Prima del vertice Europa-Asia Putin va ad Arcore. Poi l’incontro con il premier. Anche lo zar ha capito che in Italia governa Renzusconi Venerdì 17 ottobre 2014 – Anno 6 – n° 286 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 LA RIVOLTA CONTRO RENZI “FACILE TAGLIARE LE TASSE CON I SOLDI DEI CITTADINI” Sconto sull’Irap e 80 euro caricati su Regioni e Comuni per 8 miliardi: in arrivo la scure su sanità, scuole e trasporti. Zingaretti: “È come invitare a cena qualcuno e fare bella figura senza pagare il conto”. Chiamparino: “Così ci mettono fuori dallo Stato”. Il premier li provoca: “Pensate agli sprechi” Di Foggia, Feltri e Palombi » pag. 2 - 3 - 4 - 5 ZAIA CASCELLA Il governatore veneto: “Zero fondi contro il dissesto idrogeologico” Marra » pag. 2 Matteo Renzi se la ride insieme con Angela Merkel Ansa L’AGENZIA CONTROLLATA DA POLETTI Si chiama “Italia lavoro”: e infatti licenzia i dipendenti L’ex portavoce del Quirinale: “Così la mia Barletta cadrà a pezzi” Calapà » pag. 2 Cannavò » pag. 5 » MANOVRA » E sulla lotta all’evasione buio pesto: i miliardi messi in preventivo sono solo sulla carta Tfr e fondi pensione: altra rapina Aliquote raddoppiate o quasi sui rendimenti di liquidazioni e previdenza integrativa. Gli esperti: “Così colpiscono il risparmio dei lavoratori”. Che perderanno 400 milioni. Fisco, si punta sull’adempimento volontario stimato in 2,9 miliardi. Autoriciclaggio, legge all’acqua di rose. Mentre la Svizzera ci chiede di far rientrare i capitali: sono già spariti e noi a Berna non rispondiamo nemmeno Tecce » pag. 6 B. SALVATO DALLA “SEVERINO” “Ruby, le prostitute ad Arcore c’erano Ma la concussione non c’è più” Barbacetto » pag. 7 M5S SENZA TREGUA LA CATTIVERIA y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!#!z!#!/ Il costo dei lavoratori sarà così basso che la Cina protesterà per concorrenza sleale » www.spinoza.it Nuove espulsioni e il caso Orellana Salta il gruppo con Farage De Carolis e Scanzi » pag. 8 PROMESSE MANCATE Divorzio breve bye bye, restano i mega affari degli avvocati Liuzzi » pag. 7 MACCHINA DEL FANGO Tutte le bugie di Burlando, da un trentennio Attila della Liguria Sansa » pag. 9 Avevamo ragione noi di Marco Travaglio l 18 luglio, quando la II Corte d’appello di MiI lano assolse B. nel processo Ruby perché la concussione “non sussiste” e la prostituzione mi- norile “non costituisce reato”, la disinformatija all’italiana diede il meglio di sé raccontando che dunque la Procura s’era inventata decine di prostitute, minorenni e non, nelle varie dimore del premier; e s’era sognata le sue telefonate notturne dal vertice internazionale di Parigi per buttare giù dal letto il capo di gabinetto della Questura, Pietro Ostuni, e far rilasciare la minorenne fermata per furto Karima El Mahroug (spacciata per nipote di Mubarak) nelle mani di Nicole Minetti e della collega Michelle Conceiçao contro il parere del pm minorile Annamaria Fiorillo. Nessuno, a parte il Fatto e l’avvocato Coppi, osò ricordare che il 6 novembre 2012 Pd e Pdl avevano approvato la legge Severino, detta comicamente “anticorruzione”, che spacchettava la vecchia concussione (per costrizione o per induzione, non faceva differenza) in due diversi reati: concussione (nel solo caso della costrizione) e l’induzione indebita a dare o promettere utilità (nei casi più lievi), proprio mentre ne erano imputati B. e Penati. Il Fatto spiegò, prim’ancora che uscisse la sentenza, in un pezzo di Marco Lillo, che fino al 2012 bastava che un pubblico ufficiale ottenesse soldi o favori da qualcuno, costringendolo con violenze o minacce o inducendolo con lusinghe o timori riverenziali, profittando della sua posizione, per far scattare il reato di concussione. Dal 2012 non più: nel caso di induzione, come stabilito dalle sezioni unite della Cassazione, bisogna anche dimostrare che l’indotto (non più vittima, ma complice dell’inducente) ha ricavato un “indebito vantaggio” dal suo cedimento. Cioè, nel caso Ruby, perché B. rispondesse di induzione, va provato che Ostuni abbia ceduto alle sue richieste in cambio di vantaggi indebiti. E, siccome Ostuni non ne ha avuti, la nuova legge salva B. Il Tribunale aveva tagliato la testa al toro, condannandolo a 6 anni (più uno per la prostituzione minorile) per concussione per costrizione. Mossa azzardata, visto che le telefonate di B. da Parigi non contengono violenze o minacce: è il tipico caso dell’induzione, come ha ritenuto la Corte d’appello, che però non ha potuto condannarlo per il nuovo reato per mancanza di vantaggi ingiusti per Ostuni. Il 18 luglio, in un dibattito su La7, tentai di spiegarlo a Giuliano Ferrara, che gabellava l’assoluzione per un colpo di spugna su tutti i fatti dimostrati dal processo (e, già che c’era, anche da tutti i processi degli ultimi 22 anni, da Tangentopoli in poi). Lui, per tutta risposta, si mise a sbraitare, si alzò e se ne andò. L’indomani i giornali fecero a gara nel distrarre l’attenzione dal vero nodo della sentenza: che era strettamente giuridico per la nuova legge, e non inficiava minimamente i fatti ampiamente assodati. Libero titolava: “La puttanata è il processo. Chi paga ora per le intercettazioni, i costi, le ragazze alla sbarra, la caduta del governo?”. E tal Borgonovo ridacchiava dei “manettari” e “rosiconi”, “da Lerner a Travaglio”, che hanno “già emesso la sentenza per ideologia e invocano la gogna per Silvio”. Il Giornale dell’imputato chiedeva che qualcuno “pagasse” per il presunto errore giudiziario e addirittura “chiedesse scusa” al padrone puttaniere. Sallusti ringraziava l’amico Renzi per “aver tenuto aperta la porta al condannato” e scatenò i suoi segugi a caccia dei “mandanti ed esecutori” del “colpo di Stato”. Zurlo sfotteva Merkel e Sarkozy che “ridevano sulle nostre disgrazie”: come se ridessero per il bungabunga. La Stampa dava un annuncio trionfale: “È finita la guerra dei vent’anni”. Persino Repubblica titolava sulla “rivincita di Berlusconi”, relegando in poche righe la chiave del verdetto: la modifica del reato, frutto dell’oscena legge Severino. Sul Corriere il solito giurista per caso Pigi Battista attaccava chi “ha mischiato vicende giudiziarie e vicende politiche” e “fatto il tifo per una sentenza che liquidasse l’avversario”, ignaro del fatto che la Severino l’aveva votata il Pd assieme a B. Segue a pagina 18 2 TAGLIA E SCUCI VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 Eil testo come al solito, della legge ancora non si vede di Carlo Di Foggia L a rivolta è tale che perfino i più silenziosi e i più renziani attaccano a testa bassa. Da una parte il premier che promette un incontro, senza rinunciare a sbeffeggiarli, dall’altra governatori e sindaci pronti a tutto per evitare oltre sei miliardi di tagli (4 per le Regioni e 1,2 per i Comuni). A capitanarli, gli uomini finora più vicini a Matteto Renzi. Sergio Chiamparino, per dire, renzianissimo governatore del Piemonte e presidente della Conferenza delle Regioni, ci va giù durissimo: “La manovra così com’è è insostenibile – spiega – usando risorse che sono di altri enti si incrina un rapporto di lealtà istituzionale e di pari dignità”. La risposta di Renzi arriva a stretto giro, via Twitter: “Comincino dai loro sprechi anzichè minacciare di alzare le tasse #noalibi”. Parole che scatenano la rivolta generale. “Se non si vuole stare a sentire le nostre ragioni – con- NICOLA ZINGARETTI Il solitamente moderato presidente del Lazio: “È facile invitare a cena qualcuno e fare bella figura senza pagare il conto alla fine” Luca Zaia di Wanda Marra o un approccio oggettivo H che va di là dell’appartenenza politica. Tant’è vero che nel 2010 avevo impugnato il ticket sulla sanità del mio governo. Non c’è bisogno di gente che fa cagnara per far carriera politicamente. E a guardare la legge di stabilità ti rendi conto che non c’è limite alla decenza e di gente senza vergo- Il governatore Luca Zaia Ansa gna ce n’è tanta”. Il governatore del Veneto, Luca Zaia spara a zero contro la legge di stabilità. Perché queste accuse? Con questi tagli, o non cureremo più le persone o ci vorrà un’ondata di nuove tasse. Non è che ci vuole un premio Nobel per capire che se togli da una FORSE NEL FINE SETTIMANA, forse dopo. Anche nel 2014 si ripete un classico delle manovre d’autunno: si fa il Consiglio dei ministri, si annunciano le magnifiche sorti e progressive dell’economia italiana con apposita conferenza stampa e poi niente. “Entro stasera avrete i testi”, ha detto Matteo Renzi ai giornalisti mercoledì. Loro, ingenui, pensavano si trattasse della legge di il Fatto Quotidiano Stabilità, invece erano solo le slide: l’articolato vero e proprio è ancora in fase di scrittura tra palazzo Chigi e il Tesoro. Una limatura qua, un’aggiunta di là, un paio di consigli informali dell’ufficio legislativo del Quirinale e passano i giorni. Non c’è fretta, tanto più che adesso il premier dovrà pure sobbarcarsi - come avevamo anticipato - una trattativa con regioni e comuni sui tagli. La rivolta di Comuni e Regioni: “Così Renzi ci caccia dallo Stato” FINANZIARIA, CONTRO IL PREMIER ANCHE I RENZIANI CHIAMPARINO E FASSINO: “SACRIFICIO ELEVATO, A RISCHIO I SERVIZI AI CITTADINI”. MA IL ROTTAMATORE PROVOCA: “COMINCIATE DAI VOSTRI SPRECHI” SERGIO CHIAMPARINO PIERO FASSINO NICOLA ZINGARETTI NICHI VENDOLA ROBERTO MARONI tinua Chiamparino – saremo costretti a prendere atto che non siamo più parte di questo Stato”. Concetto che il pd Nicola Zingaretti (Lazio), finora il più silenzioso tra i non allineati al nuovo corso fiorentino, sintetizza così: “È facile invitare a cena qualcuno e fare bella figura senza pagare il conto”. Per tutta la giornata le dichiarazioni al fulmicotone dei governatori si susseguono, da quello della Sardegna, Francesco Pigliaru (“tagli inammissibili”) al pugliese Nichi Vendola (“Renzi finanzia la sua propaganda con i soldi degli altri”), al toscano Enrico Rossi (“non tornano i conti: se proiettiamo questi dati nella mia Regione si tratta di 400 milioni di tagli”). Per il leghista Roberto Maroni (Lombardia) “il governo non può fare un accordo e poi rimangiarselo”. Tradotto: i patti non erano questi. Il riferimento non è solo alla clausola “taglia-sanità” (due miliardi) inserita nella bozza della legge di stabilità. Nelle complesse trattative andate avanti nei giorni scorsi, infatti, i numeri erano diversi: il tetto massimo concordato con le Regioni si fermava a 3 miliardi, mentre i Comuni si sono visti recapitare 600 milioni di ulteriori tagli. Perfino il sindaco di Torino Piero Fas- sino, glie, però, si incomincia a trattare. Nei prossimi giorni il governo convocherà Regioni e Comuni per discutere dei tagli e c’è da giurare che, visti i nomi in campo, Matteo Renzi sarà costretto ad accettare qualche limatura per avvicinarsi al miliardo di euro che Chiamparino chiede di spostare sui ministeri. Non è un caso, comunque, che la fronda parta proprio dal Piemonte, e dagli uomini più vicini al premier. La Regione è gravata da un indebitamento monstre di 8,5 miliardi di euro. La Corte dei Conti ha bocciato il rendiconto generale per il 2013 che indicava un disavan- zo di poco più di 360 milioni perché il “buco” è in realtà di 2,29 miliardi. Il Comune di Torino ha 3,5 miliardi di debiti, una condizione di pre-dissesto finanziario, eredità propio della precedente gestione Chiamparino. Con questi numeri, un ulteriore taglio dei trasferimenti statali avrebbe effetti devastanti (in Piemonte c’è il primo Comune dichiarato fallito: Alessandria). Una situazione che però riguarda decine di città. Dal 2012 a febbraio 2014 sono 105 i sindaci che hanno chiesto alla magistratura contabile di accedere a un piano di riequilibrio finanziario. (Pd) Governatore del Piemonte (Pd) Sindaco di Torino LaPresse Il presidente del Veneto “Impugneremo tutto alla Corte costituzionale” parte devi mettere dall’altra. Concretamente, che cosa dovrà fare amministrando il Veneto? Azzerare i soldi sul dissesto idrogeologico e sulla formazione. E limare su sociale e sanità. Ma io non ho intenzione di farlo, né di aumentare i ticket. Salgo sulle barricate. Abbiamo un Paese che si sta sgretolando come un panettone. In Veneto 90mila bambini vanno alle scuole paritarie: è un fatto di tradizione, ma va detto che non ci sono scuole pubbliche. E poi, abbiamo tutta la formazione professionale: dietro 600mila imprese, c’è una rete professionale paurosa. Hanno ragione i sindacati che dicono che siamo davanti a una televendita. Cioè? È assurdo che Renzi faccia il figo dicendo che toglie un terzo dell’Irap (misura sulla quale io sono a favore) e poi dire che bisogna aumentare le tasse. È un problema di metodo. Che avrebbe dovuto fare? La vera sfida di Renzi è la que- stione della mala gestione nazionale. I 30 miliardi di sprechi restano inalterati. Renzi era venuto a Treviso nella sua prima visita ufficiale da premier. Cosa gli aveva chiesto allora? (Pd) Governatore del Lazio Ansa presidente dell’Anci (l’associazione dei Comuni) e tra i primi convertiti al renzismo è costretto ad attaccare: “Lo sforzo che ci viene chiesto è troppo alto. Non vogliamo essere costretti a ridurre i servizi ai cittadini”. LA REPLICA del premier arriva in serata direttamente dal vertice Asem di Milano, sprezzante: “È inaccettabile che ci siano polemiche su questo tipo di operazione, di qualcuno che dice ‘beh, allora le rialzi amo di un miliardo a livello locale’. Trovo che sarebbe un atto sinceramente al limite della provocazione”. Dietro le scherma- Pasquale Cascella di Giampiero Calapà asquale Cascella non è P un sindaco del Sud come tutti gli altri, prima di essere eletto per il Partito democratico nella sua Barletta è stato per anni gomito a gomito con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, portavoce del capo dello Stato. Quando il governo Renzi è nato Cascella era già in Puglia Premesso che in un momento di difficoltà come questo, Renzi rappresentava l’ultimo rifugio di un porto sicuro gli parlai del dissesto idrogeologico, delle tasse. E della necessità di applicare costi standard in tutte le Regioni. Per i pasti in ospedale, per le siringhe e via dicendo. Noi abbiamo un residuo fiscale attivo: l’anno scorso abbiamo lasciato a Roma 21 miliardi di tasse. Questa manovra è una dichiarazione di guerra nei confronti di tutti quelli che sono virtuosi. per il suo nuovo incarico. Oggi è deluso: “Mi aspetterei di più da un governo del Pd”. Apriremo le ostilità. E cominceremo con l’impugnativa alzo zero davanti alla Corte della legge che lede i diritti costituzionali. Aumenterà la forbice tra chi può resistere e bene alla crisi e chi non troverà neppure risposte sul piano del welfare. Un divario enorme non più Che vuol dire che farete le barricate? Pasquale Cascella Ansa Cosa succederà con questa stangata a Regioni e Comuni? (Sel) Governatore della Puglia (Lega) Governatore Lombardia L’ex portavoce del Colle “In questo modo la mia Barletta cadrà a pezzi” solo tra Nord e Sud, ma crescente anche dentro una città come la mia. Qual è la prima cosa che la preoccupa? Garantire la manutenzione ordinaria, non dico straordinaria, della città è ormai impossibile. Realtà come Barletta così rischiano di cascare a pezzi irrimediabilmente. Noi avremo bisogno di incrementare i servizi sociali, invece si continua a perpetuare questo meccanismo con il quale la politica fomenta la rabbia della gente e si sfascia la coesione sociale. È assurdo. Come pensa di intervenire nella sua città? Non lo so, studieremo qualcosa. Certo è dura, Barletta ha novantacinquemila abitanti. Negli ultimi anni abbiamo perso diecimila posti di lavoro. Questo è lo scenario. Queste persone andrebbero aiutate. Ma si continua a fare il contrario. Poi capia- moci, la spesa improduttiva va tagliata, ci vorrebbero delle regole nazionali, uniformità, altro che federalismo. Le risorse vanno ridistribuite equamente. Quali rischi reali corrette? Dobbiamo ridimensionare tutto, qualsiasi cosa. E un Comune del Sud come Barletta ha già possibilità assai ridotte. Se io non posso garantire i servizi alla cittadinanza cosa devo inventarmi? Ma qualcosa ci inventeremo alla fine, la politica deve trovare delle risposte comunque, non possiamo abbandonarci all’antipolitica. È deluso dal governo del Pd? Mi aspetterei molto di più da un governo del Partito democratico. Sul piano della serietà come prima cosa, dell’equità e della qualità degli interventi. Mi aspetterei un riformismo vero, fatto per aiutare le persone, non l’esatto contrario. Twitter @viabrancaleone TAGLIA E SCUCI il Fatto Quotidiano Callaonsulta, Camere ventesima fumata nera di Marco Palombi U n paio di dati preliminari: nei tre anni tra il 2011e il 2014 (governi Berlusconi, Monti e Letta) i tagli di spesa a carico di Regioni, Province e Comuni ammontano a oltre 41 miliardi e mezzo, vale a dire l’11% della spesa complessiva di questi enti al netto di quella sanitaria, che è calata anch’essa. Ora Matteo Renzi vuole che le autonomie locali e le Regioni tirino fuori altri 8 miliardi nel 2015, portando il prelievo a 50 miliardi. Messa così, sono solo numeri, ma dietro queste cifre c’è la vita di milioni di italiani: quelli che prenderanno gli 80 euro di Matteo Renzi e quelli che invece no (incapienti, pensionati, partite Iva). Il non bolscevico Gianni Bottalico, presidente delle Acli (le associazioni dei lavoratori cattolici) lo ha spiegato perfettamente: “Questi tagli, tradotti in realtà, significano meno mense scolastiche, meno trasporti, meno sanità, meno libri, meno servizi. E questo vanifica i vantaggi fiscali che la manovra contiene”. VENTESIMA fumata nera alla Consulta. Ancora nulla di fatto per l’elezione di due giudici della corte costituzionale. Allo scrutinio nessuno dei nomi ha raggiunto la maggioranza, necessaria, dei 3/5. Questi i voti di ieri: 43 per Grasso, 12 per, Carlassare, 11 per Ainis, 10 per Violante e 8 per Bruno (8). 45 i voti dispersi, 407 le schede bianche e 70 quelle nulle. La prossima riunione a data da de- 3 stinarsi. Anche sull’elezione del membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura non è arrivato l’accordo. Ancora non c’è un nome per sostituire Teresa Bene. Zaccari ha ottenuto 82 voti, Guerra 33, Formisano 16, Ermini 7e Piepoli 6 voti. 12 i voti dispersi, 332 schede bianche e 40 nulle. In entrambi i casi non è stato necessario attendere la fine per lo spoglio per constatare il nulla di fatto. SANITÀ, SCUOLA, TRENI CAMBIANO VERSO: COSTERANNO DI PIÙ DAI PENDOLARI AI FARMACI; DALLE MENSE SCOLASTICHE AL SOSTEGNO AGLI ANZIANI; DAI FONDI ANTI-ALLUVIONE AI BUS: TAGLIARE LE AUTONOMIE SIGNIFICA SERVIZI PIÙ CARI (O ASSENTI) fatto a mano questi anni. Che la sanità sia sotto attacco lo ammette implicitamente lo stesso governo: se le Regioni non troveranno un accordo per spartirsi i quattro miliardi di tagli, sarà l’esecutivo a decidere da solo “considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale”. Mezzi pubblici di trasporto: saranno meno e più cari La partita di giro delle tasse tra 80 euro e addizionali È il rischio più grosso per i cittadini: per far fronte a tagli così ingenti e in un orizzonte di tempo così breve, molti enti locali potrebbero ricorrere all’aumento della tassazione locale. È già successo: dal 2010 al 2014, per dire, le addizionali regionali e comunali sono aumentate del 30% in media. Poi ci sono, ovviamente, le aliquote Tasi e Imu e una serie di altri balzelli a partire dall’Irap, che è un tributo regionale. È appena il caso di ricordare che solo i tagli alle istituzioni del territorio valgono circa 8 miliardi nel 2015, gli 80 euro appena uno e mezzo in più. E poi, a stare alle bozze della legge di Stabilità, c’è VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 un vero e proprio scippo: l’erario si prenderà il miliardo e dispari dell’Imposta provinciale di trascrizione, ma non le competenze che quell’imposta pagava (se le ritroveranno i sindaci quando la legge Delrio sarà pienamente operativa). Al solito si comincia dagli ospedali: - 3 miliardi I 4,5 miliardi che verranno sottratti alle Regioni, ad esempio, si scaricheranno “all’80% sulla sanità”, prevede Sergio Chiamparino, presidente dei governatori, renziano: in cifre significa che al Servizio sanitario nazionale mancheranno l’anno prossimo tre miliardi di euro rispetto al previsto. I ticket sulla diagnostica che hanno fatto indignare gli italiani, per capirci, ne valevano appena due. In una spesa ridotta all’osso – inferiore alla media Ue e “incomprimibile con nuovi tagli lineari”, come ha detto il Parlamento all’unanimità – la cosa non sarà senza effetti. Ovviamente ogni Regione colpirà in maniera diversa, ma i ticket (diagnostica, farmaci, prestazioni di pronto soccorso) sono un rischio non secondario. I posti letto, cioè il numero dei presidi sanitari sul territorio, sono un altro bersaglio facile e peraltro già arato in I malanni dei treni che usano i pendolari sono un genere a parte nel giornalismo nazionale: se ne occuparono più volte, per dire, persino Fruttero & Lucentini su La Stampa. Sporchi, spesso in ritardo, sempre strapieni: cose che sa benissimo chiunque abbia, per così dire, usufruito del servizio. Ai nostri fini importa ricordare, però, che quel servizio è a carico delle Regioni, che lo espletano in genere tramite un accordo con Ferrovie dello Stato o attraverso società ad hoc: la scure potrebbe insomma cadere anche sul trasporto pubblico locale, non certo peggiorando il servizio, compito in genere davvero improbo, ma attraverso l’aumento dei biglietti o la dismissione di alcune tratte. Lo stesso discorso si può applicare a livello comunale e provinciale: quei simpatici bus che ci portano nella migliore delle ipotesi in giro per la città o in paesi in cui abitiamo sono a carico di Comuni, Province e Regioni. Una corsia d’ospedale sovraffollata Ansa Rincari e/o minori servizi sono l’esito scontato del continuo comprimere la spesa. Territorio, istituti scolastici, strade: meno sicurezza Tra i compiti di Comuni, Province e Regioni c’è anche la tu- PRIMA LA SALUTE La sforbiciata da 4 miliardi costringerà i governatori a tagliarne almeno tre ai fondi del Servizio sanitario nazionale tela del territorio, rischio idrogeologico compreso: formula anodina dietro cui si celano le alluvioni che in questi giorni hanno spezzato Genova, Parma, la Maremma. Il governo Renzi ha meritoriamente lanciato un piano straordinario sul tema da un miliardo e dispari, ma i fondi per la manutenzione corrente dovrebbero uscire dalle istituzioni locali. Invece li si taglia. È esattamente la stessa situazione dell’edilizia scolastica: si lancia una grande operazione, ma si rende impossibile la gestione dell’ordinario. Oggi spetterebbe alle Province, così come la manutenzione di un bel po’ di strade: occhio alle buche d’ora in poi. E pure ai parchi pubblici: oltre a non curarli, forse spegneranno pure i lampioni e sarà quindi più difficile evitare di inciampare nei rifiuti non ritirati. Asili, pasti e libri: abituatevi a pagare di più Se avete presente le notizie di cronaca tipo bambini che non hanno diritto alla merendina nella mensa della scuola o mamme che non lavorano perché non hanno trovato posto nell’asilo pubblico e non possono permettersene uno privato sapete di cosa si parla quando si sforbicia così in profondità nei