IL PICCOLO – lunedì 12 maggio 2014 (Gli articoli della presente rassegna, dedicata esclusivamente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) Indice articoli PRIMO PIANO (pag. 2) «Fincantieri simbolo di riscatto industriale» (3 articoli) ATTUALITà (pag. 6) Zagabria entrerà in Schengen nel 2015 TRIESTE (pag. 7) Ass1, con l’utile di 7 milioni la nuova sede per il 118 GORIZIA-MONFALCONE (pag. 8) La crisi colpisce anche la Soteco. La Cgil: «37 dipendenti a rischio» Ospizio, sì delle Bcc alle Cooperative PRIMO PIANO «Fincantieri simbolo di riscatto industriale» di Piercarlo Fiumanò INVIATO A MONFALCONE «Fincantieri è il simbolo del rinascimento industriale italiano. L’Italia è molto più grande delle nostre paure, più bella delle nostre preoccupazioni, più capace delle nostre minacce»: il premier Matteo Renzi abbonda in metafore per descrivere la voglia di riscatto del Paese «con il suo passato di meraviglie, arte e cultura». Un discorso patriottico («dobbiamo essere orgogliosi di essere italiani») nel teatro della lussuosa Regal Princess, la nuova ammiraglia made in Fincantieri, che ieri è stata presentata in una cerimonia che si è caricata di significati forti. Renzi vuole “rottamare” la crisi, trascinare il Paese fuori dalle secche del declino. Niente di meglio che puntare su simboli come Fincantieri, la grande industria cantieristica, il tricolore che svetta sulle grandi navi, la maestria artigiana, la grande industria manifatturiera. E ricostruire un tessuto industriale anche attraverso la Cassa Depositi e prestiti «che assicura un grande supporto alle imprese italiane per l’export». Fincantieri diventa così l’emblema intorno al quale nei prossimi mesi ruoterà il piano di Renzi per sostenere il Made in Italy. «La presenza del premier Matteo Renzi ci rende giustizia. Oggi mi sento meno solo. Non c’è futuro senza industria in questo Paese. Dopo food, fashion e Ferrari vogliamo aggiungere una quarta effe per definire questo Paese e cioè Fincantieri, un’eccellenza italiana»: il numero uno del gruppo triestino, Giuseppe Bono, in un teatro dall’acustica perfetta, guarda scorrere le immagini della storia recente del gioiello della cantieristica italiana. E si vede che è commosso: «Abbiamo salvato l’azienda». Il gruppo triestino sta per sbarcare in Borsa entro l’estate e forse già nella prima metà di giugno. Il governo punta a incassare dalle privatizzazioni (oltre a Fincantieri, Poste e Enav) circa 12 miliardi che serviranno a ripanare il deficit. Fincantieri a garantirsi risorse finanziarie per la sua crescita industriale. Già scelti i global coordinator della quotazione che sono Jp Morgan, Morgan Stanley, Credit Suisse, Unicredit, Intesa sanpaolo, Banca Imi. Non è stato un caso che Renzi abbia ringraziato «per la dedizione», oltre ai vertici di Fincantieri, anche la Cassa Depositi e prestiti (azionista del gruppo triestino attraverso Fintecna). Ieri con Bono c’era tutto lo stato maggiore della Cdp con il presidente Franco Bassanini e l’ad Giovanni Gorno Tempini. Cdp è il vero motore della nuova galassia industriale italiana, dopo il tramonto dei salotti buoni e il nuovo destino americano della Fiat. Il premier, arrivato in piena cerimonia subito dopo uno spezzone di musical stile Broadway, ha fatto pieno uso di matafore invitando Fincantieri «a solcare i mari aperti dei mercati internazionali». Il suggello del governo e del premier Renzi allo sbarco in Borsa arriva dopo un vero tour de force del gruppo triestino sulle grandi piazze finanziarie internazionali con il suo portafoglio ordini che è «il più grande d’Europa». Fincantieri ha già lanciato con successo un bond da 300 milioni e cresce l’interesse dei grandi fondi stranieri. Bono, che nel 2002 aveva dovuto rinunciare al suo progetto di integrare Fincantieri