GAL Gran Sasso Velino PROGETTO PILOTA SUL PAESAGGIO RURALE” - 4.1.2.3.a.2 “MOSAICI D’ABRUZZO” Azione 1.1 Proposte inerenti la programmazione economica europea 2014-2020 in Abruzzo, con particolare riferimento al PSR come strumento per la resilienza delle comunità ambientali ai cambiamenti globali, per la sostenibilità ambientale e la conservazione della biodiversità. Attuatori Sommario Premessa ........................................................................................................................................................... 1 1 Principi e aspetti strategici della programmazione 2014-20 ..................................................................... 3 2 Analisi di contesto e fabbisogni ................................................................................................................. 8 3 Proposte operative .................................................................................................................................. 13 4 Integrazione tra Fondi e considerazioni sulla governance ...................................................................... 20 Premessa Il presente documento è uno degli elaborati previsti nell’ambito del progetto pilota sul paesaggio rurale “Mosaici d’Abruzzo”, di cui beneficia il GAL Gran Sasso-Velino. In particolare l’azione 1.1 vede la Lipu – BirdLife Italia come capofila e prevede quanto segue: “In vista dell’avvio del periodo di programmazione economica dell’UE (2014-2020) ed in particolare dei nuovi Piani di Sviluppo Rurale, verrà realizzato un documento operativo teso a contribuire alla definizione delle misure attuative del redigendo PSR, con particolare riferimento agli obiettivi tematici 5 e 6 di Europa 2020. Il documento, a partire da un analisi del contesto agro-ambientale del territorio del GAL, dal quadro degli strumenti di programmazione per il periodo 2014-2020 e delle scelte strategiche finora adottate a livello nazionale e regionale – anche in relazione alla rete Natura 2000 - sarà focalizzato sulla proposizione di misure tese a sostenere la resilienza del territorio rurale nei confronti del cambiamento climatico e globale, alla luce delle sue peculiarità ecologiche, del patrimonio di biodiversità e degli aspetti socio-economici”. Il presente lavoro vuole essere un utile contributo per l’Amministrazione regionale responsabile della programmazione del PSR 2014-20, nello spirito di una proficua collaborazione e al fine di portare (o rafforzare) conoscenze specifiche derivanti dall’analisi del contesto territoriale e dall’esperienza derivante dalla progettualità realizzata dal GAL nel precedente periodo 2007-13. Per quanto ci si riferisca a un determinato ambito territoriale, si ritiene che alcune delle considerazioni espresse possiedano una valenza che supera i confini del GAL, in quanto determinate problematiche o caratteristiche positive, specialmente per quanto concerne le aree che appartengono alla rete Natura 2000, potrebbero essere rappresentative di una più ampia porzione del territorio regionale. Il contributo si focalizza sugli Obiettivi Tematici 4, 5 e 6 del Quadro Strategico Comune e quindi sulle Priorità dell’Unione 4 ”preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi connessi all'agricoltura e alla silvicoltura“ e 5 “incentivare l'uso efficiente delle risorse e il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale”, relativamente al Regolamento del FEASR. Il lavoro prende origine da un’analisi dell’impianto normativo e strategico entro cui si svilupperà il nuovo PSR, ponendo l’attenzione sugli aspetti di interrelazione con gli altri Fondi e considerando le opportunità derivanti dall’attivazione di specifiche strategie/strumenti di carattere territoriale (Cap. 1). Tracciato tale perimetro di riferimento, la trattazione prende in esame il contesto del GAL, con un focus specifico sulle aree interne, marginali e montane, evidenziando le questioni ritenute di maggiore importanza e - in conseguenza di un preciso approccio teorico - sottolineando i principali fabbisogni del territorio. A partire dall’analisi SWOT che conclude l’analisi del contesto, si suggeriscono al programmatore alcune proposte operative, certamente non esaustive, espresse nei termini della possibilità di attivare uno specifico sottoprogramma tematico dedicato alla rete Natura 2000 e di un’ipotesi di declinazione dei contenuti operativi di alcune Misure (Cap. 3). Il contributo si conclude con osservazioni e suggerimenti sui temi dell’integrazione tra i Fondi SIE e del sistema di governance - necessario a un’efficace attuazione del PSR (e più in generali della programmazione unitaria regionale). Non è stato possibile in questa sede affrontare adeguatamente gli aspetti problematici e le relative possibili soluzioni, derivanti dall’impatto ambientale dell’agricoltura intensiva, argomento di enorme complessità e che riguarda una parte del territorio del GAL, in particolare la pianura del Fucino. Le misure e le proposte 1 elaborate per le aree caratterizzate da pratiche agro-silvo-pastorali estensive non possono quasi mai essere estrapolate tal quali anche per i territori ad agricoltura intensiva, che meritano la messa a punto di un approccio strategico ad hoc. 2 1 Principi e aspetti strategici della programmazione 2014-20 Come specificato in premessa, il presente contributo si concentra sui temi della sostenibilità ambientale, dell’adattamento ai cambiamenti climatici e della riduzione delle emissioni nocive, con riferimento alle opportunità che si ritiene utile cogliere per lo sviluppo del territorio Abruzzese e del GAL Gran Sasso-Velino in particolare. L’impianto strategico per l’utilizzo dei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) per il periodo 2014-20, come noto, trova la base concettuale nella Comunicazione Europa 2020 e nel Quadro Strategico Comune (QSC), nell’ambito dei quali sono definiti 11 obiettivi tematici (d’ora in poi OT) per la realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva dell’Unione. I temi oggetto dell’analisi, dunque, ricadono negli OT 4, 5 e 6, rispettivamente rivolti a sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori, promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi e a tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse. Come stabilito negli Articoli 9 e 10 del Regolamento (UE) 1303/2013, recante disposizioni comuni per l’utilizzo dei Fondi SIE, tutti i fondi collaborano al raggiungimento degli OT, in linea con le finalità della strategia dell’Unione e tenendo conto delle principali sfide territoriali e delle diverse tipologie di territorio. Venendo al caso specifico del FEASR, l’Articolo 3 del Regolamento (UE) 1305/2013 definisce che “Il FEASR contribuisce alla realizzazione della strategia Europa 2020 promuovendo lo sviluppo rurale sostenibile nell'insieme dell'Unione in via complementare agli altri strumenti della PAC, della politica di coesione e della politica comune della pesca. Esso contribuisce allo sviluppo di un settore agricolo dell'Unione caratterizzato da un maggiore equilibrio territoriale e ambientale nonché più rispettoso del clima, resiliente, competitivo e innovativo. Esso contribuisce, altresì allo sviluppo di territori rurali”. Gli obiettivi di questo Fondo sono perseguiti tramite 6 Priorità dell’Unione (Art. 5 Reg (UE) 1305/2013), la quarta delle quali intende preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi connessi all'agricoltura e alla silvicoltura, con particolare riguardo ai seguenti aspetti: a) salvaguardia, ripristino e miglioramento della biodiversità, compreso nelle zone Natura 2000 e nelle zone soggette a vincoli naturali o ad altri vincoli specifici, nell'agricoltura ad alto valore naturalistico, nonché dell'assetto paesaggistico dell'Europa; b) migliore gestione delle risorse idriche, compresa la gestione dei fertilizzanti e dei fitofarmaci; c) prevenzione dell'erosione dei suoli e migliore gestione degli stessi; La quinta, poi, intende incentivare l'uso efficiente delle risorse e il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale. Il regolamento, inoltre, definisce un set di Misure attivabili per lo sviluppo rurale (Articoli dal 13 al 40), tra le quali sono indicativamente individuate quelle che rispondono alle diverse Priorità dell’Unione (Allegato VI al Reg 1305/2013). Secondo l’approccio generale alla programmazione 2014-20, soltanto una definizione (e poi attuazione) integrata dei Fondi conduce al raggiungimento concreto dei risultati attesi. Il programmatore, quindi, sia a livello nazionale che regionale è chiamato a prevedere impianti di policy e modalità attuative che contengano sinergie e complementarità tra i fondi. Tale impostazione troverà, di conseguenza, la sua 3 realizzazione concreta nella definizione dei Programmi Operativi nazionali e regionali, la cui ideazione non può che scaturire da una visione e da una regia unitaria, al fine di non dissipare il potenziale beneficio dei Fondi e di ottimizzare le risorse e l’efficacia degli interventi. Nelle precedenti programmazioni si riscontra, infatti, una fondamentale carenza nell’utilizzo sinergico dei Fondi, frutto di un modello di governance che si è rivelato inefficace alla prova dei fatti, determinando un ritardo cronico delle Regioni italiane nell’utilizzo delle risorse e ancor più nel raggiungimento degli obiettivi. In un contesto di sostanziale scarsezza di risorse ordinarie, l’utilizzo efficace dei Fondi Comunitari rappresenta un’emergenza e una responsabilità ineludibile, sia per i programmatori che per i soggetti responsabili