Compendio normativo - Cassa depositi e prestiti spa

Compendio normativo al Vademecum VOL aggiornato ad aprile 2014
Indice
1. Riduzione del debito e limiti all’indebitamento
2. Inventario /censimento
3. Razionalizzazione spazi e spending review
4. Normativa in materia di valorizzazione
5. Procedure amministrative per i processi di valorizzazione. Accordi di programma,
Conferenze di servizio, etc.
6. Normativa sulla tutela dei beni culturali ed ambientali e procedure
7. Nuovi Strumenti
8. Giurisprudenza
9. Ulteriori disposizioni in materia di immobili applicabili ai beni pubblici
10. Appendice
Le più recenti novità
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Il Documento di economia e finanza
Il DEF deliberato dal Consiglio dei Ministri dell’8 aprile 2014 guarda al
al settore immobiliare come uno dei volani per dare nuovo impulso all'economia. Di seguito in pillole i
punti di azione previsti:
1.Infrastrutture: la realizzazione di nuove opere infrastrutturali dovrebbe essere resa più snella e
semplice grazie alla velocizzazione dei processi decisionali.
In primo luogo il governo pensa di attuare, entro giugno 2014, una riforma della giustizia
amministrativa con l'obiettivo di far diminuire i ricorsi, favorendo così la rapidità di realizzazione delle
opere infrastrutturali e, nel contempo, riducendo i costi.
Vista la necessità di smuovere risorse che non ci sono, inoltre, il governo punta sul project financing,
ponendosi come obiettivo la semplificazione delle regole del settore, escludendole peraltro dal Codice
appalti.
A tale scopo scopo il Def prevede:
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

l’aumento del valore dei singoli bandi, da effettuare su pacchetti di
progetti con caratteristiche simili e non su singole opere;
l’accentramento delle gare con una stazione unica di gestione e
l’istituzione di un Fondo nazionale per la progettazione di opere in
partenariato pubblico-privato.
Mercato immobiliare: il governo intende mettere in atto entro novembre 2014 una serie di strategie
finalizzate a valorizzare il settore.
Tra queste è prevista la liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni, operazione che
1
dovrebbe incentivare gli investimenti esteri per la realizzazione di grandi esercizi commerciali, grandi
strutture alberghiere e ricettive, sedi centrali aziendali.
Vengono inoltre previste facilitazioni per i cambi di destinazione d’uso degli immobili, in particolare
per quelli non utilizzati o occupati da imprese in difficoltà, nel rispetto delle esigenze di tutela del
paesaggio e dei volumi esistenti degli edifici.
3.Edilizia: obiettivo del governo è rendere il sistema economico più competitivo e attraente per gli
investitori, anche esteri, attraverso una serie di semplificazioni di ordine burocratico.
Vanno in questa direzione la creazione di procedure e modelli standard per le autorizzazioni del settore
edilizio, la riforma della conferenza di servizi, la maggiore certezza del sistema sanzionatorio e una
normativa più snella nel settore degli appalti.
Obiettivo temporale il prossimo mese di ottobre.
4.Tutela del territorio: tra gli obiettivi dell’esecutivo c’è lo stanziamento di 1,5 miliardi per interventi a
tutela del territorio contro il dissesto idrogeologico.
La misura dovrebbe essere completata entro novembre 2014.
Per la sua realizzazione saranno necessari il censimento degli interventi da realizzare, l’istituzione
di un fondo da 200 milioni per la delocalizzazione degli impianti industriali pesanti siti nei centri
densamente abitati e la semplificazione delle procedure per gli interventi di risanamento
ambientale.
5.Turismo: entro ottobre 2014 il governo prevede di adottare un Piano strategico nazionale del
turismo, con incentivi per l’ammodernamento delle strutture e la crescita dimensionale delle imprese
turistiche. Saranno inoltre favorite le attività turistiche a basso impatto ambientale.
6. Riforma del Catasto: attuazione in tempi rapidi la riforma del Catasto al fine di ritarare la tassazione
sugli immobili in base a valori vicini a quelli di mercato assicurando meccanismi di adeguamento
periodico.
In base alla Delega fiscale i decreti attuativi devono essere adottati entro il 27 marzo 2015.
7. Piano casa: il programma prevede il recupero e la realizzazione di alloggi sociali, l’abbassamento
della cedolare secca al 10%, incentivi per il riscatto degli alloggi e il rifinanziamento del fondo affitti e del
fondo per la morosità incolpevole.
8.Piano edilizia scolastica: entro luglio sarà operativo il piano per le scuole, studiato per la
riqualificazione delle scuole attraverso interventi di messa in sicurezza, efficientamento energetico e
adeguamento antisismico. Il budget è di circa 3,5 miliardi e prevede anche la costruzione di nuove
scuole.

La Legge di Stabilità 2014
Disposizioni in materia di Affitti della PA
254-bis. Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa, i contratti di
locazione di immobili stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della
2
legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, non possono essere rinnovati, qualora
l'Agenzia del demanio, nell'ambito delle proprie competenze, non abbia espresso nulla osta 60 giorni
prima della data entro la quale l'amministrazione locataria può avvalersi della facoltà di comunicare il
recesso dal contratto. Nell'ambito della propria competenza di monitoraggio, l'Agenzia del demanio
autorizza il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell'applicazione di prezzi medi di mercato,
soltanto a condizione che non sussistano immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati in violazione
delle disposizioni del presente comma sono nulli.
254-ter. Le disposizioni del comma 1 dell'articolo 2-bis del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120,
convertito, con modificazioni, dalla legge 13 dicembre 2013, n. 137, e quelle di cui al comma 254-bis
della presente legge non si applicano per i contratti di locazione di immobili di proprietà dei fondi comuni
di investimento immobiliare già costituiti ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n.
351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni,
nonché degli immobili di proprietà dei terzi aventi causa da detti fondi, per il limite di durata del
finanziamento degli stessi fondi.
Concessioni di beni demaniali marittimi
-522-bis. Nelle more del riordino della materia da effettuare entro il 30 giugno 2014, al fine di ridurre il
contenzioso generato dall'applicazione dei criteri per il calcolo del canone demaniale marittimo sulla
scorta delle previsioni di cui all'articolo 03, comma 1, lettera b), punto 2.1) del decreto-legge 5 ottobre
1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, così come modificato
dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, i procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 settembre 2013
concernenti il pagamento in favore dell'Erario statale dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni
demaniali marittimi e delle relative pertinenze possono essere integralmente definiti, previa domanda
all'ente gestore ed all'Agenzia del demanio da parte del soggetto interessato ovvero del destinatario della
richiesta di pagamento, mediante il versamento:
a) diretto in un'unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme dovute;
b) rateizzato fino a un massimo di 9 rate annuali, di un importo pari al 70 per cento delle somme
dovute, oltre agli interessi legali, secondo un piano approvato dall'ente gestore.
Concessioni e riscatto aree del demanio marittimo
Le aree ricomprese nell'ambito del demanio marittimo oggetto di concessione per l'esercizio di attività
con finalità turistiche ricreative di cui all'articolo i legge 4 dicembre 1993 n. 494 ed occupate da
manufatti di qualsiasi genere connessi al suolo, ivi comprese le aree occupate da strutture e attrezzature
alle medesime attività asservite, sono individuate con atto ricognitivo dirigenziale dall'Agenzia del
Demanio ed escluse dal demanio marittimo, in quanto non più utilizzate per i pubblici usi del mare, con
decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con quello dell'economia e finanze.
L'inclusione nel decreto produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile.
522-quinquies. L'occupazione e l'uso delle aree e dei manufatti erariali, a seguito dell'emanazione del
decreto di cui al precedente comma, prosegue, nella fase transitoria, in favore del titolare della
concessione demaniale attuale, sino alla piena nuova attribuzione delle aree delle concessioni in oggetto.
522-sexies. Le aree individuate ai sensi del comma 522-quater sono assegnate con diritto di superficie
per una durata di 50 anni, con riconoscimento, a favore del concessionario attuale, del diritto di opzione,
da esercitarsi entro 180 giorni dall'emanazione del decreto interministeriale di cui al successivo comma
522-septies. In ogni caso e fatto salvo l'obbligo in capo a quest'ultimo di garantire a chiunque l'accesso al
mare e di mantenere la destinazione turistico-ricreativa esistente delle predette aree e strutture. È posto
il divieto assoluto di esercitare il diritto di opzione per le superfici coperte realizzate in assenza dei titoli
autorizzatori validi o in presenza di abusi edilizi.
522-septies. L'assegnazione di cui al comma 522-sexies dovrà avvenire al prezzo che verrà stabilito
da apposito decreto emanato dal Ministro dell'economia e delle finanze e dal Ministro delle infrastrutture e
dei trasporti entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite la Conferenza
permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e le
organizzazioni di settore maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Il decreto dovrà definire
inoltre regole e procedure di partecipazione alla fase di assegnazione, dei soggetti che ne faranno
3
richiesta, fermo restante il diritto di opzione per il concessionario attuale.
522-octies. Le restanti aree, gli arenili con ombreggi, facenti parte della medesima concessione, di cui
al comma 522-quater e che rimangono demanio pubblico, allo scadere della proroga di cui al decretolegge 18 ottobre 2012 n. 179 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221,
saranno oggetto di nuova assegnazione secondo i principi della concorrenza con riconoscimento del diritto
di prelazione legale in favore del concessionario optante, sulla base di un piano dei servizi, con canone
fisso prestabilito con decreto del Ministero dell'economia e finanze, al fine di stimolare gli investimenti per
preservare e valorizzare l'unicità dell'offerta balneare, la tutela ambientale e la specificità territoriale e
culturale dei servizi prestati.
522-nonies. Al concessionario non optante, allo scadere della proroga legale, è riconosciuto dal
concessionario subentrante un indennizzo per gli investimenti e i valori commerciali creati i cui criteri
saranno definiti con apposito decreto del Ministro dell'economia e Finanze.
522-decies. Le risorse derivanti dalla cessione dei diritti di superficie delle aree ricadenti al comma
522-quater confluiscono, per un valore minimo pari al 50 per cento del totale, in un apposito fondo che
dovrà essere utilizzato a garanzia dei mutui contratti per la realizzazione di investimenti nel settore
turistico e ambientale, con caratteristiche e tipologie individuati con successivo Decreto del Ministro delle
infrastrutture in concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dei beni culturali e
del turismo e con il Ministro dell'ambiente.
522-ter. La domanda di definizione, ai sensi del comma 522-bis, ove l'istante deve precisare se
intende avvalersi delle modalità di pagamento di cui alla lettera a) o di quelle di cui alla lettera b) del
predetto comma, è presentata entro il 31 gennaio 2014. La definizione si perfeziona con il versamento,
entro il termine di 60 giorni dalla presentazione della domanda di definizione, dell'intero importo dovuto;
in caso di versamento rateizzato, entro il predetto termine deve essere versata la prima rata, la
definizione resta sospesa sino al completo versamento delle ulteriori rate ed il mancato pagamento di una
di queste, entro 60 giorni dalla scadenza, comporta la decadenza del beneficio. La definizione del
contenzioso con le modalità di cui al presente comma sospende gli eventuali procedimenti amministrativi
avviati dalle amministrazioni competenti e gli effetti dei medesimi relativi ai procedimenti di rilascio
nonché alla sospensione, revoca o decadenza dalla concessione demaniale marittima derivanti dal
mancato versamento del canone demaniale marittimo.
Nuovi immobili destinati a Carceri o ad Uffici Giudiziari delle sedi centrali di Corte d'Appello
Aggiunge il comma 181-bis che, con una modifica all'articolo 6, comma 6-ter, del
D.L.138/2011,prevede che siano considerate assolutamente prioritarie le permute riguardanti la
realizzazione di nuovi immobili per carceri o uffici giudiziari delle sedi centrali di Corte d'Appello.
E’ autorizzata una spesa annuale di 5 milioni di euro, a partire dal 2016, destinata a tali procedure
di permuta in cui siano ricompresi immobili demaniali già in uso governativo che verrebbero utilizzati in
regime di locazione.
Aggiunge il comma 256-bis, che modifica la disciplina della determinazione del corrispettivo delle aree cedute
in proprietà da parte del comune, al fine di prevedere che il comune, su parere del proprio ufficio tecnico, fissi
tale corrispettivo in misura pari al 60% (percentuale già prevista dalla normativa vigente) di quello
determinato attraverso il valore venale del bene, con facoltà per il comune di abbattere tale valore
fino al 50%. La disposizione novella il comma 48 dell’art. 31 della L. 448/1998, nella parte in cui fa riferimento
all’articolo 5-bis, comma 1, del D.L. 233/1992, che è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con la
sentenza n. 348 del 2007 (sentenza che ha dichiarato illegittimi in via consequenziale anche i commi 1 e 2
dell’art. 37 del D.P.R. 327/2001 relativamente alle modalità di calcolo dell’indennità di espropriazione). Resta
comunque non modificata la restante parte della disposizione che fa riferimento alla determinazione del
corrispettivo al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati sulla base della variazione,
accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi tra il mese
in cui sono stati versati i suddetti oneri e quello di stipula dell'atto di cessione delle aree.
4
Immobili nella disponibilità dell’Agenzia del demanio (vedasi anche Sezione 9)
Aggiunge il comma 530-bis il quale, modificando l'articolo 33, comma 8-quater, nono periodo, del D.L. n.
98/2011 precisa che gli immobili non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e
suscettibili di valorizzazione che non possono essere oggetto di conferimento ai fondi immobiliari
rientrano nella disponibilità dell'Agenzia del demanio per le attività di alienazione, di gestione e
amministrazione secondo le norme vigenti, che può avvalersi, a tali fini, del supporto tecnico specialistico
della società Difesa Servizi S.p.A, sulla base di apposita convenzione a titolo gratuito sottoscritta con la
citata società. Alla società Difesa Servizi S.p.A si applicano comunque le disposizioni relative alla
riduzione di spesa delle società pubbliche di cui all'articolo 4 del D.L. n.95 del 2012, limitatamente ai
commi 4, 5, 9, 10, 11, 12 e 14 (composizione e compensi del consiglio di amministrazione, limiti alle
assunzioni e ai compensi del personale, responsabilità dei dirigenti in caso di inosservanza delle suddette
norme, divieto di inserire clausole arbitrali in sede di stipulazione di contratti di servizio).
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Destinazione Italia: DL 145/2013, convertito dalla Legge n.9/2014: L’attestato
di prestazione energetica
E’ decaduto l’obbligo di allegare l’APE al nuovo contratto di locazione per singole unità immobiliari, ma
rimane l’obbligo per le locazioni di interi edifici e per i trasferimenti a titolo oneroso. La regola vale sia per
le locazioni commerciali che per quelle abitative. Vanno comunque inserite nel contratto le dichiarazioni
del conduttore di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla prestazione energetica
del bene locatogli. La carenza di tali dichiarazioni comporta una sanzione pecuniaria.
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1. Riduzione del debito e limiti all’ indebitamento
L’ articolo 56 bis del DL del Fare1 convertito con modificazioni con Legge n.98 del
2013; in particolare i proventi rinvenibili dall’alienazione di immobili e/o dalla
cessione di quote di fondi immobiliari sono così destinate:
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(art. 56 bis -comma 10)
E’ confermata la disposizione di cui al comma 5, articolo 9 del Dlgs. 85/2010 che già disponeva
che alla risorse nette spettanti a ciascun Ente dall’eventuale alienazione degli immobili ad esso
trasferiti o dall’eventuale cessione di quote di fondi immobiliari ai quali gli immobili trasferiti in
forza del federalismo demaniale siano stati conferiti, sono così destinate:
1. il 75% delle risorse nette sono acquisite dall’Ente per essere destinate alla riduzione del
debito dell’Ente medesimo e in assenza di debito o per la parte eccedente a spese di
investimento;
2. il 25% delle risorse nette è invece destinata al Fondo di ammortamento dei titoli di
Stato, con le modalità di cui ad apposito DPCM da emanarsi ai sensi del comma 5 citato.
1
Decreto Legge 21 giugno 2013 n. 69 (c. detto DL del Fare) convertito con L. n. 98/2013.
A pagina 10 paragrafo sono evidenziate le disposizioni inerenti il Federalismo demaniale.
5

(art. 56 bis - comma 11)
La disposizione si applica nel caso di alienazione di immobili a qualunque titolo detenuti dagli
Enti e dispone che ove la norma preveda che una quota uguale o maggiore delle risorse nette
non sia destinata alla riduzione del debito dell’Ente medesimo, il 10% di tali risorse nette
debba essere attributi al Fondo di ammortamento dei titoli di Stato.
Il restante 90% è destinato in via esclusiva a spese di investimento e ove non presenti alla
riduzione del debito come disposto dal comma 443 dell'articolo 1 della legge n. 228/2012 .
Legge 24 dicembre 2012 n. 228 (Legge di stabilità 2013)
Articolo 1 Comma 441. Il comma 28 dell'articolo 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 è
abrogato1. Comma 443. In applicazione del secondo periodo del comma 6 dell'articolo 162 del
decreto legislativo 18 agosto. 2000, n. 267, i proventi da alienazioni di beni patrimoniali
disponibili possono essere destinati esclusivamente alla copertura di spese di investimento
ovvero, in assenza di queste o per la parte eccedente, per la riduzione del debito.
I commi abrogati prevedevano:
comma 28 :utilizzo delle plusvalenze derivanti dall’alienazione degli immobili, per le spese
aventi carattere non permanente;
comma 66: utilizzo del plusvalore derivante dalla vendita di immobili per il rimborso delle rate
di ammortamento dei mutui.
Nell’ambito delle misure di coordinamento della finanza pubblica, l’articolo 8 della
legge n. 183/2011 (Legge di stabilità 2012),
ha ridotto ulteriormente la capacità di
indebitamento degli enti locali, già recentemente ridimensionata dall’art. 2 comma 39 del
D.L. n. 225/2010 cui si aggiunge (art. 8 comma 3) l’obbligo, a decorrere dal 2013, di ridurre
progressivamente lo stock del proprio debito secondo modalità attuative da concordarsi in
ambito di Conferenza Unificata e disciplinate da 2 un decreto del MEF di natura non
regolamentare
Tale decreto, fra l’altro, determina le modalità con le quali può essere raggiunto
l’obiettivo di riduzione del debito. Misura equivalente alla riduzione del debito sarà
il trasferimento di immobili ai fondi comuni di investimento immobiliare ovvero alle
società costituite dal M. E. F. per la dismissione del patrimonio pubblico (art. 6
comma 1 della legge di stabilità).
6
Resta confermato e
tassativo l’elenco di cui all’art. 3, comma 1 della legge n.
350/2003 che elenca le operazioni che costituiscono indebitamento. 2
Esempio: il contratto di leasing immobiliare in costruendo rientra tra le forme di
indebitamento ivi previste e i relativi oneri (canone di leasing) possono essere considerati
spesa di investimento (laddove sia prevista la facoltà di riscatto e questa venga
successivamente esercitata). Di conseguenza, la quota interessi va ad incidere sui limiti
quantitativi all’indebitamento (C. conti, sez. riun., 16 settembre 2011, n. 49/CONTR/2011),
in quanto gli effetti finanziari di tale operazione sono assimilabili all’indebitamento.
2. Inventario/censimento
Le scritture inventariali costituiscono la fonte descrittiva e contabile valutativa per la
compilazione del conto del patrimonio. Ciascun valore incluso nel conto del patrimonio dovrà
essere dimostrato ai fini informativi, di conciliazione e controllo da analitiche scritture
descrittive ed estimative3. Tali principi discendono dall’art. 230 del TUEL al fine della mera
rendicontazione della gestione effettuata sui beni.
Diversamente si prospetta l’attività di censimento che necessita la puntuale ricognizione degli
immobili sulla base di dati informazioni e documenti ad essi da attribuire e raccogliere ai fini
della redazione del fascicolo immobiliare. L’attività di censimento ha una funzione ricognitiva
ed al contempo di catalogazione che deve essere effettuata a monte del processo di
elaborazione del piano di valorizzazione/dismissione di cui all’art.58 del decreto legge
n.112/2008, come successivamente modificato ed integrato (vedi anche par. n. 4 ) .
3. Razionalizzazione e spending review
3. 1 Razionalizzazione
In relazione alla sfera di competenza degli Enti Locali si segnala che è in fase avanzato l’iter del
DDL in materia di razionalizzazione degli spazi (AC 4149), che in quanto disciplinante
l’ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”, è
riservato alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, comma 2,
lettera g) della Costituzione).
L’articolo 2 interviene in materia di «coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario», che rientra nella competenza concorrente dello Stato e delle Regioni, in base
all’art. 117, comma 3 della Costituzione. Si evidenzia, altresì, la connessione della medesima
2
Si rinvia, per completezza, alla lettura del Manuale SEC 95 ed alla decisioni assunte da Eurostat in relazione alla
tipologia di operazioni e modalità di contabilizzazione delle medesime nel sistema dei conti nazionali. (es: Comunicato
del giugno 2007 – operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto il patrimonio pubblico).
3
Fonte: Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali : FINALITA’ E POSTULATI DEI PRINCIPI CONTABILI
DEGLI ENTI LOCALI Testo approvato il 12 marzo 2008
7
norma, riguardante la valorizzazione territoriale del patrimonio immobiliare con l’articolo 119,
comma sesto della Cost., con riferimento al processo di trasferimento di immobili dallo
Stato alle autonomie locali (c.d. federalismo demaniale).
Sono tenute in considerazione misure volte alla riduzione ed ottimizzazione degli spazi, anche
mediante la definizione di standard tecnici per l’assegnazione dei medesimi da utilizzarsi da
parte delle amministrazioni statali, mediante l’attribuzione alle singole amministrazione di
una quota pari al 25 per cento dei risparmi conseguiti, la possibilità di disdire i contratti in
essere, l’individuazione di un facility manager per ciascuna amministrazione, nonché
l’estensione dei principi di risparmio alle autonomie locali.
In particolare, l’articolo 1 reca modifiche all’articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre
2009,
n.
191(legge
finanziaria
2010).
Tale
norma
ha
introdotto
l’obbligo,
per
le
amministrazioni pubbliche, di trasmettere una serie di comunicazioni all’Agenzia del demanio
relativamente agli immobili da esse utilizzati, con l’obiettivo di unificare in capo alla stessa
Agenzia le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle
medesime amministrazioni. Le amministrazioni dello Stato sono quindi tenute a comunicare
all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio di ogni anno, la previsione triennale del loro
fabbisogno di spazio allocativo e delle superfici da esse occupate che non risultano più
necessarie.
Si prevede quindi che l’Agenzia del demanio e l’Agenzia del territorio promuovano
congiuntamente tutte le iniziative, anche attraverso la stipula di apposita convezione con
l’Associazione nazionale comuni italiani, per mettere a disposizione dei comuni, a titolo
gratuito, strumenti di carattere tecnico e informatico, ai fini della predisposizione delle predette
comunicazioni, nonché ai fini della razionalizzazione ed ottimizzazione del patrimonio di
proprietà degli enti medesimi.
3.2 Spending review
In tema di contenimento della spesa pubblica si segnala la disposizione introdotta
dal Decreto Legge n. 120/2013, convertito con modificazioni dalla Legge
n.137/2013 in materia di recesso dalle locazioni passive di cui all’art. 2 bis che
segue:
Art. 2-bis Facoltà di recesso delle pubbliche amministrazioni da contratti di locazione
(11)
1. Anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa di cui agli articoli 2, comma
5, e 3, comma 1, le amministrazioni dello Stato, le regioni e gli enti locali, nonché gli organi costituzionali
nell'ambito della propria autonomia, hanno facoltà di recedere, entro il 31 dicembre 2014, dai contratti di
locazione di immobili in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
Il termine di preavviso per l'esercizio del diritto di recesso è stabilito in trenta giorni, anche in deroga ad
8
eventuali clausole difformi previste dal contratto.
