IL PICCOLO – lunedì 12 maggio 2014 Indice articoli

IL PICCOLO – lunedì 12 maggio 2014
(Gli articoli della presente rassegna, dedicata esclusivamente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito
internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
Indice articoli
PRIMO PIANO (pag. 2)
«Fincantieri simbolo di riscatto industriale» (3 articoli)
ATTUALITà (pag. 6)
Zagabria entrerà in Schengen nel 2015
TRIESTE (pag. 7)
Ass1, con l’utile di 7 milioni la nuova sede per il 118
GORIZIA-MONFALCONE (pag. 8)
La crisi colpisce anche la Soteco. La Cgil: «37 dipendenti a rischio»
Ospizio, sì delle Bcc alle Cooperative
PRIMO PIANO
«Fincantieri simbolo di riscatto industriale»
di Piercarlo Fiumanò INVIATO A MONFALCONE «Fincantieri è il simbolo del rinascimento
industriale italiano. L’Italia è molto più grande delle nostre paure, più bella delle nostre
preoccupazioni, più capace delle nostre minacce»: il premier Matteo Renzi abbonda in metafore per
descrivere la voglia di riscatto del Paese «con il suo passato di meraviglie, arte e cultura». Un discorso
patriottico («dobbiamo essere orgogliosi di essere italiani») nel teatro della lussuosa Regal Princess, la
nuova ammiraglia made in Fincantieri, che ieri è stata presentata in una cerimonia che si è caricata di
significati forti. Renzi vuole “rottamare” la crisi, trascinare il Paese fuori dalle secche del declino.
Niente di meglio che puntare su simboli come Fincantieri, la grande industria cantieristica, il tricolore
che svetta sulle grandi navi, la maestria artigiana, la grande industria manifatturiera. E ricostruire un
tessuto industriale anche attraverso la Cassa Depositi e prestiti «che assicura un grande supporto alle
imprese italiane per l’export». Fincantieri diventa così l’emblema intorno al quale nei prossimi mesi
ruoterà il piano di Renzi per sostenere il Made in Italy. «La presenza del premier Matteo Renzi ci rende
giustizia. Oggi mi sento meno solo. Non c’è futuro senza industria in questo Paese. Dopo food, fashion
e Ferrari vogliamo aggiungere una quarta effe per definire questo Paese e cioè Fincantieri,
un’eccellenza italiana»: il numero uno del gruppo triestino, Giuseppe Bono, in un teatro dall’acustica
perfetta, guarda scorrere le immagini della storia recente del gioiello della cantieristica italiana. E si
vede che è commosso: «Abbiamo salvato l’azienda». Il gruppo triestino sta per sbarcare in Borsa entro
l’estate e forse già nella prima metà di giugno. Il governo punta a incassare dalle privatizzazioni (oltre a
Fincantieri, Poste e Enav) circa 12 miliardi che serviranno a ripanare il deficit. Fincantieri a garantirsi
risorse finanziarie per la sua crescita industriale. Già scelti i global coordinator della quotazione che
sono Jp Morgan, Morgan Stanley, Credit Suisse, Unicredit, Intesa sanpaolo, Banca Imi. Non è stato un
caso che Renzi abbia ringraziato «per la dedizione», oltre ai vertici di Fincantieri, anche la Cassa
Depositi e prestiti (azionista del gruppo triestino attraverso Fintecna). Ieri con Bono c’era tutto lo stato
maggiore della Cdp con il presidente Franco Bassanini e l’ad Giovanni Gorno Tempini. Cdp è il vero
motore della nuova galassia industriale italiana, dopo il tramonto dei salotti buoni e il nuovo destino
americano della Fiat. Il premier, arrivato in piena cerimonia subito dopo uno spezzone di musical stile
Broadway, ha fatto pieno uso di matafore invitando Fincantieri «a solcare i mari aperti dei mercati
internazionali». Il suggello del governo e del premier Renzi allo sbarco in Borsa arriva dopo un vero
tour de force del gruppo triestino sulle grandi piazze finanziarie internazionali con il suo portafoglio
ordini che è «il più grande d’Europa». Fincantieri ha già lanciato con successo un bond da 300 milioni
e cresce l’interesse dei grandi fondi stranieri. Bono, che nel 2002 aveva dovuto rinunciare al suo
progetto di integrare Fincantieri con le attività civili di Finmeccanica, oggi incassa il via libera del