con le attività civili di Finmeccanica, oggi incassa il via libera del governo all’operazione, alla quale manca solo l’ok della Consob. L’ad ha confermato che c’è un forte interesse verso Fincantieri sui mercati, dall’Asia agli Stati Uniti, anche se ci guardano con sospetto per i «lacci e lacciuoli» che frenano la competitività. Il gruppo negli anni Duemila ha superato una serie di emergenze che rischiavano di mandare al tappeto il gruppo con un piano di riorganizzazione e acquisizioni importanti (come i cantieri Usa nel 2009 e un’azienda leader nel settore delle grandi piattaforme petrolifere come Vard): «Sapevamo che se fossimo sopravvissuti alla crisi ne saremmo usciti rafforzati», ha detto l’ad. Bassanini sottolinea «le specializzazioni a valore aggiunto del gruppo come le grandi navi da crociera, i mega-yacht e le navi militari». E così ieri, a bordo della Regal Princess, c’è stata la celebrazione di un passaggio storico per l’industria cantieristica italiana che con la quotazione di Fincantieri potrebbe (in futuro) uscire defitivamente dal controllo pubblico. Per ora sul mercato finirà una quota fino al 50%. Renzi vuole smantellare gli stereotipi che spesso danneggiano il nostro Paese: «Quando dicono non fare l’italiano all’estero si pensa sempre a qualcosa di negativo, a fare il furbo. Invece abbiamo un passato di meraviglia, arte e cultura e un presente di rinascimento industriale», ha detto il premier. Poi ha citato anche Saint-Exupery, l’autore de Il Piccolo Principe, che parla della costruzione di una nave e del «senso profondo del mare e dell’infinito». Per finire ringrazia le maestranze di Fincantieri «che non potranno mai fare una crociera di lusso ma conoscono il senso della dignità e del fare bene il proprio lavoro». Matteo fugge a Pordenone assieme a Debora MONFALCONE Matteo Renzi compare a bordo della Regal Princess come special guest a cerimonia già iniziata, poco dopo una esibizione stile Broadway di un quartetto di artisti. Come sua abitudine si fa precedere da un tweet: «A Monfalcone con Serracchiani per Fincantieri. Investimenti, occupazione, futuro. Al lavoro, perché #italiariparte #lavoltabuona». C’era chi si attendeva un annuncio importante da parte del premier sul destino industriale di Fincantieri ma in realtà il suo intervento è stato una sorta di viatico alla quotazione in Borsa caricando di significati l’immagine del gruppo triestino sempre più «baluardo di italianità» e della «capacità di fare» che rappresentano un vero e proprio mantra nella visione di Renzi. Il premier è rimasto sul palco una decina di minuti per poi sottrarsi, con qualche delusione, all’assalto dei giornalisti. Nessuna domanda e nessuna risposta. La delegazione del capo del governo ha imboccato l’uscita scomparendo alla vista così come si è materializzata sul palco. Renzi ha poi raggiunto Pordenone dove si è concesso al bagno di folla dell’adunata degli alpini. Nel suo discorso nel teatro della Regal Princess, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha scherzato prima con l’armatore del gruppo Carnival, Arnold Donald, e poi con la vicesegretaria del Pd, Debora Serracchiani. «Mister Donald ha una cravatta piena di bandiere, se lo incrociate controllategli la cravatta», ha detto intendendo, che ad ogni bandiera corrisponde una nave. Poco dopo, ringraziando il Friuli Venezia Giulia, e in particolare la presidente Serracchiani, che era intervenuta in apertura della cerimonia, Renzi ha detto: Mi ha dato del lei, è la prima volta che lo fa. Di solito mi tratta molto peggio...». Il premier ha anche indicato il Fvg come una regione speciale non solo istituzionalmente, ma «per la qualità delle sfide» che affronta. La Regione appoggia la sfida di Fincantieri «di consolidare la propria leadership mondiale