dell’attuazione dei Programmi. L’Accordo di Partenariato (AP) sottoscritto tra l’Italia e l’Unione europea esprime un impianto programmatico che interpreta fedelmente questa filosofia. L’impianto logico dell’AP, infatti, prevede per ogni OT, l’individuazione di Risultati attesi e Azioni (secondo una logica consequenziale del tipo 1 a n) e l’imputazione per ognuno di essi dei Fondi direttamente coinvolti e dello strumento operativo (PO, PSR PON). Per quanto concerne l’impiego del FEASR, in riferimento ai temi del presente contributo, l’AP esprime orientamenti precisi: il sostegno delle pratiche agricole e forestali, da attivare con misure di diverso tipo previste dal Regolamento (da quelle agro-ambientali, all’agricoltura biologica e integrata, ai premi per le aree Natura 2000 e le aree ad alto valore naturale, ecc.) presenteranno nella futura programmazione maggiori sfide, che dovranno tener conto dei più alti requisiti ambientali definiti nell’ambito del primo pilastro della PAC. Queste forme di sostegno acquistano oggi una forte rilevanza per valorizzare la produzione di beni e servizi collettivi di tipo ambientale, sebbene occorre rilevare che tali beni non dipendono esclusivamente dalla produzione agricola e forestale, bensì anche dalla integrazione da ricercare con le politiche di coesione e le politiche nazionali ordinarie nell’ambito degli OT 4, 5 e 6. Per tali OT, il Programmatore nazionale prevede lo stanziamento di una posta finanziaria pari al 38,82% di quella complessive del FEASR, ribadendo in questo senso il peso non trascurabile delle risorse rivolte alla sostenibilità ambientale delle attività agricole e più in generale a tutte le variabili ambientali cui è indirizzata la strategia di Europa 2020. Ponendo l’attenzione sulla scala regionale, in considerazione delle caratteristiche dell’Abruzzo, tra le quali si annovera la presenza di una considerevole parte del territorio afferente alla rete Natura 2000 e più del 36% del territorio regionale sottoposto a tutela, si auspica che il programmatore vorrà attribuire alle priorità 4) e 5) un peso adeguato, alla luce della natura e delle ambizioni di sviluppo dell’Abruzzo, allocando risorse per una percentuale anche superiore a quella media indicata nell’AP. Nella tavola successiva si propone una lettura sinottica del quadro programmatico in cui si collocano i temi della sostenibilità ambientale relativamente al ruolo del FEASR stabilito nell’AP e alle Misure indicate come di particolare rilevanza per le priorità 4) e 5), tra quelle individuate dal Reg. 1305/2013 (Allegato VI al Regolamento). La priorità 4 del FEASR, dunque, contribuisce al raggiungimento degli OT 5 e 6 del QSC. Il Programmatore imputa l’intervento del FEASR per i seguenti Risultati Attesi/Azioni: 5.1/5.1.5; 5.2/5.2.1; 6.4/6.4.5/6.4.6; 6.5/6.5.3. La priorità 5, contribuisce al raggiungimento dell’OT 4 del QSC e nell’ambito dell’AP si intende finalizzata al conseguimento dei Risultati Attesi/Azioni: 4.2/4.2.2; 4.3/4.3.3; 4.4/4.4.2; 4.5/4.5.1. 4 Tavola 1 Raccordo tra Obiettivi tematici/Risultati attesi/Azioni che nell’Accordo di partenariato prevedono l’intervento del FEASR e le Priorità dell’Unione/Misure del FEASR ad essi riconducibili Accordo di Partenariato Obiettivo tematico Risultato Atteso 4.2 OT 4 sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori Regolamento (UE) 1305/2013 - FEASR Azione Interventi volti a rendere più efficiente l’uso dell’energia nell’agricoltura e nell’industria alimentare (Focus area 5.b) 4.3 4.3.3 Incremento della quota di fabbisogno energetico coperto da generazione distribuita sviluppando e realizzando sistemi di distribuzione intelligenti Interventi volti a rendere più efficiente l’uso dell’energia nell’agricoltura e nell’industria alimentare (Focus area 5.b) 4.4.2 Incremento della quota di fabbisogno energetico coperto da cogenerazione e trigenerazione di energia Misura (Allegato VI) 4.2.2 Riduzione dei consumi energetici e delle emissioni nelle imprese e integrazione di fonti rinnovabili 4.4 Priorità dell’Unione per lo sviluppo rurale (Art. 5) Interventi per l’approvvigionamento e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, sottoprodotti, materiali di scarto, residui e altre materie grezze non alimentari ai fini della bioeconomia (Focus area 5.c) Priorità 5 incentivare l'uso efficiente delle risorse e il passaggio a un'economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale • Investimenti nello sviluppo delle aree forestali e nel miglioramento della redditività delle foreste (Art.21) 4.5.1 4.5 Aumento dello sfruttamento sostenibile delle bioenergie RA 5.1 OT 5 Promuovere l’adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la gestione dei rischi Riduzione del rischio idrogeologico e di erosione costiera RA 5.2 Riduzione del rischio di desertificazione Interventi per l’approvvigionamento e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili, sottoprodotti, materiali di scarto, residui e altre materie grezze non alimentari ai fini della bioeconomia (Focus area 5.c) 5.1.5 Interventi volti a prevenire l’erosione dei suoli e migliorare la gestione del suolo (Focus area 4.c) 5.2.1 Interventi volti a migliorare la gestione delle risorse idriche (Focus area 4.b) 6.4.5 RA 6.4 Mantenimento e miglioramento della qualità dei corpi idrici OT 6 Tutelare l’ambiente e promuovere l’uso efficiente delle risorse RA 6.5 Contribuire ad arrestare la perdita di biodiversità terrestre e marina, anche legata al paesaggio rurale e mantenendo e ripristinando i servizi ecosistemici Interventi volti a migliorare la gestione delle risorse idriche (Focus area 4.b) 6.4.6 Interventi volti a rendere più efficiente l’uso dell’acqua nell’agricoltura (Focus area 5.a) 6.5.3 Interventi volti a salvaguardare il ripristino e il miglioramento della biodiversità (Focus area 4.a) o Forestazione e imboschimento (1, a) o Allestimento di sistemi agroforestali (1, b) o Investimenti diretti ad accrescere la resilienza e il pregio ambientale nonché la mitigazione dei potenziali ecosistemi forestali (1, d) Priorità 4 Preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi connessi all'agricoltura e alla silvicoltura, con particolare riguardo ai seguenti aspetti: • Pagamenti agro-climatico-ambientali (Art.28) • Agricoltura biologica (Art.29) • Indennità Natura 2000 e indennità connesse alla direttiva quadro sulle acque (Art. 30) • Indennità a favore delle zone soggette a vincoli naturali e ad altri vincoli specifici (biodiversità) (Art.31-32) a) salvaguardia, ripristino e miglioramento della biodiversità, compreso nelle zone Natura 2000 e nelle zone soggette a vincoli naturali o ad altri vincoli specifici, nell'agricoltura ad alto valore naturalistico, nonché dell'assetto paesaggistico dell'Europa; b) migliore gestione delle risorse idriche, compresa la gestione dei fertilizzanti e dei pesticidi; c) prevenzione dell'erosione dei suoli e migliore gestione degli stessi; 5 • Servizi silvo-climatico-ambientali e salvaguardia della foresta (Art.34) Alla luce di tale quadro programmatico che intende contribuire alla strategia di Europa 2020, tenendo conto sia degli obiettivi nazionali che delle peculiarità delle diverse sfide territoriali (ivi comprese quelle che si ritiene necessario raccogliere nell’ambito territoriale del GAL Gran Sasso-Velino), si propone al programmatore regionale un approccio che superi, integrandola, la logica della pur necessaria “indennità” alle attività economiche che in determinati ambiti (rete Natura 2000, SIC, Parchi, Riserve naturali, etc) scontano i vincoli che derivano dalle priorità della conservazione e della tutela della biodiversità. Si ritiene fondamentale, infatti, considerare funzionali all’obiettivo anche quelle Misure che sostengono l’iniziativa imprenditoriale o l’uso delle risorse naturali, promuovendo funzioni economiche equilibrate che perseguono il benessere sociale, contribuendo al contempo alle finalità della sostenibilità ambientale, della riduzione delle emissioni nocive e dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Fermo restando, dunque, l’imprescindibile necessità di attivare le Misure di cui all’Allegato VI del Regolamento (UE) 1305/2013, nel successiva Capitolo 3 del presente contributo si suggeriscono delle proposte operative orientate a sostenere nel territorio del GAL le Priorità dell’Unione 4) e 5), promuovendo interventi che riconducano anche alla funzione economica del paesaggio rurale, intesa nella direzione di uno suo sviluppo economico e sociale sostenibile. Si sottolinea, inoltre, l’importanza per il periodo a venire del sostegno a specifiche strategie territoriali per lo sviluppo locale, con particolare riferimento alla “strategia nazionale per le aree interne” e al modello del “contratto di fiume”, nell’ambito delle quali l’approccio place based e la progettualità finora espressa dal GAL, possono rappresentare, oltre che un prezioso bagaglio esperienziale in termini di co-progettazione, un considerevole fattore di promozione dello sviluppo. Il territorio del GAL, infatti, risulta potenzialmente interessato a tali strategie in quanto: a) attraversato dal fiume Aterno che si snoda in parte attraverso aree protette e lambisce durante il suo percorso una grande varietà di paesaggi rurali con caratteristiche differenti; b) rappresentato in maniera significativa nella mappatura delle aree interne, con una presenza massiccia di Comuni classificati come “periferici e ultra periferici”. In riferimento alla strategia nazionale per le aree interne, nell’ipotesi che il processo di individuazione delle