Gli indicatori statistici

Indicatori di dati statistici, grafici ed istogrammi
La statistica
Le origini della statistica moderna si fanno risalire a quella che un economista e matematico inglese,
William Petty (1623 -1687), chiamò “aritmetica politica”, ovvero “l'arte di ragionare mediante le cifre sulle cose che
riguardano il governo”.
Tra le cose che maggiormente stavano a cuore al governo, del resto, vi erano l'entità della popolazione e
la quantità di ricchezza che essa aveva a sua disposizione, dalle quali dipendeva in ultima analisi la forza degli
Stati in competizione tra loro.
Demografia e calcolo del reddito nazionale furono quindi gli ambiti in cui si esercitò la creatività dei primi
“aritmetici politici”.
La statistica, in quanto disciplina che studia i fenomeni naturali e sociali nel loro aspetto quantitativo e
qualitativo, svolge un vero e proprio servizio pubblico, fornendo dati e strumenti utili a chiunque per prendere
decisioni consapevoli.
L’esigenza di contare, quantificare, misurare certi fenomeni non deriva esclusivamente da esigenze
amministrative, ma anche da esigenze conoscitive più generali.
L’utilizzo di strumenti informatici ha accelerato questi processi e ha favorito la diffusione dei dati e delle
informazioni risultanti dalle rilevazioni.
La produzione di statistiche economiche è volta a soddisfare la domanda degli utilizzatori, che può
essere rivolta all’analisi del livello di variabili economiche, ad esempio per valutare la struttura del sistema nel suo
complesso.
In questo caso l’interesse è nei confronti del valore assoluto di una certa grandezza (ad esempio valore
aggiunto ed occupazione, reddito distribuito per settore, importazioni ed esportazioni per gruppi di prodotti,
consumi finali per capitoli di spesa, investimenti fissi per branca di attività economica, consistenze e flussi di
attività e passività finanziarie).
Più di frequente l’interesse è rivolto ai confronti di natura temporale, cioè allo studio della dinamica
temporale delle variabili economiche, ad esempio per studiare lo sviluppo del sistema nel tempo (tassi di crescita
del PIL, andamento dell’inflazione, convergenza delle economie regionali, spostamenti delle preferenze nella
composizione del, portafoglio finanziario degli operatori).
Un’altra importante tipologia di analisi riguarda i confronti di tipo spaziale e temporale tra specifici settori
di attività o aree geografiche.
Sono stati stabiliti a livello nazionale ed internazionale quali siano i requisiti necessari perché i dati
perché siano considerati “di qualità”.
Essi sono rispetto al processol a trasparenza, la completezza, l’ accuratezza; rispetto al risultato:
comparabilità, tempestività, rilevanza.
Le fonti statistiche, ossia gli enti che hanno la funzione di raccogliere e quantificare le informazioni, in
Italia si distinguono in:
a) fonti statistiche ufficiali, preposte a tale funzione dalla normativa vigente;
b) fonti statistiche parallele, cioè Istituti di ricerca, aziende, fondazioni che producono dati con continuità
e regolarità temporale.
Il Sistan, Sistema Statistico Nazionale è costituito dalla rete di soggetti pubblici e privati che fornisce
l’informazione statistica ufficiale nel nostro Paese (Fonti Ufficiali).
Ne fanno parte:
l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT);
gli uffici di statistica delle amministrazioni centrali dello Stato;
gli uffici di statistica delle Regioni, Province, Comuni, Aziende Sanitarie locali, Camere di
Commercio Industria Artigianato e Agricoltura (CCIAA);
gli uffici di statistica di soggetti privati che svolgono funzioni o rendono servizi di interesse
pubblico.
Il SISTAN garantisce il razionale uso delle risorse e dei flussi di informazione statistica a livello centrale e
locale; coordina l’attività di rilevazione, elaborazione, analisi, diffusione e archiviazione dei dati statistici, svolta
dagli enti ed organismi pubblici e privati a ciò preposti; controlla che l’informazione statistica sia qualitativamente
e quantitativamente rispondente ai bisogni di un paese avanzato e che sia congruente con gli standard
internazionali
L’ISTAT, cioè l’Istituto Nazionale di Statistica è un ente di ricerca pubblico, istituito nel 1926, quale ente
incaricato ufficialmente di produrre informazione statistica ufficiale in Italia.
