PIL - ASL Brescia

Allegato “A”
PIANO INTEGRATO
LOCALE
degli interventi di
PROMOZIONE DELLA
SALUTE
Anno 2014
ASL DI BRESCIA
INDICE
PREMESSA
pag. 02
PIANO AZIENDALE PER LA PROMOZIONE DI CORRETTE ABITUDINI
ALIMENTARI E DELL’ATTIVITA’ FISICA
pag. 03
La promozione dell’allattamento materno
pag. 04
Progetti di alimentazione con gli alunni delle scuole dell’infanzia e delle scuole
primarie
pag. 05
Snack consapevoli
pag. 06
Capitolati d’appalto: una risorsa per promuovere una sana alimentazione
pag. 08
Promozione dei gruppi di cammino
pag. 09
Con meno sale nel pane c’è più gusto e guadagni in salute
pag. 10
Governo clinico
pag. 11
PIANO AZIENDALE PER LA PREVENZIONE DEL TABAGISMO
pag. 12
Grazie non fumo. Utilizzo del minimal advice nella rete dei servizi del
Sistema Sanitario Regionale
pag. 13
PIANO AZIENDALE PER LA PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI DOMESTICI
pag. 15
La prevenzione degli incidenti domestici nei bambini 0-4 anni
pag. 16
La prevenzione degli incidenti domestici negli anziani
pag. 17
PIANO LOCALE PREVENZIONE DIPENDENZE
pag. 19
Life skills training program
pag. 20
Spazi di ascolto
pag. 22
GLI ALTRI PROGETTI
pag. 24
Salute in comune
pag. 25
La rete delle scuole che promuovono salute
pag. 26
La rete delle aziende bresciane che promuovono salute
pag. 26
Strada Facendo. Promozione della salute all’utenza fragile - senza dimora
pag. 27
Caleidoscopica Adolescenza. Progetto di promozione alla salute affettiva e
sessuale negli studenti della scuola secondaria di secondo grado
Se lo conosci non scappa, se lo conosci non morde
pag. 28
pag. 30
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PREMESSA
Da anni, all’interno dell’ASL di Brescia, è attivo un processo di riorientamento delle attività messe in
campo dalle diverse articolazioni aziendali e da altri soggetti del territorio finalizzato a promuovere
e realizzare iniziative, non solo in linea con le indicazioni nazionali e regionali ma anche, e
soprattutto, improntate a criteri di efficacia e sostenibilità.
Il processo avviato ha fatto sì che, nel tempo, si sia giunti a sviluppare principalmente interventi di
promozione della salute che agiscono su molti livelli: conoscenze, competenze, ambiti di vita e
politiche.
Il confronto all’interno dell’Azienda ha permesso altresì di generare nuove alleanze intraaziendali
per cui articolazioni, che da sempre promuovevano interventi autonomamente, hanno integrato
progettualità e azioni utili anche a una migliore razionalizzazione delle risorse disponibili.
Inoltre, le collaborazioni consolidate con altri soggetti del territorio hanno permesso, non solo di
costruire insieme azioni di promozione della salute ma, in particolare di avviare un processo di
sistema affinchè ciò che ogni attore mette in campo possa rientrare in un orizzonte condiviso di
significato: in questo senso, ogni intervento diventa occasione per promuovere azioni di rete che
coinvolgono l’intero sistema.
In sintesi, sono principalmente tre le linee di lavoro sulla base delle quali sono stati avviati e
sviluppati i progetti all’interno dell’ASL di Brescia:
1)
2)
3)
strutturazione di percorsi improntati a criteri di efficacia e di sostenibilità;
sviluppo di una maggiore integrazione intraaziendale;
costruzione di reti territoriali.
Nel 2014 si intende proseguire nel processo di sviluppo avviato consolidando i progetti in essere nel
2013.
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PIANO AZIENDALE
PER LA PROMOZIONE
DI CORRETTE
ABITUDINI ALIMENTARI
E
DELL’ATTIVITÀ FISICA
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PROMOZIONE DELL’ALLATTAMENTO MATERNO
DIAGNOSI DI CONTESTO
I dati relativi ai bilanci di salute del 2012 effettuati dai Pediatri di Libera Scelta su 21.275 bambini al
di sotto dei 24 mesi, evidenziano che:
l’8,1% dei bambini è sottopeso (7,7% nel 2011);
il 77,3% è normopeso;
l’8,8% sovrappeso (9,2% nel 2011) e il 5,8% obeso (6,5%)
nei bambini stranieri si registra una maggior prevalenza di magrezza (9,8% vs 7,5%).
Come per il 2011, anche nel 2012 sono state raccolte informazioni relative all’allattamento materno
per 7.144 bambini dalle quali è emerso che complessivamente, nel 2012, il 22,5% dei bambini non
ha mai assunto latte materno in maniera esclusiva, percentuale che è significativamente inferiore
negli stranieri (13,6% vs 25,5%). Un elemento interessante è che sia negli italiani sia negli stranieri
è diminuita, rispetto al 2009, la proporzione di bambini senza allattamento materno esclusivo.
Anche la durata dell’allattamento, dal 2009 al 2012, è gradualmente cresciuta, sia negli italiani sia
negli stranieri; rimane una significativa differenza in merito alla durata media dell’allattamento
materno: negli stranieri l’assunzione di latte materno in modo esclusivo è mediamente di 7,2 mesi,
contro i 5,9 mesi degli italiani.
Da anni l’ASL di Brescia sostiene e promuove la pratica dell’allattamento al seno coinvolgendo gli
operatori dei consultori pubblici e privati accreditati e delle strutture sanitarie.
Nel 2013, al fine di avviare alcune delle azioni previste dal programma “Comunità Amica dei
bambini per l’allattamento materno” si è sviluppato un processo con l’Ordine dei Farmacisti,
Federfarma e alcune Amministrazioni Comunali finalizzato a creare nelle farmacie e nelle sedi dei
comuni spazi dove le donne possano allattare.
Sebbene tutte le Amministrazioni comunali coinvolte abbiano condiviso l’importanza di favorire e
sostenere la pratica dell’allattamento al seno, solo 3 nuove Amministrazioni Comunali e 16
farmacisti hanno individuato tali spazi.
I dati di contesto e il processo avviato spingono l’ASL a mantenere l’attenzione sul tema
dell’allattamento continuando a promuovere le azioni nel 2014.
PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE
È provato che l’allattamento al seno, in quanto in grado di fornire tutti i nutrienti necessari nelle
prime fasi di vita del bambino in modo bilanciato e flessibile con il modificarsi delle esigenze,
conferisce un vantaggio per la salute in tutti i contesti socioeconomici e rappresenta il metodo di
nutrizione naturale del neonato.
D’altra parte si stanno accumulando prove dei rischi del mancato allattamento o dell’allattamento
artificiale, che apporta ripercussioni negative sulla salute del bambino e della madre, svantaggi
sull’economia della famiglia e della comunità e danni all’ambiente.
Inoltre, tra le azioni di provata efficacia promosse dall’”Iniziativa Comunità Amica dei Bambini per
l’Allattamento Materno” vi è la creazione di ambienti accoglienti per favorire la pratica
dell’allattamento al seno.
DESTINATARI
1. Donne;
2. Farmacisti;
3. Amministrazioni Comunali.
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OBIETTIVI SPECIFICI
1. Incrementare la percentuale di bambini che assumono latte materno in maniera esclusiva;
2. Creare nelle farmacie e nelle Amministrazioni Comunali ambienti accoglienti per favorire la
pratica dell’allattamento al seno.
INDICATORI
1. Percentuale di bambini che assumono latte materno in maniera esclusiva;
2. Percentuale di farmacie e Amministrazioni Comunali che creano ambienti accoglienti per la
pratica dell’allattamento materno
RISULTATI ATTESI
1. Almeno l’80% dei bambini assume latte materno in maniera esclusiva;
2. Almeno il 5% delle farmacie e delle Amministrazioni Comunali creano, nelle loro strutture,
ambienti accoglienti per favorire la pratica dell’allattamento al seno.
AZIONI
1. Realizzazione di incontri a tema dedicati all’interno dei corsi di accompagnamento alla nascita;
2. Realizzazione, per le donne che non partecipano agli incontri a tema dedicati, di incontri di
gruppo, in gravidanza, dedicati esclusivamente all’allattamento al seno e alla sua gestione;
3. Attività di gruppo nel percorso post nascita;
4. Counselling individuali in gravidanza;
5. Realizzazione di incontri con le farmacie e le Amministrazioni Comunali aderenti finalizzate a
condividere l’importanza di creare, nelle loro strutture, ambienti favorevoli alla pratica
dell’allattamento al seno;
6. Creazione, da parte delle farmacie e delle Amministrazioni Comunali aderenti, di ambienti
favorevoli alla pratica dell’allattamento al seno;
7. Predisposizione ed affissione di materiale di comunicazione in tutte le strutture coinvolte
(consultori, strutture del Sistema Sanitario Regionale, farmacie e Amministrazioni Comunali).
PROGETTI DI ALIMENTAZIONE CON GLI ALUNNI DELLE SCUOLE DELL’INFANZIA E
DELLE SCUOLE PRIMARIE
DIAGNOSI DI CONTESTO
La promozione di una sana alimentazione a partire dalle fasce di età più giovani trova supporto
dai bilanci di salute di 24.827 bambini oltre i 24 mesi d’età pervenuti nel 2012, i quali, in base
all’Indice di Massa Corporea, risultano così distribuiti:
il 68,2% dei bambini è normopeso (67,9% nel 2011);
il 12,5% è sovrappeso (12,8% nel 2011) e il 4,0% obeso (4,2% nel 2011);
l’11,4% è sottopeso moderato e un ulteriore 3,9% ha una grado severo di magrezza.
la proporzione di sovrappeso/obesità è significativamente maggiore nelle femmine (17,3%
vs 15,8%).
L’analisi dello stato nutrizionale della popolazione infantile bresciana mostra un tendenziale
miglioramento; dal 2009 (primo anno di sperimentazione del monitoraggio) ad oggi è diminuita la
proporzione di bambini in eccesso ponderale, analogamente a quanto è avvenuto a livello
nazionale. Non si sono invece riscontrate variazioni significative nei singoli soggetti.
Nonostante i miglioramenti evidenziati è necessario mantenere il monitoraggio e l’attenzione sul
problema dell’obesità infantile, considerati i possibili effetti a cui l’eccesso ponderale in giovane età
può portare in età adulta.
6
PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE
Il programma “Guadagnare Salute” individua, tra le strategie efficaci volte a ridurre i
comportamenti a rischio e promuovere una sana alimentazione tra i giovani:
1. informare le famiglie con figli sull’utilità e l’importanza del consumo quotidiano di frutta
e verdura;
2. garantire una ristorazione scolastica salutare.
Inoltre, tra gli interventi di provata efficacia per la prevenzione dell’obesità e del sovrappeso da
sviluppare in ambito scolastico, le buone pratiche individuano e la letteratura raccomanda
progetti multi-componente orientati alla sola educazione alimentare che si prefiggono di
aumentare il consumo di frutta e verdura e migliorare la gestione dei pasti a scuola (disponibilità
di cibi a basso contenuto calorico nella mensa, nei distributori automatici, nei bar interni agli
Istituti Scolastici).
DESTINATARI
1. Alunni delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie;
2. Genitori.
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Incrementare la conoscenza e il gradimento di frutta e verdura negli alunni delle scuole
dell’infanzia e della scuola primaria;
2. Aumentare nei genitori l'attenzione sull'importanza del consumo quotidiano di frutta e verdura;
3. Promuovere nelle scuole l’adozione di menù conformi alle note di indirizzo emanate dall’ASL di
Brescia.
.
RISULTATI ATTESI
1. Incremento percentuale di bambini che dichiarano di conoscere e gradire frutta e verdura tra le
rilevazioni effettuate in ingresso e in uscita;
2. Almeno il 50% dei genitori coinvolti collaborerà nella realizzazione dei progetti realizzati a
scuola e incrementerà le porzioni di frutta e verdura proposte ai propri figli;
3. Tutte le scuole adottano menù conformi alle note di indirizzo emanate dall’ASL di Brescia.
INDICATORI
1. Percentuale di bambini che dichiarano di conoscere e gradire frutta e verdura;
2. Percentuale di genitori che collabora nella realizzazione dei progetti realizzati a scuola e che
incrementa le porzioni di frutta e verdura proposte ai propri figli;.
