PSICOTERAPIE MODELLI A CONFRONTO Lorenzo Cionini 1. LA PSICOTERAPIA L’attuale varietà dei modelli di intervento psicoterapeutico comporta una difficoltà a trovare una definizione univoca di psicoterapia che possa essere condivisa da qualsiasi scuola e da tutti i terapeuti. La maggioranza di questi sono concordi nell’affermare che la Psicoterapia rappresenta una modalità di intervento psicologico finalizzata ad aiutare le persone nella soluzione dei problemi affettivi, emotivi, comportamentali, interpersonali di vario genere e a incrementare le qualità della vita. Essa quindi porta a cambiamenti personali che implicano uno sviluppo del modo di vedere, pensare, sentire e agire. Frank (1961) sostiene che qualsiasi tipo di psicoterapia condivide almeno quattro Caratteristiche Fondamentali: - Relazione Interpersonale Particolare fra paziente e terapeuta che comporta un’alleanza a esclusivo beneficio del paziente; - Setting, inteso come un luogo all’interno del quale si svolge questa relazione. Esso rappresenta un luogo sicuro nel quale tutto ciò che avviene è confidenziale e distinto dal resto delle normali attività e relazioni interpersonali; - Offerta di Nuove Prospettive da parte del terapeuta diverse da quelle abituali e in grado di dare un senso a sensazioni confuse e indefinite; - Procedure o Tecniche che specificano il modo di operare del terapeuta A parte alcuni aspetti generali, bisogna sottolineare anche le Differenze tra gli Approcci che riguardano principalmente: - assunti teorici; - modello di uomo e il suo funzionamento psichico; - modo di impostare il contratto terapeutico e il setting; - sistemi diagnostici utilizzati per definire la psicopatologia; - stili per impostare utilizzare la relazione terapeutica; - modalità tecniche e procedurali di condurre il trattamento; - “teoria della cura”, ossia in cosa consiste il cambiamento e cosa, all’interno del processo terapeutico, dovrebbe indurlo; - utilizzo di un linguaggio almeno in parte peculiare e talvolta non del tutto traducibile in quello degli altri (in alcuni casi gli stessi concetti vengono espressi in modo diverso e talvolta gli stessi termini possono essere utilizzati per riferirsi a concetti almeno in parte diversi). Importante poi considerare quattro Argomenti che Riguardano la Psicoterapia in Generale: 1. Relazione Terapeutica e Setting: la relazione, anche se utilizzata in modi difformi e con una diversa centralità da ciascun approccio, rappresenta uno degli elementi sui quali si regista il maggiore accordo rispetto alla sua rilevanza nel processo terapeutico. Gli aspetti fondamentali che rendono possibile la sua efficacia sono la fiducia e lo stabilirsi di un’alleanza cooperativa. La psicoterapia può offrire soltanto gli strumenti attraverso cui il paziente può riuscire a trovare la propria strada verso il cambiamento. Comunque vengano stabilite le regole del setting, è importante che esse abbiano una chiara definizione fin dall’inizio, in modo da precisare i ruoli che ciascuno deve giocare all’interno della relazione e garantire il paziente rispetto alle dimensioni fondamentali di riservatezza, assenza di giudizio, disponibilità del terapeuta e assenza di un suo interesse personale e dell’interferenza dei suoi principi, dei suoi valori, della sua visione del mondo nel percorso che si sta intraprendendo; 2. Ortodossia ed Eclettismo: iniziando con l’eclettismo si può operare una distinzione tra: - Eclettismo Tecnico: si riferisce all’utilizzazione sistematica di un insieme di tecniche provenienti da orientamenti diversi senza la definizione di metamodelli; - Integrazionismo Teorico: si propone di superare il relativismo dell’eclettismo attraverso l’impegno di costruire una teoria della psicoterapia di ordine superiore in grado di rendere conto dell’unitarietà e della complessità dell’uomo. 3. Risultati della Psicoterapia: esistono due metodi fondamentali per valutare se la psicoterapia funziona: - Metodo dell’Efficienza: si propone di controllare l’influenza delle variabili terapeutiche considerate sul risultato. Come in ogni studio sperimentale, i ricercatori identificano e isolano alcune di queste variabili, stabiliscono con esattezza le condizioni nelle quali esse vengono fatte agire, definiscono quali sono i parametri rispetto ai quali vanno valutati i risultati e li misurano con attenzione. In questo modo possono sostenere di aver identificato relazioni causali fra le variabili indipendenti (fattori terapeutici considerati) e quelli fra le variabili indipendenti (le risultanti modificazioni comportamentali, cognitive e affettive adeguatamente misurate). Seligman (1995) ha identificato otto componenti fondamentali che caratterizzano gli studi sull’efficienza: - selezione casuale dei gruppi sperimentali e di controllo; - creazione di un gruppo placebo (no procedure considerate ma solo empatia); - adozione fedele al manuale di psicoterapia da parte dei terapeuti; - numero fisso di sedute (generalmente da 6 a 15); - risultati valutati in base a categorie ben definite; - chi valuta i risultati e all´oscuro del gruppo di cui fa parte il paziente; - vengono selezionati pazienti con un singolo disturbo diagnosticato; - viene effettuata una valutazione di follow-up per valutare la stabilita. Le critiche mosse agli studi sull’efficienza riguardano il fatto che, per quanto ben controllati e anzi proprio per questo, essi analizzano situazioni troppo distanti da ciò che avviene nel mondo reale della psicoterapia e sono quindi privi di validità ecologica (i risultati sono quindi difficilmente generalizzabili e interpretabili). Raramente gli psicoterapeuti trattano pazienti con le stesse caratteristiche di quelli inseriti negli studi sull’efficienza e più comunemente le persone che richiedono la psicoterapia presentano disturbi multipli. Inoltre difficilmente i terapeuti utilizzano trattamenti o tecniche in forma pura, attenendosi strettamente ai manuali. Le psicoterapie non prevedono un numero fisso e predeterminato di sedute e non sono finalizzate esclusivamente alla soluzione di problemi focali. Inoltre gli studi sull’efficienza sono difficilmente applicabili alle terapie lunghe, infatti il loro costo sarebbe enorme e la possibilità di tenere per anni senza trattamento, o in un gruppo placebo, persone che richiedono psicoterapia sarebbe di dubbia eticità; - Studi sull’Efficacia: costruiti per verificare che cosa avviene realmente nella pratica clinica. Sono studi naturalistici rispetto a pazienti che sono liberi di scegliere il trattamento che preferiscono e che si sottopongono alla psicoterapia per i loro problemi cercando attivamente di fare qualcosa per risolverli e che credono alla possibile utilità di un trattamento psicologico per affrontare i loro disturbi. Le psicoterapie non hanno una durata o un termine prefissato, i terapeuti vengono identificati dal loro approccio di appartenenza e sono liberi di condurre il trattamento modificandolo in corso d’opera in funzione delle reazioni del paziente. Sono meno costosi e per questo possono prendere in esame campioni di dimensioni molto più ampie. Le critiche che vengono mosse agli studi sull’efficacia si riferiscono alla mancanza di rigore metodologico. Si può concludere con Seligman (1996) che entrambi i metodi hanno punti di forza e di debolezza complementari. 4. Limiti della Psicoterapia e Rischi Iatrogeni: la psicoterapia non è per tutti e non può far tutto. Esistono quindi limiti che attengono alle caratteristiche personali dei potenziali pazienti, al tipo di problema presentato, relativi a ciascun orientamento teorico rispetto alle possibili problematiche di applicazioni, di compatibilità fra le caratteristiche personali di ciascun paziente e di ciascun terapeuta e limiti agli obiettivi che si possono porre. Un altro problema che si può affrontare a prescindere dall’approccio di appartenenza è il Rischio Iatrogeno della Psicoterapia, ossia alla possibilità che gli effetti della terapia siano dannosi, ovvero il trattamento si conclude con un peggioramento delle condizioni del paziente rapportabile in qualche modo alla cura stessa. E’ attraverso un’adeguata gestione del processo formativo che i rischi iatrogeni della cura possono essere minimizzati: - una formazione che non sia soltanto in grado di fornire una buona preparazione teorica, personale e tecnica, ma che sia anche capace di trasmettere il messaggio della relatività dei propri punti di vista e che crei terapeuti aperti a considerare prospettive epistemologiche diverse; - disponibilità a una propria continua autoverifica in base alla consapevolezza dei limiti del proprio sapere. 2. LE PSICOTERAPIE PSICOANALITICHE Il Modello di Uomo: Presupposti Teorici di Base L’organismo umano sarebbe, secondo Freud, contraddistinto da bisogni di natura fisiologica e dalla dinamica di pulsioni vitali irriducibili (ad es. fame, sessualità, aggressività distruttiva) che tendono alla loro soddisfazione. Si giunge quindi al Principio del Piacere (1900) rappresentato dalla tendenza dell’attività psichica nel suo insieme a evitare il dispiacere e a procurarsi il piacere, al fine di arrivare a un certo equilibrio fisiologico e a una omeostasi che viene vissuta soggettivamente come benessere. Tale omeostasi è per sua natura uno stato approssimativo e labile che esiste soltanto in forma passeggera e che si estingue appena raggiunto, cosicché necessità di continui sforzi per tornare in equilibrio. Dobbiamo considerare il riconoscimento e l’elaborazione da parte di Freud del concetto di Inconscio (1915), inteso come quella parte della vita psichica che si sottrae alla coscienza. Essa sarebbe la dimensione propria delle pulsioni, intese come derivati dei bisogni e dinamismi organico-naturali del corpo umano che hanno una tendenza incessante a manifestarsi nella maniera più immediata possibile. La scoperta dell’inconscio porta Freud a sostenere un determinismo causale nelle sue manifestazioni della vita psichica. Pensieri e sentimenti sono veneti concatenati, frutto di precedenti esperienze. Data l’immaturità e la limitata capacità dell’apparato psico-mentale del bambino molte delle esperienze infantili rimangono senza una integrazione armoniosa e vengono vissute come minaccia, tanto da dover essere tenute fuori della coscienza. Per questo scattano meccanismi primitivi (ad es. scissione e proiezione) di quelle esperienze e informazioni non digeribili allo scopo di proteggere il funzionamento della vita psichica. Nasce così la rimozione (1894, meccanismo specifico di difesa con il quale il soggetto tenta di respingere o mantenere nell’inconscio pensieri, immagini, ricordi legati a una pulsione che, se soddisfatta, rischierebbe di provocare dispiacere rispetto ad altre esigenze) di parti dell’esperienza che vengono respinte fuori dalla coscienza verso l’inconscio da dove tentano di riemergere. Con la concettualizzazione dell’articolazione tra il mondo inconscio e la coscienza la teoria psicoanalitica offre un modello che consente la comprensione sia dei meccanismi costruttivi e di crescita, sia di quelli disfunzionali e patologici. Questa concettualizzazione comporta anche una rivoluzione per quanto riguarda i concetti di salute e malattia poiché determina la caduta della barriera di confine tra questi due modi di essere. Le modalità di funzionamento psichico che stanno alla base della patologia sono presenti anche nel sano, anche se in quantità ridotta. Lo stato di malattia consisterebbe nel prevalere delle parti malate tale che nell’organizzazione finale risulterebbe poi un’alterazione qualitativa. Altra concettualizzazione innovativa è quella relativa alla Sessualità di cui Freud ne riconosce l’esistenza sin dall’infanzia e la considera comprendente tutta una serie di attività ed eccitazioni che procurano un piacere non riconducibile al soddisfacimento di un bisogno fisiologico fondamentale. Egli descrive quindi un processo maturativo delle pulsioni attraverso fasi distinte che si riferiscono a zone specifiche del corpo e che distingue in fasi (orale, anale e fallica). Nel corso di questo sviluppo quando il soggetto passa da una fase all’altra non perde del tutto l’interesse per la gratificazione della fase precedente. Freud descrive due Caratteristiche del Processo Evolutivo: - Fissazione: si può registrare un attaccamento forte e persistente a una particolare gratificazione lipidica. E’ inconscia e spesso rappresenta un punto focale attorno al quale si struttura la formazione del sintomo in età più avanzata; - Regressione (1915-1917): rappresentata dalla potenzialità di regredire, cioè di riattivare o ritornare a una modalità precedente di gratificazione lipidica che non necessariamente è da considerarsi come un processo patologico. Lo sviluppo dell’individuo è considerata come sviluppo psicosessuale fin dalla nascita e si basa sulla natura biologico-pulsionale dell’uomo, ed è costituito dal susseguirsi di stati risultanti da dinamiche di energie psichiche in ricerca di un equilibrio. L’individuo con la maturazione sviluppa un’istanza psichica (l’Io) che percepisce e valuta la situazione circostante in moda da arrivare al soddisfacimento delle pulsioni senza subirne ripercussioni devastanti. L’Io, oltre a tener conto di questo complesso di pulsioni (l’Es), deve mediare anche con le esigenze poste dall’insieme dei valori morali, normativi e culturali (Super-Io) che si impongono all’uomo, essendo già collocato, sin dalla nascita, in una rete di rapporti interpersonali (1920). La concezione della personalità come articolazione dinamica fra tre istanze psichiche Io, Es, e Super-Io , chiamata Seconda Topica, segue la prima concettualizzazione freudiana dell’apparto psichico come risultante di tre sistemi individuati in Conscio, Preconscio e Inconscio. Un altro degli elementi fondamentali che caratterizzano il modello di uomo secondo la teoria freudiana è la Conflittualità. Infatti la psicoanalisi considera l’uomo fondato e immerso nel conflitto (da un lato, la mente è espressione di forze contrastanti, quelle consce e quelle inconsce, che la costituiscono e dall’altro l’individuo entra in conflitto con le istanze sociali che limitano o precludono la realizzazione dei suoi desideri opportunistici). Secondo la psicoanalisi l’esistenza umana sia individuale che sociale si svolge all’insegna di una dinamica tra i bisogni dell’organismo e il principio del piacere e il Principio di Realtà (1911), rappresentato dalla capacità di ragionare e di riconoscere i vincoli imposti dalla realtà materiale e sociale. Da ciò deriva lo sforzo e la continua sfida a trovare sempre nuovi compromessi e a stabilire equilibri sufficientemente stabili