governo all’operazione, alla quale manca solo l’ok della Consob. L’ad ha confermato che c’è un forte
interesse verso Fincantieri sui mercati, dall’Asia agli Stati Uniti, anche se ci guardano con sospetto per
i «lacci e lacciuoli» che frenano la competitività. Il gruppo negli anni Duemila ha superato una serie di
emergenze che rischiavano di mandare al tappeto il gruppo con un piano di riorganizzazione e
acquisizioni importanti (come i cantieri Usa nel 2009 e un’azienda leader nel settore delle grandi
piattaforme petrolifere come Vard): «Sapevamo che se fossimo sopravvissuti alla crisi ne saremmo
usciti rafforzati», ha detto l’ad. Bassanini sottolinea «le specializzazioni a valore aggiunto del gruppo
come le grandi navi da crociera, i mega-yacht e le navi militari». E così ieri, a bordo della Regal
Princess, c’è stata la celebrazione di un passaggio storico per l’industria cantieristica italiana che con la
quotazione di Fincantieri potrebbe (in futuro) uscire defitivamente dal controllo pubblico. Per ora sul
mercato finirà una quota fino al 50%. Renzi vuole smantellare gli stereotipi che spesso danneggiano il
nostro Paese: «Quando dicono non fare l’italiano all’estero si pensa sempre a qualcosa di negativo, a
fare il furbo. Invece abbiamo un passato di meraviglia, arte e cultura e un presente di rinascimento
industriale», ha detto il premier. Poi ha citato anche Saint-Exupery, l’autore de Il Piccolo Principe, che
parla della costruzione di una nave e del «senso profondo del mare e dell’infinito». Per finire ringrazia
le maestranze di Fincantieri «che non potranno mai fare una crociera di lusso ma conoscono il senso
della dignità e del fare bene il proprio lavoro».
Matteo fugge a Pordenone assieme a Debora
MONFALCONE Matteo Renzi compare a bordo della Regal Princess come special guest a cerimonia
già iniziata, poco dopo una esibizione stile Broadway di un quartetto di artisti. Come sua abitudine si fa
precedere da un tweet: «A Monfalcone con Serracchiani per Fincantieri. Investimenti, occupazione,
futuro. Al lavoro, perché #italiariparte #lavoltabuona». C’era chi si attendeva un annuncio importante
da parte del premier sul destino industriale di Fincantieri ma in realtà il suo intervento è stato una sorta
di viatico alla quotazione in Borsa caricando di significati l’immagine del gruppo triestino sempre più
«baluardo di italianità» e della «capacità di fare» che rappresentano un vero e proprio mantra nella
visione di Renzi. Il premier è rimasto sul palco una decina di minuti per poi sottrarsi, con qualche
delusione, all’assalto dei giornalisti. Nessuna domanda e nessuna risposta. La delegazione del capo del
governo ha imboccato l’uscita scomparendo alla vista così come si è materializzata sul palco. Renzi ha
poi raggiunto Pordenone dove si è concesso al bagno di folla dell’adunata degli alpini. Nel suo discorso
nel teatro della Regal Princess, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha scherzato prima con
l’armatore del gruppo Carnival, Arnold Donald, e poi con la vicesegretaria del Pd, Debora
Serracchiani. «Mister Donald ha una cravatta piena di bandiere, se lo incrociate controllategli la
cravatta», ha detto intendendo, che ad ogni bandiera corrisponde una nave. Poco dopo, ringraziando il
Friuli Venezia Giulia, e in particolare la presidente Serracchiani, che era intervenuta in apertura della
cerimonia, Renzi ha detto: Mi ha dato del lei, è la prima volta che lo fa. Di solito mi tratta molto
peggio...». Il premier ha anche indicato il Fvg come una regione speciale non solo istituzionalmente,
ma «per la qualità delle sfide» che affronta. La Regione appoggia la sfida di Fincantieri «di consolidare
la propria leadership mondiale valorizzando la propria presenza a Trieste e in Fvg» ha detto
Serracchiani. «L’azienda - ha aggiunto il presidente - ha bisogno di un forte sostegno politico e
infrastrutturale, nonchè di azioni che mirano alla semplificazione delle procedure burocratiche e dei
rapporti con tutta la pubblica amministrazione, un percorso che la Regione ha già avviato». Con la