(12) (13)
(11) Articolo inserito dalla legge di conversione 13 dicembre 2013, n. 137.
(12) Il presente comma era stato modificato dall'art. 2, comma 1, D.L. 30 dicembre 2013, n. 151, non
convertito in legge (Comunicato 1° marzo 2014, pubblicato nella G.U. 1° marzo 2014, n. 50).
(13) Sui limiti di applicabilità delle disposizioni del presente comma vedi l’ art. 1, comma 389, L. 27
dicembre 2013, n. 147.
Tale disposizione si colloca nel quadro di misure precedentemente adottate dal
legislatore4, tra cui:
3. la possibilità per gli anni 2012, 2013 e 2014, di sospendere l’applicazione
dell'aggiornamento ISTAT, anche se contrattualmente previsto, per i canoni dovuti
dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica
amministrazione e dalle Autorità indipendenti per l'utilizzo in locazione passiva di
immobili per finalità istituzionali;
4. la riduzione dei canoni (del 15%) attualmente pagati dalle amministrazioni centrali per
le locazioni passive a partire dal 1 gennaio 2015 per i nuovi contratti o alla scadenza o
al rinnovo dei contratti in essere;
5. il rinnovo dei contratti di locazione può avvenire solo se c’è disponibilità di risorse e
un’effettiva esigenza di locazione in relazione ai piani di razionalizzazione degli spazi
della PA;
6. le Regioni possono ottenere gratuitamente in concessione o locazione gli immobili
statali utilizzati per le università e quelli usati per finalità istituzionali
7. Regioni, Province e Comuni potranno ottenere gratuitamente gli immobili dello Stato .
3.2a) Legge di Stabilità 2013
Il comma 138, articolo 1, della Legge n.228/2012, dispone nei confronti delle
Amministrazioni pubbliche, il divieto, per l’anno 2013:
a) di acquistare immobili a titolo oneroso e
b) di stipulare contratti di locazione passiva.
Sono, comunque, previste deroghe a tali divieti, ovvero:
1. Sono consentite operazioni di acquisto in materia di edilizia residenziale pubblica ed
ove trattasi di operazioni già autorizzate, alla data di entrata in vigore della norma,
nonché le operazioni di acquisto effettuate in attuazione di piani concernenti
interventi speciali.
4
Si v. l’art. 3 D.L. n. 95/2012 conv. in L. n. 135/2012
9
2. E’ consentita la locazione nel caso di rinnovo del contratto, stipulato a condizioni più
vantaggiose, allo scopo di (i) sostituire immobili dismessi o (ii) per continuare ad
avere la disponibilità degli immobili dismessi.
A decorrere dal 1° gennaio 2014 le operazioni di acquisto di immobili da parte della
amministrazioni pubbliche potranno essere effettuate solo in presenza:
a) Di un’attestazione da parte del responsabile del procedimento che comprovi,
documentandola, l’indispensabilità e indilazionabilità dell’acquisto;
b) congruità del prezzo a cura dell’Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese;
c) pubblicazione sul sito istituzionale dell’ente, dell’operazione di acquisto, contenente
l’indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito.
4. Normativa in materia di valorizzazione
4.1 Semplificazione delle procedure di vendita - estensione al patrimonio degli Enti
della procedure di vendita diretta.
Il legislatore ha esteso il meccanismo semplificato della vendita diretta, previsto per i beni di
proprietà dello Stato, al patrimonio degli Enti locali e territoriali, al contempo prevedendo
procedure agevolate a carico dell’acquirente in ordine all’eventuale procedura in sanatoria. In
particolare il comma l, dell’articolo 3 del DL n.133/2013, dispone che alle alienazioni di
immobili di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, si
applichino le disposizioni recate dall'articolo 40, comma 6, della legge 28 febbraio 1985, n.
47, che consentono la sanatoria di irregolarità successivamente al trasferimento. Il comma 6
dell'articolo 40 prevede un termine di centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile
per la presentazione della domanda di sanatoria. Tale termine viene peraltro derogato dal
comma in esame, che consente di presentare la domanda di sanatoria entro un anno dall'atto
di trasferimento dell'immobile.
Il comma 2 interviene sulle disposizioni che disciplinano la dismissione in blocco di immobili
pubblici ai sensi del già citato articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005,
n. 203, apportando alcune novelle al comma l.
In particolare, la lettera a) del comma 2 introduce la possibilità per l'Agenzia del demanio,
previa autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, di vendere a trattativa privata
(anche in blocco), anche i beni immobili ad uso prevalentemente non abitativo appartenenti al
patrimonio pubblico. La lettera b) estende invece il meccanismo di dismissione individuato
dall'articolo 11-quinquies citato agli immobili degli enti territoriali.
In tale ipotesi si prevede, pertanto, che gli enti territoriali interessati individuino, con apposita
delibera, gli immobili che intendono dismettere. La delibera conferisce mandato al Ministero
dell'economia e delle finanze per l'inserimento nel decreto dirigenziale che autorizza alla
vendita in blocco.
10
Le ulteriori disposizioni introdotte in sede di conversione del decreto legge possono essere così
riassunte.
1. E’ fatto divieto di alienare gli immobili mediante vendita diretta a società la cui struttura non
consenta l'identificazione di chi ne detiene la proprietà o il controllo; sono inoltre esclusi dalla
trattativa privata i soggetti che siano stati condannati, con sentenza irrevocabile, per reati
fiscali o tributari.
2.Altra previsione riguarda
i fondi immobiliari gestiti dalla Invimit SGR, finalizzati alla
valorizzazione e alla dismissione degli immobili pubblici, operano sul mercato in regime di
libera concorrenza (comma 2-bis) .Il comma 2-ter prevede che il decreto ministeriale con il
quale sono individuati i terreni agricoli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici nazionali
non utilizzabili per altre finalità istituzionali da alienare o locare a cura dell’Agenzia del
demanio, per i quali è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli, deve
essere adottato, in sede di prima applicazione, entro e non oltre il 30 aprile 2014.
3.I commi 2-quater-2-septies, prevedono che i Ministeri interessati individuano e comunicano
all’Agenzia del demanio gli immobili di rilevante interesse culturale, paesaggistico e ambientale
in ordine ai quali ritengano prioritario mantenere la proprietà dello Stato. L’Agenzia del
demanio, entro due mesi dalla relativa comunicazione, sospende le eventuali procedure di
dismissione o conferimento a SGR dei beni da sottoporre a tutela. Tali norme, tuttavia, in
relazione ai processi di dismissione finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica, non devono
comunque determinare una riduzione dell'introito complessivo connesso ai suddetti processi di
dismissione.
In particolare il comma 2-quater affida al Ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo (MIBAC) il compito di individuare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le segnalazioni
provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni di rilevante
interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà
dello Stato ed avviare procedimenti di tutela e valorizzazione ai sensi delle disposizioni
contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio.
Analogamente il comma 2-quinquies assegna al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di
individuare, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato, anche valutando le
segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni portatrici di interessi diffusi, i beni
di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga prioritario mantenere la proprietà
dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali protette o
all'integrazione territoriale di aree naturali protette già istituite.
Il comma 2-sexies prevede che i due Ministri competenti, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, comunicano all'Agenzia del demanio l'avvio dei procedimenti
affinché, entro e non oltre due mesi dal ricevimento della suddetta comunicazione, l'Agenzia
del demanio proceda alla sospensione di eventuali procedure di dismissione o conferimento a
società di gestione dei beni da sottoporre a tutela, già avviate.
Si segnala che nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2014 sono stati pubblicati due decreti
del MEF che hanno autorizzato la vendita a trattativa privata di determinati beni individuati da
alcuni enti locali e dall’Agenzia del demanio. Le procedure di vendita devono essere ultimate
entro il 31 dicembre 2013, previa verifica da parte Ministero dei beni, delle attività culturali e
del turismo sull’eventuale valore storico dei beni.
In particolare il decreto 20 dicembre 2013 ha autorizzato la provincia di Torino, i comuni di
Torino, Venezia, Verona e Firenze e la Regione Lombardia ha vendere gli immobili individuati
dalle delibere assunte dagli stessi enti.
11
Il decreto 23 dicembre 2013 ha autorizzato l’Agenzia del demanio a vendere a trattativa
privata, anche in blocco, i beni immobili di proprietà dello Stato individuati dalla stessa
Agenzia, il cui elenco dei beni è allegato al decreto.
Appendice normativa
Art. 3 Disposizioni in materia di immobili pubblici
D.L. 30-11-2013 n. 133, convertito con modificazioni dalla Legge n. 5 del 2014
Disposizioni urgenti concernenti l'IMU, l'alienazione di immobili pubblici e la Banca d'Italia.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 novembre 2013, n. 281.
In vigore dal 30 gennaio 2014
1. Ai fini della valorizzazione degli immobili pubblici, in relazione ai processi di dismissione finalizzati ad
obiettivi di finanza pubblica, anche allo scopo di prevenire nuove urbanizzazioni e di ridurre il consumo di
suolo, le disposizioni di cui al sesto comma dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 si applicano
anche alle alienazioni di immobili di cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n.
203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248; per esse la domanda di sanatoria di cui al citato sesto
comma dell'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 può essere presentata entro un anno dall'atto di
trasferimento dell'immobile. (7)
2. Al comma 1, dell'articolo 11-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo periodo, dopo le parole «i beni immobili ad uso non», è inserita la seguente:
«prevalentemente»;
b) dopo l'ultimo periodo sono aggiunti i seguenti:
«L'autorizzazione all'operazione può ricomprendere anche immobili degli enti territoriali; in questo caso,
ferme restando le previsioni dettate dal presente articolo, gli enti territoriali interessati individuano, con
apposita delibera ai sensi e per gli effetti dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, gli immobili che intendono dismettere. La
delibera conferisce mandato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'inserimento nel decreto
dirigenziale di cui al secondo periodo del presente comma. È in ogni caso vietata l'alienazione di immobili di
cui al presente comma a società la cui struttura non consente l'identificazione delle persone fisiche o delle
società che ne detengono la proprietà o il controllo. L'utilizzo di società anonime, aventi sede all'estero,
nelle operazioni immobiliari di cui al presente comma è vietato e costituisce causa di nullità dell'atto di
trasferimento. Fermi restando i controlli già previsti dalla vigente normativa antimafia, sono esclusi dalla
trattativa privata i soggetti che siano stati condannati, con sentenza irrevocabile, per reati fiscali o
tributari.» (8).
2-bis. Dopo l'articolo 33-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla
legge
15
luglio
2011,
n.
111,
è
inserito
il
seguente:
«Art. 33-ter. (Disposizioni sulla gestione dei fondi). - 1. I fondi di cui all'articolo 33, commi 1, 8-bis, 8-ter e
8-quater, e quelli di cui all'articolo 33-bis, gestiti in forma separata e autonoma dall'amministrazione della
società di cui all'articolo 33, comma 1, operano sul mercato in regime di libera concorrenza.». (9)
2-ter. All'articolo 66 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo
2012,
n.
27,
dopo
il
comma
1
è
inserito
il
seguente:
«1-bis. In sede di prima applicazione, il decreto di cui al primo periodo del comma 1 è adottato entro e non
12
oltre il 30 aprile 2014.».
(9)
2-quater. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia
e delle finanze, procede all'individuazione, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello Stato di cui
all'articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23
novembre 2001, n. 410, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e associazioni
portatrici di interessi diffusi, dei beni di rilevante interesse culturale o paesaggistico in ordine ai quali ritenga
prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti di tutela e valorizzazione ai sensi
delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42. (9)
2-quinquies. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare procede, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, all'individuazione, nell'ambito dei beni immobili di proprietà dello
Stato di cui all'articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 novembre 2001, n. 410, anche valutando le segnalazioni provenienti da regioni, enti locali e
associazioni portatrici di interessi diffusi, dei beni di rilevante interesse ambientale in ordine ai quali ritenga
prioritario mantenere la proprietà dello Stato ed avviare procedimenti rivolti all'istituzione di aree naturali
protette ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, o all'integrazione territoriale di aree naturali protette
già istituite. (9)
2-sexies. Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, comunicano all'Agenzia del
demanio l'avvio dei procedimenti di cui ai commi 2-quater e 2-quinquies. Entro e non oltre due mesi dal
ricevimento della suddetta comunicazione l'Agenzia del demanio procede conseguentemente alla
sospensione di eventuali procedure di dismissione o conferimento a società di gestione dei beni da
sottoporre a tutela, già avviate ai sensi degli articoli 2,3,3-ter e 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n.
351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, dell'articolo 11-quinquies del
decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n.
248, e degli articoli 33 e 33-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111. (9)
2-septies. Le norme di cui ai commi 2-quater, 2-quinquies e 2-sexies, in relazione ai processi di dismissione
finalizzati ad obiettivi di finanza pubblica, non devono comunque determinare una riduzione dell'introito
complessivo connesso ai suddetti processi di dismissione. (9)
(7) Comma così modificato dalla legge di conversione 29 gennaio 2014, n. 5.
(8) Lettera così modificata dalla legge di conversione 29 gennaio 2014, n. 5.
(9) Comma aggiunto dalla legge di conversione 29 gennaio 2014, n. 5.
Per una più organica lettura del meccanismo di semplificazione mediante vendita diretta di
seguito si riporta per esteso il testo dell’articolo 11 quinquies .
13
11-quinquies. Dismissione di immobili.
1. Nell'ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la dismissione di
beni immobili pubblici, l'alienazione di tali immobili è considerata urgente con prioritario riferimento a
quelli il cui prezzo di vendita sia determinato secondo criteri e valori di mercato. L'Agenzia del demanio è
autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con le
amministrazioni che li hanno in uso, a vendere con le modalità di cui all'articolo 7 del decreto-legge 24
dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, i beni immobili
ad uso non prevalentemente abitativo appartenenti al patrimonio pubblico, ivi compresi quelli individuati
ai sensi dei commi 13, 13-bis e 13-ter dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni.
L'autorizzazione all'operazione può ricomprendere anche immobili degli enti territoriali; in questo caso,
ferme restando le previsioni dettate dal presente articolo, gli enti territoriali interessati individuano, con
apposita delibera ai sensi e per gli effetti dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, gli immobili che intendono dismettere.
La delibera conferisce mandato al Ministero dell'economia e delle finanze per l'inserimento nel decreto
dirigenziale di cui al secondo periodo del presente comma (151) (152).
2. Ferma restando l'applicazione dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, per la dismissione dei beni già individuati ai
sensi dei commi 13, 13-bis e 13-ter del medesimo articolo 27, la vendita fa venir meno l'uso governativo,
le concessioni in essere e l'eventuale diritto di prelazione spettante a terzi anche in caso di rivendita. Si
intendono applicabili, anche quanto alle dichiarazioni urbanistiche nonché agli attestati inerenti la
destinazione urbanistico-edilizia previsti dalla legge, le disposizioni di cui al secondo periodo del comma
17 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge
23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, nonché al primo ed al secondo periodo del comma
18 e al comma 19 del medesimo articolo 3. Resta ferma l'applicazione degli articoli 12, 54, 55, 56 e 57
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per le procedure di dismissione successive a quelle di cui
al primo periodo.
3. Agli atti di alienazione di cui al comma 1 del presente articolo o comunque connessi alla dismissione
del patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, comma
275, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono riconosciuti all'Agenzia del demanio i
maggiori costi sostenuti per le attività connesse all'attuazione del presente articolo, a valere sulle
conseguenti maggiori entrate.
5. All'articolo 27, comma 13-ter, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, l'ultimo periodo è soppresso.
6. Il disposto dell'articolo 3, commi 18 e 19, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito,
con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, deve interpretarsi nel senso che lo Stato, gli
enti pubblici nonché le società di cui al comma 1 del citato articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001
sono esonerati anche dall'obbligo di rendere le dichiarazioni urbanistiche richieste dalla legge per la
validità degli atti nonché dall'obbligo di allegazione del certificato di destinazione urbanistica contenente
le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate dal trasferimento.
D.L.
24-12-2002
n.
282
Disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilità.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 dicembre 2002, n. 301 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 21 febbraio 2003, n. 27
(Gazz. Uff. 22 febbraio 2003, n. 44, S.O.), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
7. Dismissione di beni immobili dello Stato.
1. Nell'àmbito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la dismissione di
beni immobili dello Stato, l'alienazione di tali immobili è considerata urgente con prioritario riferimento a
quelli il cui prezzo di vendita sia fissato secondo criteri e valori di mercato. L'Agenzia del demanio è
autorizzata a vendere a trattativa privata, anche in blocco, i beni immobili appartenenti al patrimonio dello
14
Stato di cui agli allegati A e B al presente decreto. La vendita fa venire meno l'uso governativo, le
concessioni in essere e l'eventuale diritto di prelazione spettante a terzi anche in caso di rivendita. Si
applicano le disposizioni di cui al secondo periodo del comma 17 dell'articolo 3 del decreto-legge 25
settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, nonché al
primo ed al secondo periodo del comma 18 del medesimo articolo 3.
L.
30-12-2004
n.
311
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005).
Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 dicembre 2004, n. 306, S.O.
275. Ai fini della valorizzazione del patrimonio immobiliare le operazioni, gli atti, i contratti, i conferimenti ed i
trasferimenti di immobili di proprietà dei comuni, ivi comprese le operazioni di cartolarizzazione di cui alla legge
n. 410 del 2001, in favore di fondazioni o società di cartolarizzazione, associazioni riconosciute sono esenti
dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta
indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto (152).
Appendice normativa
D.L. 30-9-2005 n. 203
Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e
finanziaria.
Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 ottobre 2005, n. 230.
Articolo 11-quinquies. Dismissione di immobili.
5.
6.
1. Nell'ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la
dismissione di beni immobili pubblici, l'alienazione di tali immobili è considerata urgente con
prioritario riferimento a quelli il cui prezzo di vendita sia determinato secondo criteri e valori di
mercato. L'Agenzia del demanio è autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e
delle finanze, di concerto con le amministrazioni che li hanno in uso, a vendere con le modalità di cui
all'articolo 7 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge
21 febbraio 2003, n. 27, i beni immobili ad uso non prevalentemente abitativo appartenenti al
patrimonio pubblico, ivi compresi quelli individuati ai sensi dei commi 13, 13-bis e 13-ter dell'articolo
27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni (151). L’autorizzazione all’operazione può
prevedere anche la possibilità di ricomprendere immobili degli enti locali; in questo caso,
ferme restando le previsioni dettate dal presente articolo, gli enti locali interessati
individuano con apposita delibera ai sensi agli effetti dell’art. 58 del decreto legge 25
giugno 2008, n.112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n.133, gli
immobili che intendono dismettere. La delibera conferisce mandato al Ministero
dell’economia e delle finanze per l’inserimento nel decreto dirigenziale di cui al secondo
periodo del presente comma.
2. Ferma restando l'applicazione dell'articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, per la dismissione dei beni già
individuati ai sensi dei commi 13, 13-bis e 13-ter del medesimo articolo 27, la vendita fa venir meno
l'uso governativo, le concessioni in essere e l'eventuale diritto di prelazione spettante a terzi anche in
caso di rivendita. Si intendono applicabili, anche quanto alle dichiarazioni urbanistiche nonché agli
attestati inerenti la destinazione urbanistico-edilizia previsti dalla legge, le disposizioni di cui al
secondo periodo del comma 17 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni,
15
7.
8.
9.
10.
11.
nonché al primo ed al secondo periodo del comma 18 e al comma 19 del medesimo articolo 3. Resta
ferma l'applicazione degli articoli 12, 54, 55, 56 e 57 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
per le procedure di dismissione successive a quelle di cui al primo periodo.
3. Agli atti di alienazione di cui al comma 1 del presente articolo o comunque connessi alla
dismissione del patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 1, comma 275, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono riconosciuti all'Agenzia del
demanio i maggiori costi sostenuti per le attività connesse all'attuazione del presente
articolo, a valere sulle conseguenti maggiori entrate.
5. All'articolo 27, comma 13-ter, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, l'ultimo periodo è soppresso.
6. Il disposto dell'articolo 3, commi 18 e 19, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito,
con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, deve interpretarsi nel senso che lo Stato,
gli enti pubblici nonché le società di cui al comma 1 del citato articolo 3 del decreto-legge n. 351 del
2001 sono esonerati anche dall'obbligo di rendere le dichiarazioni urbanistiche richieste dalla legge
per la validità degli atti nonché dall'obbligo di allegazione del certificato di destinazione urbanistica
contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate dal trasferimento.
7. Gli immobili siti in Roma, via Nicola Salvi n. 68 e via Monte Oppio n. 12, già inseriti nelle procedure
di vendita di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 novembre 2001, n. 410, sono esclusi da dette procedure di vendita (152) (153).
12.
13.
14.
15.
L.
28-2-1985
n.
47
Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie.
Pubblicata nella Gazz. Uff. 2 marzo 1985, n. 53, S.O.
(commento di giurisprudenza)
40. Mancata presentazione dell'istanza.
Se nel termine prescritto non viene presentata la domanda di cui all'art. 31 per opere abusive realizzate in
totale difformità o in assenza della licenza o concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza
delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, si applicano le sanzioni
di cui al capo I. Le stesse sanzioni si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata la oblazione
dovuta. [In ogni altra ipotesi di abusivismo, la presentazione della domanda dopo il termine del 30
settembre 1986, e comunque non oltre il 31 marzo 1987, comporta il pagamento di una somma pari al
doppio dell'oblazione] (106) (107).
Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di
diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi
non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o
della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'articolo 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata
la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero
copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta
presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione
di cui al sesto comma dell'articolo 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo
degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata
dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n.
15, attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può
essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo.
Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di
edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto è stato approvato o
l'opera autorizzata (108).
Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia
dipesa dall'insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione
16
in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata
iniziata successivamente al 1° settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle
parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione
omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate
al comma precedente (109).
Si applica in ogni caso il disposto del terzo comma dell'articolo 17 e del primo comma dell'art. 21
.
(110)
Le nullità di cui al secondo comma del presente articolo non si applicano ai trasferimenti derivanti da
procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali nonché a quelli derivanti da procedure di
amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa (111).
Nella ipotesi in cui l'immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia
oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata
entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile purché le ragioni di credito per cui si
interviene o procede siano di data anteriore all'entrata in vigore della presente legge (112) (113) (114).
16.
17. giurisprudenza
18.
19. Consiglio di Stato
Istanza di condono:
- effetti
20.
21.
49. La presentazione della domanda di condono edilizio impone al Comune la sua disamina e
l'adozione dei provvedimenti conseguenti, sicché gli atti, repressivi dell'abuso, in precedenza adottati
perdono efficacia, perché la proposizione dell'istanza stessa può condurre o ad un suo accoglimento
(con connesso rilascio della concessione edilizia in sanatoria e superamento degli atti sanzionatori
impugnati), oppure alla reiezione l'istanza e la P.A. è, allora, tenuta, in base all'art. 40, comma 1,
della l. n. 47/1985 e s.m.i., al completo riesame della fattispecie, assumendo, ove del caso, nuovi, e
questa volta definitivi, provvedimenti sanzionatori che troveranno esecuzione, ovvero saranno
oggetto di autonoma impugnazione (Annulla senza rinvio la sentenza del T.a.r. Puglia - Lecce, sez. I,
n. 744/1998).
Sez. V, sent. n. 3460 del 08-06-2011, Comune di Taranto c. Tr.Fr.