nell’immediato futuro. In quest’ottica la cultura viene vista come contenitore di compromessi sociali per la realizzazione di quello che viene considerato un paradosso antropologico: se da un lato l’uomo viene spinto dalla sua natura e dai suoi istinti verso la realizzazione opportunistica di ogni tipo di suo bisogno senza considerare le conseguenze su se stesso e sul suo gruppo di appartenenza, dall’altro lato egli è vincolato per la sua sopravvivenza allo stare insieme con i suoi simili. Per tutto ciò la concezione psicoanalitica può dirsi sia intra che interpersonale in quanto considera l’uomo immerso fin dalla nascita in una rete di rapporti che lo influenzano e per questo la sua individualità si sviluppa in un contesto relazionale. Bisogna poi analizzare due Elementi Principali: 1. Modello di Uomo secondo la Teoria Psicoanalitica: uomo mosso, se non dominato, da pulsioni vitali e da tendenze inconsce, inglobato in una matrice di relazioni, in perenne conflitto, la cui forza sta nella possibilità di riconoscere e accettare la propria verità. E’ una visione dell’uomo che nasce dallo scetticismo verso la coerenza e la bontà della natura umana come veniva proposta a quell’epoca. Questo modo diverso di concepire l’uomo cambia anche la concezione della cura. Freud capovolge l’impostazione tradizionale (che vede il medico manipolatore direttivo delle sorti psicofisiche del paziente, che manipola e plasma il suo corpo e la sua mente) e considera il paziente il protagonista della cura perché considerato soggetto attivo, artefice del proprio cambiamento che avviene in presenza e con l’aiuto del terapeuta. Quindi il lavoro terapeutico consiste nel rendere possibile il compimento, nell’ambito di una relazione carica di emozioni, di un’esperienza conoscitiva trasformatrice che dipenderà in ultima istanza dal paziente. Starà proprio a lui accettare o meno le informazioni, come dipenderà da lui elaborare e mettere a sfrutto la nuova esperienza; 2. Funzionamento Psicologico dell’Uomo: secondo la psicoanalisi la psiche umana è costituita dalla coesistenza conflittuale delle tre istanze Es, Super-Io e Io. Freud è partito dall’assunto, derivato dalle scoperte cliniche effettuate con il suo trattamento, che la parte pulsionale inconscia rappresenta una parte primaria e basilare dell’esistenza umana che influenza l’attività mentale consapevole. La vita psichica è quindi organizzata in tre compartimenti di diverso livello di coscienza: - Inconscio: trae origine dalle radici pulsionali e organiche del corpo ed è dominato da dinamiche e meccanismi qualitativamente diversi da quelli della vita cosciente. Esso influenza la vita cosciente nell’intento di soddisfare le proprie esigenze senza riguardo ai vincoli posti dalla realtà; - Preconscio: anticamera della coscienza che fa da deposito per qualsiasi materiale mentale che può essere tenuto in disparte rispetto alla coscienza perché non è funzionale alla gestione dell’attualità, ma è volontariamente evocabile secondo necessità; - Conscio: Freud ne mette in luce la sua influenzabilità da parte dell’inconscio e quindi ne riduce l’importanza rispetto a quello che credevano i suoi contemporanei. La coscienza è allora uno stato mentale legato ad un io sufficientemente maturo e funzionante, e che pertanto è suscettibile di indebolimenti in relazione a variazioni della forza dell’Io e della potenza delle pulsioni. All’interno del modello strutturale l’Io ha il compito di trasformare, deviare e scaricare le traiettorie delle pulsioni in modo tale da rendere possibile una loro realizzazione soddisfacente senza provocare danni e pericoli insopportabili per l’esistenza psicofisica, oltre che di mediare con le istanze sociali. L’Io diventa l’organizzatore di meccanismi di difesa e sistemi di resistenza contro le pulsioni inaccettabili e il loro accesso alla coscienza. L’Io rimuove, scinde, respinge tali tentativi, costringe certi impulsi a un’esistenza inconscia, contribuendo alla nascita di disagi psichici e al manifestarsi di sintomi come espressioni patologicamente deviate e alterate di contenuti dell’inconscio. L’Io, quindi, è mediatore fra quei due principi che vigono in grande contrasto tra il mondo dell’inconscio e quello della coscienza, che sono il principio del piacere e quello di realtà. A seconda della maturità e della forza che l’Io ha di imporsi sulle esigenze provenienti sia dalle pulsioni, sia dalle obiezioni morali e dai pericoli reali, e di trovare soluzioni integrate, esso può essere considerato più o meno sano e funzionale, più o meno vincolato da ostacoli e vicende traumatiche del passato, più o meno flessibile e creativo nell’adoperare le esperienze pregresse in maniera adatta alle esigenze dell’attualità. Sviluppi Storici e Orientamenti Principali all’Interno del Modello Psicoterapeutico Psicoanalitico Con l'abbandono del modello ipnotico, Freud cercò di individuare delle Circostanze Situazionali e Relazionali Favorevoli sia a ridurre l’imbarazzo e l’angoscia dei suoi pazienti a esprimersi, sia a aumentare la loro capacità di ricostruire eventi del passato: - Setting: termine mutuato dal linguaggio teatrale. In psicoanalisi con il termine setting si intende il complesso di regole che consentono lo svolgimento del lavoro analitico; - Libera Associazione (1895): diretta espressione delle idee che vengono in mente che, apparentemente isolate, sono elementi che rinviano, coscientemente o meno, ad altri elementi. Il procedimento delle libere associazioni è costitutivo della tecnica psicoanalitica in quanto rappresenta il metodo privilegiato di investigazione dell’inconscio (viene infatti definito Regola Fondamentale). Esso consiste nel richiedere al paziente di riferire i propri pensieri senza riserve e di non sforzarsi a concentrarsi mentre parla. Il senso dell’operazione sta nel favorire l’alleanza terapeutica e nel delegittimare reticenza e vergogna; - Rinuncia all’Ambiente Autoritario Caratteristico del Medico. Un assetto di questo tipo, che esorta il paziente all’introiezione e alla massima libertà espressiva, porta a un’intimità ed esclusività del rapporto fra medico e paziente che rende necessario sia provi dei limiti come le regole del setting, sia che l’indagine si svolga all’insegna di un atteggiamento di alta professionalità. Tale atteggiamento comporta l’evitamento di ogni contatto esterno alla seduta e che la comunicazione si limiti alla verbalizzazione ed escluda altro comportamento. Il Modello Clinico Rispetto al Modello Clinico Psicoanalitico bisogna analizzare alcuni elementi: 1. Spiegazione dello Scompenso Psicopatologico: Freud fa risalire la spiegazione all’instaurarsi di un “contrasto fra diversi impulsi del desiderio” (1915-17). Tale conflitto viene scatenato dalla frustrazione del desiderio che fa sì che la libido si orienti verso altri oggetti e vie di soddisfacimento. Se queste nuove vie e oggetti suscitano l’opposizione di una parte della personalità, le tendenze libidiche riescono ugualmente a imporsi in una maniera indiretta che dovrà tenere conto dell’opposizione incontrata. La psicoanalisi è nata come metodo di trattamento delle nevrosi e Freud escluse dai criteri di identificazione quelle che nominò nevrosi narcisistiche (1914, corrispondenti alle psicosi), ritenendo che i pazienti che ne erano affetti fossero incapaci di stabilire una relazione con il terapeuta tale da consentire lo svolgimento dell’analisi (1917). Oggigiorno, però, non ci sono esclusioni ai trattamenti psicoterapeutici psicoanalitici, anche se in molte situazioni è indispensabile introdurre un trattamento psicofarmacologico concomitante; 2. Modello dell’Intervento Terapeutico: di tale modello bisogna considerare: - Criteri Diagnostici: per l’inquadramento del caso e per poter considerare indicata una psicoterapia psicoanalitica è necessaria una valutazione della personalità complessiva del soggetto, seguendo un criterio relazionale, basato su un’attenta analisi delle modalità con le quali il paziente entra in contatto con il terapista. Oltre alla diagnosi psicopatologica, il terapeuta cerca inoltre di valutare la Trattabilità del paziente, intesa sia come possibilità del paziente di intraprendere la cura, sia come possibilità del terapeuta di eseguirla proprio con lui. In questa ottica entrano in gioco anche le problematiche controtransferali e il terapeuta deve essere in grado di riconoscere e controllare le proprie reazioni di fronte alle comunicazioni del paziente; - Contratto: dopo aver svolto i colloqui di valutazione è possibile formulare una proposta terapeutica e, se il paziente l’accetta, stipulare il contratto terapeutico, ossia l’accordo che ratifica la decisione di intraprendere il trattamento psicoterapeutico e stabilisce le modalità secondo le quali verrà svolto. Con la proposta vengono esplicitate le regole necessarie per eseguire la cura che riguardano la sede, l’orario, la frequenza, la durata e le modalità di svolgimento delle vacanze e del pagamento, come anche l’impegno richiesto al paziente; - Setting: riguarda quell’insieme di costanti che creano le condizioni più favorevoli per lo svolgimento della cura. Ciò che definisce il setting sia in psicoanalisi che in psicoterapia psicoanalitica è la sua stabilità in quanto è proprio il fatto che ci sia una cornice che non muta e che consente la massima libertà e mutevolezza nell’espressione degli affetti e dei pensieri al suo interno. Le norme che costituiscono il setting di tutte psicoterapie psicoanalitiche riguardano gli stessi elementi già menzionati nel contratto. Alcuni trattamenti comprendono un elemento aggiuntivo che è la durata del trattamento (ad es. le psicoterapie psicoanalitiche brevi). A questo insieme di regole si aggiunge un particolare atteggiamento mentale del terapeuta, detto Setting Mentale (o setting interno), caratterizzato da un fluttuare della mente tra stati diversi che il terapeuta mette a disposizione del paziente in modo da offrire ascolto e accoglimento, ma anche da creare uno spazio intermedio potenziale tra se stesso e il paziente che sia da lui fruibile nel senso di consentirgli di fare esperienza di nuove possibilità relazionali. Questo atteggiamento mentale deve essere mantenuto in qualsiasi modello di trattamento psicoterapeutico psicoanalitico, mentre alcune regole del setting sono diverse nei diversi modelli: - Durata delle Sedute: da 1 a 3 sedute alla settimana di 45/60 minuti; - Onorario: modificato in base al numero di sedute; - Posizione del Paziente: vis-à-vis o uso del lettino; - Sede: non deve essere variata e deve essere mantenuta il più possibile uniforme; - Ferie: da trattare con attenzione perché possono essere vissute come separazione. - Andamento del Processo Terapeutico: non è descrivibile nel suo svolgimento, ma è comunque possibile orientarsi nella sua comprensione, tendendo presente alcuni concetti che riguardano gli obiettivi della cura e gli accadimenti relazionali. L’obiettivo della psicoterapia psicoanalitica è arrivare a far sviluppare nel paziente la capacità di padroneggiare i conflitti facendoglieli sperimentare in condizioni più favorevoli di quelle che hanno consentito loro di instaurarsi. La terapia consiste nel favorire l’analisi del conflitto mediante lo sviluppo e l’elaborazione del transfert. La conoscenza di sé da parte del paziente viene facilitata dalle interpretazioni del terapeuta che permettono di superare le resistenze inconsce e avviene per il susseguirsi di esperienze illuminanti chiamate insight. Gli insight intervengono nell’esperienza vissuta modificandola attraverso un’elaborazione che continua nella vita quotidiana del paziente; - Interventi del Terapeuta: il terapeuta deve tendere il più possibile ad evitare di intervenire mediante la suggestione attiva, rinunciando quindi a seguire i propri pregiudizi e a perseguire nel trattamento valori personali e il soddisfacimento dei propri desideri (astinenza). Deve inoltre astenersi il più possibile dal soddisfare le richieste del paziente e dallo svolgere effettivamente i ruoli che questo tende a imporgli. Gli interventi del terapeuta che caratterizzano la sua attiva partecipazione in seduta sono: - Interventi tesi a istituire e mantenere l’alleanza terapeutica (ascolto empatico); - Interventi volti all’interpretazione e all’elaborazione dei significati simbolici; - Interventi di Sostegno (appoggio e fiducia al paziente); - Interventi per potenziare l'alleanza terapeutica (uso del noi e del passato comune). 3. Relazione Terapeutica: la teoria psicoanalitica si è sempre più spostata da un modello pulsionale a uno relazionale, che considera cioè le relazioni con gli altri e non le pulsioni l’elemento fondamentale della vita mentale. Il compito del terapeuta è di interpretare desideri e conflitti, recuperare ricordi e fornire consapevolezza, e sta quindi nella relazione come interprete. Per svolgere la sua funzione deve sapere resistere al transfert del paziente mantenendosi obiettivo e neutrale. La Teoria della Cura: il Cambiamento, sua Natura e Come lo si Ottiene Le psicoterapie psicoanalitiche si propongono come obiettivo di ottenere nel paziente un cambiamento psichico che dia il via a una crescita psicologica e allo sviluppo di una maggiore integrazione psichica. Il cambiamento fa parte del processo psicoterapeutico, si verifica continuamente nel corso della terapia e deve essere accolto e seguito momento per momento. Ci sono tre Aspetti Fondamentali che sono presenti in diversa misura nella mente di ogni psicoterapeuta di formazione psicoanalitica e che rappresentano i punti di riferimento per la valutazione del cambiamento operato dal paziente nel corso della cura: - Rendere Consci gli Impulsi e Porli sotto il Controllo dell’Io: cioè rendere conscio l’inconscio (“là dove era l’Es regnerà l’Io”, 1933). Proprio perché si riferisce a queste strutture psichiche il cambiamento si definisce “strutturale”; - Recupero di parti del Sé Precedentemente Scisse: vengono reimmesse nella psiche con il risultato di costituire un nuovo equilibrio e una maggiore integrazione; - Cambiamento nei Rapporti tra Oggetti Interni e Oggetti Esterni. Questi due ultimi aspetti tengono conto degli apporti teorici di M. Klein che descrive le cosiddette Posizioni Schizoparanoide e Depressiva. Il cambiamento psichico che ci proponiamo di raggiungere con la psicoterapia psicoanalitica è relativo ad un equilibrio nuovo e più soddisfacente nei rapporti interpersonali e nel modo di affrontare le angosce che derivano sia dal contatto con gli altri che dall’interno di se stessi. I fenomeni osservabili clinicamente che segnalano un cambiamento psichico reale e duraturo al di là delle modificazioni della sintomatologia sono cambiamenti nella natura degli impulsi, degli affetti e degli atteggiamenti verso gli oggetti sia interni che esterni e nelle modalità di funzionamento mentale come il modo di pensare e di sognare. I cambiamenti sono indotti oltre a fattori terapeutici di base non tecnici o aspecifici, presenti in qualsiasi trattamento psicoterapeutico, da Fattori Specifici dei Trattamenti Psicoanalitici: - Relazione Emotiva tra Terapeuta e Paziente: centrata accettazione e interessamento; - Identificazione con il Terapeuta: che rappresentare un modello idealizzato da imitare; - Setting: considerato come un importante fattore terapeutico; - Interpretazione: principale strumento per giungere al senso latente del paziente. Se i primi due aspetti sono caratteristici di molti interventi psicoterapici, gli ultimi due sono più chiaramente specifici del modello psicoanalitico. Il tema del cambiamento come obiettivo del trattamento ci conduce direttamente a quello della Conclusione della Cura. Lo psicoterapeuta deve avere sempre in mente che è opportuno che il trattamento non si dilunghi troppo ed eviti il rischio di assumere quell’atteggiamento senza tempo che è favorito dal fatto di lavorare con i processi inconsci che, per loro natura, sono atemporali. Prima di concludere il trattamento dovrà essere lasciato un congruo lasso di tempo all’analisi delle angosce di separazione e alla verifica del cambiamento che il paziente ha effettuato e di quanto sia padrone dei nuovi strumenti che egli ha acquisito. 