costituzione di Ditenave, un vero e proprio distretto tecnologico-industriale del mare, il Friuli Venezia
Giulia - ha aggiunto - ha saputo mettere al servizio del settore cantieristico le sue risorse, mettendo a
sistema università, partner pubblici e privati e istituzioni locali. La Regione appoggia ora la proposta
avanzata da Ditenave insieme al Cnr per costituire una Piattaforma Tecnologica Navale Nautica della
macroregione Adriatico-Ionica: «Un’iniziativa in grado di rafforzare la potenzialità geopolitica e
l’ambizione del Friuli Venezia Giulia al servizio del Paese e del suo sistema industriale».(pcf)
Bono blinda la forza lavoro: «Finite le cure dimagranti»
di PAOLO POSSAMAI Nel profilo di Matteo Renzi un tratto distintivo è la velocità. Un secondo ha a
che fare con il colore: mai grigio. Un altro chiama in causa l’orgoglio italiano. Un altro ancora la
capacità di trattare, semplificare e evocare miti. Ce ne sarebbero poi vari altri, ma per ora basta così.
Basta a spiegare come mai Renzi salga a bordo della privatizzazione di Fincantieri. Tiene insieme
aspetti di orgoglio nazionale, di rilancio industriale, di futuro possibile legato a una tradizione
orgogliosa, il mito dell’andar per mare, le navi bianche e la loro avventura leggera. E ci voleva forse un
calabrese caparbio e orgoglioso come Giuseppe Bono, 68 anni di cui 13 trascorsi alla testa del gruppo
navalmeccanico di Stato, per offrire questa nave a Renzi e, soprattutto, condurre Fincantieri fuori dagli
scogli della Grande recessione e in vista della quotazione a Piazza Affari. «Apprezzo molto che il
presidente del consiglio Matteo Renzi parli della manifattura come una priorità - dice Bono - Ne sono
felice, lo vado dicendo da tutta la vita, spesa interamente nell’industria manifatturiera. Sono convinto
che Fincantieri con questa quotazione può essere l’evidenza della forza e delle facoltà di recupero
dell’industria italiana». Magari, per via di quel difetto della vista che ci preclude di vedere bene quel
che è troppo vicino a noi, tra Palazzo della Marineria, cantiere di Monfalcone, quartier generale allo
storico palazzo dell’ex hotel de ville sulle Rive, non abbiamo visto bene l’evoluzione genetica
intervenuta in Fincantieri proprio negli anni della Grande Crisi e anzi - paradossalmente - grazie alla
spinta connessa alla necessità di salvarsi dalle onde della tempesta perfetta. Bono oggi a ragione può
vantare il fatto di guidare un gruppo unico al mondo, poiché non esiste nel suo settore una azienda che
concentra tutti i segmenti a più alto valore aggiunto. Dalle crociere, all’offshore, dal militare ai mega
yacht. Ricordiamo le acquisizioni di Vard e dei cantieri americani ex Marinette. Diversificazioni che
implicano anche ripartizione del rischio, concetto che a investitori e analisti di Borsa non sfuggirà. I
primi tre colossi della naval meccanica al mondo sono coreani. Fanno navi standard e non dispongono
delle tecnologie e delle competenze per lavorare sui segmenti di Fincantieri. Appena qualche mese fa,
Bono ci spiegava che «per ora i coreani non hanno interesse a competere con noi. Ma teoricamente
sono una minaccia. Per rafforzare la nostra posizione sul mercato dobbiamo investire in settori contigui
con maggior valore aggiunto come componentistica, impiantistica, post vendita. Vale a dire sui
margini». Eccoci qui a illuminare il processo di privatizzazione e quel che ne seguirà: seguiranno
acquisizioni di aziende di componentistica e impiantistica. Bono oggi deve, date le regole connesse allo
sbarco in Borsa, limitarsi a rilevare che «l’aumento di capitale da 600 milioni e la quotazione sono
funzionali a sostenere un ulteriore processo di crescita e sviluppo dell’azienda. Oggi riteniamo di essere
alla vigilia di una nuova favorevole situazione di mercato che ci consente di crescere e dobbiamo
afferrarla. Siamo convinti di crescere in termini di volumi e redditività anche a perimetro invariato. Nei