valorizzando la propria presenza a Trieste e in Fvg» ha detto Serracchiani. «L’azienda - ha aggiunto il presidente - ha bisogno di un forte sostegno politico e infrastrutturale, nonchè di azioni che mirano alla semplificazione delle procedure burocratiche e dei rapporti con tutta la pubblica amministrazione, un percorso che la Regione ha già avviato». Con la costituzione di Ditenave, un vero e proprio distretto tecnologico-industriale del mare, il Friuli Venezia Giulia - ha aggiunto - ha saputo mettere al servizio del settore cantieristico le sue risorse, mettendo a sistema università, partner pubblici e privati e istituzioni locali. La Regione appoggia ora la proposta avanzata da Ditenave insieme al Cnr per costituire una Piattaforma Tecnologica Navale Nautica della macroregione Adriatico-Ionica: «Un’iniziativa in grado di rafforzare la potenzialità geopolitica e l’ambizione del Friuli Venezia Giulia al servizio del Paese e del suo sistema industriale».(pcf) Bono blinda la forza lavoro: «Finite le cure dimagranti» di PAOLO POSSAMAI Nel profilo di Matteo Renzi un tratto distintivo è la velocità. Un secondo ha a che fare con il colore: mai grigio. Un altro chiama in causa l’orgoglio italiano. Un altro ancora la capacità di trattare, semplificare e evocare miti. Ce ne sarebbero poi vari altri, ma per ora basta così. Basta a spiegare come mai Renzi salga a bordo della privatizzazione di Fincantieri. Tiene insieme aspetti di orgoglio nazionale, di rilancio industriale, di futuro possibile legato a una tradizione orgogliosa, il mito dell’andar per mare, le navi bianche e la loro avventura leggera. E ci voleva forse un calabrese caparbio e orgoglioso come Giuseppe Bono, 68 anni di cui 13 trascorsi alla testa del gruppo navalmeccanico di Stato, per offrire questa nave a Renzi e, soprattutto, condurre Fincantieri fuori dagli scogli della Grande recessione e in vista della quotazione a Piazza Affari. «Apprezzo molto che il presidente del consiglio Matteo Renzi parli della manifattura come una priorità - dice Bono - Ne sono felice, lo vado dicendo da tutta la vita, spesa interamente nell’industria manifatturiera. Sono convinto che Fincantieri con questa quotazione può essere l’evidenza della forza e delle facoltà di recupero dell’industria italiana». Magari, per via di quel difetto della vista che ci preclude di vedere bene quel che è troppo vicino a noi, tra Palazzo della Marineria, cantiere di Monfalcone, quartier generale allo storico palazzo dell’ex hotel de ville sulle Rive, non abbiamo visto bene l’evoluzione genetica intervenuta in Fincantieri proprio negli anni della Grande Crisi e anzi - paradossalmente - grazie alla spinta connessa alla necessità di salvarsi dalle onde della tempesta perfetta. Bono oggi a ragione può vantare il fatto di guidare un gruppo unico al mondo, poiché non esiste nel suo settore una azienda che concentra tutti i segmenti a più alto valore aggiunto. Dalle crociere, all’offshore, dal militare ai mega yacht. Ricordiamo le acquisizioni di Vard e dei cantieri americani ex Marinette. Diversificazioni che implicano anche ripartizione del rischio, concetto che a investitori e analisti di Borsa non sfuggirà. I primi tre colossi della naval meccanica al mondo sono coreani. Fanno navi standard e non dispongono delle tecnologie e delle competenze per lavorare sui segmenti di Fincantieri. Appena qualche mese fa, Bono ci spiegava che «per ora i coreani non hanno interesse a competere con noi. Ma teoricamente sono una minaccia. Per rafforzare la nostra posizione sul mercato dobbiamo investire in settori contigui con maggior valore aggiunto come componentistica, impiantistica, post vendita. Vale a dire sui margini». Eccoci qui a illuminare il processo di privatizzazione e quel che ne seguirà: seguiranno