3. LA TERAPIA COMPORTAMENTALE E COGNITIVO-COMPORTAMENTALE Il Modello di Uomo: Presupposti Teorici di Base L’atto di nascita del Comportamentismo fu sancito da Watson nel 1913. Le Terapie Comportamentali (TC) si sono sviluppate dopo un lungo periodo di ricerche sperimentali, sia in campo fisiologico che psicologico, a partire dagli anni '50, mentre l’evoluzione cognitivista, nella sua dimensione terapeutica, ha preso corpo in modo significativo negli ultimi trent'anni e il filone cognitivo-comportamentale è iniziato alla fine degli anni '60. Fin dalla loro nascita le varie correnti comportamentali e cognitivo-comportamentali hanno sottolineato la necessità per la psicologia e la psicoterapia di avere una base sperimentale e un metodo scientifico, collocandosi all’interno delle scienze naturali. Sviluppi Storici La Terapia Comportamentale (TC) e quella Cognitivo-Comportamentale (TCC) si sono sviluppate sulla base delle ricerche sperimentali nell’ambito delle teorie dell’apprendimento e su ricerche elaborate in ambito clinico. Il primo modello sperimentale è quello del Condizionamento Classico (rispondente o pavloviano), mentre un altro filone di ricerche assai ampio e consolidato ha dato luogo al modello del Condizionamento Operante (o skinneriano). Due Modelli di Passaggio dal Comportamentismo più Ortodosso al Cognitivo-Comportamentale: - Comportamentismo Sociale Paradigmatico (Staats 1975, 1988): vede i processi cognitivi come epifenomeni e solo talvolta come causa dei comportamenti e comunque come eventi costruiti secondo le leggi dell’apprendimento. Nella sua Teoria Trifunzionale dell’Apprendimento ogni stimolo contemporaneamente attiva, rinforza e dirige l’organismo. Secondo Meazzini il comportamentismo paradigmatico contribuisce alla Terapia cognitivo-comportamentale in tre modi: - con modelli esplicativi elaborati per spiegare i fenomeni patologici; - con una proposta tassonomica fondata sul concetto di personalità; - con strategie d’intervento in parte comuni ad altre forme di comportamentismo Secondo Staats (1988) la personalità è un insieme di abilità che possono formare tre Repertori Comportamentali di Base: - Emozionale-Motivazionale; - Senso-Motorio (abilità sociali per fronteggiare le aspettative sociali) - Linguistico-Cognitivo. Questi reparti si influenzano reciprocamente e possono contemporaneamente essere causa ed effetto del comportamento e dell’apprendimento; - Apprendimento Sociale (Bandura, 1969): quest'approccio vede nei processi cognitivi una tra le cause costanti del comportamento. Secondo Bandura il funzionamento psicologico avviene attraverso un determinismo circolare (o reciproco) dove fattori ambientali, fattori personali e il comportamento dell’individuo si influenzano e determinano reciprocamente. Bandura pone l’accento anche sul fatto che l’uomo non subisce solo l’influenza dell’ambiente ma a sua volta tende a modificarlo. Gli Assunti dell’Approccio Cognitivo-Comportamentale sono: - eventi cognitivi, emozioni e comportamenti si influenzano reciprocamente e ogni sistema può subire o provocare cambiamenti negli altri due; - l’apprendimento si verifica sempre attraverso una mediazione cognitiva; - è possibile modificare il comportamento modificando eventi cognitivi, processi cognitivi e strutture cognitive. Le Caratteristiche dell’Approccio Cognitivo-Comportamentale sono: - integrazione di strategie cognitiviste e comportamentiste; - verifica empirica dei risultati terapeutici; - terapia breve nel tempo; - natura pedagogica e direttiva dell’intervento. Il Modello Clinico Il Modello Clinico delle Psicoterapie Cognitivo-Comportamentali prevede una continua interazione e un’influenza reciproca fra l’individuo e l’ambiente, e l’attenzione dello psicoterapeuta è focalizzata prevalentemente sull’individuo di cui analizza i comportamenti, pensiero ed emozioni, senza dimenticare la sua realtà biologica. Di tale modello bisogna considerare: 1. Spiegazione dello Scompenso Psicopatologico: nell’ambito psicoterapeutico è importante conoscere le modalità di percepire, memorizzare, pensare e prendere delle decisioni da parte dei clienti. Rendere coscienti schemi, meccanismi di pensiero e pensieri disfunzionali, e ristrutturare l’attività cognitiva del paziente è quindi centrale nelle terapie cognitivo-comportamentali; 2. Modelli dell’Intervento Terapeutico: i modelli possono essere vari a seconda della diagnosi, della sintomatologia, delle aspettative e dei problemi portati dai pazienti. Possono essere individuali o di gruppo e possono variare anche a seconda delle preferenze e convinzioni del terapeuta. Le Linee Direttrici di un Intervento Individuale di Tipo Cognitivo-Comportamentale in soggetti nevrotici (disturbi d’ansia, depressione,disturbi psicologici connesse a malattie somatiche) che si utilizzano nell’attività professionale sono: - Caratteristiche del Contratto e del Setting Terapeutico: le sedute si svolgono in uno studio con delle poltrone, un tavolo o una scrivania e una poltrona relax. C’è la possibilità di modulare l’illuminazione e la stanza è poco rumorosa. Normalmente le sedute si svolgono faccia a faccia. La durata delle sedute è circa 1 ora e la loro frequenza è settimanale o più raramente bisettimanale. A seconda dei casi il paziente sarà invitato a fare un lavoro personale a casa, come raccogliere dati, riempire schede, fare diari o esercizi di vario tipo. Ciò stimola maggiormente la partecipazione attiva del soggetto e le sue capacità di autosservazione e di autocontrollo. Dopo i primi colloqui il terapeuta proporrà al cliente un contratto terapeutico, delinerà un progetto terapeutico con obiettivi concreti, utili e raggiungibili. Definirà il più dettagliatamente possibile anche i tempi, il costo e le probabilità di successo. Visto che alcune tappe della terapia possono essere chiarite soltanto nel corso del trattamento e delle successive analisi funzionali, e visto anche che il paziente non è in grado di comprendere il processo terapeutico e le finalità ultime, è preferibile contrattare per stadi o per tappe; - Criteri Diagnostici Utilizzati per l’Inquadramento del Caso: per la diagnosi clinica normalmente si fa riferimento al DSM IV. Tuttavia per un’analisi comportamentale e cognitiva utile all’intervento psicoterapeutico non è sufficiente una diagnosi. L’assessment comportamentale e cognitivo è un atto complesso, che solo in parte viene fatto nei primi colloqui. La valutazione continua durante tutto il processo terapeutico, che serve a vagliare i risultati raggiunti, ma anche a guidare di volta in volta le scelte terapeutiche. L’assessment va inteso sia come osservazione e misurazione, sia come valutazione sperimentale del comportamento. Si inizia esaminando il problema presentato dal cliente e valutando gli antecedenti immediati (le circostanze in cui compare il disturbo) e le conseguenze esterne (rinforzi sociali o ambientali) o interne (pensieri, sentimenti, aspettative) al comportamento problematico. Successivamente si raccoglie la storia del soggetto nelle varie tappe della vita, nei suoi rapporti con la famiglia, le amicizie, gli amori, la scuola, il lavoro, il suo ambiente culturale e naturale. In questo modo si cerca di evidenziate anche le abilità generali del soggetto rappresentate da modelli di comportamento associati a date classi di stimoli. Per attuare un buon assessment lo strumento fondamentale è il colloquio clinico, mediante il quale si raccolgono le informazioni, si danno informazioni e si crea la relazione terapeutica. Per completare e rendere più precise le informazioni si possono usare inventari, questionari e batterie come il CBA 2.0 (Cognitive Behavioral Assessment). Utile è anche l’assessment psicofisiologico. Nell’assessment comportamentale, oltre all’osservazione diretta e indiretta di comportamenti “covert” e “overt”, sono utili le procedure di automonitoraggio tramite schede di registrazione comportamentale e cognitiva, i diari e i self-reports. Nell’assessment cognitivo si usa normalmente la registrazione di pensieri disfunzionali con la tecnica a più colonne. L’uso del videoregistratore può essere utile specie nei trattamenti di gruppo. L’uso del role-playing (simulazione del gioco delle parti), le prove di interazione reale o di contatto con lo stimolo possono dare molte informazioni. Nel contesto psicoterapeutico la maggior quantità di informazioni ci viene dal contatto diretto con il paziente, dal suo modo di comunicare verbalmente o non verbalmente, dalle sue parole, dai suoi silenzi, dai suoi racconti, dalle sue interpretazioni e da come noi percepiamo la relazione interpersonale; - Andamento Generale del Processo Terapeutico: l’approccio cognitivo-comportamentale presenta alcune caratteristiche, per altro non rigide: - la terapia si definisce breve prospettando cambiamenti entro i primi 6 mesi e se necessario cambiamenti più sostanziali entro 1 anno o 2; - è una terapia direttiva (il terapeuta assume il ruolo di insegnante o di consigliere esperto), però con diversi gradi di direttività, a seconda del caso; - successivamente tende a diventare più collaborativa (terapeuta e cliente collaborano per risolvere i problemi). Il terapeuta fin dall’inizio cerca di coinvolgere il cliente nel processo terapeutico, di attivizzarlo, di renderlo autonomo e capace di autogestirsi. Lo stile terapeutico è molto flessibile. La terapia mira a modificare i comportamenti e le emozioni disadattivi. Possiamo rifarci a Kanfer (1988) per spiegare il processo terapeutico: - I Fase: si ascolta il problema del cliente e si procede all’assessment, alla raccolta dei dati anamnestica, delle notizie provenienti dall’ambiente. Le prime battute sono importanti perché sono volte all’istaurare una relazione di fiducia, precondizione per una terapia efficace. Il terapeuta deve avere un atteggiamento empatico ed accettante. Si raccolgono le informazioni con domande finalizzate ora aperte ora chiuse. Il contatto oculare deve essere modulato, né troppo evidente, né distratto, con tutte le sfumature delle comunicazioni non verbali; - II Fase: si induce il cliente ad aspettarsi che il cambiamento sia possibile. Aumentare la self-efficacy è un passaggio essenziale in psicoterapia e per questo si rinforzano ed enfatizzano i comportamenti positivi ed efficaci che il paziente riferisce, anche quelli relativi alla sua vita passata; - III Fase: si fa un’analisi comportamentale più approfondita del problema e si comincia a introdurre un modello esplicativo per i comportamenti problematici. Quindi si cerca di far imparare al paziente a ragionare come il terapeuta e ad assumere il suo modello interpretativo; - IV Fase: si elabora un programma di trattamento. Il modello va adattato al paziente, si chiariscono i problemi centrali, le connessioni biopsicosociali, l’origine, i possibili cambiamenti, elaborando delle ipotesi plausibili. Si descrivono le tecniche proposte, il loro uso, i loro effetti e il loro significato; - V Fase: è la conduzione del trattamento. Il trattamento non deve mai essere rigido e schematico ma flessibile, i passi terapeutici non devono essere difficili né di eccessivo costo per il paziente. Questa fase è caratterizzata dai “consigli” e dalle “riflessioni” mentre diminuiscono le affermazioni empatiche. Si va instaurando una collaborazione centrata sul metodo ipotetico del “problem solving”; - VI Fase: sottolinea il monitoraggio e la valutazione del progresso, cosa per altro da farsi in varia misura in tutto il corso della terapia; - VII Fase: prende in considerazione la generalizzazione del processo e la dissoluzione del legame terapeutico. Quando il cliente si sente sicuro di poter maneggiare i problemi, magari con l’aiuto di persone del suo ambiente, la terapia può dirsi in via di conclusione. La conclusione può avvenire lentamente diradando fino a esaurimento gli incontri, ponendo attenzione alla prevenzione delle ricadute. - Principali Aspetti Tecnici del Trattamento: la caratteristica degli interventi cognitivo-comportamentali è l’uso di numerose tecniche per modificare comportamenti, emozioni e cognizioni, tra cui vi sono: - tecniche che aumentano la probabilità di emissione di un comportamento. Quando il comportamento è già nel repertorio del cliente sin usano i rinforzamenti “overt” (eventi oggettivi) positivi o negativi, o i rinforzamenti “covert” (eventi soggettivi) positivi o negativi. Quando si devono costruire nuovi comportamenti o abilità comportamentali non possedute dal soggetto si usa il modellaggio (shaping), il concatenamento (chaining), il suggerimento (prompting), la guida fisica, il confronto (matching) e l’attenuazione dello stimolo (fading); - tecniche che riducono la probabilità di emissione di un comportamento come l’estinzione, la desensibilizzazione sistematica, il flooding, la punizione, il time out, il costo della risposta, l’ipercorrezione, la sensibilizzazione “covert” di Cautela; - tecniche che aumentano o riducono la probabilità di emissione di un comportamento come le tecniche per il controllo da parte dello stimolo, il rinforzamento differenziale, il controllo degli operanti “covert”, il modellamento (modeling); - tecniche composite come il training di assertività, la token economy, la stress inoculation, le tecniche di problem solving, l’addestramento all’autoistruzione e all’autocontrollo e le tecniche con biofeedback. 