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Prima del vertice Europa-Asia Putin va ad Arcore. Poi l’incontro
con il premier. Anche lo zar ha capito che in Italia governa Renzusconi
Venerdì 17 ottobre 2014 – Anno 6 – n° 286
e 1,40 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
LA RIVOLTA CONTRO RENZI
“FACILE TAGLIARE LE TASSE
CON I SOLDI DEI CITTADINI”
Sconto sull’Irap e 80 euro
caricati su Regioni e Comuni
per 8 miliardi: in arrivo la scure
su sanità, scuole e trasporti.
Zingaretti: “È come invitare
a cena qualcuno e fare bella figura
senza pagare il conto”.
Chiamparino: “Così ci mettono
fuori dallo Stato”. Il premier
li provoca: “Pensate agli sprechi”
Di Foggia, Feltri e Palombi » pag. 2 - 3 - 4 - 5
ZAIA
CASCELLA
Il governatore
veneto: “Zero fondi
contro il dissesto
idrogeologico”
Marra » pag. 2
Matteo Renzi se la ride insieme con Angela Merkel Ansa
L’AGENZIA CONTROLLATA DA POLETTI
Si chiama “Italia
lavoro”: e infatti
licenzia i dipendenti
L’ex portavoce
del Quirinale: “Così
la mia Barletta
cadrà a pezzi”
Calapà » pag. 2
Cannavò » pag. 5
» MANOVRA » E sulla lotta all’evasione buio pesto: i miliardi messi in preventivo sono solo sulla carta
Tfr e fondi pensione: altra rapina
Aliquote raddoppiate o quasi
sui rendimenti di liquidazioni e
previdenza integrativa. Gli esperti: “Così
colpiscono il risparmio dei lavoratori”.
Che perderanno 400 milioni. Fisco,
si punta sull’adempimento volontario
stimato in 2,9 miliardi. Autoriciclaggio,
legge all’acqua di rose. Mentre
la Svizzera ci chiede di far rientrare
i capitali: sono già spariti e noi a Berna
non rispondiamo nemmeno Tecce » pag. 6
B. SALVATO DALLA “SEVERINO”
“Ruby, le prostitute
ad Arcore c’erano
Ma la concussione
non c’è più”
Barbacetto » pag. 7
M5S SENZA TREGUA
LA CATTIVERIA
y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!#!z!#!/
Il costo dei lavoratori
sarà così basso che la Cina
protesterà per concorrenza
sleale
» www.spinoza.it
Nuove espulsioni
e il caso Orellana
Salta il gruppo
con Farage
De Carolis e Scanzi » pag. 8
PROMESSE MANCATE
Divorzio breve
bye bye, restano
i mega affari
degli avvocati
Liuzzi » pag. 7
MACCHINA DEL FANGO
Tutte le bugie
di Burlando,
da un trentennio
Attila della Liguria
Sansa » pag. 9
Avevamo ragione noi
di Marco Travaglio
l 18 luglio, quando la II Corte d’appello di MiI
lano assolse B. nel processo Ruby perché la
concussione “non sussiste” e la prostituzione mi-
norile “non costituisce reato”, la disinformatija
all’italiana diede il meglio di sé raccontando che
dunque la Procura s’era inventata decine di prostitute, minorenni e non, nelle varie dimore del
premier; e s’era sognata le sue telefonate notturne
dal vertice internazionale di Parigi per buttare giù
dal letto il capo di gabinetto della Questura, Pietro Ostuni, e far rilasciare la minorenne fermata
per furto Karima El Mahroug (spacciata per nipote di Mubarak) nelle mani di Nicole Minetti e
della collega Michelle Conceiçao contro il parere
del pm minorile Annamaria Fiorillo. Nessuno, a
parte il Fatto e l’avvocato Coppi, osò ricordare che
il 6 novembre 2012 Pd e Pdl avevano approvato la
legge Severino, detta comicamente “anticorruzione”, che spacchettava la vecchia concussione
(per costrizione o per induzione, non faceva differenza) in due diversi reati: concussione (nel solo caso della costrizione) e l’induzione indebita a
dare o promettere utilità (nei casi più lievi), proprio mentre ne erano imputati B. e Penati. Il Fatto
spiegò, prim’ancora che uscisse la sentenza, in un
pezzo di Marco Lillo, che fino al 2012 bastava che
un pubblico ufficiale ottenesse soldi o favori da
qualcuno, costringendolo con violenze o minacce o inducendolo con lusinghe o timori riverenziali, profittando della sua posizione, per far scattare il reato di concussione. Dal 2012 non più: nel
caso di induzione, come stabilito dalle sezioni
unite della Cassazione, bisogna anche dimostrare
che l’indotto (non più vittima, ma complice
dell’inducente) ha ricavato un “indebito vantaggio” dal suo cedimento. Cioè, nel caso Ruby, perché B. rispondesse di induzione, va provato che
Ostuni abbia ceduto alle sue richieste in cambio
di vantaggi indebiti. E, siccome Ostuni non ne ha
avuti, la nuova legge salva B.
Il Tribunale aveva tagliato la testa al toro, condannandolo a 6 anni (più uno per la prostituzione
minorile) per concussione per costrizione. Mossa azzardata, visto che le telefonate di B. da Parigi
non contengono violenze o minacce: è il tipico
caso dell’induzione, come ha ritenuto la Corte
d’appello, che però non ha potuto condannarlo
per il nuovo reato per mancanza di vantaggi ingiusti per Ostuni. Il 18 luglio, in un dibattito su
La7, tentai di spiegarlo a Giuliano Ferrara, che
gabellava l’assoluzione per un colpo di spugna su
tutti i fatti dimostrati dal processo (e, già che
c’era, anche da tutti i processi degli ultimi 22 anni,
da Tangentopoli in poi). Lui, per tutta risposta, si
mise a sbraitare, si alzò e se ne andò. L’indomani
i giornali fecero a gara nel distrarre l’attenzione
dal vero nodo della sentenza: che era strettamente giuridico per la nuova legge, e non inficiava
minimamente i fatti ampiamente assodati. Libero
titolava: “La puttanata è il processo. Chi paga ora
per le intercettazioni, i costi, le ragazze alla sbarra,
la caduta del governo?”. E tal Borgonovo ridacchiava dei “manettari” e “rosiconi”, “da Lerner a
Travaglio”, che hanno “già emesso la sentenza
per ideologia e invocano la gogna per Silvio”. Il
Giornale dell’imputato chiedeva che qualcuno
“pagasse” per il presunto errore giudiziario e addirittura “chiedesse scusa” al padrone puttaniere.
Sallusti ringraziava l’amico Renzi per “aver tenuto aperta la porta al condannato” e scatenò i
suoi segugi a caccia dei “mandanti ed esecutori”
del “colpo di Stato”. Zurlo sfotteva Merkel e Sarkozy che “ridevano sulle nostre disgrazie”: come
se ridessero per il bungabunga. La Stampa dava un
annuncio trionfale: “È finita la guerra dei
vent’anni”. Persino Repubblica titolava sulla “rivincita di Berlusconi”, relegando in poche righe
la chiave del verdetto: la modifica del reato, frutto
dell’oscena legge Severino. Sul Corriere il solito
giurista per caso Pigi Battista attaccava chi “ha
mischiato vicende giudiziarie e vicende politiche” e “fatto il tifo per una sentenza che liquidasse
l’avversario”, ignaro del fatto che la Severino
l’aveva votata il Pd assieme a B.
Segue a pagina 18
2
TAGLIA E SCUCI
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
Eil testo
come al solito,
della legge
ancora non si vede
di Carlo Di Foggia
L
a rivolta è tale che
perfino i più silenziosi e i più renziani
attaccano a testa
bassa. Da una parte il premier
che promette un incontro,
senza rinunciare a sbeffeggiarli, dall’altra governatori e sindaci pronti a tutto per evitare
oltre sei miliardi di tagli (4 per
le Regioni e 1,2 per i Comuni).
A capitanarli, gli uomini finora più vicini a Matteto Renzi.
Sergio Chiamparino, per dire,
renzianissimo governatore del
Piemonte e presidente della
Conferenza delle Regioni, ci va
giù durissimo: “La manovra
così com’è è insostenibile –
spiega – usando risorse che sono di altri enti si incrina un
rapporto di lealtà istituzionale
e di pari dignità”. La risposta di
Renzi arriva a stretto giro, via
Twitter: “Comincino dai loro
sprechi anzichè minacciare di
alzare le tasse #noalibi”. Parole
che scatenano la rivolta generale. “Se non si vuole stare a
sentire le nostre ragioni – con-
NICOLA ZINGARETTI
Il solitamente moderato
presidente del Lazio:
“È facile invitare a cena
qualcuno e fare bella
figura senza pagare
il conto alla fine”
Luca Zaia
di Wanda Marra
o un approccio oggettivo
H
che va di là dell’appartenenza politica. Tant’è vero che
nel 2010 avevo impugnato il
ticket sulla sanità del mio governo. Non c’è bisogno di gente che fa cagnara per far carriera politicamente. E a guardare la legge di stabilità ti rendi
conto che non c’è limite alla decenza e di gente senza vergo-
Il governatore Luca Zaia Ansa
gna ce n’è tanta”. Il governatore del Veneto, Luca Zaia spara a zero contro la legge di stabilità.
Perché queste accuse?
Con questi tagli, o non cureremo più le persone o ci vorrà
un’ondata di nuove tasse. Non
è che ci vuole un premio Nobel
per capire che se togli da una
FORSE NEL FINE SETTIMANA, forse dopo. Anche nel 2014 si ripete un classico delle manovre
d’autunno: si fa il Consiglio dei ministri, si annunciano le magnifiche sorti e progressive
dell’economia italiana con apposita conferenza
stampa e poi niente. “Entro stasera avrete i testi”,
ha detto Matteo Renzi ai giornalisti mercoledì.
Loro, ingenui, pensavano si trattasse della legge di
il Fatto Quotidiano
Stabilità, invece erano solo le slide: l’articolato vero e proprio è ancora in fase di scrittura tra palazzo
Chigi e il Tesoro. Una limatura qua, un’aggiunta di
là, un paio di consigli informali dell’ufficio legislativo del Quirinale e passano i giorni. Non c’è
fretta, tanto più che adesso il premier dovrà pure
sobbarcarsi - come avevamo anticipato - una trattativa con regioni e comuni sui tagli.
La rivolta di Comuni e Regioni:
“Così Renzi ci caccia dallo Stato”
FINANZIARIA, CONTRO IL PREMIER ANCHE I RENZIANI CHIAMPARINO E FASSINO: “SACRIFICIO ELEVATO,
A RISCHIO I SERVIZI AI CITTADINI”. MA IL ROTTAMATORE PROVOCA: “COMINCIATE DAI VOSTRI SPRECHI”
SERGIO CHIAMPARINO
PIERO FASSINO
NICOLA ZINGARETTI
NICHI VENDOLA
ROBERTO MARONI
tinua Chiamparino – saremo
costretti a prendere atto che
non siamo più parte di questo
Stato”. Concetto che il pd Nicola Zingaretti (Lazio), finora
il più silenzioso tra i non allineati al nuovo corso fiorentino, sintetizza così: “È facile
invitare a cena qualcuno e fare
bella figura senza pagare il
conto”. Per tutta la giornata le
dichiarazioni al fulmicotone
dei governatori si susseguono,
da quello della Sardegna, Francesco Pigliaru (“tagli inammissibili”) al pugliese Nichi
Vendola (“Renzi finanzia la
sua propaganda con i soldi degli altri”), al toscano Enrico
Rossi (“non tornano i conti: se
proiettiamo questi dati nella
mia Regione si tratta di 400
milioni di tagli”). Per il leghista Roberto Maroni (Lombardia) “il governo non può fare
un accordo e poi rimangiarselo”. Tradotto: i patti non erano
questi. Il riferimento non è solo alla clausola “taglia-sanità”
(due miliardi) inserita nella
bozza della legge di stabilità.
Nelle complesse trattative andate avanti nei giorni scorsi,
infatti, i numeri erano diversi:
il tetto massimo concordato
con le Regioni si fermava a 3
miliardi, mentre i Comuni si
sono visti recapitare 600 milioni di ulteriori tagli. Perfino
il sindaco di Torino Piero Fas-
sino,
glie, però, si incomincia a trattare. Nei prossimi giorni il governo convocherà Regioni e
Comuni per discutere dei tagli
e c’è da giurare che, visti i nomi
in campo, Matteo Renzi sarà
costretto ad accettare qualche
limatura per avvicinarsi al miliardo di euro che Chiamparino chiede di spostare sui ministeri.
Non è un caso, comunque, che
la fronda parta proprio dal Piemonte, e dagli uomini più vicini al premier. La Regione è
gravata da un indebitamento
monstre di 8,5 miliardi di euro.
La Corte dei Conti ha bocciato
il rendiconto generale per il
2013 che indicava un disavan-
zo di poco più di 360 milioni
perché il “buco” è in realtà di
2,29 miliardi. Il Comune di
Torino ha 3,5 miliardi di debiti, una condizione di pre-dissesto finanziario, eredità propio della precedente gestione
Chiamparino. Con questi numeri, un ulteriore taglio dei
trasferimenti statali avrebbe
effetti devastanti (in Piemonte
c’è il primo Comune dichiarato fallito: Alessandria). Una situazione che però riguarda decine di città. Dal 2012 a febbraio 2014 sono 105 i sindaci
che hanno chiesto alla magistratura contabile di accedere a
un piano di riequilibrio finanziario.
(Pd) Governatore del Piemonte
(Pd) Sindaco di Torino LaPresse
Il presidente del Veneto
“Impugneremo
tutto alla Corte
costituzionale”
parte devi mettere dall’altra.
Concretamente, che cosa dovrà
fare amministrando il Veneto?
Azzerare i soldi sul dissesto
idrogeologico e sulla formazione. E limare su sociale e sanità.
Ma io non ho intenzione di farlo, né di aumentare i ticket. Salgo sulle barricate. Abbiamo un
Paese che si sta sgretolando come un panettone. In Veneto
90mila bambini vanno alle
scuole paritarie: è un fatto di
tradizione, ma va detto che non
ci sono scuole pubbliche. E poi,
abbiamo tutta la formazione
professionale: dietro 600mila
imprese, c’è una rete professionale paurosa. Hanno ragione i
sindacati che dicono che siamo
davanti a una televendita.
Cioè?
È assurdo che Renzi faccia il figo dicendo che toglie un terzo
dell’Irap (misura sulla quale io
sono a favore) e poi dire che bisogna aumentare le tasse. È un
problema di metodo.
Che avrebbe dovuto fare?
La vera sfida di Renzi è la que-
stione della mala gestione nazionale. I 30 miliardi di sprechi
restano inalterati.
Renzi era venuto a Treviso nella
sua prima visita ufficiale da
premier. Cosa gli aveva chiesto
allora?
(Pd) Governatore del Lazio Ansa
presidente dell’Anci
(l’associazione dei Comuni) e
tra i primi convertiti al renzismo è costretto ad attaccare:
“Lo sforzo che ci viene chiesto
è troppo alto. Non vogliamo
essere costretti a ridurre i servizi ai cittadini”.
LA REPLICA del premier arriva
in serata direttamente dal vertice Asem di Milano, sprezzante: “È inaccettabile che ci siano
polemiche su questo tipo di
operazione, di qualcuno che
dice ‘beh, allora le rialzi amo di
un miliardo a livello locale’.
Trovo che sarebbe un atto sinceramente al limite della provocazione”. Dietro le scherma-
Pasquale Cascella
di Giampiero Calapà
asquale Cascella non è
P
un sindaco del Sud come
tutti gli altri, prima di essere
eletto per il Partito democratico nella sua Barletta è stato
per anni gomito a gomito con
il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano, portavoce del capo dello Stato.
Quando il governo Renzi è
nato Cascella era già in Puglia
Premesso che in un momento
di difficoltà come questo, Renzi rappresentava l’ultimo rifugio di un porto sicuro gli parlai
del dissesto idrogeologico, delle tasse. E della necessità di applicare costi standard in tutte le
Regioni. Per i pasti in ospedale,
per le siringhe e via dicendo.
Noi abbiamo un residuo fiscale
attivo: l’anno scorso abbiamo
lasciato a Roma 21 miliardi di
tasse. Questa manovra è una
dichiarazione di guerra nei
confronti di tutti quelli che sono virtuosi.
per il suo nuovo incarico. Oggi è deluso: “Mi aspetterei di
più da un governo del Pd”.
Apriremo le ostilità. E cominceremo con l’impugnativa alzo
zero davanti alla Corte della
legge che lede i diritti costituzionali.
Aumenterà la forbice tra chi
può resistere e bene alla crisi
e chi non troverà neppure risposte sul piano del welfare.
Un divario enorme non più
Che vuol dire che farete le barricate?
Pasquale Cascella Ansa
Cosa succederà con questa
stangata a Regioni e Comuni?
(Sel) Governatore della Puglia
(Lega) Governatore Lombardia
L’ex portavoce del Colle
“In questo modo
la mia Barletta
cadrà a pezzi”
solo tra Nord e Sud, ma crescente anche dentro una città
come la mia.
Qual è la prima cosa che la
preoccupa?
Garantire la manutenzione
ordinaria, non dico straordinaria, della città è ormai impossibile. Realtà come Barletta così rischiano di cascare a
pezzi irrimediabilmente. Noi
avremo bisogno di incrementare i servizi sociali, invece si continua a perpetuare
questo meccanismo con il
quale la politica fomenta la
rabbia della gente e si sfascia
la coesione sociale. È assurdo.
Come pensa di intervenire
nella sua città?
Non lo so, studieremo qualcosa. Certo è dura, Barletta
ha novantacinquemila abitanti. Negli ultimi anni abbiamo perso diecimila posti
di lavoro. Questo è lo scenario. Queste persone andrebbero aiutate. Ma si continua a
fare il contrario. Poi capia-
moci, la spesa improduttiva
va tagliata, ci vorrebbero delle regole nazionali, uniformità, altro che federalismo. Le
risorse vanno ridistribuite
equamente.
Quali rischi reali corrette?
Dobbiamo ridimensionare
tutto, qualsiasi cosa. E un Comune del Sud come Barletta
ha già possibilità assai ridotte. Se io non posso garantire i
servizi alla cittadinanza cosa
devo inventarmi? Ma qualcosa ci inventeremo alla fine, la
politica deve trovare delle risposte comunque, non possiamo abbandonarci all’antipolitica.
È deluso dal governo del Pd?
Mi aspetterei molto di più da
un governo del Partito democratico. Sul piano della serietà come prima cosa,
dell’equità e della qualità degli interventi. Mi aspetterei
un riformismo vero, fatto per
aiutare le persone, non l’esatto contrario.
Twitter @viabrancaleone
TAGLIA E SCUCI
il Fatto Quotidiano
Callaonsulta,
Camere
ventesima
fumata nera
di Marco Palombi
U
n paio di dati preliminari: nei tre
anni tra il 2011e il
2014 (governi Berlusconi, Monti e Letta) i tagli di
spesa a carico di Regioni, Province e Comuni ammontano a
oltre 41 miliardi e mezzo, vale a
dire l’11% della spesa complessiva di questi enti al netto di
quella sanitaria, che è calata
anch’essa. Ora Matteo Renzi
vuole che le autonomie locali e
le Regioni tirino fuori altri 8
miliardi nel 2015, portando il
prelievo a 50 miliardi. Messa
così, sono solo numeri, ma dietro queste cifre c’è la vita di milioni di italiani: quelli che prenderanno gli 80 euro di Matteo
Renzi e quelli che invece no
(incapienti, pensionati, partite
Iva). Il non bolscevico Gianni
Bottalico, presidente delle Acli
(le associazioni dei lavoratori
cattolici) lo ha spiegato perfettamente: “Questi tagli, tradotti
in realtà, significano meno
mense scolastiche, meno trasporti, meno sanità, meno libri, meno servizi. E questo vanifica i vantaggi fiscali che la
manovra contiene”.
VENTESIMA fumata nera alla Consulta. Ancora
nulla di fatto per l’elezione di due giudici della corte costituzionale. Allo scrutinio nessuno dei nomi
ha raggiunto la maggioranza, necessaria, dei 3/5.
Questi i voti di ieri: 43 per Grasso, 12 per, Carlassare, 11 per Ainis, 10 per Violante e 8 per Bruno
(8). 45 i voti dispersi, 407 le schede bianche e 70
quelle nulle. La prossima riunione a data da de-
3
stinarsi. Anche sull’elezione del membro laico del
Consiglio Superiore della Magistratura non è arrivato l’accordo. Ancora non c’è un nome per sostituire Teresa Bene. Zaccari ha ottenuto 82 voti,
Guerra 33, Formisano 16, Ermini 7e Piepoli 6 voti.
12 i voti dispersi, 332 schede bianche e 40 nulle. In
entrambi i casi non è stato necessario attendere la
fine per lo spoglio per constatare il nulla di fatto.
SANITÀ, SCUOLA, TRENI
CAMBIANO VERSO:
COSTERANNO DI PIÙ
DAI PENDOLARI AI FARMACI; DALLE MENSE SCOLASTICHE
AL SOSTEGNO AGLI ANZIANI; DAI FONDI ANTI-ALLUVIONE AI BUS:
TAGLIARE LE AUTONOMIE SIGNIFICA SERVIZI PIÙ CARI (O ASSENTI)
fatto
a mano
questi anni. Che la sanità sia
sotto attacco lo ammette implicitamente lo stesso governo: se
le Regioni non troveranno un
accordo per spartirsi i quattro
miliardi di tagli, sarà l’esecutivo a decidere da solo “considerando anche le risorse destinate
al finanziamento corrente del
Servizio sanitario nazionale”.
Mezzi pubblici di trasporto:
saranno meno e più cari
La partita di giro delle tasse
tra 80 euro e addizionali
È il rischio più grosso per i cittadini: per far fronte a tagli così
ingenti e in un orizzonte di
tempo così breve, molti enti locali potrebbero ricorrere
all’aumento della tassazione
locale. È già successo: dal 2010
al 2014, per dire, le addizionali
regionali e comunali sono aumentate del 30% in media. Poi
ci sono, ovviamente, le aliquote
Tasi e Imu e una serie di altri
balzelli a partire dall’Irap, che è
un tributo regionale. È appena
il caso di ricordare che solo i tagli alle istituzioni del territorio
valgono circa 8 miliardi nel
2015, gli 80 euro appena uno e
mezzo in più. E poi, a stare alle
bozze della legge di Stabilità, c’è
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
un vero e proprio scippo: l’erario si prenderà il miliardo e dispari dell’Imposta provinciale
di trascrizione, ma non le competenze che quell’imposta pagava (se le ritroveranno i sindaci quando la legge Delrio sarà
pienamente operativa).
Al solito si comincia
dagli ospedali: - 3 miliardi
I 4,5 miliardi che verranno sottratti alle Regioni, ad esempio,
si scaricheranno “all’80% sulla
sanità”, prevede Sergio Chiamparino, presidente dei governatori, renziano: in cifre significa che al Servizio sanitario nazionale mancheranno l’anno
prossimo tre miliardi di euro
rispetto al previsto. I ticket sulla
diagnostica che hanno fatto indignare gli italiani, per capirci,
ne valevano appena due. In una
spesa ridotta all’osso – inferiore alla media Ue e “incomprimibile con nuovi tagli lineari”,
come ha detto il Parlamento
all’unanimità – la cosa non sarà
senza effetti. Ovviamente ogni
Regione colpirà in maniera diversa, ma i ticket (diagnostica,
farmaci, prestazioni di pronto
soccorso) sono un rischio non
secondario. I posti letto, cioè il
numero dei presidi sanitari sul
territorio, sono un altro bersaglio facile e peraltro già arato in
I malanni dei treni che usano i
pendolari sono un genere a
parte nel giornalismo nazionale: se ne occuparono più volte,
per dire, persino Fruttero & Lucentini su La Stampa. Sporchi,
spesso in ritardo, sempre strapieni: cose che sa benissimo
chiunque abbia, per così dire,
usufruito del servizio. Ai nostri
fini importa ricordare, però,
che quel servizio è a carico delle
Regioni, che lo espletano in genere tramite un accordo con
Ferrovie dello Stato o attraverso società ad hoc: la scure potrebbe insomma cadere anche
sul trasporto pubblico locale,
non certo peggiorando il servizio, compito in genere davvero
improbo, ma attraverso l’aumento dei biglietti o la dismissione di alcune tratte. Lo stesso
discorso si può applicare a livello comunale e provinciale:
quei simpatici bus che ci portano nella migliore delle ipotesi
in giro per la città o in paesi in
cui abitiamo sono a carico di
Comuni, Province e Regioni.
Una corsia d’ospedale sovraffollata Ansa
Rincari e/o minori servizi sono
l’esito scontato del continuo
comprimere la spesa.
Territorio, istituti scolastici,
strade: meno sicurezza
Tra i compiti di Comuni, Province e Regioni c’è anche la tu-
PRIMA LA SALUTE
La sforbiciata
da 4 miliardi costringerà
i governatori a tagliarne
almeno tre ai fondi
del Servizio
sanitario nazionale
tela del territorio, rischio idrogeologico compreso: formula
anodina dietro cui si celano le
alluvioni che in questi giorni
hanno spezzato Genova, Parma, la Maremma. Il governo
Renzi ha meritoriamente lanciato un piano straordinario
sul tema da un miliardo e dispari, ma i fondi per la manutenzione corrente dovrebbero
uscire dalle istituzioni locali.
Invece li si taglia. È esattamente
la stessa situazione dell’edilizia
scolastica: si lancia una grande
operazione, ma si rende impossibile la gestione dell’ordinario.