4.1 L’articolo 58 del DL 112/2008
L’articolo 58 del decreto legge n. 112 del 2008 ha previsto che per procedere al riordino,
gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni e altri enti
locali, ciascun ente individui i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza,
non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione
ovvero di dismissione, e predisponga un piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari,
allegato al bilancio di previsione. Per i soggetti diversi dai comuni, i beni immobili
individuati possono essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non
superiore a cinquanta anni, ai fini della riqualificazione e riconversione tramite interventi di
recupero, restauro e ristrutturazione, anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso
finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini. Gli
enti possono in ogni caso individuare forme di valorizzazione alternative, nel rispetto dei
principi di salvaguardia dell'interesse pubblico e mediante l'utilizzo di strumenti competitivi,
17
conferire i propri beni immobili anche residenziali a fondi comuni di investimento
immobiliare ovvero promuoverne la costituzione. Ale disposizione è stata modificata
dall'articolo 27, comma 1, del decreto legge n. 201 del 2011 al fine di consentire
anche agli enti partecipati dagli enti territoriali di individuare gli immobili suscettibili di
valorizzazione o di dismissione. Inoltre, l’approvazione del Piano da parte del consiglio
comunale non costituisce più automaticamente una variante allo strumento urbanistico
generale: l’eventuale equivalenza della deliberazione del consiglio è disciplinata dalle
Regioni.
Il decreto legislativo n. 85 del 2010, concernente il federalismo demaniale, ha previsto
l'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a comuni, province, città
metropolitane e regioni, che ne dispongono nell'interesse della collettività rappresentata
favorendone la "massima valorizzazione funzionale". I beni trasferiti possono anche essere
inseriti dalle regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione. Qualora
l’ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati è previsto
uno specifico meccanismo sanzionatorio, in base al quale il Governo esercita il proprio
potere sostitutivo al fine di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il
conferimento in un apposito patrimonio vincolato, entro il quale, con apposito D.P.C.M.,
dovranno, altresì, confluire i beni per i quali non sia stata presentata la domanda di
attribuzione.
22. Procedure amministrative per i processi di valorizzazione.
22.1.
Accordi di programma.
L'accordo di programma ha lo scopo di coordinare l’azione di diversi soggetti pubblici, di volta
in volta coinvolti in virtù dei loro compiti istituzionali nella realizzazione di opere, interventi
ovvero programmi di interventi che richiedono per la loro completa realizzazione l’azione
integrata e coordinata di comuni, regioni, amministrazioni statali, etc., il cui parere sia
richiesto al fine di ottenere il consenso unanime. La partecipazione dei privati è eventualmente
indicata dall’Amministrazione proponente al solo fine di acquisire chiarimenti, ma non ha alcun
ruolo nel procedimento che sfocerà nel rilascio del consenso finale.
Ciò premesso, è chiaro che l’accordo di programma, di cui all'art. 34 del TUEL, di cui all’art. 33,
comma 4 del DL n.98/2011, costituisce il veicolo più funzionale, per l'interesse pubblico teso
al “recupero urbano” del bene, non attraverso l'adozione di singoli provvedimenti autoritativi
assunti, singolarmente, dalle diverse amministrazioni, ma attraverso lo strumento del
consenso. In tal modo viene predisposto in un unico provvedimento ( il consenso) l’insieme
degli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento originario (l’atto di destinazione del
bene), attraverso atti negoziali pattuiti tra le amministrazioni, secondo i principi del codice
18
civile in materia di obbligazioni.
L’esempio tipico può essere inquadrato nel disposto dell’art. 33, che sottende all’ottenimento
del consenso necessario a modificare la destinazione funzionale dei beni, oggetto di
conferimento al fondo.
22.2.
La conferenza di servizi
La conferenza di servizi (istruttoria e decisoria) non costituisce un organo collegiale ma solo un
modulo procedimentale (organizzativo) suscettibile di produrre un'accelerazione dei tempi
procedurali e, nel contempo, un esame congiunto degli interessi pubblici coinvolti. Tale istituto,
dunque, di carattere generale (disciplinato dalla L. n. 241/1990), risulta essere finalizzato
all'assunzione concordata di determinazioni sostitutive, a tutti gli effetti, di concerti, intese,
assensi, pareri, nulla osta, richiesti dal procedimento pluristrutturale specificatamente
conformato dalla legge; tale strumento, quindi, non comporta modificazione o sottrazione delle
competenze, né modificazione della natura o tipo d'espressione volitiva o di scienza che le
amministrazioni sono tenute ad esprimere secondo la disciplina di più "procedimenti
amministrativi connessi" o di un solo procedimento nel quale siano coinvolti "vari interessi
pubblici". In conseguenza di ciò ciascun rappresentante imputa gli effetti giuridici degli atti che
compie all'Amministrazione rappresentata, competente in forza della normativa di settore.
5.3 Concessioni di valorizzazione
Gli interventi normativi che hanno preceduto il federalismo demaniale, concernenti la
concessione nonché la locazione (rispettivamente sui beni demaniali e patrimoniali),
ridefiniscono il quadro complessivo delle possibilità d’utilizzo degli immobili dello Stato. In
particolare il D.P.R. 296 del 13 settembre 2005 ha rinnovato la materia in merito a criteri e
modalità di concessione e uso in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato, mentre
l’art. 1, comma 259, della legge 296/2006 (Finanziaria 2007) ha introdotto il complesso istituto
della concessione di valorizzazione. Si tratta di una molteplicità di strumenti normativi
finalizzati a migliorare il processo di messa a reddito dei beni statali, con lo scopo di migliorare
le politiche di sviluppo locale, anche su area vasta, affidando già agli enti locali un ruolo
importante nelle procedure di valorizzazione. Particolarmente innovative risultano le
disposizioni di cui all’art. 1, comma 259, della legge 296/2006, a cui si deve il completamento
delle procedure di valorizzazione già tracciate con l’art. 3 della legge 410/2001. In precedenza
il concetto di valorizzazione si identificava nell’alienazione del bene, invece la nuova
riformulazione della legge 296/2006 annette in tale ambito anche l’ipotesi di concessioni a
privati, con lo scopo di riqualificare e riconvertire i beni, attraendo capitali privati e, nel
contempo, mantenendo allo Stato la proprietà degli immobili riqualificati e migliorati nella
redditività. Si tratta di operazioni complesse di riqualificazione che incidono spesso anche
19
sull’assetto urbanistico e socio-economico della realtà locale, per le quali il legislatore ha
previsto concessioni con un limite massimo, non rinnovabile, di cinquanta anni.
Le suddette caratteristiche si riferiscono unicamente alle concessioni di valorizzazione, ben
distinte da quelle a termine ordinario di sei anni per le quali il legislatore ha previsto la deroga
del termine fino a 50 anni, ove il concessionario si impegni a eseguire rilevanti opere in tempi
stabili.
Le modalità ordinarie di messa a reddito dei beni dello Stato attraverso lo strumento della
concessione demaniale, disciplinate al capo II del D.P.R. 296/2005, prevedono che la scelta del
contraente avvenga secondo procedure a evidenza pubblica, mediante pubblico incanto. Solo
in via eccezionale e residuale è considerata l’ipotesi del ricorso alla trattativa privata, motivata
dalla necessità di garantire il più possibile l’interesse pubblico con un utilizzo vantaggioso dei
beni, rispettando comunque il principio di trasparenza amministrativa
5.4 I PUV (Piani Unitari di Valorizzazione)
L’art. 1, comma 262 legge 296/2006 ha, quindi, introdotto i nuovi commi 15-bis e 15-ter
nell’art. 3 del D.L. 351/2001, consentendo all’Agenzia del demanio di poter individuare,
d’intesa con gli Enti territoriali interessati, una pluralità di beni pubblici per i quali viene
attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo
territoriale, rappresentando, nel contesto economico e sociale di riferimento, stimolo e
attrazione di interventi per lo sviluppo locale.
Sono previste le risorse economiche per il finanziamento degli studi di fattibilità a sostegno
dei programmi di valorizzazione, con priorità per gli immobili pubblici, attraverso
concessione d’uso o locazione, ovvero allocazione di molteplici funzioni di interesse sociale (
culturale, sportivo, ricreativo, per l’istruzione, la promozione delle attività di solidarietà,
politiche giovanili pari opportunità.
L’art. 1, commi 313-319, legge 244 del 24 dicembre 2007 ha integrato detta impostazione
programmatica, introducendo il Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e
lo sviluppo dei sistemi locali, attraverso il riuso e il recupero di beni immobili pubblici in linea
anche con gli obiettivi di sostenibilità e qualità territoriale e urbana. Il Piano, proposto dal
Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero per i beni e le attività
culturali, sentiti i ministri competenti, prevede l’approvazione d’intesa con la Conferenza
unificata Stato-regioni e Stato-città metropolitane e autonomie locali, anche in applicazione
delle previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio ex D.Lgs. 42 del 22 gennaio
2004. L’approvazione del programma di valorizzazione integra gli estremi della dichiarazione
di pubblica utilità delle opere pubbliche o di interesse generale. L’art. 1, comma 259, legge
296/2006 ha introdotto, come già accennato, l’istituto della concessione di valorizzazione di
lungo periodo, fino a cinquanta anni, che consente ai privati interventi di recupero e restauro
20
sugli immobili di proprietà dello Stato avuti in concessione o in locazione, adeguandoli ad
attività
di sviluppo o di servizio per i cittadini, come anche agli enti locali, ex comma 261 a
fronte di investimenti di recupero e riconversione a cura e carico degli stessi enti.
5.5 Programmi unitari di valorizzazione territoriale (PUVT)
Il decreto legge n. 201 del 2011 (articolo 27, comma 1) prevede l’istituzione di
strumenti sussidiari per la gestione degli immobili pubblici: si tratta in particolare di
società, consorzi o fondi immobiliari aventi lo scopo di valorizzare, trasformare, gestire e
alienare il patrimonio immobiliare pubblico di proprietà dei Comuni, Province, Città
metropolitane, Regioni, Stato e degli Enti vigilati dagli stessi, nonché dei diritti reali relativi
ai beni immobili, anche demaniali. Il medesimo provvedimento (articolo 27, comma 2)
disciplina la formazione di programmi unitari di valorizzazione territoriale per il
riutilizzo funzionale e la rigenerazione degli immobili di proprietà di Regioni, Provincie e
comuni e di ogni soggetto pubblico, anche statale, proprietario, detentore o gestore di
immobili pubblici, nonché degli immobili oggetto di procedure di valorizzazione di cui al
decreto
legislativo
n.
85
del
20101
in
materia
di
federalismo
demaniale.
6. Descrizione della procedura ex art. 12 del Dlgs. N.42/2004
Al fine di ottenere il nulla osta all’alienabilità dei beni immobili di proprietà dello Stato e
degli Enti, conferenti gli stessi ai Fondi, ed ai sensi di quanto previsto dal cosiddetto ”Codice
Urbani” la verifica e la concessione del nulla osta relativo da parte del MIBAC è necessario per
tutti gli immobili ‘’con età di costruzione superiore a 70 anni e costruiti da autore non più
vivente’’.
Infatti si considera l’immobile
“liberamente alienabile a terzi” solo ad esito al
procedimento di verifica che prevede:
 pronuncia sulla sussistenza o meno dell’interesse culturale da parte delle
sovrintendenze territorialmente competenti;
 libera alienazione, sempre da parte delle sovrintendenze territorialmente competenti;
 eventuale esercizio di prelazione, per i soli immobili tutelati, ad opera delle
sovrintendenze competenti territorialmente.
Il fascicolo da inviare al MIBAC per acquisire il parere delle strutture territorialmente
competenti (Direzioni Regionali e ove necessario le Sovraintendenze) deve contenere le
seguenti informazioni:
1) Natura del bene (fabbricato; unità immobiliare; elemento architettonico; manufatto;
giardino o parco);
2) Denominazione del bene (denominazione corrente utilizzata per identificare il bene);
3) Riferimenti catastali (foglio, particella, subalterno);
4) Localizzazione (indirizzo, cap);
5) Destinazione d’uso attuale (commerciale, residenziali, terziario); Precedenti valutazioni
di interesse culturale (nessuna; valutazione positiva: art. 3 del DPR n. 283/2000, art. 1
L. n. 410/2002; valutazione negativa: art. 3 del DPR n. 283/2000, art. 1 L. n.
410/2002);
21
6) Documentazione fotografica (allegare per ogni bene tra un minimo di 10 e un massimo
di 20 fotografie digitali in formato JPG definizione 800x600 pixel; ogni foto deve essere
corredata da una didascalia (campo di testo);
7) Stralcio planimetrico: allegare per ogni bene, lo stralcio della planimetria catastale, in
formato raster (JPG) definizione 1500 x1000;
8) Periodo di realizzazione (anno di costruzione);
9 ) Breve descrizione morfologica e tipologica (descrizione sintetica della struttura fisica,
della tipologia architettonica e degli elementi architettonici e costruttivi maggiormente
significativi del bene);
10) Presenza di elementi decorativi di pregio interni o esterni (nessun elemento, affresco,
stemma, graffito, lapide, iscrizione, tabernacolo, elementi ornamentali).
7. Nuovi Strumenti - Paragrafo aggiornato con le modifiche alla disciplina sul
Federalismo demaniale
Nella Sezione nuovi strumenti sono illustrati gli interventi normativi recentemente introdotti
dall’ordinamento in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare degli Enti locali. In
ordine cronologico si segnalano i seguenti interventi normativi (artt. 33 e 33-bis del D.L. n.
98/2011, convertito dalla L. n. 111/2011, art. 6 della L. n. 183/2011, art. 27 del D.L. n.
201/2011 convertito dalla L. n. 214/2011). Con particolare riguardo, poi, all’ambito del
federalismo demaniale il legislatore ha affidato all´Agenzia del Demanio un ruolo definito di
promozione, coordinamento e supporto tecnico-specialistico nei processi di valorizzazione
degli altri patrimoni immobiliari pubblici, a partire da quelli di proprietà degli Enti territoriali,
anche rivenienti dal cosiddetto "federalismo demaniale" di cui al D.Lgs. n. 85/2010.
7.1
L’ articolo 56 bis del DL del Fare convertito con L. n. 98/2013
La norma riavvia il processo di trasferimento dei beni demaniali agli Enti locali e
territoriali, già previsto dall’articolo 5, comma 1, lett. e) e comma 4 del DLgs
n.85/2010, disciplinante il cosiddetto Federalismo demaniale, ed al contempo
ridefinendo tempi e modalità nonché l’ambito soggettivo di applicazione della norma
medesima.
Ambito soggettivo (comma 1)
Sono esclusi dal trasferimento :
1. I beni in uso per finalità dello Stato o per quelle di cui all'articolo 2, comma 222, della
legge 23 dicembre 2009, n. 191 5, ovvero i beni inseriti ed avviati ai piani di
razionalizzazione;
5
222. A decorrere dal 1° gennaio 2010, le amministrazioni dello Stato di cui all’ articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le
agenzie, anche fiscali, comunicano annualmente all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio, la previsione triennale:
a) del loro fabbisogno di spazio allocativo; b) delle superfici da esse occupate non più necessarie. Le predette
amministrazioni comunicano altresì all’Agenzia del demanio, entro il 31 marzo 2011, le istruttorie in corso per reperire
immobili in locazione. L’Agenzia del demanio, verificata la corrispondenza dei fabbisogni comunicati con gli obiettivi di
contenimento della spesa pubblica di cui agli articoli 1, commi 204 e seguenti, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e
successive modificazioni, nonché 74 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni: a) accerta l’esistenza di immobili da assegnare in uso fra
quelli di proprietà dello Stato ovvero trasferiti ai fondi comuni d’investimento immobiliare di cui all’ articolo 4 del
decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e
successive modificazioni; b) verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, ai sensi dell’ articolo 1,
comma 479, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di
mercato; c) rilascia alle predette amministrazioni il nulla osta alla stipula dei contratti di locazione ovvero al rinnovo di
quelli in scadenza, ancorché sottoscritti dall'Agenzia del demanio. È nullo ogni contratto di locazione stipulato dalle
22
2.
i beni per i quali siano in corso procedure volte a consentirne l'uso per le finalità
istituzionali;
3. I beni per i quali siano in corso operazioni di valorizzazione o dismissione ai sensi
dell’articolo 33, DL n. 98/2011.
La verifica di esclusione dei beni è periodicamente effettuata in coordinamento con l’ADD
che rileverà la presenza di un bene in una delle liste/procedure/finalità indicate dalla
norma.
Procedura per l’acquisizione della proprietà (comma 2)
Le richieste per acquisire la proprietà dei beni sono trasmesse da Comuni, Province, Città
metropolitane e Regioni, sono presentate dal l° settembre 2013 al 30 novembre 2013
all’ADD, secondo le modalità tecniche da definirsi.
La richiesta presentata dall’Ente deve:
1. identificare il bene;
2. specificare le finalità di utilizzo,
3. indicare le eventuali risorse finanziarie preordinate a tale utilizzo.
La
1.
2.
3.
previsione/quantificazione delle risorse sarà effettuata tenendo conto di tre fattori:
lo stato manutentivo del bene;
le finalità di utilizzo;
la possibilità di attivare forme di partenariato pubblico privato.
predette amministrazioni senza il preventivo nulla osta alla stipula dell'Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli
stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della
sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Le predette amministrazioni adempiono i
contratti sottoscritti, effettuano il pagamento dei canoni di locazione ed assumono ogni responsabilità e onere per l'uso
e la custodia degli immobili assunti in locazione. Le medesime amministrazioni hanno l'obbligo di comunicare
all'Agenzia del demanio, entro 30 giorni dalla data di stipula, l'avvenuta sottoscrizione del contratto di locazione e di
trasmettere alla stessa Agenzia copia del contratto annotato degli estremi di registrazione presso il competente Ufficio
dell'Agenzia delle Entrate. Per le finalità di cui al citato articolo 1, commi 204 e seguenti, della legge n. 296 del 2006, e
successive modificazioni, le predette amministrazioni comunicano all’Agenzia del demanio entro il 30 giugno 2010
l’elenco dei beni immobili di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo. Sulla base di tali comunicazioni l’Agenzia del
demanio elabora un piano di razionalizzazione degli spazi, trasmettendolo alle amministrazioni interessate e al
Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro. A decorrere dal 1° gennaio 2010, fermo restando
quanto previsto dall’ articolo 2, commi 618 e 619, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le amministrazioni
interessate comunicano semestralmente all’Agenzia del demanio gli interventi manutentivi effettuati sia sugli immobili
di proprietà dello Stato, alle medesime in uso governativo, sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo,
nonché l’ammontare dei relativi oneri. Gli stanziamenti alle singole amministrazioni per gli interventi di manutenzione
ordinaria e straordinaria, a decorrere dall'esercizio finanziario 2011, non potranno eccedere gli importi spesi e
comunicati all'Agenzia del demanio, fermi restando i limiti stabiliti dall'articolo 2, comma 618, della legge 24 dicembre
2007, n. 244. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tutte le amministrazioni
pubbliche di cui al citato articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, che
utilizzano o detengono, a qualunque titolo, immobili di proprietà dello Stato o di proprietà dei medesimi soggetti
pubblici, trasmettono al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro l’elenco identificativo dei
predetti beni ai fini della redazione del rendiconto patrimoniale delle Amministrazioni pubbliche a valori di mercato.
Entro il 31 luglio di ciascun anno successivo a quello di trasmissione del primo elenco, le amministrazioni di cui al
citato articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, comunicano le eventuali
variazioni intervenute. Qualora emerga l’esistenza di immobili di proprietà dello Stato non in gestione dell’Agenzia del
demanio, gli stessi rientrano nella gestione dell’Agenzia. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze
l’obbligo di comunicazione può essere esteso ad altre forme di attivo ai fini della redazione dei predetti conti
patrimoniali. In caso di inadempimento dei predetti obblighi di comunicazione e di trasmissione, l'Agenzia del demanio
e il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro ne effettuano la segnalazione alla Corte dei conti
per gli atti di rispettiva competenza. Gli enti di previdenza inclusi tra le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, effettuano entro il 31 dicembre 2010 un censimento degli
immobili di loro proprietà, con specifica indicazione degli immobili strumentali e di quelli in godimento a terzi. La
ricognizione è effettuata con le modalità previste con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del demanio sono
stabilite le modalità delle comunicazioni e delle trasmissioni previste dal presente comma. (7) (99) (100)
23
L’ADD comunica l’esito della sua verifica all’ENTE entro 60 giorni dalla ricezione della
richiesta e se positivo, procede al trasferimento con proprio successivo provvedimento;
in caso contrario, saranno comunicati i motivi ostativi all'accoglimento della richiesta, a
cui l’Ente potrà fare seguito, nel termine di 30 giorni, presentando nuova richiesta
unitamente ad elementi e documenti idonei al fine di superare i motivi ostativi
rappresentati dall’ Agenzia del Demanio.
Beni in uso alle Amministrazioni pubbliche (Comma 3)
Possono essere oggetto di richiesta anche i beni assegnati in uso alle amministrazioni
pubbliche; in tale circostanza l’ADD ha l’onere di sentire le amministrazioni interessate per
acquisire, entro il termine perentorio di 30 giorni, la conferma della permanenza o
meno delle esigenze istituzionali. Se le Amministrazioni non confermano, entro i 30
giorni, la permanenza delle esigenze istituzionali, l'Agenzia, nei successivi 30 giorni, verifica
con le altre Amministrazioni la possibilità di inserire il bene nei piani di razionalizzazione di
cui all’art 2, commi 222, 222-bis e 222-ter, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
Accertato che l'immobile non assolve ad altre esigenze statali, la domanda è accolta e si
procede al trasferimento del bene con successivo provvedimento del Direttore dell'Agenzia
del demanio. In caso di conferma da parte dell'Amministrazione, l'Agenzia comunica
all'ente richiedente i motivi ostativi all'accoglimento della richiesta.
Principio di sussidiarietà e territorialità (comma 4)
Nel caso in cui per il medesimo immobile siano presentate più richieste da parte di più
livelli di governo territoriale, il bene sarà attribuito, in virtù del principio di sussidiarietà e
di territorialità, in via prioritaria ai Comuni e alle Città metropolitane e solo
successivamente alle Province ed alle Regioni. Tale principio non si applica se il bene/i
sono già in uso ad un Ente, in detta circostanza il bene è attribuito prioritariamente
all’Ente utilizzatore
Monitoraggio (comma 5)
A partire dal terzo anno successivo al trasferimento, è avviato un monitoraggio, a cura
dell’ADD, sull’utilizzo o meno da parte dell’Ente dell’immobile ad esso trasferito; ove il bene
risultasse non utilizzato rientrerà in proprietà allo Stato, per la sua migliore utilizzazione.
Efficacia del trasferimento (comma 6)
Il trasferimento della proprietà in capo all’Ente ha efficacia dalla data di sottoscrizione dell’atto
formale; l’Ente subentra in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi afferenti il bene trasferitogli.
I beni trasferiti pertanto entrano a far parte, con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi,
del patrimonio disponibile degli Enti territoriali e locali.
Riduzione dei trasferimenti (comma 7)
Sulla base di quanto già disciplinato dal Dlgs. 85/2010 è prevista la riduzione delle risorse a
qualsiasi titolo spettanti alle regioni e agli enti locali che acquisiscono in proprietà i beni immobili
utilizzati a titolo oneroso. Detta riduzione sarà di misura pari alla riduzione delle entrate spettanti
all’Erario in conseguenza del trasferimento degli immobili agli Enti. Con decreto del ministro
24
dell’economia saranno determinati i predetti importi. L’Agenzia delle entrate, non sia stato possibile
recuperare integralmente le minori entrate pe lo Stato, procederà al recupero di tali somme, a
valere sui tributi spettanti all’ente, e se non sufficienti, quest’ultimo dovrà effettuare un versamento
all’entrata del bilancio dello Stato.
