analisi delle lesioni midollari Non Traumatiche: Assistenza, Regole,
Equipe, Statistiche
“La composizione dell’offerta socio-sanitaria per le persone con lesione
midollare di origine non traumatica: censimento delle strutture, delle
professioni e delle tipologie assistenziali esistenti in Italia ”
Obiettivi del progetto: il Focus Spina Bifida
Analisi dell’organizzazione dei percorsi di cura per le persone con Spina
Bifida in Italia.
Particolare attenzione alla fase del Transitional Care e alla gestione dei
percorsi di cura per l’età adulta.
Cos’è il Transitional Care?
Definito come un set di interventi e azioni per assicurare il coordinamento e la
continuità assistenziale durante il passaggio di un paziente tra diversi livelli di
cura. Basato su un programma che prevede che tutte le nuove figure mediche
siano formate sulla gestione delle patologie croniche e informate sulle condizioni
cliniche, le preferenze e gli obiettivi del paziente (Improving the Quality of
Transitional Care for Persons with Complex Care Needs. Journal of the American
Geriatrics Society - 2003).
Essenziale per le persone con necessità di cure complesse e utilizzato per gli
adolescenti e i giovani adulti (15-25 anni) con patologie croniche per il passaggio
dai centri di cura pediatrici a quelli rivolti all’età adulta. (American Academy of
Pediatrics “A consensus statement on health care transitions for young adults with
special health care needs”, Pediatrics, 2002).
Le premesse
Circa l’80-90% delle persone con Spina Bifida raggiunge l’età adulta
(fonte: Istituto Superiore di Sanità).
Nuove esigenze di cura: fisiche, funzionali, psicologiche e sociali…
Come gestirle? Dove gestirle? Quali figure professionali di riferimento?
Riorganizzare i percorsi di cura?
Dibattito in corso tra i professionisti medici, le organizzazioni sanitarie e
le associazioni.
Lo strumento di indagine scelto: l’intervista
Indagine qualitativa attraverso interviste a referenti medici e persone con
Spina Bifida (o loro famigliari), orientate ad approfondire i percorsi di
cura offerti sul territorio nazionale.
In presenza: 75%; Telefoniche: 11%; Via telematica: 14%.
I due punti di vista:
Traccia intervista professionisti:
Traccia intervista pazienti:
Dati struttura: n.posti letto, modalità
assistenziale, team;
Dati persona: età, residenza;
RETE regionale/nazionale e con US: transizione
età pediatrica/adulta;
Percorso di cura: n. e tipologia strutture
consultate, figure di riferimento, supporto
territorio, trasferimenti extra-regione;
Attività assistenziali: gestione cura persona con
SB pediatrica/adulta
Età adulta: riferimenti;
Attività formative: prevenzione, supporto
psicologico, formazione, servizi territoriali
Gestione vescico-sfinterica: disfunzioni,
complicanze, cateterismo
Criticità e problematiche emergenti
Progetti/programmi
Rete: conoscenza centro;
Gestione vescico-sfinterica: modalità
adottata, complicanze;
Criticità riscontrate
Proposte e suggerimenti
First International Congress
Narrative Medicine and Rare Diseases
Rome, 4th June 2012
Adults with Spina Bifida:
Transitional Care or leaving
patients alone? Two different
points of view
Riorganizzazione dei
percorsi di cura e
Transitional Care
Vuoto di cura e senso di
abbandono
Transitional care risposta
per conciliare i due punti di
vista
Per curare chi cura…
Il racconto attraverso la fiaba: progetto
VEDUTA - Valori Esistenziali contro il Dolore nelle Unità
di Terapia e Assistenza
Analisi di clima organizzativo progettata e realizzata nel 2012 da
Fondazione ISTUD con Federdolore, Ministero della Salute e
Cittadinanza Attiva
• Abbiamo raccolto 244 storie di fiabe dai professionisti delle unità di
cure palliative di tutta Italia
• Da tale lavoro, la carta dei valori della Società Italiana di Cure
Palliative è stata riscritta.