Oggi spetterebbe alle Province,
così come la manutenzione di
un bel po’ di strade: occhio alle
buche d’ora in poi. E pure ai
parchi pubblici: oltre a non curarli, forse spegneranno pure i
lampioni e sarà quindi più difficile evitare di inciampare nei
rifiuti non ritirati.
Asili, pasti e libri:
abituatevi a pagare di più
Se avete presente le notizie di
cronaca tipo bambini che non
hanno diritto alla merendina
nella mensa della scuola o
mamme che non lavorano perché non hanno trovato posto
nell’asilo pubblico e non possono permettersene uno privato
sapete di cosa si parla quando si
sforbicia così in profondità nei
Comuni. Le scuole dell’infanzia, le mense scolastiche, gli
scuolabus e persino il sostegno
per l’acquisto dei libri di testo
sono tutti servizi che spetterebbero ai Comuni: abituatevi a
pagarli più cari.
Nonni e indigenti: meno
assistenza, più solitudine
Quasi tutte le politiche di prossimità per i cittadini con reddito basso – dal sostegno al reddito delle famiglie povere alle
politiche della casa, dall’assistenza domiciliare agli aiuti alimentari – passano dai Comuni
e hanno già subito, laddove esistono, tagli drammatici in questi anni: Renzi si vantava spesso
di questa funzione quand’era
sindaco, oggi pare interessargli
un po’ meno.
MINISTRI PIÙ POVERI
CLAUSOLE DI SALVAGUARDIA
SGRAVI CONTRIBUTIVI
Alleggeriti i portafogli
dei principali dicasteri
Se va male, su benzina
e Iva: oltre 50 miliardi
Si assume senza art. 18
Altra mazzata:
e con 6mila euro di sconto 80 milioni in meno
IL CONTO presentato ai
ministeri (4 miliardi di tagli) è meno salato di quello
ipotizzato nelle scorse settimane (6 miliardi), ma ricalca il piano di risparmi
presentato a governo. Nel
dettaglio da quello del Lavoro arriveranno risparmi per circa 1,5
miliardi e un miliardo in parti uguali da
Scuola, Università e ricerca (con una stretta sugli acquisti intermedi degli Atenei e il
taglio di 150 per la ricerca applicata). Risparmi anche da Difesa (circa 500 milioni),
Economia (450 milioni) e Salute (35 milioni). Il ministero Sviluppo Economico,
invece, contribuisce con circa 170 milioni;
gli Interni con circa 200 milioni; Esteri con
30 milioni (taglio del 20% alle indennità
base del personale e meno contributi obbligatori ad organismi internazionali come
l’Onu per 45 miliardi in tre anni); Ambiente con 20 milioni (risparmi sul fondo
per i cambiamenti climatici).
IL MECCANISMO è sempre
lo stesso. Se le cose vanno
male, scattano le clausole
di salvaguardia. E a guardare le bozze, la stangata
rischia di essere pesante.
La legge di Stabilità prevede infatti come clausola di
salvaguardia per rinviare il pareggio di bilancio nel 2017 l’aumento di Iva e accise. Il
possibile aumento è previsto a partire dal
2016, sia per l’aliquota Iva del 10% sia
quella del 22% (senza però specificare le
percentuali di incremento, che dovrebbero
aggirarsi intorno al punto percentuale).
Stando al Def, il documento di economia e
finanza il totale supererebbe i 50 miliardi
di euro. Nel dettaglio, l’incremento
dell’Iva vale 12,4 miliardi nel 2016, 17,8
nel 2017 e 21,4 nel 2018. Ad aumentare
sarebbero anche le accise sulla benzina,
nonostante siano già programmati aumenti delle accise per oltre 2,7 previsti da vecchie misure.
IL TAGLIO dei contributi per
i neo assunti a tempo indeterminato con il contratto a
tutele crescenti (senza articolo 18) avrà un limite massimo annuo di 6.200 euro.
L’azzeramento dei contributi arriverebbe quindi fino a
circa 19.000 euro di salario e sarà solo per i
neo assunti a partire da gennaio 2015. Niente
taglio dei contributi, invece, per i lavoratori
che negli ultimi sei mesi hanno avuto un contratto a tempo indeterminato. In soldoni, il
risparmio (per un reddito di 24 mila euro) arriverebbe a 9.250 euro rispetto al tempo determinato. Potenzialmente, la nuova misura
potrebbe coprire circa 422 mila nuove assunzioni. Degli 1,9 miliardi del costo complessivo, circa un miliardo arriverà dal Fondo di
sviluppo e coesione (che di norma cofinanzia
i fondi europei), un bel pezzo del resto dai tagli alle agevolazioni per i contratti di apprendistato e agli sgravi contributivi per chi assume lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi.
NON C’È PACE PER LA RAI
UNO SCONTO, la metà
dell’importo, ma la notizia è
pessima per la Rai. Dopo il
prelievo di 150 milioni di
euro per coprire gli 80 euro
in busta paga, misura considerata una tantum e che ha
costretto la Rai ad avviare la
quotazione con relativa cessione del 49% di
RaiWay, ecco che arriva un’altra mazzata.
Dal disegno di legge sulla stabilità, un paragrafo annuncia un prelievo del 5% (non più
del 10) sul canone di abbonato di Viale Mazzini, il valore sarà intorno ai 75/80 milioni di
euro. Ma è ancora peggio dei 150 milioni,
perché questo provvedimento – in vigore
dal 2015 – sarà strutturale, cioè per sempre.
Proprio ieri mattina, senza essere stato avvisato di questa norma, il sottosegretario Antonello Giacomello (Sviluppo Economico,
delega alle Comunicazioni) diceva che la Rai
non doveva pensare che il governo è quello
che gli ha tolto i 150 milioni. No, perché ne
toglierà altri 75/80 da qui ai prossimi anni.
4
TAGLIA E SCUCI
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
D
alle scuole
private ai Tir. Ecco
i micro-regali
MANOVRA che passa, micro norme che
trovi. Come in ogni legge di Stabilità anche
questa è zeppa di mini-regali. Ecco un
elenco: Regalo ai Tir. È autorizzata la spesa di 250 milioni di euro "a decorrere dal
2015" per interventi in favore del settore
dell’autotrasporto. Di questi "una quota
non superiore al 20%" è destinata alle im-
il Fatto Quotidiano
prese che portano avanti operazioni di aggregazioni o ristrutturazioni. Scuole private. Le scuole non statali vengono rifinanziate per duecento milioni di euro dal 2015.
Forestali della Calabria. Non c'è manovra
che si rispetti senza un articol sui forestali
calabresi: 10.000 persone attive nella difesa delle aree verdi della regione. Anche
COME B. NEL 2011: GUERRA
CON BRUXELLES E COI MERCATI
BRIVIDO AL VERTICE: SI RIPETE LO SCHEMA CHE CI STAVA PORTANDO AL COLLASSO,
TRA PROMESSE MANCATE SUI CONTI, LA GRECIA RIBELLE E LO SPREAD CHE CORRE
di Stefano Feltri
V
Milano
ediamo se vi ricorda qualcosa: un primo ministro che
vuole tagliare le tasse e dare una frustrata all’economia stagnante, mentre il ministro del Tesoro più prudente
ne frena gli eccessi. C’è la Commissione europea che chiede il
rispetto delle regole che anche
l’Italia ha approvato, ma riceve
da Palazzo Chigi provocazioni
e promesse poco credibili. Sullo sfondo un Paese economicamente insignificante come la
Grecia si rivela al di sotto della
sua pessima reputazione e, dalla periferia della zona euro, ne
minaccia l’esistenza. I mercati
reagiscono fuggendo dai Paesi
refrattari al cambiamento e rifugiandosi nei titoli di Stato tedeschi, col risultato che il pessimismo rischia di diventare
tragedia.
SEMBRA LA CRONACA degli
ultimi giorni, ma è anche la fotografia dell’Europa di fine
2011, quando iniziò la slavina
che stava per portare al tracollo
della moneta unica e dell’economia occidentale. Le differenze, non sono poi così rilevanti:
allora c’erano Silvio Berlusconi
e Giulio Tremonti a litigare su
fisco e pensioni di anzianità.
Oggi Matteo Renzi taglia Irap
alle imprese e Irpef ai cittadini
mentre il titolare del Tesoro
Pier Carlo Padoan gli ricorda
che se si tolgono 4 miliardi alle
Regioni queste poi aumenteranno le tasse. Tre anni fa la
Grecia minacciava un referendum sulle misure di austerità,
con il governo del socialista
Giorgios Papandreou, subito
deposto per far spazio ai tecnici. Oggi il conservatore Antonin Samaras, fiutando elezioni anticipate, cerca di ridurre il
distacco dalla sinistra di Alexis
Tsipras copiandone il programma: basta con la Troika,
stracciamo il memorandum
d’intesa, a fine 2015 finisce l’assistenza della Commissione e,
allora o anche molto prima, bisogna liberarsi anche della cappa del Fondo monetario internazionale. In due giorni la Borsa di Atene ha perso il 12 per
cento e la Banca centrale europea, con discrezione, ha adottato misure per sostenere il debito greco appena tornato sul
mercato dopo anni in cui il governo si finanziava solo dai
fondi salva Stati.
Nel 2011 la Commissione europea di José Barroso inseguiva
Berlusconi e Tremonti con lettere, richieste di precisazioni,
questionari, nel tentativo di
spingere il loro governo a quel
rigore e chiarezza che i mercati
chiedevano per continuare a fi-
nanziare l’Italia.
Dopo quella traumatica esperienza - quando Bruxelles parlava di pensioni e lavoro e Berlusconi di bungabunga – i Paesi
della zona euro si sono dotati
del Patto Euro Plus, del six pack
e del two pack: regole che permettono un coordinamento
delle politiche economiche fin
dalla loro preparazione, per
prevenire invece che curare.
Berlusconi poteva fare quello
che voleva e subire poi qualche
reprimenda, Renzi deve mandare a Bruxelles la sua legge di
Stabilità per una approvazione
preventiva. Che non è scontata:
a differenza del Cavaliere a suo
tempo, il premier ha obiettivi
precisi. Doveva fare un aggiustamento strutturale dello 0,7
per cento del Pil, per ridurre il
debito, e non lo ha fatto usando
come alibi (previsto dai trattati) la recessione più grave del
previsto. L’aggiustamento sarà
soltanto simbolico, 0,1 per cento. E Barroso, nella sua ultima
settimana da presidente della
Commissione, dovrà decidere
se bocciare la manovra dell’Italia. Bocciatura senza conseguenze se non di immagine,
che sui mercati conta.
“WE ARE FLEXIBLE” scherza-
va Renzi ieri al vertice di Milano con i Paesi asiatici, mentre
la Merkel, molto più seria, ripeteva per l’ennesima volta che
“tutti, e sottolineo tutti, gli Stati
membri devono rispettare in
173
CHIUSURA
SPREAD
-1,
21%
LA BORSA
DI MILANO
SOTTO TIRO
Lo spread ieri ha
superato i 200
punti. La Borsa era
scesa fino a -3,7%
pieno le regole del patto di stabilità e crescita”. Il premier finlandese Alexander Stubb, un
po’ ammaccato dalla perdita
della tripla A di rating del suo
Paese un tempo inappuntabile,
dice al Fatto: “Non è compito
mio commentare la politica
economica degli altri Paesi, ma
dobbiamo continuare a essere
prudenti e confidare nel piano
di investimenti da 300 miliardi
annunciato da Jean Claude
Juncker per la sua Commissione”.
Ci sono alcune differenze, pe-
rò, rispetto al 2011. E tutte legittimano i timori di chi scommette al ribasso sui mercati: la
Germania non è più un’isola
immune alle scosse, questa volta è sull’orlo della recessione
per la frenata delle esportazioni
(colpa anche della guerra in
Ucraina). La Banca centrale
europea ha esaurito le armi a
sua disposizione, almeno per
ora, e si prepara a gestire un’altra fonte di sicure scosse telluriche, cioè la presentazione dei
risultati di stress test sulle principali banche che, per risultare
credibili, dovranno portare a
qualche esito traumatico.
L’economia americana, dopo
alcuni anni di brillante ripresa,
manda segnali incerti e la Federal Reserve, la banca centrale
Usa, terminerà presto il suo
programma di sostegno al governo. Poi c’è l’Isis, l’Ucraina,
Ebola, la Siria...
Matteo Renzi LaPresse
L’altra Milano
IN UN CONTESTO così la mor-
fina monetaria della Bce non
basta più a sedare le Borse. In
tre giorni il rendimento dei titoli di Stato italiani decennali è
balzato da 2,3 per cento a 2,6, lo
spread (la differenza con gli
omologhi tedeschi) è schizzato
a 200 punti proprio mentre
Renzi approva una legge di stabilità che si regge sulla premessa che resti a 150 e scenda a 100
nel 2016. A inizio luglio 2011 lo
spread era 225, a metà novembre 575 con Berlusconi dimissionario. Si balla, di nuovo.
FEMEN E VINO ROSSO
Due ragazze francesi vicine al movimento di protesta
Femen ieri mattina in piazza Duomo hanno protestato
contro l’ingerenza russa nella crisi ucraina LaPresse
RENZI, CONFERENZA STANCA
Si sente Obama ma risponde su Acea
di Wanda
Marra
uno scherzo”. Conferenza stamÈ
pa di presentazione della legge di
stabilità. Matteo Renzi, camicia bian-
“Nella riserva, per caso sono stati anche calcolati i 33 milioni di euro che
abbiamo perso per i ritardi nel tunnel
della Maddalena in Piemonte?”, chiede il primo giornalista (Prisma news)
-a intervenire. Renzi si tocca la cravatta. Guarda Padoan. Non ci può
credere. Ma quello continua: “Ci è
sembrato di capire che Acea sia sul
mercato, che abbia bisogno di un
compratore. Lei condivide questa
sensazione? È possibile che lei abbia
avuto qualche ragguaglio nella sua visita londinese”. A quel punto Renzi
non ce la può fare. Reagisce d’istinto:
“Ma su che, su Acea? Io sto presen-
ca e cravatta, senza giacca, quasi a
sottolineare la grande fatica a cui si è
sottoposto, afferra il telecomando.
Velocemente, con impazienza. Più o
meno come fa tutto. Il suo staff ha
preparato delle slide a colori. Non vede l’ora di farle vedere. E invece no.
Nel proiettore della sala stampa, non
c’è ordine. Le slide scorrono in maniera confusa, casuale. Una scena che
peraltro si ripete più o meno ad ogni
conferenza stampa che
conti. “Questo è qualcosa
che funziona”, dice lui.
CHE DOMANDE
Poi, incredulo e rassegnato: “Anche no....”.
MA LE AMAREZZE per il
premier non finiscono qui.
Dopo aver ribadito, alla fine della sua presentazione,
con grande enfasi, che si
tratta di una manovra da
36 miliardi è pronto a rispondere alle domande.
L’imbarazzo del premier,
prima con la regina delle
tv Usa, Ophra Winfrey,
poi costretto a rispondere
alle questioni laterali
dei nostri giornalisti
tando una manovra da 36 miliardi e
lei mi chiede se ho i rumors di Acea?
Va bene”. Si ferma. E ancora, non ce la
fa: “Ma io su questo non rispondo...C’è Pier Carlo che è bravo...”, dice
riferendosi al ministro dell’Economia, seduto accanto a lui. I due si
guardano, complici. Non se l’aspettavano. D’altra parte, Renzi, che deve
sempre esagerare, la giornata della
manovra l’aveva condita con altre attività molto international e molto glamur. Prima di tutto, la telefonata con
Obama, per parlare dell’emergenza
Ebola. Per lui è sempre un’emozione
parlare con il numero uno del mondo.
Poi, mezz’ora di chiacchiere con Ophra
Winfrey, considerata
una delle donne più
potenti e influenti degli Usa, conduttrice
per anni di un popolarissimo show tv ma
anche candidata agli
Oscar e paladina dei
diritti civili. La Winfrey gli ha chiesto del
suo recente viaggio
americano, incuriosita
in particolare dalla tappa nella Silicon
Valley. E immortalata dalle foto con il
premier in vestito rosa confetto con
sandali rosa, ha addirittura aspettato
Matteo a Palazzo Chigi per qualche
minuto. Lui era impegnato al Quirinale nel Consiglio supremo di difesa.
DAVANTI a questo proliferare di im-
pegni prestigiosi e di impatto, è facile
immaginare quanto debba essere
sembrata una triste discesa nella realtà
la conferenza stampa di presentazione della legge di stabilità rischiatutto.
Vista l’ora, il presidente del Consiglio
probabilmente era consapevole che
non avrebbe trovato la ressa e l’interesse delle grandi occasioni. Però,
forse non si aspettava di trovarsi davanti perlopiù cronisti di giornali locali. Pronti a chiedergli praticamente
tutto, tranne il merito della legge che
stava presentando. Tanto è vero, che a
un certo punto non ce l’ha fatta più. E
davanti alle mani alzate per le domande ha detto: “Poi fermatevi...si fa l’afterhours. E domattina inizia il vertice
Asem”. Sottotesto: c’ho da fare con la
Merkel e con Putin. Mica bruscolini.
TAGLIA E SCUCI
il Fatto Quotidiano
quest’anno si prevede infatti un contributo di
140 milioni a partire dal 2017.100 milioni anche per Lsu di Palermo e NapoliTagli a partecipate e paga manager. Entro il 31 marzo
2015 gli enti locali devono mettere a punto un
"piano operativo" per il taglio delle partecipate e quello degli stipendi dei dirigenti. Auto
verdi, addio incentivi. Zero aiuti per l’acqui-
sto di auto a basse emissioni con la rottamazione di veicoli usati. Radio radicale. Si prevedono 10 mln per Radio radicale a partire dal
2016. Sindacati. Una notizia che non farà piacere ai sindacati: mentre il governo rivede l’intera materia del lavoro con il Jobs act saltano
200 milioni dal Fondo per il finanziamento di
sgravi contributivi per incentivare la contrat-
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
5
tazione di secondo livello. Quello che doveva
favorire il tanto agognato aumento della produttività. Mentre è previsto un taglio di 150
milioni ai patronati. Porti. 100 milioni per dragare i porti. Campania. 10 milioni per la “Terra
dei fuochi”. Immigrati. 187,5 milioni in più per
l’assistenza a chi chiede asilo ed ai rifugiati in
Italia. Inclusi minori. 12,5 mln per i bambini.
Si chiama Italia lavoro
e manda a casa i precari
MIRACOLO JOBS ACT: I MILLE DELL’ENTE DEL MINISTERO CONTRO LA DISOCCUPAZIONE
RISCHIANO DI NON VEDERSI RINNOVATI I CONTRATTI A PROGETTO O A TERMINE
di Salvatore
Cannavò
ministero del Lavoro sia nel
secondo governo Berlusconi
(2001-2006) che nel terzo
(2008-2010) quando a seguire
il settore era un altro ex socialista, Maurizio Sacconi.
sta per insidiare i lavoratori stessi. Il
o lavoro in ‘Italia lavoJobs Act, infatti, prero’ ma dal prossimo
vede che l’A.n.o. si
anno forse non ci lavodovrà avvalere delle
ro più”. Lo scioglilin“risorse umane e figua è utile per esprimere il pananziarie già disporadosso delle politiche renzia- CURRICULUM DEI VERTICI a
nibili a legislazione
ne sul lavoro. In tempi di ap- parte, quello che preoccupa i
vigente” mediante
provazione del Jobs Act, con circa 800 dipendenti con po“la razionalizzaziola disoccupazione alle stelle, sizioni a progetto e a tempo
ne” degli enti struuno dei pilastri dell’interven- determinato è il fatto che a fimentali esistenti (e
to pubblico orientato al lavoro ne anno, cioè fra poco più di
Italia lavoro lo è) e
rischia di lasciare a casa quasi due mesi, i loro contratti anche bisognerà far
mille precari che hanno de- dranno in scadenza. “Finirà
confluire nella nuociso di manifestare il prossi- infatti – spiega al Fatto Davide
va Agenzia il persomo 22 ottobre, sotto le fine- Scialotti, della Fisac-Cgil innale delle amministre del ministero di Giuliano terna a Italia Lavoro – i prostrazioni periferiche
Poletti. Italia Lavoro, infatti, è getti cofinanziati dal Fondo
e dei vari enti che, a
“un ente strumentale del mi- sociale europeo. Ma nessuno
loro volta, andranno
nistero del Lavoro e delle Po- ci ha ancora detto che succeridotti e soppressi.
NEL PARTITO ci sono anime, correnti e cullitiche sociali per la promo- derà dopo”. Cgil, Cisl e Uil
Con queste premesture politiche divergenti. C'è una difformità
zione e la gestione di azioni hanno scritto già lo scorso
se la sensazione di
antropologica e una delle due componenti è
nel campo delle politiche del marzo al ministro Poletti, apessere agnelli sacrifidestinata a sparire. È quella che prima era
lavoro, dell’occupazione e pena insediatosi, per affrontacali sta diventando
impegnata nell’antiberlusconismo e poi è
dell’inclusione sociale”. An- re la questione. Ma, da allora,
una certezza tra i distata travolta dal ciclone Renzi”. Per errore
che se è una società per azioni non hanno avuto nessuna ripendenti
precari
nel mio pezzo di ieri ho attribuito queste paè equiparato a un ente pub- sposta alla loro richiesta di in(circa 800), e non sorole al responsabile Economico del Pd, FilipIl ministro Giuliano Poletti LaPresse lo (quelli a tempo inblico. Una struttura del gene- contro.
po Taddei. A pronunciarle era stato, invece, il
re dovrebbe essere al centro
determinato sono
filosofo, Massimo Cacciari. Taddei si era limitato a dichiarare
delle attenzioni di chi governa
360), che si sono riI lavoratori hanno quindi co- trovati in un’assemblea partiche “c’è un problema di coerenza nella dirigenza del Pd”. Mi
nonostante la sua nascita ed
IL BUON ESEMPIO
minciato a preoccuparsi. Ma il colarmente numerosa pochi
scuso con l’interessato, che non ha mai detto che la minoranza
evoluzione siano state carattimore di perdere il posto di giorni fa. Da lì la proposta,
Pd deve sparire. E ci ha tenuto a ribadire ieri che non lo pensa
terizzate dal sospetto verso
La struttura di Poletti
lavoro è aumentato quando presa all’unanimità, di uno
neanche.
l’ennesimo
“carrozzone”.
hanno letto il Jobs Act, appena sciopero di 4 ore e un presidio
Le insofferenze, le ostilità, le differenze tra i renziani e gli altri di
L’attuale presidente, Paolo
diventerà Agenzia
approvato dal Senato, e saputo al ministero del Lavoro il
cui parlo nel resto del mio articolo sono invece sotto gli occhi di
Reboani, si è formato nella
nazionale per
della volontà del governo di prossimo 22 ottobre.
tutti. E nel Partito democratico il dibattito tra chi vorrebbe anPrima Repubblica alla segrecreare una nuova Agenzia nadarsene e non può o non lo reputa politicamente fattibile e chi fa
teria di Gianni De Michelis
l’occupazione (Ano): tagli zionale per l’occupazione. “QUELLO CHE ci sembra asdi tutto per marginalizzare il dissenso, per neutralizzarlo, renquando questo era ministro
dendolo ininfluente è storia di tutti i giorni.
degli Esteri e poi a Palazzo
alle sedi locali e ai posti di L’acronimo, A.n.o., è già mo- surdo – continua il delegato
tivo di sberleffo anche perché della Cgil - è che da una parte
wa.ma.
