VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 1 VITAOSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA ANNO LXIX - N° 02 FEBBRAIO 2014 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 2 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 3 EDITORIALE S O M M A R I O 4 La giornata mondiale del malato 5 La seconda navigazione della bioetica 6 Schiavitù 7 Ma in che mondo viviamo 8 L’alimentazione dei bambini come stile di vita per prevenire l’obesità 9 La frattura dell’estremo prossimale del femore nel grande anziano: anestesia generale o anestesia loco-regionale? 10 Ampollosità, vistoso abbigliamento e vuoto linguaggio caratterizzano i dottori nel XVIII secolo XL – ...ma altri geniali medici imboccano la strada della moderna patologia d’organo 11 Schegge Giandidiane N. 40b Fra Giovanni Battista Orsenigo un gigante dal cuore buono 15 Ora tocca a Lui! 16 Convulsioni da ossigeno iperbarico: perchè si verificano e come prevenirle 17 Le principali malattie parassitarie dell’apparato urogenitale: L’Echinococcosi 18 Giovani... vivete in pienezza la vostra vita! DALLE NOSTRE CASE 19 Ospedale San Pietro - Roma Un beneventano al San Pietro di Via Cassia 20-21 Ospedale Sacro Cuore di Gesù - Benevento Consegna di una targa per il progetto di fotodinamica tra la dermatologia del Fatebenefratelli e lʼInner Wheel di Benevento Seminario di studio: “standard di organizzazione e di performance della sala operatoria” 22 Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo Iniziati i lavori di costruzione del centro di accoglienza “Beato P. Olallo” Giornata mondiale del malato: la messa in ospedale” 23 Newsletter - Filippine VITA OSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana ANNO LXIX Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000 Via Cassia 600 - 00189 Roma Tel. 0633553570 - 0633554417 Fax 0633269794 - 0633253502 e-mail: [email protected] [email protected] Direttore responsabile: fra Angelico Bellino o.h. Redazione: Franco Piredda Collaboratori: fra Elia Tripaldi sac. o.h., fra Giuseppe Magliozzi o.h., fra Massimo Scribano o.h., Mariangela Roccu, Maria Pinto, Raffaele Sinno, Pier Angelo Iacobelli, Alfredo Salzano, Cettina Sorrenti, Simone Bocchetta, Fabio Liguori, Raffaele Villanacci, Bruno Villari, Antonio Piscopo Archivio fotografico: Fabio Fatello Orsini Segreteria di redazione: Marina Stizza, Katia Di Camillo Amministrazione: Cinzia Santinelli Grafica e impaginazione: Duemme grafica Stampa: Fotolito Moggio Strada Galli s.n.c. - 00010 Villa Adriana - Tivoli (RM) Abbonamenti: Ordinario 15,00 Euro Sostenitore 26,00 Euro IBAN: IT 58 S 01005 03340 000000072909 Finito di stampare: febbraio 2014 In copertina: Giovanni Paolo II incontrando nella visita pastorale del luglio 1990 i malati del nostro Ospedale di Benevento, dove siamo da 400 anni MISTERO DELLA SOFFERENZA L L. Baldi: San Giovanni Grande assistendo un appestato RUBRICHE a Chiesa riconosce in voi, cari ammalati, una speciale presenza di Cristo sofferente. È così: accanto, anzi, dentro la nostra sofferenza c’è quella di Gesù, che ne porta insieme a noi il peso e ne rivela il senso». Sono le parole di Papa Francesco nel messaggio per la XXII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (11 febbraio 2014), il cui tema era “Fede e carità: ‘Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli’ (1 Gv 3,16)”. «Quando il Figlio di Dio è salito sulla croce - scrive il Papa ha distrutto la solitudine della sofferenza e ne ha illuminato l’oscurità. Siamo posti in tal modo dinanzi al mistero dell’amore di Dio per noi, che ci infonde speranza e coraggio: speranza, perché nel disegno d’amore di Dio anche la notte del dolore si apre alla luce pasquale; e coraggio, per affrontare ogni avversità in sua compagnia, uniti a Lui. Il Figlio di Dio fatto uomo non ha tolto dall’esperienza umana la malattia e la sofferenza, ma, assumendole in sé, le ha trasformate e ridimensionate. Ridimensionate, perché non hanno più l’ultima parola, che invece è la vita nuova in pienezza; trasformate, perché in unione a Cristo da negative possono diventare positive. Gesù è la via, e con il suo Spirito possiamo seguirlo. Come il Padre ha donato il Figlio per amore, e il Figlio ha donato se stesso per lo stesso amore, anche noi possiamo amare gli altri come Dio ha amato noi, dando la vita per i fratelli». «La fede nel Dio buono diventa bontà - afferma Papa Francesco -, la fede nel Cristo Crocifisso diventa forza di amare fino alla fine e anche i nemici. La prova della fede autentica in Cristo è il dono di sé, il diffondersi dell’amore per il prossimo, specialmente per chi non lo merita, per chi soffre, per chi è emarginato». Il Papa ricorda che «quando ci accostiamo con tenerezza a coloro che sono bisognosi di cure, portiamo la speranza e il sorriso di Dio nelle contraddizioni del mondo. Quando la dedizione generosa verso gli altri diventa lo stile delle nostre azioni, facciamo spazio al Cuore di Cristo e ne siamo riscaldati, offrendo così il nostro contributo all’avvento del Regno di Dio». Papa Francesco prosegue il suo messaggio invitandoci a guardare a Maria come a nostro modello, poiché è «la Madre di Gesù e Madre nostra, attenta alla voce di Dio e ai bisogni e difficoltà dei suoi figli. Maria, spinta dalla divina misericordia che in lei si fa carne, dimentica se stessa e si incammina in fretta dalla Galilea alla Giudea per incontrare e aiutare la cugina Elisabetta; intercede presso il suo Figlio alle nozze di Cana, quando vede che viene a mancare il vino della festa; porta nel suo cuore, lungo il pellegrinaggio della vita, le parole del vecchio Simeone che le preannunciano una spada che trafiggerà la sua anima, e con fortezza rimane ai piedi della Croce di Gesù. Lei sa come si fa questa strada e per questo è la Madre di tutti i malati e i sofferenti. Possiamo ricorrere fiduciosi a lei con filiale devozione, sicuri che ci assisterà, ci sosterrà e non ci abbandonerà. È la Madre del Crocifisso Risorto: rimane accanto alle nostre croci e ci accompagna nel cammino verso la risurrezione e la vita piena». «San Giovanni, il discepolo che stava con Maria ai piedi della Croce, ci fa risalire alle sorgenti della fede e della carità, al cuore di Dio che ‘è amore’ (1 Gv 4,8.16), e ci ricorda che non possiamo amare Dio se non amiamo i fratelli. Chi sta sotto la Croce con Maria, impara ad amare come Gesù. La Croce è la certezza dell’amore fedele di Dio per noi. Un amore così grande che entra nel nostro peccato e lo perdona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la forza per portarla, entra anche nella morte per vincerla e salvarci…La Croce di Cristo invita anche a lasciarci contagiare da questo amore, ci insegna a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi soffre, chi ha bisogno di aiuto». VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 4 CHIESA E SALUTE LA GIORNATA MONDIALE DEL MALATO Fra Elia Tripaldi sac. o.h. L a “Giornata Mondiale del Malato’’, - istituita dal Pontefice ora Beato Giovanni Paolo II, dietro sollecitazione del card. Fiorenzo Angelini, presidente del “Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari”, oggi “Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute” – “ha lo scopo manifesto di sensibilizzare il Popolo di Dio e, di conseguenza, le molteplici Istituzioni Sanitarie Cattoliche e la stessa società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi è ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello soprannaturale, la sofferenza; a coinvolgere in maniera particolare le diocesi, le comunità cristiane, le Famiglie religiose nella pastorale sanitaria; a favorire l’impegno sempre più prezioso del volontariato; a richiamare l’importanza della formazione spirituale e morale degli operatori sanitari e, infine, a far meglio comprendere l’importanza dell’assistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e regolari, nonché di quanti vivono e operano accanto a chi soffre1. Anche il Pontefice emerito, Benedetto XVI, nei suoi messaggi inviati a tutti gli operatori sanitari, pastorali e volontari nell’avvicinarsi della “Giornata”, richiama l’importanza di questo evento che “offre l’opportunità alle comunità parrocchiali e diocesane di prendere sempre più coscienza di essere “famiglia di Dio”, e le incoraggia a rendere percepibile nei villaggi, nei quartieri e nelle città l’amore del Signore, il quale chiede “che nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra perché nel bisogno” (Deus caritas est, 25). La testimonianza della carità fa parte della vita stessa di ogni comunità cristiana”(Messaggio, 2.2.2009). La sua prima celebrazione è avvenuta l’11 Febbraio 1993, giorno della memo- 4 - sviluppare e animare la pastorale della salute nelle nostre diocesi, parrocchie e strutture sanitarie, coinvolgendo i diversi soggetti; ria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, riferimento significativo perché, “insieme con Maria, madre di Cristo, che stava sotto la croce, ci fermiamo accanto a tutte la croci dell’uomo di oggi”2. Infatti il Sommo Pontefice, il quale ogni anno offre ai fedeli un messaggio con un tema diverso, ne affidava l’efficacia soprannaturale, oltre che alla mediazione di Maria “Salus Infirmorum”, anche all’intercessione dei santi Giovanni di Dio e Camillo de Lellis, patroni dei luoghi di cura, dei malati e degli operatori sanitari. - richiamare la necessità della formazione degli operatori sanitari; - promuovere l’impegno di un volontariato sanitario associativo e non associativo nel territorio per una vicinanza al sofferente e per offrire quel “supplemento d’anima” che spesso manca nelle istituzioni; Se ogni uomo lo sentiamo come nostro fratello – ricorda Benedetto XVI – tanto più coloro che sono deboli, sofferenti, bisognosi di cura e per questo anche dimenticati ed emarginati. Infatti “la misura dell’umanità – specifica il Papa - si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana” (Spe salvi, 38). Parole molto forti, capaci di scuotere le società del benessere e di accrescere in ciascuno di noi la sensibilità e la dedizione verso chi è nella sofferenza e verso la cultura e il rispetto della vita. A questo proposito si possono fissare alcune finalità e obiettivi allo scopo di rendere questa “Giornata” proficua mediante incontri ad hoc, tavole rotonde, liturgie per sensibilizzare gli operatori socio-sanitari a un generoso e puntuale servizio verso il malato. È importante, quindi, richiamare le finalità di questa “Giornata”: - sensibilizzare la comunità cristiana e la società civile per una cura più attenta e più adeguata delle persone; - aiutare le persone malate a sentirsi soggetto attivo e responsabile nella comunità cristiana da evangelizzare e da salvare e metterci in ascolto per individuare sempre meglio i gesti più sananti per essi; - sviluppare un dialogo interreligioso, con le varie confessioni religiose presenti nel territorio per affrontare, dal punto di vista umano, etico e religioso, alcune grandi tematiche della salute, come HIV/AIDS, tubercolosi, ecc. soprattutto in Paesi in via di sviluppo3. L’importanza e l’animazione che saremo in grado di dare a questa “Giornata” può farci riscrivere con più slancio la parabola del Buon Samaritano. _________________ PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI, Dolentium Hominum, n.20 – Anno VII (N.2) 1992, p. 3 2 GIOVANNI PAOLO II, Salvifici Doloris, 1996, n. 21 3 Cfr CEI, Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute, Alla scuola del malato, XIV Giornata Mondiale del Malato, Camilliane 2006, p. 5 1 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 5 BIOETICA LA SECONDA NAVIGAZIONE DELLA BIOETICA Raffaele Sinno A partire dal 1970, la bioetica si è diffusa come un’epidemia, creando un’illusione di una scelta etica in un contesto essenzialmente non etico. Questo contesto è nato dall’estensione dell’ambito della medicina dal momento del concepimento a quello dei prelievi di organi. In questo nuovo campo operativo, la medicina ha cessato di riguardare la sofferenza di una persona malata: l’oggetto delle sue cure è diventato qualcosa che si chiama una vita umana... Etica, istituzioni, programmi e corsi hanno creato un discorso in cui la vita si presenta oggetto di management medico, professionale e amministrativo. Così, l’ombrello della razionalizzazione accademica presta ora legittimità a un’impresa essenzialmente scorretta. L’etica medica oscura così la pratica della virtù e della sofferenza”1. Quest’analisi della nascita, e progressione della bioetica, sicuramente attiene a una visione profondamente pessimista sui cambiamenti e nuove potenzialità che si sono verificate nell’ambito della salute umana, grazie a un progresso della tecno medicina che ha sovvertito e velocizzato dogmi e strutture radicate nel corso dei secoli. Indubbiamente la riflessione della bioetica, nella sua prima fase, ha determinato un riavvicinamento tra saperi che si erano drammaticamente separati dopo la rivoluzione galileiana baconiana avvenuta nel Seicento, e proseguita fino al secolo