3. Relazione Terapeutica: è solo in epoca recente che viene focalizzata e studiata la relazione terapeutica in campo comportamentista. Negli anni Settanta la relazione terapeutica viene vista come una pluralità di “variabili di relazione” fra cui trovano posto le aspettative e i fattori di personalità sia del terapeuta che del paziente. La relazione terapeutica ha una importanza notevole nell’avviare, nel condurre e nel rendere possibile il processo terapeutico. Mediante l’interazione terapeuta-cliente si creano le condizioni necessarie perché i processi di apprendimento possano agire. Possiamo concludere che una buona relazione terapeutica, se non è sufficiente agli effetti terapeutici è però necessaria in certi momenti essenziali nelle psicoterapie cognitivo-comportamentali. La Teoria della Cura: Quale Cambiamento e Come Indurlo L’Obiettivo Finale della psicoterapia non è solo il superamento dei disturbi ma anche il miglioramento della qualità della vita (QdV) sia oggettivamente che soggettivamente. In primo luogo il terapeuta deve rispondere ai bisogni e ai problemi immediati del cliente. È importante l’acquisizione da parte del paziente di aspettative di efficacia, di capacità di individuare i problemi, di un metodo per interpretare e gestire i menomi. Il risultato finale sarà un cambiamento nel comportamento, nelle emozioni e nelle cognizioni superficiali e probabilmente profonde. È la globalità dell’uomo che deve cambiare in modo più o meno radicale e in funzione dell’ambiente. Normalmente gli interventi cognitivo-comportamentali usano più punti d’attacco o contemporaneamente o in successione e ciò può essere utile per la completezza e la rapidità del processo terapeutico. Il processo di cambiamento si ferma alla constatazione diacronica che il cliente ha acquisito capacità di autogestione che gli permetta di affrontare gli eventi futuri della vita e di gestire adeguatamente il proprio rapporto con l’ambiente per molto tempo dopo la conclusione della terapia. Per attuare il cambiamento gli elementi imprescindibili sono la relazione terapeutica, la struttura della terapia, le procedure e le tecniche. 4. LA TERAPIA COGNITIVO-COSTRUTTIVISTA Presupposti Teorici di Base Il Modello di Uomo nell’Ottica Cognitiva-Costruttivista viene valutato in base a modelli in grado di comprendere e spiegare le modalità di funzionamento dell’uomo in quanto sistema conoscente. I sensi dell'essere umano non permetterebbero quindi una rilevazione della realtà realistica, ma la creazione di teorie che vengono poi confermate o rifiutate dal sistema cognitivo. Lo Sviluppo e Organizzazione del Sistema Conoscitivo, prevede una sua prima presenza fin dalla nascita, con un successivo aumento di complessità e differenziazione mediante tre processi: - Differenziazione; - Integrazione; - Gerarchizzazione. Il processo che induce un sistema conoscitivo a modificarsi e articolarsi in termini di maggiore complessità è quello dell’Invalidazione, secondo cui alcune teorie costruite all'interno del nostro sistema conoscitivo vengono disconfermate dalla realtà. L’efficienza di un sistema conoscitivo (ovvero la sua capacità di adattamento al mondo) è definibile in termini della sua maggiore o minore articolazione e complessità e soprattutto di una maggiore o minore capacità di accogliere le invalidazioni e di utilizzarle per attivare un proprio processo di crescita. Tale capacità è funzione di una caratteristica strutturale definibile in termini di Flessibilità del Sistema, intesa come un sistema costituito da schemi chiaramente definiti nella loro struttura, articolati in sottosistemi coordinati che possono essere attivati in maniera vicariante in funzione dei propri obiettivi e delle informazioni raccolte nel modo esterno. In contrapposizione alla flessibilità ci sono: - Lassità: quando sia la struttura di ciascun schema, sia le relazioni fra essi sono definite in maniera vaga e ambigua. Un sistema così manca di punti di riferimento stabili e incontra difficoltà a costruire in maniera definitiva le proprie esperienze; - Rigidità: quando sia la struttura interna degli schemi, sia i nessi di implicazione fra essi sono definiti in maniera unica e certa. Le informazioni non congruenti tendono a non essere raccolte e a essere escluse selettivamente dai propri processi cognitivi. Sviluppi Storici e Orientamenti Principali all’Interno del Modello Cognitivista Le origini della psicoterapia cognitiva sono databili fra la fine degli anni '50 e l’inizio degli anni '60. Tra i contributi più rilevanti troviamo - Teoria della Personalità (Kelly, 1955): ha permesso l’approccio psicoterapeutico che va sotto il nome di “psicoterapia dei costrutti personali”; - Terapia Razionale Emotiva (Ellis, 1950); - Psicoterapia Cognitiva (Beck, 1967). Sia la proposta di Ellis che quella di Beck sono inquadrabili nell’ambito di quella che oggi viene definita “psicoterapia cognitivo-razionalista”. L’ottica cognitivo-costruttivista iniziò a svilupparsi in maniera più completa soltanto agli inizi degli anni '80. Bisogna quindi compiere una distinzione: 1. Terapie Cognitivo-Razionaliste: influenzate dai modelli di funzionamento mentale sviluppati nell’ambito della psicologia cognitiva negli anni '60 e '70. Ellis descrive il processo di elaborazione dell’informazione suddividendolo in otto fasi, concatenate linearmente tra loro: - attenzione selettiva verso alcuni stimoli ambientali; - la loro percezione; - codifica; - ulteriore elaborazione in termini inferenziali; - valutazione della loro valenza rispetto ai propri scopi, al proprio benessere e all’immagine di sé; - reazione emotiva; - reazione comportamentale; - conseguenze ambientali, rispetto alle quali può avere inizio un nuovo processo di percezione selettiva. Nella prassi psicoterapeutica lo schema di analisi e di lavoro adottato è sintetizzabile nell’equazione A-B-C in cui A sta per evento attivante interno o esterno all’organismo, B per sistema di convinzioni, ovvero pensieri, convinzioni, immagini che rappresentano il bagaglio cognitivo dell’individuo in funzione del quale vengono effettuate le analisi descrittive, inferenziali e valutative dell’evento attivante e C per gli effetti dell’elaborazione cognitiva sul piano emotivo e comportamentale. Il compito primario del terapeuta è quello di identificare le cognizioni relative ai problemi del paziente, aiutarlo a riconoscere le relazioni esistenti fra queste, le sue emozioni e i suoi comportamenti, aiutarlo a esaminare le prove a favore e a sfavore delle sue convinzioni centrali, incoraggiarlo a verificare concettualizzazione alternative e a sostituire le sue convinzioni con modalità più razionali e adattive di pensiero. All’analisi basata sulla logica dell’A-B-C segue una fase di “discussione” (D) sui contenuti cognitivi e sui processi messi in atto per elaborare l’evento attivante e, al termine di questa, una verifica degli effetti (E) che la nuova concettualizzazione degli eventi produce sul piano dei comportamenti e delle emozioni. Ellis attribuisce al terapeuta il ruolo del docente che insegna al paziente-discente le modalità per riconoscere i propri pensieri irrazionali, per sostituirli con altri più razionali e per condurre le sue esperienze concrete di verifica dei propri assunti. Beck suggerisce un atteggiamento del terapeuta meno direttivo anche per l’utilizzazione del metodo socratico. In questo caso il terapeuta si propone di far acquisire al paziente maggiore consapevolezza dei propri processi di pensiero, di fargli accettare l’ipotesi che essi possano essere scorretti e a formulare nuove ipotesi. Le psicoterapie cognitivo-razionaliste rientrano nell’ambito delle psicoterapie brevi e i tempi di intervento sono prevedibili entro le 40-60 sedute con frequenza settimanale. La durata media è di circa 1 anno; 2. Terapie Cognitivo-Costruttiviste: gli Aspetti Peculiari sono: - totale abbandono della prospettiva empiristica a favore di un’ottica costruttivista radicale; - diverso atteggiamento del terapeuta nei confronti della sintomatologia e della sofferenza emotiva del paziente. Il compito del terapeuta è quello di chiedersi se le costruzioni del paziente siano interamente coerenti e in grado di fargli raggiungere i propri obiettivi. Di fronte a costruzioni apparentemente irrazionali in quanto contrastanti con la logica comune e spesso percepite tali anche dal paziente, il terapeuta si pone il problema del perché le sensazioni, le emozioni e i pensieri del paziente siano quello che sono. L’obiettivo che il terapeuta si pone nei confronti dei sintomi non è semplicemente quello di eliminarli ma piuttosto quello di comprendere il significato e di leggere l’informazioni adattiva che essi veicolano; - diversa modellazione dei processi cognitivi corrispondenti alle emozioni; - riconsiderazione del problema della coscienza e dell’elaborazione inconscia dell’informazione. L’obiettivo di far acquisire al paziente una maggiore conoscenza sui propri processi di costruzione del sé e del mondo passa necessariamente anche attraverso la “presa di coscienza”; - utilizzazione della teoria dell’attaccamento di Bowlby per spiegare i processi e le modalità di sviluppo e costruzione del Sé e per concettualizzare i fenomeni transferali che si verificano nel setting terapeutico. Il Modello Clinico E' importante considerare alcuni elementi: 1. Spiegazione dello Scompenso Psicopatologico: si può affermare che l’efficienza, l’equilibrio e la salute di un sistema sono strettamente connessi con la sua capacità di: - costruire modelli percorribili del mondo; - formulare anticipazioni degli eventi funzionali al raggiungimento o all’eventuale cambiamento dei propri obiettivi; - accogliere le invalidazioni e modificarsi di conseguenza, così da poter produrre nuove previsioni utilizzabili per gli stessi scopi. Nell’ottica cognitiva si preferisce utilizzare i concetti dinamici, legati al divenire individuale, di Compenso e Scompenso, anziché quelli statici di normalità e psicopatologia. Le dimensioni strutturali che rendono più possibile il processo di scompenso di un sistema di conoscenza sono la rigidità e la lassità; 2. Modello dell’Intervento Terapeutico: il lavoro terapeutico è concettualizzato come un processo di ricerca all’interno del quale paziente e terapeuta svolgono i ruoli distinti e complementari rispettivamente di ricercatore e di supervisore alla ricerca. Il paziente è l’esperto rispetto all’oggetto della ricerca (sistema di conoscenza, sensazioni, pensieri, desideri, emozioni...) poiché è l’unico ad avere la possibilità di un contatto diretto con esso. Il terapeuta è l’esperto rispetto al metodo e il suo compito è di suggerire gli strumenti, le procedure e i tempi per portare avanti l’intero processo. L’obiettivo della ricerca è la ricostruzione delle caratteristiche degli schemi prevalenti del sistema del paziente, della loro influenza sul suo comportamento e dei processi di costruzione dei significati. Il compito del terapeuta è aiutare e accompagnare il paziente nel percorso di autoconoscenza, indirizzandolo nelle direzioni potenzialmente più utili e sostenendolo nei momenti emotivamente più difficili, senza offrire proprie interpretazioni o conoscenze preconfezionate. Per risultare efficaci ai fini del cambiamento, l’acquisizione di nuove conoscenze su di sé non può essere esclusivamente razionale, ma deve essere sentita e rivissuta anche emotivamente. Alcuni Elementi Fondamentali da analizzare sono: - Prima Seduta e la Definizione del Contratto Terapeutico: le funzioni del primo colloquio sono: - permettere al paziente di presentare il suo problema; - comprendere qual è la “domanda” che viene posta; - quali aspettative il paziente ha nei confronti della terapia in generale; - definire esplicitamente le dimensioni fondamentali della relazione. Se si ritiene di poter prendere in carico personalmente il paziente, che il problema può essere affrontato all’interno dello approccio e che esistono le indicazioni specifiche per un trattamento psicoterapeutico, l’incontro si concluderà con la definizione delle regole esplicite del contratto ed eventualmente con una descrizione dei criteri generali del modello di intervento. In caso contrario potrà essere opportuno proporre un tipo di intervento alternativo (farmacologico o psicoterapeutico di altro indirizzo) o, nel caso in cui si ritenga di non essere in grado di trattare direttamente il paziente, giustificare l’invio a un collega. Rispetto al Contratto devono essere definiti: - Frequenza delle Sedute (generalmente settimanale); - Durata delle Sedute (55-60 minuti); - Durata del Trattamento (tra i 2 ed i 4 anni); - Pagamento (singolo, settimanale o mensile); - Registrazione delle Sedute (fondamentale nel assessment). - Setting: le posizioni spaziali che paziente e terapeuta possono assumere sono: - posizione frontale con la scrivania nel mezzo; - posizione di profilo senza tavolo intermedio (con l’eliminazione della barriera fisica e l’accorciamento delle distanze si crea un clima più colloquiale); - poltrona reclinabile per il paziente con il terapeuta alle sue spalle; - poltrona reclinabile per il paziente con il terapeuta al suo fianco rivolto verso di lui; - utilizzazione di tutto lo spazio della stanza con la possibilità di usare il movimento. Nell’ambito della psicoterapia cognitiva il paziente e terapeuta interagiscono stando seduti l’uno di fronte all’altro e ciò trasmette il messaggio di una parità di ruolo nel lavoro che si sta svolgendo, di uno stile collaborativi all’interno del quale entrambi i membri rivestono un ruolo attivo nella ricerca di soluzioni e di significati che nessuno dei due possiede a priori. La posizione frontale implica il contatto oculare, favorisce la comunicazione verbale e la possibilità di osservare i reciproci messaggi non verbali. Il Cionini afferma che ogni tanto l’uso di una poltrona reclinabile per il paziente con il terapeuta seduto al suo fianco risulti più funzionale. Il setting costituisce il luogo esclusivo dell’incontro tra paziente e terapeuta non esistendo altre possibilità al di fuori di quel contesto, se non casi fortuiti e del tutto particolari. In questo senso viene regolamentata anche la possibilità di contatti telefonici che, in linea di massima, si cerca di evitare. Esistono eccezioni alla possibilità di accettare come pazienti determinate persone, in primo luogo amici, parenti, conoscenti. Inoltre