Chigi con Giuliano Amato. È
lavoro . Pronto lo sciopero il progetto sembra fatto appo- si parla di creazione di posti di
stato direttore generale del
lavoro e dall’altra si chiude
una comunità professionale
IL MINISTRO OMBRA
coesa e competente”. I dipendenti sono per lo più collaboratori, con contratti vanno dai
950-1.000 ai 1.400 euro al mese. Eppure, parlando con qualche precario che ci tiene a non
el governo Renzi c’è ormai un ministro dall’altra parte della strada, a Palazzo Chigi. Per infar sapere il proprio nome, si
dell’Economia ombra, un contrappeso a Palaz- contrare postulanti e negoziare meglio con i colleghi
coglie un forte senso di apparzo Chigi del burbero Pier Carlo Padoan. E non si durante i Consigli dei ministri. Il ruolo della Boschi,
tenenza a una struttura che,
tratta del sottosegretario Graziano Delrio o di uno dei sancito dal nuovo ufficio, è diventato più chiaro in
dicono i lavoratori, potrebbe
consiglieri economici del premier. Ma di una delle queste ultime ore.
costituire una posizione di
pochissime persone di cui Matteo Renzi si fida davforza per politiche attive del
vero cioè “la Mari”, Maria Elena Boschi. In teoria è QUANDO RENZI ha chiuso il Consiglio dei ministri,
lavoro: “I centri per l’impiego
soltanto ministro (senza portafoglio) per le Riforme e varando la bozza della legge di Stabilità, molti dei tagli
in Germania hanno dieci volte
i rapporti col Parlamento, occupata da legge eletto- ai ministeri non erano indicati in dettaglio, nel dodi più gli addetti italiani e querale e abolizione del Senato, in pratica è diventata la cumento c’erano parecchie caselle vuote e mancavano
sto la dice lunga sull’arretrareferente di Renzi per la legge di Stabilità.
gli allegati. I collaboratori tecnici dei vari ministri
tezza del nostro paese”.
hanno avuto una notte di tempo per studiare le opInoltre, fa notare un altro, “se
I PRIMI SEGNALI si erano già visti nelle scorse set- zioni suggerite dal ministero del Tesoro e fare le eveninvece di creare una Agenzia
timane: Matteo Renzi ha completamente delegato la tuali rimostranze la mattina dopo, cioè ieri. I singoli
dal nulla, si fossero potenziate,
scrittura della Nota di aggiornamento al Def, il do- interventi andavano discussi con Padoan e i suoi, ovcollegandole, le strutture esicumento su cui si basa la manovra, al Tesoro. Risul- viamente, ma anche con Maria Elena Boschi, a Pastenti (oltre a Italia lavoro dal
Maria Elena Boschi è il numero due del governo LaPresse
tato: Padoan e la sua squadra
lazzo Chigi, anche se formalmente congoverno dipende anche l’Isfol
e altre strutture diverse, ndr.) si
hanno preparato un documentinua a non avere alcun incarico econosarebbe risparmiata una nuoto durissimo e puntiglioso in cui
mico ma è stata la prima, su indicazione provato a esprimere idee autonome – da Giuliano PoNON SOLO RIFORME
va struttura e dato uno sbocco
venivano ammessi anche i ritardi Renzi, a consultare la versione finale letti (Lavoro) a Stefania Giannini (Istruzione) fino ala persone che lavorano da andi nelle riforme che costavano
della legge di Stabilità prima del Consi- lo stesso Delrio – sono stari richiamati al loro ruolo di
Le lamentele sui tagli
ni su questo terreno”.
mezzo punto di Pil. Renzi se ne è
glio dei ministri. Non ha competenze di meri esecutori. Conta solo la linea di Renzi. E tutti
La richiesta dei sindacati, al
quelli
che
in
questi
mesi
non
sapevano
come
fare
a
disinteressato, ma da Palazzo
politica
economica
formalizzate,
ma
di
ai ministeri andavano
momento, è di avere un conChigi la Boschi ha seguito il doslei il premier si fida, ormai, anche più di capire cosa ci fosse nella testa del premier e chi fossero
presentate a lei che,
fronto con il governo. Intersier segnalando al premier tutti i
Graziano Delrio, il quale, come sottose- gli interpreti autorizzati della sua volontà, ora sanno a
pellato dal Fatto, il ministro
punti critici prima che venisse
gretario a Palazzo Chigi, sarebbe il vero chi rivolgersi. A Maria Elena Boschi, oltreché a Luca
dal suo ufficio a Palazzo
Poletti ha fatto sapere di “non
Lotti, altro membro del governo che ha un potere
pubblicato. Oltre agli uffici in
numero due operativo del premier.
avere nulla da dichiarare”. La
Largo Chigi, la Boschi ha da un
Chigi, è ormai la numero I colleghi di governo non fiatano su que- molto superiore alla sua delega ufficiale, quella per
parola, per ora, passa alla propo’ di tempo anche un ufficio
sta posizione della Boschi da primus inter l’editoria.
due dell’esecutivo
testa. Aspettando il Jobs Act.
Twitter @stefanofeltri
proprio nella sede del governo,
pares. Uno dopo l’altro, quelli che hanno
I
Taddei (Pd): “Mai parlato
di diversità antropologica”
Tutti in fila da Padoan, pardon Boschi
N
6
TAGLIA E SCUCI
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
Cdella
alabria, il cane
candidata Ferro
ad Arcore da Dudù
L’APPOGGIO politico passa anche per la vita sociale canina. Wanda Ferro (nella foto), candidata
con Forza Italia per la presidenza della Regione
Calabria, porterà il suo Oscar, uno yorkshire, a
conoscere il barboncino di Arcore Dudù. Silvio
Berlusconi avrebbe visto una foto di Oscar e avendolo trovato carino e simpatico ha invitato cane e
padrona per una visita. Wanda Ferro, ex presi-
il Fatto Quotidiano
dente della Provincia di Catanzaro, che punta a
diventare la prima donna calabrese alla guida della giunta, ha già usato il suo animale domestico
per fare campagna elettorale. Ferro è già stata ad
Arcore pochi giorni fa ma ci tornerà presto, non
solo per definire una strategia elettorale nella sfida contro Mario Oliveiro alla guida della Regione,
ma anche per far conoscere i due cagnolini.
Legge di Stabilità, i buchi neri della manovra
COPERTURA TRUFFA
QUESTA È UNA RAPINA
Antievasione,
chiacchiere
da 2,9 miliardi
di Carlo Tecce
I
l governo declama: staneremo gli evasori. Evviva. Un assaggio, forse
una tattica per prendere
(lentamente) le misure: 3,8 miliardi di euro. Evviva. In questa
troppo presto celebrata “lotta
all’evasione”, inserita nel disegno di legge di Stabilità (ex finanziaria), la prima categoria
che si evade è la logica. Perché di
questi 3,8 miliardi di euro, necessari per coprire uscite per 36
LA CONFESSIONE
Delrio ammette che
solo un miliardo verrà
dal recupero delle
imposte: fino a 3,8
con “altri meccanismi,
come Fisco amico”
miliardi, soltanto 900 milioni
sono calcolati con giudizio, e riguardano un nuovo meccanismo per il versamento dell’Iva: e
il resto, i 2,9 miliardi di euro?
Palazzo Chigi fa sapere che
l’Agenzia delle Entrate dovrà
scovare, esaminare e convincere i furbetti che non pagano le
tasse e poi sperare in un’autodenuncia: ecco, la coscienza sarà una garanzia per i 2,9 miliardi. Oltre a un’auspicata e intima
conversione degli evasori,
l’Agenzia dovrà incrociare i numeri inseriti nelle banche dati,
informare il cittadino beccato
in fallo e avviare un’operazione
che viene definita “Fisco amico” e prevede, testuale, un
“adempimento volontario”: lo
puoi sbrigare sul portale oppure di persona. Non sarà blasfemo considerare ballerini questi
2,9 miliardi (il Sole 24 Ore dice
che l’obiettivo sarà difficile da
realizzare), e lo stesso pensiero
impuro ha pervaso diversi componenti del governo che masticano la materia. Per carità,
l’Agenzia delle Entrate, diretta
da una renzian-toscana, Rossella Orlandi, potrebbe persino ricavare più di 2,9 miliardi, ma
chi assicura che siano proprio
2,9 e non di meno, tanti di meno? Con le stime non è saggio
proteggere una manovra da 36
miliardi, se poi rischi di dover
attivare le clausole di salvaguardia, tipo un aumento per le aliquote Iva. A parte i 2,9 miliardi
annunciati con estremo ottimismo e 900 reperiti con l’Iva, c’è
un ulteriore miliardo da recuperare con l’emersione di quelle
società del gioco d’azzardo che
non pagano un euro in Italia.
Il sottosegretario Graziano Delrio non spaccia i preventivi per
soluzione: “Un miliardo da vera
e propria lotta all’evasione, il rimanente deriverà da strumenti
come Fisco amico”.
MENTRE il governo promuove
una posticcia “lotta all’evasione”, si consuma una tragicomica battaglia diplomatica tra la
Svizzera e l’Italia per il rientro
dei capitali detenuti a Berna e
dintorni e sconosciuti al fisco di
Roma.
Eveline
Widmer
Schlumpf, ministro delle Finanze elvetiche, ha bacchettato il
collega italiano Pier Carlo Padoan: “La mia pazienza ha un limite. Ho spiegato la mia agenda
e voglio una risposta chiara”. La
Svizzera deve uscire dai paesi in
lista nera (black list), paradisi fiscali, e deve firmare un accordo
con l’Italia: ci è riuscita con
chiunque, non con Roma. Quasi un anno fa, al Tesoro c’era Fabrizio Saccomanni, le penne
erano ormai pronte e si ragionava su di un gettito fiscale per
l’Italia di circa 8 miliardi. In attesa, chi doveva trasferire quei
soldi avrà provveduto. Ma l’Italia ci riflette su. E riflette ancora,
ogni volta per peggiorare l’impianto, sul reato di autoriciclaggio: Matteo Renzi ne faceva un
punto ineludibile del programma, poi sono sopraggiunte le
pressioni e le intromissioni di
un pezzo di alleati (Ncd e Fi) e
un pezzo di democratici. Dopo
aver ricalibrato le pene verso il
Pier Carlo Padoan Ansa
basso e introdotto il “godimento personale” per indebolire la
norma, cadono nel vuoto persino le osservazioni di Rodolfo
Maria Sabelli, il presidente
dell’Associazione
nazionale
magistrati: “Sarà autoriciclaggio costituire fondi neri da impiegare in un’attività economica, ma non sarà autoriciclaggio
l’utilizzo di somme di denaro
fatte transitare su conti di copertura e poi spese per acquistare una villa di lusso per abitarci”.
Tu chiamale se vuoi, evasioni.
Mani in alto:
stangata su Tfr
e fondi pensione
di Marco Palombi
È
la più grande riduzione delle tasse
della storia della
Repubblica. È il
mantra preparato da Matteo
Renzi per questa campagna
d’autunno detta legge di Stabilità: magari per le imprese è vero, sul lavoro invece ci sarebbe
da dire. Intanto, come hanno
spiegato ieri i governatori, il
premier si è pagato gli 80 euro
coi soldi di Regioni e enti locali,
che potranno comunque rivalersi sui cittadini aumentando
le tasse locali. E poi, parlando
di salario, da una parte c’è lo
sgravio Irpef e dall’altra una
mazzata sul Trattamento di fine rapporto (Tfr), che poi sarebbe “salario differito”: un vero e proprio furto che vale centinaia di milioni l’anno.
PARTIAMO dall’idea del “Tfr in
busta paga” che inizialmente
sembrava l’uovo di Colombo
per rilanciare i consumi e ormai
Renzi non cita nemmeno più
nei suoi pistolotti pubblicitari:
si aderisce su base volontaria a
partire dal marzo 2015 e per i
successivi tre anni (esclusi gli
statali, i lavoratori agricoli e
quelli domestici). La sorpresina
è che verrà tassato come il normale reddito e non in misura
minore come avviene oggi per il
Tfr. Tradotto: per chi guadagna
tra 15 mila e 28.650 euro l’anno
si tratta di una perdita contenuta (50 euro l’anno), oltre
quella soglia si passa già a oltre
300 euro di decurtazione per
arrivare ai 569 euro di chi prende 90 mila euro l’anno. Non pare, comunque, che il Tesoro si
aspetti frotte di lavoratori ansiosi di vedere la liquidazione in
busta paga: la copertura messa
da parte è appena 100 milioni.
Assai più discutibile è l’operazione che invece viene fatta sul
normale Trattamento di fine
rapporto e sulla previdenza
complementare: i soldi messi
da parte per la liquidazione
vengono rivalutati ogni anno,
All’ingresso dell’Agenzia delle Entrate a Roma LaPresse
Unicredit, paga il bancario
SCIOPERO ALLA CONTROLLATA UCCMB, IN VENDITA CON 27 MILIARDI DI CREDITI A RISCHIO
di Marco Franchi
l mal di banca non affligge solo le Borse
I
ma anche i bancari che devono fare i
conti con tagli, ristrutturazioni e spezza-
tini. Come i dipendenti della Unicredit
Credit Management Bank che ieri hanno
incrociato le braccia e protestato davanti
alla sede milanese della capogruppo Unicredit. Nel mirino, la decisione dell’istituto guidato da Federico Ghizzoni di vendere i crediti problematici (ovvero di difficile riscossione) racchiusi proprio nella controllata Uccmb che ha sede a Verona e filiali in tutta Italia, 760 dipendenti,
2.600 collaborazioni con
professionisti esterni e
circa 27 miliardi di euro
di cosiddetti non performing loans. La cessione è
stata prevista nel piano
industriale annunciato a
primavera e la trattativa è stata avviata nel
momento in cui il sistema bancario italiano è gravato da oltre 300 miliardi di crediti deteriorati.
DALLA VENDITA il gruppo conta di in-
cassare circa 350 milioni mentre il pacchetto di crediti deteriorati messo in vendita vale attorno ai 4,4 miliardi di euro. “In
un simile contesto appare incomprensibile che per mere ragioni di cassa si pensi di
vendere Uccmb. Sarebbe come se in piena
stagione delle grandi
piogge si pensasse di
vendere l’unica fabbrica di ombrelli”, commenta Vincenzo Tenerelli della Uilca. In
pista per rilevare le attività gestite dalla banca ci sono il fondo di
private equity Lone
Star e la cordata Fortress-Prelios.
Ieri al cda di Unicredit è stata illustrata una
informativa sulle trattative. Nel pomeriggio i vertici hanno incontrato i rappresentanti della cordata Prelios-Fortress, data
come favorita, oggi sarà il turno di Lone
Star. “Abbiamo avuto dal cda il nulla osta
per continuare a fare quello che stiamo facendo. Contiamo ad arrivare alla scelta
entro pochi giorni”, ha detto in serata l’ad
Ghizzoni. In caso di vittoria di Prelios-Fortress, il senior adviser di Fortress
in Italia, Giovanni Castellaneta, ha dichiarato di recente che il gruppo ha “tutte le
capacità per affrontare l'operazione mantenendo i livelli occupazionali”. Ma i bancari che ieri hanno scioperato non si fidano e puntano sull’esito degli stress test
della Bce atteso per il 26 ottobre. “Se Unicredit supererà gli esami – sottolineano –
la patrimonializzazione del gruppo risulterà adeguata ai parametri di verifica. E
verrebbe meno la necessità di una cessione
in funzione di un rafforzamento patrimoniale già in essere, certificato dalla Bce”.
Giuliano Poletti Ansa
per legge, a un tasso fisso
dell’1,50% e da una quota variabile pari ai tre quarti dell’aumento dei prezzi calcolato
dall’Istat per le famiglie di impiegati e operai. Tutta roba,
compresa la rivalutazione, che
uno si aspetta di ricevere al momento di andare in pensione o
quando finisce il rapporto di lavoro: in un’unica soluzione oppure sotto forma di pensione
complementare - assai sponsorizzata dai governi - necessaria
a non finire in povertà visto il
OLTRE GLI 80 EURO
Aliquote raddoppiate
o quasi su liquidazioni
e previdenza integrativa.
Gli esperti: “Colpito
il risparmio dei lavoratori”
che perdono 400 milioni
livello scandalosamente basso
delle pensioni calcolate col sistema contributivo. Ebbene –
chiamandole in conferenza
stampa “rendite finanziarie” –
Renzi ha aumentato la tassazione su queste rivalutazioni
dall’11% attuale al 17%. Non
solo: l’aliquota sul risultato netto maturato dai fondi pensione
passa addirittura dall’11 al 20%.
Quasi un raddoppio che si trasformerà in minori assegni
mensili per chi ha pensato di
versare un po’ del suo stipendio
oggi per avere più reddito una
volta andato in pensione. Non
si tratta di spiccioli, ma di centinaia di milioni l’anno (almeno 400 all’ingrosso) di reddito
sottratti ai lavoratori.
GLI ESPERTI, persino nella
maggioranza di governo, hanno già capito cosa succederà.
“Questa manovra distrugge la
previdenza complementare in
Italia”, dice Lello Di Gioia, socialista, presidente della Commissione parlamentare di controllo sugli enti di previdenza:
“Non solo: il governo colpisce il
risparmio dei lavoratori che
con il secondo pilastro previdenziale pensavano di sopperire alle mancanze del primo”.
Della stessa opinione Cesare
Damiano, Pd, presidente della
commissione Lavoro della Camera: “Tassare i fondi pensione
al 20% sarebbe la fine della previdenza integrativa, quella che
doveva consentire alle giovani
generazioni di aggiungere alla
pensione pubblica una di natura privata”.
ITALIE
il Fatto Quotidiano
Cin uffaro
rimane
carcere “perché
non collabora”
NON HA FATTO I NOMI di chi, “all’interno degli
uffici di Procura o all’interno delle forze dell’ordine”,
gli forniva le informazioni utili per aiutare il boss di
Brancaccio Giuseppe Guttadauro a sottrarsi alle indagini. Anche e soprattutto per questa mancanza di
collaborazione, la Cassazione ha confermato il “no”
all’affidamento in prova ai servizi sociali chiesto
dall’ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro,
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
detenuto dal gennaio 2011 a Rebibbia (Roma) dopo
la condanna a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. Nelle motivazioni della sentenza dello scorso
3 ottobre, depositata ieri, i supremi giudici spiegano
il rigetto del ricorso di Cuffaro, difeso dall’avvocato
Maria Brucale. A nulla è servito, al legale dell’ex governatore, far presente che se anche Cuffaro faces-
7
se i nomi dei pubblici ufficiali “spioni”, i reati sarebbero ormai prescritti. Gli “ermellini” hanno replicato
che, innanzitutto, una volta individuati, gli altri complici potrebbero anche voler rinunciare alla prescrizione e comunque, “una volta che la loro identità sia
stata rivelata” da Cuffaro, "la legge non richiede, ai
fini della collaborazione, la condizione negativa che
non sia scaduto il termine di prescrizione".
Addio al divorzio breve
Salta l’ennesima promessa
LA LEGGE MORETTI-D’ALESSANDRO NAUFRAGA AL SENATO: DOVEVA SEMPLIFICARE E RIDURRE
I TEMPI A UN ANNO. L’EPILOGO: CI GUADAGNERANNO (IN SOLDI) SOLTANTO GLI AVVOCATI
di Emiliano
D
Liuzzi
oveva essere, nelle
intenzioni, una di
quelle riforme che
avrebbero fatto
dell’Italia un Paese europeo. È
finita per essere un decreto
legge che va incontro solo a
una categoria di persone: gli
avvocati. Che non sono casta,
ma affollano comunque le aule del Parlamento. Per chi volesse separarsi non cambia
niente, o cambia poco: da domani, invece di presentarsi
davanti al giudice, affiderà la
mediazione all’avvocato. Che,
al contrario del giudice, vuole
essere pagato. Lo chiamano
divorzio facile, nella pratica
sappiamo solo chi paga e chi ci
guadagna. Sempre tre anni di
tempo serviranno.
EPPURE, l’enfasi nell’annun-
ciare il passaggio della legge
alla Camera ha reso l’idea
nell’immaginario collettivo
che si potesse divorziare
nell’arco di brevissimo tempo.
Non è così. Le leggi devono
essere approvate, non solo annunciate. Nella realtà non è
accaduto niente di tutto questo: il divorzio breve, quello
che la parlamentare del Pd
Alessandra Moretti e il deputato di Forza Italia Luca
D’Alessandro avevano pensato, non esiste. E probabilmente non ci sarà mai, visto che la
legge si è persa nei meandri del
Senato, dove una parte del
centrodestra aveva promesso
una battaglia che poi ha vinto.
In particolare Giovanardi, inteso come Carlo, senatore di
lungo corso, già democristiano e portatore di un gran numero di preferenze. Anche
perché, nel frattempo, è accaduto che Moretti reclamasse
un seggio al Parlamento europeo e, alla fine, trasferita a
Bruxelles, non ha potuto neppure difendere la sua riforma
al passaggio in aula.
Il divorzio breve, così, è diventato divorzio facile perché inserito nel decreto giustizia, ma
è stato fatto solo nelle modalità. Restano invece le enormi
complessità, i tempi, restano le
difficoltà legate all’affidamento dei figli. È successo che nei
giornali è cambiato tutto,
grandi titoli e annunci. Nella
realtà non è cambiato niente.
Legge è dispersa. Serviranno
delle modifiche, un nuovo
passaggio sia alla Camera che
COMPROMESSO
Il governo ha deciso
di non inserire il testo
nel decreto Giustizia.
Nonostante fossero
tutti d’accordo,
a parte l’Ncd di Alfano
nori, il termine doveva “essere
di nove mesi”. Non c’è stato
niente di tutto questo. Servivano tre anni e così è ancora
oggi. Non è cambiato niente
neppure nella decorrenza: il
termine dei tre anni non inizia
dal deposito della domanda di
divorzio, ma a separazione avvenuta. Ed è rimasta intatta
anche la parte che riguarda i
beni in comune: la comunione
tra i coniugi si scioglie soltanto
nel momento in cui, in sede di
udienza presidenziale, il giudice autorizza i coniugi a vivere separati.
Alla fine il divorzio breve non
è diventato altro che divorzio
facile. E per divorzio facile si
intende una negoziazione as-
sistita da due avvocati.
L’obiettivo è stato quello di
saltare il passaggio del giudice,
e questo è ciò che ispira tutta la
filosofia del decreto legge sulla
giustizia civile: snellire le cataste di pratiche che intasano,
secondo il ministro, i tribunali
d’Italia. Tuttavia i senatori
della commissione Giustizia
una tutela per i figli di coppie
separate minori o disabili hanno voluto lasciarla, prevedendo un passaggio presso un
pubblico ministero.
L’INGRESSO nella modernità,
così come era stato raccontato,
per il momento è rimandato a
tempo indeterminato. E la volontà è stata politica. In so-
Missione incompiuta: Alessandra Moretti del Pd Ansa
stanza, il divorzio breve che
Moretti e D’Alessandro avevano pensato poteva essere inserito nel decreto legge sulla
giustizia. Erano d'accordo il
Pd, Forza Italia e anche alcuni
senatori del Movimento 5
Stelle. Alla fine deve aver pesato il no del Nuovo Centrodestra di Alfano che, con Gio-
A cura di fd’e
PORTFOLIO
foto di Umberto
DOV’È MILINGO? La
foto di gruppo
dei vescovi
africani al Sinodo in corso
a Roma fa sorgere spontanea la domanda: ma che
fine ha fatto
Milingo?
al Senato, con le resistenze di
una parte del centrodestra,
quelli che rappresentano la
corrente ultracattolica e conservatrice, che ne faranno una
norma impossibile.
La legge prevedeva, nella sua
origine, che il divorzio breve
dovesse intercorrere a “dodici
mesi dal deposito della domanda di separazione”, mentre oggi servono tre anni. Nelle
separazioni consensuali dei
coniugi, in assenza di figli mi-
vanardi, aveva sempre respinto l’ipotesi della legge Moretti-D’Alessandro. Così, rimasto fuori dal decreto per volontà del governo, il divorzio
breve resterà un miraggio. E
l'annuncio di una riforma, tra
le tante, resterà tale. Un annuncio, appunto. Niente di
più.
Pizzi
Il sosia di Ghedini
irrompe al Sinodo
PAPSTAR
Papa Bergoglio si gira e
saluta i fan in
attesa con un
largo sorriso
subito criticato dalla destra
clericale,
dai teocon
e dal “Foglio”
di Ferrara
CORVO NERO
La lunga sagoma di Ghedini travestito da prete
copre quella bianca del papa
CANDORE
Ghedini travestito
non c’è più e il papa ritorna intero nel suo candore
Ruby, un’assoluzione targata legge Severino
BERLUSCONI “POTEVA NON SAPERE” CHE LA GIOVANE ERA MINORENNE. AD ARCORE “INTRATTENIMENTO A SFONDO SESSUALE” E “UN FIUME DI DENARO”
di Gianni Barbacetto
no dei grandi classici del berlusconismo è il
U
luogo comune che i magistrati condannino
per il principio del “non poteva non sapere”.
dalle sezioni unite della Cassazione (arrivata dopo
la sentenza di primo grado), che ha ulteriormente
ridotto i confini del reato. La legge Severino ha
riformato la concussione dividendola in due: l’induzione indebita (come prospettato dai pm Ilda
Boccassini e Antonio Sangermano nell’atto d’accusa a Berlusconi); e la concussione per costrizione (come invece deciso dalle giudici del tribunale nella condanna di primo grado). Ebbene,
Berlusconi non fece minacce, quando telefonò
Smentito ancora una volta: Silvio Berlusconi è
stato assolto dall’accusa di prostituzione minorile
perché, semmai, “poteva non sapere” che Ruby
era minorenne. Sono arrivate le motivazioni della
sentenza d’appello che a luglio ha assolto l’ex presidente del Consiglio, condannato in primo grado a 7 anni per
concussione e prostituzione miLA NUOVA NORMA
norile. I giudici spiegano che
non c’è un “adeguato supporto
Anche per i giudici
probatorio” alla convinzione
che Berlusconi fosse a conoB. abusò dei suoi poteri,
scenza della vera età di Karima
ma dopo la riforma
El Mahroug, in arte Ruby Rubacuori. Quanto al reato più grave,
non c’è reato perché
la concussione, è stata invece la
legge Severino a far saltare il
il funzionario di polizia
banco, insieme alla sua “internon ebbe vantaggi
pretazione autentica” fornita
Karima El Mahroug (Ruby) Ansa
più volte da Parigi, nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, al funzionario Pietro Ostuni della questura di Milano, facendo pressioni affinché Ruby
fosse rilasciata. Nessuna costrizione: “Non vi è
prova della ascrivibilità a Silvio Berlusconi di una
intimidazione costrittiva”. La minaccia poteva essere anche “implicita”: ma per questa occorre una
prova rigorosa e il timore di ritorsioni, dicono le
sezioni unite. Dunque niente concussione. Anche
se le pressioni ci furono: “Deve ritenersi” che Berlusconi “intervenne pesantemente sulla libertà di
autodeterminazione del capo di gabinetto e, attraverso il superiore gerarchico, sul funzionario
in servizio quella notte in questura”. Per “tutelare
se stesso”, allontanando il pericolo che Ruby la
chiacchierona raccontasse le sue notti ad Arcore.
OSTUNI DI FATTO ORDINÒ alla sua sottoposta,
Giorgia Iafrate, di consegnare la ragazza a Minetti
(che poi la lasciò alla prostituta Michelle) per “eccessivo ossequio e precipitazione”, “debolezza”,
“timore reverenziale”. Tutto ciò non basta a configurare una concussione, tanto più dopo la pronuncia delle sezioni riunite della Cassazione che
riducono ulteriormente i confini della costrizione.
