Torino . Auditorium Rai . Concerti 2013 •2014 20° ica La grande mussegno va sempre a .30 ILE 2014 ore 20 GIOVEDÌ 17 APR ILE 2014 ore 20.30 PR VENERDÌ 18 A Roberto Abbado direttore Maria João Pires pianoforte Schubert - Berio Beethoven Mendelssohn 20 ° GIOVEDÌ 17 APR VENERDÌ 18 A ILE 2014 ore 20.30 PRILE 2014 or e 20.30 Roberto Abbado direttore Maria João Pires pianoforte Franz Schubert (1797 - 1828) - Luciano Berio (1925 - 2003) Rendering (1828 - 1989/90) Allegro [Andante] [III. -] Durata: 30' ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 14 maggio 2004, Gianandrea Noseda. Ludwig van Beethoven (1770 - 1827) Concerto n. 2 in si bemolle maggiore op. 19 per pianoforte e orchestra (1795/98) Allegro con brio Adagio Rondò. Allegro Durata: 28' ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 30 aprile 2009, Alexander Lonquich, solista e direttore. Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1847) Sinfonia n. 5 in re minore op. 107 La Riforma (1829) Andante – Allegro con fuoco – Meno allegro Allegro vivace Andante Corale: “Ein’ feste Burg ist unser Gott”. Andante con moto – Allegro vivace – Allegro maestoso Durata: 30' ca. Ultima esecuzione Rai a Torino: 27 marzo 2009, Christoph-Matthias Mueller. Il concerto di venerdì 18 aprile è trasmesso in collegamento diretto su Radio3 per il programma “Radio3 Suite”, in streaming audio-video su www.osn.rai.it, www.classica.rai.it e sarà trasmesso in differita su Rai5. La ripresa televisiva è effettuata dal Centro di Produzione TV di Torino. Franz Schubert - Luciano Berio Rendering Se ascoltate Radio3, Rendering la conoscete: è l'identificativo di rete" e dunque viene usata, in estratto, per ricordarvi che siete all'ascolto del terzo canale di Radio Rai. Non a caso: Radio3 si sforza ogni giorno di coniugare passato e presente e questo lavoro di Berio, composto tra il 1989 e il 1990 per l'orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, è uno degli esempi più riusciti di come la contemporaneità possa declinare in modo nuovo la musica della tradizione. "Erano anni che mi veniva chiesto, da varie parti, di fare "qualcosa" con Schubert - spiegava Berio nelle proprie note alla partitura - e non ho mai avuto difficoltà a resistere a quell'invito tanto gentile quanto ingombrante. Fino al momento, però, in cui ricevetti copia degli appunti che il trentunenne Franz andava accumulando nelle ultime settimane di vita in vista di una Decima Sinfonia in re maggiore (D 936a). Si tratta di appunti di notevole complessità e di grande bellezza: costituiscono un segno ulteriore delle nuove strade, non più beethoveniane, che lo Schubert delle sinfonie stava già percorrendo. Sedotto da quegli schizzi, decisi dunque di restaurarli: restaurarli e non ricostruirli". L'idea non era intatti quella di completare la Sinfonia come Schubert stesso avrebbe potuto farlo, seguendo una pratica musicologica che Berio aborriva. Il gioco consisteva nell'orchestrare gli appunti e nell'inventare un tessuto connettivo tra uno schizzo e l'altro, creando una serie di passaggi di collegamento - intessuti di reminiscenze dell'ultimo Schubert (la Sonata in si bemolle per pianoforte, il Trio in si bemolle) e segnalati ogni volta dal suono della celesta - che fossero simili ai cemento o all'intonaco nudo che viene usato negli interstizi quando si restaura un affresco lacunoso. "Gli schizzi, redatti da Schubert in forma quasi pianistica, recano saltuarie indicazioni strumentali ma sono talvolta stenografici - spiegava ancora Berio. Ho dovuto quindi completarli, soprattutto nelle parti intermedie e nel basso. La loro orchestrazione non ha posto problemi particolari. Ho usato l'organico orchestrale