Relazione Zootecnia Gallipoli Cognato

 RETE NATURA 2000 REGIONE BASILICATA
AREA 10
SIC IT9220130 Foresta Gallipoli-Cognato
Attività zootecniche
e detrattori ambientali generati
Dott. Giuseppe D’Angelo
Dott. Salvatore Dimatteo
Dott. Angelo Nolè
Premessa
I sistemi zootecnici hanno rappresentato per lunghi secoli esempi di sostenibilità grazie al mantenimento di
un equilibrio ambientale tipico. Tutto il paesaggio rurale del bacino Mediterraneo è profondamente segnato
dalle attività agrosilvopastorali, che hanno contribuito alla creazione di un mosaico di ecosistemi (Di Castri,
1981) ma, attualmente, la localizzazione in aree sempre più ristrette dei sistemi di allevamento a carattere
anche estensivo è ritenuta responsabile di fenomeni di degrado ambientale.
L’allevamento di bestiame è praticato nell’area SIC Foresta Gallipoli-Cognato da lungo tempo e fino agli
anni ’60 era diffuso capillarmente, come anche su tutto il territorio circostante. Negli ultimi decenni però tali
sistemi hanno presentato una rapida evoluzione: parallelamente al progressivo spopolamento umano delle
aree, il numero di capi allevati si è ridotto consistentemente e la consuetudine di spostare gli animali per
periodi prolungati in altre aree (transumanza) è praticamente scomparsa.
Specie e razze allevate e tecniche di allevamento
Nell’area SIC Foresta Gallipoli-Cognato è praticato l’allevamento brado e semibrado principalmente di
bovini di Razza Podolica, genotipo considerato in passato a triplice attitudine (carne, latte, lavoro),
attualmente allevato per la produzione della carne (per la quale insieme a Chianina, Marchigiana, Romagnola
e Maremmana è stato inserito nel novero delle cinque razze italiane da carne. Gli animali sono di solito
destinati alla macellazione ad un’età variabile dai 12 e 24 mesi) e del latte (da cui si producono formaggi
tipici, come il Caciocavallo Podolico), munto manualmente solitamente al mattino in presenza del vitello al
quale viene concesso, in contemporanea alla mungitura, il latte di metà mammella.
Il tipo di allevamento praticato nell’area è prevalentemente quello brado, caratterizzato dalla utilizzazione
delle risorse pabulari del territorio e dall’assenza di strutture di ricovero o contenimento degli animali (ad
esclusione eventualmente dei vitelli). Talvolta la tecnica di allevamento è di tipo semibrado, identica a quella
di tipo brado ma con integrazione alimentare di fieno o paglia in stalla o talvolta in campo. La base aziendale
è in questo caso limitata al solo ricovero o, a volte, non esiste alcun ricovero ma solo dei recinti.
Dalle informazioni raccolte è emerso che solo pochi allevatori (tre o quattro!) praticano la transumanza,
spostando gli animali durante il periodo invernale su pascoli di loro proprietà nei comuni di Stigliano,
Pisticci, Pomarico e Garaguso. Il fenomeno è attualmente di dimensioni numeriche così modeste (poche
decine di capi) da risultare ininfluente sugli equilibri e sulla condizione generale dell’area SIC. In misura molto minore rispetto ai bovini, vengono allevati, sempre con sistema brado o semibrado, equini
meticci a doppia attitudine (carne e lavoro), ovini meticcii merinizzati (Gentile di Puglia), per la produzione
di carne (principalmente viene venduto l’agnello) e, in minor misura, di latte.
L’allevamento dei suini allo stato brado rappresenta un’altra tipicità dell’area. Gli animali, appartenenti a
genotipi meticci, sono liberi di muoversi liberamente nell’area, spesso interagendo con il cinghiale, con il
quale sono frequenti gli accoppiamenti.
Il numero di animali allevati e gli equivalenti in Unità Bovino Adulto (UBA), calcolati in ragione della
specie e dell’età dei soggetti, è dettagliato nel paragrafo successivo.
