I PROFILI GIURIDICI DELL’ATTIVITA’ DI ALLENATORE DI PALLAVOLO In Italia si contano oltre diecimila allenatori abilitati dalla F.I.P.A.V. Le loro condizioni di lavoro risultano quanto mai variegate. Una parte percentualmente limitata della categoria esercita l’attività sportiva in via esclusiva ed in maniera sostanzialmente professionistica, ma la maggior parte degli allenatori opera in contesti dove la loro professionalità è poco percepita a causa della natura amicale dei rapporti e della limitatezza dei mezzi organizzativi ed economici a disposizione dei Clubs. Nella maggior parte dei casi i rapporti contrattuali sono regolati da semplici accordi verbali. Nelle ipotesi di inadempimento – purtroppo sempre più frequenti a causa della crisi economica che attanaglia il nostro Paese - la forma verbale degli accordi determina spesso il sorgere di difficoltà di natura probatoria che spesso risultano insormontabili e che pregiudicano la effettiva tutela dei diritti dell’allenatore. In un tale scenario appare preliminarmente doveroso sottolineare come, considerata la qualificazione giuridica attribuita in Italia al lavoro sportivo svolto dagli allenatori di pallavolo, la tutela dei diritti, come meglio si dirà in seguito, è principalmente affidata al contenuto dei contratti ed alla possibilità di fornire la prova degli accordi. Pertanto appare opportuno che le pattuizioni abbiano forma scritta e che contengano norme idonee a garantire il rispetto delle obbligazioni ed un minimo di stabilità del rapporto. Tra le finalità che l’A.I.A.PAV ho voluto porsi riveste un ruolo primario l’assistenza contrattuale e legale in favore degli allenatori e soprattutto di quella larga parte della categoria che continua a svolgere la propria attività senza le necessarie tutele e senza idonee garanzie volte ad assicurare il rispetto della professionalità e dell’impegno profuso. Nel perseguimento di tale obiettivo appare innanzitutto opportuno inquadrare l’attività lavorativa dell’allenatore di pallavolo sotto il profilo del diritto vigente. Il presupposto necessario per la difesa dei diritti è infatti la loro basilare conoscenza. Con questa prima pubblicazione si vogliono pertanto richiamare sinteticamente, in forma semplice ed accessibile a tutti, i principi di diritto che devono salvaguardare l’attività degli allenatori. 1. La natura dilettantistica del lavoro sportivo degli allenatori di pallavolo. In Italia, come è noto, la pallavolo è considerata ad ogni livello uno sport dilettantistico. La distinzione tra attività professionistica e non professionistica è stata specificata dal CONI con la delibera n. 1256 del 23 marzo 2004. Il Comitato olimpico dopo aver fissato le direttive generali ha riservato alla competenza delle varie Federazioni la possibilità di stabilire se dotarsi o meno di un settore professionistico accanto a quello dilettantistico. La Federazione Italiana Pallavolo ha escluso, nel proprio ambito la possibilità di attività professionistiche. (cfr art. 2 comma 3 Statuto FIPAV) A I A P A V Associazione Italiana Allenatori di Pallavolo Via Volta, 18 22063 - CANTU' (CO) Cod. Fiscale 90038280138 [email protected] Senza entrare in questa sede nel merito di tale scelta, si vogliono evidenziare le ricadute pratiche che la decisione ha sui rapporti giuridici inerenti la pratica della pallavolo in Italia. Deve innanzitutto essere sottolineato che lo Stato Italiano ha disciplinato compiutamente l’attività sportiva professionistica con una legge organica la n. 91/1981 (comunemente detta “Legge sul professionismo sportivo”) che sostanzialmente, a determinate condizioni e su specifici presupposti, equipara lo sportivo professionista al lavoratore subordinato. Istituti storici della legislazione giuslavorista, da tempo recepiti in ogni ordinamento statale democratico, prevedono una tutela reale ed obbligatoria dei diritti dei lavoratori subordinati, garantendo loro, tra l’altro, la stabilità