scorso, con l’intromissione nella vita di una big science manipolativa e sostitutiva del destino umano. In questo incedere, se da un lato è stato possibile un approfondimento critico delle questioni etiche all’interno della scienza, dall’altro è emersa un’importante questione fondativa. Nei nostri tempi si è evidenziata l’irrealizzabilità di un’etica condivisa, e dal pluralismo si è giunti alla deriva del relativismo morale. Il tentativo di affrontare le questioni biopolitiche ricorrendo al proceduralismo minimo condiviso vacilla nei riguardi di complesse questioni contemporanee. In effetti, l’argomento del postumano, le intromissioni delle bionanotecnologie nella vita quotidiana, la possibilità di generare mondi virtuali con le applicazioni informatiche nel biotech, evidenziano la fragilità dell’etica minima che ha abolito dal suo orizzonte la riflessione dell’essere, e la ricerca della verità come dato esistenziale dell’uomo. Egli rimane inerte di fronte a tali domande: dove finisce la natura dell’umanità, e quali sono i nuovi modelli d’integrazione con gli oggetti creati dalla mente umana? Quale valore bisogna attribuire agli impianti biologici non più riparativi, ma sostitutivi di ciò che continuiamo a chiamare homo sapiens? In tale situazione culturale, la bioetica davvero è un sapere che interroga criticamente la conoscenza, ponendo in evidenza i pericoli e le possibilità degli scenari futuri. Per questo la scienza, nella sua logica operativa, è in grado di decifrare ciò che manipola, tuttavia la riflessione etica sin da ora dimostra che essa è incapace di giustificare il senso delle cose e degli eventi, come insegna la riflessione del filosofo Wittgenstein. La realtà dell’essere rimane ovviamente un enigma e un mistero, poiché non comprenderemo mai fino in fondo il senso della vita o dell’universo, né potremo illuderci di estendere il nostro potere di controllo sulla natura che ci circonda. Difatti, poter decidere i nostri personali destini, intervenendo sui processi del nascere e del morire, oppure ipotizzare un homo bionico che annulla la sofferenza e la morte, dimostra che la ragione si è profondamente svincolata dalla ragionevolezza, sia nell’indagine filosofica, sia etica, che scientifica. Per evitare che dalla fase di manipola- zione si passi a quella di una nuova catastrofe di grandi proporzioni2, in cui l’uomo scopre di potere tutto ovvero nulla, è fondamentale riconsiderare un nuovo percorso per la bioetica. Si tratta di una seconda navigazione, in modo da rifondare gli elementi dell’essenzialità umana, ricondurre l’etica e l’indagine filosofica alle domande denotative di ciò che è vero e ciò che è falso, a quelle prescrittive di ciò che è giusto/ingiusto, in un contesto del fine, piuttosto del solo agire. La novità di questa disciplina dunque traspare in questo periodo storico: l’obiettivo è rifondare la società moderna che si è affermata su tre errori fondativi che sono la pretesa di ironizzare ogni ricerca ontologica, la desublimazione del corpo umano libero da ogni controllo, e la deoggettivazione secondo cui non vi sono valori in sé, invece solo esperienze individuali prevaricanti e giustificabili3. Il nuovo percorso della bioetica non rappresenta quindi un ritorno al passato, al contrario spiana le possibilità di un fecondo intreccio che eviti le derive ideologiche, con il fine di proporre una lettura biofila in contrapposizione alla forza distruttiva dell’uomo. In definitiva, si schiudono nuovi orizzonti, e altrettante sfide, che dimostrano la dinamicità e centralità di questa scienza della vita, cerniera e crocevia di un programma che opera per ottenere un’equilibrata sopravvivenza delle future generazioni. _________________ Ivan Illich, Nemesi medica. L’espropriazione della salute, tr.it., Mondadori, Milano 1977, p.144-46 2 Engelhardt Jr. Viaggi in Italia. Saggi di bioetica, a cura di R. Rini e M. Mori, Le lettere, Firenze 2011, p. 54 3 Francesco Bellino, Pensare alla vita, Cacucci Editore, Bari 2013, p. 33 1 5 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 6 SOLIDARIETÀ TRA I POPOLI SCHIAVITÙ Giulio Guarini L a schiavitù non è un lontano ricordo, ma fa parte dell’attualità. Non è storia, ma cronaca. Anche se la schiavitù è stata bandita attraverso la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948” e la “Convenzione supplementare sull’abolizione della schiavitù, la tratta degli schiavi e delle istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù” dell’ONU del 1956, oggi nel mondo vi sono donne, uomini e bambini ridotti in schiavitù. Purtroppo oggi più di ieri. A esempio si calcola che gli schiavi moderni siano più del doppio degli africani vittime della tratta nell’Ottocento. Inoltre il fenomeno è globale: nessun continente è risparmiato, paesi poveri e paesi ricchi, se pur in forme diverse, sono colpiti da questa piaga. La Walk Free Foundation (organizzazione australiana sostenuta tra gli altri dall’ex segretario di Stato Usa Hillary Clinton e dal co-fondatore di Microsoft Bill Gates) ha pubblicato il “Global Slavery Index 2013”, il primo Rapporto sullo stato della schiavitù nel mondo. Per la prima volta si è deciso di misurare tale fenomeno con la speranza che la sua conoscenza renda le politiche di contrasto più efficaci. Il dato allarmante è che si stimano circa 30 milioni di schiavi di cui il 76% è concentrato nei seguenti paesi: India, Cina, Pakistan, Nigeria, Etiopia, Russia, Tailandia Repubblica democratica del Congo, Myanmar, Bangladesh. I 10 paesi con la percentuale più alta sono Mauritania, Haiti, Pakistan, India, Nepal, Moldova, Benin, Costa d’Avorio, Gambia, Gabon. Tra tutti questi paesi spicca l’India con un numero di schiavi stimato intorno ai 14 milioni di persone. Ciò che colpisce è che tra i dieci paesi più colpiti dalla schiavitù vi 6 siano India, Russia e Cina che rappresentano insieme al Brasile le economie emergenti più importanti al mondo (i famosi BRIC). C’è quindi da chiedersi se la loro crescita economica rappresenti l’emersione da tali “miserie umane”, oppure se quest’ultime siano “il prezzo” da pagare per divenire potenze economiche. Su 162 paesi, l’Italia si posiziona al 132° posto per prevalenza di schiavi (con circa 8.000 unità). Da una parte il Rapporto elogia il nostro paese per le norme di contrasto della schiavitù, dall’altra si sottolinea come l’Italia sia il paese dell’Europa centro occidentale più a rischio. Secondo un Agenzia informativa delle Nazioni Unite, (l’Integrated Regional Information Networks) le principali forme di schiavitù moderna sono: il lavoro forzato, la servitù per debiti, la tratta di esseri umani, il matrimonio forzato o combinato, la schiavitù dei bambini, la schiavitù di possesso. Il lavoro forzato è tipico di settori ad alta intensità di lavoro e poco regolamentati quali soprattutto agricoltura, pesca, fabbricazione, lavoro domestico e industria del sesso. Il servizio per debito sembra essere la forma più diffusa di schiavitù: poveri indebitati che pur di avere la possibilità di ripagare il prestito sono disposti a tutto; tale condizione è drammaticamente ot- timale per il datore di lavoro che sarà libero di sfruttare il lavoratore, senza il rischio di denuncia. La tratta di esseri umani non riguarda solo le migrazioni da paesi poveri verso paesi ricchi, ma sempre di più le migrazioni interne dalle zone rurali alle zone urbane. La schiavitù relativa ai matrimoni non si manifesta solo con il dare in sposa la figlia in cambio di denaro, ma anche nell’ereditare una donna vedova. La forma peggiore di schiavitù riguarda i bambini; il paese più colpito da questa piaga è Haiti con circa un bimbo su 10 sfruttato principalmente nei lavori domestici presso le famiglie agiate delle zone urbane. Nel mondo la dimensione di tale specifico fenomeno è significativa anche se sembra essere in calo nell’ultimo decennio. Infine la schiavitù tradizionale detta “di possesso” che rende una persona “proprietà privata” di un’altra e che può coinvolgere anche i discendenti della vittima è la meno diffusa. Ma il paese in cui è ancora molto presente nonostante il divieto legislativo è la Mauritania con circa 150 mila vittime, che rappresentano circa il 4% della popolazione. Anche un evento sportivo può essere causa di schiavitù. Amnesty International, l’International Trade Union Confederation e altre associazioni internazionali, hanno denunciato la presenza di nuove forme di schiavitù in Qatar, (la cosiddetta Svizzera del Medio Oriente). Infatti, i lavori di costruzione di impianti sportivi e strutture turistiche in vista dei Mondiali di calcio 2022 stanno causando lo sfruttamento di migliaia di immigrati principalmente nepalesi e indiani, che lavorano in condizioni igieniche precarie, a ritmi disumani, con salari da fame. Negli ultimi due anni e mezzo sono morte 700 persone e se non si interverrà seriamente, si prevedono 9.000 morti fino all’inizio dei Mondiali. VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 7 AT T U A L I T À MA IN CHE MONDO VIVIAMO Il Sannita S ul sito Internet della Presidenza del Consiglio si legge: “Attraverso il servizio di assistenza spirituale è garantita, in particolari condizioni o stati della persona umana, la tutela della libertà religiosa agli appartenenti alle Forze armate e di polizia, ai degenti in luoghi di cura e ai detenuti”. Ciò in ottemperanza al dettame: Assistenza spirituale nei luoghi di cura legge 23 dicembre 1978, n. 833 “Istituzione del servizio sanitario nazionale”. L’articolo 38 sancisce, infatti, che “presso le strutture di ricovero del servizio sanitario nazionale è assicurata l’assistenza religiosa nel rispetto della volontà e della libertà di coscienza del cittadino”. Le Regioni italiane hanno sottoscritto con i Presidenti delle Conferenze Episcopali Regionali intese per l’assistenza religiosa negli ospedali. A esempio la Regione Campania ha emesso un ordinamento del servizio di assistenza religiosa cattolica nelle strutture di ricovero con deliberazione della GR n. 1744 del 18 marzo 1997 e la Regione Emilia-Romagna ha deliberato la normativa “Disciplina dell’assistenza religiosa nelle strutture di ricovero delle unità sanitarie locali, Legge regionale 10 aprile 1989, n. 12”. Anche le altre religioni sono tutelate nel rispetto della scelta individuale della libertà di culto. In un momento storico molto complicato per la vita civile e sociale dell’Italia i cittadini si aspettano che una legge dello stato emanata nel 1978, confermata nelle varie leggi di riforma sanitaria successive, concordata tra le Regioni e le Conferenze Episcopali Regionali, sia talmente unanimemente condivisa e riconosciuta valida da non dover essere messa più in discussione. Tutto tranquillo? Forse. Ogni giorno, in tutti gli ospedali italiani pubblici e/o privati tale assistenza è portata al letto degli ammalati, dei sofferenti, dando conforto religioso, spirituale, spesso anche materiale (basti pensare all’enorme mole di beneficenza fatta dalle Caritas e/o dagli Istituti religiosi ogni giorno, in ogni dove e quindi anche negli Ospedali). Tutto questo può essere messo in discussione? Ebbene sì. Il Consigliere Regionale dell’Emilia Romagna on. Franco Grillini (ex numero uno dell’Arcigay), accogliendo le segnalazione dell’Unione Atei e Agnostici Razionalisti, ha dichiarato (28 Gennaio 2014 Deborah Dirani sul “Il Sole 24 Ore”): “È una cosa allucinante – spiega Grillini, che ci tiene a precisare di essere un ateo convinto – come in un periodo di spending review, per cui la Regione Emilia Romagna deve rinunciare a 750 milioni di euro destinati alla sanità e sia costretta a tagliare centinaia di posti letto, la sola voce che non viene limata sia quella relativa al rimborso per i sacerdoti che fanno assistenza religiosa negli ospedali e, cosa ancor più agghiacciante, nelle cliniche private”. San Giovanni di Dio sicuramente si sarà rivoltato nella tomba in quanto da ben 600 e più anni Lui (come fondatore dell’Ospedale moderno) e i suoi successori (i Fatebenefratelli) hanno speso energie inenarrabili per educare i governanti di tutto il Mondo al rispetto e alla dignità dell’uomo sofferente mediante i dettami della medicina umanizzata fautrice della complessità terapeutica inscindibile a supporto del corpo e dello spirito. Ma quanto costa tutto ciò alla Regione Emilia Romagna? 2,2 milioni. Spesa che Grillini ha definito “Un costo allucinante”. Chi sa come ha definito le spese folli dei Consiglieri Regionali di tutte le regioni italiane. Tra appannaggi, vitalizi, gruppi consiliari, etc… si spendono circa 1 miliardo di Euro costo equivalente a quello San Giovanni di Dio della Camera dei Deputati. Solo per queste due istituzioni siamo già a 2 miliardi Euro/anno. Ma di tanti problemi proprio a questo doveva dedicarsi l’on. Grillini? Se questo è un problema i veri problemi quali sono? L’esperienza mi insegna che ogni qual volta che non si vuole discutere dei veri problemi si spara nel mucchio alzando dei polveroni. Se volessimo essere demagogici potremmo dire “Vuoi vedere che alla fine il dissesto economico delle regioni è colpa dei religiosi che fanno assistenza spirituale negli Ospedali?” ma sbaglieremmo ad affermarlo scendendo a un livello di inutile polemica. Speriamo che l’on. Grillini utilizzi scale più congrue sulle priorità della spesa pubblica. Se mettiamo in discussione tale spesa vuol dire che il buon senso e la misura non sono più valori che appartengono alla classe politica (o a parte di essa: che ognuno di noi stabilisca in che percentuale). 