Stima del carico di bestiame
Il carico animale potenzialmente mantenibile in una data area è rappresentato dal numero di capi animali che
può essere mantenuto su una certa superficie pastorale per un certo periodo di tempo evitando o limitando
l’insorgere di fenomeni degradativi relativi alla qualità e alla produttività della risorsa. Per discriminare la
capacità portante di un territorio si determina il carico animale potenziale, convenzionalmente espresso in
numero di UBA (Unità di Bestiame Adulto, equivalenti ad un bovino di circa 500 kg) che insistono su una
certa superficie per un determinato periodo di tempo (Bianchetto et al., 2009).
L’area Sic, estesa su una superficie di circa 4330 ha, presenta ridottissime superfici aperte ed è costituita da
formazioni forestali a prevalenza di specie quercine, per la gran parte cerrete. L’area è intensamente
pascolata da bovini di razza Podolica, con differenze di intensità correlate all’altitudine del sito ed
all’acclività del terreno. Se infatti la maggiore intensità di pascolamento si riscontra nella fascia altimetrica
che va da 600 a 900 m s.l.m., oltre la quale la pressione di pascolo si riduce consistentemente, la acclività del
terreno rappresenta ovunque un elemento decisivo che, consentendo o meno la praticabilità del sito da parte
degli animali, ne favorisce o impedisce il pascolamento. Altro elemento particolarmente importante nella
determinazione degli effetti detrattori è dato dalla facilità di accesso attraverso strade pavimentate o sterrate.
In prossimità di esse, infatti, in ragione della facilità che gli allevatori hanno nel raggiungere il bestiame per
controllarlo e foraggiarlo (quando le disponibilità naturali sono scarse) porta gli animali a concentrarsi nelle
prossimità di esse.
In base alle informazioni offerte dalle concessioni delle fide pascolo, fornite dal Comando del Corpo
Forestale dello Stato di Accettura, sull’area gravano circa 1088 capi (dichiarati) di bovini di razza Podolica
ed alcune diecine di capi di altre specie, assortiti come indicato nella Tabella 1. Il calcolo degli equivalenti in
UBA, rielaborato in base ai coefficienti proposti dalla Cabina di regia nel documento denominato “Misure di
Tutela e Conservazione”, è presentato nella tabella 2.
Tabella 1 – Capi di bestiame allevati nell’area SIC Foresta di
Gallipoli Cognato (dati elaborati sulla base delle fide
pascolo rilasciate dal Comando Corpo Forestale dello Stato
di Accettura)
Specie
n. capi
Bovini
Bovini adulti (razza Podolica)
721
Bovini 12-24 mesi
317
Bovini 4-12 mesi
50
Totale
1088
Equini adulti
14
Suini adulti
13
Ovini adulti
180
Tab. 2 – Equivalenti UBA insistenti sull’area SIC Foresta di Gallipoli
Cognato (dati elaborati sulla base delle fide pascolo rilasciate dal
Comando Corpo Forestale dello Stato di Accettura)
Numero Coefficiente
Specie
capi
UBA
UBA
Bovini (razza Podolica)
adulti
721
1
721
12-24 mesi
317
1
317
4-12 mesi
50
0,25
12,5
Equini adulti
14
1
14
Suini adulti
13
0,3
3,9
Ovini adulti
180
0,15
27
Totale equivalenti UBA
1.095,4
Il carico di bestiame teorico, derivato dal rapporto tra la superficie dell’are (4.330 ha), il numero totale di
equivalente UBA (1.095,4) e considerando la presenza circannuale continua (1 anno) degli animali al
pascolo, risulta pari a 0,253 UBA/ha/anno. Ogni UBA utilizza quindi le risorse trofiche offerte da circa 4 ha.