Uso gratuito degli immobili (comma 8)
Gli Enti che hanno acquisiti in proprietà gli immobili hanno l’obbligo di assicurare l’uso dei medesimi
a titolo gratuito allo Stato fintanto che ne persistano le esigenze allocative.
Deroga (comma 9)
Le disposizioni introdotte dall’art. 56 bis non si applicano alle Regioni a Statuto speciale ed alle
Province autonome di Trento e di Bolzano.
Modifiche al comma 8 – ter del DL 98/2011 ( comma 12)
E’ modificato l’articolo 33, comma 8-ter, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, che prevedeva un
meccanismo differente di attuazione del federalismo demaniale, in particolare
a) il quinto periodo è abrogato.
b) al sesto periodo le parole: «, nonché l’attribuzione agli Enti territoriali delle quote dei fondi,
nel rispetto della ripartizione e per le finalità previste dall’articolo 9 del decreto legislativo 28
maggio 2010, n. 85, limitatamente ai beni di cui all’articolo 5, comma 1, lettera e), sopra
richiamato, derivanti dal conferimento ai predetti fondi immobiliari. » sono soppresse.
8-ter. Allo scopo di conseguire la riduzione del debito pubblico il Ministro dell'economia e delle
finanze, attraverso la società di gestione del risparmio di cui al comma 1, promuove, con le
modalità di cui all'articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, la costituzione di uno o più fondi comuni
d'investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non
utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti reali immobiliari. Le risorse derivanti dalla
cessione delle quote del Ministero dell'economia e delle finanze sono versate all'entrata del
bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, e
destinate al pagamento dei debiti dello Stato; a tale ultimo fine i corrispettivi possono essere
riassegnati al Fondo speciale per reiscrizione dei residui perenti delle spese correnti e al Fondo
speciale per la reiscrizione dei residui perenti in conto capitale, ovvero possono essere utilizzati
per incrementare l'importo stabilito dall'articolo 35, comma 1, lettera b), del decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle
finanze, si provvede alla determinazione delle percentuali di riparto tra le finalità indicate nel
presente comma. Le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato possono
deliberare il trasferimento o il conferimento a tali fondi di immobili di proprietà. I decreti del
Ministro dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 4 del citato decreto-legge 25 settembre
2001, n. 351, disciplinano, altresì, le modalità di concertazione con le competenti strutture
tecniche dei diversi livelli di governo territoriale interessati. Ai fondi di cui al presente comma
possono conferire beni anche i soggetti di cui al comma 2 con le modalità ivi previste, ovvero
con apposita deliberazione adottata secondo le procedure di cui all'articolo 58 del decretolegge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,
anche in deroga all'obbligo di allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari al
bilancio. Tale delibera deve indicare espressamente le destinazioni urbanistiche non compatibili
con le strategie di trasformazione urbana. La totalità delle risorse rivenienti dalla valorizzazione
ed alienazione degli immobili di proprietà delle Regioni e degli Enti locali trasferiti ai fondi di cui
al presente comma, è destinata alla riduzione del debito dell'Ente e, solo in assenza del debito,
o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento
25
7.2 L’art. 23 del DL 95/2012
Al fine della riduzione del debito pubblico, il legislatore ha previsto che gli immobili pubblici
possono giocare una parte importante, seppur nel medio-lungo periodo6. In particolare, il
Ministero dell’economia e delle finanze, attraverso la costituenda società di gestione del
risparmio a partecipazione pubblica totalitaria, promuove la costituzione di uno o più fondi
comuni d'investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato
non utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti reali immobiliari.
Le risorse derivanti dalla cessione delle quote del Ministero dell'economia e delle finanze
devono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per
l'ammortamento dei titoli di Stato, e destinate al pagamento dei debiti dello Stato.
Negli stessi fondi, sono conferibili beni pubblici da parte di Regioni ed Enti locali, trasferibili ai
sensi del decreto legislativo sul federalismo demaniale7, o da parte dei fondi immobiliari locali o
con apposita deliberazione, anche in deroga all’obbligo di allegare il piano delle alienazioni e
valorizzazioni immobiliari al bilancio.
La totalità delle risorse rivenienti dalla valorizzazione ed alienazione degli immobili di proprietà
delle Regioni e degli Enti locali trasferiti ai fondi di cui al presente comma, è destinata alla
riduzione del debito dell'Ente e, solo in assenza del debito, o comunque per la parte
eventualmente eccedente, a spese di investimento.
7.3 Note di attenzione in merito all’art. 23
Il perimetro del patrimonio immobiliare pubblico è esteso a tutta la Pubblica Amministrazione
cui si sommano le società a partecipazione pubblica e società a partecipazione degli enti locali
o da essi promosse.
Per patrimonio immobiliare, è pertanto da intendere quello disponibile dello Stato e degli Enti
locali, nonché quello in uso alla Difesa non più funzionale alle sue attività, e quello degli Enti
previdenziali pubblici.
Le modifiche apportate hanno integrato l’originaria formulazione dell’articolo 33 del decretolegge 6 luglio 2011, n. 983, con lo scopo di dotare la costituenda SGR del MEF, di una
maggiore operatività, massimizzando l’efficacia degli strumenti finanziari gia` normati ed
implementando il sistema integrato di fondi immobiliari, con l’obiettivo di conseguire la
riduzione del debito pubblico e di liberare risorse economiche a favore degli enti territoriali.
Il meccanismo configurato, connesso alle esigenze di riduzione del debito pubblico subordina la
dismissione degli immobili al completamento del processo di valorizzazione attraverso lo
strumento urbanistico, al fine di consentire il collocamento dei beni sul mercato a valori
ampiamente superiori rispetto a quelli legati all’attuale stato in cui i medesimi versano.
L’obiettivo è, da un lato di massimizzare le entrate e dall’altro di assicurare un uso economico
e produttivo del patrimonio pubblico, contribuendo al rilancio dell’economia.
In tal senso si è inteso promuovere un’ unitaria e sinergica operazione di valorizzazione e
messa a reddito dei patrimoni immobiliari pubblici, siano essi di proprieta` dello Stato, che
degli enti territoriali ovvero di societa` interamente partecipate dai predetti soggetti.
6
Si v. l’art. 23 ter del Decreto sulla Spending Review dedicato alla Valorizzazione e dismissione degli immobili pubblici
nel quale è confluito l’art. 2 del D.L. n. 87/2012 non convertito. Tale disposizione interviene nuovamente sull’art. 33
del D.L. 98/2011 introducendo ex novo il comma 8 ter
7
D.lgs. n. 85/2010. In particolare, possono essere trasferiti o conferiti ai fondi della SGR del MEF i beni valorizzabili,
suscettibili di trasferimento ai sensi dell’art. 5, comma 1 lett. e) del decreto legislativo sul federalismo demaniale,
individuati dall’Agenzia del Demanio e a seguito di apposita manifestazione, da parte dei competenti organi degli Enti
interessati, della volontà di valorizzazione. L’attribuzione agli Enti territoriali delle quote dei fondi immobiliari a cui si
sono conferiti i beni deve avvenire con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze nel rispetto della seguente
finalità delle risorse: 25% al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato e il 75% come proventi a favore dell’Ente
destinati alla riduzione del debito dell’Ente stesso o, per la parte eccedente, per le spese di investimento.
26
Oggetto di apporto al Fondo/i promosso/i dalla SGR del MEF puo` ricomprendere anche
l’inserimento degli immobili valorizzabili, suscettibili di trasferimento ai sensi dell’articolo 5,
comma 1, lettera e), del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, a seguito
dell’individuazione a cura dell’Agenzia del demanio e della relativa manifestazione di interesse
da parte dei competenti organi degli enti interessati. Il meccanismo introdotto dalla norma
mira a porre in essere un meccanismo semplificato del processo di devoluzione la cui
procedura è definita dall’articolo 5 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, ma
ispirandosi ai princıpi ivi previsti,.
L’attivita` di valorizzazione della societa` di gestione del risparmio (SGR), che affidera` la
gestione di portafogli ad operatori privati, potra` generare ulteriore valore grazie alle attivita`
di trasformazione edilizia, che porterebbe il valore di conferimento anche a triplicare. Per il
raggiungimento della finalita` della norma introduce, altresı`, per gli enti territoriali e per le
societa` interamente partecipate dai medesimi, la possibilita` di conferire agli istituendi fondi
beni di proprieta`, seguendo le procedure dell’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche in deroga
all’obbligo di allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari al bilancio.
Si intende creare in questo modo un processo dinamico che, considerata la tempistica
necessaria per la valorizzazione dei diversi asset di proprieta` pubblica, sara` volto ad
assorbire nel tempo il portafoglio di proprieta` delle pubbliche amministrazioni; nell’ambito di
tale portafoglio andranno individuati i beni non utilizzati per finalita` istituzionali, suscettibili di
valorizzazione, da destinare alla presente operazione.
La norma esclude espressamente dalla procedura gli immobili utilizzati per finalita`
istituzionali. Tanto, in ragione del fatto che la previsione di un eventuale trasferimento di detti
beni ai fondi, determinerebbe effetti pregiudizievoli in termini di finanza pubblica, generando
costi ascrivibili a locazioni passive. In proposito giova richiamare l’attenzione sulla circostanza
che sebbene la norma in esame non riguardi i beni immobili utilizzati, detti beni possono
essere oggetto delle operazioni disciplinate dall’articolo 6 della legge 12 novembre 2011, n.
183. La proposta estende, inoltre, ai fondi ivi introdotti la previsione che l’apporto dei beni sia
sospensivamente condizionato al completamento delle procedure di valorizzazione e
regolarizzazione degli stessi. Inoltre, con riferimento agli apporti operati a cura degli enti
territoriali ai fondi introdotti con la norma in esame è prevista: l’emissione in favore degli enti
medesimi di quote per un ammontare pari al 75 per cento del valore di apporto dei beni
compatibilmente con la pianificazione economico- finanziaria dei fondi da parte della SGR; –
l’erogazione agli enti medesimi, per il restante valore, di un corrispettivo in denaro. Al fine di
dare certezza al processo normato, la proposta in esame prevede per i necessari adempimenti
una congrua tempistica.
8. Giurisprudenza
La presente sezione è aggiornata con alcune sentenze e pareri aventi anche funzione di
indirizzo in materia di gestione ed alienazione del patrimonio pubblico con riferimento
anche alla destinazione delle risorse rivenienti dalla sua dismissione.
A) Corte di Cassazione Se. VI Civile - Pronunciamento in ordine alla variazione degli estimi
27
catastali
Ordinanza sul ricorso 15947-2012 proposto da:
R.D.T.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo studio dell'avvocato
RAPPAZZO ANTONIO, rappresentato e difeso dagli avvocati DI FIORE MICHELE, FIORENTINO STEFANO
giusta procura speciale alle liti per atto Notaio Giuseppe Cioffi di Acerra del 25/10/2013, rep. n. 45121 in
atti;
- ricorrente contro
AGENZIA DEL TERRITORIO (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
- controricorrente avverso la sentenza n. 159/2011 della COMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI del 4/05/2011,
depositata il 17/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. CARACCIOLO GIUSEPPE;
udito l'Avvocato DI FIORE Michele difensore della ricorrente che si riporta agli scritti.
La Corte:
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Ritenuto che, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: Il
relatore cons. Dott. CARACCIOLO Giuseppe, letti gli atti depositati.
Osserva:
La CTR di Napoli ha accolto l'appello dell'Agenzia del territorio - appello proposto contro la sentenza n.
89/22/2009 della CTP di Napoli che aveva accolto il ricorso del contribuente R.d.T. M.R. - ed ha così
confermato l'avviso di classamento di unità immobiliare urbana, recante aumento della rendita catastale.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso di ritenere esente da vizi l'atto di classamento, sia per
ciò che concerne la censurata carenza di motivazione, sia per ciò che concerne il mancato rispetto
dell'onere probatorio a carico dell'Ufficio. In specie, per ciò che concerne la lamentata carenza di
motivazione doveva farsi applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui
l'obbligo di motivazione dell'avviso è rispettato quanto l'atto vale a delimitare l'ambito delle ragioni
adducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa ed a consentire al contribuente l'esercizio
del diritto di difesa, sicchè è necessario e sufficiente che l'avviso indichi il maggior valore accertato, con
riserva alla fase contenziosa dell'onere dell'Ufficio di provare gli elementi di fatto giustificativi della
propria pretesa. Considerato che - nella specie di causa - la attribuzione della rendita catastale
all'immobile in considerazione appariva corrispondere alla corretta applicazione del criterio indicato dalla
28
L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, il provvedimento doveva essere confermato.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L'Agenzia si è difesa con controricorso.
Il ricorso - ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi
dell'art. 375 c.p.c..
Con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma
58) la ricorrente - dopo avere premesso che il menzionato della L. n. 662 del 1996, art. 58, prevede in
particolare che il processo di riclassamento prende avvio su richiesta del comune, per le microzone
individuate con apposito procedimento (individuazione che nella specie di causa mancava del tutto e
perciò con violazione della ratio della legge, che imponeva una revisione parziale di determinati
classamenti), previa verifica dell'esistenza dei presupposti da parte dell'Agenzia - censura la decisione
(tra l'altro) per avere erroneamente omesso di considerare che "l'attribuzione della nuova rendita è
astratta e fondata su mera ipotesi dell'Ufficio: troppo generici i parametri enunciati, comprese le
infrastrutture, enfatizzate troppo ed anche impropriamente" ed omesso di considerare che manca ogni
indicazione concreta sulla qualità e sullo stato degli immobili oggetto della variazione e dei luoghi
circostanti l'immobile accertato.
Il ricorso merita di essere accolto.
Risulta dalla impugnata sentenza che l'avviso dell'Agenzia del Territorio appare conseguente alla richiesta
del Comune di Napoli di provvedere alla verifica degli attuali classamenti ed all'eventuale assegnazione di
nuovi classamenti, per una serie di fabbricati con classamento non aggiornato ovvero palesemente non
congruo rispetto a fabbricati similari e aventi medesime caratteristiche; se ne può arguire che
l'attribuzione di rendita è stata eseguita sulla base delle disposizioni, fondate sull'estimo comparativo,
dettate dai R.D. 13 aprile 1939, n. 652 ... e dal D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, nonchè ai sensi di
quanto previsto dal D.L. 14 marzo 1988, n. 70, art. 11, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 11
maggio 1988, n. 154.
L'Agenzia aggiunge di avere effettuato il nuovo classamento tenendo conto dei caratteri tipologici e
costruttivi specifici dell'immobile, delle sue caratteristiche edilizie e del fabbricato che lo comprende,
anche attraverso un dettagliato esame delle mutate capacità reddituali degli immobili ricadenti nella
stessa zona aventi analoghe caratteristiche tipologiche, costruttive e funzionali, nonchè della qualità
urbana ed ambientale del contesto insediativo, che ha subito significativi miglioramenti a seguito
dell'incremento delle infrastrutture urbane, riconoscendo però che la motivazione specifica del
provvedimento era limitata all'enunciazione dei meri dati catastali.
Siffatta motivazione - diversamente da come è stato ritenuto dal giudice di merito - appare insufficiente a
sorreggere adeguatamente il provvedimento di modifica del classamento.
Ed infatti non si può tralasciare di considerare che - recentemente:
Sent. n. 9629 del 13 giugno 2012, ma ricollegandosi ad un più antico orientamento che sembrava essere
stato superato dall'indirizzo interpretativo valorizzato in questa sede dalla parte ricorrente: si veda, per
tutte, Cass. Sez. 5^ civ., n. 25.2.2009, n. 4507 - la sezione quinta di questa Corte (provvedendo su casi
del tutto analoghi a quello qui in esame) ha modificato il proprio orientamento sulla questione generale
che costituisce nucleo logico essenziale anche della presente procedura, finendo con il ritenere che:
"Quando procede all'attribuzione d'ufficio di un nuovo classamento ad un'unità immobiliare a destinazione
ordinaria, l'Agenzia del Territorio deve specificare se tale mutato classamento è dovuto a trasformazioni
specifiche subite dalla unità immobiliare in questione; oppure ad una risistemazione dei parametri relativi
alla microzona, in cui si colloca l'unità immobiliare.
Nel primo caso, l'Agenzia deve indicare le trasformazioni edilizie intervenute. Nel secondo caso, deve
indicare l'atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di
significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano; rendendo così possibile la conoscenza dei
presupposti del riclassamento da parte del contribuente".
Alla luce di tale indirizzo interpretativo, specificamente riferito alla questione del necessario contenuto
29
motivazionale dei provvedimenti del genere qui considerato, appare conseguente ritenere che - sul punto
- il motivo di ricorso appare manifestamente fondato e la sentenza impugnata sia meritevole di
cassazione. Consegue da ciò che la Corte potrà provvedere anche nel merito - accogliendo l'impugnazione
del contribuente ed annullando l'avviso di classamento in questione - apparendo già dagli atti di causa
che il predetto avviso non è rispettoso del principio di diritto dianzi trascritto e non essendoci esigenza di
nuovi accertamenti di fatto.
Roma, 10 aprile 2013 Ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto
esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della integrale compensazione, atteso che
l'esito del processo è correlato ad un indirizzo giurisprudenziale assestatosi dopo la proposizione del
ricorso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il
provvedimento impositivo. Compensa tra le parti le spese del presente grado e dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2014
B) Principio dell’autonomia finanziaria : utilizzazione proventi da dismissione.
Corte Costituzionale Sentenza n. 63 ANNO 2013
Norme impugnate: Art. 66, c. 9°, secondo periodo, del decreto legge 24/01/2012, n.
1, convertito con modificazioni in legge 24/03/2012, n. 27.
Il vulnus al principio dell’autonomia finanziaria delle Regioni si configura per la ragione che
la disposizione determina una indebita appropriazione, da parte dello Stato, di risorse
appartenenti agli enti territoriali, in quanto realizzate attraverso la dismissione di beni di
loro proprietà, e, con ciò, sottrae ad essi il potere di utilizzazione dei propri mezzi
finanziari, che fa parte integrante di detta autonomia finanziaria, funzionale
all’assolvimento dei compiti istituzionali che gli enti territoriali sono chiamati a svolgere (tra
le altre, sentenze n. 311 del 2012 e n. 237 del 2009), con conseguente violazione degli
articoli 117, terzo comma, e 119 Cost., assorbiti gli ulteriori profili di dedotta illegittimità
costituzionale.
30
“Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 66, comma 9, secondo periodo, del
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle
infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n.
27, promosso dalla Regione Veneto con ricorso notificato il 23 maggio 2012, depositato in
cancelleria il 29 maggio 2012 ed iscritto al n. 83 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 12 febbraio 2013 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;
uditi gli avvocati Luigi Manzi e Daniela Palumbo per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato
Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.― La Regione Veneto, con ricorso notificato il 23 maggio 2012 e depositato il successivo 29
maggio, ha impugnato, tra l’altro, l’articolo 66, comma 9, del decreto-legge 24 gennaio 2012,
n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività),
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, lamentando la lesione degli
articoli 42, 117, terzo comma, 118 e 119, sesto comma, della Costituzione, e del principio di
leale collaborazione, in relazione agli articoli 1, comma 1, 2, comma 2, lettera a), e 19 della
legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell’articolo 119 della Costituzione) e all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 28 maggio
2010, n. 85 (Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio
patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42).
La norma impugnata – osserva la ricorrente − dispone sulla utilizzazione delle risorse derivanti
dalle operazioni di dismissione di terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola, stabilendo
che esse, al netto dei costi di dismissione, siano destinate dagli enti territoriali alla riduzione
del debito pubblico, e, in assenza del debito ovvero per la parte eventualmente eccedente, al
Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Detta norma afferisce alla materia del
coordinamento della finanza pubblica, attribuita alla competenza legislativa concorrente della
Regione, in relazione al quale spetta ad essa la potestà legislativa salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato (art. 117, terzo
comma, Cost., e art. 2, comma 2, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42).
Ciò posto, ad avviso della ricorrente, la disposizione impugnata non si limiterebbe a porre
principi, ossia criteri ed obiettivi che lascino alle Regioni un sufficiente spazio di manovra nella
individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere detti obiettivi, ma
interverrebbe con previsioni specifiche ed auto applicative incidenti sull’autonomia di spesa
della Regione, imponendo una specifica destinazione per le somme reperite per il tramite delle
operazioni di dismissione. Sicché la denunciata lesione dell’art. 117, terzo comma, Cost., si
risolverebbe altresì in un contrasto con l’autonomia di spesa garantita dall’art. 119 Cost. e
dagli artt. 1, comma 1, e 2, comma 2, lettera a), della legge 5 maggio 2009, n. 42, ed ancora
in un vulnus alla proprietà pubblica, con riferimento agli artt. 42 e 119, sesto comma, Cost., e
19 della predetta legge n. 42 del 2009.
Sotto un diverso profilo, la ricorrente censura la disposizione de qua per violazione dell’art. 2,
comma 4, del d.lgs. n. 85 del 2010, che dà attuazione al predetto art. 19 della legge n. 42 del
2009, stabilendo che l’ente territoriale che riceva beni nell’interesse della collettività
rappresentata è tenuto a favorirne la massima valorizzazione funzionale a vantaggio diretto o
31
indiretto della medesima collettività territoriale rappresentata. Infatti, ad avviso della Regione
Veneto, la previsione di cui all’art. 66, comma 9, relativa alla utilizzazione dei proventi della
dismissione per alimentare il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, sottrae alle
collettività territoriali, presso le quali si trova il bene dismesso, le risorse ottenute proprio
attraverso la valorizzazione dello stesso.
I profili di illegittimità dedotti in riferimento alla lesione dell’autonomia normativa e finanziaria
regionale determinerebbero, altresì, una compromissione della stessa potestà di esercizio
autonomo delle funzioni amministrative, con ciò rivelando la lesività della disposizione
impugnata rispetto all’art. 118 Cost.
Infine, la ricorrente lamenta che la disposizione impugnata, afferente ad una materia
ricompresa nella competenza concorrente di Stato e Regioni, ed in cui vengono in giuoco la
valorizzazione di beni propri degli enti territoriali e la destinazione delle risorse da questi
derivanti, sia stata emanata in assenza di alcun confronto con le Regioni.
2.― Nel giudizio innanzi alla Corte si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri con il
patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza del ricorso,
osservando, per ciò che rileva nella presente sede, che la previsione di cui all’art. 66, comma
9, del decreto-legge n. 1 del 2012 costituisce un principio generale di coordinamento della
finanza statale e locale.
3.― Nell’imminenza della data fissata per la pubblica udienza la difesa della Regione Veneto ha
depositato una memoria con la quale insiste per la declaratoria di illegittimità costituzionale
della norma impugnata.
Considerato in diritto
1.― La Regione Veneto ha promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose
disposizioni del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza,
lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo 2012, n. 27, tra cui l’articolo 66, comma 9 (rectius: 66, comma 9, secondo periodo), in
riferimento agli articoli 42, 117, terzo comma, 118 e 119, sesto comma, della Costituzione ed
al principio di leale collaborazione, in relazione agli articoli 1, comma 1, 2, comma 2, lettera a),
e 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo
28 maggio 2010, n. 85 (Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un
proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42).
La trattazione delle questioni di legittimità costituzionale relative alla predetta disposizione
viene qui separata da quella relativa alle altre questioni proposte con il medesimo ricorso, che
viene riservata a separate pronunzie.
2.― Nel quadro delle misure urgenti per la concorrenza e lo sviluppo introdotte dal citato
decreto-legge n. 1 del 2012, si inserisce, sub articolo 66, la «dismissione dei terreni demaniali
agricoli e a vocazione agricola».