Comuni. Le scuole dell’infanzia, le mense scolastiche, gli scuolabus e persino il sostegno per l’acquisto dei libri di testo sono tutti servizi che spetterebbero ai Comuni: abituatevi a pagarli più cari. Nonni e indigenti: meno assistenza, più solitudine Quasi tutte le politiche di prossimità per i cittadini con reddito basso – dal sostegno al reddito delle famiglie povere alle politiche della casa, dall’assistenza domiciliare agli aiuti alimentari – passano dai Comuni e hanno già subito, laddove esistono, tagli drammatici in questi anni: Renzi si vantava spesso di questa funzione quand’era sindaco, oggi pare interessargli un po’ meno. MINISTRI PIÙ POVERI CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA SGRAVI CONTRIBUTIVI Alleggeriti i portafogli dei principali dicasteri Se va male, su benzina e Iva: oltre 50 miliardi Si assume senza art. 18 Altra mazzata: e con 6mila euro di sconto 80 milioni in meno IL CONTO presentato ai ministeri (4 miliardi di tagli) è meno salato di quello ipotizzato nelle scorse settimane (6 miliardi), ma ricalca il piano di risparmi presentato a governo. Nel dettaglio da quello del Lavoro arriveranno risparmi per circa 1,5 miliardi e un miliardo in parti uguali da Scuola, Università e ricerca (con una stretta sugli acquisti intermedi degli Atenei e il taglio di 150 per la ricerca applicata). Risparmi anche da Difesa (circa 500 milioni), Economia (450 milioni) e Salute (35 milioni). Il ministero Sviluppo Economico, invece, contribuisce con circa 170 milioni; gli Interni con circa 200 milioni; Esteri con 30 milioni (taglio del 20% alle indennità base del personale e meno contributi obbligatori ad organismi internazionali come l’Onu per 45 miliardi in tre anni); Ambiente con 20 milioni (risparmi sul fondo per i cambiamenti climatici). IL MECCANISMO è sempre lo stesso. Se le cose vanno male, scattano le clausole di salvaguardia. E a guardare le bozze, la stangata rischia di essere pesante. La legge di Stabilità prevede infatti come clausola di salvaguardia per rinviare il pareggio di bilancio nel 2017 l’aumento di Iva e accise. Il possibile aumento è previsto a partire dal 2016, sia per l’aliquota Iva del 10% sia quella del 22% (senza però specificare le percentuali di incremento, che dovrebbero aggirarsi intorno al punto percentuale). Stando al Def, il documento di economia e finanza il totale supererebbe i 50 miliardi di euro. Nel dettaglio, l’incremento dell’Iva vale 12,4 miliardi nel 2016, 17,8 nel 2017 e 21,4 nel 2018. Ad aumentare sarebbero anche le accise sulla benzina, nonostante siano già programmati aumenti delle accise per oltre 2,7 previsti da vecchie misure. IL TAGLIO dei contributi per i neo assunti a tempo indeterminato con il contratto a tutele crescenti (senza articolo 18) avrà un limite massimo annuo di 6.200 euro. L’azzeramento dei contributi arriverebbe quindi fino a circa 19.000 euro di salario e sarà solo per i neo assunti a partire da gennaio 2015. Niente taglio dei contributi, invece, per i lavoratori che negli ultimi sei mesi hanno avuto un contratto a tempo indeterminato. In soldoni, il risparmio (per un reddito di 24 mila euro) arriverebbe a 9.250 euro rispetto al tempo determinato. Potenzialmente, la nuova misura potrebbe coprire circa 422 mila nuove assunzioni. Degli 1,9 miliardi del costo complessivo, circa un miliardo arriverà dal Fondo di sviluppo e coesione (che di norma cofinanzia i fondi europei), un bel pezzo del resto dai tagli alle agevolazioni per i contratti di apprendistato e agli sgravi contributivi per chi assume lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi. NON C’È PACE PER LA RAI UNO SCONTO, la metà dell’importo, ma la notizia è pessima per la Rai. Dopo il prelievo di 150 milioni di euro per coprire gli 80 euro in busta paga, misura considerata una tantum e che ha costretto la Rai ad avviare la quotazione con relativa cessione del 49% di RaiWay, ecco che arriva un’altra mazzata. Dal disegno di legge sulla stabilità, un paragrafo annuncia un prelievo del 5% (non più del 10) sul canone di abbonato di Viale Mazzini, il valore sarà intorno ai 75/80 milioni di euro. Ma è ancora peggio dei 150 milioni, perché questo provvedimento – in vigore dal 2015 – sarà strutturale, cioè per sempre. Proprio ieri mattina, senza essere stato avvisato di questa norma, il sottosegretario Antonello Giacomello (Sviluppo Economico, delega alle Comunicazioni) diceva che la Rai non doveva pensare che il governo è quello che gli ha tolto i 150 milioni. No, perché ne toglierà altri 75/80 da qui ai prossimi anni. 4 TAGLIA E SCUCI VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 D alle scuole private ai Tir. Ecco i micro-regali MANOVRA che passa, micro norme che trovi. Come in ogni legge di Stabilità anche questa è zeppa di mini-regali. Ecco un elenco: Regalo ai Tir. È autorizzata la spesa di 250 milioni di euro "a decorrere dal 2015" per interventi in favore del settore dell’autotrasporto. Di questi "una quota non superiore al 20%" è destinata alle im- il Fatto Quotidiano prese che portano avanti operazioni di aggregazioni o ristrutturazioni. Scuole private. Le scuole non statali vengono rifinanziate per duecento milioni di euro dal 2015. Forestali della Calabria. Non c'è manovra che si rispetti senza un articol sui forestali calabresi: 10.000 persone attive nella difesa delle aree verdi della regione. Anche COME B. NEL 2011: GUERRA CON BRUXELLES E COI MERCATI BRIVIDO AL VERTICE: SI RIPETE LO SCHEMA CHE CI STAVA PORTANDO AL COLLASSO, TRA PROMESSE MANCATE SUI CONTI, LA GRECIA RIBELLE E LO SPREAD CHE CORRE di Stefano Feltri V Milano ediamo se vi ricorda qualcosa: un primo ministro che vuole tagliare le tasse e dare una frustrata all’economia stagnante, mentre il ministro del Tesoro più prudente ne frena gli eccessi. C’è la Commissione europea che chiede il rispetto delle regole che anche l’Italia ha approvato, ma riceve da Palazzo Chigi provocazioni e promesse poco credibili. Sullo sfondo un Paese economicamente insignificante come la Grecia si rivela al di sotto della sua pessima reputazione e, dalla periferia della zona euro, ne minaccia l’esistenza. I mercati reagiscono fuggendo dai Paesi refrattari al cambiamento e rifugiandosi nei titoli di Stato tedeschi, col risultato che il pessimismo rischia di diventare tragedia. SEMBRA LA CRONACA degli ultimi giorni, ma è anche la fotografia dell’Europa di fine 2011, quando iniziò la slavina che stava per portare al tracollo della moneta unica e dell’economia occidentale. Le differenze, non sono poi così rilevanti: allora c’erano Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti a litigare su fisco e pensioni di anzianità. Oggi Matteo Renzi taglia Irap alle imprese e Irpef ai cittadini mentre il titolare del Tesoro Pier Carlo Padoan gli ricorda che se si tolgono 4 miliardi alle Regioni queste poi aumenteranno le tasse. Tre anni fa la Grecia minacciava un referendum sulle misure di austerità, con il governo del socialista Giorgios Papandreou, subito deposto per far spazio ai tecnici. Oggi il conservatore Antonin Samaras, fiutando elezioni anticipate, cerca di ridurre il distacco dalla sinistra di Alexis Tsipras copiandone il programma: basta con la Troika, stracciamo il memorandum d’intesa, a fine 2015 finisce l’assistenza della Commissione e, allora o anche molto prima, bisogna liberarsi anche della cappa del Fondo monetario internazionale. In due giorni la Borsa di Atene ha perso il 12 per cento e la Banca centrale europea, con discrezione, ha adottato misure per sostenere il debito greco appena tornato sul mercato dopo anni in cui il governo si finanziava solo dai fondi salva Stati. Nel 2011 la Commissione europea di José Barroso inseguiva Berlusconi e Tremonti con lettere, richieste di precisazioni, questionari, nel tentativo di spingere il loro governo a quel rigore e chiarezza che i mercati chiedevano per continuare a fi- nanziare l’Italia. Dopo quella traumatica esperienza - quando Bruxelles parlava di pensioni e lavoro e Berlusconi di bungabunga – i Paesi della zona euro si sono dotati del Patto Euro Plus, del six pack e del two pack: regole che permettono un coordinamento delle politiche economiche fin dalla loro preparazione, per prevenire invece che curare. Berlusconi poteva fare quello che voleva e subire poi qualche reprimenda, Renzi deve mandare a Bruxelles la sua legge di Stabilità per una approvazione preventiva. Che non è scontata: a differenza del Cavaliere a suo tempo, il premier ha obiettivi precisi. Doveva fare un aggiustamento strutturale dello 0,7 per cento del Pil, per ridurre il debito, e non lo ha fatto usando come alibi (previsto dai trattati) la recessione più grave del previsto. L’aggiustamento sarà soltanto simbolico, 0,1 per cento. E Barroso, nella sua ultima settimana da presidente della Commissione, dovrà decidere se bocciare la manovra dell’Italia. Bocciatura senza conseguenze se non di immagine, che sui mercati conta. “WE ARE FLEXIBLE” scherza- va Renzi ieri al vertice di Milano con i Paesi asiatici, mentre la Merkel, molto più seria, ripeteva per l’ennesima volta che “tutti, e sottolineo tutti, gli Stati membri devono rispettare in 173 CHIUSURA SPREAD -1, 21% LA BORSA DI MILANO SOTTO TIRO Lo spread ieri ha superato i 200 punti. La Borsa era scesa fino a -3,7% pieno le regole del patto di stabilità e crescita”. Il premier finlandese Alexander Stubb, un po’ ammaccato dalla perdita della tripla A di rating del suo Paese un tempo inappuntabile, dice al Fatto: “Non è compito mio commentare la politica economica degli altri Paesi, ma dobbiamo continuare a essere prudenti e confidare nel piano di investimenti da 300 miliardi annunciato da Jean Claude Juncker per la sua Commissione”. Ci sono alcune differenze, pe- rò, rispetto al 2011. E tutte legittimano i timori di chi scommette al ribasso sui mercati: la Germania non è più un’isola immune alle scosse, questa volta è sull’orlo della recessione per la frenata delle esportazioni (colpa anche della guerra in Ucraina). La Banca centrale europea ha esaurito le armi a sua disposizione, almeno per ora, e si prepara a gestire un’altra fonte di sicure scosse telluriche, cioè la presentazione dei risultati di stress test sulle principali banche che, per risultare credibili, dovranno portare a qualche esito traumatico. L’economia americana, dopo alcuni anni di brillante ripresa, manda segnali incerti e la Federal Reserve, la banca centrale Usa, terminerà presto il suo programma di sostegno al governo. Poi c’è l’Isis, l’Ucraina, Ebola, la Siria... Matteo Renzi LaPresse L’altra Milano IN UN CONTESTO così la mor- fina monetaria della Bce non basta più a sedare le Borse. In tre giorni il rendimento dei titoli di Stato italiani decennali è balzato da 2,3 per cento a 2,6, lo spread (la differenza con gli omologhi tedeschi) è schizzato a 200 punti proprio mentre Renzi approva una legge di stabilità che si regge sulla premessa che resti a 150 e scenda a 100 nel 2016. A inizio luglio 2011 lo spread era 225, a metà novembre 575 con Berlusconi dimissionario. Si balla, di nuovo. FEMEN E VINO ROSSO Due ragazze francesi vicine al movimento di protesta Femen ieri mattina in piazza Duomo hanno protestato contro l’ingerenza russa nella crisi ucraina LaPresse RENZI, CONFERENZA STANCA Si sente Obama ma risponde su Acea di Wanda Marra uno scherzo”. Conferenza stamÈ pa di presentazione della legge di stabilità. Matteo Renzi, camicia bian- “Nella riserva, per caso sono stati anche calcolati i 33 milioni di euro che abbiamo perso per i ritardi nel tunnel della Maddalena in Piemonte?”, chiede il primo giornalista (Prisma news) -a intervenire. Renzi si tocca la cravatta. Guarda Padoan. Non ci può credere. Ma quello continua: “Ci è sembrato di capire che Acea sia sul mercato, che abbia bisogno di un compratore. Lei condivide questa sensazione? È possibile che lei abbia avuto qualche ragguaglio nella sua visita londinese”. A quel punto Renzi non ce la può fare. Reagisce d’istinto: “Ma su che, su Acea? Io sto presen- ca e cravatta, senza giacca, quasi a sottolineare la grande fatica a cui si è sottoposto, afferra il telecomando. Velocemente, con impazienza. Più o meno come fa tutto. Il suo staff ha preparato delle slide a colori. Non vede l’ora di farle vedere. E invece no. Nel proiettore della sala stampa, non c’è ordine. Le slide scorrono in maniera confusa, casuale. Una scena che peraltro si ripete più o meno ad ogni conferenza stampa che conti. “Questo è qualcosa che funziona”, dice lui. CHE DOMANDE Poi, incredulo e rassegnato: “Anche no....”. MA LE AMAREZZE per il premier non finiscono qui. Dopo aver ribadito, alla fine della sua presentazione, con grande enfasi, che si tratta di una manovra da 36 miliardi è pronto a rispondere alle domande. L’imbarazzo del premier, prima con la regina delle tv Usa, Ophra Winfrey, poi costretto a rispondere alle questioni laterali dei nostri giornalisti tando una manovra da 36 miliardi e lei mi chiede se ho i rumors di Acea? Va bene”. Si ferma. E ancora, non ce la fa: “Ma io su questo non rispondo...C’è Pier Carlo che è bravo...”, dice riferendosi al ministro dell’Economia, seduto accanto a lui. I due si guardano, complici. Non se l’aspettavano. D’altra parte, Renzi, che deve sempre esagerare, la giornata della manovra l’aveva condita con altre attività molto international e molto glamur. Prima di tutto, la telefonata con Obama, per parlare dell’emergenza Ebola. Per lui è sempre un’emozione parlare con il numero uno del mondo. Poi, mezz’ora di chiacchiere con Ophra Winfrey, considerata una delle donne più potenti e influenti degli Usa, conduttrice per anni di un popolarissimo show tv ma anche candidata agli Oscar e paladina dei diritti civili. La Winfrey gli ha chiesto del suo recente viaggio americano, incuriosita in particolare dalla tappa nella Silicon Valley. E immortalata dalle foto con il premier in vestito rosa confetto con sandali rosa, ha addirittura aspettato Matteo a Palazzo Chigi per qualche minuto. Lui era impegnato al Quirinale nel Consiglio supremo di difesa. DAVANTI a questo proliferare di im- pegni prestigiosi e di impatto, è facile immaginare quanto debba essere sembrata una triste discesa nella realtà la conferenza stampa di presentazione della legge di stabilità rischiatutto. Vista l’ora, il presidente del Consiglio probabilmente era consapevole che non avrebbe trovato la ressa e l’interesse delle grandi occasioni. Però, forse non si aspettava di trovarsi davanti perlopiù cronisti di giornali locali. Pronti a chiedergli praticamente tutto, tranne il merito della legge che stava presentando. Tanto è vero, che a un certo punto non ce l’ha fatta più. E davanti alle mani alzate per le domande ha detto: “Poi fermatevi...si fa l’afterhours. E domattina inizia il vertice Asem”. Sottotesto: c’ho da fare con la Merkel e con Putin. Mica bruscolini. TAGLIA E SCUCI il Fatto Quotidiano quest’anno si prevede infatti un contributo di 140 milioni a partire dal 2017.100 milioni anche per Lsu di Palermo e NapoliTagli a partecipate e paga manager. Entro il 31 marzo 2015 gli enti locali devono mettere a punto un "piano operativo" per il taglio delle partecipate e quello degli stipendi dei dirigenti. Auto verdi, addio incentivi. Zero aiuti per l’acqui- sto di auto a basse emissioni con la rottamazione di veicoli usati. Radio radicale. Si prevedono 10 mln per Radio radicale a partire dal 2016. Sindacati. Una notizia che non farà piacere ai sindacati: mentre il governo rivede l’intera materia del lavoro con il Jobs act saltano 200 milioni dal Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrat- VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 5 tazione di secondo livello. Quello che doveva favorire il tanto agognato aumento della produttività. Mentre è previsto un taglio di 150 milioni ai patronati. Porti. 100 milioni per dragare i porti. Campania. 10 milioni per la “Terra dei fuochi”. Immigrati. 187,5 milioni in più per l’assistenza a chi chiede asilo ed ai rifugiati in Italia. Inclusi minori. 12,5 mln per i bambini. Si chiama Italia lavoro e manda a casa i precari MIRACOLO JOBS ACT: I MILLE DELL’ENTE DEL MINISTERO CONTRO LA DISOCCUPAZIONE RISCHIANO DI NON VEDERSI RINNOVATI I CONTRATTI A PROGETTO O A TERMINE di Salvatore Cannavò ministero del Lavoro sia nel secondo governo Berlusconi (2001-2006) che nel terzo (2008-2010) quando a seguire il settore era un altro ex socialista, Maurizio Sacconi. sta per insidiare i lavoratori stessi. Il o lavoro in ‘Italia lavoJobs Act, infatti, prero’ ma dal prossimo vede che l’A.n.o. si anno forse non ci lavodovrà avvalere delle ro più”. Lo scioglilin“risorse umane e figua è utile per esprimere il pananziarie già disporadosso delle politiche renzia- CURRICULUM DEI VERTICI a nibili a legislazione ne sul lavoro. In tempi di ap- parte, quello che preoccupa i vigente” mediante provazione del Jobs Act, con circa 800 dipendenti con po“la razionalizzaziola disoccupazione alle stelle, sizioni a progetto e a tempo ne” degli enti struuno dei pilastri dell’interven- determinato è il fatto che a fimentali esistenti (e to pubblico orientato al lavoro ne anno, cioè fra poco più di Italia lavoro lo è) e rischia di lasciare a casa quasi due mesi, i loro contratti anche bisognerà far mille precari che hanno de- dranno in scadenza. “Finirà confluire nella nuociso di manifestare il prossi- infatti – spiega al Fatto Davide va Agenzia il persomo 22 ottobre, sotto le fine- Scialotti, della Fisac-Cgil innale delle amministre del ministero di Giuliano terna a Italia Lavoro – i prostrazioni periferiche Poletti. Italia Lavoro, infatti, è getti cofinanziati dal Fondo e dei vari enti che, a “un ente strumentale del mi- sociale europeo. Ma nessuno loro volta, andranno nistero del Lavoro e delle Po- ci ha ancora detto che succeridotti e soppressi. NEL PARTITO ci sono anime, correnti e cullitiche sociali per la promo- derà dopo”. Cgil, Cisl e Uil Con queste premesture politiche divergenti. C'è una difformità zione e la gestione di azioni hanno scritto già lo scorso se la sensazione di antropologica e una delle due componenti è nel campo delle politiche del marzo al ministro Poletti, apessere agnelli sacrifidestinata a sparire. È quella che prima era lavoro, dell’occupazione e pena insediatosi, per affrontacali sta diventando impegnata nell’antiberlusconismo e poi è dell’inclusione sociale”. An- re la questione. Ma, da allora, una certezza tra i distata travolta dal ciclone Renzi”. Per errore che se è una società per azioni non hanno avuto nessuna ripendenti precari nel mio pezzo di ieri ho attribuito queste paè equiparato a un ente pub- sposta alla loro richiesta di in(circa 800), e non sorole al responsabile Economico del Pd, FilipIl ministro Giuliano Poletti LaPresse lo (quelli a tempo inblico. Una struttura del gene- contro. po Taddei. A pronunciarle era stato, invece, il re dovrebbe essere al centro determinato sono filosofo, Massimo Cacciari. Taddei si era limitato a dichiarare delle attenzioni di chi governa 360), che si sono riI lavoratori hanno quindi co- trovati in un’assemblea partiche “c’è un problema di coerenza nella dirigenza del Pd”. Mi nonostante la sua nascita ed IL BUON ESEMPIO minciato a preoccuparsi. Ma il colarmente numerosa pochi scuso con l’interessato, che non ha mai detto che la minoranza evoluzione siano state carattimore di perdere il posto di giorni fa. Da lì la proposta, Pd deve sparire. E ci ha tenuto a ribadire ieri che non lo pensa terizzate dal sospetto verso La struttura di Poletti lavoro è aumentato quando presa all’unanimità, di uno neanche. l’ennesimo “carrozzone”. hanno letto il Jobs Act, appena sciopero di 4 ore e un presidio Le insofferenze, le ostilità, le differenze tra i renziani e gli altri di L’attuale presidente, Paolo diventerà Agenzia approvato dal Senato, e saputo al ministero del Lavoro il cui parlo nel resto del mio articolo sono invece sotto gli occhi di Reboani, si è formato nella nazionale per della volontà del governo di prossimo 22 ottobre. tutti. E nel Partito democratico il dibattito tra chi vorrebbe anPrima Repubblica alla segrecreare una nuova Agenzia nadarsene e non può o non lo reputa politicamente fattibile e chi fa teria di Gianni De Michelis l’occupazione (Ano): tagli zionale per l’occupazione. “QUELLO CHE ci sembra asdi tutto per marginalizzare il dissenso, per neutralizzarlo, renquando questo era ministro dendolo ininfluente è storia di tutti i giorni. degli Esteri e poi a Palazzo alle sedi locali e ai posti di L’acronimo, A.n.o., è già mo- surdo – continua il delegato tivo di sberleffo anche perché della Cgil - è che da una parte wa.ma. Chigi con Giuliano Amato. È lavoro . Pronto lo sciopero il progetto sembra fatto appo- si parla di creazione di posti di stato direttore generale del lavoro e dall’altra si chiude una comunità professionale IL MINISTRO OMBRA coesa e competente”. I dipendenti sono per lo più collaboratori, con contratti vanno dai 950-1.000 ai 1.400 euro al mese. Eppure, parlando con qualche precario che ci tiene a non el governo Renzi c’è ormai un ministro dall’altra parte della strada, a Palazzo Chigi. Per infar sapere il proprio nome, si dell’Economia ombra, un contrappeso a Palaz- contrare postulanti e negoziare meglio con i colleghi coglie un forte senso di apparzo Chigi del burbero Pier Carlo Padoan. E non si durante i Consigli dei ministri. Il ruolo della Boschi, tenenza a una struttura che, tratta del sottosegretario Graziano Delrio o di uno dei sancito dal nuovo ufficio, è diventato più chiaro in dicono i lavoratori, potrebbe consiglieri economici del premier. Ma di una delle queste ultime ore. costituire una posizione di pochissime persone di cui Matteo Renzi si fida davforza per politiche attive del vero cioè “la Mari”, Maria Elena Boschi. In teoria è QUANDO RENZI ha chiuso il Consiglio dei ministri, lavoro: “I centri per l’impiego soltanto ministro (senza portafoglio) per le Riforme e varando la bozza della legge di Stabilità, molti dei tagli in Germania hanno dieci volte i rapporti col Parlamento, occupata da legge eletto- ai ministeri non erano indicati in dettaglio, nel dodi più gli addetti italiani e querale e abolizione del Senato, in pratica è diventata la cumento c’erano parecchie caselle vuote e mancavano sto la dice lunga sull’arretrareferente di Renzi per la legge di Stabilità. gli allegati. I collaboratori tecnici dei vari ministri tezza del nostro paese”. hanno avuto una notte di tempo per studiare le opInoltre, fa notare un altro, “se I PRIMI SEGNALI si erano già visti nelle scorse set- zioni suggerite dal ministero del Tesoro e fare le eveninvece di creare una Agenzia timane: Matteo Renzi ha completamente delegato la tuali rimostranze la mattina dopo, cioè ieri. I singoli dal nulla, si fossero potenziate, scrittura della Nota di aggiornamento al Def, il do- interventi andavano discussi con Padoan e i suoi, ovcollegandole, le strutture esicumento su cui si basa la manovra, al Tesoro. Risul- viamente, ma anche con Maria Elena Boschi, a Pastenti (oltre a Italia lavoro dal Maria Elena Boschi è il numero due del governo LaPresse tato: Padoan e la sua squadra lazzo Chigi, anche se formalmente congoverno dipende anche l’Isfol e altre strutture diverse, ndr.) si hanno preparato un documentinua a non