3. Nr. di scuole che adottano menù conformi alle note di indirizzo emanate dall’ASL di Brescia.
AZIONI
1. Realizzazione di percorsi educativi con gli alunni delle scuole dell’infanzia e delle scuole
primarie secondo il Modello Lombardo delle Scuole che Promuovono Salute;
2. Realizzazione di incontri con le famiglie finalizzati a coinvolgerli nel sostegno dei progetti
realizzati a scuola;
3. Adozione, da parte delle scuole, di menù conformi alle note di indirizzo emanate dall’ASL di
Brescia.
SNACK CONSAPEVOLI
DIAGNOSI DI CONTESTO
Il consumo di uno spuntino tra i pasti principali si caratterizza come un’abitudine sempre più
diffusa, soprattutto per quanto riguarda bambini e ragazzi in età scolastica.
7
Questa consuetudine non è di per sé dannosa, tuttavia, dai dati dell’indagine campionaria
nazionale “OKkio alla Salute” del 2012, emerge che il 65% dei bambini consuma, a metà
mattina, una merenda eccessivamente abbondante.
Anche i dati di contesto locale ricavati dall’indagine campionaria sugli “Stili di vita nell’ASL di
Brescia” svolta nel 2012, permettono di capire come la scelta di alimenti salutari, quali frutta e
verdura, rappresenti un aspetto critico: infatti il 17,3% dei giovani intervistati ha dichiarato di
consumare raramente o mai verdura e il 13,1% di consumare raramente o mai frutta.
Nel 2014 si intende dare continuità a quanto avviato negli anni precedenti coinvolgendo un
maggior numero di scuole per promuovere l’installazione di distributori di prodotti salutari e l’avvio
di percorsi educativi con gli studenti, nel rispetto delle indicazioni del “Modello Lombardo delle
Scuole che Promuovono Salute”.
PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE
La letteratura raccomanda quali interventi di provata efficacia che mirano alla modifica/influenza
dei comportamenti scorretti (scelte alimentari non sane e scarsa attività motoria) alla base del
rischio di sovrappeso ed obesità per tutte le fasce d’età, quegli interventi svolti in ambito
scolastico che prevedono la modifica/miglioramento della gestione dei pasti/spuntini e che si
articolano nella disponibilità di cibi a basso contenuto calorico nella mensa, nei distributori
automatici, nei bar interni agli Istituti Scolastici.
DESTINATARI
1. Dirigenti scolastici;
2. Studenti.
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Condividere con i Dirigenti Scolastici le Indicazioni per la stesura dei capitolati d’appalto per la
distribuzione automatica;
2. Promuovere negli studenti atteggiamenti più consapevoli verso la necessità di compiere
corrette abitudini alimentari nella scelta degli spuntini.
RISULTATI ATTESI
1. Almeno il 10% degli Istituti Scolastici rinnovano il capitolato d’appalto per la distribuzione
automatica attenendosi alle “Linee di indirizzo per i capitolati d’appalto per la distribuzione
automatica di prodotti alimentari” prodotte dall’ASL di Brescia;
2. Almeno il 70% degli studenti coinvolti dichiarerà di aver acquisito una maggiore
consapevolezza verso la necessità di compiere corrette abitudini alimentari nella scelta degli
spuntini.
INDICATORI
1. Nr. di Istituti Scolastici che rinnovano il capitolato d’appalto per la distribuzione automatica
attenendosi alle “Linee di indirizzo per i capitolati d’appalto per la distribuzione automatica di
prodotti alimentari” prodotte dall’ASL di Brescia;
2. Percentuale di studenti coinvolti che al termine dei percorsi educativi dichiarerà di aver
acquisito una maggiore consapevolezza verso la necessità di compiere corrette abitudini
alimentari nella scelta degli spuntini.
AZIONI
1. Incontri di condivisione con i Dirigenti Scolastici delle “Linee di indirizzo per i capitolati
d’appalto per la distribuzione automatica di prodotti alimentari” prodotte dall’ASL di Brescia;
2. Percorsi educativi con gli studenti.
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CAPITOLATI D’APPALTO:
UNA RISORSA PER PROMUOVERE UNA SANA ALIMENTAZIONE
DIAGNOSI DI CONTESTO
La scelta di dare continuità a questo progetto nasce, da un lato, dai dati di contesto locale ricavati
dai bilanci di salute effettuati nel 2012 dai Pediatri di Libera Scelta dell’ASL di Brescia su 24.827
bambini oltre i 24 mesi d’età, dai quali è emerso che il 12,5% dei bambini è in sovrappeso e il 4,0%
obeso e dall’altro, dalla consapevolezza che i profondi cambiamenti dello stile di vita delle famiglie e
dei singoli hanno determinato, per un numero sempre crescente di individui, la necessità di
consumare almeno un pasto fuori casa, utilizzando i servizi della ristorazione collettiva e
commerciale.
In continuità con quanto avviato a partire dal 2011, si intende proseguire nel lavoro volto a
sensibilizzare le Amministrazioni Comunali sul valore del capitolato d’appalto invitandole a
predisporre capitolati in coerenza con quanto indicato dalle Linee di Indirizzo Nazionali del Ministero
della Salute.
PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE
La ristorazione collettiva, in particolare quella scolastica, è stata individuata come strumento
prioritario per promuovere salute ed educare ad una corretta alimentazione. Al fine di “facilitare, sin
dall’infanzia, l’adozione di abitudini alimentari corrette per la promozione della salute e la
prevenzione delle patologie cronico-degenerative, di cui l'alimentazione scorretta è uno dei
principali fattori di rischio”, il Ministero della Salute ha emanato nel 2010, le “Linee di indirizzo
nazionale per la ristorazione scolastica” che, individuano nel capitolato d’appalto per la ristorazione
collettiva, lo strumento per promuovere una sana e corretta alimentazione prevedendo criteri e
indicazioni per la sua definizione.
Anche il programma “Guadagnare Salute” individua, tra gli ambiti di intervento, la ristorazione
collettiva, in particolare quella scolastica, come strumento prioritario per promuovere salute ed
educare ad una corretta alimentazione.
DESTINATARI
Amministrazioni Comunali.
OBIETTIVI SPECIFICI
Aumentare il numero delle Amministrazioni Comunali che inviano il proprio capitolato d’appalto
all’ASL per l’espressione di parere e che recepiscono le indicazioni suggerite dall’ASL di Brescia.
RISULTATI ATTESI
Almeno il 10% dei Comuni che stipulano capitolati d’appalto nell’anno 2014 inseriscono indicazioni
precise a sostegno di menù corretti.
INDICATORI
Nr. di comuni che stipulano capitolati d’appalto nell’anno 2014 che inseriscono indicazioni precise
a sostegno di menù corretti.
AZIONI
1. Realizzazione di incontri con le Assemblee dei Sindaci o con le singole
Amministrazioni Comunali finalizzate a condividere il valore del capitolato d’appalto nella
promozione di una corretta alimentazione;
2. Espressione di parere da parte dell’ASL sui capitolati d’appalto della ristorazione collettiva.
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PROMOZIONE DEI GRUPPI DI CAMMINO
DIAGNOSI DI CONTESTO
I dati nazionali e locali riferiti ai livelli di attività fisica svolti dalla popolazione italiana e bresciana
spingono l’ASL a mantenere alta l’attenzione sulle iniziative volte a promuovere l’attivazione di
gruppi di cammino sul proprio territorio.
Il Rapporto nazionale Passi 2012 evidenzia che il 33% degli intervistati di 18-69 anni può essere
classificato come attivo (cioè effettua un lavoro pesante oppure 30 minuti di attività moderata per
almeno 5 giorni alla settimana oppure attività intensa per più di 20 minuti per almeno 3 giorni), il
36% come parzialmente attivo (non svolge un lavoro pesante ma fa qualche attività fisica nel tempo
libero, senza però raggiungere i livelli raccomandati) e il 31% come sedentario (non fa un lavoro
pesante e non pratica attività fisica nel tempo libero).
Per il periodo di rilevazione 2009-2012, la sedentarietà è significativamente più frequente in alcune
categorie: nella fascia di età più anziana (50-69 anni, 35%), fra le donne (33%), fra le persone con
molte difficoltà economiche (41%), fra quelle con un titolo di studio basso o assente (41%) e tra gli
intervistati con cittadinanza straniera (33%). Tutte queste associazioni, tranne la cittadinanza, sono
confermate dall’analisi multivariata, anche se condotta separatamente per genere.
Inoltre, non sempre la percezione soggettiva del livello di attività fisica praticata corrisponde a quella
effettivamente svolta. Infatti, uno su due degli adulti parzialmente attivi (50%) e un sedentario su
cinque (20%) percepiscono il proprio livello di attività fisica come sufficiente.
Si registra una percezione del livello di attività fisica praticata più corretta nelle donne che negli
uomini: tra le persone che praticano attività fisica parziale, secondo il 53% degli uomini è sufficiente,
mentre lo è per il 48% delle donne; tra i sedentari, percepiscono sufficiente l’attività fisica svolta il
18% delle donne contro il 21% degli uomini
Dall’indagine conoscitiva sulle abitudini di vita degli assistiti, condotta dall’ASL di Brescia nel 2012
presso le sedi vaccinali, gli ambulatori certificativi e l’Associazione Bresciana Autoscuole è emerso
che proporzione di soggetti che non praticano alcuna attività è del 32,2%. La prevalenza di
sedentarietà aumenta all’aumentare dell’età e in tutte le classi d’età prevale la pratica dell’attività
sportiva occasionale o regolare, ma non intensa.
Anche l’impegno di questi anni e i risultati ottenuti sostengono l’opportunità di continuare nel
percorso intrapreso: nel corso del 2013 nell’ASL di Brescia 47 gruppi di cammino hanno svolto
regolarmente la loro attività rispetto ai 32 presenti nel 2012.
PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE
Negli ultimi anni, sia a livello internazionale che nazionale, è aumentata l’attenzione per strategie
integrate, mirate a modificare lo stile di vita e in grado di controllare i fattori di rischio. Nell’ottica
promossa dal programma Guadagnare Salute, gli interventi di promozione dell’attività fisica vanno
impostati attraverso un percorso intersettoriale, partecipato attivamente dai singoli individui, dalla
comunità e dalle Istituzioni.
La letteratura scientifica classifica, tra gli interventi raccomandati per incrementare l’attività
motoria, la realizzazione di campagne rivolte alla popolazione finalizzate a far comprendere i
benefici di salute derivanti dall’attività fisica, le opportunità per contrastare la sedentarietà e la
partecipazione a gruppi di cammino.
DESTINATARI
Popolazione residente nel territorio dell’ASL di Brescia
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Incrementare il numero dei gruppi di cammino;
2. Aumentare nella popolazione la consapevolezza dei benefici derivanti dallo svolgere un’attività
fisica regolare.
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RISULTATI ATTESI
Incremento del 10% del numero dei gruppi di cammino rispetto al 2013.
INDICATORI
Nr. di gruppi di cammino attivi a fine 2014
AZIONI
1. Attivazione di collaborazioni con le Amministrazioni Comunali e con le Associazioni del
territorio per l’avvio dei gruppi di cammino;
2. Realizzazione di incontri informativi rivolti alla popolazione nei diversi contesti di vita in
collaborazione con le Amministrazioni Comunali e i partecipanti ai gruppi di cammino già attivi.
“CON MENO SALE NEL PANE C’È PIÙ GUSTO E GUADAGNI IN SALUTE”
DIAGNOSI DI CONTESTO
In Italia, il consumo di sale pro-capite è stimato pari a circa 10-15 grammi giornalieri. Questo
apporto è da 2 a 3 volte superiore a quanto suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS): 5-6 grammi al giorno nell’adulto.
In particolare, tra tutti i prodotti da forno la principale fonte di sale è rappresentata dal pane,
nutrimento fondamentale presente nell'alimentazione di adulti e bambini: l'INRAN ha rilevato un
consumo medio procapite di pane superiore ai 100 grammi al giorno (programma MINISAL). La
percentuale di sale contenuta nella quantità di pane che un cittadino consuma mediamente
sembrerebbe poco significativa se paragonata ad altri alimenti che ne sono ben più ricchi, tuttavia il
pane è su ogni tavola, e il suo consumo è quotidiano.
