Il Tirreno – Fapim, 40 anni di made in Altopascio

Fapim, quarant'
di made in Altopascio
L'azienda tagliai I traguardo resistendo alla crisi e investendo sull'export
«Non abbiamo mandato a casa nessuno. E di questo siamo orgogliosi»
di LucaCinotti
/ ALTOPASCIO
A Roma, invia dei Fori imperiali
a vicino al Colosseo, c'è una serie di mappe che indicano
l'espansione nei secoli del dominio dell'urbe. Ad Altopascio,
nel grande atrio della Fapim,
c'è qualcosa di simile: pannelli
che raccontano 40 annidi attività e disegnano l'espansione, anche fisica, degli stabilimenti.
Fapini (acronimo che sta per
fabbrica accessori per infissi
metallici) è una delle aziende
lucchesi che meglio ha tenuto
nella crisi. Facendosi vanto, come precisa Massimo Bellandi,
consigliere delegato dell'azienda, «di non aver mandato a casa
nessuno». In questi anni è stato
fatto utilizzo della cassa integrazione (e in alcuni periodi questa situazione continua), «ma
non abbiamo mai adoperato
strumenti come mobilità o licenziamenti». Proprio dal punto di vista dei rapporti di lavoro
Fapim ha una specificità: un
basso tasso di sindacalizzazione, che ha portato a non avere
nemmeno una Rsu.
I dipendenti sono tanti, circa
500. E per il 90% arrivano da
un'area che sta nel giro di 10
chilometri da Altopascio. Indizio di un'azienda consolidata
nel territorio. Fin da quando
nacque nel 1974 dall'iniziativa
di tre amici (Paolo Bellandi, Lido Bendinelli e Sergio Pacini), a
Chiesina Uzzanese. Poi, nel
1980, il trasferimento ad Altopascio, in via delle Cerbaie. E
un'altra svolta, all'inizio del
nuovo millennio: «Venivano dagli anni Novanta, durante i quali avevamo aumentato le esportazioni, visto che il mercato italiano soffriva già di una dilazione nei pagamenti. Come molti
altri valutammo la possibilità di
andare a produrre all'estero.
Ma la scelta fu di rimanere in
Italia e, quindi, di realizzare lo
stabilimento di Spianate, che fu
anche occasione di fare un centinaio di assunzioni».
Una scelta che, quasi 15 anni
dopo, sembra aver pagato, visto
che oggi i costi per produrre
all'estero e poter garantire stessa qualità anche nei servizi
post-vendita e di assistenza,
non sono molto lontani da quelli che l'azienda affronta in Italia. L'estero, tuttavia, è rimasto
il core businness della Fapim:
«Esportiamo il 90% del nostro
prodotto - spiega Bellandi -. E
non si tratta di un risultato della
crisi, visto che già a inizio 2000
la
quota
dell'estero
era
all'80%». Fapim è un'azienda legata a doppio filo con il settore
dell'edilizia, uno dei più colpiti
dalla crisi. Per questo non tutti i
mercati sono uguali: in Spagna,
ad esempio, l'edilizia è andata
giù del 70%, anche se Fapinn è
riuscita a ridurre le perdite. La
Grecia è quasi sparita, mentre
la situazione in Italia è bloccata.
«Siamo invece soddisfatti di come vanno le cose nell'Est Europa - prosegue Bellandi - anche
se negli ultimi mesi c'è stato un
rallentamento a causa delle tensioni fra Russia e Ucraina. Anche il mercato del Nord Atnerica si sta riprendendo ed è molto
promettente quello del centro e
sud America». Proprio per presidiare tutti questi paesi Fapim
ha 12 fra filiali e uffici commerciali in tutto il mondo.
Al traguardo dei 40 anni
Fapim ha scelto - sulla linea di
molte importanti aziende della
nostra zona - di aprirsi al territorio. A partire dal 5 aprile, quan do è stato organizzato un affollatissimo "open day" con tanto
di estemporanea di pittura, fotografia e scultura. Proseguendo poi con un pomeriggio per i
figli dei dipendenti e - proprio
lo scorso 27 giugno, con una serata a villa Bruguier che ha permesso di raccogliere contributi
per 13mila euro (ma potrebbero ancora crescere) da destinare a un importante progetto per
la terapia fetale del Meyer. Il finale sarà il 18luglio, cori l'inaugurazione di una mostra-museo permanente. Detto tutto
questo, rimane un'ombra, una
preoccupazione. Quella della
difficoltà di trovare personale
qualificato, soprattutto tecnici:
«E un tasto dolente - conclude
Bellandi -: noi avremmo bisogno di figure come i periti tecnici di venti e più anni fa. Ma purtroppo, ne troviamo sempre
meno».
La sede della Fapim invia delle Cerbaie ad Altopascio