dell'Incompiuta e nel primo movimento ho cercato di salvaguardare un ovvio colore schubertiano. Ma non sempre. Ci sono brevi episodi della sviluppo musicale che sembrano porgere la mano a Mendelssohn e l’orchestrazione naturalmente ne prende atto. Infine il clima espressivo del secondo movimento è stupefacente: sembra abitato dallo spirito di Mahler". Nascosto tra le pieghe della partitura, c'è poi un altro dettaglio che Berio amava svelare. "Negli ultimi giorni della sua vita Schubert prendeva lezioni di contrappunto. La carta da musica era cara e scarsa, ed è forse per questo che, mescolato agli schizzi della Decima Sinfonia, si trova un breve ed elementare esercizio di contrappunto (un canone per moto contrario). Non ho potuto fare a meno di orchestrare anche quello e di assimilarlo allo stupefacente percorso dell'Andante". Come ha ricordato Oreste Bossini, "Rendering in inglese ha un duplice significato. In primo luogo indica l'atto di restituire a qualcuno qualcosa che gli appartiene in qualche modo di diritto. Rendere grazie, rendere un servizio, rendere onore a qualcuno. Il secondo significato si divarica a sua volta in due corni, entrambi suggestivi. Nella direzione dello spettacolo significa interpretare, restituire alla vita un testo per il pubblico, incarnando la parola per un attore e creando il suono per un musicista. Nell'ambito della scrittura, invece, il termine sta per tradurre, portare un intero mondo da una lingua all'altra, renderlo comprensibile. Berio si perde, felice, in questo labirinto di significati, che il suo lavoro amorevole e geniale su Schubert racchiude e comprende tutti, in un vorticoso rispecchiarsi d'intelligenza tra il passato e il presente, che forse indica anche il cammino per la modernità futura". Nicola Campogrande (dagli archivi Rai) Ludwig van Beethoven Concerto n. 2 in si bemolle maggiore op. 19 per pianoforte e orchestra Felix Mendelssohn-Bartholdy Sinfonia n. 5 in re minore op. 107 La Riforma Risale al 1794 la stesura del Concerto in si bemolle maggiore. Beethoven aveva ventiquattro anni, ma da tempo stava lavorando in profondità sulle risorse espressive del pianoforte; fu lui il primo compositore ad archiviare definitivamente in cantina clavicembali, clavicordi e spinette. Fin da giovanissimo aveva manifestato una grande attenzione per le tecniche costruttive, che proprio in quegli anni stavano contribuendo ad aumentare la sonorità e la versatilità dello strumento. «Si può far cantare il pianoforte», scrisse proprio intorno al 1794, alludendo a una ricerca timbrica che si può toccare con mano in ogni pagina delle sue prime sonate per pianoforte. Non a caso il Concerto in si bemolle, dopo essere stato eseguito per la prima volta il 29 marzo del 1795 al Burgtheater di Vienna con Beethoven al pianoforte, fu rimaneggiato fino al 1801, quando venne pubblicato come opus 19; motivo per cui, pur essendo nato prima del Concerto in do maggiore op. 15, da sempre viene considerato il secondo lavoro del corpus. L’esposizione del Concerto in si bemolle rivela la stessa esigenza di rinnovamento formale, che si legge anche nelle coeve sonate op. 10. Nel momento in cui ci si aspetterebbe l’apparizione del secondo soggetto, l’orchestra improvvisamente modula verso un ambito totalmente inaspettato, iniziando ad elaborare alcuni spunti del primo tema; proprio come se la forma fosse già approdata alla sezione dedicata allo sviluppo. L’intervento del pianoforte è altrettanto ricco di ambiguità: a presentarsi è un nuovo tema, mai citato nel corso dell’introduzione orchestrale. L’idea era già stata sperimentata da Mozart nel Concerto in re minore KV 466, lavoro che lascia alcune tracce