avere alcun incarico econosarebbe risparmiata una nuoto durissimo e puntiglioso in cui mico ma è stata la prima, su indicazione provato a esprimere idee autonome – da Giuliano PoNON SOLO RIFORME va struttura e dato uno sbocco venivano ammessi anche i ritardi Renzi, a consultare la versione finale letti (Lavoro) a Stefania Giannini (Istruzione) fino ala persone che lavorano da andi nelle riforme che costavano della legge di Stabilità prima del Consi- lo stesso Delrio – sono stari richiamati al loro ruolo di Le lamentele sui tagli ni su questo terreno”. mezzo punto di Pil. Renzi se ne è glio dei ministri. Non ha competenze di meri esecutori. Conta solo la linea di Renzi. E tutti La richiesta dei sindacati, al quelli che in questi mesi non sapevano come fare a disinteressato, ma da Palazzo politica economica formalizzate, ma di ai ministeri andavano momento, è di avere un conChigi la Boschi ha seguito il doslei il premier si fida, ormai, anche più di capire cosa ci fosse nella testa del premier e chi fossero presentate a lei che, fronto con il governo. Intersier segnalando al premier tutti i Graziano Delrio, il quale, come sottose- gli interpreti autorizzati della sua volontà, ora sanno a pellato dal Fatto, il ministro punti critici prima che venisse gretario a Palazzo Chigi, sarebbe il vero chi rivolgersi. A Maria Elena Boschi, oltreché a Luca dal suo ufficio a Palazzo Poletti ha fatto sapere di “non Lotti, altro membro del governo che ha un potere pubblicato. Oltre agli uffici in numero due operativo del premier. avere nulla da dichiarare”. La Largo Chigi, la Boschi ha da un Chigi, è ormai la numero I colleghi di governo non fiatano su que- molto superiore alla sua delega ufficiale, quella per parola, per ora, passa alla propo’ di tempo anche un ufficio sta posizione della Boschi da primus inter l’editoria. due dell’esecutivo testa. Aspettando il Jobs Act. Twitter @stefanofeltri proprio nella sede del governo, pares. Uno dopo l’altro, quelli che hanno I Taddei (Pd): “Mai parlato di diversità antropologica” Tutti in fila da Padoan, pardon Boschi N 6 TAGLIA E SCUCI VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 Cdella alabria, il cane candidata Ferro ad Arcore da Dudù L’APPOGGIO politico passa anche per la vita sociale canina. Wanda Ferro (nella foto), candidata con Forza Italia per la presidenza della Regione Calabria, porterà il suo Oscar, uno yorkshire, a conoscere il barboncino di Arcore Dudù. Silvio Berlusconi avrebbe visto una foto di Oscar e avendolo trovato carino e simpatico ha invitato cane e padrona per una visita. Wanda Ferro, ex presi- il Fatto Quotidiano dente della Provincia di Catanzaro, che punta a diventare la prima donna calabrese alla guida della giunta, ha già usato il suo animale domestico per fare campagna elettorale. Ferro è già stata ad Arcore pochi giorni fa ma ci tornerà presto, non solo per definire una strategia elettorale nella sfida contro Mario Oliveiro alla guida della Regione, ma anche per far conoscere i due cagnolini. Legge di Stabilità, i buchi neri della manovra COPERTURA TRUFFA QUESTA È UNA RAPINA Antievasione, chiacchiere da 2,9 miliardi di Carlo Tecce I l governo declama: staneremo gli evasori. Evviva. Un assaggio, forse una tattica per prendere (lentamente) le misure: 3,8 miliardi di euro. Evviva. In questa troppo presto celebrata “lotta all’evasione”, inserita nel disegno di legge di Stabilità (ex finanziaria), la prima categoria che si evade è la logica. Perché di questi 3,8 miliardi di euro, necessari per coprire uscite per 36 LA CONFESSIONE Delrio ammette che solo un miliardo verrà dal recupero delle imposte: fino a 3,8 con “altri meccanismi, come Fisco amico” miliardi, soltanto 900 milioni sono calcolati con giudizio, e riguardano un nuovo meccanismo per il versamento dell’Iva: e il resto, i 2,9 miliardi di euro? Palazzo Chigi fa sapere che l’Agenzia delle Entrate dovrà scovare, esaminare e convincere i furbetti che non pagano le tasse e poi sperare in un’autodenuncia: ecco, la coscienza sarà una garanzia per i 2,9 miliardi. Oltre a un’auspicata e intima conversione degli evasori, l’Agenzia dovrà incrociare i numeri inseriti nelle banche dati, informare il cittadino beccato in fallo e avviare un’operazione che viene definita “Fisco amico” e prevede, testuale, un “adempimento volontario”: lo puoi sbrigare sul portale oppure di persona. Non sarà blasfemo considerare ballerini questi 2,9 miliardi (il Sole 24 Ore dice che l’obiettivo sarà difficile da realizzare), e lo stesso pensiero impuro ha pervaso diversi componenti del governo che masticano la materia. Per carità, l’Agenzia delle Entrate, diretta da una renzian-toscana, Rossella Orlandi, potrebbe persino ricavare più di 2,9 miliardi, ma chi assicura che siano proprio 2,9 e non di meno, tanti di meno? Con le stime non è saggio proteggere una manovra da 36 miliardi, se poi rischi di dover attivare le clausole di salvaguardia, tipo un aumento per le aliquote Iva. A parte i 2,9 miliardi annunciati con estremo ottimismo e 900 reperiti con l’Iva, c’è un ulteriore miliardo da recuperare con l’emersione di quelle società del gioco d’azzardo che non pagano un euro in Italia. Il sottosegretario Graziano Delrio non spaccia i preventivi per soluzione: “Un miliardo da vera e propria lotta all’evasione, il rimanente deriverà da strumenti come Fisco amico”. MENTRE il governo promuove una posticcia “lotta all’evasione”, si consuma una tragicomica battaglia diplomatica tra la Svizzera e l’Italia per il rientro dei capitali detenuti a Berna e dintorni e sconosciuti al fisco di Roma. Eveline Widmer Schlumpf, ministro delle Finanze elvetiche, ha bacchettato il collega italiano Pier Carlo Padoan: “La mia pazienza ha un limite. Ho spiegato la mia agenda e voglio una risposta chiara”. La Svizzera deve uscire dai paesi in lista nera (black list), paradisi fiscali, e deve firmare un accordo con l’Italia: ci è riuscita con chiunque, non con Roma. Quasi un anno fa, al Tesoro c’era Fabrizio Saccomanni, le penne erano ormai pronte e si ragionava su di un gettito fiscale per l’Italia di circa 8 miliardi. In attesa, chi doveva trasferire quei soldi avrà provveduto. Ma l’Italia ci riflette su. E riflette ancora, ogni volta per peggiorare l’impianto, sul reato di autoriciclaggio: Matteo Renzi ne faceva un punto ineludibile del programma, poi sono sopraggiunte le pressioni e le intromissioni di un pezzo di alleati (Ncd e Fi) e un pezzo di democratici. Dopo aver ricalibrato le pene verso il Pier Carlo Padoan Ansa basso e introdotto il “godimento personale” per indebolire la norma, cadono nel vuoto persino le osservazioni di Rodolfo Maria Sabelli, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati: “Sarà autoriciclaggio costituire fondi neri da impiegare in un’attività economica, ma non sarà autoriciclaggio l’utilizzo di somme di denaro fatte transitare su conti di copertura e poi spese per acquistare una villa di lusso per abitarci”. Tu chiamale se vuoi, evasioni. Mani in alto: stangata su Tfr e fondi pensione di Marco Palombi È la più grande riduzione delle tasse della storia della Repubblica. È il mantra preparato da Matteo Renzi per questa campagna d’autunno detta legge di Stabilità: magari per le imprese è vero, sul lavoro invece ci sarebbe da dire. Intanto, come hanno spiegato ieri i governatori, il premier si è pagato gli 80 euro coi soldi di Regioni e enti locali, che potranno comunque rivalersi sui cittadini aumentando le tasse locali. E poi, parlando di salario, da una parte c’è lo sgravio Irpef e dall’altra una mazzata sul Trattamento di fine rapporto (Tfr), che poi sarebbe “salario differito”: un vero e proprio furto che vale centinaia di milioni l’anno. PARTIAMO dall’idea del “Tfr in busta paga” che inizialmente sembrava l’uovo di Colombo per rilanciare i consumi e ormai Renzi non cita nemmeno più nei suoi pistolotti pubblicitari: si aderisce su base volontaria a partire dal marzo 2015 e per i successivi tre anni (esclusi gli statali, i lavoratori agricoli e quelli domestici). La sorpresina è che verrà tassato come il normale reddito e non in misura minore come avviene oggi per il Tfr. Tradotto: per chi guadagna tra 15 mila e 28.650 euro l’anno si tratta di una perdita contenuta (50 euro l’anno), oltre quella soglia si passa già a oltre 300 euro di decurtazione per arrivare ai 569 euro di chi prende 90 mila euro l’anno. Non pare, comunque, che il Tesoro si aspetti frotte di lavoratori ansiosi di vedere la liquidazione in busta paga: la copertura messa da parte è appena 100 milioni. Assai più discutibile è l’operazione che invece viene fatta sul normale Trattamento di fine rapporto e sulla previdenza complementare: i soldi messi da parte per la liquidazione vengono rivalutati ogni anno, All’ingresso dell’Agenzia delle Entrate a Roma LaPresse Unicredit, paga il bancario SCIOPERO ALLA CONTROLLATA UCCMB, IN VENDITA CON 27 MILIARDI DI CREDITI A RISCHIO di Marco Franchi l mal di banca non affligge solo le Borse I ma anche i bancari che devono fare i conti con tagli, ristrutturazioni e spezza- tini. Come i dipendenti della Unicredit Credit Management Bank che ieri hanno incrociato le braccia e protestato davanti alla sede milanese della capogruppo Unicredit. Nel mirino, la decisione dell’istituto guidato da Federico Ghizzoni di vendere i crediti problematici (ovvero di difficile riscossione) racchiusi proprio nella controllata Uccmb che ha sede a Verona e filiali in tutta Italia, 760 dipendenti, 2.600 collaborazioni con professionisti esterni e circa 27 miliardi di euro di cosiddetti non performing loans. La cessione è stata prevista nel piano industriale annunciato a primavera e la trattativa è stata avviata nel momento in cui il sistema bancario italiano è gravato da oltre 300 miliardi di crediti deteriorati. DALLA VENDITA il gruppo conta di in- cassare circa 350 milioni mentre il pacchetto di crediti deteriorati messo in vendita vale attorno ai 4,4 miliardi di euro. “In un simile contesto appare incomprensibile che per mere ragioni di cassa si pensi di vendere Uccmb. Sarebbe come se in piena stagione delle grandi piogge si pensasse di vendere l’unica fabbrica di ombrelli”, commenta Vincenzo Tenerelli della Uilca. In pista per rilevare le attività gestite dalla banca ci sono il fondo di private equity Lone Star e la cordata Fortress-Prelios. Ieri al cda di Unicredit è stata illustrata una informativa sulle trattative. Nel pomeriggio i vertici hanno incontrato i rappresentanti della cordata Prelios-Fortress, data come favorita, oggi sarà il turno di Lone Star. “Abbiamo avuto dal cda il nulla osta per continuare a fare quello che stiamo facendo. Contiamo ad arrivare alla scelta entro pochi giorni”, ha detto in serata l’ad Ghizzoni. In caso di vittoria di Prelios-Fortress, il senior adviser di Fortress in Italia, Giovanni Castellaneta, ha dichiarato di recente che il gruppo ha “tutte le capacità per affrontare l'operazione mantenendo i livelli occupazionali”. Ma i bancari che ieri hanno scioperato non si fidano e puntano sull’esito degli stress test della Bce atteso per il 26 ottobre. “Se Unicredit supererà gli esami – sottolineano – la patrimonializzazione del gruppo risulterà adeguata ai parametri di verifica. E verrebbe meno la necessità di una cessione in funzione di un rafforzamento patrimoniale già in essere, certificato dalla Bce”. Giuliano Poletti Ansa per legge, a un tasso fisso dell’1,50% e da una quota variabile pari ai tre quarti dell’aumento dei prezzi calcolato dall’Istat per le famiglie di impiegati e operai. Tutta roba, compresa la rivalutazione, che uno si aspetta di ricevere al momento di andare in pensione o quando finisce il rapporto di lavoro: in un’unica soluzione oppure sotto forma di pensione complementare - assai sponsorizzata dai governi - necessaria a non finire in povertà visto il OLTRE GLI 80 EURO Aliquote raddoppiate o quasi su liquidazioni e previdenza integrativa. Gli esperti: “Colpito il risparmio dei lavoratori” che perdono 400 milioni livello scandalosamente basso delle pensioni calcolate col sistema contributivo. Ebbene – chiamandole in conferenza stampa “rendite finanziarie” – Renzi ha aumentato la tassazione su queste rivalutazioni dall’11% attuale al 17%. Non solo: l’aliquota sul risultato netto maturato dai fondi pensione passa addirittura dall’11 al 20%. Quasi un raddoppio che si trasformerà in minori assegni mensili per chi ha pensato di versare un po’ del suo stipendio oggi per avere più reddito una volta andato in pensione. Non si tratta di spiccioli, ma di centinaia di milioni l’anno (almeno 400 all’ingrosso) di reddito sottratti ai lavoratori. GLI ESPERTI, persino nella maggioranza di governo, hanno già capito cosa succederà. “Questa manovra distrugge la previdenza complementare in Italia”, dice Lello Di Gioia, socialista, presidente della Commissione parlamentare di controllo sugli enti di previdenza: “Non solo: il governo colpisce il risparmio dei lavoratori che con il secondo pilastro previdenziale pensavano di sopperire alle mancanze del primo”. Della stessa opinione Cesare Damiano, Pd, presidente della commissione Lavoro della Camera: “Tassare i fondi pensione al 20% sarebbe la fine della previdenza integrativa, quella che doveva consentire alle giovani generazioni di aggiungere alla pensione pubblica una di natura privata”. ITALIE il Fatto Quotidiano Cin uffaro rimane carcere “perché non collabora” NON HA FATTO I NOMI di chi, “all’interno degli uffici di Procura o all’interno delle forze dell’ordine”, gli forniva le informazioni utili per aiutare il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro a sottrarsi alle indagini. Anche e soprattutto per questa mancanza di collaborazione, la Cassazione ha confermato il “no” all’affidamento in prova ai servizi sociali chiesto dall’ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro, VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 detenuto dal gennaio 2011 a Rebibbia (Roma) dopo la condanna a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. Nelle motivazioni della sentenza dello scorso 3 ottobre, depositata ieri, i supremi giudici spiegano il rigetto del ricorso di Cuffaro, difeso dall’avvocato Maria Brucale. A nulla è servito, al legale dell’ex governatore, far presente che se anche Cuffaro faces- 7 se i nomi dei pubblici ufficiali “spioni”, i reati sarebbero ormai prescritti. Gli “ermellini” hanno replicato che, innanzitutto, una volta individuati, gli altri complici potrebbero anche voler rinunciare alla prescrizione e comunque, “una volta che la loro identità sia stata rivelata” da Cuffaro, "la legge non richiede, ai fini della collaborazione, la condizione negativa che non sia scaduto il termine di prescrizione". Addio al divorzio breve Salta l’ennesima promessa LA LEGGE MORETTI-D’ALESSANDRO NAUFRAGA AL SENATO: DOVEVA SEMPLIFICARE E RIDURRE I TEMPI A UN ANNO. L’EPILOGO: CI GUADAGNERANNO (IN SOLDI) SOLTANTO GLI AVVOCATI di Emiliano D Liuzzi oveva essere, nelle intenzioni, una di quelle riforme che avrebbero fatto dell’Italia un Paese europeo. È finita per essere un decreto legge che va incontro solo a una categoria di persone: gli avvocati. Che non sono casta, ma affollano comunque le aule del Parlamento. Per chi volesse separarsi non cambia niente, o cambia poco: da domani, invece di presentarsi davanti al giudice, affiderà la mediazione all’avvocato. Che, al contrario del giudice, vuole essere pagato. Lo chiamano divorzio facile, nella pratica sappiamo solo chi paga e chi ci guadagna. Sempre tre anni di tempo serviranno. EPPURE, l’enfasi nell’annun- ciare il passaggio della legge alla Camera ha reso l’idea nell’immaginario collettivo che si potesse divorziare nell’arco di brevissimo tempo. Non è così. Le leggi devono essere approvate, non solo annunciate. Nella realtà non è accaduto niente di tutto questo: il divorzio breve, quello che la parlamentare del Pd Alessandra Moretti e il deputato di Forza Italia Luca D’Alessandro avevano pensato, non esiste. E probabilmente non ci sarà mai, visto che la legge si è persa nei meandri del Senato, dove una parte del centrodestra aveva promesso una battaglia che poi ha vinto. In particolare Giovanardi, inteso come Carlo, senatore di lungo corso, già democristiano e portatore di un gran numero di preferenze. Anche perché, nel frattempo, è accaduto che Moretti reclamasse un seggio al Parlamento europeo e, alla fine, trasferita a Bruxelles, non ha potuto neppure difendere la sua riforma al passaggio in aula. Il divorzio breve, così, è diventato divorzio facile perché inserito nel decreto giustizia, ma è stato fatto solo nelle modalità. Restano invece le enormi complessità, i tempi, restano le difficoltà legate all’affidamento dei figli. È successo che nei giornali è cambiato tutto, grandi titoli e annunci. Nella realtà non è cambiato niente. Legge è dispersa. Serviranno delle modifiche, un nuovo passaggio sia alla Camera che COMPROMESSO Il governo ha deciso di non inserire il testo nel decreto Giustizia. Nonostante fossero tutti d’accordo, a parte l’Ncd di Alfano nori, il termine doveva “essere di nove mesi”. Non c’è stato niente di tutto questo. Servivano tre anni e così è ancora oggi. Non è cambiato niente neppure nella decorrenza: il termine dei tre anni non inizia dal deposito della domanda di divorzio, ma a separazione avvenuta. Ed è rimasta intatta anche la parte che riguarda i beni in comune: la comunione tra i coniugi si scioglie soltanto nel momento in cui, in sede di udienza presidenziale, il giudice autorizza i coniugi a vivere separati. Alla fine il divorzio breve non è diventato altro che divorzio facile. E per divorzio facile si intende una negoziazione as- sistita da due avvocati. L’obiettivo è stato quello di saltare il passaggio del giudice, e questo è ciò che ispira tutta la filosofia del decreto legge sulla giustizia civile: snellire le cataste di pratiche che intasano, secondo il ministro, i tribunali d’Italia. Tuttavia i senatori della commissione Giustizia una tutela per i figli di coppie separate minori o disabili hanno voluto lasciarla, prevedendo un passaggio presso un pubblico ministero. L’INGRESSO nella modernità, così come era stato raccontato, per il momento è rimandato a tempo indeterminato. E la volontà è stata politica. In so- Missione incompiuta: Alessandra Moretti del Pd Ansa stanza, il divorzio breve che Moretti e D’Alessandro avevano pensato poteva essere inserito nel decreto legge sulla giustizia. Erano d'accordo il Pd, Forza Italia e anche alcuni senatori del Movimento 5 Stelle. Alla fine deve aver pesato il no del Nuovo Centrodestra di Alfano che, con Gio- A cura di fd’e PORTFOLIO foto di Umberto DOV’È MILINGO? La foto di gruppo dei vescovi africani al Sinodo in corso a Roma fa sorgere spontanea la domanda: ma che fine ha fatto Milingo? al Senato, con le resistenze di una parte del centrodestra, quelli che rappresentano la corrente ultracattolica e conservatrice, che ne faranno una norma impossibile. La legge prevedeva, nella sua origine, che il divorzio breve dovesse intercorrere a “dodici mesi dal deposito della domanda di separazione”, mentre oggi servono tre anni. Nelle separazioni consensuali dei coniugi, in assenza di figli mi- vanardi, aveva sempre respinto l’ipotesi della legge Moretti-D’Alessandro. Così, rimasto fuori dal decreto per volontà del governo, il divorzio breve resterà un miraggio. E l'annuncio di una riforma, tra le tante, resterà tale. Un annuncio, appunto. Niente di più. Pizzi Il sosia di Ghedini irrompe al Sinodo PAPSTAR Papa Bergoglio si gira e saluta i fan in attesa con un largo sorriso subito criticato dalla destra clericale, dai teocon e dal “Foglio” di Ferrara CORVO NERO La lunga sagoma di Ghedini travestito da prete copre quella bianca del papa CANDORE Ghedini travestito non c’è più e il papa ritorna intero nel suo candore Ruby, un’assoluzione targata legge Severino BERLUSCONI “POTEVA NON SAPERE” CHE LA GIOVANE ERA MINORENNE. AD ARCORE “INTRATTENIMENTO A SFONDO SESSUALE” E “UN FIUME DI DENARO” di Gianni Barbacetto no dei grandi classici del berlusconismo è il U luogo comune che i magistrati condannino per il principio del “non poteva non sapere”. dalle sezioni unite della Cassazione (arrivata dopo la sentenza di primo grado), che ha ulteriormente ridotto i confini del reato. La legge Severino ha riformato la concussione dividendola in due: l’induzione indebita (come prospettato dai pm Ilda Boccassini e Antonio Sangermano nell’atto d’accusa a Berlusconi); e la concussione per costrizione (come invece deciso dalle giudici del tribunale nella condanna di primo grado). Ebbene, Berlusconi non fece minacce, quando telefonò Smentito ancora una volta: Silvio Berlusconi è stato assolto dall’accusa di prostituzione minorile perché, semmai, “poteva non sapere” che Ruby era minorenne. Sono arrivate le motivazioni della sentenza d’appello che a luglio ha assolto l’ex presidente del Consiglio, condannato in primo grado a 7 anni per concussione e prostituzione miLA NUOVA NORMA norile. I giudici spiegano che non c’è un “adeguato supporto Anche per i giudici probatorio” alla convinzione che Berlusconi fosse a conoB. abusò dei suoi poteri, scenza della vera età di Karima ma dopo la riforma El Mahroug, in arte Ruby Rubacuori. Quanto al reato più grave, non c’è reato perché la concussione, è stata invece la legge Severino a far saltare il il funzionario di polizia banco, insieme alla sua “internon ebbe vantaggi pretazione autentica” fornita Karima El Mahroug (Ruby) Ansa più volte da Parigi, nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, al funzionario Pietro Ostuni della questura di Milano, facendo pressioni affinché Ruby fosse rilasciata. Nessuna costrizione: “Non vi è prova della ascrivibilità a Silvio Berlusconi di una intimidazione costrittiva”. La minaccia poteva essere anche “implicita”: ma per questa occorre una prova rigorosa e il timore di ritorsioni, dicono le sezioni unite. Dunque niente concussione. Anche se le pressioni ci furono: “Deve ritenersi” che Berlusconi “intervenne pesantemente sulla libertà di autodeterminazione del capo di gabinetto e, attraverso il superiore gerarchico, sul funzionario in servizio quella notte in questura”. Per “tutelare se stesso”, allontanando il pericolo che Ruby la chiacchierona raccontasse le sue notti ad Arcore. OSTUNI DI FATTO ORDINÒ alla sua sottoposta, Giorgia Iafrate, di consegnare la ragazza a Minetti (che poi la lasciò alla prostituta Michelle) per “eccessivo ossequio e precipitazione”, “debolezza”, “timore reverenziale”. Tutto ciò non basta a configurare una concussione, tanto più dopo la pronuncia delle sezioni riunite della Cassazione che riducono ulteriormente i confini della costrizione. Quanto alla “induzione”, secondo la legge Severino interpretata dalle sezioni unite deve avere come fine l’ottenimento di un “vantaggio indebito” per l’indotto: e per Ostuni questo fine non scattò. Così Berlusconi si salva dall’accusa maggiore, benché per i giudici è “sicuramente accertato che l’imputato, la notte del 27-28 maggio 2010, abusò della sua qualità di presidente del Consiglio”. In due punti (pag. 248 e 257) i giudici segnalano che le telefonate di Berlusconi hanno tentato di “indurre in errore” Ostuni, con la storia che Ruby fosse la nipote di Mubarak: con la vecchia legge, sarebbe bastato a far scattare la concussione. Quanto all’altra accusa, se non è sufficientemente provato che Berlusconi conoscesse l’età di Ruby, i fatti, però, restano: le “cene eleganti” erano “intrattenimenti e interazioni a sfondo sessuale”; Ruby vi partecipò in svariate occasioni e “almeno due volte si fermò a dormire”; di suo, già esercitava “attività di prostituzione per far fronte alle proprie esigenze di vita”; e da Berlusconi fu pagata, con un “enorme ammontare di denaro ricevuto in brevissimo arco di tempo”. 