acquisizioni di aziende di componentistica e impiantistica. Bono oggi deve, date le regole connesse allo sbarco in Borsa, limitarsi a rilevare che «l’aumento di capitale da 600 milioni e la quotazione sono funzionali a sostenere un ulteriore processo di crescita e sviluppo dell’azienda. Oggi riteniamo di essere alla vigilia di una nuova favorevole situazione di mercato che ci consente di crescere e dobbiamo afferrarla. Siamo convinti di crescere in termini di volumi e redditività anche a perimetro invariato. Nei prossimi anni la ripresa si manifesterà in modo più netto e graduale e noi puntiamo a saturare i cantieri italiani». La quotazione avviene, per esplicita sottolineatura di parte sindacale e soprattutto Cgil, in assenza di un piano industriale che chiarisca che ne sarà dei tanti impianti Fincantieri italiani, da quelli più attrezzati e moderni come Monfalcone e Marghera, a quelli strozzati dal punto di vista logistico come alcuni di quelli tirrenici e liguri. Un piano industriale che spieghi se, nella logica di recupero della profittabilita, può venire in campo un ulteriore piano di riduzione del personale. Insomma, Fincantieri quotata avrà la stessa forma mentis di una azienda di Stato? L’amministratore delegato risponde chiaro e tondo che «non servono altre cure dimagranti. Post quotazione non ci proponiamo di aprire alcun tavolo per la riduzione dei dipendenti, ma dovremo continuare a discutere per flessibilità e formazione». Dopo il punto una puntualizzazione: «Abbiamo già attuato per quasi il 70% un piano che a regime prevede circa 1.700 eccedenze, senza nemmeno un licenziamento, e nel frattempo abbiamo gestito 131 assunzioni e implementato la flessibilità durante i picchi di lavoro. La riduzione della forza lavoro già comunicata è la misura corretta anche per una azienda privatizzata. Ma dobbiamo cambiare il mix del personale, rafforzando la testa dell’azienda nelle aree tecniche, progettuale, finanziaria. Le prime linee, le seconde e le terze sono ormai a posto. Abbiamo bilanciato parte di management senior con parte piu junior, che ha ovviamente più voglia di innovare». Tentare lo sbarco in Borsa in questi anni più recenti era come prendere l’attracco in battuta di bora e sotto raffica potente. Ma posto che ora le condizioni meteo appaiono favorevoli, il titolo Fincantieri può essere appetibile? Il patrimonio è evidente, basta visitare i cantieri sparsi per il mondo e il valore degli impianti e delle tecnologie è manifesto. Quanto ai numeri di bilancio 2013, il primo che consolida il ceppo originario italiano e la cantieristica offshore di Vard, dicono di 85 milioni di utile netto e 300 milioni di margine operativo lordo, a fronte di 3 miliardi e 880 milioni di ricavi. Al 31 dicembre scorso erano registrati oltre 8 miliardi di euro di carico di lavoro e 12,9 miliardi di portafoglio ordini. Che è un indicatore importante sul futuro. Ma a investitori e analisi basterà o il dato della redditività non è sufficientemente incentivante? Bono replica da uomo di industria, concentrato sull’obiettivo di creare valore nel tempo e dunque dice che «gli investitori ragionano non solo sul ritorno immediato ma anche su un più lungo periodo. Comunque, posto che gli investitori sono pochi e anzi sempre gli stessi, i grandi fondi privilegiano chi ha visione e progetti di sviluppo seri. Noi ci siamo. Abbiamo avuto numerosi contatti con potenziali investitori. Dovevamo spiegare un’azienda unica al mondo e il Paese dove ha il proprio quartier generale. Abbiamo registrato molto interesse, tutti si sono detti stupiti del fatto che l’Italia avesse queste capacità industriali. Sono convinto che questa quotazione sarà un successo per noi e per l’Italia». Nei giorni scorsi i vertici di Fincantieri, assieme ai consulenti delle