Premio Dialogare 2014 “Domani? Non so…” Racconto con segnalazione particolare Come una bolla di sapone di Sergio Beducci, Terni Massagno, 27 marzo 2014 Come una bolla di sapone Prima o poi aprirò un blog. È per questo che sto scrivendo questi appunti sul mio tablet... Non so ancora come lo chiamerò; all'inizio sarà privato e la password di accesso la darò esclusivamente ai miei amici più intimi. Ai miei genitori no, tanto non saprebbero nemmeno entrarci. O forse si. Mio padre ha un portatile che usa per il suo lavoro e qualche volta naviga in Internet. Un paio di settimane fa l'ho anche sorpreso mentre stava guardando un sito porno; o almeno sexy spinto! Che poi è stata la prima volta che ho visto mio padre diventare viola! Ha dato una botta violenta al display del suo portatile per chiuderlo e mi ha urlato: "Tu cosa fai qui invece di studiare?!" Ma poi è venuto verso di me e mi ha messo un braccio sulle spalle, senza dirmi più nulla. Mia madre invece è assolutamente negata per la tecnologia: non riesce nemmeno a usare il suo smartphone, se non per telefonare e mandare gli sms. Ultimamente piange spesso. Deve essere per causa mia. Quando lo fa, quando vedo le lacrime che le scendono sulle sue guance, in silenzio, sento un po' di rabbia. Mi fa rabbia e nello stesso tempo vorrei andarle vicino e dirgli di smettere, che è tutto ok. Però non lo faccio mai. Non so bene perché, ma da bambino passavo ore e ore a creare stupende bolle di sapone con una miscela contenuta in un flacone che vendevano all'interno di un minuscolo negozio di giocattoli, dove non c'era mai nessuno. Però non usavo il dispositivo a forma di anello incorporato nel tappo; piuttosto fabbricavo uno sparabolle di mia invenzione, con cinque sei cannucce di quelle che si usano per bere le bibite d'estate, legate insieme da un elastico. Poi, soffiando più o meno forte, come solo io sapevo fare, creavo bolle multiple, piccole e grandi, buffe e strampalate, che a volte si scontravano in volo, esplodendo in mille colori. Perché le bolle sono sempre colorate, e se fate attenzione, sulla loro superficie potete osservare tutti i colori dell'arcobaleno. Ora ho tredici anni, praticamente quattordici a maggio, e non gioco più con certe cose. Chissà per quale motivo vi ho raccontato tutto questo: non è interessante. Certo non lo scriverò sul mio blog. Magari metterò solo una foto: quattro cinque bolle di sapone sospese su uno sfondo nero. Una cosa così, solo per me. A proposito, non vi ho detto come mi chiamo. Non che mi piaccia molto il mio nome... Credo l'abbia scelto mia madre. Quando sono nato mi ha chiamato Sandro. Cioè, non Alessandro, che era anche il nome di un condottiero che conquistò uno dei più grandi imperi della storia antica... Nemmeno Alessio, che è più elegante; ma Sandro! Però nessuno mi chiama Sandro a scuola; nemmeno i miei amici mi chiamano con il mio vero nome. Ho un soprannome, Briciola. Deve essere per il mio aspetto un po' gracile. Ma a me non dà fastidio. Briciola è meglio di Sandro, che poi diventa quasi sempre, nel mio caso, Sandrino! No, preferisco Briciola. Anche al mio gatto Teo piace di più. Va beh, questo lo immagino io. Ma del mio gatto magari, ve ne parlerò più avanti. A scuola va come va. A volte bene... più spesso male. Alle interrogazioni mi confondo un po'. Vado male specialmente in Matematica. E In Inglese. È perché non seguo molto le lezioni. Spesso entro alla seconda ora. E comunque faccio molte assenze. Certi giorni, quando mi sveglio la mattina, mi sento troppo debole e non riesco ad alzarmi dal letto; altre volte sto bene, ma dico a mia madre che ho dolore, o mi viene da rigettare, o ancora avvicino il termometro al termosifone, lascio salire la temperatura a trentotto o 1 anche più e poi lo rimetto sotto l'ascella fino a quando lei non me lo chiede... Insomma ho imparato. Si sta bene sotto le coperte d'inverno. Continuo a dormire oppure leggo qualcosa. Colazione non la faccio, tanto non ho mai fame. Il mio gatto Teo è intelligentissimo. Ha occhi gialli che si illuminano di notte come un mostro in un videogame e il muso tondo di un manga giapponese. I baffi, anzi le vibrisse, sono lunghissime, folte, arcuate; lui ne va particolarmente fiero. Quando mi sento un po' giù, e non riesco ad alzarmi -succede spesso ultimamente, con tutte le medicine che mi fanno venire la nausea e mi addormentano il cervello- quasi sempre sale sul letto e inizia a guardarmi con quei super occhi giallo-fosforescenti, prima di iniziare a fare le fusa; quindi si accoccola vicino a me, e a volte mi parla. Nella sua lingua, certo, che bisognerebbe conoscerla