Da anni l’ASL di Brescia ha avviato alcune iniziative di comunicazione volte, da un lato, a
incrementare il numero di panificatori che producono pane con ridotto contenuto di sale e, dall’altro,
a sensibilizzare la popolazione sull’importanza di consumare, e quindi richiedere, pane con meno
sale. Al termine del 2013, 60 panificatori hanno cominciato a produrre pane seguendo le indicazioni
regionali, 13 in più rispetto al 2012.
PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE
La riduzione del sale nell’alimentazione è una delle priorità dell’OMS e dell’Unione Europea,
nell’ambito delle strategie di prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili e uno degli
obiettivi perseguiti del Ministero della Salute e da Regione Lombardia nell’ambito del programma
“Guadagnare Salute: rendere facili le scelte salutari” che mira a facilitare l’assunzione di
comportamenti che influiscono positivamente sullo stato di salute della popolazione, agendo sui
principali fattori di rischio.
DESTINATARI
Panificatori
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Aumentare l’adesione dei panificatori al progetto “Con meno sale nel pane c’è più gusto…
e guadagni in salute”;
2. Sensibilizzare la popolazione in merito all’importanza di consumare pane a ridotto contenuto di
salute.
RISULTATI ATTESI
Incremento del 20% dei panificatori aderenti al progetto “Con meno sale nel pane c’è più gusto… e
guadagni in salute”.
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INDICATORI
Nr. di panificatori aderenti all’iniziativa a fine 2014
AZIONI
1. Realizzazione di iniziative di comunicazione rivolte ai panificatori;
2. Realizzazione di campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini.
GOVERNO CLINICO
Da parecchi l’ASL di Brescia ha avviato un processo di Governo Clinico con il coinvolgimento sia
dei Pediatri di Libera Scelta sia dei Medici di Medicina Generale: anche nel 2014 si intende
continuare nell’attività avviata. In particolare:
i Pediatri di Libera Scelta continueranno nella rilevazione sistematica dei dati antropometrici e
relativi all’allattamento materno così da consentire una valutazione complessiva dello sviluppo
auxologico-nutrizionale dell’intera popolazione pediatrica;
i Medici di Medicina Generale continueranno l’attività relativa alla rilevazione sistematica dei
dati estratti dagli archivi informatici sanitari di ciascun Medico relativi a:
o adozione e prescrizione di stili di vita (Minimal Advice su fumo, rilevazione attività
motoria effettuata/prescritta, prescrizione di comportamenti nutrizionali);
o indicatori clinici correlati all’attività motoria e all’alimentazione (BMI, pressione
arteriosa, assetto lipidico, diabete, valutazione del rischio cardiocerebrovascolare).
In tale direzione, nell’anno 2014, sono previsti incontri in piccoli “Gruppi di Miglioramento” dal tema
“Confronto tra pari su Report del Governo Clinico anno 2013” in cui è prevista anche un’attività di
audit clinico con confronto tra pari specificatamente orientata alle malattie croniche e alla loro
prevenzione (corretti stili di vita, alimentazione e rilevazione alla abitudine al fumo) sulla base dei
ritorni informativi della rilevazione anno 2013.
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PIANO AZIENDALE
PER LA
PREVENZIONE
DEL TABAGISMO
13
GRAZIE, NON FUMO PIÙ"- UTILIZZO DEL MINIMAL ADVICE NELLA RETE DEI SERVIZI DEL
SISTEMA SANITARIO REGIONALE
DIAGNOSI DI CONTESTO
Nel 2012 l’ASL di Brescia ha effettuato, per la quarta volta, l’indagine sugli stili di vita degli assistiti,
rivolta inizialmente solo agli utenti degli ambulatori ASL dedicati alle pratiche di
conseguimento/rinnovo della patente di guida e rilascio/rinnovo del porto d’armi e di alcune
autoscuole private iscritte all’ABA (Associazione Bresciana Autoscuole) e, dal 2012, estesa anche
agli adulti accompagnatori dei bambini che si presentano presso gli ambulatori per le vaccinazioni
pediatriche (prevalentemente donne).
Facendo riferimento all’insieme dei dati delle quattro analisi, la prevalenza di fumatori è del 21,7%,
mentre il 63,9% non fuma e non ha mai fumato. La maggior prevalenza di fumatori si registra nelle
fasce d’età più giovani, mentre all’aumentare dell’età aumenta la proporzione di fumatori che hanno
smesso di fumare.
Nel campione degli ambulatori vaccinali la prevalenza di fumatori è inferiore rispetto a quella della
classe d’età d’appartenenza (25-39 anni) così come il numero di sigarette fumate quotidianamente
(9,6 vs 10,0).
Il 26,3% dei fumatori ha affermato di aver provato a smettere nel corso degli ultimi 12 mesi, senza
differenza tra maschi e femmine. Alla domanda “Sarebbe intenzionato a smettere di fumare?”, il
20,7% dei fumatori ha dichiarato “NO”, il 42,2% vorrebbe smettere fin da subito e un ulteriore 37,1%
dichiara che è una possibilità futura. All’aumentare dell’età aumenta la proporzione di fumatori che
si dichiarano intenzionati a smettere fin da subito, mentre i più giovani la descrivono come
un’eventualità possibile, ma futura. Non vi sono differenze significative tra maschi e femmine.
Interessante il fatto che la più alta percentuale di fumatori che dichiarano di non aver intenzione di
smettere di fumare si registra tra gli utenti degli ambulatori vaccinali, popolazione prevalentemente
rappresentata da genitori (soprattutto madri) di bambini piccoli.
I risultati positivi ottenuti nel corso degli anni con i diversi progetti orientano l’ASL a continuare il
percorso intrapreso anche per l’anno 2014, rafforzando il lavoro di rete con le strutture del
Sistema Sanitario Regionale e gli altri soggetti del territorio.
PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE
Il minimal advice si è dimostrato l’approccio più semplice, meno costoso e più facilmente replicabile
in tutti i setting sanitari, anche con modalità “opportunistiche”. Un intervento di soli 5 minuti può
portare il tasso di astensione da fumo dal 2-4% (cessazione spontanea) al 6-8% (esito a 1 anno).
Ulteriori studi sulla popolazione del Nord Italia, in setting opportunistici, hanno mostrato che quando
gli operatori somministrano un minimal advice dopo una breve formazione che tiene conto
dell’approccio fondato su strumenti di counseling (colloquio motivazionale) gli esiti sono
notevolmente migliori.
Inoltre, se il trattamento del tabagismo viene articolato in più sessioni (almeno 5, per quanto brevi),
si associa alla somministrazione di farmaci efficaci e viene condotto con strumenti di supporto
comportamentale, i tassi di cessazione sono molto più elevati.
DESTINATARI
1. Donne che accedono ai consultori familiari per la contraccezione e per l’assistenza in
gravidanza e nel dopo parto;
2. Donne che aderiscono al programma di screening per la prevenzione del cervico-carcinoma;
3. Donne che accedono ai punti nascita e agli ambulatori divisionali delle strutture del Sistema
Sanitario Regionale;
4. Uomini e donne che accedono agli ambulatori di igiene;
5. Uomini e donne che accedono alle farmacie.
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OBIETTIVI SPECIFICI
1. Orientare le donne fumatrici che accedono ai consultori familiari per la contraccezione e il
percorso nascita verso la scelta di non fumare;
2. Orientare le donne fumatrici che aderiscono al programma di screening per la prevenzione del
cervico- carcinoma verso la scelta di non fumare;
3. Orientare tutte le donne che accedono ai punti nascita e agli ambulatori divisionali delle
strutture del Sistema Sanitario Regionale verso la scelta di non fumare
4. Orientare le donne che hanno smesso di fumare durante la gravidanza a mantenere la loro
scelta;
5. Orientare gli uomini e donne che accedono agli ambulatori di igiene verso la scelta di non
fumare;
6. Orientare gli uomini e donne che accedono alle farmacie verso la scelta di non fumare.
INDICATORI
1. Nr. di donne fumatrici che accedono al consultorio a cui viene somministrato il Minimal
advice;
2. Nr. di donne fumatrici a cui è stato somministrato il Minimal advice nel programma di screening
per la prevenzione del cervico-carcinoma;
3. Nr. di donne fumatrici a cui è stato somministrato il Minimal advice nei punti nascita e ngeli
ambulatori divisionali delle Strutture Sanitarie;
4. Percentuale di donne fumatrici che mantengono la loro scelta di non fumare anche dopo la
nascita del bambino;
5. Nr. di uomini e donne che accedono alle farmacie a cui viene somministrato il Minimal advice;
6. Percentuale di uomini e donne che accedono agli ambulatori di igiene a cui viene
somministrato il Minimal advice.
RISULTATI ATTESI
1. A tutte le donne fumatrici che accedono al consultorio familiare nell’ambito del percorso
nascita e contraccettivo viene somministrato il Minimal Advice;
2. A tutte le donne fumatrici che aderiscono al programma di screening per la prevenzione del
cervico-carcinoma viene somministrato il Minimal Advice;
3. A tutte le donne fumatrici che accedono ai punti nascita e agli ambulatori divisionali delle
strutture sanitarie viene somministrato il Minimal Advice;
4. Al primo anno del bambino almeno l’8% di donne che ha sospeso il fumo in gravidanza
mantiene la scelta di non fumare;
5. A tutti gli uomini e le donne fumatori/fumatrici che accedono agli ambulatori di igiene viene
somministrato il minimal advice;
6. Almeno il 10% degli uomini e delle donne che accedono alla farmacia a cui è stato effettuato il
counselling motivazionale breve dichiarano di cessare l’abitudine tabagica.
AZIONI
1. Consolidare l’uso del Minimal Advice nell’ambito del percorso nascita e del percorso
contraccettivo;
2. Consolidare l’uso del Minimal Advice nell’ambito del programma di screening per la
prevenzione del cervico-carcinoma;
3. Consolidare l’invio di sms di sostegno alle donne, incontrate nei consultori familiari e nel corso
del programma di screening del cervico-carcinoma, che decidono dopo il Minimal Advice
di abbandonare l’abitudine tabagica;
4. Consolidare l’uso del Minimal Advice con le donne che accedono ai punti nascita e agli
ambulatori divisionali delle strutture del Sistema Sanitario Regionale;
5. Attivare il Minimal Advice negli ambulatori di igiene
6. Consolidare il Minimal Advice con gli uomini e le donne che accedono alle farmacie.
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PIANO AZIENDALE
PER LA
PREVENZIONE DEGLI
INCIDENTI DOMESTICI
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PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI DOMESTICI NEI BAMBINI 0-4 ANNI
DIAGNOSI DI CONTESTO
Gli incidenti domestici rappresentano un problema di grande interesse per la sanità pubblica:
secondo l’OMS non risparmiano nessuna fascia d’età e sono la prima causa di morte per i bambini.
Dall'analisi delle SDO relative all’anno 2012 è emerso che nell’ASL di Brescia:
1. la distribuzione del numero di ricoveri per classe d'età e sesso, evidenzia un picco a 0-4 anni
senza differenze tra maschi e femmine;
2. la diagnosi “Traumatismi ed avvelenamenti” risulta essere la maggior causa di ricovero con una
netta prevalenza rispetto alle altre;
3. le cause più frequenti di ricovero sono da ricondurre alle fratture, alle ferite e alle contusioni;
4. il 35,8% degli incidenti è occorso in bambini di origine straniera. Tale dato risulta piuttosto
elevato se si considera che nel 2012 gli stranieri regolarmente registrati nell’ASL di Brescia
rappresentavano il 14,5% del totale degli assistiti;
5. la Direzione Gestionale Distrettuale in cui è verificato il maggior numero di incidenti è la n. 4
con il 22,1% degli incidenti;
6. la Direzione Gestionale Distrettuale 1 ha i tassi più elevati di tutta l’ASL di Brescia in relazione
sia al numero di ricoveri per incidente domestico, sia per quanto riguarda la durata dei ricoveri.
PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE
Il Rapporto ISTISAN 10/3 evidenzia che gli interventi per la prevenzione degli incidenti domestici
nei bambini sono sostanzialmente riconducibili a tre categorie: (a) incentivazione di interventi
strutturali per la sicurezza delle abitazioni e dotazione di dispositivi idonei ad aumentare il livello di
sicurezza; (b) campagne di informazione e di sensibilizzazione alla sicurezza domestica; (c)
interventi formativi rivolti ai genitori sulla prevenzione degli incidenti domestici e sulla gestione delle
emergenze in seguito ad incidente, ed in particolare, in seguito ad avvelenamento e ustioni.
I dati epidemiologici di cui si dispone, dimostrano che gli interventi normativi non sono sufficienti a
ridurre l’entità del fenomeno; c’è bisogno di sviluppare strategie complessive, che partono dalla
raccolta sistematica e continua delle informazioni e promuovono, nei luoghi maggiormente
frequentati dai bambini, misure di sicurezza strutturale e impiantistica, oltre che l’adozione di
comportamenti adeguati.
Un utile strumento è rappresentato anche dalle campagne di informazione e di sensibilizzazione alla
sicurezza, e da interventi mirati destinati agli adulti, il cui obiettivo è di promuovere l’acquisizione di
comportamenti cosiddetti “sicuri”..
DESTINATARI
1. Famiglie;
2. Donne frequentanti i Centri Territoriali Permanenti per l’educazione degli adulti (CTP).
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Aumentare l'attenzione dei genitori al tema degli incidenti domestici;
2. Aumentare le conoscenze delle donne straniere in tema di incidenti.
INDICATORI
1. Percentuale di genitori che dichiara di aver aumentato l'attenzione al tema degli incidenti
domestici;
2. Percentuale di donne straniere che dimostra una maggior conoscenza sul tema.
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RISULTATI ATTESI
1. Tutti i genitori coinvolti dichiareranno di avere aumentato la loro attenzione rispetto al tema
degli incidenti domestici;
2. Almeno il 50% delle donne raggiunte dimostra maggiori conoscenze sul tema.
AZIONI
1. Realizzazione di incontri informativi rivolti ai genitori nei diversi contesti (sedi ASL, scuole
dell’infanzia, …);
2. Realizzazione di percorsi educativi da parte dei docenti dei CTP con le donne straniere sul
tema.
PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI DOMESTICI NEGLI ANZIANI
DIAGNOSI DI CONTESTO
Dall'analisi delle SDO relative all’anno 2012 è emerso che nell’’ASL di Brescia:
1. la distribuzione del numero di ricoveri per età e sesso, rileva un crescendo da 65 anni in poi
con una netta prevalenza del genere femminile;
2. i tassi di ricovero tendono ad aumentare in corrispondenza al crescere dell’età per il genere
maschile, mentre in quello femminile vi è un aumento dei tassi fino alla classe di età che va
dagli 85 ai 94 anni, seguito da una leggera flessione in quella tra i 95 e i 104 anni.
3. la diagnosi “Traumatismi ed avvelenamenti” risulta essere la maggior causa di ricovero con una
netta prevalenza rispetto alle altre;
4. la causa più frequente di ricovero è da ricondurre alle fratture;
5. è la Direzione Gestionale Distrettuale 3 ad avere i tassi più elevati di tutta l’ASL sia
relativamente al numero di ricoveri per incidente domestico sia per la durata degli stessi.
PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE
Gli interventi di prevenzione degli incidenti di provata efficacia negli anziani sono:
1. promozione dell’attività fisica e degli esercizi per migliorare l’equilibrio e la postura;
2. modifiche degli ambienti di vita domestica (aumento degli standard di sicurezza);
3. valutazione e correzione dei deficit visivi;
4. interventi per migliorare l’abilità cognitiva e l’autonomia comportamentale;
5. valutazione, per una possibile sospensione, della reale necessità di somministrazione di
farmaci che hanno effetti sulle performance psicofisiche.
In letteratura, inoltre, esiste una forte raccomandazione a favore di interventi informativi ed
educativi mirati alla consapevolezza dei rischi e a consigliare agli anziani l’istallazione di dispositivi
(spie antincendio, strisce antiscivolo, maniglie, ecc.) che possano rendere più sicuro l’ambiente
domestico.
DESTINATARI
1. Volontari;
2. Popolazione anziana.
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Aumentare le competenze dei volontari nella gestione di interventi informativi e/o educativi con i
propri pari;
2. Aumentare le conoscenze degli anziani e delle loro famiglie sul rischio di incidente domestico e
sui possibili pericoli presenti nelle loro abitazioni;
3. Aumentare l’adesione delle persone anziane ai Gruppi di cammino proposti a livello
territoriale.
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INDICATORI
1. Percentuale di volontari in grado di gestire interventi informativi e/o educativi con i propri pari;
2. Nr. di anziani e famigliari raggiunti con percorsi informativi/educativi che dichiara di aver
aumentato le proprie conoscenze sul rischio di incidente domestico e sui possibili pericoli
3. presenti nelle loro abitazioni;
4. Nr. di anziani che aderisce ai gruppi di cammino.
RISULTATI ATTESI
1. Almeno il 50% dei volontari formati realizza interventi informativi e/o educativi con i propri pari;
2. Tutti gli anziani e i loro famigliari coinvolti in percorsi informativi/educativi dichiarano di aver
aumentato le proprie conoscenze sul rischio di incidente domestico e sui possibili pericoli
presenti nelle loro abitazioni;
3. Almeno il 10% degli anziani coinvolti aderisce ai gruppi di cammino.
AZIONI
1. Realizzazione di percorsi formativi con i volontari di associazioni del territorio;
2. Realizzazione di incontri informativi/educativi con anziani e loro famigliari.
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PIANO LOCALE
PREVENZIONE
DIPENDENZE
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Il Piano Locale Prevenzione Dipendenze (allegato 1 al presente documento, di cui costituisce
parte integrante) riassume in sé azioni che hanno preso avvio nel 2013, in successione con il
precedente Piano, che troveranno completo sviluppo nel 2014.
In attuazione degli atti amministrativi regionali di riferimento, il Piano riassume le seguenti
indicazioni, che vengono garantite all’interno dell’organizzazione dell’ASL di Brescia:
la Rete Regionale per la prevenzione, attraverso il Tavolo Tecnico Regionale Prevenzione
(TTRP) e le Reti Locali promosse da ciascuna ASL, è il “luogo” tecnico a supporto
dell’elaborazione delle strategie e delle partnership a livello regionale e locale;
il Dipartimento Dipendenze ha funzione di nodo e snodo della rete territoriale di settore. Nello
specifico dell’organizzazione dell’ASL di Brescia la struttura competente in tema di
prevenzione delle dipendenze, a cui afferisce il coordinamento della rete locale, garantisce il
collegamento, attraverso il proprio responsabile, tra il livello regionale ed il livello locale della
rete prevenzione. Il Dipartimento Dipendenze garantisce la funzione di sistema all’interno della
Rete Locale Prevenzione attraverso il raccordo con l’Osservatorio Territoriale, con l’area della
clinica-riabilitazione ed integrando le funzioni dei Comitati in staff alla Direzione del
Dipartimento (Comitato Rete Prevenzione, Comitato di Dipartimento, Comitato degli Enti
Accreditati);
localmente è valorizzato il riferimento a modelli riconosciuti e validati a livello scientifico
internazionale, orientando al miglioramento l’intero sistema dell’offerta territoriale in tema di
prevenzione delle dipendenze;
si perseguono vie per maggiore integrazione tra i servizi dell’area consultoriale e quelli che
fanno riferimento alle aree della prevenzione afferenti all’ASL in tema di
uso/abuso/dipendenza da sostanze, come strumento per migliorare la capacità preventiva
dell’intero sistema di intervento territoriale
i Piani di Zona rappresentano strumenti di integrazione a livello territoriale delle diverse
politiche preventive.
Il piano è strutturato tenendo come riferimento i quattro assi principali su cui viene declinata la
strategia regionale (DGR 1999/2001):
1. coordinamento multilivello degli interventi e della programmazione intersettoriale;
2. estensione dell’impatto preventivo delle azioni messe in atto;
3. coinvolgimento attivo dei cittadini nelle azioni della Rete Regionale Prevenzione;
4. sviluppo delle competenze di professionisti ed amministratori locali.
Nel 2014 le azioni/programmi previste nel Piano Locale Prevenzione Dipendenze che verranno
svolte in integrazione con le linee di lavoro definite dal PIL, secondo quanto previsto dalla DGR
1185/13, sono lo sviluppo della terza annualità della sperimentazione regionale “Life Skill Training
Program” e del progetto di prevenzione selettiva dedicato all’ascolto (CIC).
LIFE SKILLS TRAINING PROGRAM
DIAGNOSI DI CONTESTO
I dati prodotti dall’indagine HBSC 2009-2010 sul campione lombardo costituito da 3.569 studenti
evidenziano, per quanto riguarda l’abitudine al fumo, un incremento al crescere dell’età: dallo
0,9% degli undicenni che dichiara di fumare, si passa all’8,1% dei tredicenni e al 30,6% dei
quindicenni. La percentuale che dichiara di fumare una o più sigarette al giorno passa
dallo 0,2% degli undicenni al 3,3% dei tredicenni ed al 18,3% dei quindicenni. Per quanto
riguarda l’alcol, il 4,4% degli undicenni, il 7,4% dei tredicenni ed il 15,9% dei quindicenni dichiara
di essersi ubriacato una volta nella vita. Lo 0,1% degli undicenni depone più di 10 episodi di
ubriacatura, la percentuale è dello 0,2% nei tredicenni e del 2,8% dei quindicenni. I maschi
sopravanzano le femmine per uso di alcol in tutte le fasce d’età e per i diversi stili di consumo: un
21
dato per tutti è riferito a più di due episodi di ubriacatura nella vita dove si evidenzia che è deposto
dall’1% degli undicenni e da nessuna ragazza, dal 4% dei tredicenni nei confronti dell’1% delle
coetanee, dal 19% dei quindicenni e dal 13% delle coetanee.
Un cenno al consumo di cannabis, indagato solo nella fascia dei quindicenni: nell’11,2%
dei ragazzi e nel 5% delle ragazze viene deposto un uso che va dalle 10-40 volte nella vita a
più di una volta al giorno.
Deve permanere alta l’attenzione quindi, come raccomandato anche dalle “Linee Guida
Regionali di prevenzione delle diverse forme di dipendenza nella popolazione
preadolescenziale ed adolescenziale” (DGR 6219 del 19.12.2007), alla diffusione di interventi di
provata efficacia che si rivolgono alle fasce d’età più basse.
Il progetto è stato avviato nell’anno scolastico 2011-2012.
PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE
La teoria educativo-promozionale che sta alla base del progetto, e che è sostenuta
e universalmente riconosciuta come efficace, si inserisce all'interno delle aree di sviluppo
del “Modello Lombardo delle Scuole che promuovono salute”, in particolare nelle azioni della
Strategia 1: Sviluppare le competenze individuali.
Oltre all'utilizzo di metodologie attive atte allo sviluppo di competenze di vita, la
formazione continua che accompagna il progetto contribuisce ad aggiornare i docenti;
l'inserimento del progetto nel POF di tutte le scuole partecipanti alla sperimentazione di ASL
Brescia, contribuisce al processo di sostegno all'adozione di un curriculum formativo che
comprende in modo strutturale lo sviluppo di competenze e di tematiche sulla salute (Strategia 2
“Qualificare l'ambiente sociale- promuovere clima e relazioni positive” del Modello Lombardo
delle Scuole che promuovono salute).
Le attività svolte sino ad ora ci hanno permesso di verificare che secondo i docenti, lo sviluppo del
progetto ha contribuito a migliorare il clima scolastico, favorendo un migliore rapporto degli studenti
tra loro e di questi con i docenti. Inoltre in tutti i contesti, seppure in modo diversificato, sono stati
coinvolti nella programmazione delle attività i genitori e in alcuni contesti specifici lo sviluppo del
progetto ha favorito il processo di collaborazione tra la scuola e gli Enti locali, nonché con
diversi soggetti della Comunità, nella programmazione e realizzazione di interventi di prevenzione
(Strategia 3 “Rafforzare la collaborazione comunitaria-costruire alleanze positive del Modello
Lombardo delle Scuole che promuovono salute).