banche che si occupano della quotazione, hanno incontrato un folto stuolo di analisti su una nave in costruzione. Il direttore del cantiere ha spiegato che erano all’opera 3mila persone di sub-contractors e un centinaio di coordinamento della Fincantieri. Un mestiere che non sanno fare in altre parti del mondo. Un mestiere che tiene dentro tanti aspetti, investimenti in tecnologia inclusi. Per esempio, nei giorni scorsi sotto le insegne di Vard è stato presentato alla fiera dell’offshore più importante al mondo, che si tiene a Houston, un progetto innovativo per una nave da perforazione di ultima generazione in grado di operare in fondali prima irraggiungibili. «Equivale a aprire nuove opportunità di mercato» rimarca Bono. Che con orgoglio, a chi chiede se nessuno ha mai bussato alla sua porta per comprare pezzi del gruppo, ribatte con un secco «no, anche perché non li abbiamo mai messi in vendita. Non vado in giro con il cappello in mano, lavoro per risanare e rilanciare le aziende, l’ho fatto in Finmeccanica e anche in Fincantieri. Così siamo potuti diventare un punto di riferimento nel nostro settore. Anche dopo il 2007, abbiamo continuato a fare le cose necessarie, molto spesso anche contro l’opinione della cosiddetta ”classe dirigente”, altrimenti oggi non saremmo qua. Saremmo stati sbranati come una preda oppure falliti. Ma sapevamo che chi fosse uscito vivo dalla crisi sarebbe stato assai più forte. Così è stato per noi e, avendo lottato con le unghie e con i denti, oggi la nostra viene riconosciuta a livello mondiale come una storia italiana di successo». Che è la ragione per cui Renzi sale a bordo della Regal Pricess e con essa va verso Piazza Affari, dicendo che l’Italia non è solo fashion, food, furniture, design. Ma anche industria meccanica e tecnologia. ATTUALITÀ Zagabria entrerà in Schengen nel 2015 di Mauro Manzin TRIESTE Europee difficili per il premier croato Zoran Milanovi„ e per il suo Partito socialdemocratico (Sdp). Permier che potrebbe anche vederesi sfilare la poltrona di primo ministro se la sentenza delle urne fosse una sconfitta (peraltro annunciata nei sondaggi). Caduta dovuta a una politica di austerity estremamente pesante e non digerita affatto dalla popolazione, da strani affari di sospetta corruzione nel governo (leggi vicenda del ministro delle Finanze Lini„) e dalle lacerazioni interne alla stessa Sdp. E così Milanovi„ si gioca la carta Schengen. La Croazia, membro dell'Ue da dieci mesi, deve essere pronta già nell'estate del 2015 ad adempiere a tutti i criteri per fare domanda di ingresso nella zona Schengen di libera circolazione delle persone. Lo ha annunciato proprio lui, Zoran Milanovi„, facendo coincidere l'auspicio con la campagna per le elezioni europee. Milanovic ha promesso che sarà lui personalmente a sorvegliare che tutto il processo di adeguamento della Croazia alle norme di Schengen proceda senza intoppi. A questo scopo il governo di Zagabria ha approvato un decreto che regola l'organizzazione e il funzionamento dei valichi di confine croati che in futuro, con l'ingresso del Paese nella zona Schengen, saranno i confini esterni dell'Ue, con Serbia, BosniaErzegovina e Montenegro, come anche dei porti e degli aeroporti. Il decreto afferma che i cosiddetti «scali di maggiore importanza», siano gli aeroporti di Zagabria, Spalato e Dubrovnik. Per quanto riguarda invece i valichi stradali quelli principali saranno Macelj, Bregana, Kaštel, Bajakovo, Slavonski Brod, Plovanija, Stara Gradiška, Nova Sela e Karasovi„i. Sul mare per il traffico navale capeggiano invece Fiume, Spalato e Dubrovnik. La Croazia per l'adeguamento ai criteri Schengen ha a disposizione dai fondi europei 120 milioni di euro. Fondi europei che non sempre vengono investiti con “intelligenza” e con rispetto