prossimi anni la ripresa si manifesterà in modo più netto e graduale e noi puntiamo a saturare i cantieri
italiani». La quotazione avviene, per esplicita sottolineatura di parte sindacale e soprattutto Cgil, in
assenza di un piano industriale che chiarisca che ne sarà dei tanti impianti Fincantieri italiani, da quelli
più attrezzati e moderni come Monfalcone e Marghera, a quelli strozzati dal punto di vista logistico
come alcuni di quelli tirrenici e liguri. Un piano industriale che spieghi se, nella logica di recupero
della profittabilita, può venire in campo un ulteriore piano di riduzione del personale. Insomma,
Fincantieri quotata avrà la stessa forma mentis di una azienda di Stato? L’amministratore delegato
risponde chiaro e tondo che «non servono altre cure dimagranti. Post quotazione non ci proponiamo di
aprire alcun tavolo per la riduzione dei dipendenti, ma dovremo continuare a discutere per flessibilità e
formazione». Dopo il punto una puntualizzazione: «Abbiamo già attuato per quasi il 70% un piano che
a regime prevede circa 1.700 eccedenze, senza nemmeno un licenziamento, e nel frattempo abbiamo
gestito 131 assunzioni e implementato la flessibilità durante i picchi di lavoro. La riduzione della forza
lavoro già comunicata è la misura corretta anche per una azienda privatizzata. Ma dobbiamo cambiare
il mix del personale, rafforzando la testa dell’azienda nelle aree tecniche, progettuale, finanziaria. Le
prime linee, le seconde e le terze sono ormai a posto. Abbiamo bilanciato parte di management senior
con parte piu junior, che ha ovviamente più voglia di innovare». Tentare lo sbarco in Borsa in questi
anni più recenti era come prendere l’attracco in battuta di bora e sotto raffica potente. Ma posto che ora
le condizioni meteo appaiono favorevoli, il titolo Fincantieri può essere appetibile? Il patrimonio è
evidente, basta visitare i cantieri sparsi per il mondo e il valore degli impianti e delle tecnologie è
manifesto. Quanto ai numeri di bilancio 2013, il primo che consolida il ceppo originario italiano e la
cantieristica offshore di Vard, dicono di 85 milioni di utile netto e 300 milioni di margine operativo
lordo, a fronte di 3 miliardi e 880 milioni di ricavi. Al 31 dicembre scorso erano registrati oltre 8
miliardi di euro di carico di lavoro e 12,9 miliardi di portafoglio ordini. Che è un indicatore importante
sul futuro. Ma a investitori e analisi basterà o il dato della redditività non è sufficientemente
incentivante? Bono replica da uomo di industria, concentrato sull’obiettivo di creare valore nel tempo e
dunque dice che «gli investitori ragionano non solo sul ritorno immediato ma anche su un più lungo
periodo. Comunque, posto che gli investitori sono pochi e anzi sempre gli stessi, i grandi fondi
privilegiano chi ha visione e progetti di sviluppo seri. Noi ci siamo. Abbiamo avuto numerosi contatti
con potenziali investitori. Dovevamo spiegare un’azienda unica al mondo e il Paese dove ha il proprio
quartier generale. Abbiamo registrato molto interesse, tutti si sono detti stupiti del fatto che l’Italia
avesse queste capacità industriali. Sono convinto che questa quotazione sarà un successo per noi e per
l’Italia». Nei giorni scorsi i vertici di Fincantieri, assieme ai consulenti delle banche che si occupano
della quotazione, hanno incontrato un folto stuolo di analisti su una nave in costruzione. Il direttore del
cantiere ha spiegato che erano all’opera 3mila persone di sub-contractors e un centinaio di
coordinamento della Fincantieri. Un mestiere che non sanno fare in altre parti del mondo. Un mestiere
che tiene dentro tanti aspetti, investimenti in tecnologia inclusi. Per esempio, nei giorni scorsi sotto le
insegne di Vard è stato presentato alla fiera dell’offshore più importante al mondo, che si tiene a
Houston, un progetto innovativo per una nave da perforazione di ultima generazione in grado di
operare in fondali prima irraggiungibili. «Equivale a aprire nuove opportunità di mercato» rimarca