La correlativa disciplina – dettata, in primo luogo, per i terreni di proprietà dello Stato – è
estesa ai beni di proprietà delle Regioni, Province e Comuni, con la previsione che detti enti
«possono» alienarli, conferendo, all’uopo, mandato all’Agenzia del demanio, la quale
«provvede al versamento agli enti territoriali già proprietari dei proventi derivanti dalla vendita
al netto dei costi sostenuti e documentati» (art. 66, comma 7).
Siffatta destinazione obbligata delle risorse – che, secondo la ricorrente, dovrebbero invece
rimanere nella libera disponibilità degli enti proprietari dei beni dismessi – contrasterebbe,
32
infatti, a suo avviso:
– con l’art. 117, terzo comma, e l’art. 119 Cost., in relazione agli artt. 1, comma 1, e 2,
comma 2, lettera a), della legge n. 42 del 2009, per avere lo Stato, in una materia di
competenza legislativa concorrente quale quella del coordinamento della finanza pubblica,
adottato previsioni specifiche e auto applicative incidenti sull’autonomia di spesa delle Regioni,
anziché limitarsi a porre principi fondamentali, cioè criteri ed obiettivi che lascino alle stesse un
sufficiente spazio di manovra nella individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per
raggiungere detti obiettivi;
– con gli articoli 119, sesto comma, e 42 Cost., in relazione all’art. 19 della predetta legge n.
42 del 2009, per la lesione della proprietà pubblica derivante dalla utilizzazione dei proventi
della dismissione dei beni di cui si tratta secondo le indicazioni dello Stato;
– ancora con l’art. 119, sesto comma, Cost., in relazione all’art. 19 della legge n. 42 del 2009
e all’art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 85 del 2010, per avere, con l’imporre l’utilizzazione dei
proventi della dismissione per alimentare il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato,
sottratto alle collettività territoriali presso le quali si trovano i beni dismessi le risorse ottenute
proprio valorizzando questi ultimi;
– l’art. 118 Cost., per la compromissione della potestà di esercizio autonomo delle funzioni
amministrative delle Regioni determinata dalla lesione della autonomia normativa e finanziaria
delle stesse;
– il principio di leale collaborazione per essere stata emessa la disposizione censurata in
assenza di un confronto con le Regioni pur in un ambito di competenza concorrente in cui sono
in giuoco la valorizzazione dei beni propri degli enti territoriali e la destinazione delle risorse da
questi derivanti.
3.― Ai fini dello scrutinio di costituzionalità, la disposizione impugnata può scindersi in due
profili che, rispettivamente, concernono:
la destinazione delle risorse derivanti dalle operazioni di dismissioni dei beni dell’ente
territoriale all’obiettivo di riduzione dei debiti dell’ente medesimo;
la destinazione di quelle risorse al Fondo per l’ammortamento dei titoli dello Stato «in assenza
del debito [dell’ente territoriale] o per la parte eventualmente eccedente».
Alla questione sub b) – prospettata in termini di paventata «lesione della proprietà» (secondo
la ricorrente, per effetto della disposizione censurata, «è come se i beni dismessi non fossero
mai appartenuti alla Regione») è riferita propriamente la denuncia di contrasto della
disposizione impugnata con i precetti di cui agli articoli 42 e 119, sesto comma della
Costituzione, ed alle (per altro solo genericamente) richiamate norme interposte (art. 19 della
legge n. 42 del 2009 sul cosiddetto federalismo fiscale e articolo 2, comma 4, del decreto
legislativo n. 85 del 2010, sul patrimonio degli enti territoriali).
Ad entrambi i profili precettivi della disposizione censurata si rivolge poi la denuncia di
violazione degli altri parametri evocati.
4.― La prima questione che in ordine logico viene in esame – quella, come detto, attinente alla
destinazione obbligata delle risorse derivanti dalla dismissione all’obiettivo di riduzione del
debito del medesimo ente territoriale proprietario del bene dismesso – non è fondata.
La correlazione funzionale − che l’art. 66, comma 9, del decreto-legge n. 1 del 2012 impone
tra operazione di dismissione dei terreni demaniali, sia dello Stato che delle Regioni ed altri
enti territoriali, e riduzione del debito rispettivo – risponde, infatti, proprio per tale complessiva
33
estensione, ad una scelta di politica economica nazionale, adottata per far fronte alla
eccezionale emergenza finanziaria che il Paese sta attraversando, e si pone, quindi, come
espressione del perseguimento di un obiettivo di interesse generale in un quadro di necessario
concorso anche delle autonomie al risanamento della finanza pubblica.
Si tratta, pertanto, di una disposizione che, per la sua finalità e per la proporzionalità al fine
che intende perseguire, risulta espressiva di un principio fondamentale nella materia, di
competenza concorrente, del coordinamento della finanza pubblica. E che, come tale, non è
invasiva delle attribuzioni della Regione nella materia stessa, in quanto il finalismo della
previsione normativa esclude che possa invocarsi – come fa la Regione − la logica della norma
di dettaglio. Invero, una volta assunto l’obiettivo di carattere generale della riduzione dei debiti
dei vari enti in funzione del risanamento della finanza pubblica attraverso la dismissione di
determinati beni, l’imposizione del vincolo di destinazione appare mezzo necessario al suo
raggiungimento.
E ciò tanto più se si considera che il comma 7 dell’art. 66, come fa manifesto il «può» in esso
contenuto, lascia alle Regioni la facoltà di scegliere se procedere o meno alla riduzione del
debito tramite le dismissioni dei beni di cui trattasi.
Tanto, dunque, esclude il contrasto con i precetti di cui agli articoli 117, terzo comma, e 119
Cost., ed alle invocate norme interposte.
A sua volta, il vulnus – che la ricorrente sostiene arrecato dalla disposizione stessa agli articoli
42, 119, sesto comma, e 118 Cost., per l’asserita interferenza nei suoi poteri di disposizione ed
esercizio di funzioni amministrative, relativi a propri beni − risulta insussistente, tenuto conto,
da un lato, che la dismissione dei beni costituisce un atto che è adottato dagli enti territoriali in
piena autonomia (comma 7 dell’art. 66 del decreto-legge n. 1 del 2012) e, dall’altro, che la
previsione della destinazione delle risorse derivanti dalle dismissioni alla riduzione del debito
dell’ente – esprimendo, come visto, un principio fondamentale di coordinamento della finanza
pubblica − può legittimamente comportare una limitazione dell’autonomia amministrativa della
Regione.
Infine, quanto alla denunciata lesione del principio di leale collaborazione, la censura è del pari
non fondata, atteso che l’esercizio della funzione legislativa non è soggetto alle procedure di
leale collaborazione (ex plurimis, sentenze n. 100 del 2010, n. 284 e n. 225 del 2009).
5.― È invece fondata la questione relativa alla disposizione in esame nella parte in cui essa
prevede che gli enti territoriali, in assenza di debito o per la parte eventualmente eccedente,
debbano destinare le risorse derivanti dalle operazioni di dismissione di terreni demaniali
agricoli e a vocazione agricola al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.
Per questa parte, la norma impugnata si risolve, infatti, in una disciplina che, non essendo
finalizzata ad assicurare l’esigenza del risanamento del debito degli enti territoriali e, quindi,
non essendo correlata alla realizzazione del ricordato principio fondamentale, si risolve in una
indebita ingerenza nell’autonomia della Regione.
ragione che la disposizione determina una indebita appropriazione, da parte dello Stato, di
risorse appartenenti agli enti territoriali, in quanto realizzate attraverso la dismissione di beni
di loro proprietà, e, con ciò, sottrae ad essi il potere di utilizzazione dei propri mezzi finanziari,
che fa parte integrante di detta autonomia finanziaria, funzionale all’assolvimento dei compiti
istituzionali che gli enti territoriali sono chiamati a svolgere (tra le altre, sentenze n. 311 del
2012 e n. 237 del 2009), con conseguente violazione degli articoli 117, terzo comma, e 119
Cost., assorbiti gli ulteriori profili di dedotta illegittimità costituzionale.
per questi motivi
34
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale
promosse dalla Regione Veneto con il ricorso in epigrafe
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 66, comma 9, secondo periodo,
del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo
sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla
legge 24 marzo 2012, n. 27, nella parte in cui prevede che gli enti territoriali, in
assenza di debito pubblico, o per la parte eventualmente eccedente, debbano
destinare le risorse derivanti delle operazioni di dismissione di cui ai commi
precedenti al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato;
2) dichiara non fondata la ulteriore questione di legittimità costituzionale dello stesso articolo
66, comma 9, secondo periodo, del decreto-legge n. 1 del 2012, sollevata, in riferimento agli
articoli 42, 117, terzo comma, 118 e 119, sesto comma, della Costituzione e al principio di
leale collaborazione, nonché in relazione agli articoli 1, comma 1, 2 comma 2, lettera a), e 19
della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) e all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo
28 maggio 2010, n. 85 (Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un
proprio patrimonio in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42).”
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo
2013.
B)Acquisti di immobili - Spending review Parere Corte dei Conti – Sezione Regionale
di controllo per la Basilicata – Parere n.2/2013 (Deliberazione n.36/2013/PAR)
Il parere in rassegna ritiene che l’art. 12, D. L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011 n. 111, così come integrato dall’art. 1, co. 138, 1-quater,
L. 24 dicembre 2012 n. 228, nel prevedere per l’anno 2013 il divieto per le amministrazioni
pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come
individuate dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.
196, di acquistare immobili a titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva “(…)
salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a
condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero
per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti (…)”, si applica anche al caso in cui
l’ente locale, pur avendo deliberato l’acquisto prima del 31 dicembre 2012, non abbia ancora
rogato a tale data l’atto di compravendita.
Parere
VISTO l’art. 100 della Costituzione;
VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n.
1214 e successive modificazioni ed integrazioni;
VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni;
VISTA la legge 11 novembre 2000, n. 340, ed in particolare l’art. 27;
35
VISTO l’art. 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, ed in particolare il comma 8;
VISTA la deliberazione n. 14/2000 in data 16 giugno 2000 delle Sezioni Riunite della Corte dei
conti, con la quale è stato deliberato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di
controllo della Corte dei conti, e successive modificazioni ed integrazioni;
VISTI gli indirizzi ed i criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva approvati dalla
Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004 e le successive modifiche ed
integrazioni approvate con deliberazione n. 9/SEZAUT/2009/INPR nell’adunanza del 4
giugno 2009;
VISTO l’art. 17, comma 31, del decreto legge n. 78/2009 (convertito in legge 102/2009);
VISTA la delibera n. 54/CONTR/10 delle Sezioni Riunite in sede di controllo, depositata il 17
novembre 2010;
VISTA la richiesta formulata dal Sindaco del Comune di Grumento Nova (PZ) con nota prot. n.
1450 del 13 febbraio 2013;
VISTA l’ordinanza del Presidente di questa Sezione regionale di controllo n. 10/2013 del 5
marzo 2013, con la quale è stata deferita la questione all’esame collegiale della Sezione per
l’odierna seduta e con la quale è stato anche nominato relatore il Consigliere dott. Rocco
Lotito;
PREMESSO
- che con nota prot. n. 1450 del 13 febbraio 2013 il Sindaco del comune di Grumento Nova ha
esposto il seguente quesito:
«L’art. 1 comma 138 della Legge di stabilità 2013 ha sancito, per l’anno 2013, il divieto per gli
Enti Locali di acquisire immobili.
Il Comune, nel dicembre 2012, ha deliberato di acquisire un immobile, ma l’atto di acquisto
non è stato rogato entro il 31.12.2012.
Gli uffici sostengono che, non essendo la titolarità del diritto reale di proprietà trasferita al
Comune (con il rogito), entro la fine dell’esercizio finanziario pregresso, con la normativa
vigente non è possibile stipulare l’atto di compravendita. Ciò perché, a giudizio degli Uffici, la
deliberazione Consiliare ha valenza di atto interno.
Lo scrivente chiede di conoscere se la tesi degli Uffici sia fondata, o se, avendo deliberato
l’acquisto prima dell’entrata in vigore della Legge di stabilità 2013, sia ancora possibile rogare
l’atto di compravendita»;
CONSIDERATO
- che l’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 ha abilitato le Regioni a richiedere ulteriori
forme di collaborazione alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della
regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché
pareri in materia di contabilità pubblica;
- che, a termini della stessa disposizione, analoghe richieste possono essere formulate, di
norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da Comuni, Province e
Città metropolitane;
36
- che la previsione dell’inoltro delle richieste di parere tramite il Consiglio delle autonomie locali
testimonia la volontà del legislatore di creare a regime un sistema di filtro onde limitare le
richieste dei predetti enti, ma non impedisce agli stessi di avanzare direttamente dette istanze;
RITENUTO
- che nell’esercizio della funzione consultiva l’organo magistratuale, in attesa della istituzione
del Consiglio delle autonomie locali, previsto dal comma aggiunto dall’art. 7 della legge
costituzionale n. 3/2001 all’art. 123 della Costituzione, non possa esimersi dal considerare i
requisiti di legittimazione dei soggetti che promuovono detta funzione e le condizioni oggettive
per l’attivazione della stessa;
- che, sotto il profilo soggettivo, le richieste di parere possano essere formulate soltanto dai
massimi organi rappresentativi degli enti locali (Presidente della Giunta regionale, Presidente
della Provincia, Sindaco o, nel caso di atti di normazione, Presidente del Consiglio regionale,
provinciale, comunale), come precisato – tra l’altro – dal citato documento approvato dalla
Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004;
- che, sotto il profilo oggettivo, possano rientrare nella funzione consultiva della Sezione
richieste di pareri concernenti la materia della contabilità pubblica (intesa quale sistema
normativo che presiede alla gestione finanziaria ed economico-patrimoniale dello Stato e degli
altri enti pubblici) che richiedano un esame, da un punto di vista astratto (con esclusione di
valutazione e pareri su casi specifici), di temi di carattere generale come nei casi: di atti
generali; di atti o schemi di atti di normazione primaria (leggi, statuti) o secondaria
(regolamenti di contabilità o in materie comportanti spese, circolari), o inerenti
all’interpretazione di norme vigenti; di soluzioni tecniche rivolte ad assicurare la necessaria
armonizzazione nella compilazione dei bilanci e dei rendiconti; di preventiva valutazione di
formulari e scritture contabili che gli enti intendessero adottare.
Anche sulla base di quanto stabilito dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti
(deliberazione n. 5/2006 del 17.02.2006) sono da ritenersi inammissibili, pertanto, richieste di
pareri in materia di contabilità pubblica che comportino valutazione di casi o atti gestionali
specifici che determinerebbero un’ingerenza della Corte dei conti nella concreta attività
gestionale dell’Ente, con un coinvolgimento della magistratura contabile nell’amministrazione
attiva certamente incompatibile con le funzioni alla stessa attribuite dal vigente ordinamento e
con la sua fondamentale posizione di indipendenza e neutralità (posta anche nell’interesse
delle stesse amministrazioni pubbliche) quale organo magistratuale al servizio dello Statocomunità.
Più di recente ladelibera n. 54/CONTR/10 delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte
dei conti, depositata il 17 novembre 2010, ha rilevato che in una visione dinamica
dell’accezione “contabilità pubblica”, che sposta l’angolo visuale dal tradizionale contesto della
gestione del bilancio a quello inerente ai relativi equilibri, ulteriori materie, che sarebbero
altrimenti estranee, possono anche essere attratte nell’orbita dell’attività consultiva. Tale
estensione, tuttavia, è limitata “… alle
questioni
che
riflettono
problematiche
interpretative inerenti alle suddette statuizioni recanti i menzionati limiti e divieti,
strumentali al raggiungimento degli specifici obiettivi di contenimento della spesa ed
idonei a ripercuotersi sulla sana gestione finanziaria dell’Ente e sui relativi equilibri di bilancio”;
- che la funzione consultiva non debba, comunque, svolgersi in ordine a quesiti che implichino
valutazioni di comportamenti amministrativi che possano formare oggetto di eventuali
iniziative giudiziarie proprie della Procura regionale della Corte dei conti o dinanzi ad altro
giudice;
- che ulteriore limite è costituito dalla natura necessariamente preventiva della funzione
consultiva, traducendosi diversamente la richiesta in una istanza diretta a sottoporre l’atto
formalmente già adottato ad un controllo di legittimità per casi non previsti;
37
RITENUTO
- che, alla luce delle considerazioni e dei principi sopra esposti, nel caso di specie la richiesta
sia ammissibile sotto il profilo soggettivo, provenendo dal Sindaco;
- che la richiesta appare ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, pur evidenziando che,
tuttavia, questa Sezione regionale di controllo, al fine di tutelare l’autonomia decisionale
dell’amministrazione e la necessaria posizione di neutralità ed indipendenza della Corte dei
conti, non può esprimersi relativamente alle specifiche questioni contenute nella richiesta, la
cui soluzione si presenta, nel contempo, successiva e prodromica all’adozione di concreti fatti
gestionali relativamente ai quali ogni necessaria valutazione spetta ai competenti organi
comunali;
- che, per tali ragioni, questa Magistratura contabile deve, in merito, esprimere il proprio
parere limitatamente ai principi generali che interessano le questioni prospettate, spettando la
scelta concreta di quale sia la disciplina applicabile e di quali effetti comporti nella gestione
contabile ed amministrativa unicamente all’Amministrazione interessata la quale, dalle
valutazioni espresse nei pareri della Corte dei conti, può trarre indicazioni nell’ambito della sua
autonomia;
tanto premesso, si espongono le seguenti considerazioni.
*****
L’art. 12 del decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011 (convertito, con modificazioni, dalla legge n.
111 del 15 luglio 2011) reca norme in materia di acquisto, vendita, manutenzione e
censimento di immobili pubblici ed è stato recentemente modificato dall’art. 1, comma 138,
della legge n. 228 del 24 dicembre 2012 (Legge di stabilità 2013) che ha introdotto i commi 1bis e seguenti.
Il primo comma del predetto articolo 12 ha stabilito che, già a decorrere dal 1° gennaio 2012,
le operazioni di acquisto e vendita di immobili effettuate, in forma diretta ed indiretta, da parte
delle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione
(come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 196 del 31 dicembre
2009) salvo le eccezioni ivi contemplate (tra le quali gli enti territoriali), sono subordinate alla
verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura
non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze.
Le nuove disposizioni hanno statuito, in maniera più stringente, che, con decorrenza dal 1°
gennaio 2014, ulteriore presupposto per l’emanazione del predetto decreto in caso di
operazioni di acquisto di immobili sia costituito dalla “documentata indispensabilità e
indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento” (comma 1-bis).
Analoga attestazione, sempre dalla stessa data, è prevista per l’acquisto di beni immobili da
parte degli enti territoriali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, e ciò al dichiarato fine
“di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità interno”
(comma 1-ter).
Per l’anno 2013 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della
pubblica amministrazione, esclusi gli enti previdenziali pubblici e privati, nonché le autorità
indipendenti, inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa, “non possono
acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si
tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più
vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare
ad avere la disponibilità di immobili venduti”. Sono state fatte salve le operazioni di acquisto di
38
immobili già autorizzate con il decreto del M.E.F. in data antecedente a quella di entrata in
vigore del decreto (comma 1-quater).
Il vigente elenco delle amministrazioni pubbliche (comprendente, ovviamente, anche i comuni)
è stato reso noto dall’ISTAT con comunicato del 28 settembre 2012 (pubblicato nella Gazz. Uff.
28 settembre 2012, n. 227).
Le disposizioni recate dai citati commi 1-ter e 1-quater non si applicano alle operazioni di
acquisto destinate a soddisfare le esigenze allocative in materia di edilizia residenziale
pubblica, ferme restando, però, la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica e
le finalità di contenimento della spesa pubblica (comma 1-quinquies).
Sono fatte salve, inoltre, dalle disposizioni dettate dal comma 1-quater, “le operazioni di
acquisto previste in attuazione di programmi e piani concernenti interventi speciali realizzati al
fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli
squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l’effettivo
esercizio dei diritti della persona in conformità al quinto comma dell’articolo 119 della
Costituzione e finanziati con risorse aggiuntive ai sensi del decreto legislativo 31 maggio 2011,
n. 88” (comma 1-sexies).
Con riferimento all’oggetto del quesito si osserva che, ai sensi dell’art. 42 del TUEL, rientrano
nelle attribuzioni del Consiglio comunale gli acquisti immobiliari «…che non siano previsti
espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e
che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di
competenza della giunta, del segretario o di altri funzionari» (lett. l). La deliberazione di
autorizzazione all’acquisto emanata dal Consiglio comunale si pone nell’ambito del continuum
procedimentale (che trova il suo esito nella determinazione a contrattare del responsabile del
procedimento di spesa ex art. 192 del TUEL) volto a formare ed esternare la volontà
(unilaterale) di procedere alla stipulazione di un contratto con un certo oggetto e specifiche
modalità. I predetti atti si inseriscono nella necessaria fase procedimentale prodromica
all’attività negoziale della P.A. e, quindi, non possono aver integrato la fattispecie costitutiva
dell’incremento patrimoniale derivante dal programmato acquisto del bene immobile.
Anche la stipulazione di negozi preparatori è stata ritenuta ininfluente ai fini del superamento
del divieto, dovendosi ritenere che il comma 1-quater del citato art. 12 «… introduca una
fattispecie di impossibilità giuridica sopravvenuta per factum principis preclusiva
all’esercizio
dei
diritti
di
prelazione
ed
alla
conclusione
dei
contratti
definitivi per l’anno 2013» (deliberazione n. 9/2013 del 25 gennaio 2013 della Corte dei
conti, Sezione regionale di controllo per la Liguria).
Conseguentemente, le operazioni di acquisto che non fossero state precedentemente
perfezionate, e che non rientrino nelle deroghe previste dai commi 1-quater e seguenti dell’art.
12 del decreto legge n. 98/2011, incorrono, per l’anno 2013, nel divieto introdotto dalla stessa
normativa.
P.Q.M.
Nelle sopra esposte considerazioni è il parere della Corte dei conti – Sezione regionale di
controllo per la Basilicata in relazione alla richiesta formulata dal Sindaco del Comune di
Grumento Nova (PZ) con nota prot. n. 1450 del 13 febbraio 2013;
DISPONE
che copia della presente deliberazione sia trasmessa, a cura della segreteria della Sezione,
all’Amministrazione richiedente, al Presidente della Corte dei conti ed al Presidente del
39
Coordinamento delle Sezioni regionali di controllo della Sezione delle Autonomie della Corte dei
conti.”
A) Locazione passiva – Sezione Regionale di controllo per il Lazio febbraio 2013
La Sezione si sofferma sulla portata dell’art. 1, co. 138, 1-quater, L. 24 dicembre 2012 n.
228, che, per l’anno 2013, vieta alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto
economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi
dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, di acquistare immobili a
titolo oneroso e di stipulare contratti di locazione passiva “(…) salvo che si tratti di
rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più
vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per
continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti (…)”.
Il Collegio ritiene che tale norma, pacificamente applicabile anche agli enti locali, precluda
all’ente locale istante di stipulare una locazione passiva per l’apertura della farmacia
comunale, ancorché in vista dell’erogazione di un servizio pubblico essenziale.
“VISTO l’art. 100, secondo comma, della Costituzione;
VISTO il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n.
1214, e successive modificazioni;
VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e
controllo della Corte dei conti;
VISTA la legge 5 giugno 2003 n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento
della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite n. 14/CONTR./2000, contenente il regolamento per
l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti e ss.mm.ii.;
VISTA la nota, acquisita al prot. n. 746 del 1 febbraio 2013, con la quale il Consiglio delle
autonomie locali del Lazio ha inoltrato a questa Sezione ai sensi dell’art. 7, comma 8, legge n.