7 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 8 SANITÀ L'ALIMENTAZIONE DEI BAMBINI COME STILE DI VITA PER PREVENIRE L’OBESITÀ Mariangela Roccu U n’alimentazione corretta ed equilibrata è essenziale per il mantenimento della salute. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), una nutrizione adeguata e la salute sono diritti umani fondamentali correlati l’uno all’altro. Inoltre, una dieta corretta è un validissimo strumento di prevenzione per molte malattie e di trattamento per molte altre. In Italia, come in ogni parte del mondo, il sovrappeso e l’obesità sono in crescita, tanto che è stato coniato il termine “globesity” per indicare un rilevante problema di salute e di sanità pubblica dato dalla globale e crescente epidemia di sovrappeso e obesità che minaccia la salute della popolazione mondiale. Questo fenomeno non è più circoscritto ai Paesi industrializzati, ma si sta estendendo anche a quelli in via di sviluppo. Gli ultimi dati ufficiali nel nostro Paese stimano che il 25% dei bambini è in sovrappeso, con un picco che si registra nella fascia d’età 9-11 anni, mentre il 13% è obeso. Recenti studi si indirizzano verso la valutazione delle modificazioni epigenetiche del DNA indotte dalla dieta materna, che possono in parte spiegare la trasmissione dell’obesità da una generazione all’altra e l’aumento dell’incidenza di obesità e complicanze cardiovascolari in età pediatrica, tra cui il diabete mellito e il fegato grasso. I ricercatori partono dall’ipotesi che un bambino nato da una madre che si è mal alimentata durante la gravidanza, possa nascere maggiormente resistente all’azione dell’insulina. Si ipotizza, che i grassi assunti con la dieta dalla mamma in gravidanza, possano influire sul feto, inducendo delle modificazioni permanenti 8 dell’espressione dei suoi geni che potrebbero, pertanto, predisporre il feto a diventare obeso. L’ambiente, la dieta, nonché l’esercizio fisico possono modulare tale rischio, influendo sull’espressione dei geni stessi, soprattutto in periodi particolari come la vita intra-uterina. Da uno studio pubblicato su Journal of the American Medical Association (JAMA) è emerso che l’allattamento esclusivo nei primi mesi di vita non è in grado, da solo, di proteggere dal sovrappeso o dall’obesità. L’allattamento materno esclusivo ha numerosi benefici per la mamma e il bambino, ma non serve anche a prevenire l’obesità e il sovrappeso durante l’adolescenza, che deve quindi essere prevenuto attraverso l’attività fisica e un’educazione alla buona alimentazione. Ciò non toglie che l’allattamento al seno vada sempre raccomandato per i primi sei mesi di vita per i notevoli benefici in termini di riduzione delle infezioni e sviluppo cognitivo del bambino. Per prevenire l’obesità nei bambini è importante, quindi, insegnare fin da piccoli abitudini alimentari sane, in particolare: consumare la prima colazione, consumare il maggior numero di pasti in famiglia; utilizzare piatti di piccole dimensioni e porzioni moderate; evitare di utilizzare il cibo come premio o castigo, la proibizione di alcuni alimenti, l’uso di bevande dolcificate al posto dell’acqua e ai pasti, l’uso dei succhi di frutta come sostituti della frutta; incrementare l’uso di frutta, verdura, ortaggi e legumi nell’alimentazione abituale della famiglia. Bisognerebbe limitare l’uso della televisione, spegnendola durante i pasti, incrementando, inoltre, l’attività fisica ogni giorno. Abitudini alimentari non corrette sono associate frequentemente al basso livello socioeconomico e di istruzione delle famiglie. É stato dimostrato che di fronte a una diminuzione del reddito si tende a tagliare sulla spesa domestica, rinunciando ad alimenti salutari, ma relativamente costosi (pesce fresco, frutta e verdura fresche) a favore di altri più economici con alto contenuto di grassi saturi e sale. La situazione italiana viene monitorata da una serie di sistemi di sorveglianza che forniscono informazioni utili per adottare interventi di prevenzione e di promozione della salute da parte delle autorità socio-sanitarie e delle istituzioni. Tra questi va segnalato “Okkio alla salute” che è un sistema di sorveglianza biennale che stima la prevalenza di soprappeso e obesità, attraverso la rilevazione diretta dei valori antropometrici e di alcuni comportamenti nei bambini della classe terza della scuola primaria. Bambini e adolescenti risultano, pertanto, una sottopopolazione particolarmente a rischio non solo di errori alimentari, ma anche di sedentarietà. Il risultato finale è rappresentato da un aumento della frequenza di obesità e sovrappeso in età pediatrica e giovanile e da una marcata predisposizione al mantenimento di questa condizione in età adulta, con il conseguente incremento del rischio di malattie cardiovascolari e del metabolismo. Per i bambini e gli adolescenti, la famiglia e la scuola rappresentano il luogo privilegiato dove si sviluppano i modelli sugli stili di vita alimentari e non. È in questo contesto che l’infermiere di famiglia e l’infermiere scolastico, potranno, attraverso la comunicazione e il coinvolgimento della scuola e della famiglia, aumentare la conoscenza e la consapevolezza per la prevenzione e il trattamento del sovrappeso e dell’obesità infantile. VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 9 LA FRATTURA DELL’ESTREMO PROSSIMALE DEL FEMORE NEL GRANDE ANZIANO: ANESTESIA GENERALE O ANESTESIA LOCO-REGIONALE? A. Piscopo; C. Abate L a frattura dell’estremo prossimale del femore cade spesso in pazienti in una fascia di età superiore agli anni ottanta, pazienti definiti “grandi anziani“ (GA) con comorbilità importanti. La frattura può interessare la regione del collo femorale (fig.1) e la regione trocanterica (fig.2). Molto spesso la rima di frattura è complessa tanto da interessare più regioni dell’estremo prossimale del femore dando origine alle fratture cervicotrocanteriche. Il trattamento chirurgico prevede una duplice opzione: la protesizzazione, la sintesi con device chirurgici vari. L’indicazione a una delle due opzioni è oggetto di molte discussioni in letteratura, ma un dato emergente è che l’atto chirurgico, a cui deve essere sottoposto il paziente, deve essere il meno invasivo possibile sia dal punto di vista strettamente operatorio, sia dal punto di vista anestesiologico. Al chirurgo ortopedico spetta la scelta della tecnica chirurgica più idonea, meno invasiva possibile ma che sia mirata al più veloce ritorno alle condizioni di base preoperatorie. All’anestesista spetta la scelta della tecnica anestesiologica altrettanto più idonea in un paziente con un quadro fisiopatologico scaduto, con equilibri omeostatici fragili e facilmente alterabili: è proprio in base a questi elementi che la scelta del tipo di anestesia cui sottoporre il GA assume una rilevanza importante. Un altro elemento di fondamentale importanza nella gestione del GA affetto da fratture del collo del femore, elemento che deve accomunare chirurgo e anestesista, è la precocità dell’intervento chirurgico stesso, particolare questo in grado di assicurare rapida ripresa dell’autonomia motoria del paziente e ridurre al minimo i tempi di allettamento che rappresentano i veri nemici per l’anziano. dei diversi organi legate all’invecchiamento e utilizzando farmaci a rapida metabolizzazione che abbiano un minimo impatto sull’organismo. Grazie alle molteplici possibilità di approccio, a una attenta valutazione preoperatoria, a un adeguato monitoraggio intra e post operatorio e, a una prevenzione delle complicanze, oggi è possibile consentire una accettabile qualità di vita a pazienti che in altri tempi sarebbero stati costretti all’inabilità permanente fino all’exitus più o meno precoce. Quale, quindi, la scelta più idonea: anestesia generale o anestesia loco-regionale? L’anestesia loco-regionale è sicuramente la procedura anestesiologica di prima scelta nel GA per il minore impatto sull’apparato respiratorio, cardiovascolare e renale. Tutte le procedure neuro assiali: anestesia sub aracnoidea, anestesia peridurale e anestesia combinata spino-peridurale si associano a una minore incidenza di trombo-embolia e di perdite ematiche; sono di facile esecuzione, mostrano una elevata sicurezza, danno una ottima qualità dell’analgesia, un buon miorilassamento, un breve tempo di latenza e, una buona stabilità cardiovascolare che consente di evitare l’ipotensione legata all’esecuzione del blocco stesso. Tuttavia spesso i pazienti anziani fanno uso di farmaci anticoagulanti e antiaggreganti piastrinici e sono esposti a un maggiore rischio di sanguinamento intervertebrale, ciò rende meno sicura l’esecuzione del blocco neuro assiale. In tali casi, poiché il gold standard del trattamento delle fratture del collo del femore è l’intervento chirurgico precoce, si può ricorrere all’anestesia generale con il posizionamento di una maschera laringea, tenendo conto delle modificazioni fisiologiche Fig 1: fr. sottocapitata Fig.2: fr. pertrocanterica 9 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 10 IL CAMMINO DELLA MEDICINA AMPOLLOSITÀ, VISTOSO ABBIGLIAMENTO E VUOTO LINGUAGGIO CARATTERIZZANO I DOTTORI NEL XVIII SECOLO XL – ... ma altri geniali medici imboccano la strada della moderna patologia d’organo Fabio Liguori T appe importanti della medicina, nel XVII secolo, erano state: l’introduzione del forcipe per il parto (francese Mauriceau, 1637-1709); la descrizione dei sintomi del diabete (inglese T. Willis, 1670); e il decisivo apporto al concetto di contagio del livornese Giovan Cosimo Bonomo, che dimostrò (1687) essere la scabbia dovuta ad acari (sarcoptes scabiei) non prodotti dalla “generazione spontanea,” ma trasmessi da malato a sano. Il XVIII secolo si apre sulla scena mondiale con la guerra di successione in Spagna (1702), vede l’ingresso degli Stati Uniti d’America che si staccano dall’Inghilterra (Costituzione del 1778), e si conclude con la Rivoluzione francese del 1789: un secolo di radicali sconvolgimenti politici e un idealismo rivoluziona- “Differenze anatomiche”, G.B. Morgagni 1762 10 Abbigliamento del XVIII sec. rio teso a liberare i popoli da dogmatismo scolastico e dal potere dominante. A furia di stare in laboratorio tra ricerche ed esperimenti, i dottori finivano però per “dimenticare” gli ammalati, limitandosi a prescrivere clisteri, salassi, purganti! Diventano così oggetto di feroci caricature (Goldoni 1707-93, Casanova 1725-98) che ne evidenziano l’ampollosità, il vuoto linguaggio e il vistoso abbigliamento cui ricorrevano per impressionare gli ignoranti. Ma altri medici imboccano la strada del sostituire i fatti all’apparenza e le dimostrazioni alle impressioni. Ecco allora un geniale medico e botanico svedese (Carlo Linneo, 1707-1778) riordinare il multiforme mondo biologico che andava svelandosi all’osservazione, classificando piante e animali e inserendo l’uomo nell’ordine dei primati con l’appellativo di “homo sapiens”. A una radicale riforma dello studio della medicina dà l’avvio il grande clinico Giovanni M. Lancisi (1654-1720) attraverso la fondazione (1714) di una Istituzione che ancora oggi (tricentenaria) porta il suo nome (Accademia Lancisiana). Ipotizzando che la malaria fosse trasmessa da zanzare, Lancisi confuta l’antica credenza che la malattia dipendesse da veleni “presenti” nell’aria (mala aria), primo igienista in senso moderno a battersi per la bonifica di terreni paludosi. Caposcuola di una fondamentale branca della medicina (l’anatomia patologica), il romagnolo Giambattista Morgagni (16821771) sarà il primo ad analizzare le diffe- renze anatomiche fra organo sano e organo malato. Iscritto già a 16 anni all’Università di Bologna, Morgagni passerà alla storia per essere un moderno e acuto scienziato del tempo. Userà il modello sperimentale in ricerche che gli daranno fama mondiale, sì da farlo proclamare Anatomicorum totius Europae Princeps (“Natio Germanica”, 1769). E dimostrerà che a ogni alterazione anatomica corrisponde alterazione della funzione, quindi una malattia: come il ritrovamento di calcoli nella cistifellea di soggetti con coliche epatiche, o l’indurimento delle pareti dell’intestino (evidente cancro) in individui con coliche addominali e stitichezza. Il parallelismo tra lesione anatomica e sintomo clinico segnerà il definitivo tramonto della “teoria degli umori” (che aveva dominato dai tempi di Ippocrate e Galeno), e l’avvento della patologia d’organo. E sarà merito della scienza italiana (scuole di Padova, Bologna, Venezia) se, con l’anatomia patologica, prenderà avvio la moderna medicina. Tra