8 MOVIMENTANDO VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 Edi milia, la nipote Prodi si candida per il Pd: polemiche SILVIA PRODI, nipote dell’ex premier Romano, è nella lista del Pd per le Regionali in Emilia Romagna. La scelta ha suscitato molte polemiche, soprattutto da parte di Sonia Masini, l’ex presidente della Provincia di Reggio Emilia, che rivendica la candidatura: “Quel posto doveva essere mio”. E poi attacca: “È stato un colpo di mano, una purga staliniana. Era stata fatta una consultazione nei circoli e io ero prima in graduatoria. La signora ha avuto delle corsie preferenziali. In un circolo hanno perfino sostenuto che candidarla fosse un risarcimento per i 101 che avevano si- il Fatto Quotidiano lurato Romano al Quirinale. Lui non c’entra, ma Prodi è un bel cognome, fortunato chi ce l’ha”. La nipote dell’ex premier, scelta dalla società civile e non come rappresentante di una corrente, non risponde alle accuse, ma ammette: “Sono di sinistra. E mi piacciono Civati e Barca”. M5S, IL CAOS DOPO IL CIRCO SALTA IL GRUPPO A STRASBURGO FINITA LA FESTA ROMANA, NUOVI GUAI PER IL MOVIMENTO. L’EFD SI SCIOGLIE PER L’ADDIO DI UNA DEPUTATA LETTONE E PERDE 4 MILIONI. QUASI RISSA IN ASSEMBLEA di Luca De Carolis e Andrea Valdambrini I l gruppo in Europa che si scioglie in un amen. L’assemblea congiunta che diventa un ring. L’espulsione del sindaco di Comacchio, che parla di “deriva fascista”. Dopo gli applausi e i sorrisi del Circo Massimo, il Movimento Cinque Stelle ripiomba in una cappa di tensione. L’aria di festa della tre giorni romana sembra già un ricordo. Ora è di nuovo tempo di guai e battaglie intestine. Perché il gruppo a Strasburgo con l’amico inglese Nigel Farage si è già sfarinato. E perché i diarchi Grillo e Casaleggio sono tornati all’assalto dei non allineati: forse vogliosi di una resa dei conti definitiva, dopo aver ripreso il controllo del M5S. LA CERTEZZA è che dopo poco più di tre mesi a Strasburgo è già capolinea per l’Efdd, composto principalmente dai 5Stelle e dall’Ukip di Farage. La deputata lettone Iveta Grigule è passata ai Popolari, e così il gruppo non rispettava più il requisito obbligatorio dei 7 Paesi rappresentati. Grigule, esponente del partito ambientalista Unione dei contadini, era entrata grazie alla mediazione dei 5Stelle. Lascia dopo aver ricevuto la nomina a capo della delegazione con il Kazakistan, quando invece l’Efdd era stato escluso da tutti gli incarichi parlamentari. Tra le cause della rottura, anche la posizione filo-russa di Farage, un problema in patria per il partito della Grigule. I parlamentari del M5S si dicono “delusi e pronti a valutare tutte le possibilità”. L’Ukip invece accusa Schulz e i Popolari per lo strappo. I deputati di Grillo e Farage sono già finiti tra i non iscritti, perdendo gran parte del tempo di parola in aula e soprattutto soldi, “che da da novembre - spiega un funzionario dell’Europarlamento - an- RIFORME COSTITUZIONALI Boschi: il referendum? Fuggiamo dall’aula L o hanno ripetuto per settimane intere, l’estate scorsa: ma quale dittatura, quale attacco alla Costituzione, noi le riforme istituzionali le faremo ratificare con un referendum dai cittadini. Ma la settimana scorsa, al deputato M5S Danilo Toninelli è venuto il dubbio: come fa il governo a indire la consultazione popolare per eccellenza? In Aula a rispondere all’interrogazione c’era il ministro Maria Elena Boschi. Ed è lei a illustrare la genialata partorita a palazzo Chigi: le riforme costituzionali hanno bisogno di essere approvate con una maggioranza di due terzi, se non ci si arriva, scatta il referendum. Così, il governo si è accordato con i parlamentari che lo sostengono: alcuni di loro, racconta la Boschi, “non parteciperanno alle votazioni”, “in modo da non raggiungere la maggioranza di due terzi”. L'ultima dei rottamatori: fuga dalle proprie leggi. dranno ripartiti fra gli altri gruppi”. Tanti soldi: 4 milioni di euro, stando alla stima della Bbc. E ora che succede? A giochi ormai chiusi per gli incarichi di commissione, i Verdi europei sembrano disponibili ad aprire ai 5Stelle. La presidente Monica Frassoni conferma: “Abbiamo già lavorato bene con alcuni di loro in questi mesi”. Difficile però che il Movimento cambi alleanza, dato il veto imposto da Grillo e Casaleggio all’accordo con gli ambientalisti. Per ricostituire un gruppo invece la strada obbligata è quella di pescare tra i non iscritti, molti dei quali sono però così estremisti da es- UN ALTRO ESPULSO Cacciato tramite blog Marco Fabbri, sindaco di Comacchio, reo di essere stato eletto alle Provinciali. Lui: “Deriva fascista” sere stati rifiutati persino da Marine Le Pen. Il rischio concreto per i 5Stelle in Europa è quindi quello dell’isolamento. Si torna in Italia e si riparte dall’assemblea congiunta di mercoledì sera, dove si è sfiorata la rissa. Da una parte il neo ca- DENTRO E FUORI In senso orario, l’eurodeputata lettone Grigule, la deputata Eleonora Bechis e il senatore Alberto Airola Ansa pogruppo in Senato, il torinese Alberto Airola; dall’altra la deputata e sua concittadina Eleonora Bechis e tre deputati dissidenti, Walter Rizzetto, Tancredi Turco e Tommaso Currò, intervenuti a sostegno della collega. La miccia, questioni territoriali. Airola ha chiesto a gran voce a Bechis di ritirare la querela contro uno storico attivista, reo di averla insultata su Facebook. I tre deputati si sono frapposti. E sono state urla incrociate: “Vieni qui, vieni fuori”. A evitare lo scontro fisico hanno provveduto i commessi. IL GIORNO DOPO, Airola smi- nuisce: “Sono cose che possono succedere. Quella con Bechis era una conversazione tranquilla, ma loro tre le hanno fatto cerchio attorno e l’hanno aizzata, invitandola a non ritirare la querela”. Aggiunge: “Se lei la ritirasse, aiuterebbe anche il rapporto tra lei e il gruppo di Torino, che l’ha sfiduciata”. Ma Bechis nega: “Sfido qualcuno a dimostrare che io sia stata sfiduciata”. E afferma: “Non era una conversazione pacifica, quella di Airola è stata una reazione inopportuna e spropositata”. Rizzetto invece twitta un fotomontaggio del capogruppo con la maschera di Hannibal the cannibal: “Airola mente e nemmeno se ne accorge”. Intanto rischia l’espulsione il dissidente Artini, accusato per la gestione del server di posta dei deputati. “La posta è stata copiata su un altro server fuori dal controllo del gruppo dei parlamentari per poi essere ricopiata sul primo” sostiene il blog di Grillo. Ma il deputato si dice tranquillo. Non può esserlo Marco Fabbri, sindaco di Comacchio (Ferrara), espulso ieri dal Movimento con un ps sul blog. La sua colpa: essere stato eletto nella Provincia di Ferrara, violando gli ordini di scuderia. Fabbri, vicinissimo al sindaco di Parma Pizzarotti (che era stato sul punto di candidarsi alle Provinciali), risponde su Facebook: “È un’espulsione arrivata con metodologie squadriste, la deriva fascista del Movimento assume connotati preoccupanti. Avrei voluto spiegare le mie motivazioni e poi eventualmente essere espulso. Ma forse la votazione online poteva dare risultati non graditi”. Orellana, da Grillo a Renzi: con incarico L’EX 5STELLE CHE HA SALVATO IL GOVERNO SUL DEF DIVENTERÀ PRESIDENTE DI UNA DELEGAZIONE PARLAMENTARE. L’IRA DEI “TALEBANI” di Andrea Scanzi isto? Avevamo ragione noi, era davvero V un traditore”. I talebani grillini, forse, non sono mai stati così contenti come due giorni fa, quando l’ex senatore 5Stelle Orellana ha salvato il governo Renzi sul voto relativo al Def per lo spostamento del pareggio di bilancio al 2017. Il suo parere favorevole si è rivelato decisivo e ciò lo ha reso “lo Scilipoti grillino” molto più di altri transfughi: dalla Gambaro alla De Pin, tutte più o meno folgorate sulla via del renzismo. Gli integralisti 5Stelle hanno ora buon gioco a dire, anzi urlare, che “noi lo avevamo detto” e che “Grillo ha sempre ragione”. Orellana si è difeso pietosamente: prima ha detto che non sapeva che il suo voto si sarebbe rivelato decisivo, poi ha dato la colpa alla Lega che non si è opposta come doveva. Infine ha ripetuto ovunque, anzitutto in tivù, che lui è “una persona libera e non devo rendere conto a nessuno a differenza di altri”. Evidentemente ha già dimenticato la promessa di dimettersi da senatore, come garantiva solennemente dopo l’espulsione. Per larga parte dell’informazione, ovviamente, la cosa grave non è che un parlamentare sputi sul mandato con gli elettori, ma che gli elettori e gli ex colleghi si arrabbino con lui (spesso con toni irricevibili). A Orellana, che cita l’articolo 67 della Costituzione e l’assenza del vincolo di mandato, andrebbe ricordato che lui deve eccome “rendere conto” a qualcuno. Non a Grillo, non a Casaleggio e neanche a Di Battista, ma a chi ha permesso a un emerito signor nessuno di sedere su quegli scranni: se gli elettori 5Stelle avessero saputo che Orellana sarebbe diventato quasi un Razzi 2.0, avrebbero concesso l’appoggio ad altri. C’è poi un altro particolare, che pare conferire al voto renziano di Orellana le fattezze dello scambio di favori. PROPRIO MERCOLEDÌ Orellana sarebbe do- vuto diventare presidente della delegazione parlamentare Ince, l’Iniziativa Centro Europea. La delegazione, di cui fa parte, consta di quattro deputati e tre senatori. Con lui ci sono tre pidini (Sonego, Blazina, Ginefra), due berluscones (Scoma, Polidori) e Maran (SCpl). Orellana, ora nel Gruppo Misto “Italia Lavori in Corso” (sic), verrà probabilmente eletto la prossima settimana o quella successiva. L’investitura è stata ritardata proprio dopo il voto di mercoledì, sperando che nel frattempo le polemiche scemino. Solo il presidente della delegazione può viaggiare e rappresentare l’Italia in uno dei 18 Paesi Ince (tra cui Rep. Ceca e Ungheria). Un incarico di prestigio, che verrà letto dall’elettorato 5Stelle come un chiaro do ut des. Gli attacchi, oltre a Orellana, hanno travolto anche chi ha osato ritenere in questi mesi che il dialogo con il Pd fosse qua e là possibile. E che, dunque, il senatore non avesse sempre torto a prescindere. Così anche questo giornale è stato (legittimamente) sbertucciato, tanto dai duropuristi quanto dai siti di Casaleggio. Strana coincidenza: prima delle elezioni europee quasi ogni intervento del Fatto veniva celebrato come raro esempio di giornalismo libero; poi, dopo le critiche all’accordo con Farage, anche il Fatto è diventato pennivendolo o giù di lì. Tutti sbagliano ed è verosimile che alcuni – compreso il sottoscritto – abbiano in qualche modo sopravLuis Orellana Ansa valutato Orellana, che non sembrava Churchill ma neanche l’ultimo dei Favia. Del resto fu proprio il M5S a candidare Orellana, e non altri, come presidente del Senato: non si finisce mai di collezionare delusioni. Al tempo stesso, agli integralisti e a Grillo-Casaleggio andrebbero garbatamente fatte notare alcune cose. LA PRIMA è che nessuno è infallibile, né i giornalisti né gli integralisti. La seconda è che gli Orellana li hanno candidati loro e non noi: se in un anno e mezzo il M5S ha perso decine di senatori tra espulsioni e defezioni, qualche problema di selezione della classe politica esiste (o perlomeno esisteva nel febbraio 2013). Infine, se gli Orellana sono stati bastonati ogni volta che hanno CONTRADDIZIONI osato dissentire, è poi bizzarro aspettarsi da loro feI duri e puri deltà, ancor più quando non fanno neanche più parte del che lo accusano Movimento. Ferma restandi trasformismo do la sostanziale indifendibilità del soggetto, è la solita dimenticano che l’hanno storia dell’uovo e della gallina: chi è venuto prima, candidato loro. E che il duropurismo talebano o non sempre aveva torto il trasformismo interessato? ITALIE il Fatto Quotidiano L’ allarme: “La fine di Mare Nostrum porterà più morti” LA FINE dell’operazione Mare Nostrum preoccupa più l’alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che la politica italiana. “Questo - scrive in una nota l’alto commissario - farà aumentare i rischi per le persone che tentano di raggiungere l’Europa via mare e po- trebbe portare ad un aumento di morti di rifugiati e migranti”. Nel comunicato l’agenzia delle Nazioni Unite rinnova anche “la richiesta urgente agli stati europei di rafforzare le operazioni di soccorso nel Mediterraneo" e "riconosce il grande sostegno fornito dagli armatori nel VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 Mediterraneo alle operazioni di soccorso che soltanto quest’anno hanno contribuito a salvare oltre 30 mila persone". Sulla problematica ieri è intervenuto anche Laurens Jolles, rappresentante Unhcr per il Sud Europa, che ha ricordando come esista un evidente legame tra il numero di persone nel mondo costrette alla fuga da guerre e violenza e l’aumento degli arrivi via mare. Che interessano quotidianamente le coste italiane. Anche ieri c’è stato uno sbarco a Catania: a lanciare l’allarme il mercantile moldavo “Tiss”, con a bordo 317 migranti. Sicilia, l’Ars lavora un’ora a settimana PALAZZO DEI NORMANNI IMPANTANATO DA MESI: L’ULTIMA LEGGE È DI FINE LUGLIO. COMMISSIONI BLOCCATE E CONTINUI RICORSI I DIPENDENTI E QUALCHE ONOREVOLE PROTESTANO: “FATECI LAVORARE” di Giuseppe Lo Bianco H Palermo anno lavorato tre ore e mezza in tre settimane con costi esorbitanti per la collettività: per ogni minuto trascorso in aula dai 90 deputati siciliani, i cittadini hanno pagato 40 mila euro. E ogni deputato è costato 27 euro al minuto perché ha guadagnato 1.614 euro per ognuna delle tre ore trascorse nell’aula del Parlamento più antico del mondo. E più fannullone. Impantanata da mesi in un sostanziale stallo dietro il quale, immersa in una crisi continuamente “percepita” ma mai formalizzata, si giocano continuamente i destini del governo Crocetta, l’assemblea regionale siciliana vanta un altro record negativo: l’ultima legge approvata risale al 31 luglio scorso, ed era il terzo spezzone della finanziaria di Crocetta, poi il de- Palazzo dei Normanni Ansa serto. In tre settimane l’aula è stata convocata solo per tre ore e mezza e le commissioni legislative non hanno fatto di più. Dall’inizio di ottobre la commissione attività produttive e quella Ue si sono riunite una volta sola, due volte la commissione Bilancio e la Sanità. Un po’ meglio hanno fatto la commissione Ambiente e la commissione Affari istituzionali, anche se non superano un’unica riunione la settimana. La politica si fa fuori dall’aula di palazzo dei Normanni tra improbabili ricorsi contro l’esito delle mini-elezioni di Rosolini e Pachino, la proclamazione degli eletti e le iperboliche interpretazioni delle norme elettorali, come quelle di Vincenzo Vinciullo (Forza Italia) che vuole fare reinsediare la giunta di Rosario Crocetta, in quanto, secondo Vinciullo, eletto anch’egli nella mini prova elettorale della scorsa settimana e quindi non nella pienezza dei suoi poteri. Situazione sfiancante anche per alcuni deputati zelanti, che hanno trasferito dentro l’aula il grido di protesta indirizzato a Crocetta e al presidente dell’Ars, lo stesso che centinaia di precari e disoccupati lanciano ogni giorno fuori del portone di palazzo dei Normanni: “Fateci lavorare”. Vincenzo De Luca Dlm De Luca, tre volte indagato. Ma lui si sente Kim Il-Sung UN’ALTRA INCHIESTA PER IL SINDACO DI SALERNO ”IO SARÒ ETERNO” COME IL DITTATORE COREANO di Vincenzo Iurillo alernò, c’est moi”. Vedrete che Vincenzo De Luca S prima o poi dirà anche que- sto, “io sono Salerno” lo aveva già detto negli anni scorsi, meglio però la lingua di Luigi XIV, il re di Francia che instaurò la monarchia assoluta. Un campione di democrazia rispetto alle ambizioni del sindaco Pd di Salerno, capace di pronunciare l’altro ieri davanti a un gruppo di studenti una frase da far gelare il sangue: “Io sarò come il presidente Kim Il-Sung, eterno”. Il dittatore della Corea del 9 Nord, un altro personaggino che aveva della democrazia un concetto tutto suo. Ma i dittatori godono di ogni impunità. De Luca no, e colleziona processi e avvisi di garanzia. L’ultimo è stato sfornato fresco ieri. Un terzo filone di inchiesta sui lavori che hanno sventrato un pezzo del lungomare di Salerno per rifare piazza della Libertà e spianare la strada alla realizzazione del mega complesso edilizio del Crescent. Dopo quello relativo al crollo della piazza e un altro sullo smaltimento del materiale di risulta, stavolta la Procura punta sulla variante da 8 milioni di euro del 2011. È servita a mettere una toppa a un problema idrogeologico, la presenza di acqua nel sottosuolo, attraversato da un torrente. Una cronista di giudiziaria momentaneamente senza collaborazioni, Angela Cappetta, ha tirato un buco ai quotidiani salernitani mettendo in rete sul proprio blog L’Altra Guancia il documento giudiziario. È indagata la giunta che ha approvato la delibera: il sindaco Vincenzo De Luca, il suo vice Eva Avossa e gli assessori dell’epoca, Alfonso Buonaiuto, Luca Cascone, Mimmo De Maio, Augusto De Pascale, Ermanno Guerra, Enzo Maraio e Franco Picarone. PRIMO CITTADINO e asses- sori rispondono di falso in atto pubblico. Gli interventi di impermeabilizzazione e di messa in sicurezza stabiliti con la delibera, sostiene il pm Antonio Cantarelli, sarebbero stati compiuti prima della variante. Gli indagati in totale sono 22, tra tecnici comunali e appaltatori, con accuse che comprendono il peculato e la turbativa d’asta. Ricapitolando: De Luca rischia tre anni di condanna per il project manager del termovalorizzatore, un rinvio a giudizio per il Crescent e altre noie giudiziarie per Piazza della Libertà. E vuole fare il Governatore della Campania. Ispirandosi a Kim Il-Sung. LA MACCHINA DEL FANGO di Ferruccio Sansa Q Burlando, così in trent’anni ha distrutto la Liguria uesta volta parlerò di me. Un giornalista non dovrebbe mai farlo. Mi rincresce doppiamente perché Genova in questo momento ha bisogno di tutto fuorché di polemiche. Ma credo di doverlo a me stesso, al legame che ho con Genova e alla mia famiglia. E a voi lettori. Nei giorni scorsi Claudio Burlando, Governatore della Liguria al potere da trent’anni, ha attribuito la responsabilità delle alluvioni e dei morti a mio padre, Adriano Sansa, sindaco di Genova dal 1993 al 1997. Una calunnia – il metodo Sansa invece del metodo Boffo – per salvare la poltrona: Burlando e la sua combriccola sono allarmati dalla voce di una mia candidatura alle elezioni regionali (ma di questo parlerò poi). Ma la politica, come diceva il socialista Rino Formica, “è sangue e merda”. Forse in quella ligure oggi c’è poco sangue. Perciò sono costretto a rispondere. Mi limiterò ai fatti: 1. Burlando è stato vicesindaco e sindaco di Genova dal 1990 al 1993. In quei tre anni ci sono state due alluvioni (1992 e 1993). Come assessore all’Urbanistica, sarà un caso, Burlando scelse un architetto che negli anni successivi ha firmato operazioni immobiliari da centinaia di migliaia di metri cubi realizzate da costruttori oggi latitanti. 2. Mio padre è stato sindaco dal 1993 (due mesi dopo l’alluvione) al 1997. Quando arrivò in Comune la realizzazione dello scolmatore incriminato era resa impossibile dai processi pendenti. Non fu lui, come invece afferma Burlando, a voler bloccare i lavori. Non solo: mio padre fu il primo sindaco che scelse uno stimatissimo geologo – Sandro Nosengo – come as- Il Governatore ligure, Claudio Burlando LaPresse sessore all’Urbanistica. La priorità era chiara: basta cemento (furono fermate le nuove edificazioni in collina), puntiamo sul risanamento del territorio e dei fiumi. Così si fece: i geologi consigliarono di investire in un piano complessivo che risanasse il bacino idrico di tutti i torrenti (non solo del Bisagno). Per i piani di bacino dei corsi d’acqua, per la loro risistemazione e per la pulizia (lavoro indispensabile che, ahimé non porta voti, né tagli di nastri) furono investiti molti miliardi di lire. Il risultato, come ricordano i genovesi, fu che non si verificarono più alluvioni per diciotto anni. 3. Burlando è il dominus della politica ligure da trent’anni (è in congedo per motivi politici dai primi anni 90) avendo ricoperto le seguenti cariche: assessore ai trasporti (1983-1985), vicesindaco (1992-3), sindaco (1993 fino all’arresto, fu poi assolto), quindi ministro (1996-1998 con un seguito di polemiche a causa dei ripetuti deragliamenti ferroviari), infine è Governatore dal 2005 (riconfermato senza le primarie). Insomma, avrebbe avuto il tempo per fare qualcosa per evitare le alluvioni. 4. Negli ultimi anni sono stati arrestati due vice-presidenti della Giunta Burlando. Quasi metà del consiglio regionale è indagato. 5. Dall’anno del suo insediamento a oggi si contano in Liguria 4 alluvioni: 2010, 2011 (Genova e Cinque Terre), 2014. 6. Nel frattempo Burlando ha varato un Piano Casa che il presidente dei Verdi italiani, Angelo Bonelli, ha definito “il più devastante d’Italia”. L’assessore all’Urbanistica che lo predispose è stato poi arrestato. 7. La Giunta Burlando ha sostenuto la costruzione di porticcioli turistici, in perfetto accordo con Claudio Scajola (memorabile la loro presenza, fianco a fianco, all’inaugurazione dei lavori del porto di Imperia, poi travolto da indagini e arresti) 8. Il centrosinistra di Burlando ha sostenuto la realizzazione di un porticciolo da mille posti barca alle foci del fiume Magra che ogni anno provoca disastri. La società realizzatrice era controllata da Mps, la banca rossa. Nel cda sedeva il tesoriere della campagna di Burlando. 9. Dopo l’alluvione del 2011, che nello spezzino causò 13 morti, la maggioranza di centrosinistra ha dato il via alla realizzazione di un TUTTO FERMO centro commerciale da 5.000 in una zona che lo Per l’alluvione del 2010 persone stesso assessore all’Ambiente della Regione di Burlando dea Sestri Ponente finì “zona a rischio di alluvioerano stati stanziati ni”. È certo un caso che l'operazione sia stata realizzata in 10 milioni di euro: pochi mesi, senza timore di ricorsi al Tar (che invece bloc8 sono rimasti nelle cavano le opere anti-alluviocasse della Regione ne) e con maggiore solerzia dei lavori del Bisagno. 10. In Liguria mentre mancavano i soldi per lo scolmatore del Fereggiano (la Regione ha dato solo 5 milioni), la Giunta regionale di Burlando spendeva 1,6 milioni l’anno per pubblicità istituzionale distribuendo denaro a quasi tutti gli organi di informazione locale. Senza dire dei 2 milioni stanziati per il prossimo Giro d’Italia. 11. Il Tar ha respinto la sospensiva dei lavori del Bisagno nell’agosto 2012, ma dopo due anni i lavori non sono ancora ripresi. Da notare che gli stessi imprenditori mesi fa avevano inviato una lettera al presidente del Consiglio, a Burlando e a Doria per sollecitare l’apertura del cantiere. 