TAR MARCHE, SEZ. I – sentenza 22 ottobre 2014 n

TAR MARCHE, SEZ. I – sentenza 22 ottobre 2014 n. 873
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 508 del 2014, proposto da:
Serenissima Ristorazione s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario
Calgaro e Renato Egidi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Renato
Egidi in Ancona, via Barilari, 37;
contro
A.S.U.R. Marche – Area Vasta 5, rappresentata e difesa dall’avv. Patrizia
Viozzi, con domicilio eletto presso gli Uffici dell’Azienda Sanitaria Unica
Regionale in Ancona, via Caduti del Lavoro, 40;
nei confronti di
Tiffany Wine Bar di Schiavoni Patrizio, n.c.;
Euromense s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Catia Bibi, con domicilio
eletto presso lo studio dell’avv. Maurizio Miranda in Ancona, viale della
Vittoria, 7;
per l’annullamento
del provvedimento con cui si dispone l’esclusione della ricorrente dalla gara
per l’affidamento in concessione del bar con annessa rivendita di riviste e
quotidiani presso il presidio ospedaliero di San Benedetto del Tronto,
comunicata con fax dell’11.6.2014, nonché di qualsivoglia atto, anche non
noto, ad esso antecedente, conseguente e connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ASUR Marche e di Euromense
s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2014 la dott.ssa Simona
De Mattia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
I. La ricorrente partecipava alla gara, da svolgersi mediante procedura aperta,
indetta dall’ASUR Marche – Area Vasta 5 con determina del Direttore
Generale n. 45 del 24 gennaio 2012, per l’affidamento del servizio di gestione
del bar con annessa rivendita di giornali e riviste all’interno del Presidio
Ospedaliero di San Benedetto del Tronto per la durata di 72 mesi, che veniva
aggiudicata alla società Tiffany Wine Bar di Schiavoni Patrizio (cfr. determina
del Direttore Generale n. 544 del 1° luglio 2013).
In sede di verifica del possesso dei requisiti ex art. 11, comma 8, del d.lgs. n.
163/2006, emergeva la non veridicità delle dichiarazioni rese all’atto della
domanda di partecipazione da parte della Tiffany Wine Bar, avendo essa
omesso di indicare l’esistenza di talune condanne penali sia a carico del sig.
Schiavoni Patrizio, suo legale rappresentante, sia a carico del sig. Angelini
Luciano, legale rappresentante della ditta ausiliaria Pancaffè.
Sulla scorta di ciò, la stazione appaltante, con la determina n. 936 del 30
dicembre 2013, provvedeva ad annullare in autotutela la disposta
aggiudicazione definitiva, ad escutere la polizza fideiussoria presentata
dall’aggiudicataria a garanzia dell’offerta e a trasmettere l’atto di annullamento
all’Osservatorio regionale sugli appalti pubblici.
Avverso tale provvedimento l’allora aggiudicataria proponeva ricorso innanzi a
questo Tribunale, iscritto al R.G. n. 87/2014, definito con sentenza n.
580/2014, che ha respinto il ricorso.
Nel frattempo, la Stazione appaltante procedeva nei confronti della società La
Serenissima Ristorazione, seconda in graduatoria, al controllo sul possesso dei
requisiti, rilevando che, anche per quest’ultima, era emersa la sussistenza di
condanne penali a carico del direttore tecnico e del procuratore speciale della
società non debitamente dichiarate in sede di gara.
La ricorrente riscontrava tale comunicazione eccependo che l’omessa
dichiarazione era dipesa dalla formulazione equivoca contenuta nel modello B
predisposto dalla Stazione appaltante ed allegato al disciplinare di gara.
Tuttavia, con il provvedimento che qui si impugna, l’Amministrazione
sanitaria comunicava ugualmente alla ricorrente l’esclusione dalla gara.
A sostegno del gravame quest’ultima ha articolato diverse censure dolendosi
dell’illegittimità degli atti impugnati sotto distinti profili.
Si sono costituite in giudizio, per resistere al ricorso, l’Azienda Sanitaria Unica
Regionale delle Marche e la controinteressata Euromense s.r.l.
Alla camera di consiglio del 9 ottobre 2014, fissata per la discussione
dell’istanza cautelare contenuta in ricorso, previo avviso alle parti sulla
possibilità di definizione della controversia con sentenza in forma semplificata,
la causa è stata trattenuta in decisione.