del contribuente. È il caso proprio di un confine, quello di So›erga tra Slovenia e Croazia. Inaugurato da pochi giorni è costato la bellezza di 5,7 milioni di euro, la gran parte attinti dalle casse di Bruxelles. Oggi è confine sterno di Schengen, tra due anni con l’ingresso della Croazia nell’area “senza confini” sarà rottamato. Insomma un investimento di quasi 6 milioni di euro per soli due anni. Il minimo e storcere la bocca. La Slovenia difende la scelta affermando che il valico andava assolutamente ristrutturato (è interessato da anni da un’enorme movimento franoso) anche per garantire buone condizioni di lavoro agli agenti di polizia. Il ministero degli Interni di Lubiana spiega che i locali appena costruiti potranno essere riutilizzati, la momento dell’ingresso della Croazia in Schengen, come info point turistico, o dati alla comunità locale. Comunque vada 5,7 milioni di euro per un info point ci sembrano decisamente un po’ troppi. TRIESTE Ass1, con l’utile di 7 milioni la nuova sede per il 118 di Gabriella Ziani Sarà forse per l’ultima volta dato che i finanziamenti 2014 per la sanità sono stati sonoramente decurtati ma intanto chiudendo il bilancio consuntivo 2013 l’Azienda sanitaria di Trieste porta a casa un utile, e ben superiore rispetto a quello dell’anno precedente, restano in cassa 7 milioni e 133 mila euro, 2 abbondanti in più in confronto al 2012. Il totale ricevuto dalla Regione come finanziamento-base rispetto agli abitanti-pazienti era stato di 398 milioni e 647 mila euro (401,7 l’anno prima). Buona notizia quanto meno in materia di soldi. Ma ce n’è di conseguenza altre due. La Regione in primo luogo consente che l’eventuale avanzo venga usato dalle stesse Aziende sanitarie per investimenti nel 2014, e il direttore generale Nicola Delli Quadri che firma il bilancio raccoglie subito l’eredità lasciata dal suo predecessore Fabio Samani in forma di punto di domanda proprio per mancanza di denaro: dare una sede nuova alle ambulanze del 118, che stazionano da anni ospiti della sede dei Vigili del fuoco in via D’Alviano, con disagi pesanti. Delli Quadri attende il nulla osta della Regione, ma propone che larga parte dell’avanzo di bilancio sia destinato a «edificazione e allestimento (arredi e attrezzature) della nuova sede per il servizio 118», il cui costo è previsto in 4,9 milioni. Altri 150 mila euro l’Ass1 chiede di poter spendere per «sostituzione e ammodernamento del parco auto aziendale». Le macchine del servizio sanitario domiciliare e quelle che servono per allestire una rete di servizi sparsa in tutta la provincia sono in molti casi allo stremo per numero di chilometri. Infine gli ultimi 2 milioni disponibili sarebbero utili per «manutenzione straordinaria della sede di via del Farneto, anche al fine degli adeguamenti in materia di sicurezza». Proprio da via Farneto, quand’anche il 118 dovesse ottenere una sede nuova per le ambulanze, probabilmente costruita su un terreno di proprietà nella zona di Campanelle (questa l’ultima ipotesi in campo) se ne andrà al contrario la centrale delle emergenze almeno in buona parte. Quel posto attrezzato dove arrivano le chiamate d’emergenza dei cittadini. La “centrale” diventerà unica per tutte e quattro le province del Fvg, questo è noto, e sarà a Palmanova negli edifici della Protezione civile. Scrive Delli Quadri nella relazione al bilancio che degli oltre 7 milioni di utile «4,8 sono ascrivibili alla sola gestione caratteristica», cioé derivano da risparmi realizzati nella fornitura e organizzazione dei servizi sanitari, e non da altre voci. Il documento è peraltro una selva di voci di costo e introito, ma si nota il risparmio sui farmaci: 2 milioni in un anno. Da 41, 5 a 39,4. Nonostante i numerosi vincoli e la “spending review”, certifica