Bono. Che con orgoglio, a chi chiede se nessuno ha mai bussato alla sua porta per comprare pezzi del
gruppo, ribatte con un secco «no, anche perché non li abbiamo mai messi in vendita. Non vado in giro
con il cappello in mano, lavoro per risanare e rilanciare le aziende, l’ho fatto in Finmeccanica e anche
in Fincantieri. Così siamo potuti diventare un punto di riferimento nel nostro settore. Anche dopo il
2007, abbiamo continuato a fare le cose necessarie, molto spesso anche contro l’opinione della
cosiddetta ”classe dirigente”, altrimenti oggi non saremmo qua. Saremmo stati sbranati come una preda
oppure falliti. Ma sapevamo che chi fosse uscito vivo dalla crisi sarebbe stato assai più forte. Così è
stato per noi e, avendo lottato con le unghie e con i denti, oggi la nostra viene riconosciuta a livello
mondiale come una storia italiana di successo». Che è la ragione per cui Renzi sale a bordo della Regal
Pricess e con essa va verso Piazza Affari, dicendo che l’Italia non è solo fashion, food, furniture,
design. Ma anche industria meccanica e tecnologia.
ATTUALITÀ
Zagabria entrerà in Schengen nel 2015
di Mauro Manzin TRIESTE Europee difficili per il premier croato Zoran Milanovi„ e per il suo Partito
socialdemocratico (Sdp). Permier che potrebbe anche vederesi sfilare la poltrona di primo ministro se
la sentenza delle urne fosse una sconfitta (peraltro annunciata nei sondaggi). Caduta dovuta a una
politica di austerity estremamente pesante e non digerita affatto dalla popolazione, da strani affari di
sospetta corruzione nel governo (leggi vicenda del ministro delle Finanze Lini„) e dalle lacerazioni
interne alla stessa Sdp. E così Milanovi„ si gioca la carta Schengen. La Croazia, membro dell'Ue da
dieci mesi, deve essere pronta già nell'estate del 2015 ad adempiere a tutti i criteri per fare domanda di
ingresso nella zona Schengen di libera circolazione delle persone. Lo ha annunciato proprio lui, Zoran
Milanovi„, facendo coincidere l'auspicio con la campagna per le elezioni europee. Milanovic ha
promesso che sarà lui personalmente a sorvegliare che tutto il processo di adeguamento della Croazia
alle norme di Schengen proceda senza intoppi. A questo scopo il governo di Zagabria ha approvato un
decreto che regola l'organizzazione e il funzionamento dei valichi di confine croati che in futuro, con
l'ingresso del Paese nella zona Schengen, saranno i confini esterni dell'Ue, con Serbia, BosniaErzegovina e Montenegro, come anche dei porti e degli aeroporti. Il decreto afferma che i cosiddetti
«scali di maggiore importanza», siano gli aeroporti di Zagabria, Spalato e Dubrovnik. Per quanto
riguarda invece i valichi stradali quelli principali saranno Macelj, Bregana, Kaštel, Bajakovo, Slavonski
Brod, Plovanija, Stara Gradiška, Nova Sela e Karasovi„i. Sul mare per il traffico navale capeggiano
invece Fiume, Spalato e Dubrovnik. La Croazia per l'adeguamento ai criteri Schengen ha a
disposizione dai fondi europei 120 milioni di euro. Fondi europei che non sempre vengono investiti con
“intelligenza” e con rispetto del contribuente. È il caso proprio di un confine, quello di So›erga tra
Slovenia e Croazia. Inaugurato da pochi giorni è costato la bellezza di 5,7 milioni di euro, la gran parte
attinti dalle casse di Bruxelles. Oggi è confine sterno di Schengen, tra due anni con l’ingresso della
Croazia nell’area “senza confini” sarà rottamato. Insomma un investimento di quasi 6 milioni di euro
per soli due anni. Il minimo e storcere la bocca. La Slovenia difende la scelta affermando che il valico
andava assolutamente ristrutturato (è interessato da anni da un’enorme movimento franoso) anche per
garantire buone condizioni di lavoro agli agenti di polizia. Il ministero degli Interni di Lubiana spiega
che i locali appena costruiti potranno essere riutilizzati, la momento dell’ingresso della Croazia in
Schengen, come info point turistico, o dati alla comunità locale. Comunque vada 5,7 milioni di euro per
un info point ci sembrano decisamente un po’ troppi.