aree abruzzesi conduca alla selezione di una zona ricadente nel territorio attualmente interessato dal GAL, preferibilmente quella pilota, si auspica un impegno non esiguo del FEASR a sostegno della strategia. Come specificato nell’Accordo di Partenariato, “La strategia Aree Interne – che punta alla valorizzazione delle risorse esistenti nelle aree considerate in un’ottica di sviluppo economico per l’incremento e la diversificazione delle fonti di reddito funzionale, concorrendo allo stesso tempo anche ad un obiettivo di sostenibilità demografica e di tutela del territorio, implica che i progetti di sviluppo locale si focalizzino su: tutela del territorio e comunità locali; valorizzazione delle risorse naturali, culturali e del turismo sostenibile; sistemi agro-alimentari e sviluppo locale; risparmio energetico e filiere locali di energia rinnovabile; saper fare e artigianato. Queste azioni saranno a valere su tutti i Fondi Comunitari (FESR, FSE e FEASR), ciascuno nel rispetto delle proprie regole in termini di priorità di investimento”. Tali focus, in effetti, rappresentano campi di applicazione coerenti con le vocazioni progettuali dei Gruppi di azione locali e rispondono alle principali sfide territoriali per lo sviluppo delle zone montane, zone in gran parte ricadenti nei Parchi del Gran SassoLaga e Sirente-Velino. Per quanto concerne lo strumento del “contratto di fiume”, si apprende positivamente il fatto che la Regione Abruzzo ne abbia colto la portata, inserendo tale tipologia di intervento integrato tra le opzioni 6 strategiche regionali e citandone esplicitamente la funzione nel documento Obiettivi e Linee guida per la Programmazione Unitaria dei Fondi Comunitari 2014-201, dove si legge che “In questa direzione va l’iniziativa della Regione Abruzzo di adottare il modello dei “contratti di fiume” per la programmazione e la pianificazione degli interventi nei bacini idrografici, di recente avviati nel territorio della provincia di Teramo e in procinto di essere estesi agli altri contesti provinciali. Si tratta di uno strumento di programmazione integrata, allineato con la Direttiva Europea che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, attraverso il quale si intende superare le logiche settoriali che hanno accompagnato sino ad ora gli interventi in materia di assetto idrogeologico, per giungere all’elaborazione di un piano di risanamento ambientale ed idrogeologico in grado di avere forti ricadute nella pianificazione e programmazione integrata dei territori. Nell’ambito delle nuova programmazione ci si orienterà, dunque, verso interventi sul territorio regionale di messa in sicurezza, a cui si potranno affiancare azioni di valorizzazione territoriale, in convergenza con le politiche per l’occupazione e l’inclusione sociale.” Si auspica, dunque, che in sede di programmazione degli interventi del FEASR (e degli altri Fondi SIE) si terrà fede a tale impostazione, prevedendo Misure effettivamente attivabili e adeguate poste finanziarie, consentendo concretamente alle comunità locali di partecipare, tramite il contratto di fiume, al processo di sviluppo locale. In merito al caso concreto della media Valle dell’Aterno, si segnala che, nell’ambito di progetti specifici del GAL, sono attualmente in corso iniziative di ricerca e attività di coinvolgimento degli attori locali promosse “dal basso” finalizzate a poter avviare quanto prima con gli interlocutori istituzionali il percorso formale per giungere alla stipula del contratto di fiume. Un ulteriore elemento di interesse è dato dalla possibilità di creare all’interno del PSR sottoprogrammi tematici (ai sensi dell’Articolo 7 del Regolamento (UE) 1305/2013). Considerando la grande concentrazione di Siti d’interesse Comunitario (SIC) presente in Abruzzo e in particolare nel territorio su cui agisce il GAL Gran Sasso – Velino, si suggerisce di prendere in considerazione la possibilità di attivare un sottoprogramma specifico per la rete Natura 2000, di cui si presenta una proposta operativa nel successivo Capitolo 3. Un elemento di opportunità non trascurabile connesso all’attivazione di un sottoprogramma, risiede in quanto stabilito dal paragrafo 3 dell’Articolo 7, che stabilisce che “Per gli interventi sostenuti nel quadro di sottoprogrammi tematici concernenti le piccole aziende agricole e le filiere corte, la mitigazione dei cambiamenti climatici e l'adattamento ad essi nonché la biodiversità, le aliquote di sostegno di cui all'allegato II possono essere maggiorate di un ulteriore 10 %. Per i giovani agricoltori e le zone montane, le aliquote di sostegno massime possono essere maggiorate secondo quanto disposto nell'allegato II. Tuttavia l'aliquota cumulativa massima del sostegno non può superare il 90 %”. 1 Approvato con DGR n. 37 del 27.01.2014 7 2 Analisi di contesto e fabbisogni Il territorio del GAL Gran Sasso-Velino è molto esteso e complesso: la scelta di accorpare territori caratterizzati da profonde diversità socio-economiche, come i massicci montuosi di Gran Sasso e Velino e le zone di pianura de L’Aquila e del Fucino, è stata voluta per sfruttarne le complementarietà e per generare sinergie. Il territorio del GAL si trova quindi a comprendere sia aree ad elevata valenza naturalistica, sia aree dove si svolgono attività antropiche di importante valenza economico/sociale quali l’agricoltura e l’industria. Nella presente analisi il focus sarà rivolto prevalentemente alle aree incluse nella rete Natura 2000 e quindi caratterizzate da elevati valori naturalistici, ma costituite anche da ecosistemi semi-naturali, quali quelli riconducibili al territorio montano in genere (pascoli secondari, agro-ecosistemi complessi, seminativi arborati, ecc.) che contribuiscono in maniera determinante all’assetto paesaggistico dell’area in esame. Il Piano di Sviluppo Locale del GAL, elaborato per il periodo di programmazione 2007-2013, contiene già al suo interno una dettagliata analisi demografica e socio-economica, che evidenzia le ormai ben note problematiche di spopolamento ed invecchiamento della popolazione delle aree montane in generale. Tuttavia l’analisi di contesto ivi contenuta non approfondisce a sufficienza le complesse interazioni esistenti fra sistema sociale, sistema economico e dinamiche ecosistemiche in atto. Le uniche considerazioni specifiche riguardano la percentuale di territorio protetto e la copertura forestale in aumento, per la quale si ipotizza un ruolo di mitigazione dell’effetto serra e un effetto migliorativo nei confronti della biodiversità. Nessun cenno viene fatto alle caratteristiche peculiari della Rete Natura 2000, la cui trattazione si limita ad un elenco di siti e Comuni ricadenti in essi. Si è ritenuto necessario pertanto effettuare un approfondimento di questa tematica. L’espansione degli habitat forestali, se da un lato indubbiamente favorisce alcune specie, dall’altro ne penalizza le specie legate agli ambienti aperti ed ecotonali, alcune delle quali mostrano evidenti problemi di conservazione È quindi importante, a fronte di una pianificazione di larga scala, salvaguardare quei mosaici di differenti tipologie ambientali che garantiscono un elevato livello di biodiversità ed una maggiore resilienza complessiva. Nel territorio del GAL assistiamo invece ad una polarizzazione degli usi del suolo (intensificazione in pianura, abbandono nelle aree montane) i cui effetti negativi furono evidenziati già negli anni ’90 da diversi studi (Hindmarch e Pienkowski (eds), Land management: the hidden costs, 1998 Blackwell Science). L’analisi di contesto effettuata per il PSL vede nella presenza delle aree protette un fattore di potenziale sviluppo di un modello sostenibile di uso del suolo. Sarebbe interessante poter approfondire le ragioni che, fino ad oggi, hanno impedito una piena realizzazione di tale obiettivo, presente nelle analisi e nei documenti di programmazione di vario tipo da almeno venti anni. Solo identificando con precisione gli ostacoli che si sono frapposti alla implementazione degli intenti programmatici passati sarà possibile lavorare per rimuoverli o superarli. La Rete Natura 2000 è una rete di siti designati in base alla Direttiva Habitat (92/43/CEE), su territori in cui sono presenti valori ambientali (specie e habitat) di rilevanza sovranazionale. Natura 2000 non è un sistema di aree protette intese in senso restrittivo, in cui ogni attività umana è proibita. Sebbene molte delle aree siano state designate all’interno di Parchi o Riserve naturali preesistenti, sui quali vigono le relative norme di salvaguardia, un sito Natura 2000 è concepito per preservare anche i valori ecologici direttamente derivanti da determinate attività antropiche tradizionalmente presenti, in particolare quelle di tipo agrosilvo-pastorale. In particolare, alcuni specifici habitat e specie dipendono, per la loro conservazione, 8 proprio dal mantenimento di uno specifico tipo di gestione ed utilizzo da parte dell’uomo. È il caso ad esempio dei pascoli secondari, o dei seminativi arborati, e di tutte le specie legate a tali ambienti: agroecosistemi in cui l’azione dell’uomo è uno dei fattori ecologici determinanti per la loro conservazione. Per tali ambienti, al momento attuale la principale minaccia è costituita dall’abbandono delle attività agricole nelle aree marginalizzate e dalla ricolonizzazione spontanea da parte del bosco o comunque dall’evoluzione verso altre cenosi vegetali meno idonee ad ospitare specie oggetto di tutela. La sfida più impegnativa per la conservazione di taluni habitat seminaturali non è, pertanto, l’imposizione