1 Luglio- 2014 A cura di Antonio Marchini www.fpcgil.it CIRCOLARI AVVERTENZA PRECISIAMO CHE I CONTENUTI DI MERITO DELLE CIRCOLARI PUBBLICATE RAPPRESENTANNO ESCLUSIVAMENTE L’OPINIONE DEGLI ENTI E DELLE ISTITUZIONI CHE LE EMANANO. PERTANTO, NON RAPPRESENTANO L’INTERPRETAZIONE E L’OPINIONE POLITICA DELLA FUNZIONE PUBBLICA CGIL. Ministero dell'Economia e delle Finanze Circolare 19 giugno 2014, n.20 (prot. n. 52595). Definizione del reddito familiare. Nota Il Ministero dell'Economia interviene sulla computabilità nel reddito familiare complessivo, ai fini della corresponsione dell'assegno per il nucleo familiare, dei redditi dominicali dei terreni non affittati e dei redditi dei fabbricati non locati chiarendo che sebbene, con l’istituzione dell’Imu, non siano più compresi tra i redditi soggetti ad Irpef, tali redditi mantengono la loro natura reddituale e vanno quindi comunque considerati nel suddetto reddito familiare complessivo. INPS Circolare 23 giugno 2014, n.79 Termini di pagamento dei Tfs e dei Tfr ed altri aspetti previdenziali connessi ai prepensionamenti per soprannumero dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Art. 2 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, come modificato dall'art. 2 del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 Nota In base a quanto previsto dall’articolo 2 del decreto legge 31 agosto 2013 n. 101, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013 n. 125, l’Inps ha precisato che per i dipendenti che hanno maturato entro il 31 dicembre 2011 i requisiti anagrafici e contributivi ai fini della pensione, il termine di pagamento del trattamento di fine servizio (Tfs) o di fine rapporto (Tfr) decorre dalla data di collocamento a riposo (cessazione dal servizio). Invece, per i dipendenti che, in data successiva al 31 dicembre 2011, maturano in deroga i requisiti pensionistici stabiliti dalla previgente normativa, il termine per il pagamento del Tfs o del Tfr decorre non dalla cessazione dal servizio ma dal momento in cui avrebbero maturato il diritto pensionistico. Ministero del Lavoro Nota 26 giugno 2014, n.19 (prot. n. 37/0011688) Permessi per assistenza a un familiare con handicap Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - art. 33, L. n. 104/92, come modificato dall'art. 24, L. n. 183/2010 - diritto alla fruizione di tre giorni di permesso mensile per l'assistenza di persona con handicap in situazione di gravità - parenti o affini entro il terzo grado. Nota Il Ministero ha precisato che, al fine di consentire la fruizione dei permessi ex art. 33, comma 3, L. n. 104/1992 I tre giorni al mese di permesso retribuito per assistere familiari con gravi handicap possono essere chiesti anche per parenti o affini entro il terzo grado se costoro non hanno coniuge o genitori che possono assisterli. ai parenti o affini entro il terzo grado, deve essere dimostrato solo che il coniuge e/o i genitori della persona con handicap grave si trovino in una delle specifiche condizioni stabilite dalla norma, a nulla rilevando invece, in quanto non richiesta, la presenza nell’ambito familiare di parenti o affini di primo e di secondo grado. 2 Ministero del Lavoro Nota 26 giugno 2014, n.18 (prot. n. 37/0011687) Limitazioni al lavoro notturno Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - art. 11, comma 2, lett. b), D.lgs. n. 66/2003 Nota Il Ministero ha precisato che quanto previsto dall’art. 11, comma 2, D.Lgs. n. 66/2003, che prevede il diritto della lavoratrice/lavoratore che sia unico genitore affidatario di figlio convivente di età inferiore a dodici anni di rifiutare la prestazione di lavoro notturno, opera anche nel caso del genitore vedovo di figlio convivente di età inferiore a dodici anni. Ministero del Lavoro Nota 26 giugno 2014, n.16 (prot. n. 37/0011685) Figura professionale del fisioterapisti Lavoro autonomo. Art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - art. 69 bis, D.Lgs. n. 276/2003. Nota Rispondendo a una richiesta di chiarimenti circa l’operatività della presunzione di parasubordinazione, il Ministero ha precisato che l’attività svolta dai fisioterapisti può essere ricompresa nell’ambito delle prestazioni