Il suo mandato è istituzionale e non dipende da committenze e interessi privati, poiché la raccolta,
l’analisi e la diffusione dei dati sono patrimonio comune dell’intera collettività (vedi art. 117 della Costituzione
Italiana).
L’Istat: rappresenta il nucleo centrale del Sistan; coordina l’attività di tutti gli enti che raccolgono dati
statistici; elabora e pubblica le più importanti serie statistiche; funge da rappresentante dell’Italia negli organismi
internazionali.
L’Istat mette a disposizione degli utenti un numero elevatissimo di pubblicazioni e banche dati,
accessibili dal sito web dell’Istituto: www.istat.it.
Le principali banche dati rilevanti ai fini delle statistiche economiche sono:
Censimenti generali;
Sistema di indicatori territoriali;
Commercio internazionale (Coeweb);
Indicatori congiunturali (ConIstat).
Le CCIAA, nella loro funzione di supporto e promozione delle attività delle imprese, raccolgono e
divulgano, attraverso pubblicazioni cartacee e sito Web, informazioni sulla realtà economica del territorio di
competenza. Ogni provincia ha una sua CCIAA.
Il portale delle camere di commercio, http://www.camcom.it, rappresenta il punto di accesso a tutto il
sistema camerale italiano.
La struttura nazionale che le raggruppa è l’Unione italiana delle CCIAA o Unioncamere. STARNET è il
portale dell’Unioncamere per l’informazione statistica ed economica prodotta dagli Uffici studi e statistica delle
CCIAA.
Rilevante è il Sistema Informativo Excelsior, una fonte di dati quantitativi sul mercato del lavoro in Italia,
realizzato in accordo con il Ministero del Lavoro e l'Unione Europea. In particolare fornisce una conoscenza
aggiornata della domanda di figure professionali e delle caratteristiche ad essa associate richieste dalle imprese.
Il CENSIS, Centro Studi investimenti sociali (www.censis.it) fornisce un tapporto sulla situazione sociale
del Paese.
Oltre al CENSIS ricordiamo l’ISAE, Istituto di Studi e analisi economica (www.isae.it), la Banca d’Italia
(www.bancaditalia.it) e Mediobanca (www.mediobanca.it)
Le fonti statistiche sono molto numerose, dato il numero elevato di organizzazioni internazionali; esiste
un vero e proprio sistema statistico internazionale frutto della collaborazione tra le principali Organizzazioni
internazionali e dagli Istituti nazionali di statistica. Questo garantisce una ricchezza informativa notevolissima e la
capacità di selezionare quanto interessa.
L’andamento economico-sociale di un Paese si misura attraverso i dati forniti dalle fonti statistiche
nazionali, ma anche dal confronto con i dati internazionali in un sistema europeo/mondiale di statistiche integrate.
Perché le statistiche possano integrarsi e compararsi è necessario che vi sia un linguaggio condiviso,
classificazioni e metodologia comuni, allo scopo di confrontare le informazioni sui singoli paesi comparandole alle
realtà sovranazionali.
Tutto ciò è reso possibile dagli uffici statistici di Eurostat, OCSE e Nazioni Unite. Oltre a raccogliere una
grande quantità di dati dei paesi membri, queste organizzazioni tracciano le direttive internazionali attraverso la
redazione di linee guida, di raccomandazioni e manuali, realizzando così la cosiddetta armonizzazione di
classificazioni, metodologie, nomenclature e definizioni.
L’EUROSTAT (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/eurostat/home/)
è’ l’Ufficio Statistico della Commissione Europea; raccoglie ed elabora dati dell'Unione Europea a fini
statistici, promuovendo il processo di armonizzazione dell'approccio statistico tra gli Stati membri. La sua
missione è quella di fornire all'Unione Europea un servizio informativo statistico di elevata qualità.
Tra le sue attività principali rientra la definizione di dati macroeconomici che supportano le decisioni
relative alla Banca Centrale Europea nella definizione delle politiche monetarie per l'euro.
L'Istituto coopera con altre Organizzazioni Internazionali come le Nazioni Unite (ONU), l'OECD ed altri
paesi che non appartengono all'UE. Importante è inoltre la sua attività di coordinamento per il miglioramento delle
capacità di analisi statistica dei paesi candidati e di quelli in via di sviluppo del Mar Mediterraneo e dell'Africa.