Quanto alla “induzione”, secondo la legge Severino interpretata dalle sezioni unite deve avere come fine l’ottenimento di un “vantaggio indebito”
per l’indotto: e per Ostuni questo fine non scattò.
Così Berlusconi si salva dall’accusa maggiore,
benché per i giudici è “sicuramente accertato che
l’imputato, la notte del 27-28 maggio 2010, abusò
della sua qualità di presidente del Consiglio”. In
due punti (pag. 248 e 257) i giudici segnalano che
le telefonate di Berlusconi hanno tentato di “indurre in errore” Ostuni, con la storia che Ruby
fosse la nipote di Mubarak: con la vecchia legge,
sarebbe bastato a far scattare la concussione.
Quanto all’altra accusa, se non è sufficientemente
provato che Berlusconi conoscesse l’età di Ruby, i
fatti, però, restano: le “cene eleganti” erano “intrattenimenti e interazioni a sfondo sessuale”; Ruby vi partecipò in svariate occasioni e “almeno due
volte si fermò a dormire”; di suo, già esercitava
“attività di prostituzione per far fronte alle proprie
esigenze di vita”; e da Berlusconi fu pagata, con un
“enorme ammontare di denaro ricevuto in brevissimo arco di tempo”.
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MOVIMENTANDO
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
Edi milia,
la nipote
Prodi si candida
per il Pd: polemiche
SILVIA PRODI, nipote dell’ex premier Romano, è nella lista del Pd per
le Regionali in Emilia Romagna. La
scelta ha suscitato molte polemiche,
soprattutto da parte di Sonia Masini,
l’ex presidente della Provincia di Reggio Emilia, che rivendica la candidatura: “Quel posto doveva essere
mio”. E poi attacca: “È stato un colpo
di mano, una purga staliniana. Era
stata fatta una consultazione nei circoli e io ero prima in graduatoria. La
signora ha avuto delle corsie preferenziali. In un circolo hanno perfino
sostenuto che candidarla fosse un risarcimento per i 101 che avevano si-
il Fatto Quotidiano
lurato Romano al Quirinale. Lui non
c’entra, ma Prodi è un bel cognome,
fortunato chi ce l’ha”. La nipote
dell’ex premier, scelta dalla società
civile e non come rappresentante di
una corrente, non risponde alle accuse, ma ammette: “Sono di sinistra.
E mi piacciono Civati e Barca”.
M5S, IL CAOS DOPO IL CIRCO
SALTA IL GRUPPO A STRASBURGO
FINITA LA FESTA ROMANA, NUOVI GUAI PER IL MOVIMENTO. L’EFD SI SCIOGLIE PER
L’ADDIO DI UNA DEPUTATA LETTONE E PERDE 4 MILIONI. QUASI RISSA IN ASSEMBLEA
di Luca De Carolis
e Andrea Valdambrini
I
l gruppo in Europa che si
scioglie in un amen. L’assemblea congiunta che
diventa un ring. L’espulsione del sindaco di Comacchio,
che parla di “deriva fascista”.
Dopo gli applausi e i sorrisi del
Circo Massimo, il Movimento
Cinque Stelle ripiomba in una
cappa di tensione. L’aria di festa
della tre giorni romana sembra
già un ricordo. Ora è di nuovo
tempo di guai e battaglie intestine. Perché il gruppo a Strasburgo con l’amico inglese Nigel Farage si è già sfarinato. E perché i
diarchi Grillo e Casaleggio sono
tornati all’assalto dei non allineati: forse vogliosi di una resa
dei conti definitiva, dopo aver
ripreso il controllo del M5S.
LA CERTEZZA è che dopo poco
più di tre mesi a Strasburgo è già
capolinea per l’Efdd, composto
principalmente dai 5Stelle e
dall’Ukip di Farage. La deputata
lettone Iveta Grigule è passata ai
Popolari, e così il gruppo non rispettava più il requisito obbligatorio dei 7 Paesi rappresentati.
Grigule, esponente del partito
ambientalista Unione dei contadini, era entrata grazie alla
mediazione dei 5Stelle. Lascia
dopo aver ricevuto la nomina a
capo della delegazione con il
Kazakistan, quando invece
l’Efdd era stato escluso da tutti
gli incarichi parlamentari. Tra le
cause della rottura, anche la posizione filo-russa di Farage, un
problema in patria per il partito
della Grigule. I parlamentari del
M5S si dicono “delusi e pronti a
valutare tutte le possibilità”.
L’Ukip invece accusa Schulz e i
Popolari per lo strappo. I deputati di Grillo e Farage sono già
finiti tra i non iscritti, perdendo
gran parte del tempo di parola in
aula e soprattutto soldi, “che da
da novembre - spiega un funzionario dell’Europarlamento - an-
RIFORME COSTITUZIONALI
Boschi: il referendum?
Fuggiamo dall’aula
L
o hanno ripetuto per settimane intere, l’estate scorsa: ma quale dittatura, quale attacco alla Costituzione,
noi le riforme istituzionali le faremo
ratificare con un referendum dai cittadini. Ma la settimana scorsa, al deputato M5S Danilo Toninelli è venuto
il dubbio: come fa il governo a indire la
consultazione popolare per eccellenza?
In Aula a rispondere all’interrogazione c’era il ministro Maria Elena Boschi.
Ed è lei a illustrare la genialata partorita a palazzo Chigi: le riforme costituzionali hanno bisogno di essere approvate
con una maggioranza di
due terzi, se non ci si arriva, scatta il referendum. Così, il governo si è
accordato con i parlamentari che lo sostengono: alcuni di loro, racconta la Boschi,
“non parteciperanno alle votazioni”,
“in modo da non raggiungere la maggioranza di due terzi”. L'ultima dei rottamatori: fuga dalle proprie leggi.
dranno ripartiti fra gli altri
gruppi”. Tanti soldi: 4 milioni di
euro, stando alla stima della
Bbc. E ora che succede? A giochi
ormai chiusi per gli incarichi di
commissione, i Verdi europei
sembrano disponibili ad aprire
ai 5Stelle. La presidente Monica
Frassoni conferma: “Abbiamo
già lavorato bene con alcuni di
loro in questi mesi”. Difficile però che il Movimento cambi alleanza, dato il veto imposto da
Grillo e Casaleggio all’accordo
con gli ambientalisti. Per ricostituire un gruppo invece la strada obbligata è quella di pescare
tra i non iscritti, molti dei quali
sono però così estremisti da es-
UN ALTRO ESPULSO
Cacciato tramite blog
Marco Fabbri, sindaco
di Comacchio, reo
di essere stato eletto
alle Provinciali. Lui:
“Deriva fascista”
sere stati rifiutati persino da
Marine Le Pen. Il rischio concreto per i 5Stelle in Europa è
quindi quello dell’isolamento.
Si torna in Italia e si riparte
dall’assemblea congiunta di
mercoledì sera, dove si è sfiorata
la rissa. Da una parte il neo ca-
DENTRO E FUORI In senso orario, l’eurodeputata lettone
Grigule, la deputata Eleonora Bechis e il senatore Alberto Airola Ansa
pogruppo in Senato, il torinese
Alberto Airola; dall’altra la deputata e sua concittadina Eleonora Bechis e tre deputati dissidenti, Walter Rizzetto, Tancredi
Turco e Tommaso Currò, intervenuti a sostegno della collega.
La miccia, questioni territoriali.
Airola ha chiesto a gran voce a
Bechis di ritirare la querela contro uno storico attivista, reo di
averla insultata su Facebook. I
tre deputati si sono frapposti. E
sono state urla incrociate: “Vieni
qui, vieni fuori”. A evitare lo
scontro fisico hanno provveduto i commessi.
IL GIORNO DOPO, Airola smi-
nuisce: “Sono cose che possono
succedere. Quella con Bechis
era una conversazione tranquilla, ma loro tre le hanno fatto cerchio attorno e l’hanno aizzata,
invitandola a non ritirare la querela”. Aggiunge: “Se lei la ritirasse, aiuterebbe anche il rapporto
tra lei e il gruppo di Torino, che
l’ha sfiduciata”. Ma Bechis nega:
“Sfido qualcuno a dimostrare
che io sia stata sfiduciata”. E afferma: “Non era una conversazione pacifica, quella di Airola è
stata una reazione inopportuna
e spropositata”. Rizzetto invece
twitta un fotomontaggio del capogruppo con la maschera di
Hannibal the cannibal: “Airola
mente e nemmeno se ne accorge”. Intanto rischia l’espulsione
il dissidente Artini, accusato per
la gestione del server di posta dei
deputati. “La posta è stata copiata su un altro server fuori dal
controllo del gruppo dei parlamentari per poi essere ricopiata
sul primo” sostiene il blog di
Grillo. Ma il deputato si dice
tranquillo. Non può esserlo
Marco Fabbri, sindaco di Comacchio (Ferrara), espulso ieri
dal Movimento con un ps sul
blog. La sua colpa: essere stato
eletto nella Provincia di Ferrara,
violando gli ordini di scuderia.
Fabbri, vicinissimo al sindaco di
Parma Pizzarotti (che era stato
sul punto di candidarsi alle Provinciali), risponde su Facebook:
“È un’espulsione arrivata con
metodologie squadriste, la deriva fascista del Movimento assume connotati preoccupanti.
Avrei voluto spiegare le mie motivazioni e poi eventualmente
essere espulso. Ma forse la votazione online poteva dare risultati non graditi”.
Orellana, da Grillo a Renzi: con incarico
L’EX 5STELLE CHE HA SALVATO IL GOVERNO SUL DEF DIVENTERÀ PRESIDENTE DI UNA DELEGAZIONE PARLAMENTARE. L’IRA DEI “TALEBANI”
di Andrea
Scanzi
isto? Avevamo ragione noi, era davvero
V
un traditore”. I talebani grillini, forse,
non sono mai stati così contenti come due
giorni fa, quando l’ex senatore 5Stelle Orellana ha salvato il governo Renzi sul voto
relativo al Def per lo spostamento del pareggio di bilancio al 2017. Il suo parere favorevole si è rivelato decisivo e ciò lo ha reso
“lo Scilipoti grillino” molto più di altri transfughi: dalla Gambaro alla De Pin, tutte più o
meno folgorate sulla via del renzismo. Gli
integralisti 5Stelle hanno ora buon gioco a
dire, anzi urlare, che “noi lo avevamo detto”
e che “Grillo ha sempre ragione”. Orellana si
è difeso pietosamente: prima ha detto che
non sapeva che il suo voto si sarebbe rivelato
decisivo, poi ha dato la colpa alla Lega che
non si è opposta come doveva. Infine ha
ripetuto ovunque, anzitutto in tivù, che lui è
“una persona libera e non devo rendere conto a nessuno a differenza di altri”. Evidentemente ha già dimenticato la promessa di
dimettersi da senatore, come garantiva solennemente dopo l’espulsione. Per larga parte dell’informazione, ovviamente, la cosa
grave non è che un parlamentare sputi sul
mandato con gli elettori, ma che gli elettori e
gli ex colleghi si arrabbino con lui (spesso
con toni irricevibili). A Orellana, che cita
l’articolo 67 della Costituzione e l’assenza del
vincolo di mandato, andrebbe ricordato che
lui deve eccome “rendere conto” a qualcuno.
Non a Grillo, non a Casaleggio e neanche a
Di Battista, ma a chi ha permesso a un emerito signor nessuno di sedere su quegli scranni: se gli elettori 5Stelle avessero saputo che
Orellana sarebbe diventato quasi un Razzi
2.0, avrebbero concesso l’appoggio ad altri.
C’è poi un altro particolare, che pare conferire al voto renziano di Orellana le fattezze
dello scambio di favori.
PROPRIO MERCOLEDÌ Orellana sarebbe do-
vuto diventare presidente della delegazione
parlamentare Ince, l’Iniziativa Centro Europea. La delegazione, di cui fa parte, consta di
quattro deputati e tre senatori. Con lui ci sono
tre pidini (Sonego, Blazina, Ginefra), due berluscones (Scoma, Polidori) e Maran (SCpl).
Orellana, ora nel Gruppo Misto “Italia Lavori
in Corso” (sic), verrà probabilmente eletto la
prossima settimana o quella successiva. L’investitura è stata ritardata proprio dopo il voto
di mercoledì, sperando che nel frattempo le
polemiche scemino. Solo il presidente della
delegazione può viaggiare e rappresentare
l’Italia in uno dei 18 Paesi Ince (tra cui Rep.
Ceca e Ungheria). Un incarico di prestigio,
che verrà letto dall’elettorato 5Stelle come un
chiaro do ut des. Gli attacchi, oltre a Orellana,
hanno travolto anche chi ha osato ritenere in
questi mesi che il dialogo con il Pd fosse qua
e là possibile. E che, dunque, il senatore non
avesse sempre torto a prescindere. Così anche
questo giornale è stato (legittimamente) sbertucciato, tanto dai duropuristi quanto dai siti
di Casaleggio. Strana coincidenza: prima delle elezioni europee quasi ogni intervento del
Fatto veniva celebrato come raro esempio di
giornalismo libero; poi, dopo le critiche all’accordo con Farage, anche il Fatto è diventato
pennivendolo o giù di lì. Tutti sbagliano ed è
verosimile che alcuni – compreso il sottoscritto – abbiano in qualche modo sopravLuis Orellana Ansa
valutato Orellana, che non sembrava Churchill ma neanche l’ultimo dei Favia. Del resto
fu proprio il M5S a candidare Orellana, e non
altri, come presidente del Senato: non si finisce mai di collezionare delusioni. Al tempo
stesso, agli integralisti e a Grillo-Casaleggio
andrebbero garbatamente fatte notare alcune
cose.
LA PRIMA è che nessuno è infallibile, né
i giornalisti né gli integralisti. La seconda è
che gli Orellana li hanno candidati loro e
non noi: se in un anno e mezzo il M5S ha
perso decine di senatori tra espulsioni e defezioni, qualche problema di selezione della
classe politica esiste (o perlomeno esisteva
nel febbraio 2013). Infine,
se gli Orellana sono stati bastonati ogni volta che hanno
CONTRADDIZIONI
osato dissentire, è poi bizzarro aspettarsi da loro feI duri e puri
deltà, ancor più quando non
fanno neanche più parte del
che lo accusano
Movimento. Ferma restandi trasformismo
do la sostanziale indifendibilità del soggetto, è la solita
dimenticano che l’hanno storia dell’uovo e della gallina: chi è venuto prima,
candidato loro. E che
il duropurismo talebano o
non sempre aveva torto
il trasformismo interessato?
ITALIE
il Fatto Quotidiano
L’
allarme: “La fine
di Mare Nostrum
porterà più morti”
LA FINE dell’operazione Mare Nostrum preoccupa più l’alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che la politica italiana. “Questo - scrive in una nota
l’alto commissario - farà aumentare
i rischi per le persone che tentano di
raggiungere l’Europa via mare e po-
trebbe portare ad un aumento di
morti di rifugiati e migranti”. Nel comunicato l’agenzia delle Nazioni
Unite rinnova anche “la richiesta urgente agli stati europei di rafforzare
le operazioni di soccorso nel Mediterraneo" e "riconosce il grande
sostegno fornito dagli armatori nel
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
Mediterraneo alle operazioni di soccorso che soltanto quest’anno hanno contribuito a salvare oltre 30 mila persone". Sulla problematica ieri
è intervenuto anche Laurens Jolles,
rappresentante Unhcr per il Sud Europa, che ha ricordando come esista
un evidente legame tra il numero di
persone nel mondo costrette alla fuga da guerre e violenza e l’aumento
degli arrivi via mare. Che interessano quotidianamente le coste italiane. Anche ieri c’è stato uno sbarco a Catania: a lanciare l’allarme il
mercantile moldavo “Tiss”, con a
bordo 317 migranti.
Sicilia, l’Ars lavora
un’ora a settimana
PALAZZO DEI NORMANNI IMPANTANATO DA MESI: L’ULTIMA LEGGE
È DI FINE LUGLIO. COMMISSIONI BLOCCATE E CONTINUI RICORSI
I DIPENDENTI E QUALCHE ONOREVOLE PROTESTANO: “FATECI LAVORARE”
di Giuseppe
Lo Bianco
H
Palermo
anno lavorato
tre ore e mezza
in tre settimane
con costi esorbitanti per la collettività: per
ogni minuto trascorso in aula dai 90 deputati siciliani, i
cittadini hanno pagato 40
mila euro. E ogni deputato è
costato 27 euro al minuto
perché ha guadagnato 1.614
euro per ognuna delle tre ore
trascorse nell’aula del Parlamento più antico del mondo. E più fannullone. Impantanata da mesi in un sostanziale stallo dietro il quale, immersa in una crisi continuamente “percepita” ma
mai formalizzata, si giocano
continuamente i destini del
governo Crocetta, l’assemblea regionale siciliana vanta
un altro record negativo:
l’ultima legge approvata risale al 31 luglio scorso, ed era
il terzo spezzone della finanziaria di Crocetta, poi il de-
Palazzo dei Normanni Ansa
serto. In tre settimane l’aula
è stata convocata solo per tre
ore e mezza e le commissioni
legislative non hanno fatto
di più. Dall’inizio di ottobre
la commissione attività produttive e quella Ue si sono
riunite una volta sola, due
volte la commissione Bilancio e la Sanità. Un po’ meglio
hanno fatto la commissione
Ambiente e la commissione
Affari istituzionali, anche se
non superano un’unica riunione la settimana. La politica si fa fuori dall’aula di palazzo dei Normanni tra improbabili ricorsi contro l’esito delle mini-elezioni di Rosolini e Pachino, la proclamazione degli eletti e le iperboliche interpretazioni delle
norme elettorali, come quelle di Vincenzo Vinciullo
(Forza Italia) che vuole fare
reinsediare la giunta di Rosario Crocetta, in quanto, secondo Vinciullo, eletto anch’egli nella mini prova elettorale della scorsa settimana
e quindi non nella pienezza
dei suoi poteri. Situazione
sfiancante anche per alcuni
deputati zelanti, che hanno
trasferito dentro l’aula il grido di protesta indirizzato a
Crocetta e al presidente
dell’Ars, lo stesso che centinaia di precari e disoccupati lanciano ogni giorno
fuori del portone di palazzo
dei Normanni: “Fateci lavorare”.
Vincenzo De Luca Dlm
De Luca, tre volte
indagato. Ma lui
si sente Kim Il-Sung
UN’ALTRA INCHIESTA PER IL SINDACO DI SALERNO
”IO SARÒ ETERNO” COME IL DITTATORE COREANO
di Vincenzo
Iurillo
alernò, c’est moi”. Vedrete
che Vincenzo De Luca
S
prima o poi dirà anche que-
sto, “io sono Salerno” lo aveva già detto negli anni scorsi,
meglio però la lingua di Luigi
XIV, il re di Francia che instaurò la monarchia assoluta.
Un campione di democrazia
rispetto alle ambizioni del
sindaco Pd di Salerno, capace
di pronunciare l’altro ieri davanti a un gruppo di studenti
una frase da far gelare il sangue: “Io sarò come il presidente Kim Il-Sung, eterno”. Il
dittatore della Corea del
9
Nord, un altro personaggino
che aveva della democrazia
un concetto tutto suo. Ma i
dittatori godono di ogni impunità. De Luca no, e colleziona processi e avvisi di garanzia. L’ultimo è stato sfornato fresco ieri. Un terzo filone di inchiesta sui lavori
che hanno sventrato un pezzo del lungomare di Salerno
per rifare piazza della Libertà
e spianare la strada alla realizzazione del mega complesso edilizio del Crescent. Dopo quello relativo al crollo
della piazza e un altro sullo
smaltimento del materiale di
risulta, stavolta la Procura
punta sulla variante da 8 milioni di euro del 2011. È servita a mettere una toppa a un
problema idrogeologico, la
presenza di acqua nel sottosuolo, attraversato da un torrente. Una cronista di giudiziaria
momentaneamente
senza collaborazioni, Angela
Cappetta, ha tirato un buco ai
quotidiani salernitani mettendo in rete sul proprio blog
L’Altra Guancia il documento
giudiziario. È indagata la
giunta che ha approvato la
delibera: il sindaco Vincenzo
De Luca, il suo vice Eva Avossa e gli assessori dell’epoca,
Alfonso Buonaiuto, Luca Cascone, Mimmo De Maio, Augusto De Pascale, Ermanno
Guerra, Enzo Maraio e Franco Picarone.
PRIMO CITTADINO e asses-
sori rispondono di falso in atto pubblico. Gli interventi di
impermeabilizzazione e di
messa in sicurezza stabiliti
con la delibera, sostiene il pm
Antonio Cantarelli, sarebbero stati compiuti prima della
variante. Gli indagati in totale
sono 22, tra tecnici comunali
e appaltatori, con accuse che
comprendono il peculato e la
turbativa d’asta. Ricapitolando: De Luca rischia tre anni di
condanna per il project manager del termovalorizzatore,
un rinvio a giudizio per il
Crescent e altre noie giudiziarie per Piazza della Libertà. E
vuole fare il Governatore della Campania. Ispirandosi a
Kim Il-Sung.
LA MACCHINA DEL FANGO
di Ferruccio Sansa
Q
Burlando, così in trent’anni
ha distrutto la Liguria
uesta volta parlerò di
me. Un giornalista non
dovrebbe mai farlo. Mi rincresce doppiamente perché
Genova in questo momento
ha bisogno di tutto fuorché di
polemiche. Ma credo di doverlo a me stesso, al
legame che ho con Genova e alla mia famiglia. E
a voi lettori. Nei giorni scorsi Claudio Burlando, Governatore della Liguria al potere da
trent’anni, ha attribuito la responsabilità delle
alluvioni e dei morti a mio padre, Adriano Sansa, sindaco di Genova dal 1993 al 1997. Una
calunnia – il metodo Sansa invece del metodo
Boffo – per salvare la poltrona: Burlando e la sua
combriccola sono allarmati dalla voce di una
mia candidatura alle elezioni regionali (ma di
questo parlerò poi). Ma la politica, come diceva
il socialista Rino Formica, “è sangue e merda”.
Forse in quella ligure oggi c’è poco sangue. Perciò sono costretto a rispondere.
Mi limiterò ai fatti:
1. Burlando è stato vicesindaco e sindaco di Genova dal 1990 al 1993. In quei tre anni ci sono
state due alluvioni (1992 e 1993). Come assessore all’Urbanistica, sarà un caso, Burlando
scelse un architetto che negli anni successivi ha
firmato operazioni immobiliari da centinaia di
migliaia di metri cubi realizzate da costruttori
oggi latitanti.
2. Mio padre è stato sindaco dal 1993 (due mesi
dopo l’alluvione) al 1997. Quando arrivò in Comune la realizzazione dello scolmatore incriminato era resa impossibile dai processi pendenti. Non fu lui, come invece afferma Burlando, a voler bloccare i lavori. Non solo: mio padre fu il primo sindaco che scelse uno stimatissimo geologo – Sandro Nosengo – come as-
Il Governatore
ligure, Claudio
Burlando LaPresse
sessore all’Urbanistica. La priorità era chiara:
basta cemento (furono fermate le nuove edificazioni in collina), puntiamo sul risanamento
del territorio e dei fiumi. Così si fece: i geologi
consigliarono di investire in un piano complessivo che risanasse il bacino idrico di tutti i torrenti (non solo del Bisagno). Per i piani di bacino dei corsi d’acqua, per la loro risistemazione e per la pulizia (lavoro indispensabile che,
ahimé non porta voti, né tagli di nastri) furono
investiti molti miliardi di lire. Il risultato, come
ricordano i genovesi, fu che non si verificarono
più alluvioni per diciotto anni.
3. Burlando è il dominus della politica ligure da
trent’anni (è in congedo per motivi politici dai
primi anni 90) avendo ricoperto le seguenti cariche: assessore ai trasporti (1983-1985), vicesindaco (1992-3), sindaco (1993 fino all’arresto,
fu poi assolto), quindi ministro (1996-1998 con
un seguito di polemiche a causa dei ripetuti deragliamenti ferroviari), infine è Governatore
dal 2005 (riconfermato senza le primarie). Insomma, avrebbe avuto il tempo per fare qualcosa per evitare le alluvioni.
4. Negli ultimi anni sono stati arrestati due vice-presidenti della Giunta Burlando. Quasi metà del consiglio regionale è indagato.
5. Dall’anno del suo insediamento a oggi si contano in Liguria 4 alluvioni: 2010, 2011 (Genova
e Cinque Terre), 2014.
6. Nel frattempo Burlando ha varato un Piano
Casa che il presidente dei Verdi italiani, Angelo
Bonelli, ha definito “il più devastante d’Italia”.
L’assessore all’Urbanistica che lo predispose è
stato poi arrestato.
7. La Giunta Burlando ha sostenuto la costruzione di porticcioli turistici, in perfetto accordo
con Claudio Scajola (memorabile la loro presenza, fianco a fianco, all’inaugurazione dei lavori del porto di Imperia, poi travolto da indagini e arresti)
8. Il centrosinistra di Burlando ha sostenuto la
realizzazione di un porticciolo da mille posti
barca alle foci del fiume Magra che ogni anno
provoca disastri. La società realizzatrice era
controllata da Mps, la banca rossa. Nel cda sedeva il tesoriere della campagna di Burlando.