è inopportuno prendersi carico di persone che sono in relazione stretta e significativa con un proprio paziente attualmente in terapia. - Criteri di Inquadramento Diagnostico (Assessment): vi è un netto rifiuto dei criteri diagnostici del DSM, in quanto le finalità diagnostiche seguono una logica esplicativa. L’obiettivo del processo diagnostico ossia l’assessment è la costruzione di una Teoria del Sistema-Paziente, ossia le finalità che il terapeuta si pone sono: - costruzione di ipotesi sulle modalità del funzionamento del sistema-paziente; - ricostruzione delle tappe e dei momenti critici del suo sviluppo; - comprensione della funzione sintomatologica ai fini della coerenza intrasistemica. Lo strumento fondamentale utilizzato per tale scopo è la raccolta della storia di vita. Il terapeuta durante la narrazione della storia di vita, guida il paziente in modo da raccogliere informazioni che gli permettono di formulare ipotesi su: - Schemi di Attaccamento Attuali e Sistemi di Conoscenza; - Schemi nella Costruzione del Sé e del Mondo; -Dimensioni di Flessibilità, Lassità o Rigidità del Sistema-Paziente; - Schemi di Compenso e di Scompenso dell'Equilibrio del Sistema. Alla raccolta della storia di vita vengono dedicati i tre incontri successivi alla prima seduta e la narrazione del paziente viene registrata, trascritta e codificata mediante l’analisi della struttura formale e del contenuto della narrazione. Al termine del processo di assessment il terapeuta dovrebbe essere in grado di definire un teoria del sistema-paziente che gli permetta di comprendere l’altro nella sua individualità e specificità, di cogliere la logica interna al suo funzionamento mentale e conseguentemente di programmare il proprio intervento. - Criteri Strategici e Modalità Generali di Programmazione e Conduzione del Trattamento: il terapeuta delinea la propria strategia d’intervento e definisce le priorità temporali del cambiamento, ovvero a quali aspetti dare la priorità e a quali dedicarsi in un secondo momento per promuovere il processo di sviluppo ipotizzato. All’inizio della terapia è più comune che il terapeuta decida di intervenire su aspetti periferici del sistema conoscitivo perché altrimenti si attivano resistenze al cambiamento o c’è il rischio di indurre modifiche precoci nell’identità personale. Gli aspetti sintomatici non vengono trattati in modo diretto né all’inizio della psicoterapia né successivamente, e l’unica eccezione è costituita dalla sintomatologia da attacchi di panico quando è stabile e costante. Nella maggior parte dei casi le prime fasi del trattamento sono dedicate a un processo di autosservazione delle proprie emozioni, dei propri pensieri e degli eventi. Al paziente viene chiesto di focalizzare l’attenzione sugli avvenimenti emotivamente più rilevanti della settimana, di osservare le modalità con cui tende a costruirli sul paino emozionale e concettuale e di riportarli nella seduta successiva per discuterne con il terapeuta. In altre situazioni può essere più funzionale impostare il lavoro, sin dalle prime sedute, sul piano delle emozioni privilegiando gli aspetti affettivi della relazione terapeutica. Ciò è necessario quando il paziente dimostra diffidenza e difficoltà a definire rapporti interpersonali significativi con le persone con cui entra in contatto e quindi anche con il terapeuta. Normalmente le esperienze che questi pazienti hanno avuto nei loro primissimi anni di vita con le figure primarie di attaccamento sono state caratterizzate da un disinteresse da parte dei genitori nei loro confronti, da una mancanza di disponibilità all’accudimento, e spesso da rifiuto e ostilità. Per questo l’atteggiamento che assume il paziente è di evitamento attivo di qualsiasi coinvolgimento affettivo per evitare quel fallimento previsto come certo ed inevitabile. Per questo motivo la relazione con il terapeuta diventa centrale, poiché solo se il paziente inizia a costruirsi la possibilità di fidarsi di lui diventa possibile attivare un iniziale processo di cambiamento; - Principali Aspetti Procedurali e Tecnici del Trattamento: il cambiamento strutturale prevede come tappa intermedia la presa di coscienza da parte del paziente degli schemi inconsapevoli e automatici da lui utilizzati nella costruzione dell’esperienza. È essenziale che questo processo venga attuato autonomamente dal paziente e non comunicato dal terapeuta. Esistono varie modalità terapeutiche per attivare il processo di presa di coscienza: - Metodo Maieutico: l’obiettivo è quello di aiutare il paziente a prendere coscienza delle proprie conoscenze automatiche e inconsce direttamente esprimibili verbalmente, delle relazioni intercorrenti fra esse e delle influenze che esercitano sui propri comportamenti. L’analisi è condotta inducendo il paziente a osservarsi dal punto di vista di un osservatore esterno. Il terapeuta deve immedesimarsi nella logica del paziente e si limita ad accompagnarlo nel processo di ricostruzione dall’interno. Il punto di partenza del processo maieutico è dato dall’identificazione di una incoerenza presente nel sistema conoscitivo del paziente. Talvolta dopo un percorso di ricostruzione attuato tramite questa metodologia il processo rallentare e si ferma, ciò è dovuto al limite del metodo maieutico:il canale utilizzato nella ricerca è quello verbale ma non tutti gli schemi sono rappresentabili tramite una ricostruzione inferenziale e traducibili verbalmente; - Lavoro sulle Emozioni: ricorrere a procedure che permettono al paziente di entrare più in contatto con le proprie sensazioni primarie, facendogli rivivere, nel qui e ora del setting, le emozioni sulle quali si sta lavorando, in modo che possa calarcisi dentro, focalizzarsi su ciò che sta provando e tentare di esprimerlo. 3. Relazione Terapeutica: nell’ottica costruttivista è un’alleanza collaborativa con finalità conoscitive, nella quale paziente e terapeuta hanno ruoli distinti e complementari in funzione di obiettivi comuni. Per parlare della relazione come strumento di cambiamento è necessario definirla meglio nella sua dimensione affettivo-emotiva. La cornice per inquadrarla da questo punto di vista è la Teoria dell’Attaccamento di Bowlby, il quale sostiene che il bisogno di una figura di attaccamento si mantiene durante tutto l’arco della vita e si accentua nei momenti di vulnerabilità fisica e affettiva. L’evoluzione del legame che si stabilisce tra paziente e terapeuta è stata descritta attraverso il progredire di fasi successive durante le quali il paziente deve costruire la figura del terapeuta come: - persona in grado di comprendermi; - persona affidabile; - persona capace di offrirmi strumenti utilizzabili nel mio processo di crescita; - figura stabile di attaccamento; - persona reale ed emotivamente significativa che mi consenta un distacco, nel momento in cui la psicoterapia si conclude, senza la sensazione di perdita Uno degli obiettivi primari diventa quello di far leggere al paziente le modalità con cui tende a porsi nella relazione, per aiutarlo a ricostruire le caratteristiche dei propri schemi di attaccamento. Come afferma Bowlby (1988) la relazione terapeutica deve rappresentare per il paziente una “base sicura” da cui poter partire con sicurezza per esplorare e rivivere anche gli eventi più dolorosi della propria vita e i sentimenti, talvolta mai confessati neanche a se stesso, che li hanno accompagnati. L’obiettivo è quello di aiutare il paziente a Ricostruire due Ordini di Fenomeni: - il rapporto esistente fra l’immagine che si è costruito di sé e quella che gli è stata proposta dalle figure di attaccamento; - il rapporto esistente fra le sue esperienze primarie con i genitori e le aspettative attuali nei confronti del terapeuta e di altre figure di attaccamento. Il terapeuta può facilitare e indurre una ristrutturazione degli schemi di attaccamento e di identità offrendo al paziente, all’interno del setting, occasioni concrete di sperimentare stili di rapporto affettivo diversi da quelli che egli è solito definire nella vita di tutti i giorni. La Teoria della Cura Il cambiamento può essere indotto aiutando inizialmente il paziente a prendere coscienza in modo autonomo delle proprie incoerenze interne e successivamente a invalidare alcune delle strutture che definiscono l’incoerenza stessa. In questo processo sta al paziente (mai al terapeuta) decidere quali fra gli schemi che producono incoerenza siano da invalidare, e l’invalidazione di una parte del sistema non definisce in alcun modo la direzione nella quale dovrà attuarsi la successiva ricostruzione di nuove strutture di conoscenza. L’invalidazione di uno schema con ruolo centrale nel mantenimento dell’equilibrio attuale costituisce uno dei momenti più critici del processo terapeutico poiché produce una sensazione di perdita dei punti di riferimento. Questa sensazione di vuoto ha un notevole valore ai fini della crescita individuale perché induce il paziente alla ricerca di schemi alternativi e più funzionali. Inoltre il fatto che l’invalidazione non venga proposta dal terapeuta ma attuata in modo autonomo riduce il rischio di scompenso perché il paziente si permetterà l’invalidazione solo quando le sue potenzialità di cambiamento gli consentiranno la costruzione, anche se lenta e faticosa, di una teoria alternativa dotato di maggiore potere euristico. Compito del terapeuta è solo quello di accompagnarlo nel cammino di ricostruzione, aiutandolo a considerare sia le diverse alternative possibili sia le proprie emozioni, i propri desideri, bisogni, obiettivi, cosicché i nuovi schemi risultino coerenti a essi. Soltanto dopo aver attivato un processo di invalidazione e nel momento in cui il paziente inizia a ricostruire autonomamente quella parte del suo sistema in un modo che percepisce più coerente e più funzionale ai propri obiettivi, il terapeuta può svolgere una ruolo di validazione. Il terapeuta deve validare il paziente in quanto persona in grado di determinare la direzione della propria vita. Quando il processo di cambiamento riguarda strutture periferiche esso può essere indotto mediante l’assunzione di un ruolo più propositivo e pedagogico del terapeuta. Quando, invece, il processo mette in gioco le strutture sovra-ordinate dell’identità personale, il compito del terapeuta come attivatore di sviluppo dovrebbe essere quello di facilitare i processi di invalidazione maturativa rafforzandone i risultati mediante una validazione dell’altro come persona. 5. LA TERAPIA SISTEMICO-RELAZIONARE Il Modello di Uomo: Presupposti di Base e Teoria Generale del Funzionamento Psicologico La Psicologia Relazionale sembra la disciplina più adeguata e sensibile nel cogliere i processi di crescita di una persona all’interno dei suoi contesti relazionali, in quanto capace di ricercare i nessi e di mettere in risalto i pattern di collegamento più significativi fra l’individuo e il suo mondo familiare e sociale. Allo stesso tempo è in grado di registrare l’impatto dei cambiamenti sociali all’interno del gruppo familiare e di descrivere le capacità di quest’ultimo nell’affrontare variazioni di stato e di funzioni per la sua sopravvivenza. Nel Rapporto Famiglia-Individuo si possono individuare tre posizioni: - Sopraindividuale: cioè la famiglia come sistema di interazioni. L’oggetto di analisi e di intervento è la famiglia, definita come sistema governato da regole. Il cambiamento della famiglia patologica prevede un agente esterno ossia il terapeuta. Le sedute sono poste a distanza di tempo (1 o 2 volte al mese) e l’intero processo terapeutico si configura come una terapia breve; - Sopraindividuale-Individuale: i rappresentanti di questa posizione considerano la famiglia come sistema aperto, capace di autogovernarsi e in costante trasformazione. In questo modello il terapeuta è parte integrante del processo psicoterapeutico con la famiglia. Il suo compito è quello di attivare le potenzialità del sistema familiare perché possa, in prima persona, diventare artefice del cambiamento. Le sedute di solito sono quindicinali; - Individuale-Sopraindividuale: in questo modello un ruolo importante ha la storia, il rapporto con le figure significative del passato, la famiglia d’origine. Viene privilegiato il rapporto a due terapeuta-individuo e vengono utilizzati sogni, fantasie, metafore, i prodotti dell’inconscio. La frequenza delle sedute è accorciata, in alcuni casi 1 volta a settimana. La relazione terapeutica ha un posto centrale e il terapeuta si configura come sostituto genitoriale. Il movimento della Psicoterapia Sistemico-Relazionare affonda le sue radici nella cultura americana degli anni '50 e si sviluppa successivamente anche in Italia grazie alla Psicoterapia Familiare. Il Modello Clinico Bisogna analizzare alcuni elementi fondamentali: 1. Spiegazione dello Scompenso Psicopatologico: il pensiero sistemico e le teorie evolutive hanno sicuramente guidato l’evoluzione della psicoterapia familiare. L’emergenza patologica è sempre stata considerata una fase critica nell’evoluzione di una famiglia, incapace di usare adeguatamente le proprie risorse nel momento in cui si trova in un particolare stadio di sviluppo. Nella pratica clinica si è verificato l’importanza di osservare la posizione dei figli e del loro genere sessuale nel rapporto di coppia. Se il rapporto è armonico ed esiste una buona reciprocità tra i due partner, i figli sono condivisi sul piano affettivo e possono giocare liberamente le proprie parti maschili e femminili, mentre se il rapporto è disarmonico e se esistono forti stereotipi sessuali si verrà a stabilire una sorta di lealtà invisibile tra genitore e figlio dello stesso sesso, a scapito dell’altro partner. Un'altra area di indagine è l’osservazione delle dinamiche emotive e degli atteggiamenti di ciascuno dei partner nei confronti di un terapeuta maschio o femmina. Nella terapia la famiglia viene considerata protagonista della cura. Se si riesce a osservare l’interazione tra più generazioni è più facile entrare nel mondo interno dell’individuo e cogliere il legamene tra esperienze attuali e bisogni irrisolti del passato; 2. Modello dell’Intervento Terapeutico: di cui bisogna considerare: - Caratteristiche del Contratto e del Setting: per stabilire un contratto e per scegliere il setting più adeguato va considerato il problema della motivazione e dell’aspettativa della famiglia riguardo a questo tipo di terapia. Quindi il primo livello, ossia quello iniziale, è che la famiglia sia motivata nella misura in cui c’è un problema che crea un livello di sofferenza sufficiente a farla venire in terapia. La motivazione all’inizio parte da una situazione