del posto di lavoro, condizioni eque, trattamento previdenziale ecc.. Non rivestendo la qualifica formale di sportivo professionista, l’allenatore di pallavolo (al pari del giocatore) non gode di tali tutele ex lege. Da qui la necessità, già sopra evidenziata, di cercare di ottenere con il contratto privato quelle garanzie che la legge non prevede, colmando con accordi tra le parti l’assoluto vuoto di tutela ex lege. In seguito si entrerà nel dettaglio dei contenuti contrattuali ritenuti necessari. Se lo sportivo professionista è stato oggetto dell’attenzione del Legislatore Italiano, la figura del lavoratore sportivo dilettante non è mai stata presa in considerazione da alcuna disciplina giuridica compiuta. Completamente ignorata dal diritto del lavoro, l’attività dello sportivo dilettante è stata regolamentata solo in alcuni aspetti specifici e, in particolare, in quelli tributari. Al fine di evitare in questa sede eccessive divagazioni si rimanda a successive pubblicazioni la trattazione delle questioni inerenti gli aspetti fiscali e tributari dell’attività lavorativa degli allenatori di pallavolo. Dalle lacune legislative relative alle attività sportive dilettantistiche deriva persino la difficoltà di individuarne con certezza la categoria. L’unica definizione rinvenuta nei testi di legge è quella riportata dal D. M. 17 dicembre 2004 che, in materia di tutela assicurativa, definisce in maniera residuale gli sportivi dilettanti come: “tutti i tesserati che svolgono attività sportiva a titolo agonistico, non agonistico, amatoriale, ludico motorio o quale impiego del tempo libero, con esclusione di coloro che vengono definiti professionisti”. Tale definizione, che accomuna generi e realtà tra loro lontanissime (dal giocatore di serie A al ragazzino che gioca per la strada) risulta evidentemente ben poco utile all’individuazione dei diritti della categoria. Si deve pertanto ribadire che garanzie, diritti ed obblighi inerenti il mondo sportivo dilettantistico possono trovare solo nei contratti tra le parti la loro genesi e la loro effettiva realizzazione. A I A P A V Associazione Italiana Allenatori di Pallavolo Via Volta, 18 22063 - CANTU' (CO) Cod. Fiscale 90038280138 [email protected] Senza entrare in questa sede nel merito di tale scelta, si vogliono evidenziare le ricadute pratiche che la decisione ha sui rapporti giuridici inerenti la pratica della pallavolo in Italia. Deve innanzitutto essere sottolineato che lo Stato Italiano ha disciplinato compiutamente l’attività sportiva professionistica con una legge organica la n. 91/1981 (comunemente detta “Legge sul professionismo sportivo”) che sostanzialmente, a determinate condizioni e su specifici presupposti, equipara lo sportivo professionista al lavoratore subordinato. Istituti storici della legislazione giuslavorista, da tempo recepiti in ogni ordinamento statale democratico, prevedono una tutela reale ed obbligatoria dei diritti dei lavoratori subordinati, garantendo loro, tra l’altro, la stabilità del posto di lavoro, condizioni eque, trattamento previdenziale ecc.. Non rivestendo la qualifica formale di sportivo professionista, l’allenatore di pallavolo (al pari del giocatore) non gode di tali tutele ex lege. Da qui la necessità, già sopra evidenziata, di cercare di ottenere con il contratto privato quelle garanzie che la legge non prevede, colmando con accordi tra le parti l’assoluto vuoto di tutela ex lege. In seguito si entrerà nel dettaglio dei contenuti contrattuali ritenuti necessari. Se lo sportivo professionista è stato oggetto dell’attenzione del Legislatore Italiano, la figura del lavoratore sportivo dilettante non è mai stata presa in considerazione da alcuna disciplina giuridica compiuta. Completamente ignorata dal diritto del lavoro, l’attività dello sportivo dilettante è stata regolamentata solo in alcuni aspetti specifici e, in particolare, in quelli tributari. Al fine di evitare in