professionali di cui all’art. 69 bis, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003, con esclusione della presunzione, solo nella misura in cui gli stessi risultino in possesso del diploma abilitante, e siano iscritti in appositi elenchi professionali, tenuti e controllati da parte di una amministrazione pubblica, ai sensi dell’ art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001. INPS con il messaggio n. 5811 del 4 luglio 2014 Nuove istruzioni sul riscatto degli studi universitari (Vedi approfondimento) PROVVEDIMENTI IN GAZZETA Gazzetta ufficiale n. 134 del 12 giugno 2014 Garante per la protezione dei dati personali Delibera 15 maggio 2014. Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati. Gazzetta ufficiale n. 139 del 18 giugno 2014 Comitato interministeriale per la programmazione economica. Delibera 8 novembre 2013 Fondo sanitario nazionale 2010 Ripartizione tra le regioni delle risorse da destinare alla copertura degli oneri connessi agli accertamenti medico-legali disposti dalle amministrazioni pubbliche per i dipendenti assenti dal servizio per malattia. Gazzetta ufficiale n. 143 del 23 giugno 2014 Legge 23 giugno 2014, n. 89. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria. Gazzetta ufficiale n. 144 del 24 giugno 2014 Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari. Gazzetta ufficiale n. 146 del 26 giugno 2014 - Ministero del lavoro e delle politiche sociali Comunicato 26 giugno 2014 Riduzione della percentuale dell'importo dei premi e dei contributi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. 3 SENTENZE Corte di Cassazione Sentenza 23 maggio 2014, n. 11574 Disciplina dell'orario di lavoro D.Lgs. n. 66 del 2003 - Riposo giornaliero - Mancata fruizione Nota Limiti Il potere di deroga dei limiti relativi all’orario di lavoro imposti dal D.Lgs. n. 66/2003 è riconosciuto alla contrattazione collettiva, poiché il legislatore riconosce loro l’idoneità a tutelare e proteggere gli interessi e i diritti dei lavoratori, mentre non è riconosciuto al singolo lavoratore, in considerazione della posizione di debolezza contrattuale in cui è posto nei confronti del datore di lavoro, con la conseguenza che la disciplina legale dell’orario di lavoro non può essere validamente derogata per effetto della rinuncia ai relativi diritti da parte del lavoratore. Corte di Cassazione sentenza 3 luglio 2014 n. 15216 Part-Time Nota Il rapporto lavorativo part time, che si configuri nella prestazione di un numero di ore lavorative inferiori a quelle ordinarie, distribuite su soltanto cinque giornate lavorative settimanali, va qualificato non già come part-time orizzontale, bensì verticale; ne consegue che il numero di giornate di ferie fruibili dai lavoratori interessati, deve essere proporzionalmente ridotto rispetto a quello spettante ai lavoratori a tempo pieno. Il caso trae origine dal contenzioso tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e alcuni dipendenti dell’Avvocatura dello Stato di Venezia; questi ultimi, dipendenti con rapporto di lavoro part-time, articolato nella prestazione di 30 ore lavorative distribuite su cinque giorni settimanali, assumendo che detto rapporto di lavoro doveva essere qualificato come part-time orizzontale (nonostante la diversa qualificazione datane dall’Amministrazione), con conseguente diritto ad un numero di giornate feriali pari a quelle godute dai lavoratori a tempo pieno, convennero in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, onde ottenere il riconoscimento di tale loro diritto e la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle differenze retributive e contributive. La Corte di Cassazione ripercorre innanzitutto la disciplina contenuta all’interno dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 61/00, in forza del quale “il rapporto di lavoro subordinato può avvenire a tempo pieno o a tempo parziale”, e, al comma 2, aggiunge che “ai fini del presente decreto legislativo si intende: • per “per tempo pieno” l’orario normale di lavoro di cui al D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 3, comma 1, o l’eventuale orario normale fissato dai contratti collettivi di comparto (lettera