le conquiste del XVIII secolo si evidenziano: l’invenzione del termometro (1709 tedesco Fahrenheit, anche se l’idea apparteneva a Galileo); la pubblicazione del primo testo di odontoiatria (francese Pierre Fauchard, 1728) e la misurazione della pressione sanguigna (inglese S. Hales, 1733). La comprensione del concepimento, e le prime fecondazioni artificiali su anfibi (Lazzaro Spallanzani, 1777), daranno infine impulso alla ginecologia, mentre il toscano Vincenzo Chiarugi pubblicherà nel 1793 il primo trattato di psichiatria. VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 11 Schegge Giandidiane N. 40b Fra Giovanni Battista Orsenigo un gigante dal cuore buono Dato che l’8 marzo di quest’anno ricorrono giusto 150 anni da quando fra Orsenigo ricevette l’abito da frate, l’Associazione a lui intitolata ha preso l’iniziativa di organizzare a Nettuno, nel cinquecentesco Forte Sangallo, messo a disposizione dal Comune, un Convegno che aiutasse a conoscere la figura Penultimo di ben dodici fratelli, fra Orsenigo nacque il 24 gennaio 1837 in Brianza a Pusiano (Como) e ricevette al battesimo il nome di Innocente. I suoi genitori erano fornai e poterono garantirgli un’adeguata alimentazione, il che ne facilitò la crescita staturale e lo sviluppo di una soda muscolatura, tanto che poi lo paragoneranno a un corazziere. Alle Scuole Comunali, pur essendo sveglio e intelligente, incontrò difficoltà perché dislessico, ossia non riusciva a distinguere tra loro le lettere con qualche similarità, quali la p e la b, e faticava ad assemblare le sillabe in parole, sicché era impacciato a L’urna di S. Maria Goretti quando visitò nel 2008 la Chiesa dell’Ospedale in cui s’erano svolte le sue esequie nel 1904 leggere e nello scrivere spostava le sillabe da una parola a quella contigua. Abbiamo di lui un centinaio di lettere e si nota come dopo alcuni decenni il problema fu infine totalmente superato, ma per intanto gli rese impossibile prendere titoli di studio e gli ostacolò perfino la vocazione religiosa. La sua risposta alla chiamata di Dio fu facilitata sia dalla soda fede trasmessagli dalla famiglia, sia dai fitti contatti con delle veggenti che ai suoi tempi vissero in Pusiano e godettero sempre il pieno appoggio del Parroco, che usava raccoglierne i messaggi. Tali contatti non si troncarono quando egli andò a lavorare a Milano come commesso in una Pizzicheria fuori Porta Ticinese, dove si fece presto apprezzare per la sua indole buona e il carattere franco, espansivo e gioviale, oltre che per la non comune forza e destrezza nelle manualità del mestiere. Incoraggiato dalle veggenti, un giorno bussò al Noviziato dei Fatebenefratelli nel loro Ospedale milanese di Porta Nuova, ma il Maestro gli obiettò che doveva prima migliorare la propria modesta preparazione culturale, così da essere in grado di frequentare nel futuro un corso biennale di Chirurgia Minore, per la quale si sentiva così portato. Egli decise allora di tornare a Pusiano per farsi dare lezioni private dal Parroco, però i risultati furono scoraggianti e il Parroco, vedendone le buone doti morali, provò ad avvalersi di una sua conoscenza, un sacerdote diocesano che era fratello del Prio- F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 40b – Fra Giovanni Battista Orsenigo, un gigante dal cuore buono D di questo fatebenefratello e i legami che ebbe con Nettuno, che qui proveremo a sintetizzare. 209 a quasi un decennio nel litorale di Nettuno, Anzio e Ostia è assai attiva un’Associazione Culturale, formata prevalentemente da medici, che ha voluto intitolarsi al famoso dentista fra Giovanni Battista Orsenigo, che giusto 25 lustri or sono, l’11 giugno 1889, acquistò un terreno a mezza strada tra Anzio e Nettuno, facendovi sorgere un Ospedale, che portò il suo nome e che svolse un ruolo di notevole rilievo nella storia sanitaria della zona, avendo avuto tra l’altro l’onore di ricoverare Santa Maria Goretti, operatavi d’urgenza per suturare le lacerazioni interne infertele con un punteruolo dal suo aggressore, ma che purtroppo non sopravvisse alle complicazioni infettive, che in quel tempo non c’era modo di bloccare con gli antibiotici; durante il suo ricovero il cappellano, fra Martino Guijarro, la incoraggiò a coronare la sua eroica difesa della purezza con un ancor più eroico perdono al suo assalitore e la iscrisse nell’Associazione delle Figlie di Maria, della cui divisa la vediamo perciò rivestita quando ne veneriamo il corpo, oggi esposto nella cripta del Santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno. 210 F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 40b – Fra Giovanni Battista Orsenigo, un gigante dal cuore buono VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 12 fu dato fu di assistere fra Ambrogio Maria Testa, che per una spaventosa elefantiasi agli arti inferiori non era più in grado di camminare. Anche lui era un esperto dentista, che per tanti anni s’era prodigato nell’Ambulatorio gratuito per i poveri e recandosi nei Conventi Fra Orsenigo e l’Ospedale che fondò a Nettuno (dipinto di Contemplative per di Eladio S. Santos per la Curia Provinciale Romana) curare quante vi s’erare del nostro Ospedale di Firenze, no rinchiuse a vita. Divenuto faperché lo accettassero in tale Co- moso per la sua estrema bravura, munità, anche se solo come Obla- anche i ricchi ne divennero fedeli to, ma confidando che poco a po- clienti e quando seppero della sua co sarebbe riuscito a migliorare invalidante infermità, fecero a gasufficientemente da poter essere ra per offrirgli le loro carrozze peraccolto in Noviziato. ché di tanto in tanto potesse uscire un poco di Convento; e, ogni Da Firenze venne l’assenso ed egli volta, era Orsenigo a portarlo sulv’arrivò il 18 giugno 1863, ri- le braccia dal Convento alla carrozuscendo a guadagnarsi la benevo- za. Parimenti era Orsenigo ad aplenza dei frati, poiché, anche per plicargli gli impacchi per lenire il l’amore che nutriva agli infermi, gonfiore delle gambe e ad assolvenon incontrò problemi nel tiroci- re ogni incombenza per lui, che poi nio pratico per apprendere come morì il 26 aprile 1870 per un’inarassisterli. Pertanto, dopo meno di restabile cancrena; in cambio ebun anno di prova, gli fu concesso be da lui molti suggerimenti per l’abito di Oblato l’8 marzo 1864, migliorare le proprie conoscenze ossia giusto 150 anni or sono. Re- odontoiatriche e perfino la solustò a Firenze altri tre anni, profit- zione di un problema di coscienza, tandone per divenire un esperto cui accenneremo più avanti. dentista, dato che in Comunità c’era fra Bartolomeo Pezzatini, che Orsenigo iniziò il Noviziato il 24 era davvero bravo, tanto che pub- giugno 1867 e, com’era allora d’ublicò nel 1877 un bel manuale di so, gli fu assegnato un nuovo nome, Odontologia con accurate illustra- che fu quello del santo del giorno, zioni dei ferri che utilizzava. ossia Giovanni Battista. Al termine di esso fu ammesso alla profesFinalmente nel 1867 fu inviato a sione dei Voti Semplici, che emise Roma per prepararsi ai Voti e di- il 9 agosto 1868 e, dopo il prescritto venire membro a pieno titolo del- intervallo minimo di tre anni, a l’Ordine. Nel lasciare Firenze, por- quella dei Voti Solenni, che emise il tò con sé, tra i pochi oggetti per- 28 agosto 1871. Durante il Noviziasonali, una borsetta con 12 “ferri to non solo aveva avuto modo di fada denti” che ormai ben sapeva re ampia pratica in corsia, ma aveva maneggiare. Giunse all’Isola Tibe- anche continuato a prendersi cura rina il 29 marzo e, vista la sua cor- di fra Testa e più volte fu da lui inporatura, il primo incarico che gli caricato d’andare a estrarre al suo posto i denti delle Contemplative, ricevendone tali elogi che i Superiori gli affidarono nel 1870 l’Ambulatorio Dentistico, di cui rimase responsabile fino alla morte. In esso, come già accadeva con fra Testa, cominciarono ad affluire anche delle persone agiate, che ovviamente desideravano poi disobbligarsi con delle offerte, che però fra Orsenigo esitava ad accettare, avendo fatto Voto di Povertà. Ne parlò con fra Testa, che gli disse d’essersi anche lui posto il problema, ma di aver risolto di mai accettare denaro per se stesso, ma solo per usarlo per la festa della Madonna del Buon Consiglio. A fra Orsenigo parve una buona idea e ne parlò col Superiore, che decise di aprire uno speciale deposito in cui far confluire le offerte per organizzare in modo solennissimo tale festa ogni 26 d’aprile. Sfogliando i giornali dell’epoca, vi troviamo minute descrizioni della festa che si celebrava all’Isola il 26 aprile, con gran numero di Messe, animate da valenti gruppi musicali, nonché con la distribuzione di alimenti ai poveri. Ma presto le offerte divennero molto più alte delle spese, sicché fu deciso di usare l’eccesso per la costruzione di un nuovo Ospedale, da intitolare alla Madonna del Buon Consiglio, il che si concretizzerà a Nettuno, giusto dopo 25 anni da quando fra Orsenigo aveva indossato a Firenze l’abito da frate. Prima d’arrivare a Nettuno ci sono alcuni eventi che merita rievocare, a cominciare dalla presa di Roma del 20 settembre 1870, che segnò il passaggio dell’Urbe sotto il dominio Sabaudo e poi la sua designazione quale capitale d’Italia, il che tra l’altro comportò la crescita della popolazione dai 100.000 che erano all’arrivo di fra Orsenigo ai 450.000 del tempo della sua morte e la parallela bolla edilizia, che si VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 13 Foto forse scattata per i Voti Solenni di fra Orsenigo, emessi a Roma il 28 agosto 1871 Oltre ad essere privati dei diritti civili, i Frati erano spesso oggetto di attacchi denigrativi sui giornali e un giorno apparve un articolo, intitolato “Il maniscalco dell’Isola Tiberina”, che accusava fra Orsenigo d’esser un praticone senza titoli di studio. In realtà all’epoca non c’era l’obbligo, istituito solo nel 1927, di una laurea in Medicina per poter estrarre i denti, ma esistevano dei corsi biennali che abilitavano ad esercitare la chirurgia minore: i suoi istruttori fra Pezzatini e fra Testa avevano tale diploma, che lo Stato Pontificio era stato il primo ad istituire fin dal 1826, ma la dislessia aveva scoraggiato fra Orsenigo dal provare a frequentare tali corsi, anche perché alcune semplici interventi, quali i salassi o le estrazioni di denti, erano consentiti anche senza diploma; e permaneva la possibilità, sancita già dalle Costituzioni Sanitarie sabaude del 1729 e del 1772, di essere abilitato alla chirurgia minore anche senza corsi ma solo col superare un esame di accertamento culturale di fronte a docenti universitari di chirurgia, cosa che fra Orsenigo fu in grado di fare con gran successo nel febbraio 1882, sicché già dal 1883 la Guida Monaci prese a segnalarlo in Roma col titolo di “chirurgo dentista”. Fra Orsenigo in una foto del 1871 con la borsetta dei ferri e il quadro appena finito della Madonna del Buon Consiglio Tornando all’argomento Nettuno, già nel settembre 1885 il parroco, don Temistocle Signori, essendo anche il Presidente della locale Congregazione Comunale di Carità, che gestiva il Venerabile Ospedale de’ Poveri, andò a chiedere ai Fatebenefratelli di venire a riorganizzarne l’attività e, avutane la disponibilità, ne informò il vescovo, che il 2 ottobre dette il suo assenso al loro ingresso in Diocesi. Seguì un lungo iter burocratico per ottenere il consenso delle Autorità Civili, finché l’11 giugno 1889 fra Orsenigo, a titolo personale non potendo figurare l’Ente Religioso, poté firmare la convenzione col Comune e Congregazione di Carità per costruire un nuovo ospedale e già all’indomani formalizzò l’acquisto di un terreno lungo la strada per Anzio, subito prima della Villa Borghese, e ceduto per 38.000 lire dalla Società delle Ferrovie Secondarie Romane. Nel frattempo, dal gennaio 1890 i frati, dopo averlo rimesso in sesto, s’insediarono nel vecchio edificio e dal marzo fra Orsenigo vi aprì a suo nome una Farmacia, dapprima solo interna, ma poi anche esterna e che fu in seguito trasferita nel nuovo edificio, di cui fu posta la prima pie- F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 40b – Fra Giovanni Battista Orsenigo, un gigante dal cuore buono Nel 1873 furono estese anche a Roma le leggi sabaude miranti a far scomparire gli Istituti Religiosi col negare loro la personalità giuridica e col confiscare ogni loro proprietà. In Italia i Fatebenefratelli persero ben 42 Ospedali, ma i Comuni lasciarono in funzione quelli più ampi, quale quello dell’Isola Tiberina, prendendoli sotto la propria gestione, sicché vari frati ottennero di seguire a lavorarvi a ti- tolo personale, così da restare uniti, anche se non ufficialmente, come Comunità. Col passare degli anni i rapporti con i nuovi gestori andarono logorandosi, obbligando i Fatebenefratelli ad andar via man mano da essi ma non, come si vedrà, da Roma, però tale soluzione dette modo all’Istituto di sopravvivere e di trovar ripieghi giuridici per aprire Ospedali, intestandoli a prestanomi o a società per azioni, finché nel 1929 con i Patti Lateranensi fu restituita dal Governo Italiano la personalità giuridica agli Istituti Religiosi. 