12. Dopo anni di inerzia, mercoledì Burlando ha annunciato che i lavori riprenderanno nel 2015. Cinque giorni dopo l’alluvione. Perché non l’ha fatto prima? 13. L’assessore alla Protezione civile della Regione Liguria (che avrebbe dovuto fare prevenzione e diramare allarmi) è Raffaella Paita, delfina di Burlando che il Pd vorrebbe candidare alla guida della Regione nel 2015. Paita è letteralmente sparita dopo l’alluvione. 14. Ma soprattutto: dei 10 milioni stanziati per l’alluvione del 2010 a Sestri Ponente ben otto sono rimasti nelle casse della Regione invece di finire alla gente e ai commercianti. Questi sono fatti. Ps. Da mesi a Genova si parla di una mia possibile candidatura alla guida della Regione. Ma nessuno mi ha chiesto di candidarmi. Sono un giornalista del Fatto Quotidiano, che mi consente con assoluta libertà di esprimere le mie opinioni e di scrivere inchieste sul centrodestra di Scajola, l’Idv di Di Pietro, la Lega di Belsito. E, ovviamente, sul centrosinistra di Burlando. Credo che un giornalista possa svolgere un importante ruolo civile anche con la sua professione. Denunciando i mali della Liguria e indicando possibili nuove strade. UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano CLavitola aso Impregilo, cerca un accordo per la pena VALTER LAVITOLA potrebbe patteggiare la pena nell’inchiesta sul tentativo di estorsione a Impregilo. È quanto è emerso ieri durante l’udienza di ieri all’ex direttore de L’Avanti. In questo processo Lavitola è accusato di avere tentato di imporre a Impregilo la costruzione di un ospedale pe- diatrico a Panama, minacciando, in caso contrario, una dichiarazione fortemente negativa sul gruppo da parte del presidente panamense Martinelli. Per questi fatti, Lavitola intenderebbe ricorrere ad un rito alternativo, probabilmente il patteggiamento. I difensori dell’ex direttore de L’Avanti, L’allarme nel ’93: “Vogliono uccidere Napolitano” DOPO LE STRAGI, IL SISMI SCRIVEVA IN UNA NOTA: “COSA NOSTRA PREPARA ATTENTATI” di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza T ra il 15 e il 20 agosto 1993, Cosa Nostra aveva progettato un attentato nei confronti dei due presidenti delle Camere, Giorgio Napolitano e Giovanni Spadolini. Lo rivela una nota del Sismi del 29 luglio ’93, trasmessa dal Cesis al pm di Firenze Gabriele Chelazzi, e depositata ieri dai pm di Palermo Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia nel processo sulla trattativa Stato-mafia. IN UNA INFORMATIVA succes- siva, datata 4 agosto ’93, il Sismi informava il ministero degli Interni, della Difesa, il Comando generale di carabinieri, la Guardia di Finanza e il Sisde che la verifica dell’attendibilità della fonte confidenziale aveva dato “esito positivo”. L’allarme cessò solo il 21 agosto, quando il Sismi con una ennesima nota informò che l’innalzamento del livello di protezione attorno agli obiettivi sensibili aveva dissuaso gli attentatori. Le bombe di Cosa Nostra, dunque, erano pronte a raggiungere Montecitorio e Palazzo Madama. È un passaggio fondamentale per il processo di Palermo, quello che racconta il momento nel quale la minaccia stragista arriva fino al cuore delle istituzioni. L’informativa del Sismi aggiunge un dettaglio fondamentale alla ricostruzione del biennio ’92-’94, inserendo il capo dello Stato tra i bersagli istituzionali del terrorismo mafioso. Napolitano, che sarà sentito il prossimo 28 ottobre al Quirinale, potrebbe forse fornire ulteriori particolari sull’allarme scattato attorno alla sua persona nel ’93, ma solo se lo facesse spontaneamente: il capitolato di prova che è alla base della sua testimonianza, infatti, prevede un binario argomentativo che non sfiora quest’argomento. Nell’estate degli attentati di Roma, Milano e Firenze, dunque, il testimone più eccellente del processo sulla trattativa Stato-mafia era sotto la minaccia del terrorismo stragista. Appena due giorni prima della nota del Sismi, nella notte tra il 27 e il 28 luglio, le bombe di Cosa Nostra avevano gettato il Paese nel caos con gli attentati di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano, a Roma, e di via Palestro a Milano. Obiettivi certamente non casuali: secondo l’ipotesi formulata dall’esperto informatico Gioacchino Genchi, oggi confermata dall’informativa del Sismi, i nomi delle chiese richiamavano infatti i due presidenti di Montecitorio e di Palazzo Madama. Le note depositate dai IL TESTIMONE VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 11 Marianna Febbraio e Amedeo Barletta, hanno anche riferito al pm Vincenzo Piscitelli che Lavitola intende rispondere alle sue domande sulla vicenda Impregilo. Il magistrato quindi lo interrogherà dunque agli inizi della settimana nel carcere di Poggioreale. MOSE Patteggiamento confermato per Galan ifesa e accusa si erano accordati per una D pena di 2 anni e 10 mesi, con un risarcimento da 2,6 milioni di euro. Ieri il gup di Venezia Giuliana Galasso ha deciso di accogliere la richiesta di patteggiamento per Giancarlo Galan, accusato di corruzione nell’affaire tangenti legate al Mose. I suoi legali, Antonio Franchini e Niccolò Ghedini, hanno già annunciato che chiederanno per l’ex ministro la possibilità di scontare la pena con l’affidamento in prova ai servizi sociali. Confermate ieri anche le posizioni dell’imprenditore Alessandro Mazzi, che ha chiuso a 2 anni di reclusione e 4 milioni di multa, e Luciano Neri, dipendente del consorzio Venezia Nuova e, secondo gli inquirenti, ideatore del sistema di fondi neri, che ha patteggiato due anni di carcere (pena sospesa) e un milione di euro di multa. Questi i primi responsi su tutte le richieste di patteggiamento di questo inchiesta. In totale 19 imputati hanno infatti richiesto di ricorrere al rito alternativo. Il presidente Giorgio Napolitano Ansa TRATTATIVA Depositato in aula anche il verbale dell’ex capo del Grande Oriente Giuliano Di Bernardo: “Mi offrirono gli elenchi segreti della P2 di Gelli” pm di Palermo fanno parte di un carteggio inviato nel 2002 dal Cesis al pm fiorentino Gabriele Chelazzi, che indagava sulle stragi del ’93, ed è poi scomparso dieci anni dopo per un improv- viso arresto cardiaco. Sono atti di un procedimento che, a Firenze, risulta archiviato, ma che i pm della trattativa Stato-mafia oggi ritengono di dover rileggere nel contesto della strategia della tensione che segnò il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica e che accompagnò passo dopo passo il dialogo tra i boss e lo Stato. DAL CARTEGGIO emerge che il 6 agosto ’93 il Cesis convocò un summit sull’emergenza stragista, al quale parteciparono i vertici dei servizi, delle forze dell’ordine e anche un rappresentante del Dap: la riunione si concluse con la redazione di un verbale nel quale investigatori e 007 ipotizzavano varie matrici criminali, tra cui Cosa nostra, il terrorismo internazionale e le cellule anarchiche. Un quadro confuso, e per certi versi fuorviante, totalmente smentito dalla relazione che solo quattro giorni dopo, il 10 agosto ’93, l’allora capo della Dia Gianni De Gennaro firmò di suo pugno, ipotizzando per la prima volta lo scenario di un negoziato tra le cosche e le istituzioni: le bombe, secondo De Gennaro, erano state piazzate dalla mafia che “voleva intavolare un tentativo di dialogo con lo Stato sul tema del 41-bis”. Agli atti del processo, infine, è stato depositato anche un verbale di interrogatorio di Giuliano Di Bernardo, leader massonico, ex capo del Grande Oriente d’Italia. Interrogato da Di Matteo e Tartaglia il 14 dicembre 2013, Di Bernardo racconta che dopo l’espulsione di Gelli dal Goi si presentò a lui tale Urbini, che gli disse: “Lui (Licio Gelli, ndr) è disposto a darti i veri eletti della P2 che non sono i 900 eccetera eccetera, ma i veri con i fascicoli, questo ti dà la possibilità di ricattare tutta l’Italia”. Di Bernardo non accettò, Urbini morì a Firenze in un incidente stradale in cui la testa rimase staccata dal tronco da qualcosa che non fu mai identificato. Robledo: “Boccassini non può indagare su Expo” NUOVO ESPOSTO AL CSM. IN 200 PAGINE, ANCHE LE LETTERE AL PROCURATORE BRUTI. “C’È IL RISCHIO DI DANNEGGIARE LE INCHIESTE” di Gianni Barbacetto Milano erché Ilda Boccassini proP segue indagini su Expo che riguardano esclusivamen- te reati di corruzione, e non di mafia? La domanda viene posta da Alfredo Robledo nel suo nuovo esposto, appena arrivato al Consiglio superiore della magistratura, in cui il procuratore aggiunto risponde punto su punto alle contestazioni del suo capo, Edmondo Bruti Liberati, dopo che questi gli ha tolto la guida del dipartimento anticorruzione per assegnargli quello dell’esecuzione penale. Una scelta “di natura sostanzialmente punitiva”, scrive Robledo, con provvedimenti “palesemente illegittimi” e “motivazioni inappropriate”. Nelle oltre 200 pagine di allegati all’esposto, ci sono anche le lettere scritte da Robledo a Boccassini e Bruti, proprio sulle indagini Expo. “Da colloqui intercorsi con i colleghi sostituti Antonio D’Alessio e Claudio Gittardi”, scrive Robledo l’11 aprile 2013, “ho potuto constatare che i fatti reato per i quali sono in corso indagini attengono unicamente alla competenza specializzata del Secondo Dipartimento, da me coordinato”. Cioè quello che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Niente mafia. Eppure Bruti aveva lasciato l’inchiesta a Boccassini, che l’aveva iniziata partendo dalla grande indagine “Infinito” sulle cosche calabresi in Lombardia. scrive un provvedimento in cui dispone che l’indagine Expo resti a Boccassini, anche se non c’è traccia di criminalità organizzata. “Permane la opportunità che il procedimento rimanga incardinato presso il Quinto dipartimento (Dda, Direzione distrettuale antimafia) al fine di assicurare continuità dell’indirizzo e delle metodiche investigative. (...) Lo stralcio di un filone d’indagine farebbe perdere la unitarietà di visione e sarebbe di sicuro intralcio allo sviluppo e conclusione della indagine complessiva”. Robledo replica che “non si sono potute conoscere le ragioni della deroga ai criteri di assegnazione, trattandosi di fatti di corruzione ordinaria, competenza specializzata del Secon- do dipartimento. Devo rilevare non solo che non ho mai inteso sollevare contrasto di competenza, ma che nessun contrasto di competenza può ravvisarsi nel caso di specie, dal momento che la collega Boccassini non ha mai affermato che i reati in trattazione fossero di competenza della Dda, come in effetti non sono. Al fine, comunque, di effettua- EDMONDO BRUTI LIBERATI Il procuratore è accusato da Robledo di avergli tolto la guida del Pool anticorruzione “come misura punitiva” ALFREDO ROBLEDO Il procuratore aggiunto accusa: “Contro di me provvedimenti palesemente illegittimi” e“motivazioni inappropriate” ILDA BOCCASSINI Alla coordinatrice dell’antimafia, assegnate da Bruti “senza motivazione” indagini sulla corruzione LA COORDINATRICE del di- partimento antimafia non replica. “Dalla collega Boccassini non ebbi alcuna risposta, neppure verbale”, scrive Robledo nell’esposto. “Dal procuratore ebbi a ricevere una missiva nella quale si affermava che io avevo sollevato un contrasto positivo di competenza interna tra dipartimenti”. Scrive infatti Bruti che la questione che riguarda i contrasti tra dipartimenti “è rimessa alla esclusiva competenza del procuratore della Repubblica”. Dunque invita “il procuratore aggiunto Boccassini a non dare corso alla richiesta di trasmissione” degli atti richiesti da Robledo. Da quell’11 aprile 2013 partono sei mesi di silenzio. Poi, il 23 ottobre, Bruti re nel miglior modo possibile il suddetto coordinamento, successivamente scrissi ancora alla collega Boccassini per essere posto nella condizione di visionare tutti gli atti di indagine. Neppure questa volta ho avuto risposta”. IN SEGUITO, il 14 gennaio 2014, Robledo riceve alcune relazioni di polizia giudiziaria, “che si riferiscono solo a parte delle indagini in essere”. Oggi spiega, nell’esposto, che le sue richieste erano motivate dal fatto che, parallelamente, “erano – e sono – in corso indagini indirizzate nei confronti di soggetti che mi consta siano interessati da accertamenti condotti nel procedimento” di Boccassini. Insomma: gli stessi fatti e forse gli stessi soggetti potrebbero essere sotto indagine da parte di due dipartimenti diversi. Con “il rischio di inadeguatezza di tutte le indagini in essere, dal momento che importanti informazioni, quali quelle emerse da intercettazioni telefoniche e ambientali, non potranno essere utilizzate, ove non confluiscano nel medesimo procedimento”. 12 ALTRI MONDI VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano LONDRA PIÙ AMMIRAGLI CHE NAVI La Marina militare britannica conterebbe 33 ammiragli in servizio e solo 19 navi da guerra. A dirlo, il Daily Mirror, secondo cui la Royal Navy ha toccato così uno dei punti più bassi nella sua storia dopo i tagli massicci fatti dal ministero della Difesa negli ultimi anni. Ansa EBOLA L’ONU: SERVE UN MILIARDO CONTRO L’EPIDEMIA L’Ue è pronta a rafforzare i controlli in uscita nei Paesi flagellati da Ebola e lavora a un coordinamento nella tracciabilità dei viaggiatori dall’Africa occidentale. Il segretario Onu Ban Ki-moon chiede alla comunità mondiale che stanzi un miliardo contro il virus. LaPresse “STANOTTE PARTIAMO E ANDIAMO A COMBATTERE PER KOBANE” LA DIASPORA CURDA IN EUROPA TORNA IN TURCHIA E SFIDA IL DIVIETO DI ERDOGAN di Roberta Zunini N Istanbul ell’aria odore di fogna e per terra ogni genere di rifiuto, tre cani si aggirano famelici. La casa dove abita Sirvan, un giovane curdo laureando in Storia, è in un vicolo di Tarlabaci, il quartiere curdo accanto a piazza Taksim. Gli altri, Okmeydani e Gazi, sono periferici e più grandi. “Prego entra, ti stavamo aspettando”, dice in inglese aprendo con fatica lo scalcinato portoncino di legno che dà accesso al tipico palazzetto decadente di tre piani con il bow window che sembra sul punto di collassare. “Loro sono sul terrazzino”. Loro sono i suoi zii e cugini che vivono da anni in Francia, Belgio e Svezia, nazioni europee dove è concentrata più della metà della diaspora curda, circa un milione di persone. I tre uomini sono stati guerriglieri del Pkk - uno di loro ferito più volte in battaglia - il ISIS Perde terreno sia in Siria che a Baghdad miliziani curdi hanno proseguito la loro conI troffensiva nelle ultime 24 ore a Kobane, appoggiati dai raid aerei della Coalizione a guida americana, strappando il controllo di altre posizioni allo Stato islamico (Isis) che da settimane cerca di conquistare la città curda siriana al confine con la Turchia. È salito intanto a oltre 650 il numero dei morti dall’inizio dell’attacco jihadista, un mese fa, secondo un bilancio stilato dall’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), che non tiene conto delle vittime dei bombardamenti della coalizione. Gli uccisi sono 374 combattenti dell’Isis e 258 curdi, oltre a 20 civili. In Iraq dove i combattimenti continuano nella provincia di Al Anbar, a non più di 40 chilometri a ovest di Baghdad, diversi attentati, che hanno preso di mira in particolare quartieri a maggioranza sciita, hanno ucciso almeno 26 persone. Ma secondo il portavoce del Pentagono John Kirby, “Baghdad non è più sotto la minaccia imminente dell’Isis”. partito dei lavoratori di Ocalan, ancora considerato da Turchia, Usa e altri, un'organizzazione terroristica. Seduti attorno a un tavolo invaso da bicchierini colmi di tè, impegnati in un'accesa conversazione in curdo, che non ha nulla a che vedere con il turco, si alzano al nostro ingresso e ci inviato a sederci. Hanno tutti un'espressione corrucciata ma l'abbandonano subito per fare un largo sorriso che si apre sotto i folti baffi neri. Poi tristezza e rabbia riprendono immediatamente il sopravvento. Anche la mamma di Sirvan, che arriva con un vassoio colmo di dolci curdi, sembra sul punto di scoppiare a piangere. Non stiamo assistendo a una “rimpatriata” o alla visita tradizionale ai parenti. “QUESTA NOTTE partiamo, andiamo sul confine e faremo di tutto per entrare a Kobane”, inizia a spiegare Erol, tormentando il grosso naso aquilino come se fosse il calcio di un kalashnikov. “Il problema è che avremmo bisogno di armamenti pesanti, anche se i nostri fratelli dell'Ypg sono comunque in grado di tenere testa a quei mostri dell'Isil. Ieri li hanno respinti ancora e sono fiducioso che alla fine Kobane non cadrà. Per fortuna la coalizione internazionale li sta bombardando di brutto, ma se questo ipocrita criminale di Erdogan avesse lasciato entrare anche i nostri guerriglieri, che sono migliaia, oltre a noi della diaspora tornati per aiutarli, quei tagliagole li avremmo LEADER IN CARCERE Manifestazione curda e il leader del Pkk Ocalan, in carcere in Turchia Ansa già ammazzati tutti”. A questo punto si inserisce il figlio Sami con tono ironico: “Non abbiamo mai pensato che il caro presidente Erdogan volesse davvero concludere il negoziato di pace con Ocalan, gli interessava solo avere i voti dei curdi per far vincere il suo partito alle elezioni politiche di marzo, ma dopo che ci ha chiuso la frontiera con la Siria perché gli Usa non gli hanno permesso di usare il dramma dei nostri fratelli curdi in Siria allo scopo di far entrare il suo esercito per rovesciare il suo nemico, il presidente Assad, noi curdi-turchi gli faremo di nuovo la guerra. Dobbiamo smettere di illuderci. Solo i curdi siriani dell' Ypg sono sangue del nostro sangue, non come quel traditore di Barzani (presidente del governo regionale del Kurdistan iracheno, ndr) che sta dalla parte di Erdogan dato che gli compra il petrolio, e per questo li dobbiamo aiutare a qualunque costo. Barzani ha detto che anche i Mare Nostrum va verso la chiusura i profughi siriani costretti alla schedatura di Stefano Pasta Pozzallo duecento siriani A sono in sciopero della fame nel centro di prima accoglienza all’interno del porto. Di “accoglienza” c’è ben poco: secondo i profughi, la polizia sarebbe impegnata nel prendere le impronte in modo violento. Tramite WhatsApp hanno inviato alla rete di attivisti che da mesi li sta aiutando, foto di schiene con lividi ed ematomi. Sostengono che la polizia avrebbe detto: “Con le buo- ne o con le cattive prenderemo le vostre impronte”. Del resto, nella circolare “Emergenza immigrazione, indicazioni operative”, inviata il 25 settembre da Alfano - che ieri ha confermato la prossima chiusura della missione Mare Nostrum - alle questure, si legge: “In ogni caso la polizia procederà all’acquisizione delle impronte digitali, anche con l’uso della forza se necessario”. Non è il primo caso denunciato. Venerdì scorso, nel Cara allestito nell’ex aeroporto mili- tare di Isola Capo Rizzuto, un altro gruppo di siriani era in sciopero della fame. Tra di loro, 32 donne e 21 minori in fuga dalla guerra. Non accettavano il rilevamento coatto delle impronte perché, secondo l’Accordo europeo di Dublino, possono fare domanda di asilo unicamente nel primo Paese dove i loro polpastrelli vengono schedati. In questo caso l’Italia. Invece, chi sbarca al Sud vuole solo transitare sulla Penisola per poi raggiungere il Nord Europa, non vuo- Le lesioni su un rifugiato LaPresse TESTIMONIANZE I siriani sbarcati in Sicilia sostengono che la polizia prenda loro le impronte, “anche con l’uso della forza”, come ordinò Alfano le essere costretto a rimanere qui. Per un anno l’Italia, pur in violazione delle norme europee, ha lasciato “liberi” i profughi di andare dove volevano. Ora, su richiesta degli Stati nordici, il Viminale ha imposto la schedatura. Anche a Capo Rizzuto i profughi hanno denunciato pestaggi. N., siriana di Homs, racconta: “Sono entrate più di dieci persone nella stanza con i manganelli, donne e bambini hanno iniziato a urlare, due sono svenute”. Il senatore Manconi, presidente della Commissione Diritti umani, ha chiesto di accertarne la veridicità. “Già in passato – dice – si erano manifestate numerose critiche nei confronti della gestione del Cara (Confraternita della Misericordia, ndr) e delle condizioni di vita degli ospiti. Il mese scorso, nello stesso centro, è morto un profugo pachistano in circostanze ancora da verificare”. LA SCELTA DI ROMA Rafforzati gli aiuti militari alla minoranza che si scontra con il Califfato. Gruppi di miliziani si addestreranno in Italia turchi gli hanno dato le armi e lui ne ha girato una parte ai combattenti di Kobane, ma non è vero. Se le è tenute, mentre noi siamo andati a combattere per aiutare i suoi peshmerga a non far arrivare l'Isis a Erbil”. L'altro cugino, lo “svedese” che non vuole dire il nome, invece ha ancora fiducia nelle capacità di negoziazione di Ocalan. “Comunque non sarà facile entrare a Kobane, ma noi conosciamo bene il territorio, le armi le abbiamo, anche se sono leggere. Dobbia- mo comunque provarci perché l'Isil è un gruppo di pazzi che usano la religione per fare soldi e riscattarsi perché, soprattutto quelli che vengono dall'Europa, sono degli scansafatiche senza voglia di studiare e lavorare, alla ricerca del potere. Noi veniamo dall'Europa ma siamo grati ai Paesi che ci hanno dato ospitalità e ci fanno vivere da loro senza chiederci nulla in cambio, solo l'onestà e il nostro contributo alle loro economie con il nostro lavoro”. Sarebbero decine i curdi della diaspora già arrivati sul confine. Intanto “sono in arrivo in Italia alcuni militari curdi che verranno addestrati all’uso dei sistemi d’arma che abbiamo già ceduto loro”, ha spiegato il ministro della Difesa Pinotti. “L'intento è quello di fornire ulteriori stock di armamenti ex-sovietici familiari ai curdi”, ha specificato il ministro. Ma queste armi verranno destinate al Kurdistan iracheno, non alla regione Rojava curdo-siriana. Il jihadista tedesco e la cancelliera MICHAEL MINACCIA: “SPORCA MERKEL” Michael N. jihadista tedesco, da anni sotto osservazione da parte dell’intelligence di Berlino, ha minacciato, tramite un video diffuso dalla Siria, Obama e la Merkel: “Noi vi aspettiamo! Vi aspettiamo da 1400 anni!”, ha detto rivolgendosi agli americani. “E questo vale anche per voi tedeschi. La sporca Merkel” il Fatto Quotidiano ALTRI MONDI MESSICO RABBIA PER I DESAPARECIDOS Quattro nuove fosse comuni sono state scoperte dalle autorità nei dintorni di Iguala, 20 giorni dopo la sparizione di 43 studenti in questa località del sud del Messico. Intanto cresce la protesta di gruppi sociali e partiti politici che minacciano di paralizzare l'intero paese. LaPresse USA RAPINA E VIOLENTA CENTENARIA Le autorità di Wichita, nel Kansas, hanno arrestato un uomo di 35 anni con l’accusa di furto e stupro nei confronti di una donna di 100 anni. L’uomo ha forzato l’entrata dell’abitazione, pare insieme ad altri delinquenti. Il gruppo ha prima saccheggiato la casa, poi ha aggredito l’anziana. LaPresse VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 13 La Crimea brucia i libri del “fascismo” ebraico TESTI TATARI E NELLA LINGUA DI KIEV AL ROGO NELLA PENISOLA TORNATA ALLA RUSSIA OLTRE 3 MILA LE OPERE MESSE ALL’INDICE, MENTRE ALL’EST SI CONTINUA A MORIRE di Leonardo I A Milano Putin fa la spola tra B. e Renzi Coen manoscritti non si bruciano” ha scritto Mikhail Bulgakov (nato in Ucraina) nel Maestro e Margherita. Invece, c’è ancora chi si ostina a bruciarli i libri, a distruggerli, a metterli all’indice. Succede in Crimea. Nella penisola “normalizzata” dall’intervento putiniano e annessa alla Russia il 18 marzo, in alcune scuole di Simferopol gli insegnanti hanno strappato e poi buttato in cortile i testi scolastici in ucraino e in lingua tatara di storia e letteratura, obbligando i loro allievi a fare altrettanto. Lo denuncia su Facebook il professore Eskender Barijev che è membro del Meijs, il parlamentino tataro (la minoranza di lingua turca e religione musulmana) e che ha raccolto parecchie testimonianze su questi episodi sconcertanti: “Non sarà né la prima né l’ultima volta che ciò succede. La storia si ripete, purtroppo: gli zaristi fecero lo stesso nel 1783...”