Una delle direzioni generali della Commissione europea, oltre a raccogliere e diffondere i dati
provenienti dagli Uffici di statistica dei paesi membri, sovrintende alla produzione di statistiche comunitarie
attraverso la predisposizione di definizioni e classificazioni comuni, vista la necessità di disporre di dati statistici
del tutto comparabili.
Inoltre, ha il compito di verificare la qualità delle statistiche trasmesse dagli Istituti di statistica degli Stati
membri (conformità alle raccomandazioni).
L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nasce nel 1961 allo scopo di
favorire e coordinare la crescita economica dei 30 Paesi membri e dei Paesi non membri, in via di sviluppo, per
contribuire al miglioramento dell'economia mondiale.
Attraverso l’attività di ricerca realizzata dai suoi dipartimenti, elabora studi su settori dell’economia, della
ricerca, dell’educazione e su tutto ciò che possa influenzare lo sviluppo. Gioca un ruolo importante di ausilio
nell’azione dei governi, individuando obiettivi e fornendo orientamenti strategici, in particolar modo riguardo alle
tematiche delle economie emergenti, lo sviluppo sostenibile, le economie territoriali ed il sostegno.
La United Nations Common Databes è la principale fonte di dati statistici dell’ONU. Copre vari ambiti, e
trae i dati da circa 30 fonti internazionali. Possiede più di 435 serie statistiche con una copertura temporale: dal
1940.
Il database comprende, tra le principali risorse il database sul commercio della Divisione Statistica
dell’ONU, conti nazionali, popolazione, energia, condizioni delle donne, produzione, statistiche prodotte dalla
Divisione sulla popolazione, la FAO, ILO, IMF, ITU, OECD, UNESCO, WHO, WIPO, World Bank e World Tourism
Organization.
Attraverso il suo Dipartimento statistico il Fondo Monetario Internazionale (www.imf.org) si occupa di
alcune materie particolari: statistiche finanziarie, bilancia dei pagamenti e settore pubblico. Contribuisce allo
sviluppo di standard statistici internazionali.
La Banca Mondiale (www.worldbank.org) contribuisce in campo statistico allo sviluppo di standard di
natura metodologica, raccoglie e pubblica dati statistici per fini analitici e politici (riduzione della povertà e
miglioramento degli standard di vita) con particolare attenzione ai paesi meno sviluppati, per i quali contribuisce
allo sviluppo dei sistemi statistici.
Le principali banche dati sono: World Development Indicators, Global Development Finance, Quarterly
External Debt Statistics.
La Banca Centrale Europea (ECB, www.ecb.int) raccoglie e pubblica statistiche monetarie, finanziarie e
di bilancia dei pagamenti non solo per l’area euro, ma anche per i singoli paesi. A tal fine detta le regole per la
produzione di informazioni sui fenomeni monetari e finanziari attraverso appositi regolamenti.
Le principali banche dati sono: Statistical Data Warehouse (SDW), Euro Area Statistics And National
Breakdowns, Euro Area Economic And Financial Data.
Altre fonti internazionali di statistica sono rappresentate dal WHO, World Health Organization (The
World Health Report); dal WRI World Resources Institute, dal WTO World Trade Organization (Annual Report,
World trade report, International trade statistics); dall’U.S. Department of Commerce Bureau of Economic
Analysis (http://www.bea.gov/).
Indicatori demografici
La demografia è la scienza che studia quantitativamente i fenomeni che concernono lo stato e il
movimento della popolazione. Essendo appunto quantitativa, si basa su molteplici indici o indicatori
Densità mondiale
Con la densità di popolazione la demografia indica il rapporto fra il numero di abitanti compresi in un'area
e l'area stessa. Le regioni più densamente popolate sono l'Asia meridionale e orientale, l'Europa occidentale, il
nord-est degli Stati Uniti, e alcune zone dell'America Meridionale e dell'Africa (in corrispondenza delle metropoli).
Le zone con minor densità di popolazione sono invece quelle comprese fra latitudini elevate, aree desertiche e
coperte dalle foreste pluviali.
Tuttavia la densità aritmetica di popolazione è un indice demografico generico, in quanto non rispecchia
gli addensamenti di popolazione all'interno dei Paesi; un rapporto più significativo è la densità fisiologica, che è il
numero di abitanti per unità di superficie di terra agricola produttiva. Il caso dell'Egitto è emblematico: a fronte di
una superficie totale di 1.000.000 di km² le uniche terre coltivabili sono concentrate nella Valle del Nilo; la densità
aritmetica è fuorviante dandoci un risultato molto basso (77 ab/km²), mentre invece la densità fisiologica è 3150
ab/km² di terra coltivabile, rivelando la realtà di un Paese in cui il 98% della popolazione occupa il 3% della
superficie totale.