9. Dopo l’alluvione del 2011, che nello spezzino
causò 13 morti, la maggioranza di centrosinistra ha dato il
via alla realizzazione di un
TUTTO FERMO
centro commerciale da 5.000
in una zona che lo
Per l’alluvione del 2010 persone
stesso assessore all’Ambiente
della Regione di Burlando dea Sestri Ponente
finì “zona a rischio di alluvioerano stati stanziati
ni”. È certo un caso che l'operazione sia stata realizzata in
10 milioni di euro:
pochi mesi, senza timore di ricorsi al Tar (che invece bloc8 sono rimasti nelle
cavano le opere anti-alluviocasse della Regione
ne) e con maggiore solerzia dei
lavori del Bisagno.
10. In Liguria mentre mancavano i soldi per lo
scolmatore del Fereggiano (la Regione ha dato
solo 5 milioni), la Giunta regionale di Burlando
spendeva 1,6 milioni l’anno per pubblicità istituzionale distribuendo denaro a quasi tutti gli
organi di informazione locale. Senza dire dei 2
milioni stanziati per il prossimo Giro d’Italia.
11. Il Tar ha respinto la sospensiva dei lavori del
Bisagno nell’agosto 2012, ma dopo due anni i
lavori non sono ancora ripresi. Da notare che gli
stessi imprenditori mesi fa avevano inviato una
lettera al presidente del Consiglio, a Burlando e
a Doria per sollecitare l’apertura del cantiere.
12. Dopo anni di inerzia, mercoledì Burlando
ha annunciato che i lavori riprenderanno nel
2015. Cinque giorni dopo l’alluvione. Perché
non l’ha fatto prima?
13. L’assessore alla Protezione civile della Regione Liguria (che avrebbe dovuto fare prevenzione e diramare allarmi) è Raffaella Paita, delfina di Burlando che il Pd vorrebbe candidare
alla guida della Regione nel 2015. Paita è letteralmente sparita dopo l’alluvione.
14. Ma soprattutto: dei 10 milioni stanziati per
l’alluvione del 2010 a Sestri Ponente ben otto
sono rimasti nelle casse della Regione invece di
finire alla gente e ai commercianti.
Questi sono fatti.
Ps. Da mesi a Genova si parla di una mia possibile
candidatura alla guida della Regione. Ma nessuno
mi ha chiesto di candidarmi. Sono un giornalista del
Fatto Quotidiano, che mi consente con assoluta libertà di esprimere le mie opinioni e di scrivere inchieste sul centrodestra di Scajola, l’Idv di Di Pietro,
la Lega di Belsito. E, ovviamente, sul centrosinistra
di Burlando. Credo che un giornalista possa svolgere un importante ruolo civile anche con la sua
professione. Denunciando i mali della Liguria e indicando possibili nuove strade.
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
CLavitola
aso Impregilo,
cerca un
accordo per la pena
VALTER LAVITOLA potrebbe patteggiare la pena nell’inchiesta sul tentativo di estorsione a Impregilo. È
quanto è emerso ieri durante l’udienza di ieri all’ex direttore de L’Avanti. In
questo processo Lavitola è accusato
di avere tentato di imporre a Impregilo la costruzione di un ospedale pe-
diatrico a Panama, minacciando, in
caso contrario, una dichiarazione fortemente negativa sul gruppo da parte
del presidente panamense Martinelli.
Per questi fatti, Lavitola intenderebbe
ricorrere ad un rito alternativo, probabilmente il patteggiamento. I difensori dell’ex direttore de L’Avanti,
L’allarme nel ’93: “Vogliono
uccidere Napolitano”
DOPO LE STRAGI, IL SISMI SCRIVEVA IN UNA NOTA: “COSA NOSTRA PREPARA ATTENTATI”
di Giuseppe Lo Bianco
e Sandra Rizza
T
ra il 15 e il 20 agosto
1993, Cosa Nostra
aveva progettato un
attentato nei confronti dei due presidenti delle
Camere, Giorgio Napolitano e
Giovanni Spadolini. Lo rivela
una nota del Sismi del 29 luglio
’93, trasmessa dal Cesis al pm di
Firenze Gabriele Chelazzi, e depositata ieri dai pm di Palermo
Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia nel processo sulla trattativa Stato-mafia.
IN UNA INFORMATIVA succes-
siva, datata 4 agosto ’93, il Sismi
informava il ministero degli Interni, della Difesa, il Comando
generale di carabinieri, la Guardia di Finanza e il Sisde che la
verifica dell’attendibilità della
fonte confidenziale aveva dato
“esito positivo”. L’allarme cessò
solo il 21 agosto, quando il Sismi
con una ennesima nota informò
che l’innalzamento del livello di
protezione attorno agli obiettivi
sensibili aveva dissuaso gli attentatori.
Le bombe di Cosa Nostra, dunque, erano pronte a raggiungere
Montecitorio e Palazzo Madama. È un passaggio fondamentale per il processo di Palermo,
quello che racconta il momento
nel quale la minaccia stragista
arriva fino al cuore delle istituzioni. L’informativa del Sismi
aggiunge un dettaglio fondamentale alla ricostruzione del
biennio ’92-’94, inserendo il capo dello Stato tra i bersagli istituzionali del terrorismo mafioso. Napolitano, che sarà sentito
il prossimo 28 ottobre al Quirinale, potrebbe forse fornire ulteriori particolari sull’allarme
scattato attorno alla sua persona
nel ’93, ma solo se lo facesse
spontaneamente: il capitolato di
prova che è alla base della sua
testimonianza, infatti, prevede
un binario argomentativo che
non sfiora quest’argomento.
Nell’estate degli attentati di Roma, Milano e Firenze, dunque, il
testimone più eccellente del
processo sulla trattativa Stato-mafia era sotto la minaccia
del terrorismo stragista. Appena
due giorni prima della nota del
Sismi, nella notte tra il 27 e il 28
luglio, le bombe di Cosa Nostra
avevano gettato il Paese nel caos
con gli attentati di San Giorgio al
Velabro e San Giovanni in Laterano, a Roma, e di via Palestro
a Milano. Obiettivi certamente
non casuali: secondo l’ipotesi
formulata dall’esperto informatico Gioacchino Genchi, oggi
confermata dall’informativa del
Sismi, i nomi delle chiese richiamavano infatti i due presidenti
di Montecitorio e di Palazzo
Madama. Le note depositate dai
IL TESTIMONE
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
11
Marianna Febbraio e Amedeo Barletta, hanno anche riferito al pm Vincenzo Piscitelli che Lavitola intende
rispondere alle sue domande sulla vicenda Impregilo.
Il magistrato quindi lo interrogherà
dunque agli inizi della settimana nel
carcere di Poggioreale.
MOSE Patteggiamento
confermato per Galan
ifesa e accusa si erano accordati per una
D
pena di 2 anni e 10 mesi, con un risarcimento da 2,6 milioni di euro. Ieri il gup di Venezia Giuliana Galasso ha deciso di accogliere la
richiesta di patteggiamento per Giancarlo Galan,
accusato di corruzione nell’affaire tangenti legate
al Mose. I suoi legali, Antonio Franchini e Niccolò Ghedini, hanno già annunciato che chiederanno per l’ex ministro la possibilità di scontare la pena con l’affidamento in prova ai servizi
sociali.
Confermate ieri anche le posizioni dell’imprenditore Alessandro Mazzi, che ha chiuso a 2 anni di
reclusione e 4 milioni di multa, e Luciano Neri,
dipendente del consorzio Venezia Nuova e, secondo gli inquirenti, ideatore del sistema di fondi
neri, che ha patteggiato due anni di carcere (pena
sospesa) e un milione di euro di multa. Questi i
primi responsi su tutte le richieste di patteggiamento di questo inchiesta. In totale 19 imputati
hanno infatti richiesto di ricorrere al rito alternativo.
Il presidente Giorgio Napolitano Ansa
TRATTATIVA
Depositato in aula
anche il verbale dell’ex
capo del Grande Oriente
Giuliano Di Bernardo:
“Mi offrirono gli elenchi
segreti della P2 di Gelli”
pm di Palermo fanno parte di un
carteggio inviato nel 2002 dal
Cesis al pm fiorentino Gabriele
Chelazzi, che indagava sulle
stragi del ’93, ed è poi scomparso
dieci anni dopo per un improv-
viso arresto cardiaco.
Sono atti di un procedimento
che, a Firenze, risulta archiviato, ma che i pm della trattativa
Stato-mafia oggi ritengono di
dover rileggere nel contesto della strategia della tensione che
segnò il passaggio dalla Prima
alla Seconda Repubblica e che
accompagnò passo dopo passo
il dialogo tra i boss e lo Stato.
DAL CARTEGGIO emerge che il
6 agosto ’93 il Cesis convocò un
summit sull’emergenza stragista, al quale parteciparono i vertici dei servizi, delle forze
dell’ordine e anche un rappresentante del Dap: la riunione si
concluse con la redazione di un
verbale nel quale investigatori e
007 ipotizzavano varie matrici
criminali, tra cui Cosa nostra, il
terrorismo internazionale e le
cellule anarchiche.
Un quadro confuso, e per certi
versi fuorviante, totalmente
smentito dalla relazione che solo quattro giorni dopo, il 10 agosto ’93, l’allora capo della Dia
Gianni De Gennaro firmò di
suo pugno, ipotizzando per la
prima volta lo scenario di un negoziato tra le cosche e le istituzioni: le bombe, secondo De
Gennaro, erano state piazzate
dalla mafia che “voleva intavolare un tentativo di dialogo con
lo Stato sul tema del 41-bis”.
Agli atti del processo, infine, è
stato depositato anche un verbale di interrogatorio di Giuliano Di Bernardo, leader massonico, ex capo del Grande Oriente d’Italia. Interrogato da Di
Matteo e Tartaglia il 14 dicembre 2013, Di Bernardo racconta
che dopo l’espulsione di Gelli
dal Goi si presentò a lui tale Urbini, che gli disse: “Lui (Licio
Gelli, ndr) è disposto a darti i veri
eletti della P2 che non sono i 900
eccetera eccetera, ma i veri con i
fascicoli, questo ti dà la possibilità di ricattare tutta l’Italia”.
Di Bernardo non accettò, Urbini morì a Firenze in un incidente stradale in cui la testa rimase
staccata dal tronco da qualcosa
che non fu mai identificato.
Robledo: “Boccassini non può indagare su Expo”
NUOVO ESPOSTO AL CSM. IN 200 PAGINE, ANCHE LE LETTERE AL PROCURATORE BRUTI. “C’È IL RISCHIO DI DANNEGGIARE LE INCHIESTE”
di Gianni Barbacetto
Milano
erché Ilda Boccassini proP
segue indagini su Expo
che riguardano esclusivamen-
te reati di corruzione, e non di
mafia? La domanda viene posta da Alfredo Robledo nel suo
nuovo esposto, appena arrivato al Consiglio superiore della
magistratura, in cui il procuratore aggiunto risponde punto su punto alle contestazioni
del suo capo, Edmondo Bruti
Liberati, dopo che questi gli ha
tolto la guida del dipartimento
anticorruzione per assegnargli
quello dell’esecuzione penale.
Una scelta “di natura sostanzialmente punitiva”, scrive
Robledo, con provvedimenti
“palesemente illegittimi” e
“motivazioni inappropriate”.
Nelle oltre 200 pagine di allegati all’esposto, ci sono anche le lettere scritte da Robledo a Boccassini e Bruti, proprio sulle indagini Expo. “Da
colloqui intercorsi con i colleghi
sostituti
Antonio
D’Alessio e Claudio Gittardi”,
scrive Robledo l’11 aprile
2013, “ho potuto constatare
che i fatti reato per i quali sono
in corso indagini attengono
unicamente alla competenza
specializzata del Secondo Dipartimento, da me coordinato”. Cioè quello che si occupa
dei reati contro la pubblica
amministrazione. Niente mafia. Eppure Bruti aveva lasciato l’inchiesta a Boccassini, che
l’aveva iniziata partendo dalla
grande indagine “Infinito”
sulle cosche calabresi in Lombardia.
scrive un provvedimento in
cui dispone che l’indagine
Expo resti a Boccassini, anche
se non c’è traccia di criminalità
organizzata. “Permane la opportunità che il procedimento
rimanga incardinato presso il
Quinto dipartimento (Dda,
Direzione distrettuale antimafia) al fine di assicurare continuità dell’indirizzo e delle
metodiche investigative. (...)
Lo stralcio di un filone d’indagine farebbe perdere la unitarietà di visione e sarebbe di
sicuro intralcio allo sviluppo e
conclusione della indagine
complessiva”.
Robledo replica che “non si sono potute conoscere le ragioni
della deroga ai criteri di assegnazione, trattandosi di fatti di
corruzione ordinaria, competenza specializzata del Secon-
do dipartimento. Devo rilevare non solo che non ho mai
inteso sollevare contrasto di
competenza, ma che nessun
contrasto di competenza può
ravvisarsi nel caso di specie,
dal momento che la collega
Boccassini non ha mai affermato che i reati in trattazione
fossero di competenza della
Dda, come in effetti non sono.
Al fine, comunque, di effettua-
EDMONDO BRUTI LIBERATI
Il procuratore è accusato
da Robledo di avergli tolto
la guida del Pool anticorruzione
“come misura punitiva”
ALFREDO ROBLEDO
Il procuratore aggiunto accusa:
“Contro di me provvedimenti
palesemente illegittimi”
e“motivazioni inappropriate”
ILDA BOCCASSINI
Alla coordinatrice dell’antimafia, assegnate da Bruti
“senza motivazione”
indagini sulla corruzione
LA COORDINATRICE del di-
partimento antimafia non replica. “Dalla collega Boccassini
non ebbi alcuna risposta, neppure verbale”, scrive Robledo
nell’esposto. “Dal procuratore
ebbi a ricevere una missiva
nella quale si affermava che io
avevo sollevato un contrasto
positivo di competenza interna tra dipartimenti”. Scrive infatti Bruti che la questione che
riguarda i contrasti tra dipartimenti “è rimessa alla esclusiva competenza del procuratore della Repubblica”. Dunque invita “il procuratore aggiunto Boccassini a non dare
corso alla richiesta di trasmissione” degli atti richiesti da
Robledo. Da quell’11 aprile
2013 partono sei mesi di silenzio. Poi, il 23 ottobre, Bruti
re nel miglior modo possibile il
suddetto coordinamento, successivamente scrissi ancora alla collega Boccassini per essere
posto nella condizione di visionare tutti gli atti di indagine. Neppure questa volta ho
avuto risposta”.
IN SEGUITO, il 14 gennaio
2014, Robledo riceve alcune
relazioni di polizia giudiziaria,
“che si riferiscono solo a parte
delle indagini in essere”. Oggi
spiega, nell’esposto, che le sue
richieste erano motivate dal
fatto che, parallelamente, “erano – e sono – in corso indagini
indirizzate nei confronti di
soggetti che mi consta siano
interessati da accertamenti
condotti nel procedimento” di
Boccassini. Insomma: gli stessi
fatti e forse gli stessi soggetti
potrebbero essere sotto indagine da parte di due dipartimenti diversi. Con “il rischio
di inadeguatezza di tutte le indagini in essere, dal momento
che importanti informazioni,
quali quelle emerse da intercettazioni telefoniche e ambientali, non potranno essere
utilizzate, ove non confluiscano nel medesimo procedimento”.
12
ALTRI MONDI
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
LONDRA PIÙ AMMIRAGLI CHE NAVI
La Marina militare britannica conterebbe 33
ammiragli in servizio e solo 19 navi da guerra.
A dirlo, il Daily Mirror, secondo cui la Royal Navy
ha toccato così uno dei punti più bassi nella sua
storia dopo i tagli massicci fatti dal ministero
della Difesa negli ultimi anni. Ansa
EBOLA L’ONU: SERVE UN MILIARDO CONTRO L’EPIDEMIA
L’Ue è pronta a rafforzare i controlli in uscita nei Paesi flagellati da
Ebola e lavora a un coordinamento nella tracciabilità dei viaggiatori
dall’Africa occidentale. Il segretario Onu Ban Ki-moon chiede alla
comunità mondiale che stanzi un miliardo contro il virus. LaPresse
“STANOTTE PARTIAMO E ANDIAMO
A COMBATTERE PER KOBANE”
LA DIASPORA CURDA IN EUROPA TORNA IN TURCHIA E SFIDA IL DIVIETO DI ERDOGAN
di Roberta Zunini
N
Istanbul
ell’aria odore di fogna e per terra ogni
genere di rifiuto,
tre cani si aggirano
famelici. La casa dove abita Sirvan, un giovane curdo laureando in Storia, è in un vicolo di
Tarlabaci, il quartiere curdo accanto a piazza Taksim. Gli altri,
Okmeydani e Gazi, sono periferici e più grandi. “Prego entra,
ti stavamo aspettando”, dice in
inglese aprendo con fatica lo
scalcinato portoncino di legno
che dà accesso al tipico palazzetto decadente di tre piani con
il bow window che sembra sul
punto di collassare. “Loro sono
sul terrazzino”. Loro sono i suoi
zii e cugini che vivono da anni
in Francia, Belgio e Svezia, nazioni europee dove è concentrata più della metà della diaspora
curda, circa un milione di persone. I tre uomini sono stati
guerriglieri del Pkk - uno di loro
ferito più volte in battaglia - il
ISIS Perde terreno sia
in Siria che a Baghdad
miliziani curdi hanno proseguito la loro conI
troffensiva nelle ultime 24 ore a Kobane, appoggiati dai raid aerei della Coalizione a guida
americana, strappando il controllo di altre posizioni allo Stato islamico (Isis) che da settimane
cerca di conquistare la città curda siriana al confine
con la Turchia.
È salito intanto a oltre 650 il numero dei morti
dall’inizio dell’attacco jihadista, un mese fa, secondo un bilancio stilato dall’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), che non
tiene conto delle vittime dei bombardamenti della
coalizione. Gli uccisi sono 374 combattenti dell’Isis
e 258 curdi, oltre a 20 civili.
In Iraq dove i combattimenti continuano nella provincia di Al Anbar, a non più di 40 chilometri a
ovest di Baghdad, diversi attentati, che hanno preso
di mira in particolare quartieri a maggioranza sciita, hanno ucciso almeno 26 persone. Ma secondo il
portavoce del Pentagono John Kirby, “Baghdad
non è più sotto la minaccia imminente dell’Isis”.
partito dei lavoratori di Ocalan,
ancora considerato da Turchia,
Usa e altri, un'organizzazione
terroristica. Seduti attorno a un
tavolo invaso da bicchierini colmi di tè, impegnati in un'accesa
conversazione in curdo, che
non ha nulla a che vedere con il
turco, si alzano al nostro ingresso e ci inviato a sederci. Hanno
tutti un'espressione corrucciata
ma l'abbandonano subito per
fare un largo sorriso che si apre
sotto i folti baffi neri. Poi tristezza e rabbia riprendono immediatamente il sopravvento. Anche la mamma di Sirvan, che arriva con un vassoio colmo di
dolci curdi, sembra sul punto di
scoppiare a piangere. Non stiamo assistendo a una “rimpatriata” o alla visita tradizionale
ai parenti.
“QUESTA NOTTE partiamo,
andiamo sul confine e faremo di
tutto per entrare a Kobane”, inizia a spiegare Erol, tormentando il grosso naso aquilino come
se fosse il calcio di un kalashnikov. “Il problema è che avremmo bisogno di armamenti pesanti, anche se i nostri fratelli
dell'Ypg sono comunque in grado di tenere testa a quei mostri
dell'Isil. Ieri li hanno respinti
ancora e sono fiducioso che alla
fine Kobane non cadrà. Per fortuna la coalizione internazionale li sta bombardando di brutto,
ma se questo ipocrita criminale
di Erdogan avesse lasciato entrare anche i nostri guerriglieri,
che sono migliaia, oltre a noi
della diaspora tornati per aiutarli, quei tagliagole li avremmo
LEADER IN CARCERE
Manifestazione curda e il leader del Pkk Ocalan, in carcere in Turchia Ansa
già ammazzati tutti”. A questo
punto si inserisce il figlio Sami
con tono ironico: “Non abbiamo mai pensato che il caro presidente Erdogan volesse davvero concludere il negoziato di pace con Ocalan, gli interessava
solo avere i voti dei curdi per far
vincere il suo partito alle elezioni politiche di marzo, ma dopo
che ci ha chiuso la frontiera con
la Siria perché gli Usa non gli
hanno permesso di usare il
dramma dei nostri fratelli curdi
in Siria allo scopo di far entrare il
suo esercito per rovesciare il suo
nemico, il presidente Assad, noi
curdi-turchi gli faremo di nuovo la guerra. Dobbiamo smettere di illuderci. Solo i curdi siriani
dell' Ypg sono sangue del nostro
sangue, non come quel traditore
di Barzani (presidente del governo regionale del Kurdistan
iracheno, ndr) che sta dalla parte
di Erdogan dato che gli compra
il petrolio, e per questo li dobbiamo aiutare a qualunque costo. Barzani ha detto che anche i
Mare Nostrum va verso la chiusura
i profughi siriani costretti alla schedatura
di Stefano Pasta
Pozzallo duecento siriani
A
sono in sciopero della fame nel centro di prima accoglienza all’interno del porto.
Di “accoglienza” c’è ben poco:
secondo i profughi, la polizia
sarebbe impegnata nel prendere le impronte in modo violento. Tramite WhatsApp hanno inviato alla rete di attivisti
che da mesi li sta aiutando, foto di schiene con lividi ed ematomi. Sostengono che la polizia avrebbe detto: “Con le buo-
ne o con le cattive prenderemo
le vostre impronte”. Del resto,
nella circolare “Emergenza
immigrazione,
indicazioni
operative”, inviata il 25 settembre da Alfano - che ieri ha
confermato la prossima chiusura della missione Mare Nostrum - alle questure, si legge:
“In ogni caso la polizia procederà all’acquisizione delle impronte digitali, anche con l’uso
della forza se necessario”.
Non è il primo caso denunciato. Venerdì scorso, nel Cara allestito nell’ex aeroporto mili-
tare di Isola Capo Rizzuto, un
altro gruppo di siriani era in
sciopero della fame. Tra di loro, 32 donne e 21 minori in
fuga dalla guerra. Non accettavano il rilevamento coatto
delle impronte perché, secondo l’Accordo europeo di Dublino, possono fare domanda
di asilo unicamente nel primo
Paese dove i loro polpastrelli
vengono schedati. In questo
caso l’Italia. Invece, chi sbarca
al Sud vuole solo transitare
sulla Penisola per poi raggiungere il Nord Europa, non vuo-
Le lesioni su un rifugiato LaPresse
TESTIMONIANZE
I siriani sbarcati in
Sicilia sostengono che
la polizia prenda loro
le impronte, “anche
con l’uso della forza”,
come ordinò Alfano
le essere costretto a rimanere
qui. Per un anno l’Italia, pur in
violazione delle norme europee, ha lasciato “liberi” i profughi di andare dove volevano.
Ora, su richiesta degli Stati
nordici, il Viminale ha imposto la schedatura. Anche a Capo Rizzuto i profughi hanno
denunciato pestaggi. N., siriana di Homs, racconta: “Sono
entrate più di dieci persone
nella stanza con i manganelli,
donne e bambini hanno iniziato a urlare, due sono svenute”. Il senatore Manconi,
presidente della Commissione
Diritti umani, ha chiesto di accertarne la veridicità. “Già in
passato – dice – si erano manifestate numerose critiche
nei confronti della gestione del
Cara (Confraternita della Misericordia, ndr) e delle condizioni di vita degli ospiti. Il mese scorso, nello stesso centro, è
morto un profugo pachistano
in circostanze ancora da verificare”.
LA SCELTA DI ROMA
Rafforzati gli aiuti
militari alla minoranza
che si scontra
con il Califfato.
Gruppi di miliziani si
addestreranno in Italia
turchi gli hanno dato le armi e
lui ne ha girato una parte ai
combattenti di Kobane, ma non
è vero. Se le è tenute, mentre noi
siamo andati a combattere per
aiutare i suoi peshmerga a non
far arrivare l'Isis a Erbil”. L'altro
cugino, lo “svedese” che non
vuole dire il nome, invece ha ancora fiducia nelle capacità di negoziazione di Ocalan. “Comunque non sarà facile entrare a Kobane, ma noi conosciamo bene
il territorio, le armi le abbiamo,
anche se sono leggere. Dobbia-
mo comunque provarci perché
l'Isil è un gruppo di pazzi che
usano la religione per fare soldi e
riscattarsi perché, soprattutto
quelli che vengono dall'Europa,
sono degli scansafatiche senza
voglia di studiare e lavorare, alla
ricerca del potere. Noi veniamo
dall'Europa ma siamo grati ai
Paesi che ci hanno dato ospitalità e ci fanno vivere da loro senza chiederci nulla in cambio, solo l'onestà e il nostro contributo
alle loro economie con il nostro
lavoro”. Sarebbero decine i curdi della diaspora già arrivati sul
confine. Intanto “sono in arrivo
in Italia alcuni militari curdi che
verranno addestrati all’uso dei
sistemi d’arma che abbiamo già
ceduto loro”, ha spiegato il ministro della Difesa Pinotti. “L'intento è quello di fornire ulteriori
stock di armamenti ex-sovietici
familiari ai curdi”, ha specificato
il ministro. Ma queste armi verranno destinate al Kurdistan
iracheno, non alla regione Rojava curdo-siriana.