131/2003 la richiesta di parere del Sindaco del Comune di Anguillara Sabazia (RM);
VISTA l’ordinanza n. 7/2013 con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per il giorno del
13 febbraio 2013;
UDITO nella Camera di consiglio il magistrato relatore, Primo referendario Maria Teresa
D’Urso;
FATTO
40
Il Sindaco del comune di Anguillara Sabazia (RM) ha inoltrato a questa Sezione, ai sensi
dell’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003 n. 131, richiesta di parere riguardante la
possibilità di stipulare un contratto di locazione passiva per l’apertura della farmacia comunale.
L’Ente rappresenta di aver esercitato la prelazione per la 5° sede della farmacia comunale e di
aver individuato la zona nella quale collocare la sede farmaceutica, nella quale non esistono
locali di proprietà comunale.
Ciò premesso l’Ente chiede se, stante il disposto dell’articolo 1, comma 138, 1 quater,
della legge 228/2012 (legge finanziaria per il 2013), sia possibile stipulare una locazione
passiva per l’apertura della farmacia comunale, “..tesa a soddisfare un interesse pubblico
essenziale..”.
AMMISSIBILITà
L’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 attribuisce alle Regioni e, tramite il Consiglio delle
Autonomie locali, se istituito, anche ai Comuni, Province e Città metropolitane la facoltà di
richiedere alla Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica.
Con riguardo al profilo oggettivo – ossia che la richiesta come espressamente previsto dal cit.
art. 7, co. 8, concerna quesiti in materia di contabilità pubblica – si ritengono ammissibili le
richieste di pareri relative ad atti generali, atti o schemi di atti di normazione primaria o
secondaria ovvero inerenti all’interpretazione di norme vigenti, o soluzioni tecniche rivolte ad
assicurare la necessaria armonizzazione nella compilazione dei bilanci e dei rendiconti, ovvero
riguardanti la preventiva valutazione di formulari e scritture contabili che gli enti intendano
adottare.
Alla luce delle suesposte considerazioni, la richiesta di parere in esame risulta essere
ammissibile sia sotto il profilo soggettivo – in quanto proveniente dal Sindaco cui spetta la
rappresentanza politico-istituzionale dell’Ente locale in base a quanto previsto dall’art. 50,
comma 2, del TUEL – sia sotto il profilo oggettivo, in quanto concernente l’applicabilità di
vincoli di legge finalizzati al contenimento delle spese di personale notoriamente incidenti in
maniera gravosa sui bilanci degli EELL., tale da metterne a rischio gli equilibri finanziari.
MERITO
Nel merito occorre premettere che la normativa in materia di gestione, valorizzazione,
utilizzazione e dismissione dei beni immobili appartenenti al patrimonio pubblico
è caratterizzata da una notevole stratificazione di disposizioni normative che prevedono una
disciplina differente per le amministrazioni centrali e per gli enti territoriali.
Da ultimo la disciplina delle locazioni passive è stata prevista dall’articolo 3 del d.l. 6.7.2012 n.
95, convertito con modificazioni dalla legge 135 del 2012 (cd. decreto sulla spending review),
titolato, appunto, “Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni
passive”, che, al comma 6, ha disposto che ai contratti di locazione passiva dall’Agenzia del
demanio, aventi ad oggetto immobili ad uso istituzionale di proprietà di terzi, di nuova
stipulazione si applica la riduzione del 15% sul canone congruito.
Tale norma, per espresso volere del legislatore, era applicabile alle sole amministrazioni
centrali come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre
2009 n. 196 e costituiva, ai sensi del comma 7 della stessa legge 135/2012, norma di principio
ai fini del coordinamento della finanza pubblica per le regioni, le province autonome e gli enti
del servizio sanitario nazionale.
41
Con specifico riferimento alla normativa da applicare al caso di specie, si osserva che l’art 1,
comma 138, 1 quater, della legge 228/2012 (legge finanziaria per il 2013) dispone: “Per l’anno
2013
le
amministrazioni
pubbliche
inserite
nel
conto
economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi
dell’articolo
1,
comma
3,
della
legge
31
dicembre
2009,
n.
196, e successive modificazioni…..non possono acquistare immobili a titolo oneroso ne’
stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la
locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in
sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili
venduti…”.
La norma così come formulata colma la lacuna normativa relativa agli enti locali, non
menzionati dall’art. 3, commi 6 e 7, della citata legge 135/2012, come rilevato da questa
Sezione di controllo con la deliberazione 3/2012/PAR.
Ciò premesso l’Ente chiede se sia possibile stipulare una locazione passiva per l’apertura della
farmacia comunale, in mancanza della quale per l’Ente si configurerebbe la mancata
erogazione di un servizio pubblico essenziale.
Orbene la formulazione dell’articolo 1, comma 138, 1 quater, della legge 228/2012 surriportato
impone ai sensi dell’articolo 12 delle preleggi una interpretazione letterale della stessa, non
suscettibile di deroga.
Il principio “in claris non fit interpretatio” nell’ordinamento italiano è codificato dal citato
articolo 12 delle Disposizioni preliminari al Codice Civile del 1942, che recita: “Nell’applicare la
legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese del significato proprio
delle sue parole secondo la connessione di esse e della intenzione del legislatore”.
Esso rappresenta il primo e principale criterio interpretativo, potendosi ricorrere ad altri canoni
interpretativi nel caso eccezionale in cui l’effetto giuridico risultante dalla formulazione della
legge sia incompatibile con il sistema normativo[1] ovvero nel caso in cui la lettera della norma
da interpretare sia ritenuta non chiara o equivocabile[2].”
[1] Cass. Civ. 13.4.1996 n. 3495
[2] Corte di Cassazione, sentenza n. 836 del 3 maggio 1967; Corte di Corte di Cassazione,
sentenza n. 2533 del 3 dicembre 1970; Consiglio di Stato, Sezione VI, sentenza n. 1227 del 6
marzo 2003.
D) Fondi immobiliari - Determinazione dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici
in materia di fondi immobiliari ad apporto pubblico e sottoscrizione di quote da parte
di soggetti pubblici.
42
Il conferimento di immobili ad un Fondo immobiliare è un modo alternativo all'alienazione
classica per dismettere il patrimonio immobiliare pubblico; l'alienazione classica, come noto,
secondo le leggi di contabilità di Stato deve avvenire per pubblico incanto (Legge 783/1908 e
R.D. 454/1909; R.D.2440/1923 e R.D.827/1924).
Il Fondo immobiliare ad apporto pubblico trova la sua specifica disciplina nell'art. 14-bis della
legge 86/1994 ed in generale, in quanto Fondo comune d'investimento, negli articoli 33 e
seguenti del TUF (D.Lgs. 58/1998) e nel D.M. 228/1999.
Esso costituisce un patrimonio autonomo, suddiviso in quote, gestito da una società di gestione
del risparmio - la SGR - e giuridicamente distinto sia dal patrimonio della stessa SGR che da
quello dei titolari delle quote (cfr. art. 36 del TUF). La partecipazione al Fondo si realizza
mediante la sottoscrizione iniziale o il successivo acquisto delle quote.
I fondi ad apporto pubblico sono istituiti con l'apporto di beni immobili o diritti reali immobiliari,
per almeno il 51%, da parte dello Stato, enti previdenziali pubblici, Regioni, enti locali e loro
consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi
soggetti.
In sostanza, con la costituzione di un fondo immobiliare ad apporto pubblico e la sottoscrizione
delle relative quote da parte degli enti pubblici apportanti, si verifica per questi ultimi un
effetto equivalente alla dismissione del patrimonio immobiliare, dismissione che avviene,
peraltro, non per il tramite della classica e diretta alienazione, ma mediante il "conferimento"
in proprietà degli immobili ad un soggetto terzo (il Fondo) che li gestisce e nel cui patrimonio
gli immobili stessi entrano.
Il D.L. n.351/2001 (conv. in legge n. 410/2001), recante "Disposizioni urgenti in materia di
privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi
comuni di investimento immobiliare", ha espressamente disciplinato, all'art.4, la costituzione di
fondi comuni di investimento immobiliare, appunto intesa quale modalità di dismissione
alternativa all'alienazione; nella norma citata si legge che negli appositi decreti ministeriali di
dismissione vengono previste anche "le procedure per l'individuazione o l'eventuale
costituzione della società di gestione". In virtù del richiamo espresso contenuto nel comma 2
della suddetta norma, inoltre, la stessa si applica anche alle Regioni che ne facciano richiesta.
Specificatamente per le Regioni, più recentemente, il D.L. n. 112/2008 (conv. in legge n.
133/2008), all'art. 58 ("Ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni,
Comuni ed altri enti locali"), ha sostanzialmente ricalcato quanto previsto dal D.L. n. 351/2001
per gli immobili statali, prevedendo la possibilità di conferimento a fondi comuni di
investimento immobiliare e richiamando espressamente, al riguardo, gli articoli 4 e seguenti
del D.L. n. 351/2001.
In materia, la Regione Umbria ha emanato la L.R. n. 14/1997, che, accanto alla classica
procedura di alienazione (art. 12, comma 1), prevede, dopo le modifiche del 2003, la cessione
dei beni immobili mediante apporto a fondi immobiliari chiusi (art. 11, comma 3, e 12, comma
2). La medesima legge regionale, peraltro, nulla prevede espressamente per quanto riguarda
la scelta della SGR.
2. Ciò premesso, venendo alla scelta della SGR e del Global coordinator, si deve osservare che
questa fase si è svolta in un periodo antecedente all'entrata in vigore del D.Lgs. 163/2006
(Codice appalti) e, dunque, all'estensione della competenza di vigilanza dell'Autorità anche al
settore dei servizi; peraltro, poiché è stato necessario osservare in fase istruttoria anche tale
fase in considerazione del carattere unitario della complessa operazione, l'Autorità ritiene
comunque opportuno svolgere alcune considerazioni al riguardo.
43
Indubbiamente, negli anni del suo avvio, l'operazione umbra era decisamente innovativa a
livello regionale e poggiava su un terreno normativo ed empirico ancora in evoluzione; non vi
era, in particolare, una grande chiarezza sull'inclusione o meno dei servizi resi dalla SGR tra
quelli assoggettabili o meno all'evidenza pubblica. Anche le prime operazioni condotte a livello
statale, alla luce del D.L. 351/2001, appaiono in ciò diversificate, in quanto in alcuni casi la
SGR è stata selezionata con procedura ad evidenza pubblica, mentre in altri casi è stata
selezionata dai soggetti collocatori attraverso una sollecitazione di offerta (si pensi, a titolo di
mero esempio, alle operazioni statali "Patrimonio Uno" - cfr. D.M. 20.10.2004 - e "FIP" - cfr.
D.M. 15.12.2004 -).
Al riguardo si può oggi osservare che, a stretto rigore, ad essere esclusi dall'obbligo della gara
pubblica (ai sensi dell'art. 19, lettera d), del D.lgs. 163/2006, già art. 5, comma 2, lett. d), dei
D.Lgs. 157/1995) sono i servizi finanziari relativi all'emissione, acquisto, vendita o
trasferimento di "strumenti finanziari" (e quindi anche di quote di un Fondo d'investimento).
Infatti, come già ritenuto da questa Autorità nel recente parere del 418/2009 n.
47208/09/5566, pubblicato sul sito istituzionale, l'esclusione concernente i servizi finanziari
trova la sua giustificazione nelle caratteristiche stesse di tali prodotti, la cui negoziazione
appare legata in misura prevalente al particolare giudizio di affidabilità di ciascun singolo
operatore. Peraltro, la genericità della nozione "servizi finanziari." di cui all'art. 19 del D.Lgs.
163/2006 (già art. 5 D.Lgs. 157/1995) determina un'area di incertezza, che deriva dal suo
coordinamento con l'indicazione dei "servizi finanziari" compresi nella cat. 6 dell'Allegato II A
del D.Lgs. 163/2006 stesso (prima cat. 6 Allegato 1 del D.Lgs. 157/1995 e Allegato 1, cat. 6,
Direttiva CE 92/50) - "servizi finanziari: assicurativi, bancari e finanziari" (con esclusione dei
contratti di servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita al trasferimento di
titoli o di altri strumenti finanziari, nonché dei servizi forniti da banche centrali) - soggetti
all'applicazione del D.Lgs. 163/2006 (e, prima, del D.Lgs. 157/1995).
A fronte di ciò, come illustrato anche nel citato parere, appare opportuno procedere secondo i
canoni dell'interpretazione restrittiva in relazione alla norma sui servizi finanziari esclusi, in
quanto norma derogatoria ai principi dell'evidenza pubblica.
3. Alla stregua delle osservazioni che precedono, per quanto riguarda il Global coordinator
dell'operazione umbra si osserva che la sua attività principale è stata quella di collocare le
quote degli enti pubblici apportanti. Tale soggetto, infatti, generalmente definibile come il
coordinatore generale di un'operazione di emissione/collocamento titoli (nella specie, quote di
un Fondo immobiliare), ha proceduto al collocamento iniziale delle quote sottoscritte dagli enti
pubblici (cfr. comma 6 art. 14-bis della legge 86/94) e sta procedendo, come da impegni, a
collocare le rimanenti quote in mano pubblica. Questa attività di coordinamento del
collocamento delle quote è stata affidata al Global coordinator in via diretta, unitamente,
peraltro, ad altre attività ritenute dalla Regione strumentali/connesse e, dunque, attratte nel
regime di esenzione dall'evidenza pubblica.
Al riguardo ci si limita ad osservare che, a stretto rigore, la sola attività di
trasferimento/collocamento delle quote (strumenti finanziari) rientrerebbe nei contratti
finanziari c.d. esclusi, come sopra evidenziato, mentre alla luce dell'atto di incarico (D.G.R.
295/2004) le attività affidate al Global coordinator sembrano essere state un pò più ampie,
avendo ricompreso anche una forma di consulenza e assistenza alla Regione proprio
nell'impostazione della complessa e innovativa operazione, sebbene l'attività di coordinamento
del collocamento delle quote sembrerebbe essere stata quella centrale.
Si osserva, altresì, che oggi soccorrerebbe la norma contenuta nell'art. 27 del D.Lgs.
163/2006,la quale prevede una forma di selezione anche per l'affidamento dei c.d. contratti
esclusi, norma non in vigore all'epoca dell'affidamento de quo. Peraltro, si rileva che, quando il
conferimento dei beni al Fondo equivale a dismissione dei beni medesimi da parte degli Enti
pubblici apportanti, una forma di selezione competitiva del collocatore sembra quantomeno
opportuna, in quanto la sua commissione incide sul valore di collocamento delle quote; valore
44
che i quotisti pubblici devono cercare di massimizzare in virtù della stessa ratio che sorregge le
operazioni classiche di dismissione immobiliare pubblica (ossia la massimizzazione del ricavo).
A mero titolo di esempio, si evidenzia che nell'operazione statale "Patrimonio Uno" i collocatori,
come si legge nel D.M. 20 ottobre 2004, vennero scelti dalla SGR con procedura competitiva,
tenuto conto dell'offerta più vantaggiosa con riferimento all'importo delle commissioni.
4. Quanto alla scelta della SGR, si deve richiamare quanto già rilevato dall'Autorità nel citato
parere del 4/8/2009, osservandosi che la SGR di un Fondo immobiliare svolge svariate attività
(anche, ad esempio, di asset management, property management, ecc.) poiché la gestione di
portafogli immobiliari necessita di tutta una serie di attività specifiche connesse con la natura
reale dei beni amministrati.
Tali attività sono abbastanza eterogenee (maggiormente rispetto a quelle del Global
coordinator) e solo in parte riconducibili ai servizi finanziari "esclusi" di cui all'art. 19, lett. d),
del D.Lgs. 163/2006 (già art. 5, lett. d), D.Lgs. 157/1995). Ciò, unito ad una necessaria
interpretazione restrittiva delle norme suddette, conduce a ritenere che sarebbe stato corretto
condurre la procedura di selezione della SGR secondo le regole dell'evidenza pubblica (in
primis con pubblicazione di un bando), anche se si prende atto che una forma di selezione,
ancorché privata, vi è comunque stata.
5. Quanto all'affidamento degli incarichi "a valle" da parte della SGR, il dato essenziale è
costituito dal fatto che l'apporto degli immobili al Fondo è equivalso a dismissione della
proprietà degli stessi ed acquisto della proprietà in capo al Fondo (conferimento in proprietà
dell'immobile contro quota del Fondo).
Alla luce di ciò, e sulla base delle risultanze istruttorie sullo specifico punto (v. sopra), non
sembrano esservi ragioni che possano obbligare la SGR a seguire il D.Lgs. 163/2006
nell'affidamento di tali incarichi, dal momento che gli immobili non sono piu in mano pubblica;
pertanto, si può ritenere che la definitiva cessione, da parte della Regione, della proprietà degli
immobili conferiti al Fondo - e l'assenza di previsioni di riscatto/retrocessione degli immobili
conferiti - possa supportare la soluzione di consentire una gestione iure privatorum degli
incarichi "a valle".
Inoltre, il fatto che il regolamento del Fondo preveda che le spese inerenti la gestione e
valorizzazione del patrimonio, ivi comprese le spese relative ad eventuali gare o concorsi
connessi alla progettazione e realizzazione degli interventi di valorizzazione, siano a carico del
Fondo stesso (patrimonio autonomo e distinto da quello dei partecipanti), induce ad escludere
che siano a carico degli Enti pubblici le spese per gli incarichi professionali e per la
realizzazione degli interventi.
Peraltro, appare comunque opportuno che la SGR prosegua sempre nell'affidamento degli
incarichi secondo forme piuttosto ampie di contest tese a contenere i costi degli incarichi nel
rispetto degli standard tecnici e qualitativi attesi, tenuto conto del fatto che gli oneri per il
pagamento degli incarichi vanno ad incidere sul valore netto delle attività del Fondo, al cui
riparto possono essere interessati anche i quotisti pubblici.
6. Quanto alle opere a scomputo si osserva quanto segue. In primo luogo, le opere di
urbanizzazione ritenute tecnicamente non separabili - opere che il Fondo intenderebbe far
eseguire direttamente dall'esecutore degli interventi edilizi privati - non andranno nel
patrimonio indisponibile del Comune, ma rimarranno private, sebbene asservite all'uso
pubblico. Tale deroga all'art. 16 del T.U. edilizia è stata concordata tra Comune e Soggetto
Attuatore (il Fondo) nella convenzione urbanistica sulla base delle peculiari caratteristiche
tecniche di queste opere e sulla base dello stesso regolamento edilizio del Comune di Perugia.
45
Si osserva inoltre che, a fronte di oneri di urbanizzazione per Euro 1.446.733,00 (di cui il
Soggetto Attuatore deve corrispondere il 13%, per un importo di Euro 188.075,29: art.2
convenzione urbanistica), è prevista la realizzazione, a cura e spese del Soggetto Attuatore, di
opere di urbanizzazione per un valore piuttosto consistente di Euro 10.736.530,53, di cui Euro
3.637.986,74 di opere cedute al Comune ed Euro 7.098.543,79 di opere che resteranno di
proprietà, del Soggetto Attuatore e verranno assoggettate ad uso pubblico. Gli oneri posti a
carico del Soggetto Attuatore appaiono, pertanto, nettamente superiori a quelli che
deriverebbero da un mero scomputo degli oneri concessori e la convenzione, in sostanza,
determina una notevole estensione all'uso pubblico delle realizzande opere. Ciò appare
confermato anche dalle statuizioni della convenzione urbanistica prodotta in atti, le quali
prevedono come visto, per una buona parte di opere di urbanizzazione, la mera servitù all'uso
pubblico senza il trasferimento nella proprietà comunale. Alcune di tali, ultime opere
(parcheggi interrati e relative infrastrutture) sono poi strettamente connesse alle opere private
in modo tale da non apparire realizzabili separatamente da queste ultime per le ragioni
tecniche sopra riferite.
Al riguardo, si ritiene che possa essere ammissibile la procedura che le parti intendono seguire
in relazione a queste ultime opere, in ragione del fatto che esse sono così strutturalmente
connesse alle opere private da non poter essere eseguite separatamente da queste ultime
senza recare grave inconveniente alla parte privata.
Si evidenzia, peraltro, che la presente soluzione attiene unicamente alle documentate
peculiarità tecnico-costruttive delle suddette opere, rimanendo altrimenti ferme le indicazioni
fornite dall'Autorità nella determinazione n. 7/2009.
In base a quanto sopra considerato,
Il Consiglio







invita la Regione Umbria, in caso di future evenienze, a selezionare il Global coordinator
(ove l'attività principale di quest'ultimo sia il collocamento/trasferimento di titoli o altri
strumenti finanziari) nel rispetto di quanto stabilito dagli articoli 2 e 27 del D.Lgs.
163/2006, per le ragioni esposte in motivazione;
invita la Regione Umbria, in caso di future evenienze, a selezionare la SGR secondo
procedura ad evidenza pubblica, per le ragioni esposte in motivazione;
ritiene che gli incarichi affidati dalla Società di gestione del "Fondo Umbria" possano
essere affidati "iure privatorum" in relazione alla cessione giuridica della proprietà degli
immobili da parte degli Enti pubblici apportanti che si è verificata con il conferimento
degli immobili stessi al Fondo e con la sottoscrizione delle relative quote;
invita in ogni caso la SGR a proseguire nell'affidamento degli incarichi secondo forme di
"contests" adeguatamente ampie e con un adeguato coinvolgimento dei soggetti
pubblici apportanti attraverso l'Advisory Committee;
ritiene ammissibile la soluzione prospettata dalla Società di gestione del "Fondo Umbria"
per quanto concerne la realizzazione delle opere a scomputo tecnicamente non
separabili, in ragione delle forti peculiarità del caso di specie e comunque nei limiti
strettamente necessari;
invita la Regione Umbria a riscontrare la presente delibera entro trenta giorni dalla
ricezione postale della stessa, ai sensi dell'art. 6 del D.Lgs. 163/2006;
dà mandato alla Direzione Generale Vigilanza Servizi e Forniture perché comunichi la
presente delibera al Presidente della Regione Umbria, all'Assessore al Bilancio della
medesima Regione, al legale rappresentante della BNP-Paribas REIM SGR p.A. ed al
Presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
46
9) Ulteriori disposizioni in materia di immobili applicabili ai beni pubblici
La presente sezione raccoglie disposizioni, in materia immobiliare, di carattere generale
direttamente applicabili anche ai beni di proprietà pubblica, e che obbligano gli Enti
proprietari alle attività di adeguamento e regolarizzazione necessarie ai fini dell’eventuale
commerciabilità del bene.
A) Gli immobili della Difesa e il Codice dell’ Ordinamento militare (COM)
In relazione all’individuazione dei beni immobili della Difesa non più utili ai propri fini istituzionali, da
dismettere e consegnare all'Agenzia del demanio, l’articolo14-bis del decreto-legge n. 112 del 2008
ha in un primo momento (mediante novelle all'articolo 27 del decreto legge n. 269 del 2003) introdotto il
ricorso ad accordi o a procedure negoziate con società a partecipazione pubblica e con soggetti privati
per la riallocazione degli immobili. Contestualmente, nello stato di previsione del Ministero della difesa
sono stati istituiti un fondo in conto capitale e un fondo di parte corrente destinati al finanziamento
della suddetta riallocazione, nonché delle esigenze di funzionamento, ammodernamento e manutenzione
dei mezzi delle Forze armate, inclusa l'Arma dei carabinieri.