Nemmeno questa misurazione è del resto esente da errori: terre più o meno produttive, più raccolti in
uno stesso anno, importazioni di derrate alimentari dall'estero (come nel caso del Giappone) falsano il calcolo che
quindi viene sempre confrontato con altre misurazioni.
Tassi di natalità e mortalità
Il tasso di natalità è il rapporto tra il numero delle nascite in una comunità o in un popolo durante un
periodo di tempo e la quantità della popolazione media dello stesso periodo. Il tasso di natalità misura la
frequenza delle nascite di una popolazione in un arco di tempo (normalmente un anno) ed è calcolato come
rapporto tra il numero dei nati in quel periodo e la popolazione media. Il tasso di natalità però tiene conto soltanto
dei nati e sopravvissuti al parto. Questo dato viene utilizzato per verificare lo stato di sviluppo di una popolazione.
Il tasso di mortalità è il rapporto tra il numero delle morti in una comunità o in un popolo, durante un
periodo di tempo, e la quantità della popolazione media dello stesso periodo.
Il tasso di mortalità misura la frequenza delle morti di una popolazione in un arco di tempo e
normalmente viene riferito ad un anno di calendario. Questo dato viene utilizzato per verificare lo stato negativo di
sviluppo di una popolazione. Il tasso di mortalità per un determinato anno è uguale a mille volte il rapporto tra il
numero dei morti in quell'anno e la popolazione media, vale a dire il numero medio di morti su una popolazione di
mille abitanti in un determinato anno.
Il tasso di mortalità infantile è un indice statistico applicato in demografia per calcolare il tasso di
mortalità entro il primo anno di vita.
Le regioni che hanno alti tassi di natalità e alti tassi di mortalità hanno una popolazione giovane, mentre
(come nel caso dell'Italia) quando i valori sono entrambi bassi la popolazione è anziana.
Speranza di vita
La speranza di vita è il numero medio di anni che ci si può attendere di vivere. Le regioni del Sud del
mondo soffrono di una speranza di vita molto bassa, a causa delle condizioni di vita precarie. Gli abitanti del
Nord, invece, godono di un'alta speranza di vita
La speranza di vita è un indicatore statistico che esprime il numero medio di anni della vita di un essere
vivente a partire da una certa età, all'interno della popolazione indicizzata.
Solitamente, l'espressione è usata per indicare la speranza di vita alla nascita. Allo stesso modo, molto
spesso, senza altra specificazione, viene riferita implicitamente alla vita umana.
È strettamente correlata al tasso di mortalità alle diverse età: l'allungamento dell'aspettativa di vita alla
nascita, ad esempio, può essere la semplice conseguenza della riduzione dei tassi di mortalità infantile, dovuta a
migliori condizioni igieniche e sanitarie, senza che vi sia effettivo allungamento nella soglia di vita complessiva
delle persone. Questo fatto è spesso all'origine di grossolani fraintendimenti, quando si afferma, in maniera
semplicistica o a sproposito, che l'alta speranza di vita conseguita da una certa popolazione, ha come
conseguenza l'aumento percentuale della popolazione anziana (si parla a volte, di invecchiamento della
popolazione), mentre invece è la semplice conseguenza di bassi tassi di mortalità in età giovane.
Combinata con l'indice di mortalità infantile, rispecchia lo stato sociale, ambientale e sanitario in cui vive
una popolazione. La speranza di vita, oltre a rappresentare semplicemente un indice demografico, è quindi utile
per valutare lo stato di sviluppo di una popolazione.
Il tasso di fecondità
Il tasso di fecondità totale è l'indicatore calcolato sulla media dei figli per donna in età fertile (compresa
secondo i demografi fra i 15 ed i 49 anni). Il tasso mondiale può presentare squilibri notevoli tra diversi paesi:
quelli più poveri hanno valori decisamente più alti rispetto a quelli più ricchi e sviluppati.
Transizione demografica
L'incremento della popolazione può essere suddiviso in quattro stadi che formano insieme un ciclo
demografico:
1. Fase stazionaria elevata, con quozienti di natalità e di mortalità elevati, popolazione variabile ma con
scarso incremento a lungo termine.