Il jihadista tedesco e la cancelliera
MICHAEL MINACCIA: “SPORCA MERKEL”
Michael N. jihadista tedesco, da anni sotto
osservazione da parte dell’intelligence di Berlino, ha
minacciato, tramite un video diffuso dalla Siria, Obama
e la Merkel: “Noi vi aspettiamo! Vi aspettiamo da 1400
anni!”, ha detto rivolgendosi agli americani. “E questo
vale anche per voi tedeschi. La sporca Merkel”
il Fatto Quotidiano
ALTRI MONDI
MESSICO RABBIA PER I DESAPARECIDOS
Quattro nuove fosse comuni sono state scoperte dalle autorità nei dintorni di Iguala, 20 giorni
dopo la sparizione di 43 studenti in questa
località del sud del Messico. Intanto cresce la
protesta di gruppi sociali e partiti politici che
minacciano di paralizzare l'intero paese. LaPresse
USA RAPINA E VIOLENTA CENTENARIA
Le autorità di Wichita, nel Kansas, hanno arrestato
un uomo di 35 anni con l’accusa di furto e stupro
nei confronti di una donna di 100 anni. L’uomo ha
forzato l’entrata dell’abitazione, pare insieme ad
altri delinquenti. Il gruppo ha prima saccheggiato
la casa, poi ha aggredito l’anziana. LaPresse
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
13
La Crimea brucia i libri
del “fascismo” ebraico
TESTI TATARI E NELLA LINGUA DI KIEV AL ROGO NELLA PENISOLA TORNATA ALLA RUSSIA
OLTRE 3 MILA LE OPERE MESSE ALL’INDICE, MENTRE ALL’EST SI CONTINUA A MORIRE
di Leonardo
I
A Milano Putin fa
la spola tra B. e Renzi
Coen
manoscritti non si
bruciano” ha scritto
Mikhail Bulgakov (nato in Ucraina) nel Maestro e Margherita. Invece, c’è
ancora chi si ostina a bruciarli
i libri, a distruggerli, a metterli all’indice. Succede in
Crimea. Nella penisola “normalizzata”
dall’intervento
putiniano e annessa alla Russia il 18 marzo, in alcune
scuole di Simferopol gli insegnanti hanno strappato e poi
buttato in cortile i testi scolastici in ucraino e in lingua
tatara di storia e letteratura,
obbligando i loro allievi a fare
altrettanto. Lo denuncia su
Facebook il professore Eskender Barijev che è membro del
Meijs, il parlamentino tataro
(la minoranza di lingua turca
e religione musulmana) e che
ha raccolto parecchie testimonianze su questi episodi
sconcertanti: “Non sarà né la
prima né l’ultima volta che
ciò succede. La storia si ripete,
purtroppo: gli zaristi fecero lo
stesso nel 1783...”. A dire il
vero, nel gennaio scorso, durante una manifestazione di
estremisti filorussi sempre a
Simferopol, i libri ucraini
vennero bruciati, e il falò fotografato, come monito per il
futuro.
INFATTI, DA QUALCHE tem-
po, c’è una sorta di caccia al
libro non approvato dal governo russo. Il governo della
Crimea ha stabilito una moratoria di tre mesi (scadenza il
31 dicembre) per la consegna
dei libri “vietati”, il cui elenco
si trova sul sito del ministero
della Giustizia russo, sono oltre 3 mila i titoli definiti
“estremisti”, quindi assimilati
alla propaganda terroristica.
Molti di questi libri, sono
pubblicazioni religiose islamiche. Altre, opere storiche.
Però, quel che è più grave questo la dice lunga sulla democrazia made in Crimea - è
che sono state già effettuate
quaranta perquisizioni nella
prima settimana di ottobre. A
Simferopol c’era una sola
scuola ucraina (Nvk), è diventata una scuola russa. I tatari,
in particolare, hanno provato
a protestare, ma è stato del
tutto inutile. Peggio: i servizi
di sicurezza (l’Fsb locale) hanno messo sotto sequestro il loro centro culturale e hanno
portato via tutto quello che
potevano, non solo i libri.
Spariscono i libri, spariscono
purtroppo anche le persone:
come diceva Stalin, “non c’è la
persona, non c’è il problema”.
Il 7 ottobre, in un ostello estivo abbandonato da tempo, è
Un rogo di libri in Crimea e una manifestazione dei filo-russi LaPresse
FAHRENHEIT 451
Distrutte opere
di storia e islamiche.
Decine di perquisizioni
nelle scuole per
covare pubblicazioni
“pericolose”
stato ritrovato il corpo di uno
studente di 25 anni che era
sparito di casa il 29 settembre.
Un altro ragazzo è appeso tra
la vita e la morte. Negli ultimi
mesi sono spariti 18 tatari, come ha dichiarato Mustafà Gemilov durante un incontro coi
rappresentanti degli osservatori europei.
Accuse gravissime che il Cremlino respinge. Durante il
Consiglio russo sui diritti
umani che si è svolto a Mosca
il 14 ottobre, qualcuno ha
chiesto a Putin se era a conoscenza del fatto che in Crimea erano scomparsi dei tatari: “Sento questo per la prima volta”, ha risposto il presidente russo, “non possiamo
ignorare che muore la gente
senza offrir loro aiuti; la componente umanitaria della do-
manda che mi è stata rivolta è
più importante della componente legislativa”.
Intanto, però, la discriminazione culturale e scolastica nei
confronti della minoranza tatara e degli ucraini prosegue
indefessa. E pure il sangue
nell’Ucraina in mano ai separatisti scorre a fiumi. Secondo
l’Onu (comunicato dell’8 ottobre) dopo gli accordi di
Minsk del cessate il fuoco del
5 settembre, sono state uccise
331 persone nelle terre contese di Donetsk e del Donbass,
alle quali si devono aggiungere i desaparecidos di Crimea.
QUANDO ENRICO LETTA, ALLORA PRIMO MINISTRO volle
il vertice Sem tra Europa e Asia a Milano, come spot per Expo
2015, non poteva immaginare che si sarebbe svolto in un momento così delicato. Il 26 ottobre ci saranno le elezioni in Ucraina, dove si misurerà nelle urne l’effetto della crisi, con il presidente Petro Poroshenko che cerca la conferma mentre la Russia si tiene la Crimea e, con l’avvicinarsi dell’inverno, acquisisce
potere contrattuale forte del controllo sul gas che serve agli
ucraini per non congelare. È in questo contesto che il presidente
della Federazione russa Vladimir Putin arriva a Milano. A parte
gli affari da chiudere con i cinesi, l’Ucraina è il principale argomento di un summit che non prende decisioni ma è importante per creare il clima diplomatico delle prossime settimane.
Fonti della Farnesina spiegano che il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini e il premier Matteo Renzi stanno lavorando per creare un clima di distensione: la Russia deve avere
la conferma che se si dimostra più moderata sul terreno, cioè se
argina la guerra civile in Ucraina, può sperare di ottenere un
ammorbidimento delle sanzioni decise dall’Unione europea, finora unica misura concreta adottata. Essere il Paese ospitante
del vertice consente all’Italia di sedere al tavolo del negoziato tra
Putin e Poroshenko assieme ad Angela Merkel, François Hollande e David Cameron. Nei precedenti due incontri tra i rivali
l’Italia non era invitata.
Peccato che Renzi debba accettare una presenza ingombrante
come quella di Silvio Berlusconi: l’ex premier ha fatto di tutto per
ottenere una deroga alle restrizioni di cui è vittima per la condanna definitiva e poter così ricevere ad Arcore il caro amico
Vladimir. Che così si trova a incontrare Berlusconi, il capo dello
Stato Giorgio Napolitano alla cena di gala, e Matteo Renzi a
colazione. Difficilmente il Cavaliere resisterà alla tentazione di
annunciare qualche storica svolta, come quando nel 2002 a
Pratica di Mare si inventò di aver fatto entrare la Russia nella
Nato. Alla Farnesina sono un po’ preoccupati per le esuberanze
berlusconiane, ma non potevano impedire l’incontro tra il Cavaliere e l’amico Putin.
Twitter @stefanofeltri
L’ALTRO VOLTO CINESE
Pechino, tanti affari e pochi diritti
di Cecilia Attanasio Ghezzi
Pechino
romuovere la sicurezza e
P
una crescita sostenibile. È
questo l'obiettivo per cui 53 capi
di stato sono riuniti a Milano
nel
vertice
Asia-Europa
(Asem). Rappresentano il 60
per cento della popolazione
mondiale e metà della ricchezza
prodotta su questo globo. Hanno due giorni per confrontarsi a
porte chiuse sui temi che più li
preoccupano. Non ci sono protocolli né necessità di dichiarazioni alla stampa. Ognuno porterà sul piatto i temi che ritiene
più importanti, cercando di trovare un terreno d'incontro attraverso quello che più si avvicina a un dialogo informale tra
capi di stato. Si parlerà della minaccia dell'Isis, delle acque contese nel Mar cinese meridionale
e di Ucraina. Secondo il presidente del Consiglio europeo
Van Rompuy si parlerà anche di
diritti umani e, forse, degli studenti che da tre settimane ma-
nifestano nelle strade Hong
Kong perché il governo gli garantisca una maggiore indipendenza dalla Repubblica popolare. Ma soprattutto si cercherà di
rinforzare i legami commerciali. Gli interscambi tra Asia e Europa hanno ormai raggiunto i
1.250 miliardi di euro, quasi
raddoppiando il valore registrato dieci anni fa. E in questo
la Cina è sicuramente il paese
più forte. Quello che non bisogna scontentare perché è corteggiato da tutti. Subiamo gli effetti dell’“ascesa pacifica” inaugurata oltre trent'anni fa dalle
riforme e aperture volute da
Deng Xiaoping.
DIFFICILMENTE VERRANNO
affrontati i punti deboli e le sfide
che minacciano la nuova super
potenza. Con ogni probabilità
varrà il principio più caro ai cinesi, quello della non interferenza. Si può essere uniti contro
il terrorismo, sì - specie da quando è stato assodato che diversi
cinesi, pare almeno un centi-
Le proteste di Hong Kong LaPresse
FRONTE COMUNE
Oltre al business il regime
comunista chiede
all’Europa sforzi comuni
sul terrorismo, problema
sempre più grave
per il colosso asiatico
naio, si starebbero formando
militarmente nell'esercito dello
Stato islamico – ma rispettando
la sovranità nazionale degli stati.
E con lo stesso spirito si potranno affrontare argomenti ancora
più spinosi come quello delle
isole contese - quasi tutte con la
Cina - in quel tratto di mare così
ricco di risorse energetiche e dove passa un terzo del traffico
marittimo globale. Per non parlare di diritti umani e di Hong
Kong che la Repubblica popolare ritiene problemi di politica
interna su cui nessun altro Stato
può mettere bocca. Probabilmente dunque la politica sarà
subordinata agli affari.
LA CINA VORREBBE rinforzare
le relazioni bilaterali con l'Unione europea e più di tutto cerca
qualcuno che da Bruxelles possa
parlare e negoziare a nome di
tutta la Ue. I suoi investimenti in
questa parte di mondo sono più
che quadruplicati in tre anni. Secondo i dati della Deutsche
Bank sono passati dai 6,1 miliar-
di del 2010 ai 27 miliardi di fine
2012. E diversi analisti pensano
che questa tendenza è destinata
a crescere ancora nel prossimo
decennio.
La posizione dominante della
Cina in economia potrebbe anche influenzare le sanzioni europee alla Russia, e rinforzare
l'asse già solido tra Pechino e
Mosca. Approfittando della destabilizzazione degli storici rapporti politici tra Europa e Usa, il
Dragone sta mettendo in atto
nella Ue quello che il Financial Times ha già definito un secondo
piano Marshall. Le aziende cinesi, sia quelle di Stato che quelle private, si stanno accaparrando molti degli asset europei. E
non a caso, come nel secondo
dopoguerra, una delle zone che
godrà di più investimenti è proprio la nostra penisola. Nella
prima metà del 2014 se ne è aggiudicata la fetta maggiore: 3,5
miliardi di euro. A cui si sommano gli 8 degli accordi firmati
l'altro ieri al latere del viaggio in
Italia del premier Li Keqiang.
14
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
BALOTELLI E PRANDELLI ORA
SE LE DANNO DI SANTA RAGIONE
“Non è un campione”, disse l’ex ct a luglio
poco dopo il Mondiale in Brasile
“Dimostra di non essere un vero uomo” è la
risposta di Balotelli, “mi critichi di persona”
VASCO BRONDI RACCONTA E SUONA
AL ROMAEUROPA FESTIVAL
PISTORIUS MINACCIATO DALLE GANG
SE ANDRÀ IN CARCERE SARÀ SOLO
Il cantante de Le Luci della centrale
elettrica sul palco del Macro Testaccio
con lo spettacolo “Cronache emiliane”,
un viaggio tra musica e letteratura
Il legale dello sportivo paralimpico ha convinto
Zac Modise, commissario dei penitenziari
sudafricani, che una normale detenzione
metterebbe in pericolo il suo assistito
SECONDO
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
Dalla carica alla scarica
NEL DECRETO STADI VIA ALLA SPERIMENTAZIONE DELL’USO DEL TASER, LA PISTOLA ELETTRICA TUTT’ALTRO CHE INNOCUA
di Luca Pisapia
I
l decreto sulla sicurezza negli stadi,
presentato ad agosto dal ministro
dell’Interno Angelino Alfano, è diventato legge mercoledì, dopo essere
stato approvato anche dal Senato (164
sì e 109 no). Rispetto al decreto due le
novità introdotte per emendamento,
entrambi dopo che era stata messa la
fiducia: la richiesta alle società di calcio di contribuire al pagamento degli
straordinari delle forze dell’ordine e la
sperimentazione del taser: la pistola
elettrica che uccide e su cui Amnesty
International Italia ha già paventato
“il rischio di violazioni dei diritti umani”. Il decreto nasce in estate come risposta alla tragedia della finale di Coppa Italia, costata la vita a Ciro Esposito, ucciso a Roma in circostanze non
ancora del tutto chiarite, una notte in
cui le più alte cariche dello Stato erano
in tribuna all’Olimpico incapaci di
agire, tanto che la polizia ha trattato
direttamente con le tifoserie. È quindi
una legge emergenziale a favore di te-
lecamere, senza che una riflessione sia
stata fatta su questo e gli altri episodi.
In buona sostanza il Daspo, il divieto
di assistere alle manifestazioni sportive (legge 401 del 1989), è esteso da 1
a 3 anni, mentre prima arrivava massimo a 1 anno. Il Daspo per recidivi è
esteso da 5 a 8 anni, prima era 5.
È INSERITO il divieto di trasferta fino a
Una fase
dei violenti scontri
scoppiati
nel settore ospiti
durante la partita
di Champions
League RomaCska Mosca
dello scorso
17 settembre
Ansa
2 anni per le tifoserie violente. E la possibilità di colpire colui
che è ritenuto il capo carismatico del gruppo,
ANTI ULTRAS
anche se incensurato,
con un Daspo di 3 anni.
Le forze dell’ordine
Poi c’è il cosiddetto arresto in flagranza diffepotranno usarla
rita, anche per chi incita
a Milano, Roma e Napoli.
alla
discriminazione
razziale. Il tutto nonoÈ il punto più controverso
stante i sottoposti a Daspo in Italia siano già oldi una norma dal chiaro
tre 5 mila, e la maggior
stampo emergenziale
parte dei provvedimenti
sia poi rigettata dai Tar.
E nonostante negli ultimi sette anni ci sia stato un calo della la possibilità di punire indiscriminaviolenza del 60%, per un numero di tamente un gruppo di persone anche
episodi sei volte minore di quelli che se solo una è colpevole – norma a eviaccadono nelle celebrate Germania e dente rischio di incostituzionalità, coInghilterra (come appare da uno stu- me non pochi giuristi hanno avuto
dio della Link Campus University, già modo di far notare – e il fatto che i
disponibile quest’estate per la consul- recidivi e i soggetti considerati più pericolosi possano essere sottoposti a
tazione).
I punti più controversi però sono due. sorveglianza speciale di pubblica sicuIl cosiddetto Daspo di gruppo, ovvero rezza, anche integrata dall’obbligo di
soggiorno. Una misura, quest’ultima,
mutuata dal decreto Maroni sulla mafia. Carlo Balestri, fondatore anni fa di
“Progetto Ultrà”, la spiega così: “Cominciare a utilizzare norme valide per
i mafiosi anche per i tifosi è un precedente assai pericoloso. E la cosa peggiore è che questi strumenti repressivi
sono provati nelle curve, contro i ‘figli
di nessuno’ e poi sono portati anche
PRIMO GIORNO
Roma Film Festival, meno
male che c’è “Er Monnezza”
di Federico Pontiggia
te il photocall del doc sugli Schindler
nostrani My Italian Secret; la surreale
l peggior festival della mia vita? conferenza di Soap Opera, con i giorNo, tranquilli. Dopo La peggior set- nalisti come tifosi: “Ma quanto mi è
timana e Il peggior Natale della mia vita, piaciuto!”; la presenza sullo schermo,
Alessandro Genovesi cambia titolo: non di uno, non di due, ma di tre papi,
Soap Opera, la commedia, meglio, la ovvero i canonizzati Giovanni Paolo
meta-soap opera con cui ha aperto il II e Giovani XXII e Francesco nella
nono Festival del Film di Roma. In at- produzione del CTV e Sky3D 27 apritesa di capire se l’anno prossimo la de- le 2014. Insomma, mancavano solo
nominazione rimarrà Festival oppu- “le suorine con gli occhialini che cerre tornerà Festa, come il direttore in cavano di toccare Bergoglio”, come fu
scadenza Marco Müller vorrebbe, per al cinema quel giorno per la diretta
ora chiamiamolo
stereoscopica, ma
Fest. Il Fest ha inaunon si può avere
gurato
sparando
tutto, e comunque
LA COMMEDIA
(quasi) tutto quel
c’è Tomás Milián,
che poteva: un film
dell’AcInaugura “Soap Opera” insignito
cinese che ha prestating Award del Fest.
to fede al proprio tidi Alessandro Genovesi. Chi altro oggi potolo, The Dead End,
trebbe definire RoPoi il premio “Acting
nel senso che non è
ma “la mia resurrezione”? Forse il prestato proiettato per
Award” a Tomás
“problemi di censumio gli è stato assera”; il figlio di Ginognato anche per
Milián, vero mattatore
Bartali, Andrea, colquesto, ma la prodella kermesse
to da malore duranfessione di fede ca-
I
pitolina dell’81enne attore è adamantina: “Il mio ruolo preferito? Er Monnezza”. Dovrebbero dargli le chiavi
della città, anzi, proprio il Campidoglio. Parlando alla stampa, perde più
volte il filo del discorso, si ripete, si
ripete ancora, ma fa quello che pochi
suoi colleghi sanno fare: incantare, legare a una narrazione, quella della sua
vita.
LA TROVATE tutta nella biografia appena uscita, Monnezza amore mio:
“Questo c’è nel libro, correte a prenderlo!”. Ma perché, giovanissimo, Milián lasciò L’Avana, la vita agiata, le
belle donne, le macchine potenti e i
drink al country club di un “fascistello
inconsapevole, lo stronzo che ero”?
Per trasferirsi a New York e frequentare l’Actors Studio di Lee Strasberg.
“Non ne potevo più della mia famiglia
alto-borghese: ero infelice, non sapevo ancora di essere un ribelle, finché
non vidi La valle dell’Eden e mi identificai in James Deen”. Prima, il padre
gli si era suicidato davanti agli occhi,
Tomás Milián Ansa
“ma non piansi, era come se fosse
morto un dittatore, perché papà era
un mostro”. A uso e consumo dei parenti straziati, Tomas simulò il lutto, si
fece ad hoc il suo film La valle dell’Inferno. Poi, sarebbe arrivato il provino
all’Actors Studio: fu preso, unico cubano tra 3mila americani. Chissà che oggi la sua bella carriera non tocchi a uno
dei giovani e arrabbiati attori tedeschi
di We Are Young. We Are Strong, sui moti xenofobi nella Rostock del 1992?
nelle piazze, allargate ad altri tipi di
contestazione”. Se l’emendamento
che prevede che le società versino una
cifra compresa tra l’1% e il 3% degli
incassi (tra i 2 e i 6 milioni l’anno) come contributo alle spese degli straordinari di polizia, è quello che ha fatto
più rumore, ricevendo le critiche dei
mammasantissima del circo pallonaro
– da Tavecchio (Federcalcio) a Beretta
(Lega Calcio), dai grandi presidenti alla grande stampa – il peggio è altrove.
GRAZIE all’emendamento del senatore Fontana di Forza Italia, infatti, è avviata a Milano, Roma e Napoli la sperimentazione del taser: pistola elettrica tutt’altro che innocua, se è vero che
in America dal 2001 avrebbe già causato la morte di 870 persone, il 90%
delle quali disarmato. Negli Stati Uniti
e in Inghilterra (anche lì si contano diversi morti) Amnesty sta combattendo per eliminarne l’uso, in Italia è introdotto con la solita procedura: prima negli stadi, poi nelle strade. “Con
una botta di taser ci rimango – spiega
l’avvocato Lorenzo Contucci – è
un’arma pericolosa, in certi casi micidiale (le scariche multiple da 50 mila
volt possono danneggiare il cuore o il
sistema respiratorio anche in maniera
irreversibile, ndr). Ma se muore un ultras non è un grosso problema, come al
solito le gradinate sono l’anticamera
della piazza. Il taser tornerà utile nelle
manifestazioni”. È successo per i lacrimogeni con gas CS (armi chimiche
per la Convenzione dell’Onu) e per i
manganelli tonfa, sperimentati allo
stadio prima e usati al G8 di Genova
poi. Nel mondo ultras la tensione è alta, fortunatamente per ora sono solo
apparsi striscioni goliardici. A Pisa:
“Pistole elettriche? Prima per gli ultras
poi per tutta la città”. E a San Benedetto del Tronto “Alfano pupazzo, il
taser sparatelo sul ca...o”.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
Il cantautore
IL NUOVO
DISCO
Il moderno è arrivato
fino agli amati anni Venti
del secolo scorso: aveva
in sé un connotato
rivoluzionario
che all’attualità
manca del tutto
di Andrea Di Gennaro
D
avanti a un tortino
al cioccolato, sornione come al solito, Paolo Conte sa
regalare perle di comicità: “Paolo, ma il tuo disco lo vendono su
iTunes? Lo sai” E lui: “Ma sai,
magari a Tunisi in qualche mercatino di piazza lo venderanno
pure...”.
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
15
Paolo Conte
“Sono un dandy, scusate
se confondo Tunisi e iTunes”
Si parlava di dischi, alla presentazione dell’ultimo lavoro di
Paolo Conte e proprio poco prima l’artigiano di Asti (“la parola
artista mi ha sempre fatto un po’
paura”) aveva detto di sentirsi
ancora pienamente parte
dell’era moderna, e molto poco
affine a quella attuale: “Il moderno arrivato fino agli amati
Anni 20 del secolo scorso aveva
in sé un connotato rivoluzionario che all’attualità manca del
tutto”. Meglio quindi un disco
su una bancarella di un mercato
di Tunisi che un’impalpabile
manciata di bit Apple. Vuoi
mettere quanto è più rivoluzionario il primo, nonostante i flash, i palchi e le dolcevita nere a
Cupertino? Detto questo, Snob è
un album brioso, pieno di rimandi ai primi amori di Conte
ma non solo. Ci sono accenni di
classicismo negli arrangiamen-
DE SANCTIS La Gazzetta
“costretta” a giustificarsi
l calcio parlato è quasi sempre sconI
tato. Quasi. Raramente esce fuori
dallo schema “il mister fa le sue scelte”;
“quando il mister vuole io sono pronto”;
“è normale sbagliare”, e via così. Ma
quelle volte, poche, in cui un calciatore
afferma ciò che pensa, sono dolori. Lo sa
bene la Gazzetta dello Sport, che ieri ha
ospitato un’intervista dura e interessante del portiere della Roma, Morgan De
Sanctis, nella quale il 37enne parla di sudditanza, violenza,
omofobia, scommesse. Non sia mai! Alcuni lettori bianconeri della Gazzetta si sono scatenati sui social, tra messaggi,
accuse, minacce di non acquistare più la rosea, tanto che lo
stesso direttore, Andrea Monti, ha deciso di pubblicare un
editoriale sul sito, per spiegare: “La Gazzetta ha plaudito e
plaude al ‘diamoci una calmata’ del presidente Pallotta e di
tutti quelli che hanno sposato questa posizione. Ciò non toglie che le tesi di De Sanctis – pur discordi dalle nostre – siano
espresse da un giocatore di rilievo”. Non basta. Per completare l’opera di pacificazione, in serata il sito della rosea ha
pubblicato un intervento di Fabio Capello, dal titolo: “La Juve
ha la mentalità vincente”.
ti, d’altronde uno dei suoi passatempi preferiti “è il canale 138
di Sky dove mandano musica
meravigliosa”. Ma ci sono i ritmi
venati di musica nera (non solo
il jazz) che in tante tracce fanno
venire voglia di ballare leggiadri.
E ancor più ci sono le rime baciate che del Conte paroliere
hanno fatto la fortuna e di cui lui
sa evitare la banalità con l’incedere spiazzante e il timbro fumoso della voce.
FUMA meno di quanto s’imma-
gini Paolo Conte, comunque:
“Le cose scritte e descritte nelle
mie canzoni sono tutte vere –
aggiunge Conte – esistono nella
realtà e la traslazione del racconto in musica non le allontana di
molto dalla loro dimensione
originaria”. La stessa idea di rendere (nuovamente) omaggio a
Genova – tanto che non è raro
imbattersi in chi creda Conte
genoano – parte da un incontro
vero. Il dialetto genovese in Maracas prende spunto da una signora in bilico per questioni
economiche; non più giovane,
sui 45 anni, definita sirena appunto in relazione all’età, immersa in quel flusso costante di
attrazione e ritrosia che da sempre alimenta la rotta tra il capoluogo ligure e Milano”.