di impotenza e di disagio del gruppo nei confronti di una problematica seria e grave di uno dei suoi membri, di cui ci si aspetta la guarigione o quanto meno il recupero delle prestazioni funzionali. È nel corso della terapia che da questa problematica concentrata sulla sofferenza di un membro del gruppo si può passare a una ricerca motivazionale individuale. I problemi di controllo, di negazione di sé e di autodistruzione dovranno spostarsi dal paziente designato ai diversi componenti del gruppo, per cui ciascuno alla fine potrà trovare un’occasione di arricchimento personale. Se questo processo si innesca nel gruppo assistiamo a un cambiamento significativo di tutta l’organizzazione familiare. Nella terapia familiare bisogna anche verificare se ciò che si propone alle persone coinvolte nel problema è abbastanza vicino alla loro realtà emotiva e se esse sono sufficientemente disponibili ad accettate una realtà terapeutica che tende ad “allargare il quadro”. Un elemento da valutare è la durata del “congelamento” dello sviluppo esistenziale del gruppo, quindi per quanto tempo cioè la mobilità esistenziale della famiglia è rimasta bloccata dalla patologia specifica di uno dei membri. Una terapia familiare può portare anche, come esito finale, a una richiesta di terapia individuale da parte di uno dei membri della famiglia. Questo si verifica abbastanza frequentemente, al punto che si può pensare che la terapia familiare possa configurarsi come il primo passo in una situazione di conflittualità non chiaramente definita; - Criteri Diagnostici per l’Inquadramento del Caso: ci sono alcune figure che descrivono le modalità relazionali della famiglia in una prospettiva dinamico-evolutiva: - Relazioni con la Famiglia di Origine: si definisce armonica una coppia che presenta sufficiente equilibrio tra appartenenza e separazione, cioè entrambi i partner hanno elaborato una buona separazione dalla propria famiglia di origine, pur essendo entrambi profondamente radicati nei propri sistemi di appartenenza; - Relazioni di Coppia: per raggiungere una posizione bilanciata di coppia è importante salvaguardare l’area dell’intimità duale da invasioni intergenerazionali proveniente sia dal piano dei genitori e della famiglia estesa in senso lato che da quello dei figli. È stato riscontrato quanto sia dannoso per l’integrità della coppia quel fenomeno chiamato “adozione della coppia nella famiglia di origine di uno dei due partner”. È necessario inoltre che ciascun partner della coppia mantenga un sufficiente livello di autonomia personale e di curiosità nei confronti dell’altro. È importante la capacità di condividere e di sentire i bisogni affettivi dell’altro senza rinunciare all’espressione dei propri; - Passaggio dalla Relazione di Coppia alle Relazioni Familiari: una famiglia sarà armonica quando la coppia, avendo un sufficiente equilibrio tra appartenenza e separazione e avendo consolidato una relazione di intimità soddisfacente con confini ben definiti, può costruire una famiglia che ripropone un clima di armonia, dove gli affetti circolano liberamente da un piano generazionale all’altro. Nelle famiglie armoniche non si assisterà a quel fenomeno che viene descritto come “parentificazione” di un figlio che corrisponde a una vera e propria inversione nelle funzioni di genitore e di figlio; - Relazione tra Fratelli: osservando la relazione tra fratelli è possibile fare già una prima valutazione della struttura dell’intera famiglia; - Famiglia e Sistema Sociale: dobbiamo sempre considerare la partecipazione della famiglia alle svariate espressioni del suo sistema sociale per poter valutare il sistema di funzionamento normale di una famiglia. È l’impatto con l’esterno che permette di valutare la qualità e la solidità dei rapporti affettivi. Per questo sarà utile osservare il sistema degli amici e valutare come le diverse generazioni, quella degli anziani, quella degli adulti e infine quella dei minori, dialogano con il mondo dei loro pari e come ciascuno rispetti il mondo relazionale esterno dell’altro. Sarà anche importante esplorare la permeabilità con l’ambiente lavorativo e scolastico degli adulti e dei figli ed inoltre valutare il sistema di valori della famiglia e la sua condivisione e trasmissione intergenerazionale. - Andamento Generale e Modalità di Programmazione e Conduzione del Processo Terapeutico: la realtà si esprime e si condensa nelle descrizioni che ognuno dà di fatti, persone, idee, sentimenti, siano essi condivisi o specifici dell’individuo. Il terapeuta, intervenendo sulla spiegazione del cliente, promuove una rilettura degli eventi. Un terapeuta competente deve essere in grado di cogliere gli elementi più salienti e carichi di emotività del racconto, allargarli e ricollegarli in modo adeguato tra loro, costruendo nuove ipotesi relazionali. Il terapeuta deve riaprire in più direzioni le informazioni dirette in modo condensato dal cliente verso l’attenzione del terapeuta. Inoltre egli deve collocarsi ad una distanza “giusta” per cogliere informazioni rilevanti e spostarle in una nuova dimensione spazio-temporale, potendo quindi vedere l’insieme, ma nello stesso tempo avvicinarsi e cogliere il particolare; - Relazione Terapeutica tra l’Uno e l’Insieme: è possibile scrivere una storia con la famiglia nel contesto della terapia. All’interno di questa storia temporanea artificiale è possibile apprendere come ricercare significati diversi negli eventi e nei comportamenti reciproci ed eventualmente sperimentare nuove alternative nel proprio ambito esistenziale. Nella costruzione di questa storia terapeutica il terapeuta diventa parte integrante della famiglia, rappresentando il nuovo nesso che tramite le sue immagini fa da catalizzatore nella ricerca di nuovi percorsi relazionali che cercano di dare un senso diverso alla storia familiare nel suo insieme; - Principali Aspetti Procedurali e Tecnici del Trattamento: rispetto ai tempi essi possono essere: - molto brevi (una singola seduta può già creare effetti terapeutici); - lunghi (non più di 2 anni, con sedute mensili). Tendenzialmente una terapia si conclude nell’arco di alcuni mesi o di due anni. I tempi di verifica delle motivazioni personali di un cliente che chiede una psicoterapia individuale possono essere relativamente più lunghi, per cui sono necessari 2/3 mesi per scoprire o sollecitare i suoi livelli motivazionali. Tre sedute sono il tempo necessario per cominciare a stabilire le regole del gioco e per cercare di capire come si possono incontrare o scontrare i presupposti del terapista e quelli della famiglia e quali mediazioni o che tipo di progetto comune si possa mettere in atto. Nella psicoterapia individuale si prevede l’incontro con il paziente almeno 1 o 2 volte alla settimana, in una situazione a due, che diventa il contesto principale del cambiamento. Invece in campo familiare si tende a non vedere famiglie a intervalli settimanali perché questa frequenza può creare dipendenza. Inoltre mentre per una psicoterapia individuale, molto spesso basate sulle capacità di comprensione linguistica, un livello socioculturale medio-alto è decisamente importante, questo tipo di esigenza diventa secondaria in un intervento familiare. La terapia familiare termina quando la famiglia, attraverso la relazione terapeutica, ha acquisito e fatto proprio un metodo di lavoro che le permetta di essere equipaggiata per altre crisi del suo ciclo evolutivo, con nuove risorse a disposizione e avendo acquistato una chiave di lettura in modo da interpretare i fatti, diversi dai precedenti, che sembrano averla bloccata a un particolare stadio del proprio ciclo evolutivo. La Teoria della Cura: Spazio e Tempo, Parametri del Cambiamento È proprio la possibilità di esplorare aree sempre nuove e problematiche che permette di differenziare in esse quegli aspetti che maggiormente servono a ridefinire il valore degli elementi in gioco, a costruire una nuova realtà, separandosi da quella vecchia. Una Terapia Riuscita si realizza quando: - il comportamento del paziente designato appare modificato e i sintomi per cui è stata richiesta la terapia sono scomparsi o alleviati; - la famiglia si è appropriata del proprio tempo evolutivo e il paziente designato non ha più la funzione di bloccarlo, ponendosi al centro dell’esistenza stessa del gruppo. 6. L'ANALISI TRANSAZIONALE Il Modello di Uomo: Presupposti Teorici di Base Bisogna distinguere tra tre Livelli: 1. Livello Intrapsichico: Berne (1971) considera la personalità come un sistema complesso organizzato in strutture corrispondenti a piani evolutivi diversi nel quale si considera la presenza, collaborativa o conflittuale, di tre Sistemi o Organizzazioni dell’Io: - Neopsiche: un sistema elaborativo collegato all’analisi ideo-affettiva del qui e ora; - Esteropsiche: un sistema di organizzazione di materiale psichico introiettato; - Archeopsiche: un sistema legato all’organizzazione delle pulsioni istintuali, dei bisogni e delle esperienze emotive primarie 2. Livello Relazionale: il concetto berniano che agisce come ponte tra il mondo interno e il mondo esterno è quello delle Carezze, viste come lo stimolo affettivo sensoriale indispensabile per il mantenimento del proprio concetto di identità e per il rinforzo del proprio posto nel mondo. Esse sono alla base della spinta interpersonale alle transazioni e ai giochi; 3. Livello Esistenziale: Berne definisce il Copione come un piano di vita sviluppato nella prima infanzia sotto l’influenza genitoriale che dirige i comportamenti delle persone negli aspetti più importanti delle loro vite. I copioni sono visti come potenzialmente produttivi, distruttivi o improduttivi. Berne sottolineò come il fattore determinante alla base del copione di ogni persona è la decisione che ogni bambino prende a partire dalle pressioni genitoriale e ambientali in cui si trova. Nell’analisi transazionale contemporanea si considera che il bambino soddisfi i suoi bisogni psicologici di base di essere e di esserci a partire dalle convinzioni che egli ha derivato dall’atmosfera familiare in cui si è trovato. Il Modello Clinico Del Modello Clinico dell'Analisi Transazionale bisogna considerare: 1. Spiegazione dello Scompenso Psicopatologico: l’origine remota del quadro psicopatologico di una persona viene nell’analisi transazionale fatta risalire a tensioni esistenti nell’interazione tra il bambino e il suo ambiente, primariamente la madre. Pur considerando l’esistenza di possibili fattori traumatici scatenanti lo scompenso psicologico, nella letteratura di analisi transazionale si sottolinea la condizione di costante rinforzo della propria patologia strutturale, funzionale e esistenziale a partire da eventi e relazioni nel qui e ora. Le sequele relazionali che a partire da una proposta adulta portano, attraverso un imprevisto fallimento della relazione, alla conferma di una posizione esistenziale arcaica profondamente negativa e ripetitiva, sono dette Giochi Psicologici. Possiamo considerare i giochi psicologici come il principale evento relazionale che nel qui e ora conferma e rinforza lo scompenso psicologico; 2. Modello dell’Intervento Terapeutico: di esso bisogna considerare: - Caratteristiche del Contratto e del Setting: rispetto al Contratto l’analisi transazionale opera in sequenza o contemporaneamente su due versanti: - Versante clinico: il cui obiettivo è la guarigione, e il procedimento è la terapia; - Versante esistenziale: il cui obiettivo è l’autonomia, e il procedimento è la crescita. La terapia transazionale è una terapia contrattuale, cioè una terapia in cui gli aspetti procedurali, amministrativi, professionali e psicologici della relazione paziente-terapeuta sono non solo delineati all’inizio, ma costantemente tenuti presenti e aggiornati se è il caso. Quindi il Contratto Procedurale descrive quali sono i compiti del terapeuta e del paziente concernenti la loro presenza nel setting analitico transazionale con il gruppo, mentre il Contratto di Terapia descrive gli specifici obiettivi di ogni singolo paziente e i mezzi per raggiungerli. Quando il paziente sarà inserito nel gruppo informerà gli altri membri dei suoi contratti di terapia. Il Set è invece inteso come l’insieme di accorgimenti pratici che caratterizzano l’ambiente nel quale si svolge la seduta, accorgimenti tesi a rendere l’ambiente fisico se non terapeutico in sé, per lo meno tale da ottimizzare la seduta stessa. È bene che il luogo dove si svolge la terapia sia il più possibile al riparo da disturbi esterni perché maggiore sarà l’energia disponibile per la terapia. La stanza deve offrire lo stesso livello di comfort, riservatezza e funzionalità che ogni forma di terapia richiede. I pazienti sono accomodati in poltroncine in cerchio. Alle spalle del terapeuta ci sarà una lavagna utile per sostenere con supporti scritti le analisi strutturali e transazionale usate per la decontaminazione dei pazienti. Il terapeuta deve sedere in un angolo perché la posizione diagonale offre la miglior visuale per osservare ogni paziente. Berne sottolinea il fatto che il terapeuta, come il chirurgo, non debba avere la luce negli occhi. Le sedie devo essere disposte in modo tale da non consentire ad un pazienti di isolarsi dal gruppo. Berne non scoraggia il fatto che il terapeuta possa rispondere al telefono nel corso delle sedute di gruppo, comunque non più di una o due volte per ora, e se il telefono è in un’altra stanza un’assenza di 2 o 3 minuti può suscitare reazioni interessanti. Il Setting è quell’insieme di norme, regole e procedure che vanno a costituire l’atmosfera di gruppo e che è fondamentale che siano strategicamente previste e organicamente proposte in modo da facilitare il processo terapeutico. Per Norme si intendono quelle direttive basate su valori genitoriale che sono indispensabili per garantire l’esistenza stessa del gruppo terapeutico. La norma prevede una sanzione in caso di violazione. Nella pratica clinica si può dire che l’unica norma realmente indispensabile sia quella della confidenzialità o segretezza, per cui si richiede che i membri del gruppo si astengano dal portare fuori dal gruppo stesso materiale emerso nella seduta e allo stesso modo del terapeuta che è vincolato dal segreto professionale. In caso di violazione di questa norma da parte di un paziente, la norma prevista è la sospensione dalle sedute di terapia di gruppo, sostituite con sedute di terapia individuale che dureranno fino alla risoluzione del problema che ha causato la violazione stessa. Per Regole si intende una serie di principi operativi basati su considerazioni adulte utili a favorire l’ambiente necessario affinché il