2. Fase di espansione iniziale, con quoziente di natalità elevato e mortalità in calo.
3. Fase di espansione finale, con calo della fecondità ma perdurante incremento sostanziale della
popolazione in conseguenza della già bassa mortalità.
4. Fase stazionaria bassa, con quozienti di natalità e di mortalità bassi, popolazione stabile con
incremento quasi nullo.
Indicatori demografici relativi alla salute
Gli indicatori di salute utilizzati dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) sono articolati in quattro
aree, ciascuna con specifici indicatori:
- area epidemiologica (3 indicatori)
- area dei servizi sanitari (7 indicatori)
- area ambientale (14 indicatori)
- area socio-economica (8 indicatori)
A – Indicatori epidemiologici
A1 Mortalità: tutte le cause
A2 Cause di morte
A3 Basso peso alla nascita
B – Indicatori sui servizi sanitari
B1 Esistenza di un programma cittadino di educazione sanitaria
B2 Percentuale di bambini che hanno completato i cicli vaccinatori
B3 Numero di abitanti per medico impegnato nell’assistenza sanitaria primaria
B4 Numero di abitanti per infermiere
B5 Percentuale di popolazione coperta da assicurazione sanitaria
B6 Disponibilità di servizi sanitari primari erogati in lingua straniera
B7 Numero di argomenti relativi alla salute esaminati in consiglio comunale
C – Indicatori ambientali
C1 Inquinamento atmosferico
C2 Qualità dell’acqua potabile
C3 Percentuale di inquinanti rimossa dalle acque reflue prodotte
C4 Indice di qualità della raccolta dei rifiuti urbani
C5 Indice di qualità dello smaltimento dei rifiuti urbani
C6 Aree verdi della città
C7 Aree verdi della città accessibili al pubblico
C8 Aree industriali dismesse
C9 Sport e tempo libero
C10 Zone pedonali
C11 Piste ciclabili
C12 Trasporto pubblico
C13 Diffusione della rete di trasporto pubblico
C14 Spazi abitabili
D – Indicatori socio-economici
D1 Percentuale di popolazione che vive in alloggi di livello inferiore allo standard
D2 Stima del numero dei senzatetto
D3 Tasso di disoccupazione
D4 Percentuale di persone che vivono al di sotto del reddito medio procapite
D5 Percentuale di posti per bambini in età prescolare
D6 Percentuale di nati vivi secondo l’età della madre
D7 Tasso di abortività in relazione al numero totale di nati vivi
D8 Percentuale di persone disabili occupate
Indicatori demografici relativi all’istruzione
L'idea di armonizzare i sistemi educativi europei nasce fin dall'avvento della CEE ma inizia a realizzarsi
solo negli anni '90. Nel mondo, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) si occupa
di dare una valutazione dei sistemi di istruzione nei vari paesi.
Ogni anno l'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) pubblica un rapporto
intitolato Uno sguardo all'Educazione: indicatori OCSE, che è basato su un insieme di indicatori statistici, e che
vuole essere un aiuto per orientare le politiche nazionali di sviluppo dei sistemi educativi.
Questi gli indicatori usati nell'indagine del 2008, ripartiti in 4 aree tematiche (Capitoli):
A. Risultati delle istituzioni scolastiche e impatto dell'apprendimento
B. Risorse finanziarie e umane investite nell'educazione
C. Accesso all'educazione, partecipazione e progressione
D. Contesto pedagogico e organizzazione scolastica.
Capitolo A:
Indicatore A1: Quale è il livello di istruzione della popolazione adulta
Indicatore A2: Quanti studenti proseguono gli studi dopo le scuole secondarie
Indicatore A3: Quanti studenti prendono un Diploma universitario
Indicatore A4: Quanti studenti avanzano negli studi universitari e quanti abbandonano
Indicatore A5: Quali capacità nel campo delle Scienze posseggono gli studenti quindicenni
Indicatore A6: Quale è la condizione sociale degli studenti quindicenni e il ruolo giocato dai loro genitori
Indicatore A7: La condizione socio-economica dei genitori influisce sulla partecipazione dei figli a
percorsi di formazione universitaria?