sostituita dal D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 46, comma 1, lett. e); • per “tempo parziale” l’orario di lavoro fissato dal contratto individuale, cui sia tenuto un lavoratore, che risulti comunque inferiore a quello indicato nella lettera a); • per “rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale” quello in cui la riduzione dell’orario rispetto al tempo pieno è prevista in relazione all’orario normale giornaliero di lavoro; • per “rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale” quello in relazione al quale risulta previsto che l’attività sia svolta a tempo pieno ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno”. Pertanto, stante l’applicabilità delle suddette disposizioni, a mente dell’art. 10 del D.Lgs. n. 61/00 (salve le eccezioni ivi contemplate, che qui non rilevano), anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, il rapporto lavorativo del dipendente pubblico si qualifica a tempo parziale orizzontale nei casi in cui, a seguito del contratto individuale del dipendente, la riduzione dell’orario rispetto al tempo pieno si riflette su alcuni o su tutti i giorni lavorativi, dato questo che ne segna la distinzione dal part-time verticale, che ricorre negli altri casi, in cui invece la riduzione dell’orario lavorativo si articola su alcuni soltanto dei giorni della settimana, del mese e dell’anno, determinando una modifica nell’ordine e nella successione della giornate lavorative (cfr, Cass., n. 7313/2008). L’art. 3 CCNL comparto ministeri del 18 febbraio 1999, stabilisce che “i lavoratori in part-time verticale hanno diritto ad un numero di ferie proporzionato alle giornate di lavoro prestate”. Ai fini de quibus assume pertanto rilievo determinante stabilire come sia articolato l’orario di lavoro “normale” del personale dell’Avvocatura di Stato di Venezia, costituendo tale indagine il presupposto ineludibile per valutare se ci si trovi di fronte, o meno, nei casi all’esame, a prestazioni lavorative in regime di part-time verticale. L’art. 22 legge n. 724/99 prevede che: “L’orario di servizio nelle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, si articola su cinque giorni settimanali, anche nelle ore pomeridiane (…). Sono fatte salve in ogni caso le particolari esigenze dei servizi pubblici da erogarsi con carattere di continuità e che richiedono orari continuativi o prestazioni per tutti i giorni della 4 settimana, quelle delle istituzioni scolastiche, nonché quelle derivanti dalla necessità di assicurare comunque la funzionalità delle strutture di altri uffici pubblici con un ampliamento dell’orario di servizio anche nei giorni non lavorativi” (comma 1); “Nelle amministrazioni pubbliche indicate nel comma 1 l’orario settimanale di lavoro ordinario, nell’ambito dell’orario d’obbligo contrattuale, è funzionale all’orario di servizio e si articola su cinque giorni, anche nelle ore pomeridiane, fatte salve le particolari esigenze dei servizi pubblici indicati nel comma 1″ (comma 2). In via generale, l’art. 19 CCNL di comparto del 1995 prevede l’orario ordinario di lavoro in 36 ore settimanali articolate su cinque giorni, qualora non vi ostino “le esigenze dei servizi da erogarsi con carattere di continuità, che richiedono orari continuativi o prestazioni per tutti i giorni della settimana, o che presentino particolari esigenze di collegamento con le strutture di altri uffici pubblici. Quindi, in sostanza, viene fatta salva, nella ricorrenza delle indicate condizioni, una diversa modulazione dell’orario normale di lavoro. Il contratto integrativo per l’Avvocatura dello Stato, pur prevedendo l’utilizzabilità, in forma combinata, dell’articolazione dell’orario settimanale ordinario su cinque o sei giorni (art. 11 ), nonché la possibilità di articolare l’orario di lavoro anche su cinque giornate lavorative, con recupero del sesto giorno non lavorato con prestazioni lavorative pomeridiane (art. 13), stabilisce appunto, all’art. 12, che “(…) in ragione della peculiarità dei servizi istituzionali (…) si ritiene necessario confermare, di norma, l’orario ordinario antimeridiano su sei giorni dalle ore 8.00 alle ore 14.00″. A Venezia, con