DESTINATARI
1. Docenti della Scuola Secondaria di primo grado che hanno aderito al progetto;
2. Preadolescenti.
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Rinforzare le funzioni educative degli insegnanti, modificare le loro rappresentazioni sui temi di
promozione della salute e sviluppare un pensiero realistico sulle caratteristiche attuali del
consumo di sostanze;
2. Accrescere le life skill degli studenti della Scuola secondaria di I grado.
INDICATORI
1. Percentuale di insegnanti che dichiarano di aver aumentato le proprie competenze nel
promuovere la salute nel contesto scolastico in particolare in merito all’efficacia nel trattare i
temi inerenti la prevenzione dell’uso di sostanze;
2. Percentuale di studenti che dimostrano di aver accresciuto abilità personali e abilità sociali utili
a gestire situazioni di rischio per l’uso di sostanze.
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RISULTATI ATTESI
1. Aumento statisticamente significativo delle abilità degli studenti che partecipano al programma
in confronto ad un gruppo di controllo;
2. Almeno il 50% degli insegnanti dichiara di aver aumentato le proprie competenze nel
promuovere la salute nel contesto scolastico in particolare in merito all’efficacia nel trattare i
temi inerenti la prevenzione dell’uso di sostanze.
AZIONI
1. Monitoraggio da parte degli operatori ASL dello sviluppo del progetto (incontri periodici
operatori ASL-docenti suddivisi per Istituto e per gruppi di docenti; supporto degli operatori alla
compilazione schede di monitoraggio e supporti di verifica da parte dei docenti, incontri di
programmazione e verifica con Dirigenti scolastici e referente dell’Ufficio Scolastico
Territoriale; sessioni formative di supporto per i docenti);
2. Collegamento con il Coordinamento regionale di progetto (incontri di programmazione,
monitoraggio e verifica degli operatori ASL di progetto presso la sede di Eupolis);
3. Sviluppo del progetto da parte degli insegnanti con gli studenti;
4. Realizzazione di momenti di restituzione della valutazione di impatto e di risultato della
sperimentazione regionale.
SPAZI DI ASCOLTO
DIAGNOSI DI CONTESTO
L’uso di sostanze di per sé e la relazione con l’incidentalità ad esso correlata, rappresentano la
prima causa di morte nei giovani tra i 14 ed i 21 anni (fonte: Dati Dipartimento Politiche Antidroga,
Presidenza Consiglio dei Ministri- 2013).
Uno studio condotto nel 2010 con la partecipazione di alcune regioni Italiane (Abruzzo, Liguria,
Lombardia, Sicilia, Umbria e Veneto) ha valutato, su un campione di 47.821 utenti dei Servizi (di
cui l’84,7% maschi ed il 15,3% femmine), i tempi di latenza tra l’età di primo approccio con le
sostanze e l’età di accesso ai Servizi.
Dallo studio emerge che, per le tre sostanze prese in considerazione (cannabis, eroina e cocaina),
esiste un “tempo di latenza” tra primo uso ed accesso ai servizi, inteso come avvio del primo
trattamento, compreso tra i 5 ed i 9 anni. Uno studio dell’Osservatorio del Dipartimento
Dipendenze dell’ASL di Brescia condotto, con la stessa finalità, sull’utenza in carico ai Servizi
specialistici nel 2012, posiziona il “tempo di latenza” sui 15 anni.
Dai dati nazionali e locali a cui si è fatto riferimento nonché da ricerche analoghe e più
approfondite condotte sia a livello nazionale che internazionale (N.I.D.A.), emerge d’altra parte che
esiste, nelle condotte di rapporto con le sostanze e che possono esitare nella dipendenza, una
progressione graduale che parte da una situazione di vulnerabilità, passa attraverso l’uso
occasionale connotato dalla sperimentazione, e l’uso periodico (sperimentazione intensiva) per
arrivare all’uso continuativo che caratterizza la dipendenza.
La fase della vulnerabilità è tipica di persone che non hanno ancora utilizzato sostanze, compresi
alcol, tabacco e farmaci, ma che presentano un rischio specifico di utilizzo superiore alla media,
legato alla presenza di fattori individuali e/o ambientali quali, ad esempio, disturbi comportamentali
e difficoltà relazionali, insuccessi e difficoltà scolastiche, famiglia che esprime problematicità di
vario tipo, povertà di stimoli intellettuali, alta offerta di sostanze, eventi stressanti.
In continuità con quanto già avviato nel 2013, durante il quale con gli spazi di ascolto sono stati
raggiunti 92 studenti e 25 adulti, nel 2014 si intende consolidare l’attività incrementano il numero
delle persone che accedono allo spazio di ascolto.
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PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE
Dalle documentazioni specifiche di settore, a partire dal livello internazionale con la risoluzione
ONU 51/3 del 2008, passando per il livello nazionale (Piano d’Azione Nazionale - Dipartimento
Politiche Antidroga, Presidenza del Consiglio dei Ministri per il 2010/20139 arrivando al livello
regionale (“Linee Guida Regione Lombardia per la prevenzione delle diverse forme di dipendenza
nella popolazione preadolescenziale ed adolescenziale” e “Linee Guida Regione Lombardia per la
prevenzione delle diverse forme di dipendenza nella popolazione generale”), emergono fortemente
raccomandazioni volte allo sviluppo di programmi e interventi finalizzati a interrompere
precocemente la progressione dell’uso di sostanze verso la dipendenza e iniziare trattamenti il
prima possibile. In particolare tra le aree di intervento prioritario, viene posta l’attenzione agli
approcci di prevenzione selettiva intesi come interventi rivolti a sottogruppi di popolazione in cui il
rischio di utilizzo di sostanze e di sviluppo di dipendenza risulta maggiore rispetto alla media in
funzione della presenza degli specifici fattori di rischio a cui sin è fatto accenno in precedenza.
Il counselling educativo promozionale è individuato come una delle strategie utili in termini di
prevenzione selettiva. Gli spazi d’ascolto che utilizzano il counselling educativo promozionale e
che vengono strutturati in vari contesti d’intervento, tra cui prioritariamente l’istituzione scolastica,
sviluppano azioni rivolte al miglioramento delle capacità di fronteggiare momenti di criticità con
interventi mirati a rafforzare le competenze emotive e cognitive. Inoltre, attraverso l’identificazione
di un rischio specifico, e dell’eventuale livello di consumo di sostanze, gli spazi di ascolto
rappresentano un valido strumento di diagnosi precoce rispetto allo sviluppo di un uso continuativo
di sostanze.
Lo spazio di ascolto, pur operando con priorità sulla prevenzione ed intercettazione dell’uso di
sostanze, intercetta a 360° le problematiche espresse da colui che ne usufruisce ed in caso di
espressione di altre situazioni critiche, la presenza di un counsellor adeguatamente formato,
promuove, con supporto attivo, il contatto con i diversi servizi specialistici territoriali competenti
(es. Dipartimento di Salute Mentale, Consultori Familiari, oltre ovviamente a Ser.T. e SMI).
DESTINATARI
1. Adulti
2. Studenti (14/19 anni)
OBIETTIVI SPECIFICI
Individuare il problema specifico per cui si accede allo spazio di ascolto e gestirlo;
INDICATORI
Nr. di studenti e di adulti che sono in grado di individuare il problema specifico per cui si sono rivolti
allo spazio di ascolto e sanno gestirlo;
RISULTATI ATTESI
Almeno il 70% delle persone che si rivolgono allo spazio di ascolto sono in grado di individuare il
problema specifico e sanno gestirlo.
AZIONI
1. Realizzazione di incontri con i docenti e con i referenti di progetto di un contesto lavorativo ad
alta specializzazione;
2. Strutturazione di incontri individuali di counselling presso gli istituti scolastici ed un contesto
lavorativo ad alta specializzazione;
3. Realizzazione di incontri con i genitori a supporto delle attività svolte con gli studenti;
4. Realizzazione di incontro con gli operatori dei servizi territoriali specialistici.
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GLI ALTRI PROGETTI
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SALUTE IN COMUNE
DIAGNOSI DI CONTESTO
Il Sistema Sanitario non può intervenire in modo compiuto su tutti i livelli per offrire una risposta
articolata ai numerosi bisogni di salute: è necessario pensare a un sistema che, attraverso
l’integrazione degli attori e delle risorse possa consentire di sviluppare una rete di servizi più
adeguata a rispondere ai bisogni della popolazione, ormai sempre più complessi.
I Comuni possono incidere efficacemente sugli obiettivi di salute: numerose sono le aree nelle
quali possono intervenire e le politiche messe in campo dalle Amministrazioni Comunali possono
giocare un ruolo delicatissimo sulla tutela e sulla promozione del benessere delle comunità.
Le Amministrazioni Comunali svolgono già numerose attività nel campo della promozione della
salute attivando iniziative variegate in risposta anche a input che provengono dall’ASL, dalle
Aziende Ospedaliere, dagli Enti che lavorano in ambito sanitario, dalle Associazioni del territorio,
dalle Cooperative, ecc.
È però importante creare una cornice all’interno della quale far rientrare tutte le istanze per evitare
dispersione di risorse, sovrapposizioni di iniziative e conflitti nei livelli di informazione.
PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE
L’orientamento generale per la programmazione degli interventi di promozione della salute è
quello di valorizzare il ruolo preminente degli Enti locali, garantendo la partecipazione attiva
della comunità ai processi decisionali e riservando ai servizi sanitari le funzioni di proposta,
supporto e consulenza tecnica.
DESTINATARI
Amministrazioni Comunali.
OBIETTIVO
Costruire una strategia condivisa per la promozione della salute e del benessere dei cittadini.
INDICATORE
Nr. di Amministrazioni Comunali che aderiscono al progetto.
RISULTATO ATTESO
Almeno il 10% delle Amministrazioni Comunali costruisce il Piano Comunale per la Promozione
della Salute.
AZIONI
1. Realizzazione di incontri di supporto alle Amministrazioni Comunali per la costruzione del
Piano Comunale per la Promozione della Salute;
2. Predisposizione, da parte dei Comuni aderenti, del Piano Comunale
per la Promozione della Salute;
3. Realizzazione e messa a disposizione dei Comuni, da parte dell’ASL, del sito
web “WWW.SALUTEINCOMUNE.NET” per la messa in rete e condivisione del progetto,
delle azioni realizzate e delle iniziative intraprese;
4. Realizzazione di un incontro annuale tra ASL e Comuni aderenti per la condivisione del lavoro
svolto e la programmazione futura.
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LA RETE DELLE SCUOLE CHE PROMUOVONO SALUTE
L’attività del gruppo di Coordinamento provinciale è proseguita anche per l’anno scolastico 20122013 con la partecipazione costante dei rappresentanti dell’ASL di Brescia.
L’azione di supporto alla rete dei rappresentanti ASL si è concretizzata nello sviluppo dei seguenti
aspetti:
Ridefinizione della collocazione del gruppo locale all’interno della rete regionale;
Condivisione dei criteri per la definizione di un progetto come buona pratica;
Definizione del progetto per la partecipazione al “Bando per la presentazione delle domande
di cofinanziamento per l’attivazione di percorsi scolastici su progetti finalizzati all’educazione
sanitaria e zoofila, ai sensi della d.g.r. n. IX/939 del 1 dicembre 2010”;
Definizione di una migliore strutturazione del gruppo di coordinamento;
Individuazione di nuove adesioni alla Rete Regionale.
Nel 2014 si intende proseguire nel lavoro intrapreso sviluppando, in particolare:
1. supporto alla programmazione delle attività della rete locale attraverso la partecipazione al
gruppo di coordinamento;
2. Supporto scientifico, qualora opportuno e necessario, allo sviluppo di azioni specifiche.
LA RETE DELLE AZIENDE CHE PROMUOVONO SALUTE
DIAGNOSI DI CONTESTO
Da diversi anni, grazie anche all’evoluzione della normativa in materia di sicurezza, le aziende si
stanno impegnando sempre più nel campo della prevenzione e della protezione dai rischi
connessi al lavoro.