di divieti ad attività dannose, quanto l’offerta di incentivi adeguati a garantire il mantenimento o la ripresa di determinate attività di utilizzo delle risorse, secondo specifiche modalità. La difficoltà sta nel concepire strumenti in grado di intercettare i soggetti idonei a realizzare tali attività nello specifico contesto territoriale, e di costruire con essi una sorta di partnership gestionale durevole. Le strategie tese al perseguimento di tale obiettivo, quindi, non possono essere generiche strategie di sviluppo rurale, o di incentivo alla residenzialità in aree marginali. Ai fini conservazionistici, i turisti che acquistano seconde case in paese o coloro che si trasferiscono ad abitare in zone rurali mantenendo però un impiego urbano o comunque non nel settore primario, contribuiscono in misura minimale o nulla al mantenimento di pratiche agro-silvo pastorali necessarie alla buona gestione del territorio. Le strategie per la tutela degli ambienti semi-naturali devono rivolgersi in primis a chi attualmente pratica attività agro-silvo-pastorali o a chi intende intraprenderle nuovamente, intercettarne i fabbisogni specifici e rispondere in modo adeguato ad indirizzare tali attività in senso positivo per la biodiversità. Per un territorio non incluso in un Parco o Riserva, essere parte della Rete Natura 2000 è una straordinaria opportunità di sperimentare strategie di sviluppo rurale completamente nuove. E’ importante tenere presente che, ai fini dell’ottenimento di risultati positivi per la conservazione di tali habitat, può concorrere in maniera altrettanto efficace sia l’attività agricola professionale, che quella “parttime” o per autoconsumo familiare. Soprattutto nelle zone montane, le attività agro-silvo-pastorali sono condotte in forme che vanno dall’impresa (magari piccola, ma pienamente caratterizzata come soggetto economico), all’attività familiare di integrazione del reddito (redditi da pensione, o famiglie monoreddito), alla produzione per consumo nell’ambito familiare allargato (reti informali di distribuzione), fino all’attività interamente hobbistica per autoconsumo. Di norma le politiche di sostegno all’agricoltura sono indirizzate in modo esclusivo all’agricoltura professionale, che costituisce fonte di reddito primaria, mentre le tipologie semi-professionali e di autoconsumo restano in qualche modo penalizzate, pur essendo spesso le uniche forme di agricoltura residuale presenti nei territori montani; tali attività restano spesso anche al di fuori delle statistiche ufficiali, rendendo difficile la comprensione del fenomeno e, di conseguenza, la predisposizione di misure efficaci. Il mantenimento di una agricoltura non professionale, per autoconsumo, dipende da fattori sociali che ricadono al di fuori dell’ambito di pertinenza delle politiche di sviluppo rurale, ma può essere in ogni modo incentivato e sostenuto attraverso forme di valorizzazione dei caratteri identitari e tradizionali locali. Il settore zootecnico, per le sue peculiarità soprattutto in ambito montano, merita una trattazione a parte rispetto a quella generica sul settore agro-silvo-pastorale. La zootecnia montana affonda le sue radici nelle antiche pratiche della transumanza e dell’alpeggio, che consentivano di sfruttare una risorsa importante ma limitata nel tempo, il pascolo in quei territori montani che non avrebbero potuto supportare una agricoltura sufficientemente produttiva, per ragioni climatiche e strutturali. L’attuale composizione vegetazionale dei pascoli primari e secondari è stata influenzata nei millenni dal pascolamento degli animali domestici oltre che dei selvatici, ed il mantenimento di un adeguato carico di pascolamento è parte integrante delle strategie di conservazione di habitat seminaturali di questo tipo. Quando si affronta 9 l’argomento della gestione del pascolo a fini di conservazione, un primo elemento da tenere ben presente è che non tutte le specie di bestiame domestico pascolano con le stesse modalità e l’impatto positivo o negativo sull’ecosistema è diverso a seconda della specie e della modalità di conduzione dell’allevamento. In pascoli poveri e sovraccarichi, la selettività del pascolo tende a modificare la composizione floristica, consentendo l’espansione di specie meno appetibili. Bovini ed equini, essendo più pesanti, possono impattare negativamente sul cotico erboso e tendono a non pascolare in prossimità delle deiezioni. Gli ovicaprini brucano volentieri anche le specie arbustive e preferiscono i pascoli con erba non troppo alta. Diversa è anche la dipendenza del bestiame dalla risorsa idrica: i bovini e gli equini sono più esigenti e ciò rende più difficile gestire una distribuzione omogenea del carico in zone povere di acque superficiali, come i massicci carsici appenninici; questo può innescare fenomeni di eutrofizzazione ed estremo sovrapascolo, fino all’erosione del suolo, nelle immediate vicinanze dei punti di abbeverata. Viceversa il pascolo ovino e caprino, sia per la maggiore rusticità alimentare degli animali, sia per la loro minore dipendenza dall’abbeverata, e per il minore impatto del calpestio dei singoli animali, si presta meglio ad una gestione attiva per la conservazione dei pascoli come ambienti aperti. Una differenza marcata fra le due tipologie di allevamento, che ne costituisce punto di forza e debolezza al tempo stesso, è anche la necessità di custodia quotidiana. L’allevamento equino e bovino viene di norma condotto allo stato brado, con visite periodiche ma non quotidiane da parte dell’allevatore, soprattutto grazie alla minore vulnerabilità di tali animali rispetto ai predatori selvatici. Questo è proprio il fattore che rende economica ed accessibile la pratica allevatoriale anche come attività secondaria e anche in assenza di grandi margini di redditività. Viceversa la necessità di custodia costante, e di protezione dai predatori, costituisce l’elemento di debolezza dell’allevamento ovi-caprino, ma anche una grande opportunità qualora si tenga conto del suo elevato valore conservazionistico. Il mestiere di pastore è infatti via d’estinzione per il notevole impegno richiesto e la scarsa remuneratività; proprio la contabilizzazione dell’elevato valore ecologico del pascolo, condizionato ad una oculata conduzione delle greggi, finalizzata ad evitare il sovrapascolo ed a sfruttare la risorsa pascoliva in maniera omogenea, allora probabilmente la manodopera necessaria potrebbe trovare una adeguata retribuzione e il mestiere di pastore tornare attrattivo anche per alcuni giovani. Tale principio è stato già largamente sperimentato fin dalla fine degli anni ‘90 in altre aree d’Europa, soprattutto Paesi Bassi e Gran Bretagna, dove talvolta sono addirittura le aree protette a immettere sul proprio territorio le mandrie o ad effettuare accordi con gli allevatori per mantenere il livello desiderato di biodiversità. La zootecnia estensiva gioca un ruolo fondamentale anche per quanto riguarda il contrasto all’effetto serra: al contrario di quanto avviene nella zootecnia intensiva, l’alimentazione al pascolo riduce fortemente l’emissione di gas serra diretta ed indiretta da parte del bestiame, e i prati permanenti e pascoli, correttamente gestiti, danno un contributo allo stoccaggio permanente di carbonio nel suolo. In definitiva, i sussidi alla zootecnia montana possono essere molto validamente integrati con quelli destinati alla conservazione e produrre effetti positivi anche nell’ambito delle emissioni di gas serra, purché si tenga conto delle vocazioni produttive delle diverse aree in relazione ai fattori di produttività del pascolo e della disponibilità idrica, puntando fortemente sul sostegno alla zootecnia estensiva come forma gestionale finalizzata alla conservazione, che consenta anche di rilanciare, modernizzandolo, il relativo settore occupazionale. Queste considerazioni evidenziano come l’approccio Natura 2000 alla conservazione debba tendere ad essere interdisciplinare, multisettoriale, con ricadute sul piano sociale ed economico. La gestione della Rete Natura 2000 può divenire l’asse portante di una politica di sviluppo rurale a 360°, in cui obiettivi e risultati attesi sul piano ecologico e socio-economico sono strettamente intrecciati fra loro, ed in cui la gestione del capitale naturale non può prescindere dallo sviluppo del capitale umano e da uno sviluppo 10 socio-economico gestito a livello locale, in modo partecipativo. Questi elementi sono anche ripresi e sviluppati nel documento che definisce la “Strategia Nazionale per le Aree Interne”. Il turismo, comunemente preso a paradigma di “attività eco-sostenibile”, è una attività che in realtà raramente genera direttamente esternalità positive sugli ecosistemi (e ne può potenzialmente generare di negative). Nonostante sia preso spesso come asse portante dello sviluppo economico di territori protetti e marginalizzati in genere, in assenza di strategie endogene di sviluppo delle comunità locali, incentrate proprio sulla valorizzazione reciproca del capitale naturale ed umano, il rischio è quello di indurre aspettative eccessive rispetto alle reali potenzialità del territorio. La diffusione delle attività agrituristiche e assimilate (ricettività diffusa, fattorie didattiche, ecc.) ha comunque orientato una parte del settore verso la multifunzionalità, una caratteristica che aumenta la flessibilità e la capacità di reagire al cambiamento. Il ruolo delle foreste temperate nella mitigazione dell’effetto serra è piuttosto limitato, soprattutto tenendo conto che nel territorio in esame sono