anche nel dialogo tra solista e insieme orchestrale. Mentre nessuna eco settecentesca prende forma nella cadenza solistica, scritta dallo stesso Beethoven nel 1809, quasi quindici anni dopo la prima stesura del Concerto. La voglia di far cantare il pianoforte emerge nel secondo movimento, dove si fa largo un tema lineare e rassicurante come una parola materna; ma al centro della scena non c’è solo il pianoforte, perché l’orchestra assume un ruolo dialogante, capace di dare spessore emotivo alle riflessioni del solista: nell’apparizione del flauto che chiude il movimento si avvertono già i toni bucolici della Sinfonia Pastorale. La prima versione del Concerto in si bemolle terminava con un Rondò dal sapore spiccatamente mozartiano, che Beethoven decise di sostituire in un secondo momento (il brano apparve come pezzo sciolto nel 1825 in una versione rimaneggiata da Carl Czerny). Il movimento che venne pubblicato nel 1801 si allinea meglio alla fisionomia degli altri finali beethoveniani: un tema tutto ironia si combina con una serie di episodi estremamente variegati che non disdegnano alcune inflessioni zingaresche. Andrea Malvano Tra Lutero, Bach e Beethoven Nella tarda primavera del 1830 tutta Berlino, su invito di Federico Guglielmo III, si preparava a festeggiare il trecentesimo anniversario della Confessione di Augusta. Mendelssohn aveva ventuno anni, veniva da una famiglia israelita convertita al cristianesimo; ma quell’evento, per un musicista che solo un anno prima aveva riscoperto le bellezze della Passione secondo Matteo, era essenzialmente una celebrazione bachiana, un omaggio alla confessione che aveva regalato alla musica la grande tradizione del corale protestante. Ancora nel 1844, in una lettera all’editore Coventry & Collier, Mendelssohn avrebbe individuato in Bach il padre spirituale di un repertorio prettamente vocale: «Perché il nome di Bach è sempre connesso alle fughe? Egli ha molto più a che fare con i salmi cantati che con le fughe». Ripensare al Kantor della liturgia luterana voleva dire ripensare alla densa produzione dei corali sacri: una Kirchensinfonie, come tenne a precisare lo stesso Mendelssohn, destinata a esaltare il genere musicale ideato dalla Riforma. Peccato che per ragioni non del tutto chiare, la stesura fosse ultimata solo nel 1832, a due anni dalle celebrazioni indette da Federico Guglielmo. Mendelssohn a quel punto decise di lasciare la partitura in un cassetto, proprio come aveva fatto Schubert con la sua Sinfonia in do maggiore; e solo nel 1868, a più di vent’anni dalla morte dell’autore, l’opera fu pubblicata, divenendo uno dei punti di riferimento della cultura sinfonica di fine secolo. Benché l’apertura del primo movimento esibisca una fattura vagamente palestriniana, il primo vero personaggio tematico è costituito dall’antica formula liturgica sassone dell’Amen di Dresda. E non si tratta dell’unico prestito presente nella sinfonia di Mendelssohn, perché tutto il finale è costruito sul corale luterano Ein’ feste Burg ist unser Gott (Il nostro Signore è una sicura fortezza), simbolo musicale imperituro della religione riformata (Meyerbeer nel 1836 lo avrebbe utilizzato in un’opera dal soggetto religioso come Gli Ugonotti, mentre Debussy ne avrebbe fatto uso nel 1915 per sbeffeggiare la cultura tedesca in En blanc et noir). Ma, accanto a Bach e alla cultura musicale protestante, è il Beethoven della Nona sinfonia il riferimento che si staglia con maggiore nettezza nella scrittura di Mendelssohn. Gli schizzi dell’ultimo movimento documentano un recitativo di flauto – poi eliminato nella versione definitiva – che ricorda l’assolo di baritono che precede l’Inno alla