Indicatore A8: In che modo la partecipazione a attività formative incide sulla inclusione nel mercato del
lavoro
Indicatore A9: Quali benefici economici derivano dalla formazione scolastica
Indicatore A10: Quali sono gli incentivi ad investire nella Formazione
Capitolo B
Indicatore B1: Quanto si spende per ciascuno studente
Indicatore B2: Che percentuale del Prodotto Interno Lordo viene spesa per la Formazione
Indicatore B3: Quanta Spesa Pubblica e quanti Investimenti Privati ci sono in Formazione
Indicatore B4: A quanto ammonta in totale la Spesa pubblica per la Formazione
Indicatore B5: Quanto spendono gli studenti per la formazione universitaria e di quali sussidi pubblici
dispongono
Indicatore B6: Su quali servizi e risorse viene fatta la spesa in Formazione
Indicatore B7: Con quale efficienza si usano le risorse per la Formazione
Capitolo C
Indicatore C1: Quanto sono diffusi programmi di formazione professionale
Indicatore C2: Chi partecipa come studente alla formazione
Indicatore C3: Chi studia all'estero e dove
Indicatore C4: Con quanta efficacia avviene il passaggio dalla Formazione al lavoro
Indicatore C5: Gli adulti che partecipano a iniziative di addestramento e formazione professionale
Capitolo D
Indicatore D1: Quanto tempo stanno in aula gli alunni
Indicatore D2: Che rapporto numerico c'è fra studenti e insegnanti e quale è il numero di alunni per
classe
Indicatore D3: Quanto sono pagati gli insegnanti
Indicatore D4: Quanto tempo gli insegnanti dedicano all'insegnamento
Indicatore D5: Quale incidenza hanno controlli di qualità sugli istituti ed esami e verifiche in genere per
gli allievi nel Sistema Educativo
Indicatore D6: Chi è deputato a prendere decisioni in campo educativo
Indicatore D7: Chi sono gli insegnanti (Distribuzione del corpo docenti)
Per ciascuno degli indicatori sopra elencati, esiste una ulteriore scomposizione in tavole e grafici che
esprimono ulteriori dettagli dell'indagine.
A tali indicatori fa ideale riscontro il tasso di analfabetismo inteso come l'incapacità completa di saper
leggere e scrivere, dovuta per lo più a un'istruzione o a una pratica insufficiente. Secondo la programmazione di
molti sistemi scolastici, leggere, scrivere e far di conto sono le abilità da acquisire nel primo anno della scuola
elementare.
In senso più lato, l'analfabetismo indica anche l'ignoranza di argomenti considerati di fondamentale
importanza, ad esempio l'analfabetismo informatico o politico.
Diverso dall'analfabetismo strictu sensu è il cosiddetto analfabetismo funzionale, con il quale si designa
l'incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della
vita quotidiana. Non si tratta quindi di un'incapacità assoluta, in quanto l'individuo possiede comunque una
conoscenza di base di lettura e scrittura, che usa però in maniera incompleta e non ottimale.
Un sinonimo, meno comune, di analfabetismo è illetteratismo (usato più spesso in ambito scientifico
come sinonimo di "analfabetismo funzionale").
L'UNESCO, (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization), definisce dal 1958
l'analfabetismo come la condizione di "una persona che non sa né leggere né scrivere, capendolo, un brano
semplice in rapporto con la sua vita giornaliera".
Analfabeta è in tale accezione un termine semplice, generico, non concernente il percorso scolare
dell'analfabeta. Tuttavia dividere il mondo in letterati e illetterati semplifica eccessivamente la natura
dell'alfabetizzazione. Oggi la definizione dell'UNESCO è diventata più complessa e si basa fondamentalmente
sulla capacità dell'individuo di decifrare l'ambiente e partecipare alla società in cui vive.
Statisticamente si tende a rilevare quell'insieme di abilità relative all'alfabetismo che può essere
applicato in modo funzionale in attività tipiche della vita quotidiana, come ad es. leggere gli orari dell'autobus o
usare un computer.
Nella figura successiva è presentato il tasso di alfabetizzazione per i diversi stati del mondo relativi
all’anno 2009.Nel file Lista di Stati per tasso di alfabetizzazione è riportato l’elenco degli Stati per
alfabetizzazione, come dal Rapporto delle Nazioni Unite sul Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo 2011.
Dato che le definizioni e i metodi di raccolta dei dati variano tra i paesi, l'alfabetizzazione stimata dovrebbe essere
utilizzata con cautela.
Altri indicatori relativi all’istruzione vengono brevemente illustrati di seguito
Il tasso di scolarità è un indicatore statistico del sistema dell'istruzione ed ha come obiettivo primario quello di
misurare indirettamente per una determinata popolazione di riferimento la percentuale di giovani che si iscrivono ad una
scuola.