il manager, c’è «la sostanziale tenuta del sistema» e l’attività specifica di assistenza è anche aumentata: «11.518 valutazioni in ospedale nell’ambito dei protocolli di continuità assistenziale ospedale-territorio con un aumento rispetto al 2012 - dice il bilancio consuntivo - di oltre il 4%, facilitando la dimissione di 5.264 persone per una copertura di circa il 38% delle dimissioni di triestini dall’Azienda ospedaliera». Significa che oltre un terzo dei ricoverati ha ricevuto servizi organizzativi e assistenziali per non restare “scoperto” e solo una volta tornato a casa propria dopo un ricovero. Cresciuti anche la riabilitazione effettuata a domicilio (2.368 persone, +4,7%) e le prestazioni (11.229, +6,5%). Anche nelle case di riposo Ass1 certifica una maggiore presenza per la riabilitazione: 1140 persone seguite (+20,8%), 3601 prestazioni (+7,7%). L’assistenza domiciliare degli infermieri altrettanto ha fatto progressi anche se piccoli, passando da 7.708 utenti a 7.769 (+0,8%). Non tanti pazienti in più, ma più spesso visitati: da 117.510 accessi in casa a 119.516 (+1,4%). È seguito in questo modo il 10,4% della popolazione triestina con più di 65 anni. Forse in relazione con questo trend se ne sviluppa un altro, che è tra quelli da giudicare positivamente, calano i ricoveri degli over-75 (-3,39%) e in Pronto soccorso «sono più che dimezzati i codici bianchi di questa fascia di età che passano da 4.702 del 2011 a 2.290 del 2013 (-105,3%). GORIZIA-MONFALCONE La crisi colpisce anche la Soteco. La Cgil: «37 dipendenti a rischio» di Francesco Fain «Sì, la Soteco è in difficoltà». Livio Menon, sindacalista della Filctem-Cgil, lo ammette senza fare troppi giri di parole. «Si parla di 54 esuberi? No, il rischio - sottolinea - è che ci siano dai 34 ai 37 esuberi, anche se dovrebbe esserci la possibilità di ricollocarli in altre aziende del settore». Menon aggiunge poco altro. Fa capire che è in corso una trattativa molto delicata e che, in questo momento, è meglio non aggiungere altro. Tant’è che la situazione di crisi non era mai emersa pubblicamente: tutte le bocche erano rimaste rigorosamente cucite (tranne qualche segnalazione anonima al nostro giornale), al contrario di altre situazioni critiche che si sono registrate in altre aziende e che sono venute in superficie quasi in tempo reale. «Ciò che possiamo dire è che sia i sindacati che le Rsu stanno lavorando per trovare una soluzione che sia il meno possibile dannosa per chi lì ci lavora». Ma qual è la causa di questa situazione di difficoltà? «La finta pelle non ha più mercato. Questa è una situazione di crisi che sta colpendo l’intero settore», conclude Menon. Abbiamo anche contattato Andrea Modotto (sempre della Filctem-Cgil) che ci ha rimandato a Menon. Intanto, circolano i verbali di una bozza di accordo fra la Soteco, la Sai srl, i sindacati e le Rsu aziendali: una bozza di accordo che, a quanto si apprende, scontenterebbe (e non poco) molti dipendenti. «Soteco spa - si legge nel verbale di un incontro svoltosi in Confindustria, il 18 aprile scorso - si trova attualmente a fronteggiare le conseguenze prodotte dalla negativa congiuntura mondiale (che ha obbligato la stessa all’utilizzo degli ammortizzatori sociali) la quale rischia di compromettere la prosecuzione dell’attività e quindi del valore e della funzionalità del complesso aziendale stesso. In considerazione del predetto stato di crisi è intenzione di Soteco compiere tutto quanto possibile per cercare di salvaguardare il proprio valore e la sua capacità di funzionamento anche al fine di tutelare i propri creditori e i propri dipendenti». Pertanto, è annunciata una ristrutturazione “pesante” di Soteco «al fine di poter risanare le sole attività aziendali afferenti ai rami d’azienda destinati alla