accordo locale, come accertato dai giudici del merito, era stata in effetti stabilita la possibilità per i dipendenti a tempo pieno di fruire di articolazioni dell’orario lavorativo su cinque giorni settimanali, attraverso la turnazione dei lavoratori per la copertura del servizio al sabato, con successivo riposo da fruirsi nella settimana successiva. Tale possibilità, proprio perché tale e alla luce dell’inequivoco tenore del ricordato accordo integrativo per l’Avvocatura dello Stato (“di norma (…) su sei giorni”), si pone come situazione derogatoria rispetto all’orario “normale”, articolato appunto in sei giornate lavorative settimanali. Ne consegue che il rapporto dei lavoratori in parola, configuratosi nella prestazione di un numero di ore lavorative inferiori a quelle ordinarie, distribuite su soltanto cinque giornate lavorative settimanali, va qualificato non già come part-time orizzontale, bensì verticale; con l’ulteriore conseguenza che il numero dì giornate di ferie fruibili dai lavoratori interessati, in base al disposto del ricordato art. 3 CCNL comparto ministeri del 1999, deve essere proporzionalmente ridotto rispetto a quello spettante ai lavoratori a tempo pieno. Corte di Cassazione sentenza 7 luglio 2014 n. 15435 Permessi per assistenza disabili ed incidenza sulla tredicesima Nota La Corte di Cassazione ha affermato che i permessi cui hanno diritto i lavoratori per assistere i figli disabili, non sono computabili ai fini delle ferie e della tredicesima solamente laddove siano fruiti in cumulo con i congedi parentali e con i congedi per la malattia del figlio. Corte di Cassazione sentenza 7 luglio 2014 n. 15437 convocazione dell’assemblea in azienda da parte delle Rsu Rappresentatività sindacale – Nota La Corte di Cassazione ha affermato che anche un singolo componente della rappresentanza sindacale unitaria ha la facoltà d’indire l’assemblea in azienda, qualora non ci sia l’unanimità nell’organismo. I giudici della Suprema Corte hanno precisato che tale diritto non è una prerogativa esclusiva della Rsu intesa collegialmente. LA SENTENZA ATTIENE GLI ARTT. 4 E 5 DELL’ACCORDO INTERCONFEDERALE DEL 1993, ISTITUTIVO DELLE RSU PER I SETTORI PRIVATI. APPROFONDIMENTO Riscatto della laurea Il riscatto della laurea, in pratica, consente di avvicinare il trattamento previdenziale in tempi ragionevolmente brevi, versando una cospicua somma di denaro all’Inps. Esso ha un duplice peso ai fini pensionistici, poiché riguarda sia l’ammontare dell’importo della pensione che si andrà a percepire sia l’anticipazione dei tempi di pensionamento. Un’opportunità questa, purtroppo, segnata dal Governo Monti, che con la manovra “Salva-Italia” (L. n. 214/2011) ha profondamente mutato le aspettative dei lavoratori italiani, costretti ad andare in pensione sempre più tardi. Ciò ha reso il riscatto della laurea un lusso irragionevolmente esoso. Al riguardo, è bene precisare che non tutti i titoli di studio sono riscattabili. Infatti, il riscatto della laurea è possibile solo per i percorsi di studio completati, quindi a conseguimento del titolo avvenuto, e solo per gli anni di durata legale degli stessi. Per questo motivo se un soggetto si è laureato in dieci anni e la durata del corso legale di laurea è di 5 anni è obbligato a riscattare solo i 5 anni legali. In 5 particolare si possono riscattare: i diplomi universitari (corsi di laurea non inferiore a due anni e non superiori a tre anni); i diplomi di laurea (corsi di laurea non inferiore a quattro anni e non superiori a sei anni); i diplomi di specializzazione che si conseguono dopo la laurea per una durata non inferiore a due anni; i dottorati di ricerca; la laurea breve (triennale) e laurea specialistica a cui si accede con la laurea; i diplomi rilasciati da Istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale. Chiarimento Inps A seguito di alcuni quesiti avanzati dalla gestione dipendenti pubblici, l’Inps torna a parlare di riscatto della laurea, e questa volta lo fa chiarendo il particolare caso dello studente che passa da una facoltà ad un’altra. Il dubbio, in tal senso, riguarda gli anni da poter ammettere a riscatto. Sul punto, l’Inps chiarisce