presenti soprattutto boschi cedui, la cui legna è destinata alla combustione. La promozione della produzione energetica da biomasse è stata un elemento importante del periodo di programmazione passato. La sostenibilità di tale scelta dipende essenzialmente dal fatto che il combustibile organico vada a sostituire una precedente fonte fossile o a fornire energia autoprodotta a piccole utenze domestiche; e che la produzione del combustibile stesso non presenti ricadute negative, in particolare sulla gestione delle foreste, o degli agroecosistemi (attraverso monocolture specializzate ad elevati input), o il trasporto del materiale su lunghe distanze per alimentare grandi centrali. Se da un lato la combustione di biomasse a ciclo breve è una fonte energetica a bilancio di CO2 neutro (la CO2 che viene fissata nella vita della pianta viene poi riemessa al momento della combustione, e così via), dall’altro, nel caso le biomasse derivino da colture dedicate, le operazioni colturali necessarie per la loro produzione, o il trasporto, non lo sono (trattori e camion vengono alimentati con gasolio). Una strategia che spinga il settore agricolo verso la produzione di biomasse rischia di essere in contrasto con altre strategie tese ad orientare il settore agricolo verso le produzioni biologiche, tipiche, di qualità. Nell’area in esame, è la produzione forestale quella che più si presta a perseguire la finalità di utilizzare energia da biomasse, in quanto le foreste non necessitano di operazioni colturali, a parte quelle di esbosco, che in alcuni casi vengono condotte anche con l’ausilio di animali da soma. Un aumento dell’efficienza della produzione di combustibile potrebbe consentire di coniugare redditività e conservazione del ruolo ecologico delle foreste, attraverso un ammodernamento del settore e senza necessariamente implicare maggiori. In ogni caso, qualsiasi iniziativa inerente l’utilizzo delle foreste non può prescindere da un’attenta analisi della sostenibilità ambientale a lungo termine, ed in particolare della necessità di evitare impatti negativi sulla biodiversità. La finalità mista energetica ed ambientale può essere dunque perseguita attraverso una pianificazione della gestione forestale che sia debitamente attenta agli aspetti ecologici (alberi vetusti, ambienti per fauna xilofaga, sottobosco, tutela del suolo, ecc.), abbinata al sostegno per la formazione di filiere corte di trasformazione (non solo centri di lavorazione legname, ma anche impianti per la produzione di pellet, o per la produzione di carbone vegetale). Tali filiere potrebbero essere ulteriormente rafforzate dal conseguimento di certificazioni di sostenibilità quali il marchio FSC e PEFC, che sono ormai standard molto diffusi sul mercato sia del legname da opera, che dei combustibili. Alla luce delle considerazioni precedenti, il sequestro di carbonio effettuato da un bosco ceduo in crescita è da considerarsi, più che un sink, un serbatoio temporaneo di CO2 e la sua valenza nella riduzione complessiva delle emissioni di gas serra è dipendente dalla misura in cui la legna va a sostituire l’uso di combustibili fossili, caratterizzandosi pertanto come fonte energetica rinnovabile, o finisce in una filiera di legname da opera, in cui il ritorno della CO2 immagazzinata all’atmosfera è ritardato in modo significativo dalla vita media d’uso del bene prodotto. La produzione di legname da opera, per il momento assai 11 limitata, potrebbe effettivamente costituire una forma di immagazzinamento di carbonio più duratura, assimilabile ad un sink. La transizione verso la produzione di legname da opera è però un processo complesso, che comporta il passaggio a forme selvicolturali diverse (alto fusto, ceduo composto), per le quali non tutte le tipologie forestali sono ugualmente vocate, e per le quali sarebbe necessaria una riqualificazione professionale degli addetti. Soprattutto sarebbe necessaria la creazione di una filiera locale di lavorazione del legno che possa essere competitiva sul mercato, anche attraverso un opportuno utilizzo dei fondi di sviluppo rurale e l’adozione di specifiche strategie di marketing territoriale. In definitiva, l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra e aumentare i serbatoi di carbonio nel territorio in esame può essere perseguito più efficacemente con strategie multisettoriali, lavorando sul contenuto di materia organica del suolo, sulla promozione di filiere del legno diverse da quella energetica, e sulla promozione dell’allevamento estensivo. Tavola 2 Analisi SWOT riassuntiva (con riferimento agli obiettivi tematici del regolamento 1303/2013) Forza Debolezza Opportunità Obiettivo 4/Priorità dell’Unione (FEASR) 5 Obiettivo 5/Priorità dell’Unione (FEASR) 4 Obiettivo 6 Priorità dell’Unione (FEASR) 4 Patrimonio forestale in espansione Grandi superfici a pratopascolo permanente Arretratezza settore silvicolturale Carenza di filiera per trasformazione Declino della manodopera per il lavoro in montagna Orientamento alla multifunzionalità Diversità territoriale Marchi di certificazione di sostenibilità (FSC/PEFC) Diffusione delle caldaie domestiche a legna Affermazione della vendita diretta Nuova sensibilità etica ed ambientale nel consumatore (GAS) Complementarietà territoriale Inquinamento compromette qualità prodotti e immagine Patrimonio naturalistico notevole Attività agro-silvo-pastorali estensive residue Abbandono delle aree montane e deterioramento qualità ambientale in aree pianeggianti (polarizzazione) Scarsa qualificazione degli operatori soprattutto in relazione ai temi ambientali Piani di gestione dei siti Natura 2000 Indennità Natura 2000 e misure di sviluppo rurale Concorrenza sul mercato da parte di prodotti a basso costo ottenuti con maggiori input Scarsa propensione alla innovazione Nel Fucino produzioni specializzate ad input elevati Minacce 12 Sbilanciamento della programmazione a favore di altre priorità Riduzione risorse disponibili per Aree Protette Competizione con territori di pianura e rafforzamento della posizione di svantaggio 3 Proposte operative Il principio secondo cui la presenza di aree protette deve divenire un volano di sviluppo è ormai ben affermato in ogni contesto. Tuttavia questo intento stenta a concretizzarsi in modo diffuso e sistematico, i problemi quali il declino degli agroecosistemi a bassa intensità permangono e permane anche una generalizzata percezione della tutela ambientale come ostacolo allo sviluppo. La grande proporzione di territorio regionale interessato da siti Natura 2000 o aree protette deve spingere il programmatore a decisioni coraggiose e innovative, per tradurre finalmente in pratica il concetto di integrazione ambientale. La tutela degli agroecosistemi, infatti, non si realizza solamente attraverso indennizzi per il mancato utilizzo o il mancato reddito, ma anche e soprattutto attraverso un sostegno proattivo che indirizzi le aziende verso un certo approccio produttivo intrinsecamente rispettoso della biodiversità, un obiettivo che si ottiene più efficacemente attraverso una capillare integrazione di premialità a carattere ambientale all’interno di tutte o quasi le misure dedicate allo sviluppo rurale. Il gap accumulato fra intenti conservazionistici e realtà socio-economica operante sul territorio protetto è tale e di tale portata territoriale, da motivare l’attivazione di un sottoprogramma tematico (ai sensi dell’Art. 7 del Reg. 1305/2013) specificamente dedicato a Natura 2000. Questo perché sia possibile realizzare una sinergia fra Misure espressamente dedicate, quali le indennità Natura 2000, e altre misure di sostegno alle attività agro-silvo-pastorali, in un approccio teso all’aumento complessivo della sostenibilità delle politiche di sviluppo rurale in tali territori. Il sottoprogramma consente anche di ottenere un bonus del 10% nel livello di sostegno ottenibile, nonché di riservare a queste aree delle risorse per le quali i territori Natura 2000 non debbano trovarsi a concorrere alla pari con territori non condizionati dai vincoli ambientali e quindi potenzialmente più competitivi nella richiesta e ottenimento di sussidi. In questo modo è anche possibile prevedere specifiche modulazioni per le Misure di sviluppo rurale, senza che tali criteri si trovino ad agire indiscriminatamente su tutto il territorio regionale, anche laddove potrebbe non essere prioritario o affatto necessario. Ipotesi di Sottoprogramma tematico Natura 2000 Di seguito un elenco sintetico delle misure che potrebbero comporre il sottoprogramma tematico, con una articolazione in sub misure ove necessario. Tavola 3 Rif. Reg. 1305/2013 Art. 14 Misure e possibili sotto misure del programma tematico “Natura 2000” Denominazione della misura da Regolamento Trasferimento di conoscenze e azioni di informazione Possibili sotto misure Divulgazione di best practice dal mondo delle aree protette e della ricerca al mondo agricolo (PEI, Partnership for European Innovation) Progetti pilota dimostrativi Art. 15 Art. 17 Servizi di consulenza, di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole Investimenti in immobilizzazioni Assistenza tecnica specializzata nelle problematiche relative alla salvaguardia della biodiversità erogata dagli Enti gestori delle AANNPP (sportello agricoltura) Formazione dei formatori Ricomposizione fondiaria, per superare i problemi legati alla eccessiva frammentazione della proprietà in area montana 13 Rif. Reg. 1305/2013 Denominazione della misura da Regolamento materiali Possibili sotto misure Strutture aziendali di difesa dai danni provocati dalla