gruppo abbia un effetto terapeutico, ossia un ambiente nel quale si verifichino quei fenomeni la cui analisi consenta il raggiungimento dell’obiettivo clinico. Ci sono due Regole Fondamentali: - Regola dell’Espressione: si riferisce all’impegno che i pazienti assumono a esprimere ciò che pensano e provano a partire da ciò che succede nel gruppo non appena ne diventa consapevoli o non appena una qualche sensazione segnali loro la presenza di un dialogo interno; - Regola della Sincerità: si riferisce all’impegno a esprimere i sentimenti e le emozioni che la persona prova, a prescindere da qualsiasi pregiudizio sulla loro pertinenza. Le regole non sono poste a garantire l’esistenza stessa del gruppo ma per il buon funzionamento e la crescita del gruppo stesso e dei suoi componenti. Per Procedure si intende le modalità di svolgimento di un gruppo di terapia. Il terapeuta deve essere attento non solo al contenuto espresso dal paziente ma anche al tono della voce, al volume, al ritmo, al timbro, alla mimica, alla gestualità e alla distanza fisica che il paziente ha rispetto agli latri membri del gruppo. Berne sottolinea come sia fondamentale per il terapeuta transazionale una buona conoscenza della pasimologia ossia della scienza che studia il significato dei gesti. Un buon terapeuta deve essere: un acuto osservatore, un attento ascoltatore, un instancabile raccoglitore di dati, un investigatore curioso, un clinico disciplinato, un meticoloso tecnico, un medico coscienzioso e un libero pensatore. - Criteri Diagnostici per l’Inquadramento del Caso: per Berne sono necessarie una Diagnosi Strutturale e Funzionale, in cui analizza sia la struttura degli stati dell’Io (fatta a livello comportamentale, sociale, storico e fenomenologico) sia il funzionamento dell’Io (funzionamento contaminato e decontaminato, funzionamento escluso, funzionamento labile e funzionamento attivo), e una Diagnosi Descrittiva, che si basa sull’analisi dei giochi psicologici che il paziente manifesta, specialmente in terapia, e del copione esistenziale che porta avanti; - Andamento Generale del Processo Terapeutico: il paziente viene intervistato per effettuare una diagnosi e per stabilire un contratto iniziale di terapia. Ciò avviene in un numero variabile di sedute (da 2 a 5) dopo le quali il paziente viene abitualmente inserito in un gruppo di terapia. Harry Boyd (1976) afferma che la terapia avanza più agevolmente se i suoi stadi vengono elaborati in ordine successivo: - I Stadio: Motivazione. Questo stadio è raggiunto quando il paziente decide di voler cambiare. Questa fase è completa solo quando il paziente è consapevole sia a livello razionale che intuitivo; - II Stadio: Consapevolezza. Il paziente è aiutato a identificare i suoi pensieri e i suoi vissuti. Questo stadio si completa quando il paziente ha trovato che cosa è che è necessario cambiare; - III Stadio: Contratto di Terapia. Questo stadio consiste nell’individuare gli obiettivi della terapia a livello personale e sociale; - IV Stadio: Deconfusione del Bambino. In questo stadio il terapeuta userà varie strategie, tecniche e metodi necessari per far sì che il paziente riviva e rielabori le esperienze e i vissuti sui quali si fonda il suo copione; - V Stadio: Cambiamento. Il cambiamento avviene quando il paziente cambia un qualche aspetto del suo copione, e ciò avviene gradualmente nel tempo; - VI Stadio: Riapprendimento. Questo stadio è caratterizzato dal processo che avviene mano a mano che il paziente integra le sue ridecisioni e il cambiamento nella sua vita quotidiana e nel suo progetto esistenziale. Una volta che il paziente agisce autonomamente e ottiene rinforzi per i suoi comportamenti può terminare la terapia; - VII Stadio: Termine della Terapia. Si tratta di aiutare il paziente a riconoscere nel terapeuta e nei compagni di gruppo delle vere persone con cui ha fatto un importante e profondo cammino di vita e che quel cammino è terminato. - Principali Aspetti Procedurali e Tecnici del Trattamento: per raggiungere gli Obiettivi Terapeutici l’analisi transazionale deve: - fornire una cornice (analisi strutturale) in cui avviene la decontaminazione; - fornire anche la cornice nella quale applicare la rienergizzazione; - offrire una cornice di facile apprendimento per ottenere il chiarimento; - fornire controlli immediati e facilmente verificabili sul riorientamento del paziente. Il paziente può presentarsi più o meno confuso e l’analisi transazionale si propone di risolvere questa confusione in maniera pianificata attraverso una serie di operazioni analitiche e sintetiche: - decontaminazione; - rienergizzazione; - riorientamento; - integrazione ideo-affettiva; - espressione A secondo dello stato dell'Io funzionale da cui il terapeuta li propone gli Interventi si dividono in: - Interventi Adulti; - Interventi Genitoriali; - Interventi bambini. - Relazione Terapeutica: nell'analisi transazionale si è sempre sottolineata l’importanza che il terapeuta si mostri una persona vera invitando anche il paziente ad esserlo. Poiché l’intervento dell’analista transazionale si basa principalmente su eventi che avvengono nel qui e ora durante la seduta, è evidente come proprio l’analisi dei fenomeni della relazione terapeutica, sani e patologici, sia al centro della terapia, specialmente della terapia individuale. La relazione transferale è una parte essenziale della relazione terapeutica e l’analisi transazionale si è interessata della gestione di queste situazioni sin dai primi scritti di Berne. La Teoria della Cura Il Cambiamento Terapeutico viene indotto dal legame che il paziente stabilisce con il terapeuta e con gli altri membri del gruppo. Il cambiamento può essere considerato in tre Dimensioni: - Clinico-Medica: il cambiamento consisterà nella cessazione del sintomo nevrotico o della condotta borderline o psicotica, sostituiti dal controllo sociale; - Psicologico-Funzionale: si considera il paziente cambiato quando avrà risolto le difficoltà e la patologia strutturale e funzionale degli stati dell’Io; - Esistenziale: il paziente è cambiato quando si è liberato del copione che portava avanti e gestisce in autonomia gli eventi che la vita gli propone, e quelli che lui stesso costruisce nelle manifestazioni affettive e sociali della sua autonomia. 7. LA TERAPIA CENTRATA SUL CLIENTE DI CARL ROGERS Il Modello di Uomo: Presupposti Teorici di Base Il termine Client-Centered Therapy (terapia centrata sul cliente) indica un approccio teorico clinico al counseling e alla psicoterapia sviluppatosi a partire dagli anni '40 per opera dello psicologo americano Carl Rogers. Rogers conferiva al paziente pari dignità e responsabilità all’interno della relazione, ridimensionando nel contempo il potere dell’esperto. Il Modello Clinico Due sono i Principi Fondamentali che Muovono l’Intero Modello della Personalità: - Principio Olistico: afferma l’unità psicofisica e la coerenza della personalità. È per mantenere tale coerenza che i dati esperienziali vengono vagliati prima di arrivare alla percezione; - Principio Dinamico: la vita non consiste in una mera sopravvivenza ma in un continuo processo verso la differenziazione, l’autonomia e lo sviluppo delle potenzialità innate. Il Modello Bifocale di Rogers divide la personalità in due grandi strutture: - Campo Esperenziale; - Concetto di Sé. Questi vengono rappresentati da due cerchi secanti più o meno compenetranti a seconda del buono o cattivo funzionamento della personalità stessa. Del Modello Clinico della Terapia Centrata sul Cliente bisogna considerare: 1. Spiegazione dello Scompenso Psicopatologico: Rogers si occupa del Concetto di Sé, ossia l’insieme degli elementi autodescrittivi coscienti organizzati attorno a valori o costrutti. Esso è soggetto sia al principio olistico sia a quello dinamico in quanto tende cioè a mantenersi omogeneo, coerente e costante nel tempo pur andando incontro a continui rimodellamenti. Una volta formato, il concetto di sé va salvaguardato in ogni caso, sia che risulti funzionale e flessibile sia che si trovi a essere rigido e condizionato. Perciò le varie esperienze che si affacciano nel campo passano al vaglio della coerenza con esso. Se l’elemento esperienziale risulta compatibile viene percepito e simbolizzato senza problemi, se non lo è, può divenirlo tramite una modificazione del concetto di sé, ma questo accade soltanto nel caso più favorevole, quando quest’ultimo è plastico. Viceversa, le esperienza percepite come incoerenti verranno intercettate prima di arrivare alla percezione oppure percepite correttamente ma simbolizzate in modo distorto. È questa la situazione di malfunzionamento della personalità. L’incoerenza tra concetto di sé ed esperienza priva l’individuo del contatto con le proprie emozioni. Nel migliore dei casi il concetto di sé rimane salvo e integro ma alienato. Nel peggiore dei casi l’interruzione massiva degli elementi esperienziale incoerenti disintegra il concetto di sé. Dal punto di vista psicopatologico queste due situazioni corrispondono, la prima a una problematica di tipo nevrotico, la seconda a una crisi psicotica acuta; 2. Modello dell’Intervento Terapeutico: di cui bisogna considerare: - Caratteristiche del Contratto e del Setting: il Setting rogersoniano non ha particolari caratteristiche se non quelle di rimarcare la sostanziale parità fra i due sottoscriventi il contratto terapeutico. La posizione sarà vis-à-vis. Rogers non dà particolari indicazioni sulla durata della seduta, che attualmente varia tra i professionisti da 50 minuti a 1 ora. La frequenza è in linea di massima settimanale; - Diagnosi in Clinica e Ricerca: nella sua battaglia contro il modello psichiatrico tradizionale, Rogers è avverso alla classificazione diagnostica e nosografica nell’ambito clinico. La terapia centrata sul cliente di Rogers non prevede alcun intervento a fini diagnostici preliminari alla psicoterapia. Sia nei primi colloqui che in quelli ulteriori, il terapeuta segue senza alcun schema precostituito il filo del discorso del cliente. La massima cura è volta a instaurare e mantenere qual clima facilitante interpersonale che, nelle sue varie articolazioni di empatia, accettazione e congruenza, costituisce la terapia. Nelle fasi iniziali i Rimandi Empatici servono a raccogliere informazioni e a analizzare la domanda in modo che si arrivi a una corretta formulazione del contratto. Il principio che viene seguito è "più vuoi sapere, meno devi chiedere". 3. Relazione e Processo Terapeutico: forse in nessun altro approccio quanto in quello client-centered, il processo terapeutico è così strettamente legato alla relazione. La terapia è considerata un incontro tra due persone, e il terapeuta è mosso dal desiderio di conoscere l’altro in termini il più possibile vicini a quelli con cui egli stesso si conosce. Per questo qualunque tipo di tecnica terapeutica, per quanto brillante e efficace, è subordinata a questa dimensione. Fondamentali sono le Condizioni e la Conduzione del Processo Terapeutico. Le Condizioni Necessarie e sufficienti per promuovere una modificazione costruttiva della personalità sono: - Congruenza Personale: - comporta che i sentimenti provati per il cliente siano disponibili alla coscienza; - è importante perché costituisce un modello di identificazione per il cliente. Il cliente può imparare a familiarizzare con i propri sentimenti così come vede fare al terapeuta. La congruenza del terapeuta viene per lo più percepita dal cliente in modo non verbale come una genuinità, un fare spontaneo e autentico; - in particolari casi il terapeuta può aprirsi con il cliente, dando luogo a un’operazione di “trasparenza”. Nella tradizione rogersoniana le condizioni di base nelle quali essa può verificarsi sono 3: ciò che il terapeuta comunica deve essere vero, rilevante e giungere al momento opportuno. - Accettazione Positiva Incondizionata: - non può essere totale ma trova un limite nella congruenza del terapeuta; - implica l’accettazione di tutti i sentimenti espressi dal cliente, sia quelli negativi, pieni di paura e di dolore, “cattivi”, difensivi e anormali, sia di quelli buoni, positivi, maturi, fiduciosi e sociali. Implica quindi l’accettazione non solo degli aspetti coerenti della personalità del cliente ma anche dei suoi aspetti incoerenti. Significa che ci si interessa del cliente come di una persona distinta che ha sentimenti e esperienze personali. - Empatia: - Rogers insiste molto sulla differenza tra empatia e identificazione in quanto come lui afferma, al cliente non serve un alter ego ma un Tu (Buber, 1984). Serve allora un partner capace di comprender l’angoscia o la depressione ma anche di non angosciarsi o deprimersi ogni volta. Così come l’accettazione, anche l’empatia deve fondarsi ed equilibrarsi su una solida congruenza del terapeuta; - secondo Rogers si esprime come una risposta-riflesso, un “rimando” all’interno del fluire della conversazione. Da ciò che il cliente dice e da come lo dice, il terapeuta trae la sua percezione del “mondo soggettivo” di questi e la verbalizza in forme non assolute ma aperte alla rettifica e alla correzione; - il Rimando Empatico riguarda tre ambiti: - emozioni, stati d’animo e desideri; - schema di riferimento interno; - costrutti del sé. - è l’attività conoscitiva che permette al cliente di esistere, cioè di esprimere e di esteriorizzare nel rapporto il suo mondo soggettivo. I Requisiti di una Relazione Terapeutica sono: - contatto psicologico tra cliente e terapeuta; - il cliente deve essere in grado di percepire, almeno in parte, l’empatia e la considerazione incondizionata del terapeuta; - il cliente deve essere in uno stato di vulnerabilità e ansia, dovuti all’incongruenza, che lo motivino a ricercare l’aiuto terapeutico Sono escluse: - le tossicodipendenze perché la vulnerabilità, l’ansia sono compensate dall’uso delle sostanze; - la catatonia in quanto manca il contatto psicologico; - le sindromi paranoidi perché l’empatia può essere vissuta come invasione. Nella terapia centrata sul cliente si presentano Fenomeni come: - Transfert: esso è meno intenso perché sia il tipo di setting sia l’atteggiamento del terapeuta scoraggiano la regressione. Inoltre i sentimenti transferali non ricevono una particolare attenzione interpretativa, ma vengono accolti mano a mano che si presentano. Così il cliente ha modo di constatare da solo che sono una riedizione di vicende passate confrontandoli con il qui e ora della relazione terapeutica; - Resistenze: il modo migliore per eliminare la resistenza è quello di togliere il senso di pericolo attraverso le modalità di un rapporto accettante La Teoria della Cura Se il terapeuta riuscirà a manifestare appieno le attitudini necessarie e sufficienti e il cliente le percepirà, si produrrà, in base alla tendenza attualizzante, una riduzione dell’incongruenza e un passo avanti nello sviluppo delle potenzialità individuali. Definiamo questa progressiva integrazione della personalità Processo Terapeutico il quale è stato analizzato in base a una serie di parametri e suddiviso in sette stadi: - nei primi stadi il soggetto è in una situazione di totale incongruenza e malfunzionamento: incapace di percepire le proprie emozioni, non ha alcuna consapevolezza dei problemi. I costrutti sono estremamente rigidi e le relazioni interpersonali inesistenti o vissute come minacciose; - negli stadi intermedi il cliente inizia a mostrare qualche miglioramento: i costrutti iniziano a essere riconosciuti e i sentimenti accettati. Appare la tendenza a instaurare rapporti interpersonali e sorge un senso di responsabilità e di padronanza di sé; - negli ultimi stadi la raggiunta situazione di congruenza fa sì che l’individuo sperimenti un senso di pienezza, di spontaneità e che integri le proprie esperienze, sia quelle piacevoli che quelle spiacevoli, in modo libero e responsabile. I tre Fattori Massimamente Determinanti di questo processo sono: - Soddisfazione di un Bisogno; - Avvicinamento fra Esperienza e Coscienza (tramite la tecnica risposta-riflesso); - Acquisizione di un Modello più Efficace di Funzionamento (attraverso l’identificazione con il terapeuta congruente). 