che gli anni da considerare saranno rappresentati da quelli di corso della nuova facoltà, presso la quale è stato conseguito il titolo, nonché degli anni di corso della facoltà di provenienza, individuati questi ultimi, secondo la scelta degli interessati. È chiaro che il numero complessivo degli anni da ammettere a riscatto è quello corrispondente alla durata legale del corso che ha dato luogo al conferimento della laurea, con esclusione, in ogni caso, degli anni fuori corso. Caso pratico Per comprendere meglio quanto appena detto, si illustra il seguente esempio. Un soggetto risulta iscritto nell’anno accademico 1968-1969 al corso di laurea in Scienze Politiche e nell’anno accademico 1972-1973 (senza conseguire il diploma di laurea) chiede ed ottiene il trasferimento alla Facoltà di Lettere (della durata legale di anni quattro) dove viene iscritto direttamente al terzo anno, conseguendo la laurea nell’anno 1976. Nel caso ipotizzato, potranno essere ammessi al riscatto, ai sensi del Decreto Legislativo n. 184/97, quattro anni complessivi, di cui due del corso di laurea in Lettere (anni accademici 1972-73, e 1973-74, corrispondenti al terzo e quarto anno, si escludono il 1974-1975 e 1975-76 in quanto fuori corso) e gli altri due da individuarsi, a scelta dell’interessato, tra i quattro anni del precedente corso legale di laurea in Scienze Politiche. Da notare, infine, che la scelta dell’interessato deve riguardare gli anni in corso del precedente periodo legale di laurea. APPROFONDIMENTO Malattie Dipendenti Pubblici 2014: Reperibilità Venendo incontro a numerosi quesiti che ci pervengono in ordine alle assenze per malattia dei dipendenti pubblici, segnatamente sulla questione della reperibilità, proponiamo questo approfondimento, rimandando alla voce “Malattia” dell’ABC dei diritti on-line l’esame più completo dell’intera materia. Gli accertamenti vengono effettuati, su richiesta dell’Amministrazione, dalle Aziende Sanitarie Locali (ASL) o dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), secondo le modalità stabilite dalle normative vigenti. Il Decreto legge n. 98 del 2011, convertito in legge n. 111 del 2011 “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria” regolamenta: • I casi nei quali l’Amministrazione deve disporre il controllo sulla malattia • Il regime della reperibilità ai fini del controllo • Le modalità di giustificazione dell’assenza in caso di visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici • L’individuazione dell’ambito soggettivo di applicazione della nuova disciplina; Condotta del lavoratore e costi della visita fiscale Secondo la legge n. 111 le pubbliche amministrazioni, devono disporre una serie di controlli sulle assenze per malattia dei dipendenti. Sarà compito del dirigente valutare, da un lato, la condotta globale del lavoratore assente e, dall’altro, i costi della visita fiscale e, in base a tutto questo, stabilire se ordinarla o meno. Le risorse economiche per la visita fiscale infatti, sono limitate, dato che la norma ha messo a disposizione, a tal fine, 70 milioni di euro per ogni anno del triennio 2011-2014. Di conseguenza, le diverse Amministrazioni dovranno impiegare razionalmente tali risorse. Le fasce orarie di reperibilità Il decreto dell’ex ministro Brunetta del 18-12-2009, ha precisato le fasce orarie di reperibilità dei lavoratori, escludendone dall’obbligo i lavoratori colpiti da determinate patologie. Gli orari delle visite fiscali sono stati stabiliti nella seguente fascia oraria: mattina 09.00-13.00 e pomeriggio 15.00-18.00. L’obbligo di reperibilità è valido anche per i giorni non lavorativi e festivi. Gli esclusi dall’obbligo di reperibilità Sono esclusi dall’obbligo di visita fiscale, i dipendenti assenti dal servizio a causa di: • Infortuni sul lavoro riconosciuti dall’INAIL 6 • • • Malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio, vale a dire un nesso di conc/casualità tra la patologia e il tipo di attività lavorativa; tale stato morboso deve essere riconosciuto dal Comitato di Verifica per le cause di servizio. Stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta; un giudizio medico-legale deve attestare la