Confrontando il numero di iscritti a scuola con la popolazione giovanile permette di fare confronti tra territori o
gruppi di numerosità diversa.
È definito a livello operativo come il rapporto tra il numero di iscritti nelle scuole e il numero di giovani nell'età
tipica per tali scuole.
Iscritti
tasso di scolarità = -------------------------------- * 100
Popolazione in età scolastica
L'età di riferimento dipende dal sistema d'istruzione. In Italia si utilizza solitamente
scuola materna: 3-5 anni
scuola elementare: 6-10 anni
scuola media: 11-13 anni
scuole superiori: 14-18 anni
università: 19-24 anni
dove l'età indicata si riferisce agli anni compiuti al 31 dicembre dell'anno in cui comincia l'anno scolastico o
accademico.
Abitualmente il dato sulla popolazione deriva dalla statistica sulla popolazione residente con riferimento al 31
dicembre o al 1º gennaio.
Considerato che solitamente per l'inizio del proprio curriculum scolastico si guarda all'anno di nascita e molto
meno al mese, di fatto l'età di riferimento coincide con gli anni di nascita
Il tasso di abbandono scolastico è un indicatore statistico che misura la quantità di alunni non più in obbligo
scolastico che abbandonano e quindi non concludono il corso di studi intrapreso, senza un ritiro formalizzato, e non
avendo conseguito il titolo non si riscrivono in alcun istituto nell'anno scolastico successivo.
L'indicatore rappresenta il rapporto percentuale tra il numero di alunni non scrutinati per interruzioni non
formalizzate (che quindi abbandonano la scuola senza motivazione) e il numero totale degli iscritti
Alunni non valutati per interruzioni non formalizzate
Tasso di abbandono scolastico = ------------------------------------------------------------------- *100
Iscritti
Il tasso di maturità è un indicatore statistico, utilizzato nell'ambito delle statistiche sull'istruzione, che ha lo scopo
primario di indicare per una determinata generazione la percentuale di persone che consegue il titolo di studio "maturità"
(titolo di studio che in Italia si consegue dopo 13 anni scolastici).
Tale indicatore permette di conoscere il livello d'istruzione di una popolazione indipendentemente dalla
dimensione del territorio o della numerosità del gruppo di persone di riferimento in generale, permettendo inoltre
confronti temporali depurati dal fenomeno dell'aumento o calo delle nascite.
Viene definito come: il rapporto di persone che conseguono alla fine di un determinato anno scolastico la
maturità e gli abitanti dell'anno di nascita tipico per tale anno scolastico.
esami di maturità con esito positivo
tasso di maturità = ----------------------------------------- x 100
popolazione in età "giusta"
In Italia, considerata la disponibilità dei dati statistici, si usa solitamente la popolazione residente al 31 dicembre
di inizio anno scolastico che aveva compiuto in tale data 18 anni.
Chiaramente tra coloro che conseguono la maturità ci saranno anche persone di età maggiore a quella
"convenzionale", ma tale errore è molto ridotto in quanto si può pensare di regola che altrettanti giovani dell'anno di
nascita preso in considerazione conseguirà la maturità in un anno scolastico successivo.
Il tasso di maturità specifico per sesso, cittadinanza, comune ecc. è soggetto agli stessi problemi del tasso di
scolarità per le scuole superiori. In modo particolare un tasso specifico per territorio deve tenere conto del fatto che le
scuole secondarie superiori e gli indirizzi di studio non sono distribuiti omogeneamente su tutto il territorio.
Indicatori statistici economici
Prodotto interno lordo
Per PIL si intende il valore di tutti i prodotti finiti e servizi prodotti in uno stato in un dato anno. Per nominale si
intende che le stime qui presentate si basano sui valori di mercato correnti, convertiti al dollaro statunitense al tasso di
cambio ufficiale.
Reddito pro capite
Il reddito pro capite può essere definito come la quantità di Prodotto interno lordo ipoteticamente posseduta, in
un certo periodo di tempo, da un gruppo di persone. Di solito è riportato in unità di moneta per un anno relativamente a
interi stati.
Il reddito pro capite è spesso usato per misurare il grado di benessere della popolazione di un paese,
comparato agli altri paesi. Perché i diversi dati siano comparabili dev'essere espresso in termini di una moneta usata
internazionalmente come l'Euro o il Dollaro.