questa sede eccessive divagazioni si rimanda a successive pubblicazioni la trattazione delle questioni inerenti gli aspetti fiscali e tributari dell’attività lavorativa degli allenatori di pallavolo. Dalle lacune legislative relative alle attività sportive dilettantistiche deriva persino la difficoltà di individuarne con certezza la categoria. L’unica definizione rinvenuta nei testi di legge è quella riportata dal D. M. 17 dicembre 2004 che, in materia di tutela assicurativa, definisce in maniera residuale gli sportivi dilettanti come: “tutti i tesserati che svolgono attività sportiva a titolo agonistico, non agonistico, amatoriale, ludico motorio o quale impiego del tempo libero, con esclusione di coloro che vengono definiti professionisti”. Tale definizione, che accomuna generi e realtà tra loro lontanissime (dal giocatore di serie A al ragazzino che gioca per la strada) risulta evidentemente ben poco utile all’individuazione dei diritti della categoria. Si deve pertanto ribadire che garanzie, diritti ed obblighi inerenti il mondo sportivo dilettantistico possono trovare solo nei contratti tra le parti la loro genesi e la loro effettiva realizzazione. A I A P A V Associazione Italiana Allenatori di Pallavolo Via Volta, 18 22063 - CANTU' (CO) Cod. Fiscale 90038280138 [email protected] Senza entrare in questa sede nel merito di tale scelta, si vogliono evidenziare le ricadute pratiche che la decisione ha sui rapporti giuridici inerenti la pratica della pallavolo in Italia. Deve innanzitutto essere sottolineato che lo Stato Italiano ha disciplinato compiutamente l’attività sportiva professionistica con una legge organica la n. 91/1981 (comunemente detta “Legge sul professionismo sportivo”) che sostanzialmente, a determinate condizioni e su specifici presupposti, equipara lo sportivo professionista al lavoratore subordinato. Istituti storici della legislazione giuslavorista, da tempo recepiti in ogni ordinamento statale democratico, prevedono una tutela reale ed obbligatoria dei diritti dei lavoratori subordinati, garantendo loro, tra l’altro, la stabilità del posto di lavoro, condizioni eque, trattamento previdenziale ecc.. Non rivestendo la qualifica formale di sportivo professionista, l’allenatore di pallavolo (al pari del giocatore) non gode di tali tutele ex lege. Da qui la necessità, già sopra evidenziata, di cercare di ottenere con il contratto privato quelle garanzie che la legge non prevede, colmando con accordi tra le parti l’assoluto vuoto di tutela ex lege. In seguito si entrerà nel dettaglio dei contenuti contrattuali ritenuti necessari. Se lo sportivo professionista è stato oggetto dell’attenzione del Legislatore Italiano, la figura del lavoratore sportivo dilettante non è mai stata presa in considerazione da alcuna disciplina giuridica compiuta. Completamente ignorata dal diritto del lavoro, l’attività dello sportivo dilettante è stata regolamentata solo in alcuni aspetti specifici e, in particolare, in quelli tributari. Al fine di evitare in questa sede eccessive divagazioni si rimanda a successive pubblicazioni la trattazione delle questioni inerenti gli aspetti fiscali e tributari dell’attività lavorativa degli allenatori di pallavolo. Dalle lacune legislative relative alle attività sportive dilettantistiche deriva persino la difficoltà di individuarne con certezza la categoria. L’unica definizione rinvenuta nei testi di legge è quella riportata dal D. M. 17 dicembre 2004 che, in materia di tutela assicurativa, definisce in maniera residuale gli sportivi dilettanti come: “tutti i tesserati che svolgono attività sportiva a titolo agonistico, non agonistico, amatoriale, ludico motorio o quale impiego del tempo libero, con esclusione di coloro che vengono definiti professionisti”. Tale definizione, che accomuna generi e realtà tra loro lontanissime (dal giocatore di serie A al ragazzino che gioca per la strada) risulta evidentemente ben poco utile