Problematiche legate ai parametri vegetazionali, morfologici e produttivi
Le considerazioni e gli indici prodotti nel paragrafo precedente sono da considerarsi del tutto teorici e
meramente indicativi. Tali valori, seppure di poco superiori al limite massimo del range di normalità
proposto per le Foreste di caducifogle (0,10-0,25 UBA/ha/anno), non possono essere considerati indicativi
della realtà dell’area, poiché riferiti all’intera superficie dell’area SIC, considerata tutta disponibile al
pascolo.
Una valutazione prudenziale, al momento non realizzabile in modo corretto per insufficienza di dati tecnici,
che considerasse impedito al pascolo (per acclività eccessiva, inaccessibilità morfologica, affioramenti
rocciosi, ecc. ecc.) circa il 30% del territorio, eleverebbe il carico di bestiame teorico ad un valore di 0,361
UBA/ha/anno.
Anche se si procede ad una rielaborazione del dato condotta solamente sulla base dei coefficienti di
correzione che tengano conto dell’acclività del territorio emergono indici di carico sicuramente meno
confortanti. Difatti l’area SIC presenta una distribuzione delle acclività del terreno marcatamente
differenziata (Tabella 3).
Tab. 3 – Distribuzione percentuale media della acclività del
territorio del SIC Foresta di Gallipoli Cognato
Superficie (ha)
Classi acclività (%)
Totale
Acclive
%
<10
8840
353,6
8,2
11 - 30
55183
2207,32
51,5
31 - 40
20261
810,44
18,9
> 40
22954
918,16
21,4
Tenendo conto di tale pregiudiziale è stata comunque condotta una rivalutazione degli indicatori, di seguito
descritta.
In base ai coefficienti di correzione del carico massimo di bestiame, proposti nella Tabella 4 ed a puro titolo
di esercizio esemplificativo assumendo tutto il territorio come soggetto al pascolo, il valore di UBA/ha/anno
risulta mediamente pari a 0,303, e dunque la sostenibilità del carico di bestiame non accettabile.
Tab. 4 - Acclività pascoli: coefficienti di correzione
del carico massimo di bestiame
Pendenza, %
Coefficiente
<10
1,00
11-30
0,90
31-40
0,80
>45
0,65
Inoltre, in considerazione della disponibilità dei dati relativi alla distribuzione percentuale della acclività
rispetto alle fasce altitudinali <600 m, 600-900 m e > 900 m s.l.m. del territorio del SIC, proposti nella
Tabella 5, sarebbe opportuno riferire il carico di bestiame alle singole fasce di altitudine per ottenere una
indicazione più prossima alla realtà. Questo tipo di analisi risulta però impossibile da effettuarsi in ragione
della mobilità continua e incontrollata del bestiame in tutto il territorio.
Tab. 5 – Distribuzione percentuale della acclività del territorio del SIC Foresta di Gallipoli
Cognato in relazione alle fasce altitudinali
< 600 m
600 - 900 m
> 900 m
Superficie (ha)
Superficie (ha)
Superficie (ha)
Classe acclività (%)
Totale Acclive
% Totale Acclive
<10
4388
11 - 30
17357 694,28 55,86 29020 1160,80 53,82 8806 352,24 39,59
31 - 40
5019
200,76 16,15 10552 422,08
19,57 4690 187,60 21,08
> 40
4306
172,24 13,86 10885 435,40
20,19 7763 310,52 34,90
175,52 14,12 3466
138,64
% Totale Acclive
6,43
986
39,44
%
4,43
Un ulteriore elemento di incertezza nella definizione del carico di bestiame sostenibile è dato dalla mancanza
di informazioni sulla produttività reale del sottobosco, poiché appare evidente che l’assenza di dati sulla
diversa produttività delle diverse tipologie di ambiente (bosco fitto, bosco rado, bosco aperto con radure,
prati, ecc.) non consente di rapportare il numero di capi di bestiame alla disponibilità pabulare reale,
convenzionalmente espressa in Unità Foraggere (UF).