fauna selvatica Investimenti materiali ed immateriali per la costituzione della filiera della lana e di altre fibre tessili Ristrutturazione rifugi pastorali con dotazione fotovoltaica/recupero acqua piovana Sostegno all’insediamento dei giovani agricoltori Art. 19 Sviluppo delle aziende agricole e delle imprese Avviamento di attività extra-agricole Sostegno all’avvicendamento aziendale Art. 20 Servizi di base e rinnovamento dei villaggi nelle zone rurali Animazione territoriale per l’incremento della consapevolezza delle popolazioni locali circa i valori ecologici e culturali presenti Ripristino dei boschi danneggiati da incendio Art. 21 Investimenti nello sviluppo delle aree forestali e nel miglioramento della redditività delle foreste Filiere legno-energia (limitatamente a quanto finanziato da FEASR) da foreste certificate o in corso di certificazione FSC/PEFC Progressiva riduzione delle superfici rimboschite a pino nero e altre specie alloctone, e rinaturalizzazione Ripristino ed espansione dei seminativi arborati a mandorli delle pianure dell’aquilano Art. 28 Pagamenti agro-climaticoambientali Grazing for conservation: Adozione di un disciplinare di gestione del pascolo estensivo finalizzato alla conservazione delle praterie secondarie (adeguamento del carico di pascolo, diversificazione zootecnica per ottimizzare lo sfruttamento pascolivo, assunzione di guardiani per mandrie e greggi al pascolo) Art. 29 Agricoltura biologica Sostegno alla conversione ed al mantenimento della certificazione biologica Adeguamento del carico di bestiame a quanto previsto dai piani di gestione dei siti contenenti estensioni pascolive Art. 30 Indennità Natura 2000 Art. 35 Cooperazione Gestione forestale sostenibile: Conversione del bosco ceduo in ceduo composto e alto fusto (durata min16 anni) Creazione di un gruppo PEI sulla sostenibilità dell’agricoltura in ambito Natura 2000 per scambio di esperienze fra differenti aree Natura 2000 Esempi di integrazione ambientale in alcune Misure Qui di seguito sono riportati alcuni esempi (indicativi, non esaustivi) in cui si dettagliano i possibili contenuti di misure attivabili a prescindere dal sottoprogramma tematico Natura 2000, in cui si cerca di realizzare un approccio di integrazione ambientale: anche misure non specificamente concepite per affrontare problematiche ambientali possono contribuire a fornire soluzioni, attraverso una opportuna modulazione 14 del sostegno, che non preclude le possibilità di sviluppo ma le indirizza in modo non vincolante. Si tenta in questo modo di rafforzare più o meno indirettamente il contenuto ambientale dell’intero programma, integrando il principio dell’indennizzo quale unico rimedio alle limitazioni poste da vincoli. Trasferimento di conoscenze e azioni di informazione (Art. 14 Reg. 1305/2013, codice 1.1 e 1.2 della selezione delle misure effettuata nella Versione preliminare della Strategia, pubblicata sul sito INEA) Il trasferimento di conoscenze è una misura a carattere trasversale, ossia che interessa tutti i diversi settori (agricoltura, zootecnia e foreste) e tutti gli ambiti territoriali, sia in contesto di agricoltura intensiva che di zone marginali, montane e protette. Si sottolinea qui come l’articolo del Regolamento includa in questo tipo di azioni sia la formazione professionale in senso tradizionale, che la “acquisizione di competenze” in senso lato. I titolari di azienda, soprattutto nelle aree interne e montane, tendono ad avere una elevata età media ed una bassa scolarizzazione; questo da un lato li rende particolarmente bisognosi di aggiornamento e adeguamento, e dall’altro rende inadeguato lo strumento della formazione “classica” esemplificata dal corso basato su lezioni frontali. Al tempo stesso, proprio gli agricoltori ed allevatori anziani sono spesso portatori di conoscenze pratiche che può essere importante valorizzare. Si propone pertanto di sfruttare al meglio le possibilità offerte dal Regolamento in tal senso, e puntare su “acquisizione di competenze” intese come “saper fare”, attraverso un approccio più possibile pragmatico, esperienziale e “da pari a pari”, enfatizzando quindi il ruolo delle visite e scambi interaziendali. E’ quindi importante che la categoria dei beneficiari di tale misura non venga ristretta ai soli prestatori di servizi di formazione, ma a categorie più aperte per poter includere, come da Regolamento, “altri tipi di trasferimento di conoscenze”, operati ad esempio da Associazioni di categoria o Enti gestori delle Aree Naturali protette. Esempi pratici: • Fare i turisti per fare turismo, corso pratico sulla qualità dell’offerta turistica rurale, montana ed agrituristica attraverso visite in territori e circuiti affermati (es. il circuito agrituristico “Gallo rosso” in Alto Adige). Beneficiari: Prestatori di servizi di formazione, Associazioni di categoria, Consorzi turistici territoriali. Spese ammissibili: spese organizzative, spese di viaggio, soggiorno e diaria, ed eventuale costo di sostituzione per i partecipanti. Destinatari della formazione: imprese agrituristiche con preferenza ai giovani agricoltori, PMI turistiche operanti in territorio montano e rurale con priorità per soggetti inclusi in Natura 2000. • Corso pratico (coaching) sulla difesa di colture e bestiame dalla fauna selvatica (tipologie e corretto utilizzo delle recinzioni elettriche in agricoltura e zootecnia; allevamento, addestramento e mantenimento di cani da conduzione e guardiania; altre tecniche di dissuasione). Beneficiari: Enti gestori delle Aree Naturali Protette e dei siti Natura 2000. Spese ammissibili: spese organizzative, compenso docenti e dimostratori per la durata del periodo di coaching, materiali per esercitazioni pratiche, diaria e costo di sostituzione per i partecipanti, spese di viaggio per visite aziendali. Destinatari: agricoltori ed allevatori con priorità per le aziende in area Natura 2000 e per i giovani neoinsediati. 15 • La gestione produttiva e sostenibile del bosco di alto fusto (il concetto di carbon sink, conduzione delle operazioni selvicolturali nel ceduo composto e nel bosco di alto fusto, il benessere degli animali da lavoro in ambito forestale, la sostenibilità ecologica del prelievo forestale, certificazione forestale e opportunità di mercato). Beneficiari: Prestatori di servizi di formazione, Enti Gestori delle Aree Naturali Protette, Corpo Forestale dello Stato. Spese ammissibili: spese organizzative, docenze, spese di viaggio per visite a cantieri forestali. Destinatari: PMI operanti nel settore forestale, Amministrazioni dei Beni di Uso Civico e consorzi forestali di altra natura. Servizi di consulenza, sostituzione e assistenza alla gestione delle aziende agricole (Art. 15 Reg. 1305/2013, codice 2.1 e2.3 della selezione delle misure effettuata nella Versione preliminare della Strategia, pubblicata sul sito INEA) La crescente complessità degli strumenti disponibili a sostegno dell’attività agricola, la aumentata disponibilità di servizi telematici e delle informazioni veicolate da ICT, e la specificità delle problematiche connesse alla conduzione delle aziende, soprattutto in ambito montano e in area protetta, rendono il compito del consulente aziendale sempre più arduo e di ampia portata. Non si tratta più semplicemente di assistere un agricoltore nella compilazione di un modulo di domanda: aderire ad una misura innovativa di sviluppo rurale può comportare un ripensamento ed una ristrutturazione della propria attività, e può essere necessario per l’agricoltore avere un affiancamento competente in tutti gli aspetti di gestione pratica, da quelli più spiccatamente burocratici, fino a quelli contabili ed agronomici. Questa misura dovrebbe tendere a creare una rete di agenti di sviluppo che siano i primi referenti dei potenziali beneficiari e facilitino l’attuazione del programma. Il consulente in sviluppo rurale deve poter assistere l’agricoltore/allevatore/selvicoltore in ogni aspetto della conduzione aziendale, attraverso una competenza diretta, oppure indirettamente, ossia reperendo le informazioni rilevanti e mettendole a disposizione dell’assistito, la sua opera dovrebbe essere improntata a stabilire con gli assistiti un rapporto basato sulla conoscenza reciproca e sulla fiducia. Questa misura viene gestita attraverso inviti a presentare proposte aperti a soggetti sia pubblici che privati. Il risultato raggiunto sarà fortemente influenzato dalle modalità di redazione del bando. Esempio pratico: • Sportelli agricoltura nelle Aree Naturali Protette, per fornire un servizio di consulenza aziendale conforme anche a quanto previsto negli Artt. 12, 13 e 14 del Reg. 1306/2013. Premialità a candidature da Enti gestori delle Aree Naturali Protette. Caratteristiche dell’offerta: enfatizza le problematiche di conciliazione fra biodiversità e attività agro-silvo-pastorali, il marketing territoriale, i marchi di qualità di processo e di prodotto, le filiere corte, eventuali sinergie con opportunità di sostegno offerte dalla stessa Area Protetta; premialità alla fornitura di consulenze in azienda (itineranti). Destinatari. Tutti i possibili beneficiari delle misure di Sviluppo Rurale e della PAC. Sviluppo delle aziende agricole e delle imprese (art. 19 del Reg. 1305/2013, codice 6.2 della selezione delle misure effettuata nella Versione preliminare della Strategia, pubblicata sul sito INEA) La presente misura offre un ampio ventaglio di possibilità di erogazione di sussidi. Fra questi, si ritiene particolarmente interessante il sostegno alle attività extra agricole, sia da parte di