TRIESTE
Ass1, con l’utile di 7 milioni la nuova sede per il 118
di Gabriella Ziani Sarà forse per l’ultima volta dato che i finanziamenti 2014 per la sanità sono stati
sonoramente decurtati ma intanto chiudendo il bilancio consuntivo 2013 l’Azienda sanitaria di Trieste
porta a casa un utile, e ben superiore rispetto a quello dell’anno precedente, restano in cassa 7 milioni e
133 mila euro, 2 abbondanti in più in confronto al 2012. Il totale ricevuto dalla Regione come
finanziamento-base rispetto agli abitanti-pazienti era stato di 398 milioni e 647 mila euro (401,7 l’anno
prima). Buona notizia quanto meno in materia di soldi. Ma ce n’è di conseguenza altre due. La Regione
in primo luogo consente che l’eventuale avanzo venga usato dalle stesse Aziende sanitarie per
investimenti nel 2014, e il direttore generale Nicola Delli Quadri che firma il bilancio raccoglie subito
l’eredità lasciata dal suo predecessore Fabio Samani in forma di punto di domanda proprio per
mancanza di denaro: dare una sede nuova alle ambulanze del 118, che stazionano da anni ospiti della
sede dei Vigili del fuoco in via D’Alviano, con disagi pesanti. Delli Quadri attende il nulla osta della
Regione, ma propone che larga parte dell’avanzo di bilancio sia destinato a «edificazione e allestimento
(arredi e attrezzature) della nuova sede per il servizio 118», il cui costo è previsto in 4,9 milioni. Altri
150 mila euro l’Ass1 chiede di poter spendere per «sostituzione e ammodernamento del parco auto
aziendale». Le macchine del servizio sanitario domiciliare e quelle che servono per allestire una rete di
servizi sparsa in tutta la provincia sono in molti casi allo stremo per numero di chilometri. Infine gli
ultimi 2 milioni disponibili sarebbero utili per «manutenzione straordinaria della sede di via del
Farneto, anche al fine degli adeguamenti in materia di sicurezza». Proprio da via Farneto, quand’anche
il 118 dovesse ottenere una sede nuova per le ambulanze, probabilmente costruita su un terreno di
proprietà nella zona di Campanelle (questa l’ultima ipotesi in campo) se ne andrà al contrario la
centrale delle emergenze almeno in buona parte. Quel posto attrezzato dove arrivano le chiamate
d’emergenza dei cittadini. La “centrale” diventerà unica per tutte e quattro le province del Fvg, questo è
noto, e sarà a Palmanova negli edifici della Protezione civile. Scrive Delli Quadri nella relazione al
bilancio che degli oltre 7 milioni di utile «4,8 sono ascrivibili alla sola gestione caratteristica», cioé
derivano da risparmi realizzati nella fornitura e organizzazione dei servizi sanitari, e non da altre voci.