Ma non si tratta di provincia,
Conte si sente “più un cittadino
del mondo che un cantore della
provincia”. Sebbene questa sia
per lui “più leggibile della grande città, più facile da scavare, più
sagomata e attraverso quelle
pieghe più agevole trovarvi degli
insegnamenti. Rivendicarlo però come “Alto Astigianato”
(gioco di parole ricorso spesso,
ndr), no. Non ci arrivo”. È un album dandy perché “ci sono tre
categorie di persone fuori dal
comune: l’intellettuale, a rischio
noia; lo snob, certamente raffinato ma un po’ parvenu, e il
dandy che di modi, gusti e maniere sa fare un modus vivendi
naturale. Ecco io parteggio sicu-
ramente per il dandy”.
E allora Snob diventa “solo” un
titolo che preso da un brano viene portato in cima alla scaletta:
“Ho sempre fatto così, scrivo
canzoni, mai concept-album, e
poi uno dei titoli finisce in copertina. Da quando poi ho un
pubblico internazionale, penso
di dover di usare parole che abbiano facile accesso al di là delle
barriere linguistiche”.
Snob, appunto. Qualcuno ha azzardato a descriverlo come l’ultimo capitolo di un romanzo
musicale, ma siccome è difficile
non stare dalla parte di Conte
quando dice che lui scrive canzoni, ognuna autonoma, ognuna a sé con un proprio portato
che finisce nei suoi tre minuti o
va avanti all’infinito a seconda
della fantasia di ognuno, gli si fa
notare la discrasia di questi due
concetti. E lui, velando un po’ di
sdegno verso le logiche del mercato: “Eh... ma non l’ho mica
presentato io così!”. D’altronde
quando andò al premio Tenco
per la prima volta – altri tempi –
rimase sorpreso dal vedere “colleghi cui bisognava dare 10 lire
per cominciare e 200 milioni per
farli smettere. Io dopo due brani
me ne andai, terrorizzato dalla
paura di annoiare”.
Da buon dandy Conte è passato
dalle pedalate di Bartali alle volée di Rod Laver. In Si sposa l’Africa parla di tennis e a tavola sembra quasi prendere in giro i personaggi del suo quadretto musicale che sono tutti soci di
Wimbledon: “Io parlo di terra
rossa e quelli credono di giocare
sull’erba”. Lei gioca? “Malissimo, ma mi diverte molto, anche
in tivù. Ad Asti tre geometri
tentarono per anni di realizzare un campo in erba, alla fine
scrissero agli inglesi. Questi risposero che era facilissimo: bastava rasare l’erba, rasarla e rasarla ancora, sempre alla stessa
altezza... per 300 anni!”. Risultato? “Giochiamo ancora sulla
terra”.
ASTIGIANO DOC
Paolo Conte, 77 anni Ansa
LA STAMPA Addio a Marco
Ansaldo, la firma dello sport
di Mariateresa Totaro
er 23 anni ha raccontato storie e
P
miti del mondo dello sport, su La
Stampa. Ieri, a 58 anni, Marco Ansaldo
è morto a causa di un infarto. Solo un
mese fa era andato in pensione: “Sai –
raccontava – adesso sono libero di fare,
Marco Ansaldo
ma soprattutto di non fare. Questa è la
nuova grande conquista”. L’ultima fatica era stato il racconto dei Mondiali in Brasile. Dopo gli
inizi al Corriere dello Sport e un breve periodo a Repubblica, La
Stampa è diventata casa sua. Qui ha trascorso 23 anni della
sua carriera, della sua vita, scrivendo di Olimpiadi, di
Mondiali, di Juve, del Toro, di campioni, di vittorie e di
sconfitte. I colleghi torinesi lo ricordano come infaticabile
pignolo: “Marco non era mai contento di quello che faceva.
In quel momento, telefonata o chiacchierata che fosse, bisognava lasciarlo sfogare e pensare a come ripartire sicuri
che anche lui l’avrebbe fatto. Perchè puntuale, arrivava il
pezzo giusto”. Una vita dedicata al giornalismo sportivo e
alla scherma, la sua più grande passione, coltivata insieme
a sua figlia che in pedana ci aveva passato l’adolescenza.
LO SCRITTORE
Veronesi, la web reputation è tutto
di Elisabetta
Ambrosi
overo Pietro Paladini.
P
Allora il quarantenne
protagonista di Caos Calmo,
il romanzo di Sandro Veronesi uscito nel 2005, era rimbalzato nelle pagine culturali
di riviste e quotidiani, per
poi incamminarsi verso la
marcia trionfale del Premio
Strega. Oggi, invece, ricomparso a quasi dieci anni nel
nuovo libro Terre rare (Bompiani), non solo si trova abbandonato, tra le pagine del
romanzo, da figlia e socio (e
con la Guardia di Finanza in
ufficio), ma soprattutto deve
affrontare, proprio come il
suo autore, un mercato editoriale stravolto.
Nemmeno un autore di successo, oggi, può fare a meno
della web reputation. È fondamentale, più di un buona
recensione sui giornali o di
un’ospitata televisiva. L’elogio digitale è il più ambito.
E infatti ieri a Roma il nuovo
romanzo di Sandro Veronesi – all’insegna dell’hashtag
#terrerare – è stato presentato esclusivamente a blogger e giornalisti web. Che rispetto ai vecchi recensori,
maschi di mezza età dai contratti inamovibili in quotidiani e riviste, hanno subito
una radicale mutazione antropologica: oggi sono trenta-quarantenni che fanno
una mezza dozzina di mestieri insieme o che magari
scrivono o twittano semplicemente per passione, o per
avere in cambio una copia
gratis.
MA A MUTARE è anche la
nuova recensione 2.0, ormai
oltre il bene e il male: né marchetta barocca né stroncatura feroce, oggi quasi sempre è
un breve commento che si
accompagna all’immagine di
copertina, oppure è un tweet
che racconta un dettaglio,
un’emozione temporanea,
pezzetti di trama, una battuta. “Perché in tutti noi c’è un
po’ di Pietro Paladini”, cinguettava Simone Martelli
mentre nel frattempo lo
scrittore, jeans e camicia,
spiegava ai suoi ascoltatori
fisici o collegati in streaming
che la rete è un luogo a rischio dispersione perché tutti i contenuti sembrano
uguali. “Non vedo l’ora di
leggere Terre rare di @Sandro Veronesi”, twittava il
ORIZZONTI
Il nuovo romanzo
“Terre Rare” presentato
esclusivamente
a blogger e giornalisti
web. Contano più
di giornali e televisione
giornalista Andrea Salerno”;
“Ma quant’è bello Terre Rare”, scriveva sic et simpliciter
lo scrittore Diego De Silvia,
mentre Maurizio Crosetti digitava: “Molta voglia di leggere Terre rare, anche perché
il caos non è davvero mai calmo”.
GLI EDITORI l’hanno capito
da un pezzo: parlare di libri
su Twitter oggi è più cool della carta stampata, anche perché i potenziali recensori si
moltiplicano. “Sei il lettore
giusto al posto giusto. Mettiti
comodo e guardati intorno:
benvenuto da Rizzoli”, recita
l’account della casa editrice
milanese. “Parla, e sii breve e
arguto”, raccomanda invece
l’account Einaudi. Su Twitter non si butta via niente: si
offrono ai lettori notizie sui
libri, link a interviste, citazioni, pillole di recensioni di
blogger spezzettate da agguerriti uffici stampa per far-
le durare più a lungo nei social, immagini di copertina
postate magari dagli stessi
autori a casa loro, oppure si
ritwittano opinioni di lettori
o di account librari – tra gli
altri @stoleggendo, @tropicodellibro, @twitteratura,
@bookrepublic, @fallabreve,
@chiusoperkindle, @casalettori, @Zeldawasawriter –
sperando però soprattutto
nella battuta degli scrittori
famosi: oggi ultra sollecitati
specie quando fanno parte
della stessa scuderia (come
Saviano per Feltrinelli), perché concedano l’analogo digitale della fascetta gialla,
quand’anche fosse un semplice sintagma – “un libro
necessario” – o perché retweettino ai loro seguaci, in
fondo cosa costa?, una buona parola messa da qualcuno
su questo o quell’altro titolo.
Ma tutto questo agitarsi fa
vendere più copie? Non mol-
Sandro Veronesi Ansa
to, per la verità e gli stessi
scrittori ne sono consapevoli: “Non avevo aspettative
promozionali, quanto di conoscenza e di scoperta”, ha
spiegato ieri Veronesi. Ma la
web, anzi la Twitter reputation conta molto, anche se
non per tutti: “I più grandi
come Eco e Camilleri se ne
fottono allegramente”, racconta l’ufficio stampa di una
grande casa editrice. “Forse
vale più per gli esordienti. O
quelli più insicuri, che compensano l’ansia da scomparsa in libreria con la presenza
sui social. Perché magari di
copie se ne vendono sempre
meno, ma vuoi mettere, avere migliaia di follower?”.
16
SECONDO TEMPO
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
il Fatto Quotidiano
MASTERIZZATI
IN USCITA OGGI
A bassa voce, come
un cinquantenne
EARTH HOTEL, NUOVO DISCO DI PAOLO BENVEGNÙ:
“CANTO COME SE FOSSE QUELLA DI MIO PADRE”
di Diletta
Parlangeli
F
uori dal bosco, la
metropoli. Sono
sempre luoghi visibili quanto irreali
quelli dove Paolo Benvegnù si
addentra, tirando dentro chi
ascolta. Dopo la foresta di
Hermann, regno d’alberi ombrosi, scenario di plateali
quanto cupe gesta, fa visita alla frenesia del cemento con
Earth Hotel (in uscita oggi).
Un album urbano, anche se
scritto in una “piccolissima
stanza, con una finestra ampia, per fortuna”. Urbano a
prima vista – le fotografie e
l’artwork di Mauro Talamonti sono impeccabili, e sembrano quasi rendere omaggio al
“mare verticale” di Benvegnù, stavolta fatto di grattacieli e piani – e urbano
nell’evocare tante piccole
stanze, appartamenti, luoghi
non-luoghi dai quali l’essere
umano guarda ciò che lo circonda, facendo confusione
tra ciò che è in alto e ciò che
sta sotto, tra il dentro e il fuori, tra i confini che finiscono,
e quelli che sfumano. Limiti
sbiaditi, come in Nuovosonettomaoista, il brano più sociale
del disco, palese rimando di
identificazione tra chi scrive e
chi ascolta: “È il gioco dei
ruoli, è scoprire di essere al
tempo stesso broker di Borsa
e vittima della speculazione”.
“L’album è figlio di una ricerca personale faticosa,
un’operazione salgariana –
spiega Benvegnù – Mi è sembrato naturale ambientarlo
(con relativa “guida inestricabile all’ascolto”, ndr) in stanze
diverse, come se il mondo
fosse una stanza di transito,
dove ci si sporca, ci si lava, in
IL CANTAUTORE
Mario Venuti
che non ti aspetti
una cornice più semplice e
meno fastosa”. Una ricerca
che lo ha portato a capire di
essere “un mostro sublime,
come tutti” e che, si avverte,
ha sentito la necessità di fare
da solo. Se Hermann era un disco corale, veniva sottolineato, Earth Hotel è fatto di “riflessioni personali”.
CERTO mediate e rimediate
più volte, “dai tanti amici, da
tutte le persone che hanno dato di nuovo fiducia, come i
ragazzi di Woodworm”. “Insomma, se non avessi visto
Shutter Island, se non fossi stato così sovrappeso d’anima, o
non avessi mangiato il burro
ieri, non avrei fatto questo disco”.
Dodici tracce di un equilibrio
musicale millimetrico, con
aperture e distensioni (Hannah, Life), e potenza (Nuovo-
di Pasquale Rinaldis
Paol Benvegnù è nato a Milano il 14 febbraio 1965
sonettomaoista, Feed the distruction), e tratti distintivi
dell’autore (Sempiterni sguardi
e primati) che lo restituiscono
alla sua più alta abilità compositiva. E l’aria nuova si avverte anche in un diverso tratto nel cantato, spesso basso
(vedi l’illuminante singolo
Una nuova innocenza). “Questi
non sono nati come brani,
non c’è costruzione preterintenzionale. È una serie di
scintille inaspettate. Non ho
scritto su commissione a me
stesso, come mi è capitato,
MUSICA, VINO E SALAME
IL TRAMONTO DELL’OCCIDENTE©
WORSHIP THE SUN ©
Allah-Las
Innovative Leisure
DA UN GRUPPO formato da ex-commessi di
un negozio di dischi – notoriamente dei nerd
musicali assoluti – il minimo che ci si può aspettare è un disco che rifletta le tonnellate di ascolti. Nel caso degli Allah-Las, quartetto di Los Angeles nato nelle pause caffè del celebre
paradiso del vinile Amoeba Records, il livello di riproduzione delle influenze musicali è degno dei miniaturisti medioevali. Il genere di riferimento è il folk-rock californiano in procinto di diventare psichedelico del triennio 1965-67: tale è l’immedesimazione dei ragazzi nei
confronti dei loro modelli – dai Love ai Seeds, dai Byrds ai Beau Brummels – che se Worship The Sun, secondo loro album, fosse venduto nel
settore ristampe nessuno se ne accorgerebbe. Filologicamente l’operazione funziona, ma le canzoni finiscono per assomigliarsi un po’ troppo. E purtroppo non ce n’è alcuna che assomigli a una 7 & 7 Is o una
Pushin’ Too Hard, una Feel A Whole Lot Better o una Laugh Laugh.
Carlo Bordone
JAZZ
GLAD THERE IS
YOU 800 ©
Renato Sellani
Ponderosa
IL CANTAUTORE siciliano timido e introverso spariglia le carte e pubblica un album
inaspettato – soprattutto negli arrangiamenti
– ed ispirato principalmente dagli album pop di Franco Battiato
usciti negli anni ottanta. Il risultato è destabilizzante: le atmosfere
dell’”ultimo dei romantici” faticano a farsi strada a favore di una
nuova cifra stilistica a metà tra il concept album intellettualizzato e
una forma-canzone all’avanguardia aiutato dalle collaborazioni
con Alice, Battiato, Nicolò Carnesi e Giusy Ferreri. Il perno del disco
è la condivisione nella composizione con Francesco Bianconi –
garanzia di originalità –, un approccio “pesante” tale a stravolgere
il dna originario di Venuti. Ecco quindi leggerezza ma con testi
impegnati su politica, rapporti interpersonali e malattie della società; non c’è il tessuto lieve di “Veramente” (ad oggi il tassello
meglio riuscito di Mario) ma va riconosciuto all’artista la volontà di
sorprendere. Da novembre tour in tutta Italia, consigliato vivamente.
Guido Biondi
I miniaturisti
del folk rock
spesso nel periodo Scisma –
racconta Benvegnù – È tutto
figlio di un pezzo di ricerca
faticoso, di un accordo faticoso. Di un cinquantenne che
scrive di se stesso, cercando
soluzioni per un cinquantenne. Quella che senti bassa, è la
voce di quel cinquantenne,
che finalmente parla con la
voce di suo padre, di suo nonno, di sua madre. È il tentativo
di cercare il centro interno,
dopo aver rincorso delle cose
come se il traguardo fosse
all’esterno”.
Il grande,
Renato Sellani
pigro artigiano storia al piano
Mario Venuti
Microclima
LA BAND CALIFORNIANA
Alber to
Bianco
e Levante,
madeleine
perfetta
QUESTO grandissimo pianista jazz ha un curriculum
sorprendente: Chet Baker lo scelse per registrare
“In Milan”, conobbe Bille Holiday e Dizzy Gillespie;
scrisse le musiche per “Aspettando Godot” di Beckett e “Puntilla e il suo servo Mattì” di Brecht. È
collaboratore prezioso di Tiziana Ghiglioni per molti dei suoi album. In questo doppio cd si ripropone il
suo repertorio jazz classico: il pianoforte disegna
note sulle canzoni di Trenet (“Que Reste-t-il De
Nous Amour”), Brel (“Ne Me Quitte Pas”), Gershwin (“The Man I Love”) e alcune pagine di artisti
italiani quali Endrigo (“Io che amo solo te”) e Califano (“E la chiamano estate”) e molti altri. La sensazione provata è di un intimo legame con l’ascoltatore, quasi un concerto privato.
G. Bio.
CASCINA
PIOVANOTTO ©
Giorgio Conte
Ala Bianca/Warner Music
QUANDO parlano di lui, e
probabilmente non lo hanno mai fatto abbastanza, gli aggettivi che usano
di più sono “ironico” e “sornione”. Entrambi pertinenti, ma certo non sufficienti a raccontare la
bellezza artigiana del percorso di Giorgio Conte.
La sua strada si arricchisce ora di Cascina Piovanotto, dodici canzoni tutte autografe tranne
Vecchio Pedro (già nel repertorio del Quartetto
Cetra). Conte si descrive come un uomo “affondato nella mia pigrizia come una ciliegia sotto spirito”, in perenne compagnia “di una bottiglia di Barbera avvolta in un lino bagnato” con
pane e salame da dividere con i suoi cani. La sua
musica, e questo nuovo disco particolarmente
ispirato non fa eccezione, ha la semplicità delle
opere che non hanno bisogno di finzioni per
saperti fare compagnia. Accanto a lui sfilano
fisarmoniche e tastiere, violini e violoncelli, il
figlio chitarrista Tommaso e il Coro Polifonico di
Cortemilia: grande musica, proprio in quanto
apparentemente piccola.
Andrea Scanzi
MARCEL PROUST una volta
disse che “la più umile delle
canzoni ha la capacità di portarci indietro con la memoria, di
farci ricordare il nostro passato
più delle alte opere letterarie”.
Perché quattro minuti di melodia, come quelli di Corri corri,
brano da qualche giorno in rotazione in radio, scritto e interpretato da Alberto Bianco in coppia con una delle voci femminili
più belle del momento, Levante,
al secolo Claudia Lagona, hanno
la capacità di far confluire tutte
le emozioni di un racconto a volte esplicito, a volte imperscrutabile, perforando qualsiasi corazza e arrivando in profondità. Le
emozioni, nel loro caso, si contagiano tra di loro, creando “un
duetto, due facce della stessa
medaglia, due declinazioni della
stessa spinta”, riuscendo a trasformare un’emozione in un’altra, in una catena che può essere infinita. Il brano è contenuto
nel nuovo album del giovane
cantautore torinese che uscirà a
dicembre e si intitolerà Guardare
per aria: “È un disco con dentro
vento di primavera, legno e acqua – racconta Alberto Bianco –,
ascoltandolo mi perdo nei suoni
acustici che il produttore artistico Riccardo Parravicini ha miscelato. Dal punto di vista musicale è stato un lavoro di gruppo, vi hanno suonato musicisti
bravissimi tra cui i componenti
della band live di Levante. La
parte autorale l’ho composta
quasi tutta da solo, a parte il primo singolo con Levante e un altro brano con Matteo De Simone dei Nadàr Solo. Nel disco è
presente anche un brano suonato interamente dalla band di
Niccolò Fabi e da lui stesso, è
stato un bellissimo momento
delle registrazioni. Un’emozione
molto bella che mi ha dato molta fiducia sulla possibilità di incontrare musicisti veri con una
passione enorme”.
ITALIANI D’INGHILTERRA
Emma, romana
da “10” a Londra
RELIC ©
Emma Tricca
Finders Keepers/Goodfellas
ITALIANI all’estero di cui andare fieri.
Emma Tricca, romana trasferitasi da molto tempo a Londra, è diventata una protagonista della scena folk inglese contemporanea. L’attenzione e il rispetto che l’artista – “battezzata” da leggende come
John Renbourn e Odetta, e scoperta discograficamente dal dj/produttore Andy
Votel – si è guadagnata sul campo (tra
coffee-house, club, festival e concerti alla
Royal Albert Hall) è testimoniato dalle recensioni che hanno accolto il suo nuovo
album. Tra queste, spicca addirittura un
trionfale “10” appioppatole da Time Out.
Le tipiche esagerazioni albioniche, magari
condite da un po’ di paternalismo? Niente
affatto. Basta soffermarsi con la dovuta
attenzione sulle ballate sospese di Relic,
acquerelli tenui appena venati da sbaffi di
Wurlitzer, “bowed guitar”, tromba e percussioni rarefatte, per rendersi conto di
quanto Tricca padroneggi con grazia e naturalezza estreme i linguaggi che ha scelto
– l’inglese e il folk – senza che questi sembrino mai presi forzatamente in prestito.
Atmosfere da Greenwich Village primi
anni 60, ma traslate in una dimensione
quasi magica, decisamente “british”, e
spesso con accenti pop che scorrono sottopelle. Come una Jolie Holland trasportata nel West End, o una Bjork acustica. Il
titolo di uno dei brani è indicativo: November at My Door. Canzoni da foglie
morte e tè presi sotto le coperte, a formare un disco incantevole.
C. Bord.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
17
BARBARA D’URSO
Conduce dal lunedì al venerdì Pomeriggio5 su Canale 5 Ansa
AGON CHANNEL
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Il talk tenta la carta
albanese (con la Ferilli)
di Patrizia Simonetti
se l’ospite di un talk show doE
po essersi lasciato intervistare
fosse chiamato a stilare una lista di
propositi impegnandosi a rispettarli tutti e firmando nero su bianco un vero e proprio contratto con
i telespettatori e gli italiani? Vabbè,
lo ha già fatto Berlusconi a Porta a
Porta l’8 maggio del 2011, ma a porgergli carta e penna era Bruno Vespa, mica Sabrina Ferilli. E ditele di
no se ci riuscite, perché sarà lei a
condurre Contratto, versione italiana di Kontrata, il talk show di punta
di Agon Channel che lo scorso giugno, in occasione delle elezioni in
Albania, la rete affidò per tre puntate a Barbara D’Urso chiedendole
di intervistare i candidati in perfetto stile Pomeriggio Cinque, portandosi a casa, tra il trash e il faceto,
tre prime serate di successo. Con la
TV fondata un anno e mezzo fa a
Tirana dall’imprenditore romano
Francesco Becchetti hanno già collaborato altri volti noti della nostra
televisione, da Enzo Iacchetti a
Manuela Arcuri, ma quello della
Ferilli è il primo acquisto ufficiale
di Agon Channel Italia, attesa a
giorni sul canale 33 del digitale terrestre, un bel colpo per la rete e un
nuovo esordio per l’attrice romana
per la prima volta alla guida di un
talk e in realtà di un programma
tutto suo che la vedrà alle prese con
un ospite a puntata, di volta in volta un politico, un imprenditore, un
attore, un cantante, un giornalista
o uno sportivo, che dopo aver raccontato un po' della sua vita pubblica ma soprattutto privata, non
potrà sottrarsi alla fatidica firma.
“Una nuova formula di talk show
personale e intimo” lo definiscono
alla Agon, se non altro non una
delle tante cover italiane che finora
ne hanno riempito i palinsesti, da
Krasta Show simile a Che tempo che
fa ad Antilope che fa il verso a Le Iene
fino a Ça thu che ricorda Striscia La
Notizia.
AGON CHANNEL Italia avrà anzi
una “programmazione inedita al
100% per il pubblico italiano – assicura il direttore Alessio Vinci, già
responsabile delle news in Albania
– ci saranno fiction, show e informazione, tutti programmi prodotti
da noi, di altissima qualità ma a un
decimo del costo, e i talent, come
scusa per offrire un lavoro”.
Intanto la Agon ha appena concluso un casting tour in tutta Italia per
reclutare giornalisti, artisti, attori e
soubrette disposti a trasferirsi in
Albania, ma per tutti è ancora possibile caricare il proprio provino
sul sito, si sa mai. Non sperate però
di condurre un talk show, c'è già la
Ferilli.
Tutta Barbara minuto
per minuto, la telecronaca
di Davide Valentini
o dice anche la pubblicità di una banca, le grandi domande sono cambiaL
te. Esiste ancora il posto fisso? Cosa in-
venterà oggi Gianni Morandi su Facebook? Ma soprattutto, cosa accadrà nello
studio di Barbara D’Urso? Ecco la fredda
cronaca di una giornata qualunque a Pomeriggio5. Un pomeriggio da oltre 2 milioni di spettatori al giorno.
Ore 17:00. Saluti di rito alle case di riposo,
poi Barbara si bulla per gli ascolti del giorno prima. Indossa una t-shirt bianca con
scritto “I panni sporchi si lavano in casa”.
Sottotitolo “Sì ma poi chi mi aiuta a stirare?”. Standing ovation.
17:01. Annuncio intervista esclusiva ad
Arturo, leggendario autista di Alberto
Sordi. Pare ci siano rivelazioni choc
sull’eredità. Ma per il momento tocca
aspettare, ci sono le novità su Massimo
Bossetti, che secondo indiscrezioni
avrebbe comprato un cutter, taglierino da
muratore, pochi giorni prima della scomparsa di Yara. Intervista scoop a un ferramenta bergamasco, che descrive il taglierino. “Quanto è tagliente?”, domanda
l’inviato. “È una lama” risponde l’altro.
Subito dopo ecco un cantiere. Un muratore conferma: con i taglierini lui ci taglia
di tutto, anche il cellophane.
17:15. L’addetta stampa della famiglia Sordi difende l’onestà di Arturo contro le accuse di truffa. In grafica si annuncia che tra
poco, finalmente, lo ascolteremo. Ma prima bisogna parlare del funerale di Aurelia
Sordi. “E noi c’eravamo”.
17:27. Colpo di scena. Fuori dalla chiesa,
una vicina di casa che frequentava il mercato di piazza Epiro insieme a Aurelia, si
lascia andare a una verità sconcertante:
“Arturo è un delinquente”. Barbara promette che dopo il Tg5 sentiremo la voce
dell’autista. Solo allora capiremo tutto.