. A dire il vero, nel gennaio scorso, durante una manifestazione di estremisti filorussi sempre a Simferopol, i libri ucraini vennero bruciati, e il falò fotografato, come monito per il futuro. INFATTI, DA QUALCHE tem- po, c’è una sorta di caccia al libro non approvato dal governo russo. Il governo della Crimea ha stabilito una moratoria di tre mesi (scadenza il 31 dicembre) per la consegna dei libri “vietati”, il cui elenco si trova sul sito del ministero della Giustizia russo, sono oltre 3 mila i titoli definiti “estremisti”, quindi assimilati alla propaganda terroristica. Molti di questi libri, sono pubblicazioni religiose islamiche. Altre, opere storiche. Però, quel che è più grave questo la dice lunga sulla democrazia made in Crimea - è che sono state già effettuate quaranta perquisizioni nella prima settimana di ottobre. A Simferopol c’era una sola scuola ucraina (Nvk), è diventata una scuola russa. I tatari, in particolare, hanno provato a protestare, ma è stato del tutto inutile. Peggio: i servizi di sicurezza (l’Fsb locale) hanno messo sotto sequestro il loro centro culturale e hanno portato via tutto quello che potevano, non solo i libri. Spariscono i libri, spariscono purtroppo anche le persone: come diceva Stalin, “non c’è la persona, non c’è il problema”. Il 7 ottobre, in un ostello estivo abbandonato da tempo, è Un rogo di libri in Crimea e una manifestazione dei filo-russi LaPresse FAHRENHEIT 451 Distrutte opere di storia e islamiche. Decine di perquisizioni nelle scuole per covare pubblicazioni “pericolose” stato ritrovato il corpo di uno studente di 25 anni che era sparito di casa il 29 settembre. Un altro ragazzo è appeso tra la vita e la morte. Negli ultimi mesi sono spariti 18 tatari, come ha dichiarato Mustafà Gemilov durante un incontro coi rappresentanti degli osservatori europei. Accuse gravissime che il Cremlino respinge. Durante il Consiglio russo sui diritti umani che si è svolto a Mosca il 14 ottobre, qualcuno ha chiesto a Putin se era a conoscenza del fatto che in Crimea erano scomparsi dei tatari: “Sento questo per la prima volta”, ha risposto il presidente russo, “non possiamo ignorare che muore la gente senza offrir loro aiuti; la componente umanitaria della do- manda che mi è stata rivolta è più importante della componente legislativa”. Intanto, però, la discriminazione culturale e scolastica nei confronti della minoranza tatara e degli ucraini prosegue indefessa. E pure il sangue nell’Ucraina in mano ai separatisti scorre a fiumi. Secondo l’Onu (comunicato dell’8 ottobre) dopo gli accordi di Minsk del cessate il fuoco del 5 settembre, sono state uccise 331 persone nelle terre contese di Donetsk e del Donbass, alle quali si devono aggiungere i desaparecidos di Crimea. QUANDO ENRICO LETTA, ALLORA PRIMO MINISTRO volle il vertice Sem tra Europa e Asia a Milano, come spot per Expo 2015, non poteva immaginare che si sarebbe svolto in un momento così delicato. Il 26 ottobre ci saranno le elezioni in Ucraina, dove si misurerà nelle urne l’effetto della crisi, con il presidente Petro Poroshenko che cerca la conferma mentre la Russia si tiene la Crimea e, con l’avvicinarsi dell’inverno, acquisisce potere contrattuale forte del controllo sul gas che serve agli ucraini per non congelare. È in questo contesto che il presidente della Federazione russa Vladimir Putin arriva a Milano. A parte gli affari da chiudere con i cinesi, l’Ucraina è il principale argomento di un summit che non prende decisioni ma è importante per creare il clima diplomatico delle prossime settimane. Fonti della Farnesina spiegano che il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini e il premier Matteo Renzi stanno lavorando per creare un clima di distensione: la Russia deve avere la conferma che se si dimostra più moderata sul terreno, cioè se argina la guerra civile in Ucraina, può sperare di ottenere un ammorbidimento delle sanzioni decise dall’Unione europea, finora unica misura concreta adottata. Essere il Paese ospitante del vertice consente all’Italia di sedere al tavolo del negoziato tra Putin e Poroshenko assieme ad Angela Merkel, François Hollande e David Cameron. Nei precedenti due incontri tra i rivali l’Italia non era invitata. Peccato che Renzi debba accettare una presenza ingombrante come quella di Silvio Berlusconi: l’ex premier ha fatto di tutto per ottenere una deroga alle restrizioni di cui è vittima per la condanna definitiva e poter così ricevere ad Arcore il caro amico Vladimir. Che così si trova a incontrare Berlusconi, il capo dello Stato Giorgio Napolitano alla cena di gala, e Matteo Renzi a colazione. Difficilmente il Cavaliere resisterà alla tentazione di annunciare qualche storica svolta, come quando nel 2002 a Pratica di Mare si inventò di aver fatto entrare la Russia nella Nato. Alla Farnesina sono un po’ preoccupati per le esuberanze berlusconiane, ma non potevano impedire l’incontro tra il Cavaliere e l’amico Putin. Twitter @stefanofeltri L’ALTRO VOLTO CINESE Pechino, tanti affari e pochi diritti di Cecilia Attanasio Ghezzi Pechino romuovere la sicurezza e P una crescita sostenibile. È questo l'obiettivo per cui 53 capi di stato sono riuniti a Milano nel vertice Asia-Europa (Asem). Rappresentano il 60 per cento della popolazione mondiale e metà della ricchezza prodotta su questo globo. Hanno due giorni per confrontarsi a porte chiuse sui temi che più li preoccupano. Non ci sono protocolli né necessità di dichiarazioni alla stampa. Ognuno porterà sul piatto i temi che ritiene più importanti, cercando di trovare un terreno d'incontro attraverso quello che più si avvicina a un dialogo informale tra capi di stato. Si parlerà della minaccia dell'Isis, delle acque contese nel Mar cinese meridionale e di Ucraina. Secondo il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy si parlerà anche di diritti umani e, forse, degli studenti che da tre settimane ma- nifestano nelle strade Hong Kong perché il governo gli garantisca una maggiore indipendenza dalla Repubblica popolare. Ma soprattutto si cercherà di rinforzare i legami commerciali. Gli interscambi tra Asia e Europa hanno ormai raggiunto i 1.250 miliardi di euro, quasi raddoppiando il valore registrato dieci anni fa. E in questo la Cina è sicuramente il paese più forte. Quello che non bisogna scontentare perché è corteggiato da tutti. Subiamo gli effetti dell’“ascesa pacifica” inaugurata oltre trent'anni fa dalle riforme e aperture volute da Deng Xiaoping. DIFFICILMENTE VERRANNO affrontati i punti deboli e le sfide che minacciano la nuova super potenza. Con ogni probabilità varrà il principio più caro ai cinesi, quello della non interferenza. Si può essere uniti contro il terrorismo, sì - specie da quando è stato assodato che diversi cinesi, pare almeno un centi- Le proteste di Hong Kong LaPresse FRONTE COMUNE Oltre al business il regime comunista chiede all’Europa sforzi comuni sul terrorismo, problema sempre più grave per il colosso asiatico naio, si starebbero formando militarmente nell'esercito dello Stato islamico – ma rispettando la sovranità nazionale degli stati. E con lo stesso spirito si potranno affrontare argomenti ancora più spinosi come quello delle isole contese - quasi tutte con la Cina - in quel tratto di mare così ricco di risorse energetiche e dove passa un terzo del traffico marittimo globale. Per non parlare di diritti umani e di Hong Kong che la Repubblica popolare ritiene problemi di politica interna su cui nessun altro Stato può mettere bocca. Probabilmente dunque la politica sarà subordinata agli affari. LA CINA VORREBBE rinforzare le relazioni bilaterali con l'Unione europea e più di tutto cerca qualcuno che da Bruxelles possa parlare e negoziare a nome di tutta la Ue. I suoi investimenti in questa parte di mondo sono più che quadruplicati in tre anni. Secondo i dati della Deutsche Bank sono passati dai 6,1 miliar- di del 2010 ai 27 miliardi di fine 2012. E diversi analisti pensano che questa tendenza è destinata a crescere ancora nel prossimo decennio. La posizione dominante della Cina in economia potrebbe anche influenzare le sanzioni europee alla Russia, e rinforzare l'asse già solido tra Pechino e Mosca. Approfittando della destabilizzazione degli storici rapporti politici tra Europa e Usa, il Dragone sta mettendo in atto nella Ue quello che il Financial Times ha già definito un secondo piano Marshall. Le aziende cinesi, sia quelle di Stato che quelle private, si stanno accaparrando molti degli asset europei. E non a caso, come nel secondo dopoguerra, una delle zone che godrà di più investimenti è proprio la nostra penisola. Nella prima metà del 2014 se ne è aggiudicata la fetta maggiore: 3,5 miliardi di euro. A cui si sommano gli 8 degli accordi firmati l'altro ieri al latere del viaggio in Italia del premier Li Keqiang. 14 il Fatto Quotidiano VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 BALOTELLI E PRANDELLI ORA SE LE DANNO DI SANTA RAGIONE “Non è un campione”, disse l’ex ct a luglio poco dopo il Mondiale in Brasile “Dimostra di non essere un vero uomo” è la risposta di Balotelli, “mi critichi di persona” VASCO BRONDI RACCONTA E SUONA AL ROMAEUROPA FESTIVAL PISTORIUS MINACCIATO DALLE GANG SE ANDRÀ IN CARCERE SARÀ SOLO Il cantante de Le Luci della centrale elettrica sul palco del Macro Testaccio con lo spettacolo “Cronache emiliane”, un viaggio tra musica e letteratura Il legale dello sportivo paralimpico ha convinto Zac Modise, commissario dei penitenziari sudafricani, che una normale detenzione metterebbe in pericolo il suo assistito SECONDO TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE Dalla carica alla scarica NEL DECRETO STADI VIA ALLA SPERIMENTAZIONE DELL’USO DEL TASER, LA PISTOLA ELETTRICA TUTT’ALTRO CHE INNOCUA di Luca Pisapia I l decreto sulla sicurezza negli stadi, presentato ad agosto dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, è diventato legge mercoledì, dopo essere stato approvato anche dal Senato (164 sì e 109 no). Rispetto al decreto due le novità introdotte per emendamento, entrambi dopo che era stata messa la fiducia: la richiesta alle società di calcio di contribuire al pagamento degli straordinari delle forze dell’ordine e la sperimentazione del taser: la pistola elettrica che uccide e su cui Amnesty International Italia ha già paventato “il rischio di violazioni dei diritti umani”. Il decreto nasce in estate come risposta alla tragedia della finale di Coppa Italia, costata la vita a Ciro Esposito, ucciso a Roma in circostanze non ancora del tutto chiarite, una notte in cui le più alte cariche dello Stato erano in tribuna all’Olimpico incapaci di agire, tanto che la polizia ha trattato direttamente con le tifoserie. È quindi una legge emergenziale a favore di te- lecamere, senza che una riflessione sia stata fatta su questo e gli altri episodi. In buona sostanza il Daspo, il divieto di assistere alle manifestazioni sportive (legge 401 del 1989), è esteso da 1 a 3 anni, mentre prima arrivava massimo a 1 anno. Il Daspo per recidivi è esteso da 5 a 8 anni, prima era 5. È INSERITO il divieto di trasferta fino a Una fase dei violenti scontri scoppiati nel settore ospiti durante la partita di Champions League RomaCska Mosca dello scorso 17 settembre Ansa 2 anni per le tifoserie violente. E la possibilità di colpire colui che è ritenuto il capo carismatico del gruppo, ANTI ULTRAS anche se incensurato, con un Daspo di 3 anni. Le forze dell’ordine Poi c’è il cosiddetto arresto in flagranza diffepotranno usarla rita, anche per chi incita a Milano, Roma e Napoli. alla discriminazione razziale. Il tutto nonoÈ il punto più controverso stante i sottoposti a Daspo in Italia siano già oldi una norma dal chiaro tre 5 mila, e la maggior stampo emergenziale parte dei provvedimenti sia poi rigettata dai Tar. E nonostante negli ultimi sette anni ci sia stato un calo della la possibilità di punire indiscriminaviolenza del 60%, per un numero di tamente un gruppo di persone anche episodi sei volte minore di quelli che se solo una è colpevole – norma a eviaccadono nelle celebrate Germania e dente rischio di incostituzionalità, coInghilterra (come appare da uno stu- me non pochi giuristi hanno avuto dio della Link Campus University, già modo di far notare – e il fatto che i disponibile quest’estate per la consul- recidivi e i soggetti considerati più pericolosi possano essere sottoposti a tazione). I punti più controversi però sono due. sorveglianza speciale di pubblica sicuIl cosiddetto Daspo di gruppo, ovvero rezza, anche integrata dall’obbligo di soggiorno. Una misura, quest’ultima, mutuata dal decreto Maroni sulla mafia. Carlo Balestri, fondatore anni fa di “Progetto Ultrà”, la spiega così: “Cominciare a utilizzare norme valide per i mafiosi anche per i tifosi è un precedente assai pericoloso. E la cosa peggiore è che questi strumenti repressivi sono provati nelle curve, contro i ‘figli di nessuno’ e poi sono portati anche PRIMO GIORNO Roma Film Festival, meno male che c’è “Er Monnezza” di Federico Pontiggia te il photocall del doc sugli Schindler nostrani My Italian Secret; la surreale l peggior festival della mia vita? conferenza di Soap Opera, con i giorNo, tranquilli. Dopo La peggior set- nalisti come tifosi: “Ma quanto mi è timana e Il peggior Natale della mia vita, piaciuto!”; la presenza sullo schermo, Alessandro Genovesi cambia titolo: non di uno, non di due, ma di tre papi, Soap Opera, la commedia, meglio, la ovvero i canonizzati Giovanni Paolo meta-soap opera con cui ha aperto il II e Giovani XXII e Francesco nella nono Festival del Film di Roma. In at- produzione del CTV e Sky3D 27 apritesa di capire se l’anno prossimo la de- le 2014. Insomma, mancavano solo nominazione rimarrà Festival oppu- “le suorine con gli occhialini che cerre tornerà Festa, come il direttore in cavano di toccare Bergoglio”, come fu scadenza Marco Müller vorrebbe, per al cinema quel giorno per la diretta ora chiamiamolo stereoscopica, ma Fest. Il Fest ha inaunon si può avere gurato sparando tutto, e comunque LA COMMEDIA (quasi) tutto quel c’è Tomás Milián, che poteva: un film dell’AcInaugura “Soap Opera” insignito cinese che ha prestating Award del Fest. to fede al proprio tidi Alessandro Genovesi. Chi altro oggi potolo, The Dead End, trebbe definire RoPoi il premio “Acting nel senso che non è ma “la mia resurrezione”? Forse il prestato proiettato per Award” a Tomás “problemi di censumio gli è stato assera”; il figlio di Ginognato anche per Milián, vero mattatore Bartali, Andrea, colquesto, ma la prodella kermesse to da malore duranfessione di fede ca- I pitolina dell’81enne attore è adamantina: “Il mio ruolo preferito? Er Monnezza”. Dovrebbero dargli le chiavi della città, anzi, proprio il Campidoglio. Parlando alla stampa, perde più volte il filo del discorso, si ripete, si ripete ancora, ma fa quello che pochi suoi colleghi sanno fare: incantare, legare a una narrazione, quella della sua vita. LA TROVATE tutta nella biografia appena uscita, Monnezza amore mio: “Questo c’è nel libro, correte a prenderlo!”. Ma perché, giovanissimo, Milián lasciò L’Avana, la vita agiata, le belle donne, le macchine potenti e i drink al country club di un “fascistello inconsapevole, lo stronzo che ero”? Per trasferirsi a New York e frequentare l’Actors Studio di Lee Strasberg. “Non ne potevo più della mia famiglia alto-borghese: ero infelice, non sapevo ancora di essere un ribelle, finché non vidi La valle dell’Eden e mi identificai in James Deen”. Prima, il padre gli si era suicidato davanti agli occhi, Tomás Milián Ansa “ma non piansi, era come se fosse morto un dittatore, perché papà era un mostro”. A uso e consumo dei parenti straziati, Tomas simulò il lutto, si fece ad hoc il suo film La valle dell’Inferno. Poi, sarebbe arrivato il provino all’Actors Studio: fu preso, unico cubano tra 3mila americani. Chissà che oggi la sua bella carriera non tocchi a uno dei giovani e arrabbiati attori tedeschi di We Are Young. We Are Strong, sui moti xenofobi nella Rostock del 1992? nelle piazze, allargate ad altri tipi di contestazione”. Se l’emendamento che prevede che le società versino una cifra compresa tra l’1% e il 3% degli incassi (tra i 2 e i 6 milioni l’anno) come contributo alle spese degli straordinari di polizia, è quello che ha fatto più rumore, ricevendo le critiche dei mammasantissima del circo pallonaro – da Tavecchio (Federcalcio) a Beretta (Lega Calcio), dai grandi presidenti alla grande stampa – il peggio è altrove. GRAZIE all’emendamento del senatore Fontana di Forza Italia, infatti, è avviata a Milano, Roma e Napoli la sperimentazione del taser: pistola elettrica tutt’altro che innocua, se è vero che in America dal 2001 avrebbe già causato la morte di 870 persone, il 90% delle quali disarmato. Negli Stati Uniti e in Inghilterra (anche lì si contano diversi morti) Amnesty sta combattendo per eliminarne l’uso, in Italia è introdotto con la solita procedura: prima negli stadi, poi nelle strade. “Con una botta di taser ci rimango – spiega l’avvocato Lorenzo Contucci – è un’arma pericolosa, in certi casi micidiale (le scariche multiple da 50 mila volt possono danneggiare il cuore o il sistema respiratorio anche in maniera irreversibile, ndr). Ma se muore un ultras non è un grosso problema, come al solito le gradinate sono l’anticamera della piazza. Il taser tornerà utile nelle manifestazioni”. È successo per i lacrimogeni con gas CS (armi chimiche per la Convenzione dell’Onu) e per i manganelli tonfa, sperimentati allo stadio prima e usati al G8 di Genova poi. Nel mondo ultras la tensione è alta, fortunatamente per ora sono solo apparsi striscioni goliardici. A Pisa: “Pistole elettriche? Prima per gli ultras poi per tutta la città”. E a San Benedetto del Tronto “Alfano pupazzo, il taser sparatelo sul ca...o”. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano Il cantautore IL NUOVO DISCO Il moderno è arrivato fino agli amati anni Venti del secolo scorso: aveva in sé un connotato rivoluzionario che all’attualità manca del tutto di Andrea Di Gennaro D avanti a un tortino al cioccolato, sornione come al solito, Paolo Conte sa regalare perle di comicità: “Paolo, ma il tuo disco lo vendono su iTunes? Lo sai” E lui: “Ma sai, magari a Tunisi in qualche mercatino di piazza lo venderanno pure...”. VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 15 Paolo Conte “Sono un dandy, scusate se confondo Tunisi e iTunes” Si parlava di dischi, alla presentazione dell’ultimo lavoro di Paolo Conte e proprio poco prima l’artigiano di Asti (“la parola artista mi ha sempre fatto un po’ paura”) aveva detto di sentirsi ancora pienamente parte dell’era moderna, e molto poco affine a quella attuale: “Il moderno arrivato fino agli amati Anni 20 del secolo scorso aveva in sé un connotato rivoluzionario che all’attualità manca del tutto”. Meglio quindi un disco su una bancarella di un mercato di Tunisi che un’impalpabile manciata di bit Apple. Vuoi mettere quanto è più rivoluzionario il primo, nonostante i flash, i palchi e le dolcevita nere a Cupertino? Detto questo, Snob è un album brioso, pieno di rimandi ai primi amori di Conte ma non solo. Ci sono accenni di classicismo negli arrangiamen- DE SANCTIS La Gazzetta “costretta” a giustificarsi l calcio parlato è quasi sempre sconI tato. Quasi. Raramente esce fuori dallo schema “il mister fa le sue scelte”; “quando il mister vuole io sono pronto”; “è normale sbagliare”, e via così. Ma quelle volte, poche, in cui un calciatore afferma ciò che pensa, sono dolori. Lo sa bene la Gazzetta dello Sport, che ieri ha ospitato un’intervista dura e interessante del portiere della Roma, Morgan De Sanctis, nella quale il 37enne parla di sudditanza, violenza, omofobia, scommesse. Non sia mai! Alcuni lettori bianconeri della Gazzetta si sono scatenati sui social, tra messaggi, accuse, minacce di non acquistare più la rosea, tanto che lo stesso direttore, Andrea Monti, ha deciso di pubblicare un editoriale sul sito, per spiegare: “La Gazzetta ha plaudito e plaude al ‘diamoci una calmata’ del presidente Pallotta e di tutti quelli che hanno sposato questa posizione. Ciò non toglie che le tesi di De Sanctis – pur discordi dalle nostre – siano espresse da un giocatore di rilievo”. Non basta. Per completare l’opera di pacificazione, in serata il sito della rosea ha pubblicato un intervento di Fabio Capello, dal titolo: “La Juve ha la mentalità vincente”. ti, d’altronde uno dei suoi passatempi preferiti “è il canale 138 di Sky dove mandano musica meravigliosa”. Ma ci sono i ritmi venati di musica nera (non solo il jazz) che in tante tracce fanno venire voglia di ballare leggiadri. E ancor più ci sono le rime baciate che del Conte paroliere hanno fatto la fortuna e di cui lui sa evitare la banalità con l’incedere spiazzante e il timbro fumoso della voce. FUMA meno di quanto s’imma- gini Paolo Conte, comunque: “Le cose scritte e descritte nelle mie canzoni sono tutte vere – aggiunge Conte – esistono nella realtà e la traslazione del racconto in musica non le allontana di molto dalla loro dimensione originaria”. La stessa idea di rendere (nuovamente) omaggio a Genova – tanto che non è raro imbattersi in chi creda Conte genoano – parte da un incontro vero. Il dialetto genovese in Maracas prende spunto da una signora in bilico per questioni economiche; non più giovane, sui 45 anni, definita sirena appunto in relazione all’età, immersa in quel flusso costante di attrazione e ritrosia che da sempre alimenta la rotta tra il capoluogo ligure e Milano”. Ma non si tratta di provincia, Conte si sente “più un cittadino del mondo che un cantore della provincia”. Sebbene questa sia per lui “più leggibile della grande città, più facile da scavare, più sagomata e attraverso quelle pieghe più agevole trovarvi degli insegnamenti. Rivendicarlo però come “Alto Astigianato” (gioco di parole ricorso spesso, ndr), no. Non ci arrivo”. È un album dandy perché “ci sono tre categorie di persone fuori dal comune: l’intellettuale, a rischio noia; lo snob, certamente raffinato ma un po’ parvenu, e il dandy che di modi, gusti e maniere sa fare un modus vivendi naturale. Ecco io parteggio sicu- ramente per il dandy”. E allora Snob diventa “solo” un titolo che preso da un brano viene portato in cima alla scaletta: “Ho sempre fatto così, scrivo canzoni, mai concept-album, e poi uno dei titoli finisce in copertina. Da quando poi ho un pubblico internazionale, penso di dover di usare parole che abbiano facile accesso al di là delle barriere linguistiche”. Snob, appunto. Qualcuno ha azzardato a descriverlo come l’ultimo capitolo di un romanzo musicale, ma siccome è difficile non stare dalla parte di Conte quando dice che lui scrive canzoni, ognuna autonoma, ognuna a sé con un proprio portato che finisce nei suoi tre minuti o va avanti all’infinito a seconda della fantasia di ognuno, gli si fa notare la discrasia di questi due concetti. E lui, velando un po’ di sdegno verso le logiche del mercato: “Eh... ma non l’ho mica presentato io così!”