II. Ricorrono i presupposti per una sentenza ex art. 60 c.p.a. in ragione della
infondatezza del ricorso, apprezzabile già in sede cautelare.
Ed invero, le questioni poste oggi al vaglio del Collegio sono in parte analoghe
a quelle affrontate e decise da questo Tribunale con la citata sentenza n.
580/2014, resa sul ricorso R.G. n. 87/2014 proposto dalla società Tiffany Wine
Bar ed afferente alla medesima procedura di gara di cui si discute in questa
sede.
Nella suddetta pronuncia sono stati affermati alcuni principi di diritto, dai quali
il Collegio non ravvisa alcun motivo per discostarsi e che possono essere posti
a base dell’odierna decisione, anche avuto riguardo alle specifiche circostanze
del caso concreto.
II.1. Con particolare riferimento alla fattispecie in esame, parte ricorrente ha
omesso di indicare, in sede di presentazione dell’offerta, talune condanne
penali riportate dal direttore tecnico e dal procuratore speciale della società,
così come imposto dalla lex specialis di gara e dall’art. 38, comma 2, del d.lgs.
n. 163/2006 al fine di attestare il possesso dei requisiti di carattere generale;
legittima, pertanto, si rivela la sua esclusione dalla gara, atteso che “la mancata
dichiarazione rileva non già per gli effetti delle condanne taciute, quanto
piuttosto per la situazione d’infedeltà, reticenza o inaffidabilità della ditta
stessa, essendo ininfluente che gli illeciti penali non dichiarati siano
eventualmente inidonei, nello specifico, ad intaccare la moralità professionale
dell’impresa concorrente” (cfr. sentenza del Tribunale n. 580/2014 cit.).
Peraltro, nel caso di specie, il modello B allegato al disciplinare non si prestava
ad essere diversamente interpretato rispetto alla sua chiara formulazione
letterale; i concorrenti erano infatti chiamati a dichiarare, con riferimento al
punto c) del comma 1 dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, l’assenza di condanne
penali divenute definitive pronunciate a loro carico, ivi comprese quelle per le
quali avessero beneficiato della non menzione, ovvero, in alternativa, la
presenza di qualsivoglia condanna penale definitiva, comprese quelle per le
quali avessero beneficiato della non menzione, provvedendo alla cancellazione
del punto di non interesse.
Sia il direttore tecnico che il procuratore speciale della società ricorrente,
invece, non soltanto hanno omesso la doverosa indicazione delle condanne
pronunciate a loro carico, ma hanno barrato con una “X” la parte
corrispondente alla dichiarazione di assenza di condanne penali, ad indicare
appunto che non vi erano condanne pronunciate nei loro riguardi, e riempito
con due linee trasversali le righe vuote che erano destinate ad accogliere
l’indicazione delle condanne penali subite, ad indicare ancora una volta
l’assenza di dette condanne. Sembra, quindi, che tale doverosa indicazione sia
stata volontariamente e consapevolmente omessa.
II.2. Né può servire a giustificare l’omessa dichiarazione l’asserita non gravità
dei reati di che trattasi, ritenuti dalla ricorrente di modesto impatto sociale.
Sul punto questo Tribunale ha già mostrato di condividere l’orientamento
giurisprudenziale secondo cui l’esistenza di false dichiarazioni circa i
precedenti penali si configura come causa autonoma di esclusione, mentre le
valutazioni in ordine alla gravità delle condanne ed alla loro incidenza sulla
moralità professionale spettano esclusivamente alla stazione appaltante e non
già alla ditta concorrente, obbligata ad indicare tutte le condanne riportate,
senza poterne autonomamente operare una selezione sulla base di meri criteri
soggettivi.
Ciò in quanto se l’obbligo dell’interessato di dichiarare tutte le condanne penali
riportate, così come richiesto nel modello di domanda allegato alla lex specialis
di gara nonché dallo stesso art. 38, comma 1, lettera c), non fosse puntualmente
assolto, l’Amministrazione non conoscerebbe (in tutto o in parte) uno dei
requisiti del soggetto concorrente ed eventualmente aggiudicatario e non
potrebbe valutare la gravità del reato per cui si è ricevuta condanna; in tal
modo la verifica del possesso o meno del requisito non costituirebbe più un
momento indefettibile del procedimento di affidamento, ma diverrebbe
meramente eventuale, potendo essa ricorrere solo nel caso in cui altro
concorrente prospetti la mancanza del requisito medesimo (Cons. Stato, sez.