211 concluse con la bancarotta dei palazzinari e una crisi economica generale, che avrebbe inciso pesantemente sullo sviluppo dell’Ospedale di Nettuno. Gran parte dei nuovi cittadini romani era formata da modesti impiegati degli imponenti Ministeri fatti costruire dai Savoia e che non godevano di adeguati servizi assistenziali, sicché, non avendo modo d’affrontare le tariffe odontoiatriche degli studi professionali, venivano in massa nell’Ambulatorio gratuito di fra Orsenigo, il quale usava conservare i denti che estraeva e risulta che nel 1903 erano già 2.000.744, cifra che non solo è finita nel Guinness dei primati, ma ci fa capire che davvero tutta Roma passò a farsi curare da lui, proprio come gli aveva predetto fin dal maggio 1870 una veggente di Pusiano. VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 14 212 F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 40b – Fra Giovanni Battista Orsenigo, un gigante dal cuore buono tra il 15 ottobre 1890. Già dal 12 novembre 1892 fu lasciato il vecchio Ospedale e iniziò a funzionare il nuovo, intitolato alla Madonna del Buon Consiglio, la cui immagine, postavi da fra Orsenigo nel 1893, è ancor oggi venerata in Chiesa, dopo essere stata restaurata nel 2001 dal Parroco di Santa Barbara. Fin dall’inizio e finché visse, fu fra Orsenigo a gestire l’amministrazione dell’Ospedale, ma mai ne fu nominato Priore e mai vi risiedette, per la sua necessità di restare a lavorare a Roma poiché era con le offerte che riceveva come dentista che mandava avanti il progetto di Nettuno, dove era libero d’andare solo a fine settimana. Ma le spese lievitarono tanto che dovette far debiti, contando di poterli poi pagare con le rette di degenza concordate col Comune. Però la crisi economica cui s’è accennato, impedì al Comune di pagare le rette, sicché nel settembre 1893 il Tribunale rescisse per mora 1a Convenzione e fra Orsenigo provò a rimediarvi, ma senza molto successo, stabilendo convenzioni col vicino Poligono di Tiro e col Comune di Anzio, nonché destinando alle donne un villino al margine della proprietà, ed inoltre aprendo alcuni ambienti a Casa di Salute, come segnalato fin dal 1895 nella Guida Monaci di Roma. Si aggiunse poi anche un Sanatorium per convalescenti bisognosi di clima marino, come già segnalò il medico Norberto Perotti in un opuscolo su Nettuno del 1899, ma che solamente il 9 marzo 1903 ebbe l’autorizzazione ufficiale della Prefettura con il nome di Sanatorio Orsenigo. Un altro motivo che aumentò le spese di costruzione a Nettuno fu lo stato di tensione in cui vivevano i frati all’Isola Tiberina, specie dopo che nel 1883 la gestione dell’Ospedale che gli era stato confiscato, passò dal Comune alla Commissione Assistenza Sanitaria, che il 29 gennaio 1921 lo comprò per un milione di lire e v’aprì la “Casa della Divina Provvidenza”, affidandola alle Suore del Piccolo Cottolengo. Col ricavato i frati furono infine in grado d’estinguere il debito, ammontante a ben 900.000 lire. Foto di San Benedetto Menni nel 1912 degli Ospedali di Roma, che vi destinò medici massoni, che scatenarono una guerra fredda per indurre i frati ad andarsene. Temendo il peggio, i frati ampliarono il progetto di Nettuno con un’ala parallela in cui trasferire la Curia Generalizia che era all’Isola, nonché il Noviziato della Provincia Romana. Però nel 1891 il crac finanziario della Commissione provocò la nomina di un Commissario Regio, che bilanciò i debiti ponendo in vendita l’Ospedale dell’Isola, che fu ricomprato dai frati nel 1892, usando ovviamente dei prestanomi e con il denaro offerto da tutte le Province dell’Ordine; ciò bloccò la costruzione a Nettuno dell’ala parallela, di cui però erano stati terminati gli scantinati, con una spesa non indifferente. Nell’estate del 1904 fra Orsenigo, sofferente per un’ulcera gastrica, forse divenuta maligna, cercò invano di ristabilirsi in salute nel suo Ospedale di Nettuno, chiudendovi i suoi giorni il 15 luglio 1904. Fu sepolto nel cimitero di Nettuno e nel centenario della morte la salma fu trasferita nella Chiesa del suo Ospedale. I frati non riuscirono a estinguere i debiti gravanti sull’Ospedale e il 23 giugno 1920 l’offersero alla Santa Sede, che istituì un apposito Comitato Romano di Previdenza e Se terminò così la presenza dei Fatebenefratelli a Nettuno, non terminò invece la presenza del loro carisma, grazie a un’iniziativa che prese San Benedetto Menni, e che merita rievocare, sia perché a lui è intitolata la strada che corre lungo l’Ospedale dal lato della Chiesa, sul cui altare celebrò più volte, sia perché ricorre quest’anno il centenario della sua morte. Menni non solo riuscì a far rifiorire l’Ordine dei Fatebenefratelli in Spagna, dov’era stato soppresso dalla legislazione massonica del 1835, ma fondò anche le Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, affinché affiancassero i frati dedicandosi con identico spirito ai Reparti femminili degli Ospedali che fondò. Nel 1909 fu nominato Visitatore Apostolico dei Fatebenefratelli e il 13 aprile 1910 ricevette una lettera dal Vaticano, che suggeriva d’affidare a delle suore la Sezione del Sanatorio di Nettuno che era stata aperta per le donne; egli si recò a Nettuno dal 4 all’8 maggio e si convinse che la soluzione migliore era d’affidare il Reparto femminile alle sue Suore, che vi giunsero l’8 luglio e vi si prodigarono fino al marzo 1915 quando, essendo impossibile ampliare il Reparto, decisero di trasferire l’attività nel villino Girelli Masini, da loro fittato sul litorale verso Anzio e che poterono inaugurare l’8 aprile. Dal 7 gennaio 1922 si trasferirono nella più ampia sede di Villa Miramare, che acquistarono sul litorale prospiciente l’Ospedale Orsenigo e vi sono tuttora. VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 15 “I L M E L O G R A N O ” ORA TOCCA A LUI! Fra Giuseppe Magliozzi o.h. D omenica 27 aprile due Papi Beati saranno proclamati insieme Santi in San Pietro: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Iniziamo col parlare un po’ di quest’ultimo, cui noi Fatebenefratelli siamo particolarmente grati perché innalzò agli onori degli altari ben 74 confratelli del nostro Ordine. pa nell’omelia pose in risalto che “egli penetrò il messaggio della carità evangelica alla luce della meditazione e della preghiera, trascorrendo intensi tempi di contemplazione accanto all’Eucaristia, e dedicandosi poi, con una sensibilità particolarmente acuta, ai sofferenti in ogni circostanza”. Per la verità, Giovanni Paolo II di Santi ne ha fatti assai più di qualunque altro Papa prima di lui, sicché senza dubbio ben meritava che ora toccasse a lui! Quando se ne celebrarono l’8 aprile 2005 i funerali in Piazza San Pietro, molti scandirono col grido “Santo subito!” l’omelia del card. Ratzinger, che poi da Papa già il 28 aprile decise di dispensare dai prescritti cinque anni d’attesa prima di poterne iniziare la Causa di Beatificazione, aperta perciò subito il 28 giugno 2005 e lietamente conclusasi il 1° maggio 2011 con la proclamazione a Beato, fissandone la memoria liturgica al 22 ottobre, giorno d’inizio del suo papato. Secondo fu fra Benedetto Menni, che proclamò Beato il 23 giugno 1985 e di lui annotò che “non sfuggì a incomprensioni e sofferenze, perfino da parte di gente che gli era assai vicino. Però il Padre Menni, convinto della bontà della propria causa ed animato dalla sua profonda comunione con Cristo e con la Chiesa, seppe resistere agli attacchi e proseguire nella sua feconda attività di servizio alla società ed al Regno di Dio”. Impossibile riassumere qui i suoi oltre 26 anni di papato, il terzo per durata dopo San Pietro e il Beato Pio IX, ma ho scelto di riportare brevi brani delle omelie che pronunciò al proclamare Santi o Beati dei nostri confratelli, poiché non è da tutti il saper cogliere il fascino dei Santi e forse solo chi è Santo sa ben riuscirci. Primo nostro frate da lui proclamato Beato fu il 4 ottobre 1981 fra Riccardo Pampuri ed ebbi la grazia non solamente d’esser presente al Rito, ma di recare all’Offertorio un cesto di melagrane al Papa. “In fra Riccardo, disse il Papa, ammiriamo il giovane laico cristiano, impegnato a rendere testimonianza nell’ambiente studentesco, e il dinamico medico, animato da una intensa e concreta carità verso i malati, nei quali scorge il volto del Cristo sofferente”. Quando poi il primo novembre 1989 il Beato Pampuri fu proclamato Santo, il Pa- Quando il 21 novembre 1999 anche per Menni arrivò il momento d’essere proclamato Santo, il Papa nell’omelia volle porre in evidenza che “il suo spirito di preghiera lo portò ad approfondire il mistero pasquale di Cristo, fonte di comprensione della sofferenza umana e cammino per la risurrezione. In questo giorno di Cristo Re, San Benedetto Menni illumina con l’esempio della sua vita coloro che desiderano seguire le orme del Maestro lungo le vie dell’accoglienza e dell’ospitalità”. Ci fu poi la Beatificazione il 25 ottobre 1992 di ben 71 nostri frati, caduti Martiri della Fede tra il luglio e il dicembre del 1936, durante la Guerra Civile Spagnola. Di loro il Papa disse: “Tutti questi fratelli, perseverando nella loro consacrazione a Dio e nella dedizione al servizio dei malati e nella fedeltà ai valori del carisma e della missione ospedaliera che praticavano, hanno dato la loro vita per la fede e come prova suprema di amore. Il loro martirio segue i passi di Cristo, misericordioso e buon samaritano, così vicino all’uomo che soffre dando la vita per la salvezza del genere umano. Non vi è dub- bio che avessero ben presente un’esortazione del loro fondatore, San Giovanni di Dio: «Se vedessimo quanto è grande la misericordia di Dio, non smetteremmo mai di fare il bene finché potessimo» (1ª Lettera alla Duchessa di Sessa)”. Infine, il Papa proclamò Santo il 2 giugno 1996 il nostro Beato Giovanni Grande e di lui disse che “alimentava la sua spiritualità nella pratica costante della preghiera. Era una preghiera affettiva, con la quale esprimeva il suo amore verso Dio senza stancarsi di ripetergli quanto lo amava. La sua preghiera mostrava che Dio era l’amore del suo cuore, il centro della sua vita, la vera base sulla quale riposavano la sua volontà e la sua azione, il principio e il fondamento della sua coscienza e delle sue decisioni”. Mi piace pensare che in Cielo, dove è facile ricordare tutto quello che si è detto in terra poiché non esiste più il tempo e tutto è presente, i citati Santi e Beati dei Fatebenefratelli, all’incrociare lo sguardo con Giovanni Paolo II, gli sorridano alludendo a quel che disse di loro durante il Rito in San Pietro, e il Papa, con un sorriso affettuoso replichi che le sue parole scandagliarono solo una minima parte della loro santità. Se la misericordia di Dio m’aprirà un giorno le porte del Cielo e darà modo anche a me d’incrociare lo sguardo col Papa, penso che egli affettuosamente mi dirà che nel cesto, che gli offersi durante il Rito in Piazza San Pietro, c’erano più foglie che frutti; al che io penso che replicherò sorridendo che anche nella mia vita ci furono molte più foglie che frutti, ma la misericordia del Signore è stata così spropositata da considerare abbondanti e succulenti le mie striminzite melagrane. 