Da sottolineare comunque che questo indice non sempre rappresenta in maniera corretta il benessere di un
paese, soprattutto quando si confrontano paesi economicamente e culturalmente molto diversi.
Inoltre diversi studiosi sono convinti che il PIL non sia effettivamente in grado di calcolare il grado di benessere
di un paese. Nuove teorie stanno lentamente progredendo, a partire dal concetto di economia relazionale.
Il reddito pro capite non indica la distribuzione del reddito all'interno di un paese, cosicché un piccolo gruppo di
persone molto ricche può far aumentare notevolmente il reddito medio dell'intera popolazione di cui la maggioranza può
essere poverissima.
Le differenti valute dei vari paesi convertite ad una valuta internazionalmente riconosciuta non sempre
rispettano correttamente i poteri di acquisto reali delle monete (vedasi Teoria della parità dei poteri di acquisto.
Reddito nazionale lordo
Il reddito nazionale lordo (RNL) di un paese viene calcolato sommando al prodotto interno lordo (PIL), o
sottraendo da esso, vari flussi di reddito tra paesi.
Perché sia possibile passare dal PIL di una nazione al suo RNL è necessario operare alcune aggiunte al PIL:
profitti che le imprese percepiscono all'estero e che rimettono (inviano cioè nel proprio mercato)
tutti i salari e gli stipendi che i cittadini percepiscono all'estero e che rimettono
ogni altro reddito da investimenti all'estero che imprese o famiglie percepiscono e rimettono
e gli aiuti ricevuti dalla nazione.
È necessario però effettuare anche delle deduzioni:
profitti che sono realizzati nella nazione da imprese non locali e rimpatriati
i salari e gli stipendi che sono percepiti da persone non indigene residenti nella nazione e rimessi
tutti i redditi da investimenti che sono percepiti da investitori esteri nella nazione e rimessi all'estero
tutti i pagamenti per aiuti all'estero effettuati dalla nazione
Index of Sustainable Economic Welfare
Recentemente è stata sostenuta la proposta, ideata nel 1989 da Herman Daly e John Cobb, di utilizzare un
indicatore alternativo al PIL: l'ISEW. In tale indicatore rientrano non solo il valore complessivo dei beni e dei servizi finali
prodotti in un paese, ma anche i costi sociali e i danni ambientali a medio e lungo termine. In pratica, il calcolo dello
sviluppo di un paese non si baserebbe più soltanto sulla mera crescita economica ma anche su fattori sociali ed
ambientali che considerano la soglia dello Sviluppo Sostenibile
Subjective well-being
Un altro indicatore è il cosiddetto “subjective well-being” (SWB), vale a dire la percezione che gli individui hanno
della propria vita e del grado di soddisfazione che provano per essa. Questo indicatore della felicità delle persone, per
quanto sintetico, ha il vantaggio d’essere stato rilevato da diversi decenni e in molti paesi del mondo. Studi empirici
evidenziano che il SWB stenta a crescere nel tempo in diversi paesi, come il Giappone, o diminuisce, come negli USA,
nonostante il reddito pro-capite abbia avuto una evidente tendenza a crescere [8]. Ciò costituisce per gli economisti un
paradosso, chiamato “paradosso della felicità” o "paradosso di Easterlin", in quanto gli economisti sono abituati a
pensare al reddito come ad un buon indicatore di benessere.
Tutti gli indicatori esaminati sopra hanno la comune caratteristica di riconoscere la limitata significatività del
prodotto interno lordo e la sua inadeguatezza come dato espressivo del reale benessere di un Paese. In proposito,
esistono tuttavia posizioni più “radicali”: quelle di chi reputa che gli indici, ovvero i numeri, siano ben poco espressivi del
fatto economico e del valore. Di qui la scarsa attendibilità del PIL e il giudizio negativo sul sistema dei prezzi come
sistema esclusivo di misurazione del valore e sull’economia vista come gara alla conquista di numeri sempre più grandi
capaci di esprimere solo cifre sempre più grandi di denaro. Di qui, più in generale, i dubbi sulla possibilità di quantificare
– qualunque sia il sistema adottato - la misura di variabili che presentano legami indissolubili con il tema della qualità
della vita, ovvero di sottoporre il valore – che «ha un senso, non un prezzo» – a operazioni di misurazione in senso
stretto.