all’individuazione dei diritti della categoria. Si deve pertanto ribadire che garanzie, diritti ed obblighi inerenti il mondo sportivo dilettantistico possono trovare solo nei contratti tra le parti la loro genesi e la loro effettiva realizzazione. A I A P A V Associazione Italiana Allenatori di Pallavolo Via Volta, 18 22063 - CANTU' (CO) Cod. Fiscale 90038280138 [email protected] Occorre pertanto limitare tale precarietà cercando, in sede contrattuale, di premunirsi a fronte di possibili recessi privi di giustificazione da parte del Club. E’ quindi necessario che il contratto preveda la possibilità di essere sciolto per giusta causa unicamente per poche e tassative ipotesi dettagliatamente indicate e non estensibili per analogia ad altre circostanze. Il contratto deve altresì precisare che per ogni diverso motivo di scioglimento, non riconducibile a giusta causa ma alla volontà del Club, i compensi pattuiti devono essere interamente corrisposti anche dopo la cessazione del rapporto. Simili norme contrattuali possono quanto meno garantire un minimo di tranquillità sotto il profilo economico e possono costituire un deterrente contro possibili scelte impulsive dei clubs. Nelle bozze di contratto che saranno in seguito pubblicate sono elencati esempi di motivi di giusta causa di risoluzione, ritenuti accettabili. 3.2. La garanzia del rispetto delle obbligazioni pecuniarie La crisi economica contingente ha moltiplicato i casi di inadempienza e di insolvenza da parte dei Club. I ritardi endemici nei pagamenti costituiscono ormai la prassi e sono di fatto tollerati dai regolamenti sportivi che consentono ai Club di continuare l’attività e di essere ammessi ai campionati anche in caso di parziale morosità. Per far fronte a questo deprecabile fenomeno appare necessario ottenere garanzie in sede contrattuale con idonei strumenti. E’ noto che il patrimonio dei clubs, società o associazioni che siano, è nella grandissima maggioranza dei casi costituito unicamente dagli introiti delle sponsorizzazioni e da pochi beni materiali (attrezzature, indumenti sportivi e poco altro). Tale circostanza spesso determina il fallimento delle azioni esecutive promosse per ottenere coattivamente il pagamento dei crediti in forza delle sentenze o dei decreti ingiuntivi emessi dai Giudici del Lavoro. Per sottrarsi a tali rischi è pertanto necessario che le obbligazioni pecuniarie previste dal contratto siano garantite da altri soggetti. Una semplice possibilità è costituita dall’introduzione di clausole che prevedano l’assunzione delle obbligazioni da parte di persone fisiche, in solido con il Club. Possono essere inserite semplici pattuizioni del tipo “il presidente del Club “Tanto non ti pago Volley S.S.D.R.L.”, che sottoscrive il presente accordo, si obbliga personalmente, in solido con il Sodalizio, al rispetto degli accordi economici previsti dalla presente scrittura. Sarebbe opportuno anche prevedere che la richiesta di pagamento nei confronti della persona fisica possa essere avanzata senza la preventiva escussione del Club. L’assunzione obbligazione da parte di persone fisiche aumenterebbe considerevolmente le possibilità di effettiva soddisfazione dei crediti permettendo di agire nei confronti di soggetti personali dotati di maggior stabilità e di minor volatilità rispetto a società e associazioni che, quasi sempre, al termine della stagione risultano essere “scatole” assolutamente vuote. A I A P A V Associazione Italiana Allenatori di Pallavolo Via Volta, 18 22063 - CANTU' (CO) Cod. Fiscale 90038280138 [email protected] Le persone fisiche sono invece generalmente titolari di beni mobili e immobili, crediti da lavoro ecc. più facilmente aggredibili. In merito alla possibilità di ottenere l’obbligazione personale dei dirigenti del Club deve essere operata una netta distinzione tra i clubs costituiti in forma di Associazione Sportiva Dilettantistica (quasi tutti sino alla Serie B1 compresa) e