• Comunicazione orale accettata al world congress «What future for
narrative medicine?», Londra 2013
I pazienti e i famigliari: non fonte di stress ma di energia per il
98% dei professionisti; il senso di una professione
I motivi di soddisfazione relazionale
L’ascolto e la comprensione del
paziente rigenerano e stimolano
l’operatore sanitario
Le cause di stress
37,5%
23,4%
15,8%
12,0%
8,2%
3,3%
Il
I familiari Entrambi Nessuno
paziente
Altro
Non
risponde
"Practictioners must be prepared to offer the self as a therapeutic instrument".
Rita Charon, Narrative medicine: Honoring the stories of illness: Oxford University Press, 2006
Uomo, 46 anni, Medico con funzione di coordinamento dedicato
part time alla terapia del dolore
“C'era una volta un ragazzino di dodici anni che attraverso un lungo viaggio arrivò
davanti al mare in una sera di primavera, al paese delle cure alle persone che soffrivano:
poco distante dalla spiaggia c’era un piccolo villaggio di pescatori dove ognuno era partecipe
della vita degli altri. Il paese era vicino al villaggio, dava sul mare, dietro una pianura e poi
le montagne. In quel paese non c'erano solo le persone che soffrivano che erano venute
da ogni città vicina ed erano persone fatte di acqua, ma c'erano anche i loro cari attorno e
questi erano fatti di aria. E poi, in quel paese, vivevano tutti gli altri che si erano fermati lì
per curare quelli che ne avevano bisogno ed erano fatti di terra. Quando il ragazzino vide per
la prima volta i visi delle persone intente a curare e pensò che quei visi fossero sereni,
e poi guardò le mani e pensò che quelle mani fossero capaci, e poi guardò ciò che facevano,
e ascoltò le loro parole che erano parole di rassicurazione. Allora decise che si sarebbe
fermato in quel paese perché avrebbe potuto essere come loro. Ma un brutto giorno
accadde che gli uomini grigi della città decisero di costruire qualcosa che lui sapeva sarebbe
stato inutile, lì in quel posto. Poi però successe anche che quegli uomini grigi non
riuscivano a sopportare la luce, il profumo del mare, l’aria fresca che scendeva dalle montagne e
andarono a costruire ciò che era inutile nel deserto al di là delle montagne. Ora quel paese è
tornato alla tranquillità. Quel paese sarà felice a condizione di saperne leggere la bellezza.”
Donna, 44 anni, infermiera professionale
C'era una volta una farfalla con grandi ali e colori allegri e splendenti che attraverso un lungo viaggio
fra fiori profumati e sgargianti, frutti colorati e fili d'erba arrivò al paese delle cure alle persone che
soffrivano perché una brutta malattia aveva spento i loro colori e non riuscivano più a vedere nulla
attorno a loro. Il paese era circondato da colline verdi punteggiate di fiori, specchi d'acqua limpidissima,
animaletti colorati che zampettavano allegramente ovunque. In quel paese non c'erano solo le persone
che soffrivano che erano venute da tutti quei paesi che prima erano allegri colorati, pieni di vita e di
armonia ed erano fatte di colori spenti, tristi, opachi e sempre più bui, ma c'erano anche i loro cari
attorno e questi erano fatti di vibrazioni di ansia, di moti di preoccupazione, di sorrisi e rassicurazioni
dipinte di giallo per nascondere la verità. ...... Quando la farfalla, attraverso gli occhi delle persone che
soffrivano vide per la prima volta i visi delle persone che curavano, pensò che quei visi fossero
come un raggio di sole che fa risplendere i colori, poi guardò le mani e pensò che quelle mani fossero
lì per stringere le tue e portare via la paura e l'angoscia e poi guardò i loro occhi che non nascondevano
la verità e ascoltò le loro parole quando gli dissero che poteva parlare liberamente, chiedere tutto ciò che
voleva sapere, dire quando si sentiva pronto per rivedere tutti i colori nel paese attorno a sé e nel volto e nel
cuore dei suoi cari. Allora decise che era il paese giusto per fermarsi perché avrebbe potuto tornare tutto
come prima. Ma un brutto giorno accadde che i colori sparirono di nuovo, la luce si offuscò, la paura
ritornò. Poi però successe anche che tutti si strinsero attorno a lui e con i loro occhi e le loro mani
riportarono la serenità e la consapevolezza che anche il sole ogni giorno se ne va..e un giorno tutti ce ne
andremo..ma finché si è in questo paese, i colori e la luce devono esserci sempre..dentro e attorno a noi.