15 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 16 PAGINE DI MEDICINA CONVULSIONI DA OSSIGENO IPERBARICO: PERCHÉ SI VERIFICANO E COME PREVENIRLE Raffaele Pilla R espirare miscele di gas arricchite di ossigeno a pressioni elevate determina un aumento del rischio di convulsioni da tossicità dell’ossigeno sul sistema nervoso centrale, sindrome nota come malattia da decompressione. Analogamente, respirare ossigeno puro oltre le 2.4 atmosfere assolute aumenta il rischio di convulsioni. Tale fenomeno si manifesta con spasmi tonico-clonici, in associazione a perdita di coscienza, molto simili ai sintomi delle convulsioni epilettiche di Grande Male. La buona notizia è che le convulsioni generalmente terminano quando la concentrazione di ossigeno inspirato scende a livelli normali (21%). Le crisi, che si verificano di solito durante l’ossigeno-terapia in camera iperbarica per il trattamento di lesioni traumatiche, oppure durante un’immersione militare in mare a 30-50 piedi di profondità, possono essere talvolta letali. Allo stato attuale, il rischio di sviluppare queste convulsioni costituisce un fattore limitante nell’uso dell’ossigeno iperbarico in medicina iperbarica, nelle immersioni tecniche, commerciali (compagnie petrolifere), e militari (missioni). Circa una decade fa, Dean e colleghi hanno dimostrato che respirando ossigeno puro (iperossia) si stimoli l’aumento spontaneo della respirazione nell’uomo e in diversi modelli animali. Tale fenomeno va sotto il nome di “iperventilazione iperossica”. Diversi studi hanno inoltre dimo- strato che l’iperossia favorisce l’eliminazione dell’anidride carbonica (ipocapnia). Inoltre, è stato osservato che alcuni neuroni coinvolti nel controllo della respirazione sono molto sensibili agli stimoli ossidativi come l’ossigeno iperbarico, fenomeno dovuto alla presenza di enzimi specifici, attivati durante esposizioni protratte a miscele di gas contenenti molto ossigeno. Recentemente (Pilla e Altri, 2013) è stato dimostrato che l’iperossia stimola la respirazione spontanea prima dell’insorgenza delle convulsioni, conferendo così a questo parametro un valore di valido indicatore fisiologico predittivo, per convulsioni che stanno per verificarsi. In particolare, è stato dimostrato che l’iperossia attivi una cascata di fenomeni cardio-respiratori prevedibili che precedono le convulsioni, che una volta noti possono aiutare a evitare fatalità durante l’immersione. Al fine di verificare questa ipotesi, Pilla e colleghi (Pilla e Altri, 2013) hanno innestato chirurgicamente alcuni dispositivi di radio-telemetria in ratti adulti, e ne hanno misurato in maniera continua cardio-respirazione ed elettroencefalogramma durante l’esposizione a ossigeno a elevata pressione, all’interno di una camera iperbarica che simulava le immersioni dei sub della Marina Militare, mentre gli animali erano liberi di muoversi all’interno dei loro compartimenti, scoprendo un au- mento spontaneo del volume tidalico (profondità di respiro) e della frequenza respiratoria (respiri al minuto), in un periodo compreso tra 5 e 8 minuti prima dell’insorgere delle convulsioni. Si crede pertanto che tale sistema possa rappresentare un valido indicatore fisiologico per predire un attacco di convulsioni. Al contrario, si è osservato che la frequenza cardiaca diminuisce durante l’iperossia, ma non è significativa di alcun cambiamento che preceda le convulsioni. Da non trascurare è, tuttavia, la variabilità individuale, cioè quanto le risposte fisiologiche possano variare da individuo a individuo, e quindi quanto un soggetto possa avere una resistenza neurologica alle convulsioni maggiore rispetto a un altro. Tale applicazione trova immediato riscontro clinico in camera iperbarica per la terapia dell’ossigeno a elevata pressione, utilizzato per trattare lesioni cutanee, ustioni, fratture ossee e persino alcune patologie neurologiche come il trauma cranico e l’autismo. Di solito, in terapia, si sottopone il paziente a 90 minuti di ossigeno iperbarico, divisi in tre periodi da 30 minuti e intervallati da periodi di 10 minuti di aria, al fine di evitare l’insorgere delle convulsioni. Un’altra applicazione dell’ossigeno iperbarico la si osserva nelle normali procedure di eliminazione dell’azoto nei sub della Marina Militare, in seguito a una rapida ascesa (a esempio, dopo una missione di salvataggio dell’equipaggio di un sommergibile bloccato sul fondo). Anche questa procedura costituisce un elevato rischio per le convulsioni da ossigeno iperbarico, e anche in questo caso l’identificazione di un metodo standardizzato per identificare i sintomi di un attacco convulsivo è di grande utilità. Pazienti durante una seduta di terapia con ossigeno iperbarico 16 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 17 PA G I N E D I M E D I C I N A LE PRINCIPALI MALATTIE PARASSITARIE DELL’APPARATO UROGENITALE: L’ECHINOCOCCOSI Franco Luigi Spampinato L e Malattie Parassitarie dell’Apparato Urogenitale, peraltro di non frequente osservazione nel nostro Paese, per le gravi lesioni anatomopatologiche e conseguentemente funzionali che possono provocare, rivestono indubbiamente un’importante rilevanza clinica. L’Echinococcosi è diffusa prevalentemente in Australia, Nuova Zelanda, Sud America, Africa, Asia, Medio Oriente ed Europa. In Italia sembra essere più frequente nelle regioni ove esistono importanti allevamenti di Ovini, come la Sardegna e l’Abruzzo-Molise. Il Parassita è un Organismo Vermiforme, l’Echinococcus Granulosus. Il Bestiame è l’Ospite Intermedio, i Canini, soprattutto i Cani, l’Ospite Finale. In Italia si è osservato una maggiore incidenza totale di questa malattia, come avviene per altre Patologie a genesi Infettivoparassitaria, dovuto all’aumento delle Popolazioni provenienti da Paesi con basso livello igienicosanitario. Il Verme Adulto abita il tratto intestinale degli Animali Carnivori. Le sue uova sono eliminate con le feci e possono essere ingerite da diversi animali, come Ovini, Bovini, Equini, Suini e occasionalmente dall’Uomo. Da queste uova la Larva passa attraverso la parete intestinale dell’Ospite Intermedio e si diffonde soprattutto negli organi bersaglio, soprattutto Polmoni, Fegato, Reni. Nell’Uomo il Fegato sembra essere l’organo più colpito e il 3% dei pazienti presenta un’Echinococcosi Renale. La Lesione Parassitaria è di tipo cistico, denominata pertanto Idatide, con contenuto generalmente limpido e con al suo interno gli Scolici, forma vivente e infettante del Parassita. L’ingresso del Parassita avviene per via orale, per scarsa igiene o per assunzione di alimenti contaminati. Se l’Idatide non comunica con la pelvi, generalmente è asintomatica finché non causa disturbi dovuti a compressione e infiltrazione delle strutture circostanti. Se la lesione comunica con le vie escretrici, calici, pelvi, uretere, possono insorgere coliche renali, disturbi cistitici, accompagnati o meno da febbre, astenia, dimagrimento, malessere generale. Una Cisti Retroperitoneale può causare disturbi minzionali. La Diagnostica per Immagini prevede l’Ecografia e la Radiologia tradizionale in prima istanza, seguite quindi dalla TAC o RMN. Il vecchio test della reazione intracutanea di Casoni è stato sostituito dall’Immunoelettroforesi e dall’Emoagglutinazione. Le localizzazioni renali sono generalmente di dimensioni rilevanti al momento della diagnosi, tenendo presente che tale malattia colpisce in prevalenza Lavoratori Agricoli e Pastori, che per la tipologia e la locazione delle proprie attività a volte non hanno facile accesso alle Strutture Sanitarie. Antiparassitari come l’Albendazolo e il Praziquantel, dotati di non trascurabili tossicità, pertanto deve essere eseguita solamente in Centri Specialistici. Il trattamento da evitare è la puntura e aspirazione della Lesione Cistica, in quanto tale manovra può provocare rottura della Cisti, disseminazione del suo contenuto infettante, shock anafilattico. L’Echinococcosi comunque, se correttamente trattata, può essere considerata una malattia con buona prognosi. Come tutte le Patologie non frequenti, bisogna vigilare soprattutto quando ci si trovi di fronte a Lesioni Cistiche di difficile definizione in Lavoratori addetti all’allevamento del Bestiame, in Persone che hanno stretti contatti con Cani, in Persone provenienti da aree a basso tenore igienicosanitario, in quanto il suo tempestivo trattamento permette una migliore terapia e conseguentemente una migliore prognosi. La terapia è spesso chirurgica, con esecuzione della asportazione parziale o più spesso totale del rene. Le Lesioni Idatidee Retroperitoneali rimangono tuttavia impegnative dal punto di vista del trattamento chirurgico. La terapia medica utilizza Farmaci 17 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 18 ANIMAZIONE GIOVANILE GIOVANI … VIVETE IN PIENEZZA LA VOSTRA VITA! Fra Massimo Scribano, o.h. C arissimi amici lettori, con l’articolo di questo mese voglio portare alla vostra attenzione un tema particolarmente caro a me ma anche al nostro Santo Padre Francesco. Prendiamo spunto dal messaggio per la XXIX Giornata mondiale della Gioventù che ha come tema centrale le Beatitudini e nello specifico: “Beati i poveri in Spirito, perché di essi è il Regno dei cieli”(Mt 5,3). Gesù nel grande discorso che tiene ai Discepoli ma oggi anche a noi, vuole indicare la via per realizzare la vera felicità: Lui stesso, la Sua persona, ciò che Egli ha fatto e realizzato solo per amore e obbedienza al Padre. Credo fermamente che ne vale la pena provare a scegliere Cristo nella propria vita. Mi capita sovente di incontrare volti tristi e cupi, in ragazzi adolescenti, ma anche in giovani e adulti. Rifletto sul perché tutto questo avviene, e non trovo risposta perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te, dice- va sant’Agostino in una sua preghiera contenuta nelle sue Confessioni. La risposta è Cristo e senza Lui non possiamo incamminarci verso la felicità di cui ci parla il Signore nelle Beatitudini. Ma che cosa significa “beati” (in greco makarioi)? Beati vuol dire felici. Ditemi: voi aspirate davvero alla felicità? In un tempo in cui si è attratti da tante parvenze di felicità, si rischia di accontentarsi di poco, di avere un’idea “in piccolo” della vita. Aspirate invece a cose grandi! Allargate i vostri cuori! Come diceva il beato Piergiorgio Frassati, «vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la verità, non è vivere ma vivacchiare. Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere» (dal Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata Mondiale della Gioventù). Dal profondo del nostro cuore bisogna fare emergere i valori e le scelte per la felicità, poiché questo ci permetterà di sma- scherare e allontanare le offerte a “basso prezzo”: è molto triste vedere giovani “sazi” ma “deboli”. Ci domandiamo allora come possiamo far si che la beatitudine dei poveri in spirito possa diventare stile di vita? Il nostro Pontefice ci aiuta a comprenderne l’essenza elaborando tre punti essenziali: Liberi nei confronti delle cose Conversione nei confronti dei poveri I poveri hanno tanto da offrirci e da insegnarci Poveri in spirito… vuol dire seguire gli stessi sentimenti di Cristo, che ricco che era, si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà (2 Cor 8,9): mistero che contempliamo nel presepio e ha il suo culmine nella morte in Croce. Inoltre vuol dire non cedere alla cultura del consumismo e vivere in sobrietà, liberandosi delle cose superflue che ci soffocano; di fronte a vecchie e nuove forme di povertà come la disoccupazione, l’emigrazione, tante dipendenze di vario tipo, abbiamo il dovere di essere vigilanti e consapevoli, vincendo la tentazione dell’indifferenza; e infine il terzo punto ci fa riflettere sul fatto che i poveri non sono solo persone a cui dobbiamo dare qualcosa ma da loro abbiamo tanto da imparare tanto da essere maestri della vita. Ecco perché Gesù li preferiva, per darci a noi un insegnamento sulla sapienza dei poveri. Carissimi lettori con voi mi unisco a questi insegnamenti profondi che il nostro Papa Francesco ci mette in evidenza e accogliamo la Parola di Dio come vera maestra e via per la nostra felicità. Papa Francesco 18 Il Centro Pastorale Giovanile è a vostra completa disposizione per qualsiasi informazione riguardo alle Esperienze di Servizio o orientamento vocazionale. Per contattarci scrivete a [email protected]; oppure consultate il sito www.pastoralegiovanilefbf.it o pagina facebook Centro Giovanile Vocazionale Fatebenefratelli. A presto e buon cammino! VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 19 OSPEDALE SAN PIETRO - ROMA UN BENEVENTANO AL SAN PIETRO DI VIA CASSIA Lorenzo Daniele 1953: tutti episodi che ho vissuto in prima persona e per i quali posso essere un testimone attendibile della capacità dei Fatebenefratelli di essere parte integrante della società, del suo esserle vicino e di partecipare alla sua sofferenza. Prima dell’intervento ho avuto la gioia di rincontrare fra Fabiano, ormai più che novantenne, conosciuto quando ero ragazzo a Benevento e sono rimasto piacevolmente colpito nell'accorgermi che si ricordasse ancora del mio nome. A lla fine di luglio sono stato ricoverato d’urgenza per una neoplasia dello stomaco nell'Ospedale S.Pietro sulla Cassia dei Fatebenefratelli. Prima di entrare al reparto san Vincenzo del 3° piano, ho chiesto ai miei accompagnatori di fare una sosta nella bella chiesa del complesso ospedaliero. Mentre pregavo il Signore di proteggermi, mi sono ricordato delle tante volte in cui il Padre Priore del tempo (tramite fra Vito Mongelli) ha invitato me e mia moglie a partecipare proprio in tale chiesa a cerimonie belle e suggestive, come quella del 1980 della sua consacrazione da parte di S.E.Rev. Ugo Poletti e quella del 1981- appena dopo la beatificazione di fra Riccardo Pampuri - alla fine della quale mi fu consegnata la medaglia ricordo qui riportata. mato la mia attenzione su un quadro (sopra riportato), posto nel grande spazio riservato al bar e all'edicola (...e che secondo me andrebbe collocato anche in una sala del Comune di Benevento!!!) dedicato all'Ospedale Sacro Cuore di Gesù-Fatebenefratelli di Benevento e ad alcuni significativi episodi nei quali i Fratelli sono stati attivi protagonisti: *Terremoto del 1930, *Bombardamenti del 1943, *Alluvione del 1949, *Disastro ferroviario del Alla fine di questa riflessione voglio esprimere la mia gratitudine per l'ottima assistenza ricevuta durante la mia lunga degenza in ospedale dall'équipe medica, coordinata dal prof. Vita, dagli infermieri e dallo staff dei servizi, di cui ho apprezzato l'elevata competenza e umanità. Grazie ai miei familiari, ai parenti e agli amici che mi hanno dato forza, coraggio