Impatti diretti ed indiretti
Le poche aziende zootecniche presenti nell’area praticano il pascolamento libero e non controllato degli
animali ed il periodo di pascolamento è quasi sempre di 12 mesi poiché l’abitudine, consueta fino ad alcuni
anni addietro, di ridurre il periodo di permanenza a 8-10 mesi è ormai scomparsa. Nell’area non viene
praticata alcuna tecnica di pascolamento razionale e gli animali, privi di qualsiasi vincolo territoriale, sono
liberi di pascolare ovunque (Immagine 1).
La mancanza di qualsiasi forma di governo dell’accesso al pascolo, condizione che si protrae ormai da molto
tempo, ha generato e genera nell’area SIC Foresta di Gallipoli-Cognato una utilizzazione irrazionale della
risorsa con il conseguente impoverimento qualitativo e quantitativo della flora e la progressiva perdita della
fertilità del suolo. Il pascolo eccessivo causa infatti un rapido declino della composizione floristica e della
diversità specifica delle formazioni prative, il degrado del cotico erboso e, soprattutto, l’impossibilità di
rinnovamento delle essenze forestali.
Immagine 1 - Località Palazzo, diverse localizzazioni. Bovini Podolici al pascolo libero Oltre agli effetti diretti sulla componente floristica, il pascolo non regolamentato ed eccessivo (almeno nelle
parti dell’area SIC poste a bassa quota e facilmente accessibili) produce effetti secondari sulle caratteristiche
dei suoli, quali il costipamento con la conseguente variazione dell’acidità tipica (solitamente aumento del
pH) e la riduzione della fauna invertebrata e della flora batterica. Tutto ciò genera effetti diversificati
sull’utilizzo delle superfici. Si osservano infatti aree di sovrapascolo, caratterizzate da un eccesso di prelievo
della fitomassa e dalla permanenza continua degli animali nell’area, ed aree di sottopascolo (Immagine 2),
caratterizzate da pascolo scarso o praticamente assente, quasi sempre coincidenti con zone di difficile
raggiungibilità da parte degli animali in ragione della forte acclività o dell’elevata quota altimetrica.
Immagine 2 - Località Palazzo Chiappaia Canosa. Area non sfruttata dal pascolo per via
dell’acclività accentuata: la vegetazione del sottobosco è rigogliosa.
Nelle aree soggette al sovrapascolo l’eccessivo carico di bestiame causa effetti diretti quali il prelievo
eccessivo di fitomassa, il calpestamento e la restituzione organica attraverso le deiezioni. Il prelievo
eccessivo e selettivo di risorse trofiche determina la compromissione della possibilità di ricaccio delle specie
più appetite e la diffusione delle piante spinose o tossiche con conseguente semplificazione del corteggio
floristico. L’azione del calpestamento, che si verifica soprattutto nelle aree di permanenza prolungata degli
animali (aree pianeggianti di sosta, lungo i percorsi preferenziali di spostamento e attorno agli abbeveratoi
presenti nell’area di pascolamento), determina il costipamento e l’asfissia del suolo, alterandone così la
capacità di assorbimento e di ritenzione idrica. La restituzione organica attraverso la deposizione di feci e
urine determina l’arricchimento del suolo in nutrienti e la diffusione delle specie nitrofile (favorite dalle
deiezioni azotate) che hanno la prevalenza su specie dotate di minore competitività, con conseguente
alterazione e impoverimento floristico.
Ulteriori detrattori ambientali legati al pascolo sono quelli generati dalla presenza di recinzioni e ricoveri più
o meno improvvisati e con materiale di recupero, messi in piedi per accogliere e proteggere soprattutto i
vitelli nei primi mesi di vita.