gioia; ma è soprattutto la presenza di un corale (in Mendelssohn solo strumentale) al culmine del percorso sinfonico l’aspetto che avvicina con maggior convinzione la natura poetica dei due lavori. (dagli archivi Rai) Perfetto esempio di Finalsinfonie, la Riforma pennella un viaggio spirituale in cui ogni tappa non fa altro che convogliare le tensioni emotive verso la conclusione. Il primo movimento, dopo l’introduzione contrappuntistica, avanza esplodendo di irrequietezza e di giubilo con un tema degno di una fanfara solenne e celebrativa. Lo Scherzo, in seconda posizione proprio come nella Nona sinfonia di Beethoven, scorre con una spensieratezza curiosamente estranea alla severa spiritualità degli altri movimenti. L’Andante è una breve elegia che funge esclusivamente da introduzione all’ultimo movimento. Quindi, al culmine di ogni tensione, irrompono le variazioni sul corale luterano; ma non è che il primo assaggio, perché seguono due brevi interruzioni (un allegro di sonata, e un rigoroso fugato) che preparano la riapparizione del tema principale in tutta la sua sontuosa luminosità. Amen di Dresda L’Amen di Dresda utilizzato da Mendelssohn nel primo movimento della Sinfonia “La Riforma” è una formula di sei note, cantata ancora oggi nei servizi liturgici della Sassonia. La sua origine risale all’inizio del XIX secolo, quando comparve per la prima volta nei riti sacri celebrati nella città di Dresda. Fu composto da Johann Gottlieb Naumann (1741-1801) su esplicita richiesta della comunità luterana; ma ben presto cominciò a diffondersi anche nelle chiese cattoliche delle regioni limitrofe. I primi a farne uso in ambito colto furono Louis Spohr e Carl Loewe. Ma dopo Mendelssohn, fu Richard Wagner, Kapellmeister a Dresda dal 1842 al 1849, a sfruttare il tema nel Parsifal per simboleggiare la sacralità del Graal. Anton Bruckner riprese la formula melodica nella sua Nona sinfonia; e anche Gustav Mahler la inserì nei suoi primi due lavori sinfonici. Andrea Malvano (dagli archivi Rai) ROBERTO ABBADO Premio Abbiati 2009 per la Direzione d’Orchestra, studia con Franco Ferrara alla Fenice di Venezia e all’Accademia di Santa Cecilia di Roma, dove è il solo studente nella storia dell’istituzione ad essere invitato a dirigere l’orchestra. Direttore principale della Münchner Rundfunk Orchester dal ’91 al ’98, collabora con la Royal Concertgebouw, l’Orchestre National de France, l’Orchestre de Paris, la Staatskapelle di Dresda, la Gewandhaus Orchester di Lipsia, la NDR, i Wiener Symphoniker, la Sinfonica della Radio Svedese, la Filarmonica d’Israele, la Royal Scottish National Orchestra e l’Orquesta Nacional de España. In Italia dirige la Filarmonica della Scala, l’Orchestra di Santa Cecilia, l’Orchestra del Maggio Musicale, l’OSN Rai, l’Orchestra del Comunale di Bologna. Nel ’91 debutta negli Stati Uniti con l’Orchestra of St. Luke’s al Lincoln Center di New York. Dirige abitualmente le orchestre sinfoniche di Boston, Philadelphia, Chicago, San Francisco. Apprezzato direttore d’opera, firma numerose nuove produzioni e prime mondiali. Ricordiamo Fedora e Ernani al Metropolitan di New York; I vespri siciliani alla Staatsoper di Vienna; La Gioconda, Lucia di Lammermoor, La Donna del Lago e la prima mondiale di Teneke di Fabio Vacchi alla Scala; L’amore delle tre melarance, Aida e La traviata alla Staatsoper di Monaco di Baviera; Simon Boccanegra e La Clemenza di Tito al Regio di Torino; Le comte Ory, Attila, I Lombardi alla prima crociata, Il Barbiere di Siviglia, Phaedra di Henze, in prima italiana, e Anna Bolena al Maggio Musicale Fiorentino; Ermione, Zelmira e Mosè in Egitto (Premio Abbiati 2012) al Rossini Opera Festival e