malattia e una certficazione medica deve dimostrare il nesso causale tra invalidità riconosciuta e stato patologico. Patologie gravi che richiedono terapie salvavita. Sono esclusi, inoltre, i dipendenti nei confronti dei quali è stata già effettuata la visita fiscale per il periodo di prognosi indicato nel certificato. Allontanamento dal domicilio Se il dipendente è costretto a lasciare il proprio domicilio durante le fasce orarie di reperibilità per effettuare visite mediche o accertamenti specialistici o per qualsiasi altro giustificato motivo, è tenuto a darne preventiva comunicazione all’Amministrazione. Il dirigente responsabile valuterà i “giustificati motivi” che permettono l’allontanamento, considerando le circostanze concrete ed, eventualmente, visionando la documentazione che attesta l’assenza dal domicilio e che dovrà essere fornita dal dipendente. Nel caso in cui lo stesso, nel corso della malattia, dimori in luogo diverso da quello abituale, deve comunicare immediatamente all’amministrazione il nuovo indirizzo al quale sarà reperibile. In caso di assenza ingiustificata alla visita fiscale, al dipendente sarà comminata una sanzione economica e, in alcuni casi potranno essere applicate anche sanzioni disciplinari. Documentazione medica Se il dipendente usufruisce di uno o più giorni di malattia per sottoporsi a dei controlli medici o terapie o, ancora, a degli esami diagnostici o a visite specialistiche, deve giustificare la propria assenza presentando un certificato rilasciato dal medico o dalla struttura, anche privata, presso cui si è recato. Nel caso in cui il dipendente si assenti per più di dieci giorni e si ammali due volte nel corso dell’anno solare, la giustificazione dell’assenza deve essere effettuata unicamente mediante certificazione medica rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale. Ammalarsi durante le ferie La Legge sottolinea che l’obbligo di inviare il medico fiscale sussiste se il dipendente è assente per malattia nei giorni immediatamente precedenti o successivi a giorni non lavorativi. Visite fiscali all’estero Con la sentenza del 9-10-1998 la Corte di Cassazione ha stabilito che se il dipendente si ammala mentre risiede all’estero ha il dovere di assicurarsi che l’Amministrazione conosca il suo stato patologico e l’indirizzo al quale inviare, eventualmente, la visita fiscale. Visita fiscale in albergo Se durante il periodo di malattia il dipendente risiede in albergo, secondo la sentenza del 9-10-1998 della Corte di Cassazione, deve essere comunicato al datore di lavoro l’indirizzo di riferimento per consentire la possibile visita di controllo. Se il campanello non funziona Se il dipendente in stato di malattia non apre alla visita medica di controllo perché non sente il campanello in quanto si è rotto, non potendo, di fatto, eseguire la visita medica, sarà considerato assente durante la fascia oraria di reperibilità con tutte le conseguenze del caso. Sarebbe opportuno, dunque, che il lavoratore malato controlli sempre la funzionalità del campanello del proprio domicilio onde evitare spiacevoli conseguenze. Inosservanza delle disposizioni Se durante il periodo di assenza per malattia il dipendente non rispetta le disposizioni previste può subire un procedimento disciplinare che può portare alla sua sospensione o licenziamento. L’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento viene applicata anche se il lavoratore presenta una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato patologico. Multa e reclusione Se il lavoratore presenta una certificazione medica falsa o attesta falsamente uno stato patologico, l’illecito ricade nel penale e il dipendente può essere punito con una reclusione che va da uno a cinque anni e può arrivare a pagare una multa da 400,00 a 1.600,00 euro; inoltre deve obbligatoriamente risarcire il danno patrimoniale subito dall’Amministrazione risarcendo il danno all’immagine subito dalla stessa e corrispondendo il compenso ricevuto durante il periodo di falsa malattia. Per contattarci e per inoltrare quesiti, utilizzare esclusivamente la: Email: [email protected]
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