e fiducia: mi hanno aiutato a portare la croce che Iddio, possiamo dire nei suoi misteriosi disegni, ha voluto porre sulle mie spalle nel caldo agosto scorso. All’uscita dalla chiesa e prima di salire al reparto, mia nipote Beatrice ha richia- 19 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 20 OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO CONSEGNA DI UNA TARGA PER IL PROGETTO DI FOTODINAMICA TRA LA DERMATOLOGIA DEL FATEBENEFRATELLI E L’INNER WHEEL DI BENEVENTO Antonia G. Galluccio A conclusione del Progetto “Accendiamo una Luce: un malato per amico” tra la Dermatologia dell’Ospedale Fatebenfratelli, diretta dalla d.ssa Antonia G. Galluccio, e l’Associazione Inner Wheel si è tenuta il 20 febbraio una cerimonia con l’apposizione di una targa sull’apparecchio di Fotodinamica, acquistato con il contributo delle socie del Club di Benevento. Si è concluso così un importante percorso iniziato con un Convegno scientifico tenutosi al Fatebenefratelli, nei giorni 6,7 e 30 settembre 2013, in collaborazione con l’Associazione Samnium di Benevento, su “Precancerous and benign skin tumors. What’s new”, e con il ricordo della cara amica, premio nobel per la Medicina, prof.ssa Rita Levi Montalcini, ospite nella nostra città per ben tre volte nell’anno 2004, ricevendo prima la nomina ad Ambasciatrice del Sannio, e, a seguire, la cittadinanza onoraria e la Laurea Honoris Causa in Economia, e ritornando per firmare un Progetto di collaborazione con i Fatebenefratelli, per l’alfabetizzazione delle donne africane, e per presiedere il Congresso di Dermatologia nell’Ospedale “S. Cuore di Gesù”, sulla Psoriasi e Vitili- Dott.ssa A. Galluccio 20 gine, cementando così il legame di amicizia con la Dermatologia dell’Ospedale Fatebenefratelli e la città di Benevento. La terapia Fotodinamica è un trattamento che aggredisce le lesioni precancerose e i tumori della pelle, in maniera poco invasiva e con scarsissimi effetti secondari, per mezzo di tre fondamentali elementi: una sostanza fotosensibile, l’ossigeno tissutale, normalmente presente all’interno delle cellule che costituiscono i tessuti, e la luce. Si basa sulla scoperta che una sostanza fotosensibilizzante applicata sulla cute, in grado di penetrare selettivamente nelle cellule malate o degenerate e non in quelle sane e che, dopo illuminazione con apposita lampada, le cellule che hanno inglobato la sostanza siano eliminate per reazione fotochimica. La sostanza che si applica sulla cute è l’acido 5-aminolevulinico(5-ALA). La sostanza fotosensibile viene applicata sulla zona da trattare e passa attraverso la cute, venendo poi assorbita dalle cellule tumorali. Quindi, la stessa zona viene esposta alla luce, che ha lo scopo di attivare la sostanza fotosensibile.La sostanza fotosensibile, attivandosi, libera energia, che viene trasmessa all’ossigeno tissutale, che si attiva, a sua volta, distruggendo la cellula tumorale che lo conteneva. Il vantaggio della terapia fotodinamica è che si tratta di una metodica con minima invasività del trattamento, che permette di utilizzarla indipendentemente dallo stato generale del paziente, dall’età o dalla presen- za di malattie concomitanti. La terapia può essere ripetuta, in quanto non comporta alcun danno per i tessuti sani circostanti, perché la sostanza fotosensibile è assorbita dalle sole cellule tumorali, senza lasciare esiti cicatriziali. Oggi grazie alla ricerca di nuove sostanze fotosensibilizzanti topiche e ai dati in letteratura in merito alle percentuali di risposta a lungo termine per i tumori cutanei dopo terapia fotodinamica si è verificato un notevole interesse in campo dermatologico per tale terapia e un suo utilizzo anche in altri quadri cutanei quali la Psoriasi, la Sclerodermia localizzata, il Lichen ruber planus, il Lichen scleroatrofico, l’Idrosadenite, che saranno oggetto di trattamento futuro da parte della Dermatologia del Fatebenefratelli. Grazie al contributo dell’Inner Wheel di Benevento, fondato il 30 aprile 1981, all’idea della Past President, prof.ssa Gemma Splendiani, alla realizzazione della presidente prof.ssa Maria Cristina Donnarumma e alla illuminata lungimiranza di tutte le Socie del Club, si è attuato il Progetto “Accendiamo una luce” nell’ambito del Presidential Theme “Costruiamo azioni di speranza per educare alla speranza, un malato per amico”, per l’acquisto di una apparecchiatura per la Fotodinamica, dedicato ai pazienti della Dermatologia dell’Ospedale “Sacro Cuore di Gesù” di Benevento. Un ringraziamento va fatto, e non solo per vincoli di parentela fra le Associazioni, al Rotary Club di Benevento e Rotaract, e all’Ospedale Fatebenefratelli che quest’anno festeggia i suoi 400 anni dall’insediamento nella città e i suoi 140 anni nell’attuale Struttura. Sala laser VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.30 Pagina 21 SEMINARIO DI STUDIO: “STANDARD DI ORGANIZZAZIONE E DI PERFORMANCE DELLA SALA OPERATORIA” Adriana Sorrentino V enerdì 24 e sabato 25 gennaio, la Direzione Sanitaria dell’Ospedale Sacro Cuore di Gesù di Benevento, ha organizzato un importante seminario di studio: “Standard di organizzazione e di performance della sala operatoria”. L’incontro si è tenuto nella sala conferenza del Centro Congressi fra Pietro Maria de Giovanni e ha visto a confronto direttori sanitari e direttori di dipartimenti di emergenza di prestigiose Aziende Ospedaliere quali l’Ospedale Centrale Bolzano, Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Gemelli, Ospedale Regionale Aosta, Ospedale Federico II di Napoli, Lucca Campo di Marte e Presidio Valle del Serchio, Ospedale di Merano, Ospedale San Bortolo di Vicenza, Azienda Ospedaliera Sant’Orsola Malpighi BO, La Spezia ASL 5, Empoli ASL 11, Livorno ASL 6, Azienda Ospedaliera Pisana, Acquaviva delle Fonti Ospedale Miulli, Azienda Ospedaliera Treviso e lo stesso Ospedale Fatebenefratelli di Benevento. Il tema affrontato è fondamentale per una gestione ottimale della sala operatoria che ha come scopo finale la massimizzazione dell’efficienza dell’impianto ospedaliero, ovvero l’aumento dei casi clinici che possono essere affrontati giornalmente con la contemporanea minimizzazione delle risorse richieste e dei relativi costi. Tutti i sistemi sanitari danno sempre più rilevanza a questi aspetti, in quanto rientrano nel processo di aziendalizzazione iniziato alla fine degli anni ’90 pertanto stanno avendo sempre più rilevanza le decisioni prese in ambito organizzativo e operativo: l’attività operatoria viene razionalizzata utilizzando al massimo le risorse umane e strutturali al fine di aumentare l’efficienza e mantenere bassi i costi. operatorie ai fini di confronto e di benchmarking. Gli indicatori standardizzati permetteranno, quindi, di analizzare soprattutto gli aspetti gestionali del percorso chirurgico dipendenti da scelte organizzative dei singoli ospedali. Parallelamente a questo obiettivo ci si propone di sviluppare anche altre iniziative tra le quali un glossario della terminologia del percorso chirurgico e un’ipotesi di documento di accreditamento dei reparti operatori. L’utilizzazione della sala operatoria è condizionata principalmente da quattro fattori: la disponibilità delle sale, gli interventi pianificati, i chirurghi e gli infermieri. Le maggiori difficoltà sorgono proA conclusione dei lavori si è deciso di prio qui, ovvero nella necessità di organizzare le fasi pre/post-operatorie, l’im- procedere all’apertura di un sito internet prevedibilità dei tempi operatori stessi, il per le attività del gruppo al fine di facilicoordinamento di professionalità diverse, tare il confronto e l’analisi dei dati e darla pianificazione degli interventi a fronte ne visibilità in rete. di molteplici esigenze. Inoltre si deve tenere conto della progressiva crescita della severità clinica dei pazienti, i quali sono sempre più attenti al livello della prestazione sanitaria che gli viene offerta a fronte di una maggiore consapevolezza maturata attraverso i mezzi di comunicazione di massa che con sempre maggiore fre° quenza e intensità affronSEMINARIO di STUDI tano queste tematiche. 2 Per questo motivo nell’ambito della gestione dei processi sanitari si deve sempre tenere presente che l’obbiettivo primario è la cura del paziente, a cui deve essere garantito un livello di servizio adeguato, e da qui partire con le successive analisi per migliorare l’efficienza della struttura sanitaria. L’obiettivo prioritario del gruppo di lavoro è stato la definizione di indicatori standardizzati e lo scambio di dati sulle sale DATI e STANDARD di ORGANIZZAZIONE e di PERFORMANCE in SALA OPERATORIA 24/25 Gennaio 2014 Centro Congressi Fra Pietro Maria de Giovanni o.h. Ospedale Fatebenefratelli Sacro Cuore di Gesù Viale Principe di Napoli 14/A BENEVENTO VENERDÌ 24 GENNAIO Docenti: Flavio GIRARDI - Adriana SORRENTINO 14.00 Registrazione dei presenti Saluti e presentazione dei partecipanti 14.30 Raccordo con il seminario precedente ed approvazione documento/verbale 15.30 Prosecuzione della discussione degli indicatori di organizzazione 17.00 Esperienza concreta: il registro operatorio informatizzato (Cambieri e coll.) 18.00 Chiusura della prima sessione 20.00 Cena sociale SABATO 25 GENNAIO Docenti: Flavio GIRARDI - Adriana SORRENTINO SEGRETERIA SCIENTIFICA Dr. Flavio GIRARDI flavio.girardi@asbz SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Dr.ssa Adriana SORRENTINO Dr.ssa Tiziana GIURIOLI Dr.ssa Beatrix POMELLA 09.00 Prosecuzione della discussione degli indicatori di organizzazione 11.00 Coffee break 11.20 Prosecuzione della discussione degli indicatori di organizzazione 12.00 Esperienza concreta: integrazione informatizzata tra documentazione operatoria e multimedia in HD (Girardi e coll.) 13.00 Pausa Docenti: Flavio GIRARDI - Adriana SORRENTINO PROVIDER ECM Centro Studi San Giovanni di Dio – Roma È in corso la procedura per il riconoscimento dei crediti ECM. L’iscrizione è gratuita e dovrà pervenire via mail all’indirizzo [email protected] oppure [email protected]. Info 0471 908504 14.30 Prosecuzione della discussione degli indicatori di organizzazione 16.00 Esperienza concreta 16.30 Coffee break 16.50 Sintesi della giornata e programma della prima rilevazione dati 17.30 Chiusura dei lavori 21 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.30 Pagina 22 O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O INIZIATI I LAVORI DI COSTRUZIONE DEL CENTRO DI ACCOGLIENZA “BEATO P. OLALLO” Cettina Sorrenti I l 7 febbraio, in un clima di emozione e gioia, il presidente della sezione locale AFMaL, fra Luigi Gagliardotto o.h., alla presenza del presidente nazionale fra Pietro Cicinelli o.h., ha benedetto la prima pietra della costruzione del Centro di Accoglienza “Beato Padre Olallo”. “Siamo molto contenti di cominciare i lavori di realizzazione del Centro di Accoglienza – ha spiegato fra Luigi - La nostra Opera andrà ad aggiungersi a quelle già esistenti a Palermo. Purtroppo l’offerta di questo tipo di servizi non è mai sufficiente per accogliere i bisognosi che sono sempre più numerosi. Il nostro sforzo si aggiunge a quanti in questi anni si sono impegnati per offrire un contributo per la realizzazione del Centro di Accoglienza. Ci auguriamo di trovare ancora tanti benefattori che ci diano la possibili- tà di potere concludere la ristrutturazione e di potere aprire le porte del Centro ai bisognosi”. Questa missione ha rafforzato la Famiglia ospedaliera di san Giovanni di Dio, unita e compatta a realizzare quest’opera. La nostra forza è stata lo spirito di squadra e la condivisione del progetto: “uno per tutti e tutti per uno”. Quello che oggi abbiamo iniziato non è opera nostra, noi siamo i Collaboratori di Dio. Ci siamo presi a cuore una causa giusta: avere cura di chi in questa terra è meno fortunato di noi”. La Sezione locale AFMaL di Palermo, dal 1 dicembre 2009, sta attuando, attraverso una campagna di raccolta fondi da privati, un servizio di accoglienza ai poveri senza discriminazioni di carattere politico, partitico, religioso o etnico, nel riconoscimento della dignità umana come GIORNATA MONDIALE DEL MALATO: LA MESSA IN OSPEDALE L ’11 febbraio, si celebra la memoria della Beata Vergine di Lourdes e la Giornata Mondiale del Malato. È l’occasione propizia per mettere al centro della comunità le persone malate. Pregare per loro e con loro, stare loro vicini. Il Messaggio del Papa per questa Giornata è stato ispirato a una espressione di san Giovanni: Fede e carità: «Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16). “In particolare, possiamo imitare l’atteggiamento di Gesù – ha detto Papa Francesco nel suo messaggio - verso i malati, malati di ogni genere: il Signore si prende cura di tutti, condivide la loro sofferenza e apre il cuore alla speranza. Penso anche 22 a tutti gli operatori sanitari: che lavoro prezioso fanno! Grazie tante per il vostro lavoro prezioso. Essi incontrano ogni giorno nei malati non solo dei corpi segnati dalla fragilità, ma delle persone, alle quali offrire attenzione e risposte adeguate. La dignità della persona non si riduce mai alle sue facoltà o capacità, e non viene meno quando la persona stessa è debole, invalida e bisognosa di aiuto. Penso anche alle famiglie, dove è normale prendersi cura di chi è malato; ma a volte le situazioni possono essere più pesanti… Tanti mi scrivono, e oggi vorrei assicurare una preghiera per tutte queste famiglie, e dico loro: non abbiate paura della fragilità! valore imprescindibile, nel rispetto del carisma di san Giovanni di Dio. Attualmente, ogni mercoledì pomeriggio, offriamo un servizio docce nel quale soggetti in condizione di disagio soddisfano esigenze di base come: lavarsi e ritirare biancheria e indumenti puliti dai Volontari del Centro. Inoltre, una volta al mese vengono consegnati sacchetti di spesa con beni di prima necessità a 130 famiglie bisognose. “Con l’Opera che già svolgiamo - ha detto fra Pietro Cicinelli o.h. nel suo discorso iniziale – sulle orme del nostro fondatore san Giovanni di Dio, si attua il carisma dell’ospitalità. Il Santo, infatti, nel suo ospedale accoglieva tutte le persone, non solo i malati ma anche i pellegrini, i soldati sbandati, ecc.”