Der Vampyr di Marschner, in prima italiana, al Comunale di Bologna. Dalla stagione 2005-2006 avvia una stretta collaborazione con la Saint Paul Chamber Orchestra, realizzando importanti progetti e guidandola in una tournée europea nel 2007. Appassionato interprete della musica del Novecento e contemporanea, dirige lavori di compositori quali Berio, Maderna, Petrassi, Bussotti, Castiglioni, Corghi, Fedele, Francesconi, Manzoni, Battistelli, Sciarrino e Vacchi. E ancora musiche di Dusapin, Dutilleux, Messiaen, Schnittke, Henze, Lachenmann e dei nordamericani Adams, Rorem, Rouse, Stucky e Wuorinen. Nelle ultime stagioni ha diretto La Gioconda e Maometto II all'Opera di Roma, Macbeth e Parsifal al Comunale di Bologna, Così Fan Tutte al Petruzzelli di Bari e La Traviata a Hong Kong in tournée con il San Carlo di Napoli. MARIA JOÃO PIRES partecipano al concerto VIOLINI PRIMI *Roberto Ranfaldi (di spalla), °Giuseppe Lercara, °Marco Lamberti, Antonio Bassi, Irene Cardo, Claudio Cavalli, Valerio Iaccio, Martina Mazzon, Fulvia Petruzzelli, Francesco Punturo, Matteo Ruffo, Lynn Westerberg, Aldo Cicchini, Carola Zosi. VIOLINI SECONDI Nata nel 1944 a Lisbona, ha tenuto il suo primo concerto all’età di quattro anni e nel 1953 ha ottenuto il più alto riconoscimento per i giovani musicisti del Portogallo. Dopo aver vinto nel 1970 il Primo premio al Concorso Internazionale “Beethoven” di Bruxelles, Maria João Pires ha tenuto concerti in tutto il mondo con le più prestigiose orchestre, inclusi i Berliner Philharmoniker, la Boston Symphony Orchestra, la Royal Concertgebouw di Amsterdam, la London Philharmonic, l’Orchestre de Paris e i Wiener Philharmoniker. Ha realizzato numerose incisioni discografiche, inizialmente per l’etichetta Erato e successivamente per Deutsche Grammophon. Le sue ultime registrazioni, un CD dedicato a Schubert e un CD con Antonio Meneses registrati live alla Wigmore Hall di Londra, hanno ottenuto in tutto il mondo grande successo di critica. Nel 2002 è stata insignita del prestigioso IMC-Unesco International Music Prize. Da circa quarant’anni anni si dedica agli aspetti educativi dell’arte, principalmente nello sviluppo di nuovi percorsi pedagogici all’interno del contesto sociale. Predilige nuove forme di comunicazione che possano rispettare lo sviluppo individuale, in contrapposizione alla logica materialistica e distruttiva della globalizzazione: questa filosofia è alla base dei Workshop da lei stessa tenuti in Giappone, Brasile, Portogallo, Francia e Svizzera ed Europa, con studenti provenienti da tutto il mondo. Più recentemente si è unita al corpo docente della Chapelle Musicale Reine Elisabeth in Belgio, dove sta lavorando con un gruppo di giovani pianisti di grande talento. Nella stagione 2013/2014, oltre ai concerti da camera con il violoncellista Antonio Meneses, è apparsa con tutte le maggiori orchestre europee sotto la direzione di Bernard Haitink, Claudio Abbado, Riccardo Chailly, John Eliot Gardiner e Ivan Fischer. Ospite frequente in Giappone, vi ritornerà nella primavera 2014 per una tournée di concerti con la Scottish Chamber Orchestra diretta da Robin Ticciati, seguita da una serie di recital solistici. *Paolo Giolo, Enrichetta Martellono, Carmine Evangelista, Jeffrey Fabisiak, Rodolfo Girelli, Alessandro Mancuso, Antonello Molteni, Vincenzo Prota, Francesco Sanna, Elisa Schack, Isabella Tarchetti, Claudia Curri. VIOLE *Luca Ranieri, Geri Brown, Matilde Scarponi, Massimo De Franceschi, Rossana Dindo, Federico Maria Fabbris, Alberto Giolo, Margherita Sarchini, Davide Ortalli, Emiliano Travasino. VIOLONCELLI *Pierpaolo Toso, Giuseppe Ghisalberti, Giacomo Berutti, Stefano Blanc, Pietro Di