agricoltori (lettera a, numero ii) sia da parte di altre tipologie di impresa (lettera b); la diversificazione delle attività delle aziende 16 agricole offre interessanti prospettive come integrazione del reddito agricolo (soprattutto in aree montane), mentre l’avvio di attività extra-agricole in zone rurali anche da parte di altre tipologie di impresa si configura come potenziale aumento dell’offerta di servizi per le comunità rurali anche, ma non solo, in funzione della fruizione turistica. Si vuole qui approfondire un esempio relativo ai servizi educativi e per la prima infanzia, due settori certamente molto diversi ma accomunati dall’avere come target le fasce infantili e giovanili. La disponibilità di servizi qualificati per l’assistenza alla prima infanzia costituisce un servizio di base che trae dalla capillarità e dalla personalizzazione dell’offerta un grande punto di forza, come testimoniato dalle numerose esperienze di successo dei nidi familiari in contesto urbano. La stessa esperienza, riportata in contesto agricolo e rurale (agrinido e nido familiare), oltre a rendere disponibile un servizio normalmente poco diffuso in ambito rurale, può contribuire a rafforzare il carattere identitario della comunità, può validamente puntare ad un approccio pedagogico esperienziale ed individualizzato (si tratta di strutture che accolgono un numero ridotto di bambini) e possibilmente orientarsi verso approcci pedagogici specializzati (Montessori, Steiner, ecc.). La creazione di attività didattiche in azienda costituisce un fattore di attrazione notevole anche per utenze provenienti dal contesto urbano (gite scolastiche), ma anche un fattore qualificante per l’offerta formativa locale in territorio rurale se attuato in stretta collaborazione con le strutture scolastiche locali, che potrebbero avviare progetti permanenti di orti didattici in collaborazione con le aziende locali, contribuendo a rafforzare l’identità locale e a rendere più attrattivo il settore agricolo per le nuove generazioni. L’integrazione curricolare di attività esperienziali consente di elevare il livello della qualità formativa in ambito rurale. Non si deve dimenticare la possibilità di trasmettere conoscenze relativamente al valore ecologico (oltre che culturale ed economico) del paesaggio rurale, anche attraverso attività specifiche di osservazione e studio della fauna selvatica del territorio agricolo. In entrambi i casi, l’esperienza pedagogica acquisita consente di offrire servizi per l’infanzia di qualità anche all’utenza turistica, aumentando il livello di attrattività per il turismo familiare e giovanile (pacchetti famiglia con attività didattiche integrate, servizio miniclub e campus estivi di qualità). Entrambi gli aspetti contribuiscono a rafforzare le comunità rurali, radicandole sul territorio, e promuovono l’insediamento e la permanenza di giovani famiglie di agricoltori in zona rurale. Esempi pratici: • Sostegno per l’avvio di servizi alla prima infanzia in territorio rurale: nidi familiari ed agrinidi. Beneficiari: prioritariamente aziende agricole, micro-imprese in ambito rurale con premialità per cooperative. Spese ammissibili: formazione e consulenza pedagogica degli operatori (oppure possibile sinergia con misura art. 14 o con FSE); adeguamento infrastrutturale, messa in sicurezza in funzione dell’utenza infantile. Destinatari: famiglie con bambini piccoli in zone rurali; turismo per ragazzi e famiglie in periodo estivo. • Sostegno all’avvio o alla riqualificazione delle fattorie didattiche. Beneficiari: aziende agricole, microimprese o persone fisiche che erogano servizi didattici in zona rurale; premialità per progetti integrati con le istituzioni scolastiche. Spese ammissibili: investimenti infrastrutturali (incluse strutture di facilitazione dell’osservazione della fauna selvatica) ed acquisto di materiali necessari per l’attività didattica (es. attrezzi a misura di bambino). Destinatari: fasce infantili e giovanili in area rurale, fasce infantili e giovanili provenienti da ambiti urbani, turismo per famiglie. 17 Investimenti nello sviluppo delle aree forestali e nel miglioramento della redditività delle foreste (Artt. 21-26 Reg. 1305/2013, codice 8.7 della selezione delle misure effettuata nella Versione preliminare della Strategia, pubblicata sul sito INEA). La scelta del programmatore nel selezionare le sottomisure da attivare ha privilegiato, in questo contesto, le scelte più semplici, lasciando tuttavia poco definiti gli interventi diretti ad accrescere la resilienza ed il pregio ambientale degli ecosistemi forestali. Si cercherà qui di suggerire proposte operative in grado di perseguire in maniera più selettiva gli obiettivi enunciati, anche avvalendosi di idee ed approcci innovativi e con un accento sulle possibilità aperte dalla integrazione fra fondi. L’attuale orientamento produttivo della maggior parte delle superfici forestali regionali è quello della legna da ardere, lo stadio più semplice e meno organizzato di una filiera legno-energia. Si propone di incrementare il valore aggiunto di tale filiera fornendo sostegno alla creazione, in sinergia con il FESR, di filiere di trasformazione del legno in cippato per utilizzo energetico locale, in carbone vegetale ed in pellet. Il FEASR (art. 26) contribuisce agli investimenti per tutti gli stadi di filiera precedenti la trasformazione industriale, per la quale può intervenire il FESR. Il maggiore valore aggiunto del prodotto potrebbe compensare l’eventuale minore prelievo della risorsa connesso con una gestione forestale improntata anche all’erogazione di servizi ecosistemici, consentendo un superamento della logica dell’indennizzo quale unica forma di compensazione. Interessante anche la possibilità di allestimento di sistemi agro-forestali, importanti sia nelle aree di pianura e collina, sia nelle aree interne e montane. Nelle prime l’obiettivo è il recupero di forme di paesaggio tradizionali (consociazione seminativi-oliveti) e/o il miglioramento della prestazione di servizi ecosistemici quali la prevenzione dell’erosione e del dissesto e la mitigazione dell’inquinamento da fonti agricole diffuse (ripristino di siepi e filari anche in abbinamento alle sistemazioni idraulico-agrarie con funzione di fascia tampone). Nelle pianure interne, l’obiettivo è recuperare i pregevoli paesaggi a seminativi arborati quali i mandorleti nell’aquilano. Tutte queste azioni rispondono anche all’esigenza di aumentare la permeabilità ecologica del territorio nel suo insieme, riducendo la necessità di effettuare specifici interventi per la creazione di corridoi ecologici (azione prevista dal FESR), interventi che possono più validamente concentrarsi sul superamento di punti critici di infrastrutture umane, consentendo l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse disponibili. Esempi pratici: • Aumento del valore aggiunto delle filiere legno-energia. Beneficiari: consorzi di produttori ed imprese di utilizzazione forestale. Spese ammissibili: Piani di Assestamento Forestale orientati alla sostenibilità ecologica del prelievo, infrastrutture e macchinari per il pre-trattamento del legname (cippatura, stagionatura, sezionatura). Premialità ai beneficiari che contestualmente fanno domanda di certificazione forestale FSC o PEFC. Possibilità di creare sinergie con misura FESR per la creazione di piccoli impianti per la produzione di carbone vegetale o di pellet, o per la cogenerazione, dimensionati in funzione di una specifica filiera corta (bacino di approvvigionamento-bacino di utenza), assestato tenendo conto della sostenibilità ecologica del prelievo e certificato FSC o PEFC • Ripristino e restauro di sistemi agroforestali. Beneficiari: proprietari fondiari privati, nonché comuni e loro consorzi. Spese ammissibili: costo di impianto e contributo annuo per ettaro a copertura dei costi di manutenzione. Premialità: nei sistemi collinari a interventi ricadenti nell’ambito di contratti di 18 fiume, abbinati a sistemazioni idraulico-forestali, aventi funzione di protezione o di fascia tampone riparia; nei sistemi delle pianure interne, per interventi di restauro o ampliamento di aree già interessate da paesaggi a mandorleti. 