Ora quel paese è conosciuto da tutti coloro che soffrono.
Quel paese sarà felice a condizione di poter sempre essere nelle condizioni di restituire colore, luce e
serenità.
Gli idealtipi nelle metafore
• La metafora maggiormente ricorrente (39%) è l’aiuto al malato “ultima
spiaggia”, “la luce dopo il tunnel” “un grande ombrello”, “il porto per un mare in
tempesta” “un’ancora di salvezza”- l’icona del benefattore.
• La seconda immagine maggiormente ricorrente (30%) è quella di un
professionista industrioso che lavora instancabilmente “un sarto industrioso
senza attrezzi”, “pronto a far tutto la notte e il giorno sempre d'intorno in giro sto...
(Barbiere di Siviglia)”, “un amalgama tra gli altri specialisti”, “a volte mi sento
come il vigile all'incrocio trafficato che deve cercare il modo migliore per rendere
fluido ed efficace la circolazione”.
• Segue la metafora dell’eroe -declinato da don Chisciotte con i suoi mulini a
vento, al Crociato al Paladino- che rappresenta il 14% delle risposte e descrive
un animo idealista e orientato a grandi obiettivi a volte non sempre
realizzabili.
• Un altro 11% esprime invece immagini riconducibili al solitario.
• L’ultimo 5% rappresentato restituisce immagini di prigioniero o limitazioni
classificabili come mancanza di libertà decisionale nel contesto professionale
Le metafore e i sentimenti, l’analisi emozionale
8%
8%
40%
75%
33%
50%
17%
28%
30%
67%
28%
50%
30%
28%
8%
professionista
industrioso
eroe
senza libertà
decisionale
solitudine
Test di valutazione del burn-out di Maslach.
Analisi delle emozioni di Goleman
sollievo
gioia
rabbia
dolore
paura
Dal dolore del
professionista
industrioso alla
rabbia di chi è
prigioniero
Nel paese delle cure palliative le persone saranno serene se …
“non saranno ingannate da chi gli promette cose irreali”
“si trova un linguaggio per capirsi ed il coraggio di andare incontro ad ogni
altra marea in arrivo”
“si trova il modo di considerare ogni piccola cosa”
“non si tradiscono le persone che passano”
“si mantiene un equilibrio tra umanità e management”
“si conosce la verità e non le menzogne”
“si rispettano le scelte e le volontà dei suoi abitanti”
“non si permette alle persone di arrivare prive di valori, interessate solo al
denaro, e che non hanno fiducia”
“non ci si farà condizionare da donne e uomini privi di sentimenti, o distaccati
dalle condizioni degli altri”
Gli esiti
 Consapevolezza dei terapisti del dolore dei punti di forza e delle fragilità
 Riedificazione organizzativa interna delle unità di terapia del dolore: la
leadership deve essere nella logica della diversità e integrazione tra gli
idealtipi individuati, prendendone le positività da ciascuno
 Rafforzamento della rete dei terapisti del dolore per passare dalla
competizione alla cooperazione. I professionisti hanno fiducia in sé stessi;
più sfiducia c’è nella rete dei terapisti del dolore, a volte i "paesi vicini" sono
vittime del campanilismo.
 Un riconoscimento della motivazione nel curare, fonte di rinnovata energia
per gli operatori e, di riflesso, per i pazienti.
 Paura sul fatto che finiscano i rifornimenti di medicinali contro il dolore.
 E’ oggi troppo spesso muro il dialogo con gli amministrativi: possibili
azioni di coinvolgimento “empatico” potrebbero essere funzionali al pieno
decollo della terapia del dolore.