La protezione dei lavoratori dai rischi di infortuni e malattie professionali è tuttavia solo uno degli
strumenti attraverso cui passa la promozione della salute dei lavoratori.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, ai rischi occupazionali è attribuibile circa
l’1,5% del totale degli anni di vita in buona salute persi (DALYs) nei Paesi ad elevato reddito come
l’Italia; mentre altri fattori legati a comportamenti individuali come l’abitudine tabagica, il consumo
di alcol, il sovrappeso e l’obesità, la sedentarietà, l’alimentazione, i comportamenti alla guida,
sarebbero responsabili di circa il 30% della perdita totale di anni di vita in buona salute.
Inoltre, il posto di lavoro è una delle sedi dove è possibile intervenire con successo per
promuovere sani stili di vita (Dichiarazione di Lussemburgo, 2007). Il datore di lavoro può svolgere
un ruolo attivo nella promozione della salute tra i propri dipendenti attraverso una politica del
personale che incorpori attivamente le tematiche della promozione della salute, prevedendo
misure rivolte ai singoli e all’ambiente lavorativo.
PROVE DI EFFICACIA E BUONE PRATICHE
Numerose ricerche compiute negli ultimi anni hanno dimostrato che il luogo di lavoro ha un effetto
potente sulla salute dei lavoratori.
L’efficacia dei programmi WHP è ampiamente dimostrata dalla letteratura scientifica, gli
investimenti in questi programmi conducono a una riduzione delle malattie e dei tassi di mortalità.
Anche il rapporto costi-benefici degli investimenti di promozione della salute nei luoghi di lavoro è
favorevole: i benefici per i lavoratori e per le aziende sono misurabili e si traducono molto spesso
in una riduzione dei rischi occupazionali, in minor assenteismo e malattie, in una
maggiore soddisfazione, motivazione e produttività sul lavoro, oltre che in un miglioramento
complessivo della loro qualità di vita.
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DESTINATARI
Datori di lavoro
OBIETTIVO
Creare una rete di aziende bresciane che si impegnano in progetti di promozione della salute.
INDICATORE
Nr. di aziende aderenti alla rete
RISULTATO ATTESO
Incremento del 50% del numero delle aziende di produzione e di servizi coinvolte nel 2013
AZIONI
1. Realizzazione di incontri con le ditte per la promozione del progetto
2. Realizzazione di incontri con le ditte aderenti alla Rete delle Aziende che Promuovono Salute,
per lo sviluppo del progetto
STRADA FACENDO
PROMOZIONE DELLA SALUTE ALL’UTENZA FRAGILE - SENZA DIMORA
DIAGNOSI DI CONTESTO
Negli ultimi anni nel territorio dell’ASL di Brescia si è registrata una crescente presenza, nel
circuito dei servizi della grave emarginazione, di un’utenza giovane maschile, di mezza età che
non soffre di disturbi specifici, ma che tuttavia è a elevato rischio di salute per la vulnerabilità
psicosociale.
Le persone attive, perdendo il lavoro per la crisi economica, sono a rischio di scivolare nella
spirale dell’emarginazione, una condizione che per la persona straniera è spesso aggravata dal
vissuto di fallimento del proprio progetto migratorio e della perdita del permesso di soggiorno.
I PAI (Piani Assistenziali Individualizzati) del servizio infermieristico del grave disagio dell’ASL di
Brescia rilevano come la persona in grave condizione di emarginazione fatica, a causa delle
difficoltà progettuali e della mancanza di concentrazione, a riflettere sulla propria salute e a
consultare materiale informativo, giornali e tv. Ciò porta a una riduzione della Health literacy –
dell’alfabetizzazione sanitaria - riducendo la capacità di fronteggiamento della propria situazione
di vita.
Inoltre, le persone in condizione di grave emarginazione hanno una maggiore mortalità e
comorbilità. Molte patologie non vengono diagnosticate in tempo, prima che producano danni
significativi, oppure vengono trascurate per la scarsa cura di sé che compromette l’adesione e la
compliance terapeutica.
PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE
Le Indicazioni Ministeriali 2008-2013 relative alla lotta all’esclusione sociale, individuano come
prioritaria l’attivazione di alleanze tra i servizi sanitari e la persona e al fine di far riacquistare a
quest’ultima uno stile di vita salutare, fronteggiando la propria situazione di vita senza incorrere
nel circolo vizioso povertà – malattia – povertà descritta nei Millenium Goals dell’OMS 2010.
Anche le sperimentazioni nazionali e internazionali volte a migliorare l’accesso alla salute delle
persone senza dimora evidenziano, nelle buone prassi, la centralità dell’approccio di comunità.
In particolare, nell’approccio infermieristico l’aspetto centrale è rappresentato dalla qualità
relazionale che permette di creare un contesto appropriato ai gesti di cura e di apprendimento,
volto a motivare la persona ad agire in senso preventivo e a migliorare la sua salute.
DESTINATARI
Donne e uomini senza dimora, italiani e stranieri, presenti sul territorio dell’ASL di Brescia.
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OBIETTIVI SPECIFICI
Migliorare la conoscenza, il corretto utilizzo dei servizi sociosanitari territoriali, l’alfabetizzazione
sanitaria (health literacy) e la salute delle persone.
INDICATORE
Percentuale di persone intercettate con le uscite settimanali che si sono presentate ai servizi ASL.
RISULTATO ATTESO
Almeno il 20% delle persone intercettate con le uscite settimanali si presentano ai servizi ASL.
AZIONI
1. Collaborazione con le istituzioni pubbliche e private e le associazioni del territorio
coinvolte nella rete;
2. Uscite bisettimanali con l’unità mobile;
3. Incontri con gli interlocutori socio sanitari territoriali sia in riferimento al singolo caso che
nel migliorare la risposta tempestiva complessiva;
4. Attività di counselling infermieristico;
5. Distribuzione di specifico materiale informativo (dépliant e/o opuscoli) sui temi della
promozione della salute e della prevenzione primaria e secondaria;
6. Effettuazione di prestazioni infermieristiche di primo livello (medicazione semplici su ferite e/o
piccoli traumi, misurazione di parametri vitali, controllo glicemia attraverso prelievi capillari,
etc.)
7. Effettuazione del Minimal Advice per promuovere il contrasto al tabagismo;
8. Realizzazione di incontri interattivi da realizzarsi in luoghi significativi per le persone
emarginate.
CALEIDOSCOPICA ADOLESCENZA
PROGETTO DI PROMOZIONE ALLA SALUTE AFFETTIVA E SESSUALE NEGLI STUDENTI
DELLA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO
DIAGNOSI DI CONTESTO
Gli interventi di promozione e di educazione alla salute con gli adolescenti rientrano da diversi anni
nell’attività del Consultorio Familiare del distretto 7 di Chiari sul fronte dell’educazione affettiva e
sessuale ma, alla luce degli studi e dei dati è più recenti, è stato necessario pensare a modalità di
approccio che prevedessero una metodologia attiva in cui gli adolescenti rivestono sempre di più
un ruolo da protagonisti. Queste considerazioni a cui ci si è ispirati nella stesura del presente
progetto sono altresì evidenziate in diverse indicazioni scientifiche e sono richiamate anche nelle
“Linee Guida Regionali di prevenzione delle diverse forme di Dipendenza nella popolazione
preadolescenziale ed adolescenziale” (DGR. 6219 del 19/12/09).
Negli ultimi anni, la messa in atto di comportamenti a rischio durante l'adolescenza, come il
coinvolgimento in rapporti sessuali precoci e non protetti, è diventata, nella società occidentale,
fonte di crescente preoccupazione e interessa molti Paesi europei (Schulenberg, Maggs &
Hurrelmann, 1997). Questi comportamenti a rischio possono produrre effetti negativi molto seri
sulla salute personale e sul benessere psico-sociale, e portare l'individuo a contrarre malattie a
trasmissione sessuale o ad avere gravidanze indesiderate.
Oltre a ciò esistono chiari riferimenti in letteratura circa la relazione esistente tra comportamenti a
rischio legati alla sfera sessuale in età adolescenziale e lo stato di salute in età adulta (HBSC
2006). Infatti, molti dei modelli di comportamento acquisiti durante l’adolescenza (relazioni di
genere, comportamento sessuale, abitudini tabagiche, consumo di alcol e altre droghe e/o farmaci,
abitudini alimentari, atteggiamenti verso le situazioni conflittuali e il rischio) dureranno tutta la vita e
29
influenzeranno profondamente la salute e il benessere futuro (Action for Adolescent Health, WHO,
1997).
Le più recenti esperienze di attività in favore degli adolescenti realizzate con le scuole e con gli enti
del territorio marcano l’esigenza di implementare una progettazione maggiormente condivisa per
favorire l'efficacia degli interventi sanitari, sociali ed educativi con un approccio di sviluppo globale,
integrato e multidisciplinare. È evidenziato, oltre che in letteratura, anche nella diretta esperienza
degli operatori, che a questa età difficilmente i ragazzi si rivolgono direttamente ai servizi
consultoriali - così come tradizionalmente organizzati - se non per problemi di una certa gravità. In
età adolescenziale l’individuo è esposto ad una vulnerabilità che predispone sia ad adottare
comportamenti a rischio per la salute psicofisica (rischio di contrarre malattie sessualmente
trasmesse, gravidanze precoci, rapporti sessuali precoci al di fuori di relazioni affettive e di parità)
che a manifestare difficoltà comunicative con gli adulti. Emerge, anche nel nostro territorio, la
necessità di sostenere e tutelare gli adolescenti nella conquista di autonomie costruttive,
nell'acquisizione di una corretta percezione del proprio corpo, nel favorire la consapevolezza della
propria personalità, nell'educare a valori quali il rispetto di sé e degli altri. La sempre più diffusa
presenza di ragazzi figli di immigrati rende inoltre necessario un approccio che tenga conto delle
diverse appartenenze culturali.
PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE
Dalla ricerca “Risk-behaviour in adolescence: drug-use and sexual activity in Italy and The
Netherlands” (Silvia Ciairano, 2004) emergono importanti sollecitazioni per la programmazione
degli interventi. In particolare si sottolinea come la promozione della auto-efficacia sia la più
potente strategia per l’acquisizione di un comportamento sano e come sia necessario evitare un
approccio di tipo terroristico nella strutturazione di interventi che tengono conto degli aspetti
affettivi e dei significati del comportamento sessuale in adolescenza, favorendo l’elaborazione di
messaggi a diversi livelli (cognitivo, emotivo, socio-relazione) e promuovendo l’integrazione tra
sapere dell’esperto e competenze esperienziali, comunicative e relazionali dei destinatari.
Una meta-analisi (Kirby, Short, Collins, Rugg 1994) condotta negli USA su sedici ricerche di tipo
sperimentale o quasi sperimentale, finalizzati a valutare programmi di educazione sessuale, ha
evidenziato che gli interventi efficaci si basano su 1) pochi e specifici obiettivi comportamentali; 2)
uso di attività esperienziali e metodi di apprendimento attivo per personalizzare le informazioni
(discussioni in piccolo gruppo, circle time, simulate, brainstorming, roleplaying); 3) coinvolgimento
dei pari in qualità di educatori per favorire i processi di identificazione; 4) attività che portano a
riflettere sulle influenze dei media e dei pari sui comportamenti sessuali; 5) rafforzamento di valori
o norme per sviluppare pensieri individuali e di gruppo contro i comportamenti a rischio; 6) attività
finalizzate allo sviluppo di abilità comunicative, di negoziazione, di rifiuto.
DESTINATARI
1. Insegnanti;
2. Studenti dai 16 ai 19 anni;
3. Studenti dai 14 ai 16 anni.
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Incrementare le competenze e strumenti a disposizione degli insegnanti per l'utilizzo delle life
skill e per relazionarsi in modo più efficace con i loro studenti per la promozione del
benessere;
2. Mettere in grado i peer educator di attivare all'interno delle classi interventi di sensibilizzazione
sui temi legati al benessere e alla prevenzione.
3. Far sperimentare agli studenti delle classi prime modalità di scambio e di confronto sui temi
del benessere e delle relazioni.
4. Incrementare le informazioni degli studenti di classe seconda in merito a prevenzione alle
MTS ed all'educazione affettiva e sessuale.