. D’altronde quando andò al premio Tenco per la prima volta – altri tempi – rimase sorpreso dal vedere “colleghi cui bisognava dare 10 lire per cominciare e 200 milioni per farli smettere. Io dopo due brani me ne andai, terrorizzato dalla paura di annoiare”. Da buon dandy Conte è passato dalle pedalate di Bartali alle volée di Rod Laver. In Si sposa l’Africa parla di tennis e a tavola sembra quasi prendere in giro i personaggi del suo quadretto musicale che sono tutti soci di Wimbledon: “Io parlo di terra rossa e quelli credono di giocare sull’erba”. Lei gioca? “Malissimo, ma mi diverte molto, anche in tivù. Ad Asti tre geometri tentarono per anni di realizzare un campo in erba, alla fine scrissero agli inglesi. Questi risposero che era facilissimo: bastava rasare l’erba, rasarla e rasarla ancora, sempre alla stessa altezza... per 300 anni!”. Risultato? “Giochiamo ancora sulla terra”. ASTIGIANO DOC Paolo Conte, 77 anni Ansa LA STAMPA Addio a Marco Ansaldo, la firma dello sport di Mariateresa Totaro er 23 anni ha raccontato storie e P miti del mondo dello sport, su La Stampa. Ieri, a 58 anni, Marco Ansaldo è morto a causa di un infarto. Solo un mese fa era andato in pensione: “Sai – raccontava – adesso sono libero di fare, Marco Ansaldo ma soprattutto di non fare. Questa è la nuova grande conquista”. L’ultima fatica era stato il racconto dei Mondiali in Brasile. Dopo gli inizi al Corriere dello Sport e un breve periodo a Repubblica, La Stampa è diventata casa sua. Qui ha trascorso 23 anni della sua carriera, della sua vita, scrivendo di Olimpiadi, di Mondiali, di Juve, del Toro, di campioni, di vittorie e di sconfitte. I colleghi torinesi lo ricordano come infaticabile pignolo: “Marco non era mai contento di quello che faceva. In quel momento, telefonata o chiacchierata che fosse, bisognava lasciarlo sfogare e pensare a come ripartire sicuri che anche lui l’avrebbe fatto. Perchè puntuale, arrivava il pezzo giusto”. Una vita dedicata al giornalismo sportivo e alla scherma, la sua più grande passione, coltivata insieme a sua figlia che in pedana ci aveva passato l’adolescenza. LO SCRITTORE Veronesi, la web reputation è tutto di Elisabetta Ambrosi overo Pietro Paladini. P Allora il quarantenne protagonista di Caos Calmo, il romanzo di Sandro Veronesi uscito nel 2005, era rimbalzato nelle pagine culturali di riviste e quotidiani, per poi incamminarsi verso la marcia trionfale del Premio Strega. Oggi, invece, ricomparso a quasi dieci anni nel nuovo libro Terre rare (Bompiani), non solo si trova abbandonato, tra le pagine del romanzo, da figlia e socio (e con la Guardia di Finanza in ufficio), ma soprattutto deve affrontare, proprio come il suo autore, un mercato editoriale stravolto. Nemmeno un autore di successo, oggi, può fare a meno della web reputation. È fondamentale, più di un buona recensione sui giornali o di un’ospitata televisiva. L’elogio digitale è il più ambito. E infatti ieri a Roma il nuovo romanzo di Sandro Veronesi – all’insegna dell’hashtag #terrerare – è stato presentato esclusivamente a blogger e giornalisti web. Che rispetto ai vecchi recensori, maschi di mezza età dai contratti inamovibili in quotidiani e riviste, hanno subito una radicale mutazione antropologica: oggi sono trenta-quarantenni che fanno una mezza dozzina di mestieri insieme o che magari scrivono o twittano semplicemente per passione, o per avere in cambio una copia gratis. MA A MUTARE è anche la nuova recensione 2.0, ormai oltre il bene e il male: né marchetta barocca né stroncatura feroce, oggi quasi sempre è un breve commento che si accompagna all’immagine di copertina, oppure è un tweet che racconta un dettaglio, un’emozione temporanea, pezzetti di trama, una battuta. “Perché in tutti noi c’è un po’ di Pietro Paladini”, cinguettava Simone Martelli mentre nel frattempo lo scrittore, jeans e camicia, spiegava ai suoi ascoltatori fisici o collegati in streaming che la rete è un luogo a rischio dispersione perché tutti i contenuti sembrano uguali. “Non vedo l’ora di leggere Terre rare di @Sandro Veronesi”, twittava il ORIZZONTI Il nuovo romanzo “Terre Rare” presentato esclusivamente a blogger e giornalisti web. Contano più di giornali e televisione giornalista Andrea Salerno”; “Ma quant’è bello Terre Rare”, scriveva sic et simpliciter lo scrittore Diego De Silvia, mentre Maurizio Crosetti digitava: “Molta voglia di leggere Terre rare, anche perché il caos non è davvero mai calmo”. GLI EDITORI l’hanno capito da un pezzo: parlare di libri su Twitter oggi è più cool della carta stampata, anche perché i potenziali recensori si moltiplicano. “Sei il lettore giusto al posto giusto. Mettiti comodo e guardati intorno: benvenuto da Rizzoli”, recita l’account della casa editrice milanese. “Parla, e sii breve e arguto”, raccomanda invece l’account Einaudi. Su Twitter non si butta via niente: si offrono ai lettori notizie sui libri, link a interviste, citazioni, pillole di recensioni di blogger spezzettate da agguerriti uffici stampa per far- le durare più a lungo nei social, immagini di copertina postate magari dagli stessi autori a casa loro, oppure si ritwittano opinioni di lettori o di account librari – tra gli altri @stoleggendo, @tropicodellibro, @twitteratura, @bookrepublic, @fallabreve, @chiusoperkindle, @casalettori, @Zeldawasawriter – sperando però soprattutto nella battuta degli scrittori famosi: oggi ultra sollecitati specie quando fanno parte della stessa scuderia (come Saviano per Feltrinelli), perché concedano l’analogo digitale della fascetta gialla, quand’anche fosse un semplice sintagma – “un libro necessario” – o perché retweettino ai loro seguaci, in fondo cosa costa?, una buona parola messa da qualcuno su questo o quell’altro titolo. Ma tutto questo agitarsi fa vendere più copie? Non mol- Sandro Veronesi Ansa to, per la verità e gli stessi scrittori ne sono consapevoli: “Non avevo aspettative promozionali, quanto di conoscenza e di scoperta”, ha spiegato ieri Veronesi. Ma la web, anzi la Twitter reputation conta molto, anche se non per tutti: “I più grandi come Eco e Camilleri se ne fottono allegramente”, racconta l’ufficio stampa di una grande casa editrice. “Forse vale più per gli esordienti. O quelli più insicuri, che compensano l’ansia da scomparsa in libreria con la presenza sui social. Perché magari di copie se ne vendono sempre meno, ma vuoi mettere, avere migliaia di follower?”. 16 SECONDO TEMPO VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 il Fatto Quotidiano MASTERIZZATI IN USCITA OGGI A bassa voce, come un cinquantenne EARTH HOTEL, NUOVO DISCO DI PAOLO BENVEGNÙ: “CANTO COME SE FOSSE QUELLA DI MIO PADRE” di Diletta Parlangeli F uori dal bosco, la metropoli. Sono sempre luoghi visibili quanto irreali quelli dove Paolo Benvegnù si addentra, tirando dentro chi ascolta. Dopo la foresta di Hermann, regno d’alberi ombrosi, scenario di plateali quanto cupe gesta, fa visita alla frenesia del cemento con Earth Hotel (in uscita oggi). Un album urbano, anche se scritto in una “piccolissima stanza, con una finestra ampia, per fortuna”. Urbano a prima vista – le fotografie e l’artwork di Mauro Talamonti sono impeccabili, e sembrano quasi rendere omaggio al “mare verticale” di Benvegnù, stavolta fatto di grattacieli e piani – e urbano nell’evocare tante piccole stanze, appartamenti, luoghi non-luoghi dai quali l’essere umano guarda ciò che lo circonda, facendo confusione tra ciò che è in alto e ciò che sta sotto, tra il dentro e il fuori, tra i confini che finiscono, e quelli che sfumano. Limiti sbiaditi, come in Nuovosonettomaoista, il brano più sociale del disco, palese rimando di identificazione tra chi scrive e chi ascolta: “È il gioco dei ruoli, è scoprire di essere al tempo stesso broker di Borsa e vittima della speculazione”. “L’album è figlio di una ricerca personale faticosa, un’operazione salgariana – spiega Benvegnù – Mi è sembrato naturale ambientarlo (con relativa “guida inestricabile all’ascolto”, ndr) in stanze diverse, come se il mondo fosse una stanza di transito, dove ci si sporca, ci si lava, in IL CANTAUTORE Mario Venuti che non ti aspetti una cornice più semplice e meno fastosa”. Una ricerca che lo ha portato a capire di essere “un mostro sublime, come tutti” e che, si avverte, ha sentito la necessità di fare da solo. Se Hermann era un disco corale, veniva sottolineato, Earth Hotel è fatto di “riflessioni personali”. CERTO mediate e rimediate più volte, “dai tanti amici, da tutte le persone che hanno dato di nuovo fiducia, come i ragazzi di Woodworm”. “Insomma, se non avessi visto Shutter Island, se non fossi stato così sovrappeso d’anima, o non avessi mangiato il burro ieri, non avrei fatto questo disco”. Dodici tracce di un equilibrio musicale millimetrico, con aperture e distensioni (Hannah, Life), e potenza (Nuovo- di Pasquale Rinaldis Paol Benvegnù è nato a Milano il 14 febbraio 1965 sonettomaoista, Feed the distruction), e tratti distintivi dell’autore (Sempiterni sguardi e primati) che lo restituiscono alla sua più alta abilità compositiva. E l’aria nuova si avverte anche in un diverso tratto nel cantato, spesso basso (vedi l’illuminante singolo Una nuova innocenza). “Questi non sono nati come brani, non c’è costruzione preterintenzionale. È una serie di scintille inaspettate. Non ho scritto su commissione a me stesso, come mi è capitato, MUSICA, VINO E SALAME IL TRAMONTO DELL’OCCIDENTE© WORSHIP THE SUN © Allah-Las Innovative Leisure DA UN GRUPPO formato da ex-commessi di un negozio di dischi – notoriamente dei nerd musicali assoluti – il minimo che ci si può aspettare è un disco che rifletta le tonnellate di ascolti. Nel caso degli Allah-Las, quartetto di Los Angeles nato nelle pause caffè del celebre paradiso del vinile Amoeba Records, il livello di riproduzione delle influenze musicali è degno dei miniaturisti medioevali. Il genere di riferimento è il folk-rock californiano in procinto di diventare psichedelico del triennio 1965-67: tale è l’immedesimazione dei ragazzi nei confronti dei loro modelli – dai Love ai Seeds, dai Byrds ai Beau Brummels – che se Worship The Sun, secondo loro album, fosse venduto nel settore ristampe nessuno se ne accorgerebbe. Filologicamente l’operazione funziona, ma le canzoni finiscono per assomigliarsi un po’ troppo. E purtroppo non ce n’è alcuna che assomigli a una 7 & 7 Is o una Pushin’ Too Hard, una Feel A Whole Lot Better o una Laugh Laugh. Carlo Bordone JAZZ GLAD THERE IS YOU 800 © Renato Sellani Ponderosa IL CANTAUTORE siciliano timido e introverso spariglia le carte e pubblica un album inaspettato – soprattutto negli arrangiamenti – ed ispirato principalmente dagli album pop di Franco Battiato usciti negli anni ottanta. Il risultato è destabilizzante: le atmosfere dell’”ultimo dei romantici” faticano a farsi strada a favore di una nuova cifra stilistica a metà tra il concept album intellettualizzato e una forma-canzone all’avanguardia aiutato dalle collaborazioni con Alice, Battiato, Nicolò Carnesi e Giusy Ferreri. Il perno del disco è la condivisione nella composizione con Francesco Bianconi – garanzia di originalità –, un approccio “pesante” tale a stravolgere il dna originario di Venuti. Ecco quindi leggerezza ma con testi impegnati su politica, rapporti interpersonali e malattie della società; non c’è il tessuto lieve di “Veramente” (ad oggi il tassello meglio riuscito di Mario) ma va riconosciuto all’artista la volontà di sorprendere. Da novembre tour in tutta Italia, consigliato vivamente. Guido Biondi I miniaturisti del folk rock spesso nel periodo Scisma – racconta Benvegnù – È tutto figlio di un pezzo di ricerca faticoso, di un accordo faticoso. Di un cinquantenne che scrive di se stesso, cercando soluzioni per un cinquantenne. Quella che senti bassa, è la voce di quel cinquantenne, che finalmente parla con la voce di suo padre, di suo nonno, di sua madre. È il tentativo di cercare il centro interno, dopo aver rincorso delle cose come se il traguardo fosse all’esterno”. Il grande, Renato Sellani pigro artigiano storia al piano Mario Venuti Microclima LA BAND CALIFORNIANA Alber to Bianco e Levante, madeleine perfetta QUESTO grandissimo pianista jazz ha un curriculum sorprendente: Chet Baker lo scelse per registrare “In Milan”, conobbe Bille Holiday e Dizzy Gillespie; scrisse le musiche per “Aspettando Godot” di Beckett e “Puntilla e il suo servo Mattì” di Brecht. È collaboratore prezioso di Tiziana Ghiglioni per molti dei suoi album. In questo doppio cd si ripropone il suo repertorio jazz classico: il pianoforte disegna note sulle canzoni di Trenet (“Que Reste-t-il De Nous Amour”), Brel (“Ne Me Quitte Pas”), Gershwin (“The Man I Love”) e alcune pagine di artisti italiani quali Endrigo (“Io che amo solo te”) e Califano (“E la chiamano estate”) e molti altri. La sensazione provata è di un intimo legame con l’ascoltatore, quasi un concerto privato. G. Bio. CASCINA PIOVANOTTO © Giorgio Conte Ala Bianca/Warner Music QUANDO parlano di lui, e probabilmente non lo hanno mai fatto abbastanza, gli aggettivi che usano di più sono “ironico” e “sornione”. Entrambi pertinenti, ma certo non sufficienti a raccontare la bellezza artigiana del percorso di Giorgio Conte. La sua strada si arricchisce ora di Cascina Piovanotto, dodici canzoni tutte autografe tranne Vecchio Pedro (già nel repertorio del Quartetto Cetra). Conte si descrive come un uomo “affondato nella mia pigrizia come una ciliegia sotto spirito”, in perenne compagnia “di una bottiglia di Barbera avvolta in un lino bagnato” con pane e salame da dividere con i suoi cani. La sua musica, e questo nuovo disco particolarmente ispirato non fa eccezione, ha la semplicità delle opere che non hanno bisogno di finzioni per saperti fare compagnia. Accanto a lui sfilano fisarmoniche e tastiere, violini e violoncelli, il figlio chitarrista Tommaso e il Coro Polifonico di Cortemilia: grande musica, proprio in quanto apparentemente piccola. Andrea Scanzi MARCEL PROUST una volta disse che “la più umile delle canzoni ha la capacità di portarci indietro con la memoria, di farci ricordare il nostro passato più delle alte opere letterarie”. Perché quattro minuti di melodia, come quelli di Corri corri, brano da qualche giorno in rotazione in radio, scritto e interpretato da Alberto Bianco in coppia con una delle voci femminili più belle del momento, Levante, al secolo Claudia Lagona, hanno la capacità di far confluire tutte le emozioni di un racconto a volte esplicito, a volte imperscrutabile, perforando qualsiasi corazza e arrivando in profondità. Le emozioni, nel loro caso, si contagiano tra di loro, creando “un duetto, due facce della stessa medaglia, due declinazioni della stessa spinta”, riuscendo a trasformare un’emozione in un’altra, in una catena che può essere infinita. Il brano è contenuto nel nuovo album del giovane cantautore torinese che uscirà a dicembre e si intitolerà Guardare per aria: “È un disco con dentro vento di primavera, legno e acqua – racconta Alberto Bianco –, ascoltandolo mi perdo nei suoni acustici che il produttore artistico Riccardo Parravicini ha miscelato. Dal punto di vista musicale è stato un lavoro di gruppo, vi hanno suonato musicisti bravissimi tra cui i componenti della band live di Levante. La parte autorale l’ho composta quasi tutta da solo, a parte il primo singolo con Levante e un altro brano con Matteo De Simone dei Nadàr Solo. Nel disco è presente anche un brano suonato interamente dalla band di Niccolò Fabi e da lui stesso, è stato un bellissimo momento delle registrazioni. Un’emozione molto bella che mi ha dato molta fiducia sulla possibilità di incontrare musicisti veri con una passione enorme”. ITALIANI D’INGHILTERRA Emma, romana da “10” a Londra RELIC © Emma Tricca Finders Keepers/Goodfellas ITALIANI all’estero di cui andare fieri. Emma Tricca, romana trasferitasi da molto tempo a Londra, è diventata una protagonista della scena folk inglese contemporanea. L’attenzione e il rispetto che l’artista – “battezzata” da leggende come John Renbourn e Odetta, e scoperta discograficamente dal dj/produttore Andy Votel – si è guadagnata sul campo (tra coffee-house, club, festival e concerti alla Royal Albert Hall) è testimoniato dalle recensioni che hanno accolto il suo nuovo album. Tra queste, spicca addirittura un trionfale “10” appioppatole da Time Out. Le tipiche esagerazioni albioniche, magari condite da un po’ di paternalismo? Niente affatto. Basta soffermarsi con la dovuta attenzione sulle ballate sospese di Relic, acquerelli tenui appena venati da sbaffi di Wurlitzer, “bowed guitar”, tromba e percussioni rarefatte, per rendersi conto di quanto Tricca padroneggi con grazia e naturalezza estreme i linguaggi che ha scelto – l’inglese e il folk – senza che questi sembrino mai presi forzatamente in prestito. Atmosfere da Greenwich Village primi anni 60, ma traslate in una dimensione quasi magica, decisamente “british”, e spesso con accenti pop che scorrono sottopelle. Come una Jolie Holland trasportata nel West End, o una Bjork acustica. Il titolo di uno dei brani è indicativo: November at My Door. Canzoni da foglie morte e tè presi sotto le coperte, a formare un disco incantevole. C. Bord. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 17 BARBARA D’URSO Conduce dal lunedì al venerdì Pomeriggio5 su Canale 5 Ansa AGON CHANNEL IL PEGGIO DELLA DIRETTA Il talk tenta la carta albanese (con la Ferilli) di Patrizia Simonetti se l’ospite di un talk show doE po essersi lasciato intervistare fosse chiamato a stilare una lista di propositi impegnandosi a rispettarli tutti e firmando nero su bianco un vero e proprio contratto con i telespettatori e gli italiani? Vabbè, lo ha già fatto Berlusconi a Porta a Porta l’8 maggio del 2011, ma a porgergli carta e penna era Bruno Vespa, mica Sabrina Ferilli. E ditele di no se ci riuscite, perché sarà lei a condurre Contratto, versione italiana di Kontrata, il talk show di punta di Agon Channel che lo scorso giugno, in occasione delle elezioni in Albania, la rete affidò per tre puntate a Barbara D’Urso chiedendole di intervistare i candidati in perfetto stile Pomeriggio Cinque, portandosi a casa, tra il trash e il faceto, tre prime serate di successo. Con la TV fondata un anno e mezzo fa a Tirana dall’imprenditore romano Francesco Becchetti hanno già collaborato altri volti noti della nostra televisione, da Enzo Iacchetti a Manuela Arcuri, ma quello della Ferilli è il primo acquisto ufficiale di Agon Channel Italia, attesa a giorni sul canale 33 del digitale terrestre, un bel colpo per la rete e un nuovo esordio per l’attrice romana per la prima volta alla guida di un talk e in realtà di un programma tutto suo che la vedrà alle prese con un ospite a puntata, di volta in volta un politico, un imprenditore, un attore, un cantante, un giornalista o uno sportivo, che dopo aver raccontato un po' della sua vita pubblica ma soprattutto privata, non potrà sottrarsi alla fatidica firma. “Una nuova formula di talk show personale e intimo” lo definiscono alla Agon, se non altro non una delle tante cover italiane che finora ne hanno riempito i palinsesti, da Krasta Show simile a Che tempo che fa ad Antilope che fa il verso a Le Iene fino a Ça thu che ricorda Striscia La Notizia. AGON CHANNEL Italia avrà anzi una “programmazione inedita al 100% per il pubblico italiano – assicura il direttore Alessio Vinci, già responsabile delle news in Albania – ci saranno fiction, show e informazione, tutti programmi prodotti da noi, di altissima qualità ma a un decimo del costo, e i talent, come scusa per offrire un lavoro”. Intanto la Agon ha appena concluso un casting tour in tutta Italia per reclutare giornalisti, artisti, attori e soubrette disposti a trasferirsi in Albania, ma per tutti è ancora possibile caricare il proprio provino sul sito, si sa mai. Non sperate però di condurre un talk show, c'è già la Ferilli. Tutta Barbara minuto per minuto, la telecronaca di Davide Valentini o dice anche la pubblicità di una banca, le grandi domande sono cambiaL te. Esiste ancora il posto fisso? Cosa in- venterà oggi Gianni Morandi su Facebook? Ma soprattutto, cosa accadrà nello studio di Barbara D’Urso? Ecco la fredda cronaca di una giornata qualunque a Pomeriggio5. Un pomeriggio da oltre 2 milioni di spettatori al giorno. Ore 17:00. Saluti di rito alle case di riposo, poi Barbara si bulla per gli ascolti del giorno prima. Indossa una t-shirt bianca con scritto “I panni sporchi si lavano in casa”. Sottotitolo “Sì ma poi chi mi aiuta a stirare?”. Standing ovation. 17:01. Annuncio intervista esclusiva ad Arturo, leggendario autista di Alberto Sordi. Pare ci siano rivelazioni choc sull’eredità. Ma per il momento tocca aspettare, ci sono le novità su Massimo Bossetti, che secondo indiscrezioni avrebbe comprato un cutter, taglierino da muratore, pochi giorni prima della scomparsa di Yara. Intervista scoop a un ferramenta bergamasco, che descrive il taglierino. “Quanto è tagliente?”, domanda l’inviato. “È una lama” risponde l’altro. Subito dopo ecco un cantiere. Un muratore conferma: con i taglierini lui ci taglia di tutto, anche il cellophane. 17:15. L’addetta stampa della famiglia Sordi difende l’onestà di Arturo contro le accuse di truffa. In grafica si annuncia che tra poco, finalmente, lo ascolteremo. Ma prima bisogna parlare del funerale di Aurelia Sordi. “E noi c’eravamo”. 17:27. Colpo di scena. Fuori dalla chiesa, una vicina di casa che frequentava il mercato di piazza Epiro insieme a Aurelia, si lascia andare a una verità sconcertante: “Arturo è un delinquente”. Barbara promette che dopo il Tg5 sentiremo la voce dell’autista. Solo allora capiremo tutto. 18:00. “Prima di tornare su Alberto Sordi, dobbiamo parlare di un fatto avvenuto a Napoli. Ogni volta che devo dare una cattiva notizia che accade nella mia città, il mio cuore batte ancora di più”. La notizia: un uomo armato è stato allontanato da una scuola elementare da un gruppo di madri coraggiose, che ora vogliono raccontarci come è andata. Ecco l’intervista all’uomo che ha disarmato il malvivente. Per qualche motivo ignoto, le sue rivelazioni vengono sottotitolate: “Se quell’uomo entrava a scuola e cominciava a sparare, secondo Gli ascolti di mercoledì SQUADRA ANTIMAFIA 6 Spettatori 4,17 mln Share 16,86% VELVET Spettatori 3,40 mln Share 12,8% me qualcosa succedeva”. 18:09.Parola a due esemplari di madre inferocita. Una è incinta e sbraita, l’altra annuisce tantissimo e sbraita più forte. Il climax è irresistibile. “Chiediamo al comune, allo stato, a tutte le persone in alto che hanno i soldi: vogliamo più sicurezza, vogliamo un videocitofono!”. E noi vogliamo Arturo. 18:15. Al rientro in studio cominciamo a disperare per le sorti dell’autista. Dice la D’Urso: “La signora in collegamento si chiama Rosella. La vedete sorridere, ma lei in realtà è disperata. Suo figlio Daniele è sparito”. Con tatto interviene l’inviata: “Signora Rosella, il vuoto è tremendo vero?”