per capire cosa dice... Miagolii, parole troncate, sillabe, domande. Se solo, al posto dell'Inglese, qualcuno insegnasse la lingua dei gatti... Ho qualcosa nel sangue. Ho il sangue malato. I miei hanno aspettato un bel po' a dirmelo. Ma poi non hanno più potuto fare finta di niente. Tutte quelle analisi, tutte quelle visite. Naturalmente io avevo già capito tutto. Erano cambiate un sacco di cose. In classe nessuno mi prendeva più in giro, persino i professori erano diventati gentili. Ora non mi chiedono nemmeno più la giustificazione dopo qualche giorno di assenza. Mi sa che quest'anno nemmeno mi bocceranno. È uno dei vantaggi che si ha a stare male. Anche se per la verità io non mi sento proprio malato. Solo un poco, solo ogni tanto. A volte penso di essere una specie di vampiro e che le trasfusioni che mi fanno servano solo a pulire il mio sangue di Non-Morto. Un bel giorno mi sveglierò scoprendo che non sopporto più la luce del sole. La stanchezza e la sonnolenza scompariranno e il regno della notte si aprirà per accogliermi. Berrò il sangue di innocenti, oppure caccerò le creature dell'oscurità insieme al mio gatto Teo; come lui, avrò occhi gialli che si illuminano nella penombra. Forse ne scriverò sul mio blog. Scriverò di un vampiro chiamato Briciola e del suo aiutante felino dagli occhi come fanali; un comic più che un libro. Vado bene in disegno. Non è per vantarmi ma io so disegnare proprio bene. Vedrete. Se solo riuscirò a iniziarlo, il mio blog... Ultimamente guardare la televisione mi dà un po' fastidio, non riesco a concentrarmi, e spesso mi viene mal di testa. Allora leggo, anche se continuo a sentirmi male. Comics, giornaletti, ma anche libri. Il mio scrittore preferito è Philiph Dick, che scriveva fantascienza insieme al suo gatto che si chiamava Pinky. Spesso mi perdo nelle trame dei suoi libri; ci sono un sacco di colpi di scena e non è facile ricordarsi di tutti i personaggi. Ma nel mio blog vorrei parlare anche di lui. Magari disegnerò un fumetto di un suo racconto. Anche se non faccio mai progetti. È strano perché la fantascienza parla di mondi e avvenimenti futuri... ma io, il mio futuro, mica riesco a immaginarlo. Può darsi che le cure facciano effetto. Ma può darsi anche di no. Nessuno può saperlo. 2 Forse ho solo una manciata di giorni davanti a me. In ogni caso non ha senso preoccuparsi del futuro. La vita è fatta di attimi. La gente fa progetti, programmi a lungo termine... i miei compagni hanno già scelto la scuola secondaria da frequentare, l'indirizzo da seguire, tutto quanto. Intanto si azzuffano per cose come una squadra di calcio o la boy band più figa. Vorrei dirgli di prendersela con calma, di fare le cose che più gli piacciono, di non pensare troppo al domani... Ma forse sarebbe inutile. Anche io ero come loro; poi ho imparato a osservare le cose. Dalla mia finestra si vede un pezzo di giardino con due alberi e una piccola porzione di prato. Stando spesso a letto, mi capita di osservare i rami degli alberi, ancora spogli, che si muovono al vento. Mi fanno compagnia, spesso mi addormento guardandoli; a me piacciono così, scheletrici, da film horror... Ok, ho scritto che non avrei più raccontato di quella strana passione che avevo per le bolle di sapone, sul mio futuro blog; ma tanto questi sono solo appunti che prendo senza un ordine preciso, aspettando che mio padre mi presti il suo portatile. Comunque, stanotte ho fatto un sogno strano. C'era una bolla enorme che volava in un prato verde, riflettendo gli alberi e il cielo. Doveva essere verso il tramonto ma il sole, se c'era ancora, era nascosto dagli alberi. Volando, si è abbassata lentamente, fermandosi quasi davanti a me. All'inizio non riuscivo a vedere altro che nuvole azzurre riflesse sulla sua superficie e alberi deformati. Poi mi sono visto: piccolo piccolo, immobile al centro della sfera. Ed ero pieno di colori. È durato poco perché si è alzata la brezza, e si è portata via la bolla e il mio sogno. Mi sono svegliato: la finestra della mia camera era scura, dalla tenda aperta non filtrava che la luce di un lampione lontano. Ho richiuso gli occhi cercando di riaddormentarmi e sognarla ancora. L'avrei seguita; volevo sapere dove era diretta. Volevo sapere quando sarebbe scoppiata. Ma non è successo: non ho più preso sonno. Forse per questo non ho dimenticato nulla di quello che avevo sognato; è tutto ancora lì, impresso nella mia mente. Voglio sognarla ancora. Voglio essere come quella bolla di sapone: vivere di momento in momento. E riflettere tutti i colori del mondo. Briciola. 3
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