Somma, Michelangiolo Mafucci, Carlo Pezzati, Stefano Pezzi. CONTRABBASSI *Cesare Maghenzani, Silvio Albesiano, Gabriele Carpani, Luigi Defonte, Antonello Labanca, Virgilio Sarro. FLAUTI *Giampaolo Pretto, Paolo Fratini. OBOI *Carlo Romano, Franco Tangari. CLARINETTI *Enrico Maria Baroni, Graziano Mancini. FAGOTTI *Elvio Di Martino, Cristian Crevena. CONTROFAGOTTO Bruno Giudice CORNI *Corrado Saglietti, Emilio Mencoboni. TROMBE *Marco Braito, Daniele Greco D’Alceo. TROMBONI *Enzo Turriziani, Devid Ceste. TROMBONE BASSO Gianfranco Marchesi TIMPANI *Claudio Romano CELESTE Chiara Sarchini *prime parti ° concertini 21° Il presente concerto è stato eseguito al Teatro “A. Ponchielli” di Cremona martedì 15 aprile e al Teatro “G. Fraschini” di Pavia mercoledì 16 aprile. Informiamo il gentile pubblico che a causa di un errore dell'agenzia “Opus3 artists” che la rappresenta, per il quale sono arrivate scuse ufficiali, la pianista Yuja Wang non potrà rispettare gli impegni presi con l’Orchestra Rai. Per tanto nei concerti previsti l’8 e il 9 maggio sarà sostituita con la giovane Beatrice Rana, vincitrice del Primo Premio e di tutti i premi speciali al Concorso Internazionale di Montréal nel 2011, del Secondo Premio e del Premio del Pubblico al prestigioso Concorso Pianistico Internazionale "Van Cliburn" nel 2013. Ascoltare, conoscere, incontrare, ricevere inviti per concerti fuori abbonamento, scoprire pezzi d’archivio, seguire le tournée dell’Orchestra, avere sconti e facilitazioni. In una parola, diventare AMICI. Sono molti i vantaggi offerti dall’associazione Amici dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai: scegliete la quota associativa che preferite e iscrivetevi subito! Tutte le informazioni e gli appuntamenti sono disponibili sul sito www.amiciosnrai.it o scrivendo a [email protected]. La Segreteria degli AMICI dell’OSN Rai è attiva mezz’ora prima di ogni concerto presso la Biglietteria dell’Auditorium Rai, oppure il martedì e il giovedì dalle 10 alle 12, telefonando al 335 6944539. bonamento b a i r o fu to r e Conc .30 VENERDÌ 2 MAG GIO 2014 ore 20 rettore Susanna Mälkki di lino Leila Josefowicz vio Johannes Brahmsolle maggiore Variazioni in si bem di Haydn op. 56a su un tema CONVENZIONE OSN RAI - VITTORIO PARK Tutti gli Abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti per la Stagione Sinfonica OSN Rai 2013/14 che utilizzeranno il VITTORIO PARK DI PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone, vidimando il biglietto di sosta nell’apposita macchinetta installata nel foyer dell’Auditorium Toscanini, avranno diritto allo sconto del 25% sulla tariffa oraria ordinaria. PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL PERSONALE DI SALA O IN BIGLIETTERIA. Le varie convenzioni sono consultabili sul sito www.osn.rai.it alla sezione "riduzioni". Redazione a cura di Irene Sala Luca Francesconi o e orchestra Concerto per violin na. Commissione lia ita (Prima esecuzione C) edese, OSN Rai e BB sv dio Ra ta iun cong Joseph Haydn olle maggiore Sinfonia in mi bem timpano Hob I n. 103 Rullo di 21 ° GIOVEDÌ 8 MA G VENERDÌ 9 MA GIO 2014 ore 20.30 GGIO 2014 ore 20.30 Dima Slobodeniouk direttore Beatrice Rana pianoforte Igor Stravinskij Concerto in re per orchestra d'archi Ludwig van Beethoven Sinfonia n. 1 in do maggiore op. 21 Sergej Prokof'ev Concerto n. 2 in sol minore op. 16 per pianoforte e orchestra SINGOLO CONCERTO Poltrona numerata: da 30,00 a 15,00 euro (ridotto giovani) INGRESSO Posto non assegnato: da 20,00 a 9,00 euro (ridotto giovani) BIGLIETTERIA Tel. 011/8104653 - 8104961 - Fax 011/8170861 [email protected] - www.osn.rai.it
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