. “Sì, tremendo”. “E il silenzio?”. Per la cronaca, pare che nemmeno quello sia granché. 18:34. In studio la gigantografia di un bebè. “Vedete queste manine? Lei è Arya, nata pochissimi giorni fa da Micol Olivieri dei Cesaroni. Micol come stai?”. “Mi tirano i punti”. “Ti è salito il latte?”. “Sì”. “Bene, eravamo in pensiero. Ti bacio forte! E bacio tutti voi, promettendovi che domani vi faremo sentire l’incredibile intervista ad Arturo, autista di Alberto Sordi”. E allora va bene Barbara, a domani. CHI L’HA VISTO? Spettatori 3,10 mln Share 13,57% LE IENE SHOW Spettatori 2,55 mln Share 13,12% 18 SECONDO TEMPO VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 il Fatto Quotidiano GIUSTAMENTE PARTITO DEMOCRATICO Bersani o Renzi Chi è peggio? di Goffredo Bettini* N on convince la discussione che si è svolta fino ad ora sulla forma del Pd. Come se il dilemma fosse tra i difensori del partito organizzato (la “ditta”) e i fautori di uno “sciogliete le righe” in nome di un già appagante successo elettorale. Invece la questione è ben diversa: come inventare una nuova forma-partito adatta ai tempi che ci stanno dinanzi. In questo senso, la cosiddetta “ditta” è stata il punto più basso della nostra parabola. Ha tradito il tentativo iniziale di rinnovamento del Pd; ha sviluppato ulteriormente la rete correntizia, rafforzando nei territori centinaia di notabili locali, alla ricerca di tessere la cui qualità si può ben immaginare; ha mortificato la vita degli organismi dirigenti, fino al punto di non discutere in direzione le quattro giravolte politiche che abbiamo compiuto dopo il voto nazionale: prima mai con Berlusconi, poi Marini presidente della Repubblica con l’assenso di Berlusconi, poi Prodi contro Berlusconi, poi un governo con Berlusconi. Nonostante la presenza di migliaia di militanti meravigliosi, la “ditta” ha lasciato un Pd sfilacciato e senza anima. Purtroppo, rispetto a ciò, Renzi (che ho sostenuto e sostengo per il suo progetto politico per nulla incoerente e fragile, semmai ambizioso e temerario) non ha dato per ora segni di MAL DI CORRENTE La “ditta” ha lasciato un Pd sfilacciato e senza anima. Purtroppo il premier, su questo, non ha dato segni di reale voglia di cambiamento reale e ispirata voglia di cambiamento. Il suo gruppo dirigente, impegnato sul tema, è sembrato cercare una sorta di compromesso tra la libertà di azione del leader legittimato dalle primarie e dallo storico voto europeo e il permanere di quella tradizionale geografia dei poteri saldamente in sella nelle varie regioni. Il suo intervento, invece di muoversi su una linea di radicale discontinuità, si è limitato a giocare con i protagonisti di sempre, producendo in qualche caso anche il peggioramento della situazione e la legittimazione di ulteriori forme di aggregazione correntizia. Nulla togliendo al valore delle singole persone, anche l’insieme della segreteria eletta appare al di sotto dell’esigenza politica di una svolta nel profilo e nell’organizzazione del Pd. Di un partito nuovo, invece, c’è Renzi durante una direzione del Pd. Sotto, Pier Luigi Bersani Ansa un bisogno urgente. Altrimenti il leader, nonostante il suo talento, sarà inevitabilmente sussunto in una dimensione autoreferenziale e, alla fine, si troverà più solo, indifeso e debole. E, per altro verso, la società continuerà a sentirsi abbandonata, estranea, non coltivata, desertificata. Tranne accendersi ogni tanto in lampi di grande consenso o di rivolta. Cosa fare? L’impegno è arduo e deve essere collettivo. Il passo fondamentale, tuttavia, è ripartire dal panorama umano e sociale dell’Italia di oggi: nuove ingiustizie, vissute in solitudine e da milioni di cittadini. Il partito deve andare a calcomania nelle pieghe di questa atomizzazione dolorosa e silenziosa; con grande visione e con mano leggera. VIA DUNQUE gli apparati delle correnti, le intercapedini burocratiche, le oligarchie che si autoconservano. E avanti, invece, le persone; alle quali non si può chiedere solo di fare propaganda, le feste dell’Unità, di prendere la tessera per votare ai congressi o di dare la preferenza alle elezioni. Occorre dare loro anche lo scettro della decisione politica. Decisione preparata dal confronto sulla rete, dalla produzione di idee delle aree politiche, ma che alla fin si realizza nell’Agorà; vale a dire nell'incontro, nella discussione e nella deliberazione delle persone chiamate ad assumersi insieme la propria responsabilità individuale. Si discuta se queste persone debbano essere gli iscritti di un partito che per questa via ambisce a essere largo e aperto, oppure gli elettori aderenti a un albo delle primarie. Ma il sale della questione è ridare loro voce, riallacciando i fili spezzati. Verranno fuori conflitti? Passaggi difficili? Forse. Ma ne trarrà enorme forza il coraggio del leader e grande vantaggio la democrazia italiana. *Eurodeputato Pd Benedetti ragazzi, studiate ogni tanto di Bruno Tinti IL PROBLEMA di Renzi & C. è l’ignoranza. Vogliono fare; ma non sanno quello che fanno. Almeno, in materia di giustizia non lo sanno. Prendiamo le ferie dei magistrati: 45 giorni sono troppi, si capisce che la giustizia sia in crisi con magistrati che lavorano così poco, si devono ridurre a 30; e i Tribunali non devono “chiudere” per 45 giorni, basta un mese, dall’1 al 30 agosto. Fatto. E adesso cominciano i guai. Renzi non lo sa ma i Tribunali non “chiudono”; sarebbe impossibile visto che reati, arrestati e conseguenti processi ci sono anche d’estate. E non sta bene dire a chi sta in prigione di starsene tranquillo perché adesso si va in vacanza. È sospesa solo tutta l’attività che richiede l’intervento degli avvocati: appelli, ricorsi, udienze. Non fosse così, gli avvocati (non i giudici) non potrebbero mai andare in vacanza. Sicché i processi definiti urgenti dalla legge (tra questi quelli riguardanti i detenuti) si fanno. Le ferie dei magistrati non hanno niente a che fare con i Tribunali “chiusi” per 45 giorni o 30 che siano. Coincidono, in genere, con il periodo di “chiusura” (si chiama sospensione dei termini), quando i processi da fare sono di meno e bastano pochi magistrati in servizio; così, quando la macchina girerà a pieno regime, tutti saranno presenti. Ma possono essere prese anche in altri periodi dell’anno; per esempio, i giudici che hann no lavorato in estate dovranno pur andare in ferie nei mesi successivi. Ora, il lavoro di un magistrato può essere paragonato a una catena di montaggio. Udienze, testimoni, perizie, memorie degli avvocati; alla fine la sentenza. Naturalmente di processi ce ne sono tanti, ognuno in un diverso stadio di lavorazione. E quindi capita che le sentenze arrivino in gruppetti, 3 oggi, 6 domani, nessuna fra tre giorni… Ogni sentenza deve essere depositata entro un termine: se non rispettato, per il giudice c’è il processo disciplinare. Succede quindi che, quando arriva il fatidico giorno di andare in ferie, il L’ANNUNCITE Il problema del renzismo è l’ignoranza. Vogliono fare ma non sanno di che parlano. Esempio lampante, le “ferie dei magistrati” LaPresse giudice ha ancora da scrivere un certo numero di sentenze “incassate” nei giorni precedenti; e le deve scrivere entro un mese, altrimenti sono… guai. Ecco perché i giudici avevano 45 giorni di ferie: nei primi 15 (se gli bastavano) scrivevano sentenze. Adesso che ne hanno solo 30, in realtà gliene restano 15 o meno. n NATURALMENTE si potrebbe adottare un meccanismo simile a quello usato per gli avvocati. Durante le ferie i “termini” sono sospesi: una sentenza “incassata” il 20 luglio dovrà essere depositata non il 20 agosto, ma il 20 settembre. Ma questo presuppone che tutti i giudici vadano in ferie dal 1 agosto al 30 agosto; che significherebbe chiudere davvero i Tribunali. E siccome questo non si può fare, qualcuno dovrà restare in servizio e andare in ferie successivamente. E con la sospensione dei termini delle sentenze di questi giudici come la mettiamo? Si calcola, giudice per giudice, in funzione del momento in cui va in ferie? Con termini sospesi ad agosto, settembre, ottobre… Impossibile. Naturalmente a questo punto Renzi ha un problema. Ha fatto l’annuncio sbagliato, lo ha anche realizzato e adesso fare marcia indietro gli costa. Solo che, per salvare la faccia, non può ammazzare quello che resta della giustizia italiana. Facciamo così: tutti ci impegniamo a non dirgli “te l’avevo detto” e lui si rimangia tutto e torna ai 45 giorni di ferie. SEGUE DALLA PRIMA di Marco Travaglio concludeva: “FinalE mente il dibattito politico si libera dal peso di un incubo giudiziario: il percorso delle riforme istituzionali può procedere speditamente” perché “questa sentenza può contribuire a sancire la definitiva separazione tra la storia politica e quella giudiziaria in un Paese che nella guerra totale tra politica e magistratura ha conosciuto la sua maledizione”. Anche i veri giuristi, come Carlo Federico Grosso, si affrettavano a difendere la povera collega Severino ingiustamente calunniata, sostenendo che la sua legge non c’entrava: altrimenti la Corte avrebbe assolto B. “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato” (in realtà è ancora previsto, ma è impossibile punirlo grazie al trucchetto del vantaggio indebito per l’indotto). Chissà come la mettono questi signori dinanzi alle motivazioni della sentenza che confermano tutti i fatti – eticamente e politicamente gravissimi – già accertati dai pm. C’è la “prova certa dell’esercizio di attività pro- stitutiva ad Arcore in occasione delle serate in cui partecipò Karima El Mahroug” che si “fermò a dormire almeno due volte” a Villa San Martino, con l’“effettivo svolgimento di atti di natura sessuale retribuiti” (anche se non c’è prova sufficiente che B. sapesse che Ruby era minorenne ai tempi delle “cene eleganti”, mentre lo sapeva quando chiamò la Questura). È certo che B. “aveva un personale e concreto interesse” a ottenere che Ruby venisse affidata alla Minetti perché “preoccupato” che facesse “rivelazioni compromettenti”. Dunque “indusse” Ostuni&C. ad aggirare gli ordini del pm Fiorillo, che insisteva per l’affidamento in una comunità. E Ostuni, in preda a “timore riverenziale”, cedette a quell’abuso di potere (“è sicuramente accertato che l’imputato, la notte del 27-28 maggio 2010, abusò della sua qualità di presidente del Consiglio”). Che fino al 2012 era concussione per induzione. Ma ora non più. Non è più concussione (“l’abuso della qualità e condizione necessaria, ma non sufficiente a integrare il rea- Karima El Mahroug, in arte “Ruby Rubacuori” LaPresse MOLTO SEMPLICE Le motivazioni della sentenza d’appello che assolse B. sul caso Ruby dimostrano una sola cosa: lo ha salvato la legge Severino to, richiedendo la norma incriminatrice che esso si traduca in vera e propria costrizione... mediante minaccia”). E non è neppure induzione, perché “manca nella fattispecie in esame un requisito essenziale dell’abuso induttivo: l’indebito vantaggio dell’extra- neus”, cioè di Ostuni, in quanto “il nuovo reato” “richiede necessariamente il concorso di due soggetti: il pubblico ufficiale inducente (B., ndr)e l’extraneus (Ostuni, ndr) opportunisticamente complice del primo”. Il primo c’è, il secondo no. Dunque il primo è salvo: “mancando la condizioni per una riqualificazione dei fatti in una diversa ipotesi di reato”, alla Corte d’appello non resta che “assolvere l’imputato dal delitto ascrittogli perché il fatto non sussiste”. Cioè sussisteva quando fu commesso, ma poi l’imputato e i suoi presunti avversari l’hanno reso impunibile. E ora chi paga e chiede scusa per tutte le balle che ha raccontato? SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014 19 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo La pioggia non ha colpa subito opere idrauliche Il prossimo 15 novembre ricorre il nono anniversario dello straripamento del fiume Marta che nel 2005 ha devastato il comune di Tarquinia, in particolare gli abitati di Marina Velka e Tarquinia Lido. Sono vicina con il cuore agli alluvionati del resto d’Italia. La colpa dei disastri è da imputarsi unicamente alla mancata gestione della sicurezza idrogeologica da parte di Stato, Regioni, Comuni. Non è colpa della pioggia, della burocrazia o, addirittura della Magistratura, chiamata a decidere sulla validità di gare d’appalto per le opere idrauliche. Noi cittadini abbiamo combattuto contro l’inerzia delle Amministrazioni per ottenere nel 2008 la (parziale) messa in sicurezza dell’area. Prima che fossero terminate le opere idrauliche il bacino del fiume Marta si allagava sempre, dopo non è più successo. Ma la manutenzione ordinaria è stata più messa in atto e mi chiedo quanto ancora l’arginatura reggerà. La Magistratura civile ha sentenziato nel 2011 la responsabilità della Regione Lazio intimandole di pagare i danni. Due anni dopo ha nuovamente dato ragione a noi cittadini, respingendone l’appello. Poi la Regione governata da Nicola Zingaretti ha avanzato ricorso in Cassazione, pur di non pagare ma sono certa che anche questa volta i giudici ci daranno ragione. Obbligare i responsabili a pagare è necessario per costringere le Amministrazioni Pubbliche a fare il proprio dovere. Solo la giustizia può combattere il fango. Elena Maria Scopelliti Navigare a vista, dialogo tra generazioni parlato. Noi trentenni presenti, figli di una classe media che ci ha permesso studi e sogni di carriere come se questa fosse la naturale prosecuzione all’impegno profuso, arranchiamo tra contratti a termine, stage, pratiche di vario tipo. Il confronto diventa scontro perché si ragiona con categorie diverse, gli uni non capiscono gli altri fino in fondo. Forse perché noi sappiamo che la nostra battaglia individuale è trovare un lavoro, garantito o no, poco importa, che ci piaccia o no, poco importa (scenderemo a compromessi prima o poi). Loro lottavano in gruppo (o almeno questo è il romanzo che raccontano). Noi da soli. Cerchiamo di salvarci. Nella lotta alla sopravvivenza L’inarrestabile prevalenza del “no” CARISSIMO FURIO COLOMBO, l’altro giorno Beppe Grillo è stato contestato da alcuni studenti nella dilaniata Genova. Ora mi chiedo: come mai in noi giovani cova una tale rabbia verso coloro che rappresentano le istituzioni in un Paese democratico? Gianluigi NEL CASO DI BEPPE GRILLO potrei richiamare due eccezioni: non rappresenta istituzioni ma è, come dire, un volontario della politica. E poiché è personaggio capace di provocare forti emozioni (e deciso a farlo) è naturale che, in un momento difficile, provochi reazioni di forte intensità emotiva. Ma sarebbe una risposta soltanto di comodo, perché chiunque si fosse avventurato quel giorno in quel luogo, avrebbe provocato reazioni scettiche e dure. Credo proprio di poter dire: chiunque tranne il Papa. E il Papa sarebbe stata una eccezione non per il rispetto che quasi chiunque prova per lui. Ma perché stiamo parlando di questo Papa, di Francesco. Qui non intendo proporre la parte religiosa della figura, ma quella umana e – se non sembrerà offensivo dire così – la parte politica. Quando Francesco parla, quando entra in questioni anche delicate che altri risolvevano con l’automatismo dottrinario e il tuono di Dio, lui mette in gioco se stesso, e soprattutto sposta il rapporto tra il Papa e i credenti ad altezza umana, due persone, lui e chi lo ascolta, che cercano di capirsi e di incoraggiarsi a vicenda. E lo fa con un atteggiamento che in tanti sentono come credibile e autorevole. Ecco il vuoto che si è creato fra cittadini e politica nella nostra storia e nel nostro Paese, un sentimento di sfiducia e di sconnessione (tu hai il potere, la vignetta non ci illudiamo di poter vincere battaglie ideali. E ci chiediamo se loro la capiscono questa difficoltà, la tenacia che ci vuole a navigare a viste verso un futuro che non può fare programmi. Carlotta Vitale L’altra sera intorno a un tavolo al quale erano sedute persone di varia età si è innescato l’inevitabile discorso politico, condito dalla differenza generazionale. Visto che l’attualità è il lavoro, di quello si è con “personali preoccupazioni” circa il progetto di trasferire il Tfr nella busta paga dei lavoratori perché sarei uno degli “economisti legati al mondo finanziario e bancario” che vedrebbe ridursi la propria fetta di torta. L'insinuazione è falsa e diffamatoria. Non ho cariche (o incarichi) in alcun istituto bancario, di gestione del risparmio, fondo pensione, fondo d'investimento. Se sostengo che l'idea del Tfr in busta paga sia sbagliata come ho argomentato in vari interventi sulla stampa e sul web - è perché ne sono convinto in tutta libertà e indipendenza. E dunque il vostro commentatore che cerca di affibbiarmi meschini interessi di bottega solo perché non sono della sua opinione si DIRITTO DI REPLICA Non sono un soggetto con interessi di bottega Caro Direttore, sul Fatto Quotidiano di oggi, Beppe Scienza mi indica come “un soggetto” qualifica da sé. La prego di pubblicare questa precisazione e la ringrazio. Tito Boeri La sottile linea rossa tra indagine e condanna In più occasioni siete stati cronisti attenti e osservatori critici delle vicende giudiziarie che hanno interessato esponenti politici di differenti partiti. In qualità di Governatore del Friuli Venezia Giulia nella passata legislatura (2008 – 2013), ora seduto nei ban- chi dell’opposizione di centrodestra a seguito della vittoria della candidata del Pd Debora Serracchiani, divenuta presidente del FVG grazie a una manciata di voti (pari a un +0,39% di preferenze) alle passate elezioni Regionali, sono stato in più occasioni menzionato nei vostri articoli quale destinatario di una informazione di garanzia a seguito di una indagine per presunto peculato aperta dalla magistratura. Non mi soffermo a spiegare come nell’opi- il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente:Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Peter Gomez, Marco Tarò, Marco Travaglio, Lorenzo Fazio io sono solo) maturato da troppe delusioni. Quella del fango a Genova non è che una fra tante, e a un certo punto non ne puoi più. Ma pesa soprattutto su tanti politici italiani, anche con ruoli chiave, la mancanza di autorevolezza. È una strana cosa l’autorevolezza, che non ha niente a che fare con l’autorità. Quanti genitori, quanti insegnanti non ce l’hanno. E quanti drammi derivano da questo vuoto. Se ci fosse uno strumento capace di indicare con un puntino rosso l’autorevolezza di ciascuna persona presente nella inquadratura di un’aula gremita del Parlamento, quanti puntini rossi credete che potremmo vedere? La rottamazione non serve a nulla se punta solo agli avversari personali di un nuovo leader, in un solo partito, per poi cercare una stretta alleanza con i pregiudicati (destinatari anche di molti onori) dell’altro partito, persino se espulsi dal Parlamento. Giorni fa ho sentito il magistrato Pier Camillo Davigo dire a una folla che lo ascoltava e in lui mostrava fiducia: “Non so perché lo fanno, ma lo fanno. Io non mi siederei mai accanto a un ladro”. Questi sono i fatti in corso. E distruggono, in tutta la classe politica e in tutta la vita pubblica, autorevolezza e credibilità di tanti che non meriterebbero questa pena. Il problema, dimostra il caso di Beppe Grillo, è che diventa difficile persino dissociarsi, se si resta lontani e si ripetono gli stessi riti, come la manifestazione del Circo Massimo a Roma che – fango o non fango – non può interrompersi. E il messaggio è che tocca ai cittadini aspettare. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] nione pubblica sia facile far passare una informazione di garanzia come una sentenza di condanna, ma al fine di una completa e corretta informazione sono qui a comunicarvi che, terminate le indagini nelle quali ho avuto modo di rappresentare la mia difesa grazie proprio all’informazione di garanzia, la mia posizione è stata archiviata dallo stesso Pubblico ministero che aveva aperto il fascicolo. Renzo Tondo ex presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Dott. Polcini, questione di incarichi e curriculum Riguardo all'articolo dal titolo “Caso De Girolamo, il pm assunto alla Farnesina”, credo sia bene fornire ai suoi lettori alcune precisazioni, in particolare sui tempi dell’incarico di Giovanni Tartaglia Polcini. Nel febbraio del 2013, ben prima che fosse resa nota l’inchiesta sulla Asl di Benevento, la direzione Mondializzazione del ministero degli Esteri chiese di potersi avvalere della collaborazione di un nuo- vo magistrato fuori ruolo, esperto in crimine transnazionale, per sostituire una collega venuta a mancare. Questo da un lato per poter svolgere al meglio i compiti legati alla co-presidenza italiana del Gruppo G20 Anticorruzione, anche su istanza della presidenza del Consiglio, e dall’altro per la necessità, delle direzioni Mondializzazione e Affari politici, di poter contare su un esperto in narcotraffico in alcuni fori internazionali. La Farnesina chiese di indicare il nome del magistrato più adatto al ministero della Giustizia che selezionò Giovanni Tartaglia Polcini per la sua esperienza in indagini sul narcotraffico e per il suo livello di conoscenza delle lingue. Sulla base di questa indicazione, a luglio 2013 il direttore generale e i due direttori centrali Mondializzazione incontrarono Tartaglia Polcini per un colloquio che confermò che il magistrato aveva i requisiti richiesti. L’iter è proseguito e quest’anno la Farnesina ha avviato la procedura per la collocazione fuori ruolo di Tartaglia Polcini, che ha ottenuto in luglio l’approvazione del ministero della Giustizia. Sempre in luglio, il Consiglio superiore della magistratura ha autorizzato la collocazione fuori ruolo di Tartaglia Polcini a partire dal 15 ottobre. Stefano Verrecchia - Servizio Stampa Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale Prendo atto della garbata precisazione della Farnesina, che peraltro non smentisce le notizie e il contenuto del mio pezzo. Il dottor Giovanni Tartaglia Polcini ha coordinato l’inchiesta giudiziaria sulla gestione dell’Asl di Benevento, poi è diventato consulente giuridico del ministero degli Esteri, e ovviamente tra le due cose non c’è nessun collegamento. (vin.iur.) Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 e Prezzo 220,00 e Prezzo 200,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e Prezzo 135,00 e Prezzo 120,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 e • 7 giorni Prezzo 290,00 e • 6 giorni È possibile sottoscrivere l’abbonamento su: https://shop.ilfattoquotidiano.it/abbonamenti/ • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 e • 7 giorni Prezzo 170,00 e • 6 giorni Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: [email protected] ABBONAMENTO DIGITALE • Mia - Il Fatto Quotidiano (su tablet e smartphone) Abbonamento settimanale 5,49 e Abbonamento mensile 17,99 e Abbonamento semestrale 94,99 e Abbonamento annuale 179,99 e • il Fatto Quotidiano - Pdf (su Pc) Abbonamento settimanale Abbonamento mensile Abbonamento semestrale Abbonamento annuale 4,00 e 12,00 e 70,00 e 130,00 e * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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