30
INDICATORI
1. Nr. di insegnanti che avendo acquisito maggiori competenze e strumenti realizzano con i loro
studenti sessioni per la promozione del benessere e lo sviluppo delle life skill.
2. Nr. di peer educator che attiveranno all'interno delle classi interventi di sensibilizzazione sui
temi legati al benessere e alla prevenzione.
3. N° di studenti di classe prima che dichiarano di aver sperimentato in modo soddisfacente
l'opportunità offerta dai peer di scambio e di confronto costruttivo in classe.
4. N° di studenti di classe seconda che dichiarano di aver acquisito maggiori informazioni in
merito alla prevenzione delle MTS ed all'educazione affettiva e sessuale.
RISULTATI ATTESI
1. Tutti gli insegnanti, avendo acquisto maggiori competenze e strumenti, realizzano con i loro
studenti sessioni per la promozione del benessere e lo sviluppo delle life skill.
2. Almeno il 90% dei peer educator formati attiveranno all'interno delle classi interventi di
sensibilizzazione sui temi legati al benessere e alla prevenzione.
3. Il 90% degli studenti delle classi prime coinvolte dalle azioni peer dichiara di aver sperimentato
in modo soddisfacente l'opportunità offerta dai peer di scambio e di confronto costruttivo in
classe sul tema dell'educazione sessuale e delle relazioni fra pari
4. Almeno il 90% studenti di classe seconda dichiara di aver acquisito maggiori informazioni in
merito a prevenzione alle MTS ed all'educazione affettiva ed sessuale.
AZIONI
1. Realizzazione di incontri rivolti agli insegnanti di rinforzo alla promozione delle life skills e
delle tecniche di conduzione del gruppo classe;
2. Realizzazione di incontri formativi rivolti ai peer educator con metodologie attive in tema di
prevenzione e promozione del benessere (prevenzione alle MTS, educazione affettiva ed
emotiva, promozione del benessere a scuola e nelle relazioni);
3. Conduzione, da parte degli insegnanti, di moduli con le classi finalizzati alla promozione delle
Life Skill e all'approfondimento dei temi trattati con i peer;
4. Realizzazione di incontri in classe da parte dei peer educator seconde per interventi di
informazione e sensibilizzazione sui temi della prevenzione delle MTS, sulla sessualità ed
affettività e sul benessere in classe;
5. Utilizzo, da parte del gruppo dei peer, della pagina facebook per scambiarsi informazioni in
modo veloce e per condividere l'esperienza anche con gli altri studenti della scuola non
direttamente coinvolti nel progetto.
SE LO CONOSCI NON SCAPPA, SE LO CONOSCI NON MORDE
DIAGNOSI DI CONTESTO
L'evoluzione del rapporto uomo animale ha generato un incremento della popolazione canina e
felina in ambito urbano e contestualmente una implementazione della sensibilità collettiva al
riguardo, assumendo notevole rilevanza sia per i risvolti socio-economici, sia per quelli igienicosanitari.
I comportamenti dei proprietari non sempre si rivelano adeguati, non solo in relazione ai bisogni
primari (cibo, acqua, ...) ma anche e soprattutto a quelli etologici che non possono prescindere
dalle conoscenze specifiche di specie e razza al fine di tutelarne pienamente il benessere.
La gestione degli animali sinantropi non sempre consapevole ed equilibrata, la scarsa conoscenza
delle loro esigenze nonché della normativa in vigore, associate alle condizioni di convivenza
forzata tipiche dell'ambito urbano, sono sovente alla base di problematiche che possono spaziare
dai semplici inconvenienti di natura igienico-sanitaria, ai casi di morsicature (600 morsicature
annue registrate presso ASL Brescia) o incidenti anche gravi descritti dalla cronaca per cani
incustoditi (2.200 sono i cani accalappiati in un anno da ASL Brescia).
31
Il Dipartimento di Prevenzione Veterinario, che in passato ha effettuato interventi
di
zooantropologia didattica nelle scuole rivolti agli alunni, intende ora sperimentare il modello life-skill
training, più attuale e consono ai nuovi approcci pedagogici, al fine di divulgare appropriate
conoscenze e competenze di gestione degli animali, riducendo al contempo sia eventuali
comportamenti a rischio dei minori nell'approccio agli animali domestici, sia i costi sociali derivanti
da tali cattive pratiche.
PROVE DI EFFICACIA E/O BUONE PRATICHE
Nello svolgimento del progetto si farà riferimento a quanto previsto dal modello lombardo delle
scuole che promuovono la salute utilizzando la metodologia di educazione alle life-skill.
DESTINATARI
1. Docenti
2. Studenti (6/10 anni)
OBIETTIVI SPECIFICI
1. Aumentare le competenze dei docenti al fine di progettare percorsi con gli studenti delle loro
classi;
2. Aumentare nei bambini le conoscenze di come il cane percepisce il mondo esterno, come
comunica e di quali modalità comunicative facilitano il contatto e la gestione con l’animale;
3. Aumentare nei bambini la consapevolezza che possedere un cane vuol dire farsi carico delle
sue esigenze nel rispetto delle regole e delle leggi.
INDICATORI
1. Nr. di docenti che progettano percorsi indirizzati agli studenti;
2. Nr. di bambini che hanno aumentato le loro conoscenze di come il cane percepisce il mondo
esterno, come comunica e di quali modalità comunicative facilitano il contatto e la gestione
con l’animale;
3. Nr. di bambini che dichiarano di aver acquisito una maggiore consapevolezza che possedere
un cane vuol dire farsi carico delle sue esigenze nel rispetto delle regole e delle leggi.
RISULTATI ATTESI
1. Il 70% dei docenti coinvolti progetterà percorsi indirizzati agli studenti;
2. Almeno l’80% dei bambini aumenta le proprie conoscenze di come il cane percepisce il mondo
esterno, come comunica e di quali modalità comunicative facilitano il contatto e la gestione
con l’animale;
3. Almeno il 50% dei bambini dichiara di aver acquisito una maggiore consapevolezza che
possedere un cane vuol dire farsi carico delle sue esigenze nel rispetto delle regole e delle
leggi.
AZIONI
1. Realizzazione di un percorso formativo indirizzato ai docenti;
2. Realizzazione di moduli educativi da parte dei docenti con gli alunni delle loro classi.
32
Allegato 1
DIREZIONE GENERALE
Servizio Attività Sperimentali e Malattie Rare
U.O. Educazione alla Salute
PIANO LOCALE PREVENZIONE DIPENDENZE
Anni 2013-2014
Il presente documento fa riferimento a quanto l’ASL di Brescia ha in atto ed intende
promuovere nel 2014 per contrastare gli stati di dipendenza, l’uso di sostanze psicoattive illegali e
l’abuso di alcol, secondo le specifiche indicazioni operative Regionali contenute nella DGR n. 1999
del 13 luglio 2011 “Indicazioni operative per l’attuazione delle azioni di prevenzione dei
comportamenti di abuso di alcol e droghe”.
L’aggiornamento del Piano Locale Prevenzione viene richiamato dalla DGR n. 1185 del 20
dicembre 2013 “Determinazione in ordine alla gestione del sistema socio sanitario regionale per
l’esercizio 2014” – Allegato 4, laddove viene altresì raccomandata l’integrazione del Piano Locale
Prevenzione Dipendenze con il Piano Integrato Locale degli Interventi di Promozione della Salute
(d’ora in poi PIL), come una delle azioni a rinforzo della sviluppo delle reti locali per la prevenzione
delle dipendenze.
In quest’ottica si evidenzia che, in esecuzione del vigente POA, ASL di Brescia nel 2013
ha ricompreso le competenze in merito alla prevenzione delle dipendenze all’interno del mandato
di lavoro dell’U.O. Educazione alla Salute, inserita organizzativamente nella struttura complessa
Servizio Attività Sperimentali e Malattie Rare (d’ora in poi Servizio ASMR), in capo alla Direzione
Generale. La nuova organizzazione aziendale, che ha preso avvio nel giugno 2013, rappresenta a
tutti gli effetti l’attuazione dell’integrazione programmatoria ed operativa tra le attività di
Prevenzione delle Dipendenze e le attività di Promozione della Salute.
Per perseguire l’obiettivo del contenimento e della riduzione del consumo di sostanze legali
ed illegali in tutto il territorio regionale, le indicazioni contenute nella già citata DGR n. 1999/2011
affidano al Dipartimento Dipendenze – funzione Prevenzione, il ruolo di catalizzatore delle
energie e di stimolo per promuovere programmi di intervento in grado di ridurre i fattori di rischio
specifici e di potenziare i fattori protettivi.
Riprendendo quanto raccomandato per il potenziamento della Rete Prevenzione
Dipendenze Regionale e della Rete Locale, la DGR n. 4225 del 25 ottobre 2012 “Adozione del
Piano d’Azione Regionale per le Dipendenze”, ribadisce l’adozione di una strategia di lavoro
fortemente orientata al coinvolgimento attivo di tutti i soggetti in campo affinché, al di là
dell’obiettivo di “costruire insieme” azioni preventive, le azioni che ciascuno è tenuto a compiere
per proprio mandato, vengano ricollocate in un orizzonte condiviso di significato e diventino
occasione per generare nuove alleanze utili a promuovere azioni di rete e impegno dell’intero
sistema.
Il presente Piano Locale Prevenzione segue analogo documento relativo al periodo 20112012 e riassume in sé azioni che hanno preso avvio nel 2013, in successione con il precedente
Piano, che troveranno completo sviluppo nel 2014.
1
In attuazione degli atti amministrativi regionali di riferimento, più sopra richiamati, il Piano
riassume le seguenti indicazioni, che vengono garantite all’interno dell’organizzazione particolare
dell’ASL di Brescia:
-
-
-
la Rete Regionale per la prevenzione, attraverso il Tavolo Tecnico Regionale Prevenzione
(d’ora in poi TTRP) e le Reti Locali promosse da ciascuna ASL, è il “luogo” tecnico a supporto
dell’elaborazione delle strategie e delle partnership a livello regionale e locale;
il Dipartimento Dipendenze ha funzione di nodo e snodo della rete territoriale di settore. Nello
specifico dell’organizzazione dell’ASL di Brescia la struttura competente in tema di
prevenzione delle dipendenze, a cui afferisce il coordinamento della rete locale, garantisce il
collegamento, attraverso il proprio responsabile, tra il livello regionale ed il livello locale della
rete prevenzione. Il Dipartimento Dipendenze garantisce la funzione di sistema all’interno
della Rete Locale Prevenzione attraverso il raccordo con l’Osservatorio Territoriale, con l’area
della clinica-riabilitazione ed integrando le funzioni dei Comitati in staff alla Direzione del
Dipartimento (Comitato Rete Prevenzione, Comitato di Dipartimento, Comitato degli Enti
Accreditati);
localmente è valorizzato il riferimento a modelli riconosciuti e validati a livello scientifico
internazionale, orientando al miglioramento l’intero sistema dell’offerta territoriale in tema di
prevenzione delle dipendenze;
si perseguono vie per maggiore integrazione tra i servizi dell’area consultoriale e quelli che
fanno riferimento alle aree
della prevenzione afferenti all’ASL
in tema di
uso/abuso/dipendenza da sostanze, come strumento per migliorare la capacità preventiva
dell’intero sistema di intervento territoriale
i Piani di Zona rappresentano strumenti di integrazione a livello territoriale delle diverse
politiche preventive.
Per comodità nell’ esposizione di quanto già attivato fino ad ora e per lo sviluppo a partire dal
2014, si riprendono dalla DGR 1999/2001 i quattro assi principali su cui viene declinata la strategia
regionale:
1.
2.
3.
4.
coordinamento multilivello degli interventi e della programmazione intersettoriale
estensione dell’impatto preventivo delle azioni messe in atto
coinvolgimento attivo dei cittadini nelle azioni della Rete Regionale Prevenzione
sviluppo delle competenze di professionisti ed amministratori locali.
2
ASSE 1 – Coordinamento multilivello degli interventi e della programmazione intersettoriale
Rendere operative le strategie di intervento preventivo aumentando la sinergia tra i diversi settori. Integrazione
tra la programmazione della rete locale di offerta sociale e la rete di offerta socio-sanitaria in ambito distrettuale
Azioni/programmi
Azioni per l’implementazione e/o lo sviluppo
Comitato Rete Territoriale Prevenzione
Programmare incontri periodici con piano di lavoro
annuale.