Il documento è peraltro una selva di voci di costo e introito, ma si nota il risparmio sui farmaci: 2
milioni in un anno. Da 41, 5 a 39,4. Nonostante i numerosi vincoli e la “spending review”, certifica il
manager, c’è «la sostanziale tenuta del sistema» e l’attività specifica di assistenza è anche aumentata:
«11.518 valutazioni in ospedale nell’ambito dei protocolli di continuità assistenziale ospedale-territorio
con un aumento rispetto al 2012 - dice il bilancio consuntivo - di oltre il 4%, facilitando la dimissione
di 5.264 persone per una copertura di circa il 38% delle dimissioni di triestini dall’Azienda
ospedaliera». Significa che oltre un terzo dei ricoverati ha ricevuto servizi organizzativi e assistenziali
per non restare “scoperto” e solo una volta tornato a casa propria dopo un ricovero. Cresciuti anche la
riabilitazione effettuata a domicilio (2.368 persone, +4,7%) e le prestazioni (11.229, +6,5%). Anche
nelle case di riposo Ass1 certifica una maggiore presenza per la riabilitazione: 1140 persone seguite
(+20,8%), 3601 prestazioni (+7,7%). L’assistenza domiciliare degli infermieri altrettanto ha fatto
progressi anche se piccoli, passando da 7.708 utenti a 7.769 (+0,8%). Non tanti pazienti in più, ma più
spesso visitati: da 117.510 accessi in casa a 119.516 (+1,4%). È seguito in questo modo il 10,4% della
popolazione triestina con più di 65 anni. Forse in relazione con questo trend se ne sviluppa un altro, che
è tra quelli da giudicare positivamente, calano i ricoveri degli over-75 (-3,39%) e in Pronto soccorso
«sono più che dimezzati i codici bianchi di questa fascia di età che passano da 4.702 del 2011 a 2.290
del 2013 (-105,3%).
GORIZIA-MONFALCONE
La crisi colpisce anche la Soteco. La Cgil: «37 dipendenti a rischio»
di Francesco Fain «Sì, la Soteco è in difficoltà». Livio Menon, sindacalista della Filctem-Cgil, lo
ammette senza fare troppi giri di parole. «Si parla di 54 esuberi? No, il rischio - sottolinea - è che ci
siano dai 34 ai 37 esuberi, anche se dovrebbe esserci la possibilità di ricollocarli in altre aziende del
settore». Menon aggiunge poco altro. Fa capire che è in corso una trattativa molto delicata e che, in
questo momento, è meglio non aggiungere altro. Tant’è che la situazione di crisi non era mai emersa
pubblicamente: tutte le bocche erano rimaste rigorosamente cucite (tranne qualche segnalazione
anonima al nostro giornale), al contrario di altre situazioni critiche che si sono registrate in altre
aziende e che sono venute in superficie quasi in tempo reale. «Ciò che possiamo dire è che sia i
sindacati che le Rsu stanno lavorando per trovare una soluzione che sia il meno possibile dannosa per
chi lì ci lavora». Ma qual è la causa di questa situazione di difficoltà? «La finta pelle non ha più
mercato. Questa è una situazione di crisi che sta colpendo l’intero settore», conclude Menon. Abbiamo
anche contattato Andrea Modotto (sempre della Filctem-Cgil) che ci ha rimandato a Menon. Intanto,
circolano i verbali di una bozza di accordo fra la Soteco, la Sai srl, i sindacati e le Rsu aziendali: una
bozza di accordo che, a quanto si apprende, scontenterebbe (e non poco) molti dipendenti. «Soteco spa
- si legge nel verbale di un incontro svoltosi in Confindustria, il 18 aprile scorso - si trova attualmente a
fronteggiare le conseguenze prodotte dalla negativa congiuntura mondiale (che ha obbligato la stessa
all’utilizzo degli ammortizzatori sociali) la quale rischia di compromettere la prosecuzione dell’attività
e quindi del valore e della funzionalità del complesso aziendale stesso. In considerazione del predetto
stato di crisi è intenzione di Soteco compiere tutto quanto possibile per cercare di salvaguardare il
proprio valore e la sua capacità di funzionamento anche al fine di tutelare i propri creditori e i propri
dipendenti». Pertanto, è annunciata una ristrutturazione “pesante” di Soteco «al fine di poter risanare le
sole attività aziendali afferenti ai rami d’azienda destinati alla produzione e alla commercializzazione
di materiali espansi Pir-Pur e alla commercializzazione di tessuti in microfibra, pertitenti agli
stabilimenti siti a Gorizia. Sai srl avrà l’obiettivo di sviluppare le attività degli identificati rami
d’azienda e, se possibile, consolidare ed aumentare il business di riferimento, consolidando altresì, in
tale ottica la forza lavoro precedente occupata». Questo è quanto siamo riusciti faticosamente a
raccogliere.