18:00. “Prima di tornare su Alberto Sordi,
dobbiamo parlare di un fatto avvenuto a
Napoli. Ogni volta che devo dare una cattiva notizia che accade nella mia città, il
mio cuore batte ancora di più”. La notizia:
un uomo armato è stato allontanato da una
scuola elementare da un gruppo di madri
coraggiose, che ora vogliono raccontarci
come è andata. Ecco l’intervista all’uomo
che ha disarmato il malvivente. Per qualche motivo ignoto, le sue rivelazioni vengono sottotitolate: “Se quell’uomo entrava
a scuola e cominciava a sparare, secondo
Gli ascolti
di mercoledì
SQUADRA ANTIMAFIA 6
Spettatori 4,17 mln Share 16,86%
VELVET
Spettatori 3,40 mln Share 12,8%
me qualcosa succedeva”.
18:09.Parola a due esemplari di madre
inferocita. Una è incinta e sbraita, l’altra
annuisce tantissimo e sbraita più forte. Il
climax è irresistibile. “Chiediamo al comune, allo stato, a tutte le persone in alto
che hanno i soldi: vogliamo più sicurezza,
vogliamo un videocitofono!”. E noi vogliamo Arturo.
18:15. Al rientro in studio cominciamo a
disperare per le sorti dell’autista. Dice la
D’Urso: “La signora in collegamento si
chiama Rosella. La vedete sorridere, ma
lei in realtà è disperata. Suo figlio Daniele
è sparito”. Con tatto interviene l’inviata:
“Signora Rosella, il vuoto è tremendo vero?”. “Sì, tremendo”. “E il silenzio?”. Per la
cronaca, pare che nemmeno quello sia
granché.
18:34. In studio la gigantografia di un bebè. “Vedete queste manine? Lei è Arya,
nata pochissimi giorni fa da Micol Olivieri dei Cesaroni. Micol come stai?”. “Mi
tirano i punti”. “Ti è salito il latte?”. “Sì”.
“Bene, eravamo in pensiero. Ti bacio forte! E bacio tutti voi, promettendovi che
domani vi faremo sentire l’incredibile intervista ad Arturo, autista di Alberto Sordi”. E allora va bene Barbara, a domani.
CHI L’HA VISTO?
Spettatori 3,10 mln Share 13,57%
LE IENE SHOW
Spettatori 2,55 mln Share 13,12%
18
SECONDO TEMPO
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
il Fatto Quotidiano
GIUSTAMENTE
PARTITO DEMOCRATICO
Bersani o Renzi
Chi è peggio?
di Goffredo Bettini*
N
on convince la discussione che si è
svolta fino ad ora
sulla forma del Pd.
Come se il dilemma fosse tra i
difensori del partito organizzato (la “ditta”) e i fautori di uno
“sciogliete le righe” in nome di
un già appagante successo elettorale.
Invece la questione è ben diversa: come inventare una nuova
forma-partito adatta ai tempi
che ci stanno dinanzi. In questo
senso, la cosiddetta “ditta” è
stata il punto più basso della
nostra parabola. Ha tradito il
tentativo iniziale di rinnovamento del Pd; ha sviluppato ulteriormente la rete correntizia,
rafforzando nei territori centinaia di notabili locali, alla ricerca di tessere la cui qualità si può
ben immaginare; ha mortificato la vita degli organismi dirigenti, fino al punto di non discutere in direzione le quattro
giravolte politiche che abbiamo compiuto dopo il voto nazionale: prima mai con Berlusconi, poi Marini presidente
della Repubblica con l’assenso
di Berlusconi, poi Prodi contro
Berlusconi, poi un governo con
Berlusconi.
Nonostante la presenza di migliaia di militanti meravigliosi,
la “ditta” ha lasciato un Pd sfilacciato e senza anima.
Purtroppo, rispetto a ciò, Renzi
(che ho sostenuto e sostengo
per il suo progetto politico per
nulla incoerente e fragile, semmai ambizioso e temerario)
non ha dato per ora segni di
MAL DI CORRENTE
La “ditta” ha lasciato
un Pd sfilacciato e senza
anima. Purtroppo
il premier, su questo,
non ha dato segni di reale
voglia di cambiamento
reale e ispirata voglia di cambiamento.
Il suo gruppo dirigente, impegnato sul tema, è sembrato cercare una sorta di compromesso
tra la libertà di azione del leader
legittimato dalle primarie e
dallo storico voto europeo e il
permanere di quella tradizionale geografia dei poteri saldamente in sella nelle varie regioni.
Il suo intervento, invece di
muoversi su una linea di radicale discontinuità, si è limitato
a giocare con i protagonisti di
sempre, producendo in qualche caso anche il peggioramento della situazione e la legittimazione di ulteriori forme di
aggregazione correntizia.
Nulla togliendo al valore delle
singole persone, anche l’insieme della segreteria eletta appare al di sotto dell’esigenza politica di una svolta nel profilo e
nell’organizzazione del Pd.
Di un partito nuovo, invece, c’è
Renzi durante una direzione del Pd. Sotto, Pier Luigi Bersani Ansa
un bisogno urgente. Altrimenti
il leader, nonostante il suo talento, sarà inevitabilmente sussunto in una dimensione autoreferenziale e, alla fine, si troverà più solo, indifeso e debole.
E, per altro verso, la società
continuerà a sentirsi abbandonata, estranea, non coltivata,
desertificata. Tranne accendersi ogni tanto in lampi di grande
consenso o di rivolta. Cosa fare? L’impegno è arduo e deve
essere collettivo. Il passo fondamentale, tuttavia, è ripartire
dal panorama umano e sociale
dell’Italia di oggi: nuove ingiustizie, vissute in solitudine e da
milioni di cittadini. Il partito
deve andare a calcomania nelle
pieghe di questa atomizzazione
dolorosa e silenziosa; con grande visione e con mano leggera.
VIA DUNQUE gli apparati delle
correnti, le intercapedini burocratiche, le oligarchie che si autoconservano. E avanti, invece,
le persone; alle quali non si può
chiedere solo di fare propaganda, le feste dell’Unità, di prendere la tessera per votare ai congressi o di dare la preferenza alle
elezioni. Occorre dare loro anche lo scettro della decisione
politica. Decisione preparata
dal confronto sulla rete, dalla
produzione di idee delle aree
politiche, ma che alla fin si realizza nell’Agorà; vale a dire nell'incontro, nella discussione e
nella deliberazione delle persone chiamate ad assumersi insieme la propria responsabilità individuale.
Si discuta se queste persone
debbano essere gli iscritti di un
partito che per questa via ambisce a essere largo e aperto, oppure gli elettori aderenti a un albo delle primarie. Ma il sale della questione è ridare loro voce,
riallacciando i fili spezzati. Verranno fuori conflitti? Passaggi
difficili? Forse. Ma ne trarrà
enorme forza il coraggio del
leader e grande vantaggio la democrazia italiana.
*Eurodeputato Pd
Benedetti ragazzi,
studiate ogni tanto
di Bruno
Tinti
IL PROBLEMA di Renzi &
C. è l’ignoranza. Vogliono
fare; ma non sanno quello
che fanno. Almeno, in materia di giustizia non lo sanno. Prendiamo le ferie dei
magistrati: 45 giorni sono
troppi, si capisce che la giustizia sia in crisi con magistrati che lavorano così poco, si devono ridurre a 30; e
i Tribunali non devono
“chiudere” per 45 giorni,
basta un mese, dall’1 al 30
agosto. Fatto. E adesso cominciano i guai.
Renzi non lo sa ma i Tribunali non “chiudono”; sarebbe impossibile visto che
reati, arrestati e conseguenti processi ci sono anche
d’estate. E non sta bene dire
a chi sta in prigione di starsene tranquillo perché
adesso si va in vacanza. È
sospesa solo tutta l’attività
che richiede l’intervento degli avvocati: appelli, ricorsi,
udienze. Non fosse così, gli
avvocati (non i giudici) non
potrebbero mai andare in
vacanza. Sicché i processi
definiti urgenti dalla legge
(tra questi quelli riguardanti
i detenuti) si fanno.
Le ferie dei magistrati non
hanno niente a che fare con
i Tribunali “chiusi” per 45
giorni o 30 che siano. Coincidono, in genere, con il periodo di “chiusura” (si chiama sospensione dei termini), quando i processi da fare sono di meno e bastano
pochi magistrati in servizio;
così, quando la macchina
girerà a pieno regime, tutti
saranno presenti. Ma possono essere prese anche in
altri periodi dell’anno; per
esempio, i giudici che hann
no lavorato in estate dovranno pur andare in ferie
nei mesi successivi. Ora, il
lavoro di un magistrato può
essere paragonato a una catena di montaggio. Udienze,
testimoni, perizie, memorie
degli avvocati; alla fine la
sentenza. Naturalmente di
processi ce ne sono tanti,
ognuno in un diverso stadio
di lavorazione. E quindi capita che le sentenze arrivino
in gruppetti, 3 oggi, 6 domani, nessuna fra tre giorni…
Ogni sentenza deve essere
depositata entro un termine: se non rispettato, per il
giudice c’è il processo disciplinare. Succede quindi che,
quando arriva il fatidico
giorno di andare in ferie, il
L’ANNUNCITE
Il problema del
renzismo è l’ignoranza.
Vogliono fare ma non
sanno di che parlano.
Esempio lampante,
le “ferie dei magistrati”
LaPresse
giudice ha ancora da scrivere un certo numero di
sentenze “incassate” nei
giorni precedenti; e le deve
scrivere entro un mese, altrimenti sono… guai. Ecco
perché i giudici avevano 45
giorni di ferie: nei primi 15
(se gli bastavano) scrivevano sentenze. Adesso che ne
hanno solo 30, in realtà gliene restano 15 o meno.
n NATURALMENTE si potrebbe adottare un meccanismo simile a quello usato
per gli avvocati. Durante le
ferie i “termini” sono sospesi: una sentenza “incassata”
il 20 luglio dovrà essere depositata non il 20 agosto,
ma il 20 settembre. Ma
questo presuppone che tutti i giudici vadano in ferie dal
1 agosto al 30 agosto; che
significherebbe
chiudere
davvero i Tribunali.
E siccome questo non si può
fare, qualcuno dovrà restare
in servizio e andare in ferie
successivamente. E con la
sospensione dei termini
delle sentenze di questi giudici come la mettiamo? Si
calcola, giudice per giudice,
in funzione del momento in
cui va in ferie? Con termini
sospesi ad agosto, settembre, ottobre… Impossibile.
Naturalmente a questo
punto Renzi ha un problema. Ha fatto l’annuncio sbagliato, lo ha anche realizzato e adesso fare marcia indietro gli costa. Solo che,
per salvare la faccia, non
può ammazzare quello che
resta della giustizia italiana.
Facciamo così: tutti ci impegniamo a non dirgli “te
l’avevo detto” e lui si rimangia tutto e torna ai 45 giorni
di ferie.
SEGUE DALLA PRIMA
di Marco
Travaglio
concludeva:
“FinalE
mente il dibattito politico si libera dal peso di un
incubo giudiziario: il percorso delle riforme istituzionali può procedere speditamente” perché “questa sentenza può contribuire a sancire la definitiva separazione
tra la storia politica e quella
giudiziaria in un Paese che
nella guerra totale tra politica e magistratura ha conosciuto la sua maledizione”.
Anche i veri giuristi, come
Carlo Federico Grosso, si affrettavano a difendere la povera collega Severino ingiustamente calunniata, sostenendo che la sua legge non
c’entrava: altrimenti la Corte avrebbe assolto B. “perché
il fatto non è previsto dalla
legge come reato” (in realtà è
ancora previsto, ma è impossibile punirlo grazie al
trucchetto del vantaggio indebito per l’indotto).
Chissà come la mettono
questi signori dinanzi alle
motivazioni della sentenza
che confermano tutti i fatti –
eticamente e politicamente
gravissimi – già accertati dai
pm. C’è la “prova certa
dell’esercizio di attività pro-
stitutiva ad Arcore in occasione delle serate in cui partecipò Karima El Mahroug”
che si “fermò a dormire almeno due volte” a Villa San
Martino, con l’“effettivo
svolgimento di atti di natura
sessuale retribuiti” (anche se
non c’è prova sufficiente che
B. sapesse che Ruby era minorenne ai tempi delle “cene
eleganti”, mentre lo sapeva
quando chiamò la Questura). È certo che B. “aveva un
personale e concreto interesse” a ottenere che Ruby
venisse affidata alla Minetti
perché “preoccupato” che
facesse “rivelazioni compromettenti”. Dunque “indusse” Ostuni&C. ad aggirare
gli ordini del pm Fiorillo,
che insisteva per l’affidamento in una comunità. E
Ostuni, in preda a “timore
riverenziale”, cedette a
quell’abuso di potere (“è sicuramente accertato che
l’imputato, la notte del
27-28 maggio 2010, abusò
della sua qualità di presidente del Consiglio”). Che fino
al 2012 era concussione per
induzione. Ma ora non più.
Non è più concussione
(“l’abuso della qualità e condizione necessaria, ma non
sufficiente a integrare il rea-
Karima El Mahroug, in arte “Ruby Rubacuori” LaPresse
MOLTO SEMPLICE
Le motivazioni della
sentenza d’appello che
assolse B. sul caso Ruby
dimostrano una sola
cosa: lo ha salvato
la legge Severino
to, richiedendo la norma incriminatrice che esso si traduca in vera e propria costrizione... mediante minaccia”). E non è neppure induzione, perché “manca
nella fattispecie in esame un
requisito
essenziale
dell’abuso induttivo: l’indebito vantaggio dell’extra-
neus”, cioè di Ostuni, in
quanto “il nuovo reato” “richiede necessariamente il
concorso di due soggetti: il
pubblico ufficiale inducente
(B., ndr)e l’extraneus (Ostuni,
ndr) opportunisticamente
complice del primo”. Il primo c’è, il secondo no. Dunque il primo è salvo: “mancando la condizioni per una
riqualificazione dei fatti in
una diversa ipotesi di reato”,
alla Corte d’appello non resta che “assolvere l’imputato
dal delitto ascrittogli perché
il fatto non sussiste”. Cioè
sussisteva quando fu commesso, ma poi l’imputato e i
suoi presunti avversari
l’hanno reso impunibile.
E ora chi paga e chiede scusa
per tutte le balle che ha raccontato?
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 17 OTTOBRE 2014
19
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
La pioggia non ha colpa
subito opere idrauliche
Il prossimo 15 novembre
ricorre il nono anniversario dello straripamento
del fiume Marta che nel
2005 ha devastato il comune di Tarquinia, in
particolare gli abitati di
Marina Velka e Tarquinia
Lido. Sono vicina con il
cuore agli alluvionati del
resto d’Italia. La colpa dei
disastri è da imputarsi
unicamente alla mancata
gestione della sicurezza
idrogeologica da parte di
Stato, Regioni, Comuni.
Non è colpa della pioggia,
della burocrazia o, addirittura della Magistratura,
chiamata a decidere sulla
validità di gare d’appalto
per le opere idrauliche.
Noi cittadini abbiamo
combattuto contro l’inerzia delle Amministrazioni
per ottenere nel 2008 la
(parziale) messa in sicurezza dell’area. Prima che
fossero terminate le opere
idrauliche il bacino del
fiume Marta si allagava
sempre, dopo non è più
successo. Ma la manutenzione ordinaria è stata più
messa in atto e mi chiedo
quanto ancora l’arginatura reggerà. La Magistratura civile ha sentenziato nel
2011 la responsabilità della Regione Lazio intimandole di pagare i danni. Due
anni dopo ha nuovamente
dato ragione a noi cittadini, respingendone l’appello. Poi la Regione governata da Nicola Zingaretti
ha avanzato ricorso in
Cassazione, pur di non pagare ma sono certa che anche questa volta i giudici ci
daranno ragione. Obbligare i responsabili a pagare è necessario per costringere le Amministrazioni
Pubbliche a fare il proprio
dovere. Solo la giustizia
può combattere il fango.
Elena Maria Scopelliti
Navigare a vista,
dialogo tra generazioni
parlato. Noi trentenni
presenti, figli di una classe
media che ci ha permesso
studi e sogni di carriere
come se questa fosse la naturale
prosecuzione
all’impegno profuso, arranchiamo tra contratti a
termine, stage, pratiche di
vario tipo. Il confronto diventa scontro perché si ragiona con categorie diverse, gli uni non capiscono
gli altri fino in fondo. Forse perché noi sappiamo
che la nostra battaglia individuale è trovare un lavoro, garantito o no, poco
importa, che ci piaccia o
no, poco importa (scenderemo a compromessi prima o poi). Loro lottavano
in gruppo (o almeno questo è il romanzo che raccontano). Noi da soli. Cerchiamo di salvarci. Nella
lotta alla sopravvivenza
L’inarrestabile
prevalenza
del “no”
CARISSIMO FURIO COLOMBO, l’altro
giorno Beppe Grillo è stato contestato
da alcuni studenti nella dilaniata Genova. Ora mi chiedo: come mai in noi giovani cova una tale rabbia verso coloro
che rappresentano le istituzioni in un
Paese democratico?
Gianluigi
NEL CASO DI BEPPE GRILLO potrei richiamare due eccezioni: non rappresenta
istituzioni ma è, come dire, un volontario
della politica. E poiché è personaggio capace di provocare forti emozioni (e deciso a
farlo) è naturale che, in un momento difficile, provochi reazioni di forte intensità
emotiva. Ma sarebbe una risposta soltanto
di comodo, perché chiunque si fosse avventurato quel giorno in quel luogo, avrebbe
provocato reazioni scettiche e dure. Credo
proprio di poter dire: chiunque tranne il
Papa. E il Papa sarebbe stata una eccezione non per il rispetto che quasi chiunque
prova per lui. Ma perché stiamo parlando
di questo Papa, di Francesco. Qui non intendo proporre la parte religiosa della figura, ma quella umana e – se non sembrerà offensivo dire così – la parte politica.
Quando Francesco parla, quando entra in
questioni anche delicate che altri risolvevano con l’automatismo dottrinario e il
tuono di Dio, lui mette in gioco se stesso, e
soprattutto sposta il rapporto tra il Papa e
i credenti ad altezza umana, due persone,
lui e chi lo ascolta, che cercano di capirsi e
di incoraggiarsi a vicenda. E lo fa con un
atteggiamento che in tanti sentono come
credibile e autorevole. Ecco il vuoto che si è
creato fra cittadini e politica nella nostra
storia e nel nostro Paese, un sentimento di
sfiducia e di sconnessione (tu hai il potere,
la vignetta
non ci illudiamo di poter
vincere battaglie ideali. E
ci chiediamo se loro la capiscono questa difficoltà,
la tenacia che ci vuole a navigare a viste verso un futuro che non può fare programmi.
Carlotta Vitale
L’altra sera intorno a un
tavolo al quale erano sedute persone di varia età si è
innescato l’inevitabile discorso politico, condito
dalla differenza generazionale. Visto che l’attualità è il lavoro, di quello si è
con “personali preoccupazioni” circa il progetto di
trasferire il Tfr nella busta
paga dei lavoratori perché
sarei uno degli “economisti legati al mondo finanziario e bancario” che vedrebbe ridursi la propria
fetta di torta. L'insinuazione è falsa e diffamatoria.
Non ho cariche (o incarichi) in alcun istituto bancario, di gestione del risparmio, fondo pensione,
fondo d'investimento. Se
sostengo che l'idea del Tfr
in busta paga sia sbagliata come ho argomentato in
vari interventi sulla stampa e sul web - è perché ne
sono convinto in tutta libertà e indipendenza. E
dunque il vostro commentatore che cerca di affibbiarmi meschini interessi
di bottega solo perché non
sono della sua opinione si
DIRITTO DI REPLICA
Non sono un soggetto
con interessi di bottega
Caro Direttore,
sul Fatto Quotidiano di
oggi, Beppe Scienza mi indica come “un soggetto”
qualifica da sé. La prego di
pubblicare questa precisazione e la ringrazio.
Tito Boeri
La sottile linea rossa
tra indagine e condanna
In più occasioni siete stati
cronisti attenti e osservatori critici delle vicende
giudiziarie che hanno interessato esponenti politici di differenti partiti. In
qualità di Governatore del
Friuli Venezia Giulia nella
passata legislatura (2008 –
2013), ora seduto nei ban-
chi dell’opposizione di
centrodestra a seguito della vittoria della candidata
del Pd Debora Serracchiani, divenuta presidente del
FVG grazie a una manciata di voti (pari a un +0,39%
di preferenze) alle passate
elezioni Regionali, sono
stato in più occasioni
menzionato nei vostri articoli quale destinatario di
una informazione di garanzia a seguito di una indagine per presunto peculato aperta dalla magistratura. Non mi soffermo a
spiegare come nell’opi-
il Fatto Quotidiano
Direttore responsabile
Antonio Padellaro
Condirettore Marco Travaglio
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Consiglio di Amministrazione:
Luca D’Aprile, Peter Gomez,
Marco Tarò, Marco Travaglio, Lorenzo Fazio
io sono solo) maturato da troppe delusioni. Quella del fango a Genova non è che
una fra tante, e a un certo punto non ne
puoi più. Ma pesa soprattutto su tanti politici italiani, anche con ruoli chiave, la
mancanza di autorevolezza. È una strana
cosa l’autorevolezza, che non ha niente a
che fare con l’autorità. Quanti genitori,
quanti insegnanti non ce l’hanno. E quanti drammi derivano da questo vuoto. Se ci
fosse uno strumento capace di indicare con
un puntino rosso l’autorevolezza di ciascuna persona presente nella inquadratura di un’aula gremita del Parlamento,
quanti puntini rossi credete che potremmo
vedere? La rottamazione non serve a nulla
se punta solo agli avversari personali di un
nuovo leader, in un solo partito, per poi
cercare una stretta alleanza con i pregiudicati (destinatari anche di molti onori)
dell’altro partito, persino se espulsi dal
Parlamento. Giorni fa ho sentito il magistrato Pier Camillo Davigo dire a una folla
che lo ascoltava e in lui mostrava fiducia:
“Non so perché lo fanno, ma lo fanno. Io
non mi siederei mai accanto a un ladro”.
Questi sono i fatti in corso. E distruggono,
in tutta la classe politica e in tutta la vita
pubblica, autorevolezza e credibilità di
tanti che non meriterebbero questa pena.
Il problema, dimostra il caso di Beppe
Grillo, è che diventa difficile persino dissociarsi, se si resta lontani e si ripetono gli
stessi riti, come la manifestazione del Circo Massimo a Roma che – fango o non fango – non può interrompersi. E il messaggio
è che tocca ai cittadini aspettare.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
[email protected]
nione pubblica sia facile
far passare una informazione di garanzia come
una sentenza di condanna,
ma al fine di una completa
e corretta informazione
sono qui a comunicarvi
che, terminate le indagini
nelle quali ho avuto modo
di rappresentare la mia difesa grazie proprio all’informazione di garanzia, la
mia posizione è stata archiviata dallo stesso Pubblico ministero che aveva
aperto il fascicolo.
Renzo Tondo ex presidente della Regione Friuli Venezia Giulia
Dott. Polcini, questione
di incarichi e curriculum
Riguardo all'articolo dal
titolo “Caso De Girolamo,
il pm assunto alla Farnesina”, credo sia bene fornire
ai suoi lettori alcune precisazioni, in particolare sui
tempi dell’incarico di Giovanni Tartaglia Polcini.
Nel febbraio del 2013, ben
prima che fosse resa nota
l’inchiesta sulla Asl di Benevento, la direzione
Mondializzazione del ministero degli Esteri chiese
di potersi avvalere della
collaborazione di un nuo-
vo magistrato fuori ruolo,
esperto in crimine transnazionale, per sostituire
una collega venuta a mancare. Questo da un lato per
poter svolgere al meglio i
compiti legati alla co-presidenza italiana del Gruppo G20 Anticorruzione,
anche su istanza della presidenza del Consiglio, e
dall’altro per la necessità,
delle direzioni Mondializzazione e Affari politici, di
poter contare su un esperto in narcotraffico in alcuni fori internazionali. La
Farnesina chiese di indicare il nome del magistrato
più adatto al ministero
della Giustizia che selezionò Giovanni Tartaglia
Polcini per la sua esperienza in indagini sul narcotraffico e per il suo livello
di conoscenza delle lingue.
Sulla base di questa indicazione, a luglio 2013 il direttore generale e i due direttori centrali Mondializzazione incontrarono Tartaglia Polcini per un colloquio che confermò che il
magistrato aveva i requisiti richiesti. L’iter è proseguito e quest’anno la Farnesina ha avviato la procedura per la collocazione
fuori ruolo di Tartaglia
Polcini, che ha ottenuto in
luglio l’approvazione del
ministero della Giustizia.
Sempre in luglio, il Consiglio superiore della magistratura ha autorizzato la
collocazione fuori ruolo di
Tartaglia Polcini a partire
dal 15 ottobre.
Stefano Verrecchia - Servizio
Stampa Ministero Affari Esteri
e Cooperazione Internazionale
Prendo atto della garbata
precisazione della Farnesina, che peraltro non smentisce le notizie e il contenuto del mio pezzo. Il dottor
Giovanni Tartaglia Polcini
ha coordinato l’inchiesta
giudiziaria sulla gestione
dell’Asl di Benevento, poi è
diventato consulente giuridico del ministero degli
Esteri, e ovviamente tra le
due cose non c’è nessun collegamento.
(vin.iur.)
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