Nominare un responsabile della Funzione
Prevenzione
all’interno
del
Dipartimento
Dipendenze
In attuazione del vigente POA, al Responsabile dell’U.O.
Educazione alla Salute, è demandata la competenza in
tema di prevenzione delle dipendenze. Il responsabile
dell’U.O. Educazione alla Salute garantisce il
collegamento con la rete regionale prevenzione
attraverso la partecipazione al TTRP e le attività ad esso
collegate.
Garantire la partecipazione di un Referente
Prevenzione al TTRP
Garantire
la
partecipazione
di
propri
rappresentanti ai Tavoli/Gruppi di lavoro
aziendali in tema di promozione della salute e
prevenzione in ambito scolastico curando
l’inserimento delle tematiche e degli interventi
alcol/droga correlati tra quelle proposte nel Piano
Integrato Promozione della Salute
Il Responsabile dell’U.O. Educazione alla salute, con
competenza in tema di prevenzione dipendenze, è
referente ASL del progetto Regionale “SPS – Rete delle
Scuole che Promuovono Salute” all’interno del quale è
attiva la collaborazione con la rete locale delle scuole
che
promuovono
salute
sia
in
termini
organizzativo/programmatorio che tecnico/operativo
Favorire
il
coordinamento
tra
la
programmazione e la gestione delle attività di
propria competenza e la programmazione
sociale di zona
Nel Comitato Rete Territoriale Prevenzione è presente la
Coordinatrice degli Uffici di Piano ed il Responsabile, per
la Direzione Sociale, dell’U.O. Programmazione sociosanitaria e sociale integrata
Dell’organizzazione aziendale che assegna le competenze in tema di prevenzione delle
Dipendenze all’U.O. Educazione alla Salute si è già detto in premessa: ciò ovviamente
rappresenta già di per sé l’integrazione tra i due aspetti in termini di programmazione, peraltro già
ottima negli anni precedenti, delle attività di promozione della salute comprese nel PIL.
Questa organizzazione favorisce peraltro anche l’integrazione in termini di partecipazione
all’interno di progettualità che coinvolgono l’Istituzione Scolastica (progetto regionale “SPS – Rete
delle Scuole che Promuovono Salute”), l’ambito lavorativo (progetto regionale “WHP”), il territorio
(progetto “Salute in Comune” dell’ASL di Brescia).
Il coordinamento tra la programmazione aziendale e la programmazione sociale di zona è favorito
dalla presenza al Comitato della Coordinatrice degli Uffici di Piano e del Responsabile aziendale
della programmazione socio-sanitaria e sociale integrata.
Viene definito un piano di lavoro annuale del Comitato Rete Territoriale Prevenzione con la
previsione di ulteriore aggiornamento, qualora ritenuto necessario, dei componenti del Comitato
stesso.
3
ASSE 2 – estensione dell’impatto delle azioni preventive messe in atto
Garantire un adeguato livello di offerta nel settore della prevenzione, curandone la conoscenza e
l’accessibilità da parte dei cittadini
Azioni/programmi
Azioni per l’implementazione e/o lo sviluppo
Disponibilità di programmi di prevenzione
universale, selettiva ed indicata rispondenti alle
caratteristiche del contesto, dei target e dei
bisogni rilevati a livello territoriale
Avvio di un processo di rilevazione ed analisi dei
progetti promossi sul territorio in primis dagli attori
presenti nel Comitato Rete Territoriale al fine di
valorizzare e potenziare le progettualità in linea con
gli standard quali quantitativi regionali.
Conformità dei programmi/interventi offerti
in
relazione agli standard quali-quantitativi regionali
(in primis con riferimento alle linee guida per la
prevenzione di tutte le forme di dipendenza fra i
preadolescenti, gli adolescenti e la popolazione
generale)
Nell’ambito delle indicazioni regionali presenti e
future, verrà elaborato ed attivato il Piano di
intervento territoriale sul GAP d’intesa con la
Conferenza dei Sindaci
Attuazione del Programma Regionale LST
Program Lombardia e del Programma Regionale
Unplugged Lombardia
Sviluppo nell’anno scolastico 2013/2014 della terza
annualità della sperimentazione regionale.
Costituzione in ogni Dipartimento Dipendenze di
equipe/s prevenzione con un budget orario
dedicato, in grado di garantire l’erogazione di
adeguati volumi di intervento nel campo della
prevenzione selettiva ed indicata
Prosegue, con diversa organizzazione, l’attività di
prevenzione sia attraverso operatori completamente
dedicati, che con il concorso degli operatori afferenti
alle UU.OO. del Dipartimento Dipendenze, con
coordinamento centrale dell’U.O. Educazione alla
Salute
Collaborazione con i servizi ed Enti territoriali al
fine di favorire la diffusione di forme di supporto e
consulenza ad iniziative rivolte a genitori e figure
educative
Continua e si sviluppa la collaborazione con
Associazioni/Servizi/Enti presenti sul territorio per
la consulenza ed il supporto allo sviluppo di
iniziative rivolte a genitori e figure adulte con ruolo
educativo.
Messa a regime di LST Program ed Unplugged
all’interno delle progettualità promosse dal progetto
“SPS – Rete delle Scuole che Promuovono Salute”
Si prevede di sviluppare, attraverso il lavoro del Gruppo Tecnico Dipartimentale Prevenzione,
un’analisi delle progettualità promosse dagli attori presenti nel Comitato Rete Territoriale
Prevenzione al fine della valorizzazione “secondo un obiettivo comune, delle iniziative già in
essere, aumentarle laddove possibile e qualificarle secondo criteri di appropriatezza e qualità
sempre maggiori” (DGR 4225/12). Il lavoro farà riferimento a documentazione prodotta dal TTRP,
agli esiti del lavoro del gruppo regionale istituito nell’ambito della cabina di regia ai sensi della DGR
3239/12 per l’Area Prevenzione selettiva e riduzione dei danni/rischi, nonché alle indicazioni
regionali relative alla messa a regime dell’area B.2 Adolescenti.
In sintonia con il Direttore del Dipartimento Dipendenze verrà elaborato ed attivato il Piano di
intervento territoriale sul GAP per le azioni di informazione, sensibilizzazione e prevenzione
concordandole con i Comuni, in continuità con la programmazione di zona. I Comuni hanno infatti
già attive molte iniziative e vi è la necessità di rendere maggiormente integrati progetti ed attività
nonché garantire che abbiano come riferimento le Linee Guida Regionali per la prevenzione e
siano in linea con il Piano d’Azione Regionale Dipendenze.
Nell’ambito della nuova organizzazione aziendale gli operatori afferenti in toto all’ex U.O.
Prevenzione del Dipartimento Dipendenze sono confluiti nel personale dell’U.O. Educazione alla
Salute, al cui interno è presente una specifica funzione di coordinamento delle attività e delle
risorse dedicate alla prevenzione delle Dipendenze.
Da POA 2013 ASL di Brescia, sezione dedicata al Dipartimento Dipendenze “le UU.OO. semplici
concorrono alla tutela della salute assicurando, per il proprio bacino d’utenza, le funzioni di
attuazione di programmi integrati con l’U.O. Educazione alla Salute” (Decreto aziendale n. 10 del
15 gennaio 2013)
4
ASSE 3 – Coinvolgimento attivo dei cittadini nelle azioni della Rete regionale Prevenzione
Migliorare il livello di sensibilizzazione della popolazione generale e/o di specifiche tipologie di soggetti
individuati come particolarmente significativi per il possibile impatto preventivo; migliorare l’informazione ed il
rafforzamento delle competenze nei diversi segmenti di popolazione
Azioni/programmi
Azioni per l’implementazione e/o lo sviluppo
Favorire il coinvolgimento dell’associazionismo e
del volontariato nella realizzazione della
programmazione preventiva locale, sostenendo le
iniziative educative, culturali e preventive messe in
atto dai diversi attori sociali, culturali ed educativi
(oratori, associazionismo, scout…)
Nel Comitato Rete Territoriale Prevenzione sono
presenti rappresentanti dell’associazionismo e del
volontariato
Programmare e/o realizzare percorsi formativi e di
sensibilizzazione rivolti ai cittadini ed alle
comunità locali (con particolare riferimento a genitori,
adulti impegnati in campo sociale, ecc)
Continua la programmazione e realizzazione di
programmi formativi rivolti a genitori, adulti
significativi rispetto alla funzione educativa,
operatori dei servizi che operano nei confronti dei
minori
Realizzare percorsi di formazione e supporto ai
cittadini con ruolo e/o responsabilità educative,
nell’ottica di promuovere una rete di “Moltiplicatori
dell’azione preventiva”
Si svilupperà il progetto “WHP” con particolare
attenzione agli aspetti relativi alla prevenzione dei
comportamenti d’uso/abuso e dipendenza da
sostanze e comportamentali, secondo le indicazioni
specifiche del TTRP e nell’ottica della formazione di
“moltiplicatori dell’azione preventiva”
La presenza nel Comitato Rete Territoriale Prevenzione di rappresentanti dell’Associazionismo e
del Volontariato, dei Consultori Familiari, dei Piani di Zona, del Responsabile per la Direzione
Sociale, dell’U.O. Programmazione socio-sanitaria e sociale integrata, potrà favorire l’integrazione
delle iniziative sostenute dai diversi attori nella programmazione locale.
Con lo sviluppo dei percorsi formativi rivolti a genitori ed adulti impegnati in campo educativo e
sociale si intende sostenere un processo che tende allo sviluppo di competenze utili a tutelare la
salute della collettività, anche favorendo un processo di responsabilizzazione verso la tutela della
salute ed in particolare verso i comportamenti di consumo ed abuso di sostanze nei propri contesti
di vita.
ASSE 4 – sviluppo di competenze di professionisti ed amministratori locali
Rinforzare ed aggiornare costantemente il patrimonio di conoscenza e gli strumenti metodologici dei
diversi attori in gioco in modo da favorire il miglioramento del livello qualitativo dell’offerta e la coerenza
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delle azioni in relazione agli obiettivi strategici regionali.
Azioni/programmi
Azioni per l’implementazione e/o lo sviluppo
Prevedere l’inserimento di percorsi formativi
sulle tematiche relative alla prevenzione dei
fenomeni d’abuso nei Piani aziendali di
formazione
Inserimento di almeno un percorso formativo specifico
nel Piano Formativo aziendale e suo sviluppo.
Realizzare percorsi formativi e di
aggiornamento rivolti agli amministratori
locali su: stato ed evoluzione dei fenomeni di
abuso; livelli di prevenzione, costruzione e
promozione delle reti sociali per la prevenzione
Sviluppo di percorsi a sostegno delle Amministrazioni
Comunali, anche nell’ambito del progetto ASL “Salute
in Comune” per la promozione della Salute e la
prevenzione dell’uso/abuso/dipendenza.
Coinvolgere tutti gli attori territoriali nella
presentazione e nella divulgazione dei
risultati delle sperimentazioni dei programmi
regionali
Organizzazione e sviluppo di momenti di divulgazione
dei risultati delle azioni messe in campo dai progetti di
prevenzione, con particolare riferimento ai progetti
regionali
Individuare meccanismi di incentivazione per
forme di tirocinio, stage e volontariato
specializzato presso unità d’offerta in ambito
preventivo
Attivazione di tirocini formativi in ambito preventivo, in
particolare attivazione di una borsa di studio
specificatamente collegata allo sviluppo di attività di
analisi, studio e divulgazione in campo preventivo
In sintonia con quanto definito dal Piano d’Azione Regionale Dipendenze, si intende rinforzare le
competenze e la professionalità di chi opera con adulti, bambini e giovani e dei professionisti che
operano nei servizi di prevenzione e cura.
Si intende altresì raggiungere e sensibilizzare la popolazione in generale e tutti coloro che sono
chiamati a svolgere un ruolo sociale ed educativo sul problema rappresentato dall’uso di sostanze
e sulle dipendenze comportamentali, nonché promuovere momenti volti alla diffusione delle
conoscenze in merito alle buone pratiche e dell’efficacia degli interventi attuati a livello regionale e
nelle comunità locali per rinforzarne l’impatto ed il radicamento.
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