Ospizio, sì delle Bcc alle Cooperative
di Antonio Boemo Il pool di cooperative che ha presentato l’offerta per l’acquisizione dell’Ospizio
marino ha ottenuto la copertura del rischio del finanziamento da parte delle Banche di credito
cooperativo e la disponibilità delle stesse a finanziare eventuali ulteriori necessità. Nei prossimi giorni,
quasi certamente entro il giorno 20, potrà essere definitivamente siglato l’accordo con il Frie per il
finanziamento di 6 milioni in 15 anni, appunto tramite la Federazione delle Bcc. E’ quanto ha precisato
Andrea della Rovere, amministratore delegato della cooperativa sociale “Grado Riabilita”, ovvero il
referente delle Cooperative che intendono acquisire l’Ospizio marino. Un tanto con una lettera fatta
pervenire al presidente della Consulta provinciale di coordinamento delle associazioni dei disabili,
Mario Brancati, che l’ha letta al Palacongressi di Grado durante la manifestazione per la consegna dei
riconoscimenti del “Premio regionale solidarietà”. Dovrebbe essere questo il penultimo atto della
lunga, intricata e delicata vicenda iniziata il 17 luglio 2010 con il mondo di Confcooperative che si è
messo in moto (già dall’ottobre 2010) per «costruire - come ha scritto Della Rovere - una seria
opportunità di rilancio e gestione di questa attività così importante per Grado e l’intera regione». A
quanto pare mancano solo l’ok definito del Frie, e quindi l’ultimo passaggio da parte del nuovo
commissario liquidatore della Fondazione Ospizio marino, Enrico Guglielmucci, appena nominato dal
nuovo presidente del Tribunale di Gorizia, Giovanni Sansone. Riassumendo, ora dovrebbero essere
disponibili 6 milioni di euro del finanziamento Frie. C’è inoltre l’assicurazione della Regione per un
ulteriore milione e mezzo di euro, e anche Confcooperative sostiene l’iniziativa con un importo dello
stesso ammontare. In totale, dunque, 9 milioni di euro. Ieri mattina Mario Brancati, che è tornato
sull’argomento che riguarda il mondo della disabilità in quanto a usufruire dell’Ospizio marino c’erano
oltre 4.000 pazienti, ha parlato nuovamente della prescrizione dichiarata giorni fa dal Tribunale di
Gorizia per il reato di malversazione a carico dei componenti del cda della Fondazione Ospizio marino,
le stesse persone, ha sempre ricordato Brancati, che non erano state giudicate nemmeno per il
fallimento poiché era stato richiesto a termini scaduti. «Sono cose che ci offendono – ha detto Brancati
–. In corpo abbiamo rabbia e delusione: nessuno pagherà per quanto accaduto». Sull’Ospizio marino,
durante la cerimonia, è intervenuto anche il vicesindaco e assessore alla sanità del Comune di Grado,
Di Mercurio, che ha parlato di una struttura sanitaria che era un fiore all’occhiello e che ora tutti hanno
il dovere di attivarsi per far riaprire. Ha ricordato inoltre che già il primo giugno 2011 l’attuale
amministrazione ha posto il vincolo alla struttura di via Amalfi, stabilendo che la stessa abbia
unicamente la destinazione d’uso a carattere sanitario. A margine della cerimonia, l’assessore regionale
alla Salute, Maria Sandra Telesca, si è limitata a dire che «ci troviamo in un momento delicatissimo»,
ricordando e ribadendo che la Regione ha inserito a bilancio il finanziamento di 1,5 milioni di euro.