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N. 02312/2014REG.PROV.COLL.
N. 02007/2012 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2007 del 2012, proposto da Angelo Valenzise, rappresentato
e difeso dagli avv. Giuseppe Stracuzza e Giovanni Vadalà , con domicilio eletto presso l‘ avv.
Marta Misiti in Roma, via del Fontanile Arenato, 104;
contro
Ministero dell'Interno - Prefettura di Reggio Calabria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - SEZ. STACCATA DI REGGIO CALABRIA n.
00913/2011, resa tra le parti, concernente divieto di detenere armi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - Prefettura di Reggio Calabria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2014 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi
per le parti l’avv. Stracuzza e l’avvocato dello Stato Soldani;
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Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, il sig.
Angelo Valenzise impugnava per dedotti motivi di violazione di legge ed eccesso di potere in
diversi profili il provvedimento della Prefettura di Reggio Calabria prot. n. 13342/W/Area I bis in
data 25 febbraio 2010, con il quale era disposto nei suoi confronti il divieto di detenere armi, “in
quanto padre di Antonella Valenzise (cl. 83) la quale risulta convivere con persona gravata da
vicende giudiziarie nonché ricoprente ruoli di primaria importanza in nota cosca della 'ndrangheta
operante in Cinquefrondi”.
Nella parte motivata del provvedimento erano posti in rilievo “i rapporti di parentela con soggetto
per il quale risultano pregiudizi penali relativi a reati connessi alla criminalità organizzata
indicativi di un contesto che incide sulla completa e perfetta affidabilità del soggetto e considerato
peraltro che non è possibile escludere che le armi stesse possano entrare nella materiale
disponibilità di persone socialmente pericolose ed essere utilizzate per fini illeciti”.
Con sentenza n. 913 del 2011 il T.A.R. adito - dopo diffusa ricognizione di precedenti
giurisprudenziali nella materia e sottolineata l’ampia sfera di discrezionalità di cui l’
Amministrazione dispone nel governo della disponibilità di armi da parte dei privati cittadini respingeva il ricorso.
Avverso la pronunzia reiettiva il sig. Valenzise ha proposto appello ed ha contrastato le conclusioni
del primo giudizio insistendo nei motivi di violazione degli artt. 11 e 39 del r.d. n. 773 del 1931 e di
eccesso di potere nei profili della carenza, contraddittorietà ed erroneità della motivazione del
provvedimento impugnato.
All’udienza di discussione l’appellante ha insistito nelle proprie tesi difensive.
Il Ministero dell’ Interno si è costituito in resistenza formale.
2. L’appello è fondato.
2.2. Come accennato nell’esposizione del fatto il provvedimento di inibitoria della detenzione di
armi trae fondamento nel rapporto di affinità del soggetto abilitato alla detenzione di armi con
persona nei cui confronti gravano precedenti giudiziari e ricoprente ruoli di primaria importanza in
clan malavitoso (coniuge di Antonella Valenzise figlia del ricorrente).
La determinazione di cui innanzi dà rilievo al potenziale vulnus alle condizioni di sicurezza e di
incolumità delle persone per la possibile sottrazione dell’arma da parte di persone socialmente
pericolose con possibile uso per fini illeciti.
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Osserva il collegio che - anche nel quadro dell’ampia sfera di detenzione di cui l’ Amministrazione
dispone in ordine all’adozione di provvedimenti impeditivi della disponibilità di armi di offesa a
prevenzione di possibili abusi ai sensi dell’art 39 del r.d. n. 773 del 1931 - le relative
determinazione devono essere sostenute da congrua motivazione in ordine ai presupposti ed agli
elementi significativi che inducono all’ adozione di una misura che comporta una restrizione della
sfera giuridica del destinatario.
L’ atto impugnato dà rilievo unicamente al dato soggettivo del rapporto di affinità con soggetto nei
cui confronti si riscontrano pregiudizi e contiguità alla criminalità organizzata.
Non emerge dagli atti del procedimento il riscontro, sul piano oggettivo, di una stabile
frequentazione e contiguità del detentore della armi con la persona legata da rapporto di affinità, cui
possa collegarsi il paventato abuso del titolo autorizzatorio. Né, sul piano soggettivo, vengono posti
in rilievo precedenti penali a carico dell’appellante e, tantomeno, una condotta di vita che sia
segnata da episodi idonei a far dubitare della sua irreprensibilità morale, ovvero che siano
sintomatici di una vicinanza ad appartenenti ad organizzazioni criminali.
In fattispecie analoghe questo Consiglio si è pronunziato nel senso dell’illegittimità del
provvedimento di inibitoria basato sul solo elemento soggettivo del rapporto di parentela o di
affinità, senza indicare eventi e circostanze da cui possa derivare in fatto il periculum per omessa o
insufficiente custodia (cfr. Cons. St. Sez. III, n. 581 del 5 febbraio 2014; sez. IV, n. 1671 del 31
marzo 2003).
Tanto più ove si consideri che nel luogo periodo in cui il ricorrente è stato autorizzato alla
detenzione delle armi non sono emersi rilievi ed inadempienze quanto al corretto assolvimento degli
obblighi di custodia.
Per le considerazioni che precedono l’appello va accolto e, per l’effetto, va accolto il ricorso di
primo grado e va annullato il provvedimento impugnato n. 13345 /W/Area I bis in data 25 febbraio
2010. Resta fermo che la presente decisione non preclude in assoluto all’autorità di p.s. l’esercizio
dei poteri di controllo e di riesame, qualora emergano elementi di fatto significativi paventato
vulnus alle condizioni di sicurezza, ordine pubblico ed incolumità delle persone, nel senso sopra
accennato, e ne venga dato adeguatamente conto nella motivazione.
Il relazione ai profili della controversia spese ed onorari possono essere compensati fra le parti per i
due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando
sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, accoglie il ricorso di primo
grado ed annulla il provvedimento con esso impugnato.
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Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore
Hadrian Simonetti, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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