IV, 22 novembre 2011, n. 6153).
Tale impostazione è coerente anche con la previsione di cui all’art. 75 del
D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, secondo cui “il dichiarante decade dai
benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della
dichiarazione non veritiera”; detta disposizione, la cui ratio è quella di
disincentivare la produzione di dichiarazioni false e semplificare l’azione
amministrativa valorizzando il principio di autoresponsabilità del dichiarante,
prescinde per la sua applicazione, dalla condizione soggettiva di quest’ultimo,
attestandosi sul dato oggettivo della “non veridicità”, rispetto al quale sono
irrilevanti le giustificazioni eventualmente addotte.
Essa trova, altresì, conforto nell’orientamento giurisprudenziale più recente,
secondo cui nelle gare pubbliche, nel caso di omissione da parte del
partecipante della dichiarazione circa le condanne penali da lui riportate, va
non solo disposta la sua esclusione dalla gara, ma anche l’incameramento della
cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autorità di vigilanza (Consiglio di
Stato, sez. III, 8 settembre 2014, n. 4543). In particolare, nella pronuncia
appena citata “si ribadisce l’irrilevanza delle argomentazioni circa la rilevanza
o meno del reato ai fini dell’obbligo dichiarativo, proprio perché si tratta di
dichiarazione/prescrizione essenziale che prescinde, per quanto detto, da
“filtri” della Stazione appellante, perché attiene ai principi di lealtà e
affidabilità contrattuale e professionale che presiedono agli appalti e ai rapporti
con la Stazione stessa, né si rilevano validi motivi per non effettuare tale
dichiarazione, posto che spetta comunque all’Amministrazione la valutazione
circa la gravità o meno del reato, che può essere accertato con qualsiasi mezzo
di prova, e quindi l’incidenza sulla moralità professionale, e non di certo al
concorrente, che non può quindi operare alcun proprio “filtro” in sede di
domanda di partecipazione e quindi di dichiarazione in proposito” (in termini,
Consiglio di Stato sez. V, 8 agosto 2014, n. 4253; sez. III, n. 2289/2014; sez.
V, n. 1378/2013).
La sentenza sottolinea, altresì, come anche le pronunce meno “formalistiche”
hanno sanzionato tale omessa dichiarazione con l’esclusione dalla gara in
presenza di un obbligo imposto dal bando (cfr. Cons. Stato, sez. III, n.
507/2014) – che è quanto si verifica nella fattispecie in esame -, ovvero, in
assenza di tale obbligo, “l’esclusione può essere disposta solo ove vi sia la
prova che gli amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno
pregiudizi penali” (cfr. Ad. Plen. n. 21/2012).
II.3. Né, in casi simili, può farsi ricorso al cd. soccorso istruttorio, che è volto a
chiarire e completare dichiarazioni, certificati o documenti comunque già
esistenti, a rettificare errori materiali o refusi, ma non certo a consentire
integrazioni o modifiche della domanda (cfr. Ad. Plen. n. 9/2014); nella
fattispecie, invece, la dichiarazione è stata del tutto omessa, barrando la relativa
voce, e non poteva quindi essere sanata o regolarizzata o integrata, perché ciò
si sarebbe tradotto nella produzione ex novo di una dichiarazione o
certificazione dall’inizio mancante (cfr., fra le altre, Cons. Stato, sez. III nn.
123 e 2289/2014 e n. 3328/2013; sez. VI, n. 4392/2013 e da ultimo n.
3905/2014).
II. 4. Quanto alla possibilità che la stazione appaltante ha di incamerare la
cauzione provvisoria eventualmente versata, il riferimento normativo è
contenuto nell’art. 75, comma 6, del d.lgs. n. 163/2006, secondo cui “la
garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario,
ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto
medesimo”. La norma si riferisce alle ipotesi di mancata sottoscrizione del
contratto per fatto dell’affidatario, da intendersi non solo come rifiuto di
stipulare o come difetto di requisiti speciali, ma anche come difetto di requisiti
generali di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006.
III. In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.
IV. Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti in ragione del
contrasto giurisprudenziale esistente su talune delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2014 con
l’intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Tommaso Capitanio, Consigliere
Simona De Mattia, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 22/10/2014.