quelli costituiti in forma di società di capitali (Società Sportive Dilettantistiche a responsabilità limitata) così come richiesto ai fini dell’ammissione ai campionati di serie A. Nel primo caso (Associazioni Sportive Dilettantistiche) la responsabilità personale della persona fisica che in nome e per conto dell’Associazione firma il contratto è già prevista dalla legge. L’art. 38 C.C. recita infatti” Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione”. A tal proposito è opportuno sottolineare che la persona obbligata non è il presidente dell’associazione ma colui che, a prescindere dalla carica rivestita all’interno dell’ente, agisce in nome e per conto dello stesso sottoscrivendo il contratto. Se invece il club è costituito in forma di società di capitali l’assunzione solidale dell’obbligazione da parte di persone fisiche deve avvenire per mezzo di specifiche pattuizioni. Deve però essere evidenziato un orientamento recente e innovativo della giurisprudenza di merito che ritiene personalmente obbligati i dirigenti di una società sportiva dilettantistica a responsabilità limitata, che ha cessato di essere affiliata alla FIPAV, per i debiti contratti dalla Società stessa nei confronti dei propri tesserati. Tale orientamento fa capo ad una serie di sentenze univoche, tutte confermate in sede d’Appello, che hanno ritenuto essere norma contrattuale, vigente tra le parti, il disposto dell’art. 9 dello statuto della FIPAV (privo di forza di legge in quanto norma di un ordinamento sportivo) che testualmente prevede che “anche in deroga alle vigenti disposizioni di legge, in caso di cessazione di appartenenza alla FIPAV della società e associazione sportiva, i dirigenti sociali in carica al momento sono obbligati in via personale e solidale all’adempimento delle obbligazioni della società e associazione sportiva verso la Federazione, gli altri associati o tesserati e verso i terzi; sono altresì soggetti alle procedure esecutive previste dalle vigenti disposizioni di legge”. I Giudici del Lavoro, rigettando le eccezioni dei dirigenti del Club che invocavano il principio dell’autonomia patrimoniale della Società previsto dalle norme codicistiche, hanno ritenuto che nulla vieta che, accanto alla responsabilità del sodalizio prevista dalla legge, possa sussistere anche una responsabilità di natura contrattuale dei dirigenti. La Giurisprudenza in questione ha altresì precisato che debbano essere ritenuti dirigenti sia coloro che figurano come tali secondo le norme dell’ordinamento sportivo (in pratica coloro che il Club ha tesserato come propri dirigenti) sia coloro che rivestono cariche all’interno della società sotto il profilo civilistico. (si vedano le sentenze del Tribunale di A I A P A V Associazione Italiana Allenatori di Pallavolo Via Volta, 18 22063 - CANTU' (CO) Cod. Fiscale 90038280138 [email protected] Milano nn. 4735/10, 385/11, 398/11, 945/11, 1622/11, 3019/11 e 4967/11 e le sentenze della Corte d’Appello di Milano nn. 230/14, 235/14, 247/14 e 391/14. Il suddetto orientamento sembra avere una portata rivoluzionaria in quanto sgretola le convinzioni di impunità che i dirigenti dei Clubs costituiti in forma di società di capitali avevano consolidato nel tempo. Tali convinzioni avevano portato taluni a realizzare azzardi di ogni genere nella gestione delle società, con buona pace dei tesserati rimasti creditori che al termine dell’attività della Società (spesso coincidente con la cessione dei diritti sportivi ad una diversa società costituita ad hoc) dovevano arrendersi di fronte al suo stato di insolvenza ed all’impossibilità di agire nei confronti degli amministratori a causa del principio dell’autonomia patrimoniale dell’ente. Oltre all’assunzione delle obbligazioni da parte di persone fisiche, una diversa e ancora migliore forma di garanzia dell’ adempimento del contratto è costituita da fidejussioni di natura bancaria o assicurativa. In tali casi la