8. LA TERAPIA DELLA GESTALT La Psicologia della Gestalt, che deriva dall’opera di Perls, si costituisce come un metodo fenomenologico-esistenziale che, assieme ad altri contributi, evidenzia l'attitudine dello psichismo a cogliere quell'insieme che dà senso e supera la semplice sommatoria degli elementi costitutivi. I Modelli di Riferimento principali sono: - Psicoanalisi: la Gestalt è figlia della psicoanalisi ma le distanze da essa sono molto sottolineate. Tra gli elementi di differenza principali troviamo: - disconoscimento della libido come pulsione principale a favore di vari bisogni; - privilegio della dimensione del presente nell'indagine e nel lavoro terapeutico; - mancanza di contrapposizione tra individuo e ambiente; - progressivo sviluppo della consapevolezza (no insight intenso); - sottovalutazione dell'inconscio e della sua inaccessibilità; - valorizzazione della relazione analista-paziente, non solo per il transfert. - Psicologia della Forma: Perls viene in contatto con la psicologia della Gestalt nel 1926 quando lavorava come assistente di Kurt Goldstein. Di questa teoria egli analizza l'im portanza dell'energia della gestalt rimasta a disposizione quando non si è riusciti a completarla (tendenza della gestalt a completarsi e problemi quando non avviene; - Teoria del Campo: il tema dell’interazione tra individuo e ambiente costituisce un altro dei fondamenti della psicologia della Gestalt, in particolare per come andò sviluppandosi attraverso il lavoro di Lewin. La traslazione operata da Lewin dal campo delle forze fisiche di attrazione-repulsione ai comportamenti, venne da Perls ripresa e utilizzata come concetto-guida per indirizzare l’intervento terapeutico; - Autoregolazione Organismica: concetto introdotto da Kurt Goldstein (1939) che implica una continua negoziazione tra individuo e ambiente tendente all’attualizzazione delle risorse potenziali e al raggiungimento di una situazione di equilibrio energetico. L’organismo sano raccoglie quindi tutte le proprie potenzialità per la gratificazione dei bisogni in primo piano. Immediatamente, appena un compito è terminato, recede sullo sfondo e permette a quello che nel frattempo è diventato il più importante di venire in primo piano. Questo è il principio dell’autoregolazione organismica; - Esistenzialismo e Fenomenologia: con la Concezione Esistenziale, al di là diversificazioni rilevanti, la Gestalt condivide alcuni fondamentali presupposti, come: - primato del vissuto concreto nei confronti dei principi astratti; - irripetibile singolarità dell’esperienza umana mai completamente assimilabile a modelli generalizzati di riferimento; - nozione di responsabilità (abilità a rispondere), di possibilità di scelta pur all’interno di innegabili condizionamenti biologici e socioambientali. A livello di intervento terapeutico la terapia gestaltica è un approccio esistenziale, e questo significa che non ci si occupa soltanto di trattare con i sintomi o con la struttura caratteriale, ma con l’esistenza totale della persona. Il Modello Clinico Del Modello Clinico della Terapia della Gestalt bisogna considerare: 1. Spiegazione dello Scompenso Psicopatologico: si basa sulla Teoria del Sé e prende in considerazione cinque Meccanismi: - Introiezione: inserimento di elementi esterni, non "digeriti", nel Sé del soggetto; - Proiezione: rende l'ambiente responsabile di elementi che ci appartengono; - Confluenza: mancanza di distinzione tra Sé e ambiente; - Egotismo: separazione netta tra Sé e ambiente, senza comunicazione; - Retroflessione: rivolgere le energie unicamente verso se stessi. 2. Modello dell'Intervento Terapeutico: di cui bisogna considerare: - Caratteristiche del Contratto e Setting: al setting viene riservata una grande importanza nella teoria della Gestalt. Il setting gruppale rappresenta una situazione privilegiata del lavoro gestaltico, specie in una fase successiva del lavoro terapeutico che generalmente si avvia con l’interazione duale. Il setting gruppale offre un’ampia gamma di situazioni attivatici in cui le funzioni del Sé, nonché le sue interruzioni, hanno più ampia possibilità di emergere. Dosare il come, il quando e il modo in cui i membri del gruppo possano partecipare più attivamente al processo terapeutico primario, fa parte ovviamente dell’arte e del mestiere che non è facile da codificare in parole ma che giustifica un’esperienza diretta da parte di coloro che sono interessati a conoscere lo stile del lavoro esperienziale; - Criteri Diagnostici Utilizzati per l’Inquadramento del Caso: le tradizionali griglie di inquadramento nosografico vengono tenute in considerazione dai terapeuti della Gestalt anche se una sistematica rivisitazione della psicopatologia alla luce dei principi della Gestalt richiede ancora di essere messa a fuoco. Importante è anche l’uso autodiagnostico che emerge da un lavoro esperienziale abilmente condotto, quindi la comprensione, da parte dell’interessato, di come si ostacolano nel processo dell’adattamento creativo le emergenti realtà interiori o esterne; - Principali Aspetti Procedurali e Tecnici del Trattamento: Perls afferma che una tecnica rimane sempre un espediente, e nella teoria della Gestalt si lavora per dare impulso al processo di crescita e sviluppo delle potenzialità umane, per cui il processo di crescita è un processo che chiede tempo. La terapia della gestalt di Perls insiste sulla necessità di vivere nel presente, poiché la ricerca delle cause nel passato viene considerata un tentativo di sfuggire alla responsabilità di operare delle scelte nel presente. I clienti vengono esortati, pervasi, talvolta costretti a diventare consapevoli di quello che sta accadendo adesso. La terapia della gestalt attribuisce una notevole importanza alle Tecniche: - Parlare in Prima Persona (per responsabilità e contatto con sé); - Sedia Vuota (proiettare elementi all'esterno e relazionarsi con loro); - Proiezione di Sentimenti; - Rovesciamento (divenire consapevoli di una parte di sé nascosta); - Attenzione per gli Indizi Non Verbali; - Uso delle Metafore; - Elaborazione dei Sogni. 3. Relazione Terapeutica: “La Gestalt è una terapia per sani”. In questa asserzione, provocatoria ma densa di significato, si riassumono alcuni elementi fondamentali dell’approccio gestaltico: - se il rapporto è tra sani significa che entrambi sono pienamente responsabili dei propri vissuti, scelte e comportamenti. Perls ha attuato una precisa scelta nel senso di una decisa politica di responsabilizzazione del cliente nel senso di considerarlo, affinché lui stesso si considerasse, come se fosse sano; - rinunciare ai privilegi collegati alla condizione di malattia significa dire al paziente che lo si considera un adulto e quindi capace di rispondere dei propri atti. La Teoria della Cura La terapia della Gestalt integra le comprensioni esistenziali e psicoanalitiche con l’inventiva procedurale. Essa si occupa di tre mezzi terapeutici: - incontro; - consapevolezza; - esperimento. Il fine della terapia è la consapevolezza, e quindi non la soluzione del problema in sé o nel sollievo dal sintomo ma nella possibilità, da parte del paziente, di acquisire degli strumenti per poter affrontare i propri problemi e consolidare la propria capacità auto-organizzativa. Il cambiamento terapeutico è il risultato di una scelta dell’interessato che con timore, con gioia o con dolore, subentra a seguito di un’autoaccettazione paradossale con la quale si autorizza a essere quello che è, svincolandosi dall’incantesimo di non poter essere se non quello che gli altri, o lui stesso, pretendono che sia (Teoria Paradossale del Cambiamento). 9. LA PSICOTERAPIA CORPOREA E IL SUO SVILUPPO FUNZIONALE Il Modello di Uomo: Presupposti Teorici di Base La concezione fondamentale su cui si basa la Psicoterapia Corporea è quella di una unitarietà della persona, e di un’interazione profonda tra i suoi aspetti psichici e corporei. Si parla di un modello di base Olistico che non frammenta l’individuo in rappresentazioni parziali. Gran parte delle analisi relative alle componenti della personalità, ai vari piani di cui è composto il Sé, nascono dall’osservazione della vita infantile. In seguito agli sviluppi della psicoterapia corporea è nata una Psicologia Funzionale che considera importante guardare alla persona nella sua unitarietà, ma anche nella sua complessità, nella concretezza e pluralità di piani e funzioni su cui operare. Il Sé sarebbe, secondo la psicologia funzionale, l’insieme delle funzioni, e quindi un insieme organico e organizzato di processi che caratterizzano la persona. Quindi il Sé è l’insieme di tutti piani e processi psico-corporei esistenti e integrati tra loro sin dalla primissima infanzia. Entrambe trovano le loro radici nelle teorizzazioni di Wilhelm Reich (anni '20) e sul suo concetto di Identità Funzionale tra psiche e soma, per cui nel nostro corpo è scritta la storia delle nostre emozioni e del nostro sviluppo di vita. Il Modello Clinico La Psicoterapia Corporea si distingue in quanto il contatto tra mentre e corpo non è più visto come piramidale ma come circolare, basato quindi su una reciproca influenza. Bisogna poi considerare: 1. Spiegazione dello Scompenso Psicopatologico: le alterazioni, dovute da mancanze dell'ambiente relative ai bisogni di protezione del bambino, possono essere: - Sconnessioni (tra piani funzionali, con comportamenti slegati dalla realtà); - Ipertrofie o Ipotrofie (sviluppo non armonico di alcune funzioni del sé); - Stereotipie (funzioni ripetitive e sclerotizzate). 2. Modello dell'Intervento Terapeutico: di cui bisogna considerare: - Setting e Contratto: il setting (sia individuale che di gruppo) non è così strutturato in quanto la posizione fisica del paziente ed il tipo di attività terapeutiche possono variare a seconda dei bisogni del dato momento. Le sedute durano generalmente un'ora e hanno cadenza settimanale; - Diagnosi: la diagnosi funzionale considera l'organizzazione del Sé nei suoi diversi aspetti e ha una funzione importante in quanto permette di rilevare le aree principali del Sé in cui sono più evidenti delle difficoltà. La diagnosi è anche esprimibile a livello grafico, con un insieme di cerchi che, a seconda di grandezza, distanza e spesso del tratto, forniscono il significato ed il funzionamento del Sé; - Andamento e Modalità Generale del Trattamento: viene attuato un trattamento non direttivo e che non incontra resistenze in quanto volto ai bisogni di base e ai desideri più profondi del soggetto, i quali permettono di ritrovare una piena vitalità. 3. Relazione Terapeutica: nella Psicoterapia Corporea il terapeuta agisce come Sé Ausiliario del paziente e attraverso un agire terapeutico rivolto a tutti i Piani del Sé permette al soggetto di evolvere le proprie modalità individuali e relazionari. Il transfert è presente sia in modo positivo che negativo, ma esso viene analizzato e considerato nei suoi aspetti più oggettivamente visibili. Esso deve poi tendere a svanire con l'evolversi della relazione, la quale deve riguardare sempre di più il presente, fino a giungere ad una condizione paritaria di amicizia. La Teoria della Cura Gli Obiettivi della Psicoterapia Funzionale riguardano il ricreare una profonda integrazione delle varie funzioni del Sé, che devono inoltre riacquistare mobilità al fine di poter rispondere correttamente alle situazioni esterne. Essa riguarda quindi una ricostruzione delle esperienze fondamentali del Sé, e può essere intesa come una "seconda occasione" nel quale il soggetto può interrompere i suoi cortocircuiti e ritornare ad una condizione di integrazione. 10. LA FORMAZIONE IN PSICOTERAPIA Il Percorso Formativo in Psicoterapia ha alcuni obiettivi: - sapere; - saper fare; - saper essere. Questi obiettivi sono interconnessi con alcune richieste specifiche della normativa (legge 56/1989) che sono: 1. Preparazione Teorica: necessaria una formazione teorica adeguata rispetto al modello psicoterapico scelto. Inoltre può risultare utile fornire concetti propri di altre correnti teoriche in quanto permettono al soggetto di analizzare altri punti di vista; 2. Formazione Personale: risulta necessario per i futuri psicoterapeuti svolgere per un periodo una terapia individuali in quanto può permettergli di distinguere maggiormente ciò che è loro rispetto a ciò che è del paziente, ed inoltre consente di assistere all'azione di un professionista preparato, comprendendo quindi l'effettivo andamento di una psicoterapia; 3. Formazione Tecnico-Professionale: riguarda il "saper essere" ed il "Saper fare". Al futuro psicoterapeuta deve quindi essere mostrato come le cose vanno fatto e deve essere messo nella condizione di poter sperimentare se stesso nelle condizioni proprie di un rapporto di psicoterapia; 4. Supervisione: riguarda l'analisi di Coerenza Interna necessaria nel corso della propria formazione professionale (e spesso anche dopo). Il supervisore aiuterà quindi lo psicoterapeuta a comprendere modalità migliori di trattamento del paziente, sopratutto riguardo le proprie interferenze personali e la coerenza tra lavoro ed obiettivi.
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