Al fondo in conto capitale concorrono anche i proventi derivanti dalle attività di valorizzazione
immobiliare effettuate dall'Agenzia del demanio con particolare riguardo alle infrastrutture militari
ancora in uso alle strutture del Ministero della difesa; al fondo di parte corrente affluiscono anche i
proventi derivanti dalle alienazioni dei materiali fuori uso della Difesa.
Inoltre, si attribuisce al Ministero della difesa il compito di individuare, con apposito decreto, ulteriori
immobili da alienare, non ricompresi negli elenchi di cui all'articolo 27, comma 13-ter del citato decreto
legge n. 269 del 2003, stabilendo, al riguardo, le procedure concernenti le operazioni di vendita,
permuta, valorizzazione e gestione dei citati beni.
I proventi derivanti dalle suddette procedure possono essere destinati al soddisfacimento delle esigenze
funzionali del Ministero della difesa previa verifica della compatibilità finanziaria e dedotta la quota
che può essere destinata agli enti territoriali interessati.
Successivamente, la legge finanziaria 2010 (articolo 2, commi 189-194, legge n. 191 del 2009) ha
autorizzato il Ministero della difesa a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di
investimento immobiliare, d’intesa con i comuni, al fine di realizzare le risorse necessarie a soddisfare
le esigenze infrastrutturali e alloggiative delle Forze armate, attraverso la valorizzazione e l’alienazione
degli immobili militari.
Le norme citate sono state abrogate dal D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento
militare) e la disciplina delle dismissioni dei beni immobili del Ministero della difesa diversi dagli
alloggi di servizio è confluita nell’articolo 307 del Codice.
Ai sensi di tale articolo, il Ministero della difesa, sentita l’Agenzia del demanio, adotta un programma di
razionalizzazione, accorpamento, riduzione e ammodernamento del patrimonio
infrastrutturale in uso, in coerenza con il processo di pianificazione territoriale e urbanistica previsto
dalla legislazione nazionale e regionale, allo scopo di favorirne la riallocazione in aree maggiormente
funzionali per migliorare l’efficienza dei servizi assolti, e individua, con le stesse modalità indicate nel
primo periodo, immobili non più utilizzati per finalità istituzionali, da consegnare all’Agenzia del
demanio ad avvenuto completamento delle procedure di riallocazione.
Gli immobili consegnati entrano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato per essere assoggettati
alle procedure di valorizzazione e di dismissione ovvero alla vendita a trattativa privata anche
in blocco.
47

La destinazione dei proventi
L’articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 225 del 2010, novellando la lettera d) del comma 10
dell'art. 307 del Codice, ha modificato la destinazione dei proventi derivanti dalle suddette alienazioni,
specificando le quote, che spettano rispettivamente:

fino al 42,5 per cento, al Ministero della Difesa, e più in particolare, a quali fondi del suo stato
di previsione (alla ripartizione dei citati fondi si provvede con decreti del Ministro della difesa, da
comunicare al MEF);


in misura non inferiore al 42,5 per cento, al bilancio dello Stato;
in un range compreso tra il 5 ed il 15 per cento, proporzionato alla complessità ed ai tempi di
valorizzazione, agli enti locali interessati.
La predetta ripartizione è stata poi sostituita dall’articolo 3, comma 12, del decreto-legge n. 138 del
2011.
In base alla nuova formulazione della lettera d) dell'articolo 307, comma 10, del Codice, i suddetti
proventi monetari sono assegnati per il 55 per cento al Fondo per l’ammortamento dei titoli di
Stato, per il 35 per cento al Ministero della difesa e per il 10 per cento agli enti territoriali
interessati dalle valorizzazioni.
Le somme assegnate al Ministero della difesa potranno essere destinate esclusivamente a spese di
investimento e non potranno essere utilizzate per oneri di parte corrente.
La ratio della disposizione appare collegata alle regole di contabilità europee che, qualificando le entrate
provenienti da alienazioni e procedure di valorizzazione del patrimonio immobiliare come entrate di conto
capitale, impediscono l’utilizzo di tali proventi per coprire oneri di natura corrente.
Nell’ambito delle procedure di valorizzazione si prevede anche l’applicazione:

dell’articolo 4, comma 4-decies, del decreto-legge n. 2 del 2010 che consente al Ministero della
difesa, quale amministrazione procedente, di convocare conferenze di servizi con i comuni, le
province e le regioni interessate al fine di acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le
approvazioni, comunque denominati, necessari per la realizzazione di programmi di
valorizzazione degli immobili, oggetto di accordi con i comuni, da conferire ai fondi di
investimento immobiliare. La determinazione finale della conferenza di servizi, dopo la ratifica del
consiglio comunale costituisce provvedimento unico di autorizzazione delle varianti allo strumento
urbanistico generale; ovvero

dell’articolo 34 del Testo unico degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000) che disciplina
gli accordi di programma tra enti locali ed altri soggetti pubblici.
Da ultimo, l'articolo 2, comma 1, lett. n), del D.Lgs. 24 febbraio 2012, n. 20, (correttivo al Codice) ha
fatto salvo quanto previsto dall'articolo 5, comma 4, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 (federalismo
demaniale), il quale demanda ad un DPCM, su proposta del Ministro della difesa, l’individuazione dei
beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti a Comuni, Province,
Città metropolitane e Regioni, in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e
sicurezza nazionale e non funzionali alla realizzazione dei programmi di riorganizzazione dello strumento
militare.
Sotto un altro profilo, si ricorda che il comma 196-bis dell’articolo 2 della legge n. 191 del 2009, inserito
dall’articolo 2, comma 7, del decreto legge n. 225 del 2010, ha introdotto una procedura di urgenza
per l’alienazione di alcuni specifici immobili militari oggetto di valorizzazione da parte del Ministero
della difesa, insistenti nel comune di Roma ed espressamente individuati tra quelli già inseriti nel
protocollo d’intesa sottoscritto tra il Ministero della difesa ed il comune di Roma in data 4 giugno 2010, e
48
facenti parte del più generale programma di valorizzazione e dismissione degli immobili militari - da
realizzare attraverso la costituzione, da parte del Ministero della difesa, di fondi comuni di investimento
immobiliare d’intesa con i comuni interessati, con i quali sono a tal fine sottoscritti specifici accordi di
programma.
A tal fine, la norma prevede che tali immobili siano alienati dall’Agenzia del demanio, con le
procedure previste dall'articolo 1, comma 436, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (trattativa privata o
asta pubblica).

La concessione di valorizzazione
Ulteriori disposizioni relative agli immobili in uso al Ministero della difesa non più utili, in via definitiva o
temporanea, per la sicurezza nazionale sono previste dall’articolo 3-ter del D.L. n. 351 del 2001
(commi 12 e 13), introdotto dal comma 2 dell’articolo 27 del D.L. n. 201 del 2011: la prima consente
al Ministro della difesa di operare in via autonoma per la valorizzazione immobiliare, previa intesa
con il Presidente della regione o della Provincia; la seconda, per tutelare e mantenere in efficienza
immobili solo in via temporanea non più necessari per la difesa militare, consente di affidare in
concessione di valorizzazione tali immobili, per usi compatibili con lo strumento urbanistico, nel
rispetto delle volumetrie esistenti e tramite interventi di restauro e risanamento conservativo.
Il decreto-legge n. 95 del 2012 ha quindi introdotto ulteriori modalità operative della società di
gestione del risparmio per la valorizzazione o dismissione del patrimonio immobiliare disponibile, istituita
dall’articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011.
In particolare, l'articolo 23-ter, comma 1, lett. g), D.L. n. 95 del 2012 ha aggiunto il comma 8-quater al
predetto articolo 33, che introduce la possibilità di dar vita ad ulteriori fondi immobiliari a cui apportare
o trasferire immobili (o diritti reali) di proprietà dello Stato, suscettibili di valorizzazione e individuati dal
Ministero della difesa, con uno o più decreti, come non più utili alle proprie finalità istituzionali.
In tal caso è estremamente interessante la modalità di ripartizione delle risorse rivenienti dalla cessione
delle quote del "fondo difesa".
Il 30% di tali risorse, infatti, è attribuito al Ministero della difesa, con prioritaria destinazione alla
razionalizzazione del settore infrastrutturale; una quota, compresa tra il 10% e il 25% è assegnata, con
decreto del MEF, agli Enti interessati dalle procedure di valorizzazione, per la riduzione del debito e, solo
in assenza di debito, o comunque per la parte eccedente, a spese di investimento; le risorse derivanti
dalla cessione delle restanti quote sono destinate al pagamento dei debiti dello Stato.
Un diverso filone d’intervento ha riguardato gli alloggi di servizio per gli appartenenti alle Forze armate.

La legge di Stabilità 2014 ed il programma straordinario di cessione
La legge di Stabilità 2014 prevede la definizione da parte del Governo di un programma straordinario
di cessioni di immobili pubblici, compresi quelli detenuti dal Ministero della difesa e non utilizzati per
finalità istituzionali. Tale programma, da definire entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della
legge, dovrà consentire introiti per il periodo 2014-2016 non inferiori a 500 milioni di euro annui.
Tenuto conto che la disciplina afferente il patrimonio in uso alla Difesa, è stata ricondotta all’interno delle
disposizioni contenute nel Codice dell’ordinamento militare, è stato predisposto, fra l’altro il decreto
legislativo – ai sensi dell’art.2 comma 1 lettere a), b) e d) di modifica agli artt. 286, 306 e 306 del COM,
che all’articolo 9 riporta disposizioni in tema:
1. revisione/aggiornamento dei canoni di locazione dovuti per gli alloggi militari;
2. completamento del programma di dismissione degli alloggi militari;
3. affida all’Agenzia del Demanio la congruità dei canoni e dei valori da attribuire ai beni;
49
4. introduce la concessione di valorizzazione per i beni, che non siano stati assegnati agli Enti locali
tramite le procedure previste dal federalismo demaniale (art. 56 bis del DL del Fare)- cosiddetta
“valorizzazione d’onore” per i beni non più funzionali della Difesa riassegnati al Demanio.
Con particolare riguardo al suddetto punto 4, va rilavato che si “estende” anche a soggetti privati la
possibilità di acquisire, mediante concessione decennale, a titolo gratuito, gli immobili posti in
dismissione dalla Difesa, attualmente prevista solo per gli enti territoriali in base all’articolo 56-bis del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98.
L’unico onere che incombe su tali concessionari è quello di valorizzare ed utilizzare effettivamente i
medesimi entro tre anni dall’acquisizione (avendone i requisiti economici e imprenditoriali, da valutarsi
preventivamente), pena la retrocessione mediante riscatto da parte dell’Agenzia del demanio. Si tratta di
una sorta di concessione gratuita con patto di riscatto a favore del Demanio, garantita dal versamento di
una cauzione per il caso di mancata valorizzazione o di deterioramento dell’immobile; mediante il
ricorso all’intesa con l’Agenzia del demanio quale efficace procedura adottata nell’ambito delle
dismissioni degli alloggi militari, si semplifica la procedura per la determinazione del prezzo di vendita con
il sistema d’asta, che attualmente segue il più complesso iter che prevede il “previo parere di congruità
emesso da una commissione appositamente nominata dal Ministro della difesa, presieduta da un
magistrato amministrativo o da un avvocato dello Stato e composta da rappresentanti dei Ministeri della
difesa e dell'economia e delle finanze, nonché da un esperto in possesso di comprovata professionalità
nella materia”.
Appendice normativa
Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di revisione in senso riduttivo dell’assetto
strutturale e organizzativo delle Forze armate ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettere a), b) e d) della
legge 31 dicembre 2012, n. 244
Articolo 9
Revisione delle procedure per la valorizzazione, la dismissione e la permuta degli immobili militari
1. Al libro secondo del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all’articolo 286:
1) dopo il comma 1, è inserito il seguente:
<<1-bis. In tutti i casi in cui, nella presente sezione e nel regolamento, è fatto riferimento
all’aggiornamento dei canoni di concessione degli alloggi di servizio, la relativa misura è
pari al 75 per cento della variazione accertata dall’Istituto nazionale di statistica
dell’ammontare dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati,
verificatasi nell’anno precedente. >>;
2) il comma 4 è abrogato;
18
b) all’articolo 306, dopo il comma 3, è inserito il seguente:
<<3-bis. Al fine di completare in tempi brevi il programma pluriennale di dismissione di alloggi
di servizio ritenuti non più utili per le esigenze istituzionali della Difesa, il prezzo di vendita
degli alloggi occupati, determinato d'intesa con l'Agenzia del demanio ai sensi del comma 3, è
ridotto nella misura del 35 per cento. Di tale riduzione è data evidenza nella comunicazione
dell’offerta di vendita con diritto di prelazione dell’alloggio posto in vendita.>>;
c) all’articolo 307:
1) dopo il comma 3, è inserito il seguente:
<<3-bis. Con uno o più decreti, il Ministero della difesa, d’intesa con l’Agenzia del demanio,
promuove la concessione d’uso a titolo gratuito, per una durata massima di dieci anni, dei
beni immobili militari già individuati e proposti per le finalità di cui all’articolo 56-bis del
decreto-legge 21giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013,
50
n. 98, che non siano stati richiesti in proprietà dai comuni, dalle province, dalle città
metropolitane e dalle regioni. I medesimi immobili sono concessi, a cura dell’Agenzia del
demanio, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano e nel rispetto delle volumetrie
esistenti, a chiunque presenti formale domanda al Ministero della difesa nella quale dimostri
di essere in possesso di idonei requisiti economici e imprenditoriali per la loro valorizzazione,
nonché di un piano di utilizzo. Sulla accettazione della domanda, l’Agenzia del demanio,
d’intesa con il Ministero della difesa, si esprime entro 180 giorni. La concessione, ad opera
dell’Agenzia del demanio, dei beni immobiliari ad essa trasferiti, è condizionata al
versamento di un deposito cauzionale che sarà restituito al termine della concessione, salvo il
mancato adempimento dell’obbligo di valorizzazione o il deterioramento del bene stesso. Il
concessionario, per tutta la durata della concessione, si impegna a mantenere indenne
l’Amministrazione da qualsivoglia rivendicazione relativa agli immobili. Le procedure e i
tempi per la concessione sono i medesimi di cui al citato articolo 56-bis, nei limiti in cui essi
sono compatibili. Qualora, entro tre anni dall’avvenuto trasferimento, l’assegnatario del bene
non abbia valorizzato il bene nei termini indicati al momento della concessione, l’Agenzia del
demanio si riserva la facoltà di revocare la medesima mediante una dichiarazione unilaterale
comunicata all’assegnatario stesso. La concessione non è rinnovabile. Entro sei mesi dalla
scadenza, l’Agenzia del demanio avvia le procedure ad evidenza pubblica di alienazione del
bene, riconoscendo al concessionario il diritto di prelazione. All’Amministrazione concedente
è data facoltà, comunque e a suo insindacabile giudizio, di rientrare nella piena proprietà
dell’immobile ove ne ravvisi un uso in contrasto con norme di legge o difforme da quello
pattuito in sede di cessione.>>;
2) al comma 10, lettera b), le parole: <<, previo parere di congruità emesso da una
commissione appositamente nominata dal Ministro della difesa, presieduta da un magistrato
amministrativo o da un avvocato dello Stato e composta da rappresentanti dei Ministeri della
difesa e dell'economia e delle finanze, nonché da un esperto in possesso di comprovata
professionalità nella materia. Dall'istituzione della Commissione non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica e ai componenti della stessa non spetta alcun
compenso o rimborso spese >> sono sostituite dalle seguenti: <<, d’intesa con l’Agenzia del
demanio >>.
B) Legge 11 dicembre 2012 n. 220 – Modifiche alla disciplina del condominio negli
edifici
A decorrere dal 18 giugno 2013 è entrata in vigore la Legge n.220/2012, che introduce riforme
importanti e tematiche relative alla gestione e regolamentazione dei Condomini. Tra le novità di rilievo:
l’anagrafe condominiale recante: le generalità dei proprietari e dei titolari dei diritti reali e personali di
godimento, i dati catastali relativi a ciascuna unità, i dati relativi alle condizioni di sicurezza.
Con particolare riguardo ai dati sulle condizioni di sicurezza, i proprietari – con assunzione di
responsabilità, in alternativa all’autocertificazione, potranno incaricare tecnici abilitati per l’elaborazione
del DIRI (Dichiarazione di Rispondenza), in ossequio al DM 37/2008, relativamente a tutti quegli
impianti per i quali non è più rintracciabile la documentazione certificativa prodotta al momento
dell’installazione.
C) DL 63/2013, articolo 4, comma 1 - Attestato di prestazione energetica (APE)
51
Il quadro normativo sulla certificazione energetica, attraverso il recepimento della Direttiva europea
2010/31/Ue, è totalmente ridisegnato; infatti la legge di conversione del DL n.63 provvede ad integrare
i contenuti del Dlgs n. 192/2005 disciplinante il rendimento energetico.
L'Ape, sostituisce il vecchio Attestato di certificazione energetica- ACE, è costituisce il documento
attestante la prestazione energetica di un edificio, al contempo fornendo raccomandazioni per il
miglioramento dell'efficienza energetica.
La prestazione energetica dipende dalla quantità annua di energia primaria effettivamente consumata o
che si prevede necessaria per soddisfare, con un uso standard dell'immobile, i vari bisogni energetici
dell'edificio. Vale a dire: la climatizzazione invernale ed estiva, la preparazione dell'acqua calda per usi
igienici e sanitari, la ventilazione e, per il settore terziario, l'illuminazione, gli impianti ascensori e scale
mobili. In base alla prestazione raggiunta, l'unità immobiliare viene anche classificata in una scala da A
ad F. L'attestato riporta, dunque, anche la classe energetica; i requisiti minimi di efficienza energetica
vigenti; le raccomandazioni per migliorare la performance, separando la previsione di interventi di
ristrutturazione importanti da quelli di riqualificazione energetica. L’attestazione deve essere rilasciata da
esperti qualificati e indipendenti, in possesso di iscrizione all'Ordine o Collegio e dei requisiti di
formazione ed esperienza fissati nel Dpr 75/2013. Sarà valida per dieci anni, a meno che nel frattempo
l'immobile non venga sottoposto a una riqualificazione tale da cambiarne i consumi (per esempio, con la
sostituzione degli infissi) o che non vengano eseguiti i controlli dei sistemi tecnici, in primis sugli impianti
termici, fissati dalla legge.
D)
Semplificazioni in materia edilizia DL del Fare n.69/2013 - Articolo 30
La norma in vigore dal 21 agosto 2013 apporta modifiche al TU in materia di edilizia (DPR
n.380/ 2001). In particolare:
1. Sono introdotte deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati;
2. sono agevolati interventi di ristrutturazione edilizia adeguando i permessi di costruire
alla nuova normativa, così come le procedure inerenti la DIA, SCIA, le comunicazioni di
inizio lavori ed il certificato di agibilità;
3. sono previste norme tese alla liberalizzazione di esercizi commerciali e;
4. agevolazioni per i contratti di subforniture.
“1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 22, comma 6, del Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, al medesimo decreto sono apportate le seguenti
modificazioni:
0a) dopo l'articolo 2 è inserito il seguente:
52
«Art. 2-bis. (L) - (Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati). - 1. Ferma
restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di
proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti,
disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e
possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli
produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell'ambito della
definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e
unitario o di specifiche aree territoriali»; (81)
a) all'articolo 3, comma 1, lettera d), ultimo periodo, le parole: «e sagoma» sono
soppresse e dopo la parola «antisismica» sono aggiunte le seguenti: «nonché quelli volti al
ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro
ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che,
con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli
interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione
edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente.»;
b) all'articolo 6, al comma 4, al primo periodo, le parole da «dichiara preliminarmente» a
«e che» sono soppresse;
c) all'articolo 10, comma 1, lettera c) le parole: «della sagoma,» sono soppresse; dopo le
parole «comportino mutamenti della destinazione d'uso» sono aggiunte le seguenti: «, nonché
gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni»;
d) all'articolo 20 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) il comma 8, è sostituito dal seguente:
«8. Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, ove il
dirigente o il responsabile dell'ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di
permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano
vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui al
comma 9.»;
2) il comma 9 è sostituito dal seguente:
«9. Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto a vincoli ambientali,
paesaggistici o culturali, il termine di cui al comma 6 decorre dal rilascio del relativo atto di
assenso, il procedimento è concluso con l'adozione di un provvedimento espresso e si applica
quanto previsto dall'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. In
caso di diniego dell'atto di assenso, eventualmente acquisito in conferenza di servizi, decorso il
termine per l'adozione del provvedimento finale, la domanda di rilascio del permesso di
costruire si intende respinta. Il responsabile del procedimento trasmette al richiedente il
provvedimento di diniego dell'atto di assenso entro cinque giorni dalla data in cui è acquisito
agli atti, con le indicazioni di cui all'articolo 3, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 e
successive modificazioni. Per gli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, resta fermo
quanto previsto dall'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e
successive modificazioni.»;
3) il comma 10 è abrogato;
e) all'articolo 22, comma 2, dopo le parole: «non alterano la sagoma dell'edificio» sono
aggiunte le seguenti: «qualora sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio
2004, n. 42 e successive modificazioni,»;
f) nel capo III del titolo II, dopo l'articolo 23, è aggiunto il seguente:
«Art. 23-bis. (Autorizzazioni preliminari alla segnalazione certificata di inizio attività e alla
comunicazione dell'inizio dei lavori) - 1. Nei casi in cui si applica la disciplina della segnalazione
certificata di inizio attività di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, prima della
presentazione della segnalazione, l'interessato può richiedere allo sportello unico di provvedere
all'acquisizione di tutti gli atti di assenso, comunque denominati, necessari per l'intervento
edilizio, o presentare istanza di acquisizione dei medesimi atti di assenso contestualmente alla
segnalazione. Lo sportello unico comunica tempestivamente all'interessato l'avvenuta
acquisizione degli atti di assenso. Se tali atti non vengono acquisiti entro il termine di cui
all'articolo 20, comma 3, si applica quanto previsto dal comma 5-bis del medesimo articolo.
53
2. In caso di presentazione contestuale della segnalazione certificata di inizio attività e
dell'istanza di acquisizione di tutti gli atti di assenso, comunque denominati, necessari per
l'intervento edilizio, l'interessato può dare inizio ai lavori solo dopo la comunicazione da parte
dello sportello unico dell'avvenuta acquisizione dei medesimi atti di assenso o dell'esito positivo
della conferenza di servizi.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2, si applicano anche alla comunicazione dell'inizio dei
lavori di cui all'articolo 6, comma 2, qualora siano necessari atti di assenso, comunque
denominati, per la realizzazione dell'intervento edilizio.
4. All'interno delle zone omogenee A) di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2
aprile 1968, n. 1444, e in quelle equipollenti secondo l'eventuale diversa denominazione
adottata dalle leggi regionali, i comuni devono individuare con propria deliberazione, da
adottare entro il 30 giugno 2014, le aree nelle quali non è applicabile la segnalazione
certificata di inizio attività per interventi di demolizione e ricostruzione, o per varianti a
permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma. Senza nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica, decorso tale termine e in mancanza di intervento sostitutivo della
regione ai sensi della normativa vigente, la deliberazione di cui al primo periodo è adottata da
un Commissario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Nelle restanti aree
interne alle zone omogenee A) e a quelle equipollenti di cui al primo periodo, gli interventi cui
è applicabile la segnalazione certificata di inizio attività non possono in ogni caso avere inizio
prima che siano decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della segnalazione. Nelle more
dell'adozione della deliberazione di cui al primo periodo e comunque in sua assenza, non trova
applicazione per le predette zone omogenee A) la segnalazione certificata di inizio attività con
modifica della sagoma. (82)
g) all'articolo 24, dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:
«4-bis. Il certificato di agibilità può essere richiesto anche:
a) per singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi,
qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all'intero
intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché
collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni;
b) per singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali
connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di
urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all'edificio oggetto di agibilità parziale.»;
(82)
h) all'articolo 25, dopo il comma 5, sono aggiunti i seguenti:
«5-bis. Ove l'interessato non proponga domanda ai sensi del comma 1, fermo restando
l'obbligo di presentazione della documentazione di cui al comma 3, lettere a), b) e d), del
presente articolo e all'articolo 5, comma 3, lettera a), presenta la dichiarazione del direttore
dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato, con la quale si attesta la
conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità, corredata dalla seguente
documentazione:
a) richiesta di accatastamento dell'edificio che lo sportello unico provvede a trasmettere al
catasto;
b) dichiarazione dell'impresa installatrice che attesta la conformità degli impianti installati
negli edifici alle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico valutate secondo
la normativa vigente.