. L’obiettivo è quello di realizzare un Centro di Accoglienza notturno (in una proprietà attigua l’Ospedale) a favore di ogni persona bisognosa, senza fissa dimora: anziani, famiglie in difficoltà, ecc. Il progetto mira a offrire un rifugio temporaneo a chi vive in strada. Il Centro ogni sera potrà essere aperto per ricevere i senza fissa dimora per offrire loro un ambiente confortevole dove dormire, al riparo dagli agenti atmosferici e dai pericoli della strada. Non abbiate paura della fragilità! Aiutatevi gli uni gli altri con amore, e sentirete la presenza consolante di Dio. L’atteggiamento generoso e cristiano verso i malati è sale della terra e luce del mondo. La Vergine Maria ci aiuti a praticarlo, e ottenga pace e conforto per tutti i sofferenti”. Anche in Ospedale, l’11 febbraio è stata celebrata la Santa Messa dal superiore, fra Luigi Gagliardotto. Il Celebrante, nell’omelia, rifacendosi al messaggio del Papa ha sottolineato che: “la Chiesa nei malati riconosce la presenza di Gesù sofferente. Le professionalità che si prendono cura dei malati devono fare sentire ai pazienti che loro sono lì “con loro e per loro”, non solo per le cure mediche ma per prendersi cura di tutta la persona. Devono fare sentire la vicinanza. Questo attua il carisma che san Giovanni di Dio ci ha trasmesso, il dono dell’Ospitalità”. VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.30 Pagina 23 MISSIONI FILIPPINE NEWSLETTER UN ANNO IN CIFRE Durante il 2013 nel Poliambulatorio di Manila abbiamo assistito gratis 12.406 malati. In testa per afflusso di pazienti il Servizio d’Odontoiatria, con complessive 3.117 prestazioni, tra cui 1.653 estrazioni dentarie e 571 sedute laser; i beneficiati sono stati 3.020, di cui 1.587 venuti per la prima volta. Secondo è stato il Servizio di Medicina Generale, con 1.859 pazienti, di cui 534 per affezioni polmonari. Terzo è stato il Dispensario Antitubercolare, con 1.822 pazienti, di cui 193 venuti per la prima volta; 167 sono risultati con processi in atto; 82 hanno iniziato la terapia durante l’anno, 999 l’hanno proseguita e 59 conclusa. Segue quarto il Servizio di Ostetricia e Ginecologia, con 1.529 pazienti, delle quali 408 venute per la prima volta; in 21 casi è stata anche eseguita un’ecografia. Al quinto posto il Laboratorio Analisi, con 1.089 pazienti e 1.607 esami, di cui 224 per ricerca nell’escreato di bacilli della tubercolosi, evidenziati in 53 casi. Sesto il Servizio di Oculistica, con 905 pazienti di cui 342 venuti per la prima volta; è stata rimossa ambulatorialmente la cataratta a 40 pazienti. Settimo è il Servizio di Radiologia, con 767 pazienti, di cui 486 con lesioni tubercolari nei polmoni. Ottavo il Consultorio Familiare, con 658 persone assistite. Nono il Servizio di Pediatria, con 591 pazienti, di cui 359 nuovi. Ultimo, ma che diventerebbe uno dei primi se riuscissimo ad assicurargli spazi e personale, il Settore della Riabilitazione, con 154 pazienti, di cui 41 in Fisioterapia, per complessive 403 sedute; 40 in Logoterapia, con 704 sedute; 49 in Terapia Occupazionale, con 1.889 sedute; e 24 quali alunni nella nostra Scuola per l’Infanzia Disabile. Da menzionare, inoltre, le numerose attività sociali svolte dal nostro Club della Terza Età, che ha 170 soci, resi- denti nel nostro quartiere di Quiapo, ma che già da un anno organizza ogni fine mese una giornata di festa, aperta agli anziani dei contigui quartieri di Tondo, Santa Mesa e San Miguel, e animata non solamente dai Confratelli, ma anche dalle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù e da diversi giovani volontari, reclutati specialmente tra gli studenti inviati in tirocinio nel nostro Poliambulatorio da alcune Scuole Professionali di Quiapo. Ad Amadeo sono stati 21 gli alunni della Scuola per l’Infanzia Disabile, con 2.927 presenze; 16 quelli della Scuola Elementare per Disabili con 2.334 presenze; e 7 gli ospiti permanenti nella Residenza per Orfani Disabili. Nel campo della Riabilitazione i pazienti sono stati 60, dei quali 23 in Terapia Occupazionale, con 584 sedute; 20 in Fisioterapia, per complessive 718 sedute; 10 in Logoterapia, con 166 sedute; e 7 autistici, che hanno avuto un approccio individuale col metodo ABA (Applied Behavioral Analysis = Analisi Comportamentale Applicata) con 215 sedute. PER LE VITTIME DEL TIFONE Dopo il cataclisma causato nelle Filippine l’8 novembre da un tifone d’inaudita violenza, l’AFMAL ha ricevuto in Italia offerte per le vittime, 10.000 euro in tutto, consegnati il 24 gennaio a mons. Edgardo Juanich, Vicario Apostolico di Taytay nell’isola di Palawan, affinché li utilizzi per ridare casa e lavoro alle migliaia di vittime nella piccola isola di Coron, che è stata la più danneggiata nell’area di Palawan. Inoltre l’AFMAL ha organizzato una Missione Medica nelle Filippine, guidata da fra Gerardo D’Auria e formata da quattro professionisti dell’Ospedale San Pietro, che si sono prodigati in due tandem: da un lato la dott.ssa Elena Galli e la dott.ssa Sara Rotunno, per i pazienti con problemi dermatologi o cardio-polmonari; e dall’altro il dott. Angelo Clarici e il dott. Michele Iembo, per i pazienti con problemi di udito, venendo coadiuvati dal confratello filippino fra Gianmarco L. Languez, che ha eseguito gli esami audiometrici con l’audiometro donato a suo tempo dall’AFMAL alla nostra Scuola per Audiolesi. Giunta a Manila, la Missione Medica ha dapprima visitato il 13 gennaio dei pazienti nel nostro Poliambulatorio di Manila: 45 per le dottoresse e 29 per gli audiologi. Assieme a fra Gianmarco son poi partiti in aereo per Palawan, dove il 15 gennaio a Taytay le dottoresse hanno visitato 198 pazienti e gli audiologi 95 pazienti; e il 16 gennaio a El Nido, dove i pazienti sono stati rispettivamente 92 e 31, senza contare un caso d’emergenza per un affogato, giunto quasi in fin di vita, ma che la dott.ssa Rotunno è riuscita giusto in tempo a rianimare. La Missione Medica dell’AFMAL accolta dal presule di Taytay, mons. Juanich 23 VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.30 Pagina 24 I FATEBENEFRATELLI ITALIANI NEL MONDO I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere. I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri: CURIA GENERALIZIA www.ohsjd.org • ROMA Centro Internazionale Fatebenefratelli Curia Generale Via della Nocetta 263 - Cap 00164 Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102 E-mail: [email protected] Ospedale San Giovanni Calibita Isola Tiberina 39 - Cap 00186 Tel 06.68371 - Fax 06.6834001 E-mail: [email protected] Sede della Scuola Infermieri Professionali “Fatebenefratelli” Fondazione Internazionale Fatebenefratelli Via della Luce 15 - Cap 00153 Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308 E-mail: [email protected] Ufficio Stampa Fatebenefratelli Lungotevere de' Cenci, 5 - 00186 Roma Tel.: 06.6837301 - Fax: 06.68370924 E-mail: [email protected] • CITTÀ DEL VATICANO Farmacia Vaticana Cap 00120 Tel 06.69883422 Fax 06.69885361 • PALERMO Ospedale Buccheri-La Ferla Via M. Marine 197 - Cap 90123 Tel 091.479111 - Fax 091.477625 www.ospedalebuccherilaferla.it • MONGUZZO (CO) Centro Studi Fatebenefratelli Cap 22046 Tel 031.650118 - Fax 031.617948 E-mail: [email protected] • ALGHERO (SS) Soggiorno San Raffaele Via Asfodelo 55/b - Cap 07041 • ROMANO D’EZZELINO (VI) Casa di Riposo San Pio X Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060 Tel 042.433705 - Fax 042.4512153 E-mail: [email protected] MISSIONI • FILIPPINE San Juan de Dios Charity Polyclinic 1126 R. Hidalgo Street - Quiapo 1001 Manila Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918 E-mail: [email protected] http://ohpinoy.wix.com/phils Sede dello Scolasticato e Postulantato della Delegazione Provinciale Filippina San Ricardo Pampuri Center 26 Bo. Salaban Amadeo 4119 Cavite Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.46.4131737 E-mail: [email protected] http://bahaysanrafael.weebly.com Sede del Noviziato della Delegazione PROVINCIA ROMANA PROVINCIA LOMBARDO-VENETA www.provinciaromanafbf.it www.fatebenefratelli.it • ROMA Curia Provinciale Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794 E-mail: [email protected] Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio” Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato della Provincia Centro Direzionale Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520 Ospedale San Pietro Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33581 - Fax 06.33251424 www.ospedalesanpietro.it • GENZANO DI ROMA Istituto San Giovanni di Dio Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045 Tel 06.937381 - Fax 06.9390052 www.istitutosangiovannididio.it E-mail: [email protected] Sede del Noviziato Interprovinciale • BRESCIA Centro San Giovanni di Dio Via Pilastroni 4 - Cap 25125 Tel 030.35011 - Fax 030.348255 [email protected] Sede del Centro Pastorale Provinciale Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Giovanni di Dio Via Pilastroni 4 - Cap 25125 Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513 E-mail: [email protected] Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli onlus Via Corsica 341 - Cap 25123 Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386 E-mail: [email protected] • CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI) Curia Provinciale Via Cavour 2 - Cap 20063 Tel 02.92761 - Fax 02.9241285 Sede del Centro Studi e Formazione Sede Legale Milano: Via San Vittore 12 - Cap 20123 e-mail: [email protected] Centro Sant’Ambrogio Via Cavour 22 - Cap 20063 Tel 02.924161 - Fax 02.92416332 E-mail:a [email protected] • SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI) Centro Sacro Cuore di Gesù Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078 Tel 037.12071 - Fax 037.1897384 E-mail: [email protected] • SAN MAURIZIO CANAVESE (TO) Beata Vergine della Consolata Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077 Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175 E-mail: [email protected] Comunità di accoglienza vocazionale • SOLBIATE (CO) Residenza Sanitaria Assistenziale San Carlo Borromeo Via Como 2 - Cap 22070 Tel 031.802211 - Fax 031.800434 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato • TRIVOLZIO (PV) Residenza Sanitaria Assistenziale San Riccardo Pampuri Via Sesia 23 - Cap 27020 Tel 038.293671 - Fax 038.2920088 E-mail: [email protected] • VARAZZE (SV) Casa Religiosa di Ospitalità Beata Vergine della Guardia Largo Fatebenefratelli - Cap 17019 Tel 019.93511 - Fax 019.98735 E-mail: [email protected] • VENEZIA Ospedale San Raffaele Arcangelo Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121 Tel 041.783111 - Fax 041.718063 E-mail: [email protected] Sede del Postulantato e dello Scolasticato della Provincia • CROAZIA Bolnica Sv. Rafael Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga Sumetlica 87 - 35404 Cernik E-mail: [email protected] MISSIONI • NAPOLI Ospedale Madonna del Buon Consiglio Via A. Manzoni 220 - Cap 80123 Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643 www.ospedalebuonconsiglio.it • ERBA (CO) Ospedale Sacra Famiglia Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036 Tel 031.638111 - Fax 031.640316 E-mail: [email protected] • ISRAELE - Holy Family Hospital P.O. Box 8 - 16100 Nazareth Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101 • BENEVENTO Ospedale Sacro Cuore di Gesù Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100 Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935 www.ospedalesacrocuore.it • GORIZIA Casa di Riposo Villa San Giusto Corso Italia 244 - Cap 34170 Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988 E-mail: [email protected] • TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu Afagnan - B.P. 1170 - Lomé Altri Fatebenefratelli italiani sono presenti in: • BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu Tanguiéta - B.P. 7
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