solvibilità del soggetto garante appare pressoché certa. E’ però necessario verificare le condizioni di garanzia accertando, tra l’altro, che la stessa venga concessa a prima richiesta senza necessità di escussione del debitore principale. I costi spesso elevati dei contratti e delle polizze fideiussorie provocano una certa ritrosia dei Club nel concedere tali forme di garanzia. Oltre che dal rischio di inadempimento totale, il contratto dovrebbe cautelare anche contro il ritardo nei pagamenti che spesso pone gli sportivi dilettanti in una situazione di emergenza economica. Gli strumenti per contrastare tali ritardi sono costituiti dalla pattuizione di penali (ad es. € 100 per ogni settimana di ritardo) e dalla possibilità di sospendere, o addirittura cessare definitivamente le prestazioni sportive in caso di morosità prolungata (ovviamente conservando il diritto di percepire l’intero compenso). E’ ovvio che l’ottenimento delle garanzie sopra indicate non risulta affatto agevole (il rifiuto dei Club è già sintomatico delle incertezze relative alla possibilità di conseguire una puntuale esecuzione del contratto ! ) ma riteniamo che la categoria degli allenatori, in ossequio alla centralità che le compete, debba farsi portabandiera di una campagna di moralizzazione della pallavolo e di rispetto dei rapporti su cui si fonda l’attività sportiva. 3.3. La garanzia della conservazione del posto di lavoro in caso di malattia o infortunio. L’inquadramento del lavoro sportivo dilettantistico nell’ambito delle prestazioni coordinate continuative esclude l’intervento di assicuratori sociali in caso di infortunio e malattia. Per far fronte a tali eventualità, ed impedire che l’impossibilità di rendere le prestazioni lavorative possa determinare la cessazione improvvisa del rapporto (e degli emolumenti) è necessario ricorrere ad assicuratori privati e a garanzie contrattuali. In future pubblicazioni ci occuperemo delle questioni assicurative e previdenziali relative all’attività degli allenatori. A I A P A V Associazione Italiana Allenatori di Pallavolo Via Volta, 18 22063 - CANTU' (CO) Cod. Fiscale 90038280138 [email protected] In questa sede preme però sottolineare che è necessario che le clausole contrattuali impediscano la risoluzione del contratto nelle ipotesi in cui l’allenatore sia temporaneamente inabilitato a causa di infortuni o malattie. Non deve infatti essere dimenticato che il rapporto di lavoro dilettantistico è privo di qualsiasi garanzia di stabilità di origine legislativa e che nell’ipotesi in cui l’allenatore fosse inadempiente, sia pure per motivi relativi alla propria salute, il Club potrebbe legittimamente chiedere la risoluzione del contratto. E’ pertanto necessario che il contratto preveda espressamente l’obbligo da parte del Sodalizio della conservazione del posto di lavoro dell’allenatore e della retribuzione; quanto meno per un ragionevole periodo. Potrebbe ad esempio essere pattuita la piena retribuzione per un periodo di due mesi successivo all’infortunio o all’inizio della malattia, la riduzione del 50% degli emolumenti per un ulteriore periodo di tre mesi e la successiva possibilità di risoluzione solo nell’ipotesi in cui l’inabilità si riveli irreversibile. 3.4. L’assistenza medica. Per allenatori e giocatori la perfetta efficienza del proprio corpo è fondamentale ai fini dell’esecuzione delle prestazioni richieste. E’ pertanto necessario sottolineare l’estrema importanza dell’assistenza medica e fisioterapica anche nei livelli che per motivi di budget sono solitamente meno organizzati. Gli allenatori devono insistere affinchè i Clubs si strutturino per far fronte a tale necessità e si facciano carico degli oneri ad essa inerenti. Sia per sé che per gli atleti. A I A P A V Associazione Italiana Allenatori di Pallavolo Via Volta, 18 22063 - CANTU' (CO) Cod. Fiscale 90038280138 [email protected]
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