5-ter. Le Regioni a statuto ordinario disciplinano con legge le modalità per l'attuazione
delle disposizioni di cui al comma 5-bis e per l'effettuazione dei controlli.». (82)
[2. All'articolo 9, comma 5, della legge 24 marzo 1989, n. 122, e successive modificazioni,
dopo il primo periodo è inserito il seguente: «La disposizione di cui al primo periodo si applica
anche in caso di trasferimento del solo vincolo di pertinenzialità dei parcheggi realizzati ai sensi
del comma 1.». (83) ]
3. Salva diversa disciplina regionale, previa comunicazione del soggetto interessato, sono
prorogati di due anni i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all'articolo 15 del
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come indicati nei titoli abilitativi
rilasciati o comunque formatisi antecedentemente all'entrata in vigore del presente decreto,
54
purché i suddetti termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell'interessato
e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione
dell'interessato, con nuovi strumenti urbanistici approvati o adottati. (84)
3-bis. Il termine di validità nonché i termini di inizio e fine lavori nell'ambito delle convenzioni
di lottizzazione di cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero degli accordi
similari comunque nominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012,
sono prorogati di tre anni. (85)
4. La disposizione di cui al comma 3 si applica anche alle denunce di inizio attività e alle
segnalazioni certificate di inizio attività presentate entro lo stesso termine.
5. Dall'attuazione dei commi 3 e 4 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
5-bis. I destinatari degli atti amministrativi relativi alle attività ricomprese nell'articolo 7,
comma 9, della legge 1° agosto 2002, n. 166, effettuate dal Servizio tecnico centrale della
Presidenza del Consiglio superiore dei lavori pubblici, già rilasciati alla data di entrata in vigore
del regolamento di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 26 novembre
2012, n. 267, sono tenuti al versamento, entro il 30 giugno 2014, dell'aliquota percentuale
dell'importo totale di cui all'allegato I annesso allo stesso regolamento, corrispondente ai giorni
di validità degli atti amministrativi rilasciati, nonché all'importo totale, nei casi in cui tali atti
non prevedano un termine di scadenza. (85)
5-ter. All'articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:
«', potendo prevedere al riguardo, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette
agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive
e commerciali». (85)
5-quater. All'articolo 15 della legge 11 novembre 2011, n. 180, le parole: «con posa in opera»
sono soppresse. (85)
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto.
(81) Lettera premessa dalla legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98.
(82) Lettera così modificata dalla legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98.
(83) Comma soppresso dalla legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98.
(84) Comma così modificato dalla legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98.
(85) Comma inserito dalla legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98.
55
56
Appendice
I Beni Pubblici
I Beni Pubblici (riferimenti legislativi: dall’art. 822 all’art. 829 del cod. civ.) riguardano i beni
che appartengono agli Enti pubblici (Stato, Regione, Provincia, Comune) e che soddisfano
interessi pubblici. Si dividono in Beni Demaniali e Beni Patrimoniali.
BENI DEMANIALI
Si dividono in beni del demanio necessario e beni del demanio accidentale
Demanio necessario
Sono tutti quei beni necessari ai compiti riservati allo Stato e agli Enti territoriali (Regioni,
Province e Comuni) e che non possono mai appartenere a un privato. Vi fanno parte:



il demanio marittimo, costituito dalle spiagge, dal lido del mare, dai porti (esclusi quelli
di interesse nazionale che appartengono invece allo Stato);
il demanio idrico: acque, fiumi, canali;
il demanio militare : fari, caserme, piazzeforti, fortificazioni.
Demanio accidentale
Sono quei beni che potrebbero appartenere anche ai privati ma che per la loro funzione di
interesse pubblico rivestono il carattere della demanialità o che appartengono direttamente agli
enti territoriali (Regione, Province e Comuni): strade, autostrade, acquedotti, immobili di
interesse artistico e storico, archivi, musei, biblioteche ecc.
I beni del demanio pubblico sono inalienabili, cioè non possono essere trasferiti ai privati;
pertanto non sono soggetti ad usucapione né ad esproprio.
BENI PATRIMONIALI
I beni patrimoniali, generalmente, non posseggono il carattere della inalienabilità e si dividono
in indisponibili e disponibili. In ogni caso non possono essere sottratti alla loro destinazione,
“se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”.
Indisponibili
Sono quei beni elencati nell’art. 826 del codice civile: foreste, miniere, cave, le cose di
interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in
qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della Presidenza della
Repubblica (o della Regione Siciliana), le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le
navi da guerra. Inoltre fanno parte del patrimonio dello Stato o rispettivamente della Regione,
della Provincia o del Comune, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede degli
uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.
Disponibili
Sono quei beni posseduti dagli enti pubblici, a titolo privatistico: per es. un immobile dato in
affitto a terzi dietro il pagamento di un canone o di una pigione (le case popolari o i caseggiati
attorno a un faro). Essi sono sottoposti alle norme del codice civile e vengono trattati come se
appartenessero a comuni cittadini.
57
1
28. Gli enti locali di cui all'articolo 2, comma 1, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, hanno facoltà di utilizzare le entrate derivanti dal plusvalore realizzato
con l'alienazione di beni patrimoniali, inclusi i beni immobili, per spese, aventi carattere non permanente, connesse
alle finalità di cui all'articolo 187, comma 2, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Art. 33 Disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare
1. Con decreto del Ministro dell'economia e finanze è costituita una società di gestione del risparmio
avente capitale sociale pari a 2 milioni di euro per l'anno 2012, per l'istituzione di uno o più fondi
d'investimento al fine di partecipare in fondi d'investimento immobiliari chiusi promossi da regioni,
provincie, comuni anche in forma consorziata ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267, ed altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di
valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile. La pubblicazione del suddetto
decreto fa luogo ad ogni adempimento di legge. Il capitale è detenuto interamente dal Ministero
dell'economia e delle finanze. I fondi istituiti dalla società di gestione del risparmio costituita dal Ministro
dell'economia e delle finanze partecipano a quelli di cui al comma 2 mediante la sottoscrizione di quote da
questi ultimi offerte su base competitiva a investitori qualificati al fine di conseguire la liquidità necessaria
per la realizzazione degli interventi di valorizzazione. I fondi istituiti dalla società di gestione del risparmio
costituita dal Ministro dell'economia e delle finanze ai sensi del presente comma investono direttamente
al fine di acquisire immobili in locazione passiva alle pubbliche amministrazioni. Con successivo decreto
del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere stabilite le modalità di partecipazione del
suddetto fondo a fondi titolari di diritti di concessione o d'uso su beni indisponibili e demaniali, che
prevedano la possibilità di locare in tutto o in parte il bene oggetto della concessione.
2. Ai fondi comuni di investimento immobiliare promossi da regioni, provincie, comuni anche in forma
consorziata ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ed da altri enti pubblici
ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, ai sensi del comma 1 possono essere
apportati a fronte dell'emissione di quote del fondo medesimo, beni immobili e diritti con le procedure
dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, nonché quelli trasferiti ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85. Tali
apporti devono avvenire sulla base di progetti di utilizzo o di valorizzazione approvati con delibera
dell'organo di governo dell'ente, previo esperimento di procedure di selezione della Società di gestione
del risparmio tramite procedure di evidenza pubblica. Possono presentare proposte di valorizzazione di
cui al presente comma i soggetti, anche privati. Nel caso dei beni individuati sulla base di quanto previsto
dall'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, la domanda prevista dal comma
4, dell'articolo 3 del citato decreto legislativo può essere motivata dal trasferimento dei predetti beni ai
fondi di cui al presente comma. È abrogato l'articolo 6 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85. I
soggetti indicati all'articolo 4, comma 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, possono apportare beni ai suddetti fondi.
3. L'investimento nel fondo di cui al comma 1, è compatibile con le vigenti disposizioni in materia di
attività di copertura delle riserve tecniche delle compagnie di assicurazione di cui ai decreti legislativi 17
marzo 1995, n. 174, e 17 marzo 1995, n. 175, e successive modificazioni, e ai provvedimenti ISVAP nn.
147 e 148 del 1996 e n. 36 del 2011, e successive modificazioni, nei limiti ed alle condizioni ivi contenuti.
58
Il venti per cento del piano di impiego dei fondi disponibili previsto dall'articolo 65 della legge 30 aprile
1969, n. 153, per gli enti pubblici, di natura assicurativa o previdenziale, per gli anni 2012, 2013 e 2014
è destinato alla sottoscrizione delle quote dei suddetti fondi. La Cassa depositi e prestiti, secondo le
modalità di cui all'articolo 3, comma 4-bis del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, può partecipare ai fondi di cui al comma 1.
4. La destinazione funzionale dei beni oggetto di conferimento ai fondi di cui al comma 2 può essere
conseguita mediante il procedimento di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e
delle corrispondenti disposizioni previste dalla legislazione regionale. Il procedimento si conclude entro il
termine perentorio di 180 giorni dalla data della delibera con cui viene promossa la costituzione dei fondi
di cui al comma 2. Con la medesima procedura si procede alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica
degli immobili conferiti. L'apporto ai fondi di cui al comma 2 è sospensivamente condizionato
all'espletamento delle procedure di valorizzazione e di regolarizzazione. Fino a quando la valorizzazione
dei beni trasferiti al fondo non sia completata, i soggetti apportanti di cui al comma 1 non possono
alienare la maggioranza delle quote del fondo.
5. Per gli immobili sottoposti alle norme di tutela di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, si applicano gli articoli 12 e 112 del citato decreto
legislativo, nonché l'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85.
6. All'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, dopo il comma 9 è aggiunto il seguente: "9-bis. In caso di conferimento a fondi di
investimento immobiliare dei beni inseriti negli elenchi di cui al comma 1, la destinazione funzionale
prevista dal piano delle alienazioni e delle valorizzazioni, se in variante rispetto alle previsioni
urbanistiche ed edilizie vigenti ed in itinere, può essere conseguita mediante il procedimento di cui
all'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e delle corrispondenti disposizioni previste
dalla legislazione regionale. Il procedimento si conclude entro il termine perentorio di 180 giorni
dall'apporto o dalla cessione sotto pena di retrocessione del bene all'ente locale. Con la medesima
procedura si procede alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti."
7. Agli apporti ai fondi effettuati ai sensi del presente articolo si applicano le agevolazioni di cui ai commi
10 e 11 dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, e gli articoli 1, 3 e 4 del decreto-legge 25
settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. (154)
8. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto la società Patrimonio dello Stato
s.p.a. è sciolta ed è posta in liquidazione con le modalità previste dal codice civile.
8-bis. I fondi istituiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell'economia e delle finanze
possono acquistare immobili ad uso ufficio di proprietà degli enti territoriali, utilizzati dagli stessi o da
altre pubbliche amministrazioni nonché altri immobili di proprietà dei medesimi enti di cui sia completato
il processo di valorizzazione edilizio-urbanistico, qualora inseriti in programmi di valorizzazione, recupero
e sviluppo del territorio. Le azioni della predetta società di gestione del risparmio possono essere
trasferite, mediante decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, a titolo gratuito all'Agenzia del
demanio. Con apposita convenzione la stessa società di gestione del risparmio può avvalersi in via
transitoria del personale dell'Agenzia del demanio. (155)
(154) Comma così modificato dalla legge di conversione 15 luglio 2011, n. 111.
(155) Comma aggiunto dall'art. 6, comma 7, L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio
2012.
Art. 33-bis Strumenti sussidiari per la gestione degli immobili pubblici
(156)
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1. Per la valorizzazione, trasformazione, gestione e alienazione del patrimonio immobiliare pubblico di
proprietà dei Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni, Stato e degli Enti vigilati dagli stessi,
nonché dei diritti reali relativi ai beni immobili, anche demaniali, il Ministero dell'economia e delle finanze
- Agenzia del demanio promuove, anche ai sensi del presente decreto, iniziative idonee per la
costituzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di società, consorzi o fondi immobiliari.
2. L'avvio della verifica di fattibilità delle iniziative di cui al presente articolo è promosso dall'Agenzia del
demanio ed è preceduto dalle attività di cui al comma 4 dell'art. 3-ter del decreto-legge 25 settembre
2001, n. 351 convertito, con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Qualora siano compresi
immobili soggetti a vincoli di tutela, per l'acquisizione di pareri e nulla-osta preventivi ovvero orientativi
da parte delle Amministrazioni preposte alla tutela, l'Agenzia del demanio procede alla convocazione di
una conferenza dei servizi di cui all'articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 che si deve
esprimere nei termini e con i criteri indicati nel predetto articolo. Conclusa la procedura di individuazione
degli immobili di cui al presente comma, i soggetti interessati si pronunciano entro 60 giorni dal
ricevimento della proposta. Le risposte positive costituiscono intesa preventiva all'avvio delle iniziative. In
caso di mancata espressione entro i termini anzidetti, la proposta deve essere considerata inattuabile.
3. Qualora le iniziative di cui al presente articolo prevedano forme societarie, ad esse partecipano i
soggetti apportanti e il Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia del demanio, che aderisce anche
nel caso in cui non vi siano inclusi beni di proprietà dello Stato in qualità di finanziatore e di struttura
tecnica di supporto. L'Agenzia del demanio individua, attraverso procedure di evidenza pubblica, gli
eventuali soggetti privati partecipanti. La stessa Agenzia, per lo svolgimento delle attività relative
all'attuazione del presente articolo, può avvalersi di soggetti specializzati nel settore, individuati tramite
procedure ad evidenza pubblica o di altri soggetti pubblici. Lo svolgimento delle attività di cui al presente
comma dovrà avvenire nel limite delle risorse finanziarie disponibili. Le iniziative realizzate in forma
societaria sono soggette al controllo della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria, con le modalità
previste dall'articolo 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259.
4. I rapporti tra il Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia del demanio e i soggetti partecipanti
sono disciplinati dalla legge, e da un atto contenente a pena di nullità i diritti e i doveri delle parti, anche
per gli aspetti patrimoniali. Tale atto deve contenere, inoltre, la definizione delle modalità e dei criteri di
eventuale annullamento dell'iniziativa, prevedendo l'attribuzione delle spese sostenute, in quota
proporzionale, tra i soggetti partecipanti.
5. Il trasferimento alle società o l'inclusione nelle iniziative concordate ai sensi del presente articolo non
modifica il regime giuridico previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del codice civile, dei beni
demaniali trasferiti. Per quanto concerne i diritti reali si applicano le leggi generali e speciali vigenti. Alle
iniziative di cui al presente articolo, se costituite in forma di società, consorzi o fondi immobiliari si applica
la disciplina prevista dal codice civile, ovvero le disposizioni generali sui fondi comuni di investimento
immobiliare.
6. L'investimento nelle iniziative avviate ai sensi del presente articolo è compatibile con i fondi disponibili
di cui all'articolo 2, comma 488, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
7. I commi 1 e 2 dell'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono così sostituiti:
«1. Per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Province,
Comuni e altri Enti locali, nonché di società o Enti a totale partecipazione dei predetti enti, ciascuno di
essi, con delibera dell'organo di Governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della
documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di
competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione
ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al
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bilancio di previsione nel quale, previa intesa, sono inseriti immobili di proprietà dello Stato individuati dal
Ministero dell'economia e delle finanze - Agenzia del demanio tra quelli che insistono nel relativo
territorio.
2. L'inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio
disponibile, fatto salvo il rispetto delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettonica e
paesaggistico-ambientale. Il piano è trasmesso agli Enti competenti, i quali si esprimono entro trenta
giorni, decorsi i quali, in caso di mancata espressione da parte dei medesimi Enti, la predetta
classificazione è resa definitiva. La deliberazione del consiglio comunale di approvazione, ovvero di
ratifica dell'atto di deliberazione se trattasi di società o Ente a totale partecipazione pubblica, del piano
delle alienazioni e valorizzazioni determina le destinazioni d'uso urbanistiche degli immobili. Le Regioni,
entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, disciplinano l'eventuale
equivalenza della deliberazione del consiglio comunale di approvazione quale variante allo strumento
urbanistico generale, ai sensi dell'articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, anche disciplinando le
procedure semplificate per la relativa approvazione. Le Regioni, nell'ambito della predetta normativa
approvano procedure di copianificazione per l'eventuale verifica di conformità agli strumenti di
pianificazione sovraordinata, al fine di concludere il procedimento entro il termine perentorio di 90 giorni
dalla deliberazione comunale. Trascorsi i predetti 60 giorni, si applica il comma 2 dell'articolo 25 della
legge 28 febbraio 1985, n. 47. Le varianti urbanistiche di cui al presente comma, qualora rientrino nelle
previsioni di cui al paragrafo 3 dell'articolo 3 della direttiva 2001/42/CE e al comma 4 dell'articolo 7 del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. non sono soggette a valutazione ambientale strategica».
(156) Articolo inserito dall'art. 27, comma 1, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni,
dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214
3-bis. Valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione.
1. I beni immobili di proprietà dello Stato individuati ai sensi dell'articolo 1 possono essere concessi o
locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a cinquanta anni, ai fini della
riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro,
ristrutturazione anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività
economiche o attività di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei
beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive
modificazioni.
2. Il Ministero dell'economia e delle finanze può convocare una o più conferenze di servizi o promuovere
accordi di programma per sottoporre all'approvazione iniziative per la valorizzazione degli immobili di cui
al presente articolo.
3. Agli enti territoriali interessati dal procedimento di cui al comma 2 è riconosciuta una somma non
inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento del contributo di costruzione dovuto ai sensi
dell'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, per
l'esecuzione delle opere necessarie alla riqualificazione e riconversione. Tale importo è corrisposto dal
concessionario all'atto del rilascio o dell'efficacia del titolo abilitativo edilizio.
4. Le concessioni e le locazioni di cui al presente articolo sono assegnate con procedure ad evidenza
pubblica, per un periodo di tempo commisurato al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario
dell'iniziativa e comunque non eccedente i cinquanta anni.
5. I criteri di assegnazione e le condizioni delle concessioni o delle locazioni di cui al presente articolo
sono contenuti nei bandi predisposti dall'Agenzia del demanio, prevedendo, in particolare, nel caso di
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revoca della concessione o di recesso dal contratto di locazione il riconoscimento all'affidatario di un
indennizzo valutato sulla base del piano economico-finanziario.
6. Per il perseguimento delle finalità di valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni di cui al
presente articolo, i beni medesimi possono essere affidati a terzi ai sensi dell'articolo 143 del codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in
quanto compatibile (39).
(39) Articolo aggiunto dal comma 259 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296. Vedi, anche, l’art. 58,
comma 6, D.L. 25 giugno 2008, n. 112.
Art.4. Conferimento di beni immobili a fondi comuni di investimento immobiliare.
1. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a promuovere la costituzione di uno o più fondi
comuni di investimento immobiliare, conferendo o trasferendo beni immobili a uso diverso da quello
residenziale dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non
territoriali, individuati con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze da pubblicare nella
Gazzetta Ufficiale. I decreti disciplinano altresì le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione
della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo e i criteri di
attribuzione dei proventi derivanti dalla vendita delle quote (41).
2. Le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 3 si applicano, per quanto compatibili, ai trasferimenti dei beni
immobili ai fondi comuni di investimento di cui al comma 1.
2-bis. I crediti per finanziamenti o rifinanziamenti concessi, dalle banche o dalla Cassa depositi e prestiti
spa, ai fondi di cui al comma 1 godono di privilegio speciale sugli immobili conferiti o trasferiti al fondo e
sono preferiti ad ogni altro credito anche ipotecario acceso successivamente. I decreti di cui al comma 1
possono prevedere la misura in cui i canoni delle locazioni e gli altri proventi derivanti dallo sfruttamento
degli immobili conferiti o trasferiti al fondo siano destinati prioritariamente al rimborso dei finanziamenti e
rifinanziamenti e siano indisponibili fino al completo soddisfacimento degli stessi (42).
2-ter. Gli immobili in uso governativo, conferiti o trasferiti ai sensi del comma 1, sono concessi in
locazione all'Agenzia del demanio, che li assegna ai soggetti che li hanno in uso, per periodi di durata fino
a nove anni rinnovabili, secondo i canoni e le altre condizioni fissate dal Ministero dell'economia e delle
finanze sulla base di parametri di mercato. I contratti di locazione possono prevedere la rinuncia al diritto
di cui all'ultimo comma dell'articolo 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392. Il fondo previsto dal comma 1,
quinto periodo, dell'articolo 29 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, può essere incrementato anche con quota parte
delle entrate derivanti dal presente articolo (43).
2-quater. Si applicano il comma 1, quinto e nono periodo, ed il comma 1-bis dell'articolo 29 del decretolegge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326
(44)
.
2-quinquies. Le operazioni di provvista e finanziamento connesse agli apporti e ai trasferimenti di cui al
comma 1, nonché quelle relative a strumenti finanziari derivati, e tutti i provvedimenti, atti, contratti,
trasferimenti, prestazioni e formalità inerenti ai predetti apporti, trasferimenti e finanziamenti, alla loro
esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi
momento prestate e alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni
anche parziali, ivi incluse le cessioni di credito stipulate in relazione a tali operazioni e le cessioni anche
parziali dei crediti e dei contratti ad esse relativi, sono esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di
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bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o
diritto (45) (46).
(41) Comma così modificato dall'art. 4, D.L. 12 luglio 2004, n. 168. In attuazione di quanto disposto dal
presente comma vedi il D.M. 9 giugno 2004, il D.M. 20 ottobre 2004, il D.M. 15 dicembre 2004, tre D.M.
23 dicembre 2004, il D.M. 24 dicembre 2004, il D.M. 29 dicembre 2005, il D.M. 26 aprile 2007 e il D.M.
28 novembre 2008. Vedi, anche, il D.M. 16 settembre 2005, n. 98271 e i commi 2 e 8-ter dell'art. 33,
D.L. 6 luglio 2011, n. 98 come modificato dalla lettera g) del comma 1 dell'art. 2, D.L. 27 giugno 2012, n.
87. Con D.M. 18 giugno 2007 (Gazz. Uff. 22 giugno 2007, n. 143) è stato individuato il perimetro
afferente ventiquattro immobili, già proprietari del Fondo immobili pubblici, e da esso venduti a Terzi
acquirenti. Con D.Dirett. 9 giugno 2008 (Gazz. Uff. 17 giugno 2008, n. 140) è stato individuato il
perimetro afferente 100 immobili, già di proprietà del Fondo Immobili Pubblici, di cui 40, oggetto di
vendita a Terzi Aquirenti.
(42) Comma aggiunto dall'art. 4, D.L. 12 luglio 2004, n. 168, come modificato dalla relativa legge di
conversione.
(43) Comma aggiunto dall'art. 4, D.L. 12 luglio 2004, n. 168. Vedi, anche, il comma 276 dell'art. 1, L. 30
dicembre 2004, n. 311.
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