La presenza di queste strutture, come quella mostrata nelle Immagini 3 e 4 localizzata nella contrada
Chiappaia Canosa, rappresenta un evidente elemento di degrado paesaggistico e ambientale. Inoltre spesso
esse sono circondate da recinzioni realizzate con reti a maglia quadrata o esagonale, invece che con del filo
spinato, interrata nella parte basale per alcuni decimetri, a costituire una vera e propria barriera per gli
spostamenti della fauna locale di dimensioni medio-grandi (tasso, cinghiale, volpe, lepre, capriolo e altri
eventuali cervidi non possono superarla in nessun modo) come evidenziato nella Immagine 3. Nella foto è
rappresentato un camminamento di selvatici nel bosco che riesce a trovare un punto di passaggio al di sotto
della rete solo in quella posizione della recinzione, mentre lungo tutto il resto del perimetro (lungo alcune
centinaia di metri) non vi è alcun passaggio.
Immagine 3 - Località Palazzo Chiappaia Canosa. Effetti indiretti dell’allevamento:
strutture di contenimento del bestiame (recinzioni, ricoveri, stalle,
abbeveratoi, punti di foraggiamento, accumuli di stallatico, ecc. ecc.). Immagine 4 - Località Palazzo Chiappaia Canosa. Effetti indiretti dell’allevamento e
particolare della recinzione in rete metallica a maglia esagonale e dell’unico
punto di passaggio scavato dalla fauna Nelle altre località dell’area SIC poste a a quote altimetriche via via maggiori, come sulla strada che conduce
a Costa la Rossa, la pressione del pascolo appare meno devastante. In queste areee si incontrano sovente
distese di pascolo cespugliato in cui i segni del calpestio prodotto dagli animali è minore. Ugualmente i segni
di strutture di contenimento e di ricovero degli animali sono praticamente assenti, fatta eccezione per quelle
di abbeveraggio, spesso improvvisate. La presenza dell’uomo a queste quote si limita al passaggio di mezzi
meccanici ma non vi è traccia di apporto di integrazioni alimentari.
Conclusioni
In conclusione, i segni più evidenti relativi alle attività di allevamento praticate nell’area sono dunque
riconducibili ad un eccesso di utilizzo delle disponibilità trofiche, specialmente nelle aree a più facile
accessibilità per il bestiame, ed a situazioni di compattazione del terreno, oltre che a danni alla componente
arborea soprattutto per quanto riguarda lo stato della rinnovazione.
Si ritiene pertanto indispensabile effettuare indagini scientifiche sul campo che portino alla conoscenza della
produttività effettiva e potenziale nei vari periodi dell’anno e delle diverse aree, in relazione ad acclività ed
altitudine, così da poter ottenere indicatori attendibili ed utili alla regolamentazione del pascolo. Difatti la
considerazione puntuale degli aspetti vegetazionali, morfologici e produttivi dell’area necessita di acquisire i
dati e le informazioni scientifiche del caso, sulla cui base sarà possibile prevedere misure gestionali efficaci.
Similmente a quanto realizzato in un lavoro di ricerca da Bianchetto e collaboratori negli anni 2006-2007
(Bianchetto et al., 2009) nell’area SIC (in cui hanno sperimentato l’impiego di una metodologia volta ad
individuare il livello di carico massimo mantenibile nelle sole formazioni forestali ed in seguito hanno
identificato i fattori negativi di cui tenere conto per ridurre il carico massimo teorico individuato) si
suggerisce di approfondire un tipo di approccio scientifico che contempli un piano operativo di ricerca,
prevedendone l’inserimento nelle future Misure di Gestione dell’area, che determini la superficie
effettivamente utilizzata dagli animali al pascolo. Se infatti si considera che nella stima del carico effettuata
nei paragrafi precedenti, la ipotesi di concentrazione del pascolo nel 70% dell’area (si è prudenzialmente
ipotizzata una inaccessibilità al pascolo solo per il 30% dell’Area SIC) genera un elevamento dell’indice di
carico sino a livelli di assoluta insostenibilità.
Si ritiene inoltre necessario prevedere, nel lavoro di indagine e ricerca scientifica di cui sopra, una
indispensabile quantificazione “sul campo” del numero di animali al pascolo, dal momento che appare
evidente una non perfetta aderenza tra i dati ufficialmente dichiarati e la osservazione diretta, soprattutto in
relazione agli effetti generati dagli animali al pascolo sugli habitat.