19 4 Integrazione tra Fondi e considerazioni sulla governance Nel periodo 2014-20, l’Abruzzo, nonostante sia classificata tra le tre Regioni italiane in “transizione”, sconta una riduzione importante delle risorse finanziarie complessive rispetto ai cicli di programmazione precedenti. Tale riduzione assume dimensioni notevoli per quanto riguarda il FESR (con una quota UE di circa 130,5 Meuro) e il FSE (con una quota UE di circa 56,4 Meuro). In contro tendenza è il FEASR, che vede una leggera crescita del cofinanziamento da parte della UE (circa 207,7 Meuro). Con un ammontare di risorse di tale entità, risulta ancor più stringente la necessità di integrazione delle stesse nell’ambito di policies affini. Su tutti i temi della strategia Europa 2020 già nell’Accordo di partenariato sono individuati gli ambiti in cui intervengono i diversi Fondi, in sinergia o in complementarietà. Analogamente la Regione Abruzzo nel proprio documento Obiettivi e linee guida per la programmazione unitaria dei Fondi Comunitari 2014-20 si impegna a un forte coordinamento strategico nell’utilizzo delle diverse fonti finanziarie, rispetto alle principali sfide che intende raccogliere, sia a livello settoriale che per specifiche aree territoriali. Sulla base di queste premesse e alla luce delle proposte operative effettuate nel precedente Capitolo, si illustra nella tavola seguente un’ipotesi di integrazione nell’utilizzo dei Fondi, a rafforzamento dell’efficacia dell’azione pubblica nell’ambito delle Priorità 4 e 5 del FEASR. La logica che ne è alla base è quella di concepire le diverse Azioni dei Programmi Operativi, sia regionali (PO e PSR) che nazionali (PON) quali convergenti, ognuna tramite le proprie peculiarità, verso specifici obiettivi di policy potendone declinare le opportunità operativa in modo flessibile, relativamente a esigenze tematiche e territoriali. Tavola 4 Ipotesi di opportunità di integrazione tra Fondi, relativamente alle Misure proposte Misura FEASR (Art. 14) Fondo FSE Trasferimento di conoscenze e azioni di informazione FESR (Art. 15) FESR Servizi di consulenza, di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole FSE (Art. 19) FSE Azione (AP) 8.1.3 - Percorsi di apprendistato di alta formazione e ricerca e campagne informative per la promozione dello stesso tra i giovani, le istituzioni formative e le imprese e altre forme di alternanza fra alta formazione, lavoro e ricerca 1.1.4 - Sostegno alle attività collaborative di R&S per lo sviluppo di nuove tecnologie sostenibili, di nuovi prodotti e servizi 3.5.2 - Supporto a soluzioni ICT nei processi produttivi delle PMI, coerentemente con la strategia di smart specialization, con particolare riferimento a: commercio elettronico, cloud computing, manifattura digitale e sicurezza informatica. (PON Imprese e competitività) 3.3.2 - Supporto allo sviluppo di prodotti e servizi complementari alla valorizzazione di identificati attrattori culturali e naturali del territorio, anche attraverso l’integrazione tra imprese delle filiere culturali, turistiche, creative e dello spettacolo, e delle filiere dei prodotti tradizionali e tipici” (PON Cultura) 8.3.3 - Iniziative di promozione e diffusione della cd. “staffetta intergenerazionale”, anche integrate da percorsi di tutorship e assistenza specialistica di lavoratori anziani nei confronti dei giovani 8.1.6 - Percorsi di sostegno (servizi di accompagnamento e/o incentivi) alla creazione d'impresa e al lavoro 20 Sviluppo delle aziende agricole e delle imprese autonomo, ivi compreso il trasferimento d'azienda (ricambio generazionale) 2.2.2 - Soluzioni tecnologiche per la realizzazione dei servizi di e-government interoperabili, integrati (joinedup services) e progettati con cittadini e imprese, applicazioni di e-procurement e soluzioni integrate per le smart cities and communities 3.1.1 – Aiuti per investimenti in macchinari, impianti e beni intangibili, e accompagnamento dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale 3.1.2 – Aiuti agli investimenti per la riduzione degli impatti ambientali dei sistemi produttivi FESR (Art. 21) Investimenti nello sviluppo delle aree forestali e nel miglioramento della redditività delle foreste FESR (Art. 30) Indennità Natura 2000 e indennità connesse alla direttiva quadro sulle acque (Art. 31 – 32) Indennità a favore delle zone soggette a vincoli naturali e ad altri vincoli specifici FESR 3.4.1 - Progetti di promozione dell’export (anche attraverso la partecipazione a Expo 2015), destinati a imprese e loro forme aggregate individuate su base territoriale o settoriale (PON Imprese e competitività) 3.6.1 - Potenziamento del sistema delle garanzie pubbliche per l’espansione del credito in sinergia tra sistema nazionale e sistemi regionali di garanzia, favorendo forme di razionalizzazione che valorizzino anche il ruolo dei confidi più efficienti ed efficaci. 6.8.3 – Sostegno alla fruizione integrata delle risorse culturali e naturali e alla promozione delle destinazioni turistiche 3.1.1 – Aiuti per investimenti in macchinari, impianti e beni intangibili, e accompagnamento dei processi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale 6.6.1 - Interventi per la tutela e la valorizzazione di aree di attrazione naturale di rilevanza strategica (aree protette in ambito terrestre e marino, paesaggi tutelati) tali da consolidare e promuovere processi di sviluppo 6.5.2 - Interventi per ridurre la frammentazione degli habitat e mantenere il collegamento ecologico e funzionale Nella logica dell’integrazione, soprattutto in un contesto di risorse finanziarie ridimensionate, sarebbe stata probabilmente opportuna la scelta di optare per un programma plurifondo, con un unico sistema di gestione, controllo e sorveglianza. La Regione Abruzzo ha ritenuto di mantenere anche per il periodo 201420 l’assetto dei programmi monofondo e conseguentemente con impianti di governance autonomi. L’analisi dell’esperienza attuativa dei precedenti periodi 2000-06 e 2007-13, dimostra come nel passato non si sia mai riusciti a realizzare l’integrazione tra i Fondi (ad esempio tramite l’emanazione di dispositivi attuativi che prevedessero spese ammissibili a valere su diversi Fondi) o il coordinamento degli stessi per ottenere effetti sinergici su determinati ambiti di policy (come ad esempio l’emanazione di bandi a valere su diversi fondi con valore di propedeuticità. Per esempio: formazione del personale su un dato tema innovativo – FSE, incentivi alla creazione di nuove imprese innovative – FEASR o FESR). 21 Affinché, dunque, l’integrazione non resti un mero esercizio teorico della fase di programmazione, l’Amministrazione regionale è chiamata a vincere una sfida organizzativa molto ambiziosa. L’istituzione della Cabina di Regia, della quale sono protagoniste le diverse Autorità di Gestione dei Fondi, rappresenta un elemento positivo, purché essa assuma realmente il ruolo di regista, effettuando un salto di qualità operativo che superi nettamente l’esperienza deludente della passata “programmazione unitaria”. Un tale salto di qualità, d’altronde, è richiesto anche alla struttura amministrativa. Si ritiene necessario che all’attuazione del PSR e dei PO sia dedicato personale esclusivo, specializzato e consapevole dell’impianto generale della programmazione regionale 2014-20, al fine di poter concepire e realizzare correttamente l’attuazione di un Fondo anche in ottica di integrazione e sinergia con gli altri. Pur nel mantenimento dell’attuale organizzazione in Direzioni, Servizi e Uffici, non si deve escludere a priori la possibilità di costituire una sorta di community dei funzionari e dirigenti specializzati nella programmazione e attuazione dei Fondi Comunitari. La qualità dell’azione amministrativa è fortemente desiderata dall’UE, al punto da dedicare un apposito Obiettivo tematico del QSC (OT 11). I nuovi Regolamenti presentano elementi di novità che necessitano di un sistema di governance per l’attuazione dei programmi particolarmente efficace. Ne sono prova l’approccio result oriented della strategia e l’istituzione di un performance frame work nell’ambito del quale stabilire obiettivi intermedi per l’ottenimento degli output (e non solo della spesa!) e finali per i risultati. A ciò si connette un ulteriore tema che si raccomanda di tenere nella massima considerazione, ovvero quello della semplificazione amministrativa. Appare ormai imprescindibile lo sviluppo di sistemi di eGoverment, che facilitino i rapporti tra cittadini/beneficiari e la PA, riducendo gli oneri a carico dei primi. A questo proposito si sottolinea che l’Articolo 122, paragrafo 3 del Regolamento (UE) 1303/2013 stabilisce che “Gli Stati membri garantiscono che entro il 31 dicembre 2015 tutti gli scambi di informazioni tra beneficiari e un'autorità di gestione, un'autorità di certificazione, un'autorità di audit e organismi intermedi possano essere effettuati mediante sistemi di scambio elettronico di dati.” Sarà importante per ridurre gli oneri a carico dei beneficiari sviluppare le potenzialità informatiche e prevedere, per esempio, procedure di candidatura da parte dei potenziali beneficiari, esclusivamente on line e alimentare, in questo modo, il processo di archivio informativo in modalità digitale fin dal suo principio. Come richiesto dalla Commissione, d’altronde, è fondamentale che i sistemi di monitoraggio siano interoperabili e possiedano un elevato grado di apertura, tale da consentire la consultazione dei fascicoli di progetto a tutti i soggetti responsabili del processo attuativo, incluso il personale addetto ai controlli. Da questo punto di vista, un gap che sicuramente sarà fondamentale colmare per il periodo a venire, riguarda il sistema dei controlli di I livello, spesso autentico collo di bottiglia del procedimento amministrativo, a svantaggio tanto dei beneficiari (che vedono procrastinarsi i tempi di erogazione del finanziamento) quanto del Programma che, a fronte di realizzazioni effettuate, tarda nella certificazione della spesa sostenuta (con conseguenze negative sulle domande di pagamento e quindi sui rimborsi da parte della Commissione). A tal proposito si sottolinea l’importanza che può avere l’Articolo 132 del Reg. (UE) 1303/2013 in termini di ricadute sull’organizzazione interna delle strutture preposte all’attuazione del PSR o dei PO. Tale Articolo, infatti, al paragrafo 1 stabilisce che “In funzione della disponibilità dei finanziamenti a titolo di prefinanziamento iniziale e annuale e dei pagamenti intermedi l'autorità di gestione assicura che un beneficiario riceva l'importo totale della spesa pubblica ammissibile dovuta entro 90 giorni dalla data di presentazione della domanda di pagamento da parte del beneficiario”. Il rispetto di quest’Articolo rappresenta un presupposto fondamentale, soprattutto in una fase congiunturale in cui l’accesso al credito costituisce un’autentica emergenza. 22
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