produzione e alla commercializzazione di materiali espansi Pir-Pur e alla commercializzazione di tessuti in microfibra, pertitenti agli stabilimenti siti a Gorizia. Sai srl avrà l’obiettivo di sviluppare le attività degli identificati rami d’azienda e, se possibile, consolidare ed aumentare il business di riferimento, consolidando altresì, in tale ottica la forza lavoro precedente occupata». Questo è quanto siamo riusciti faticosamente a raccogliere. Ospizio, sì delle Bcc alle Cooperative di Antonio Boemo Il pool di cooperative che ha presentato l’offerta per l’acquisizione dell’Ospizio marino ha ottenuto la copertura del rischio del finanziamento da parte delle Banche di credito cooperativo e la disponibilità delle stesse a finanziare eventuali ulteriori necessità. Nei prossimi giorni, quasi certamente entro il giorno 20, potrà essere definitivamente siglato l’accordo con il Frie per il finanziamento di 6 milioni in 15 anni, appunto tramite la Federazione delle Bcc. E’ quanto ha precisato Andrea della Rovere, amministratore delegato della cooperativa sociale “Grado Riabilita”, ovvero il referente delle Cooperative che intendono acquisire l’Ospizio marino. Un tanto con una lettera fatta pervenire al presidente della Consulta provinciale di coordinamento delle associazioni dei disabili, Mario Brancati, che l’ha letta al Palacongressi di Grado durante la manifestazione per la consegna dei riconoscimenti del “Premio regionale solidarietà”. Dovrebbe essere questo il penultimo atto della lunga, intricata e delicata vicenda iniziata il 17 luglio 2010 con il mondo di Confcooperative che si è messo in moto (già dall’ottobre 2010) per «costruire - come ha scritto Della Rovere - una seria opportunità di rilancio e gestione di questa attività così importante per Grado e l’intera regione». A quanto pare mancano solo l’ok definito del Frie, e quindi l’ultimo passaggio da parte del nuovo commissario liquidatore della Fondazione Ospizio marino, Enrico Guglielmucci, appena nominato dal nuovo presidente del Tribunale di Gorizia, Giovanni Sansone. Riassumendo, ora dovrebbero essere disponibili 6 milioni di euro del finanziamento Frie. C’è inoltre l’assicurazione della Regione per un ulteriore milione e mezzo di euro, e anche Confcooperative sostiene l’iniziativa con un importo dello stesso ammontare. In totale, dunque, 9 milioni di euro. Ieri mattina Mario Brancati, che è tornato sull’argomento che riguarda il mondo della disabilità in quanto a usufruire dell’Ospizio marino c’erano oltre 4.000 pazienti, ha parlato nuovamente della prescrizione dichiarata giorni fa dal Tribunale di Gorizia per il reato di malversazione a carico dei componenti del cda della Fondazione Ospizio marino, le stesse persone, ha sempre ricordato Brancati, che non erano state giudicate nemmeno per il fallimento poiché era stato richiesto a termini scaduti. «Sono cose che ci offendono – ha detto Brancati –. In corpo abbiamo rabbia e delusione: nessuno pagherà per quanto accaduto». Sull’Ospizio marino, durante la cerimonia, è intervenuto anche il vicesindaco e assessore alla sanità del Comune di Grado, Di Mercurio, che ha parlato di una struttura sanitaria che era un fiore all’occhiello e che ora tutti hanno il dovere di attivarsi per far riaprire. Ha ricordato inoltre che già il primo giugno 2011 l’attuale amministrazione ha posto il vincolo alla struttura di via Amalfi, stabilendo che la stessa abbia unicamente la destinazione d’uso a carattere sanitario. A margine della cerimonia, l’assessore regionale alla Salute, Maria Sandra Telesca, si è limitata a dire che «ci troviamo in un momento delicatissimo», ricordando e ribadendo che la Regione ha inserito a bilancio il finanziamento di 1,5 milioni di euro.
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