C O P E R T I N A : IL P L U R I L I N G U I S M O I L'intervista Una questione di atteggiamento. competenze linguistiche degli altoatesini, del ruolo del dialetto, dell'importanza delle emozioni nell'apprendimento di una lingua straniera e del perché le minoranze hanno un difficile rapporto con le lingue so". I bambini che crescono parlando due o addirittura tre lingue sono come i giocolieri che sanno usare più palline contemporaneamente. Questi bambini sono più abituati, flessibili e consapevoli. Il Centro di competenza lingue della LUB ha potuto constatare, con l'ausilio della risonanza magnetica, che i bambini cresciuti in un contesto poliglotta attivano un settore del loro cervello in misura maggiore di altri. Ed è altrettanto vero che questi bambini, abituati fin da piccoli a passare da una lingua all'altra, hanno una maggiore capacità decisionale. Ciò non toglie che le lingue si possano apprendere, e bene, pure da adulti; l'unico vantaggio dei piccoli rispetto ai grandi è la migliore pronuncia. Ad ogni modo, più che l'età, quello che conta è l'atteggiamento. Più ci si avvicina ad una lingua in maniera emozionale, più veloce e più efficace sarà l'apprendimento. Le competenze linguistiche sono un po' come le piante, che per prosperare hanno bisogno di essere curate e regolarmente fertilizzate. La glottologa elvetica Rita Franceschini dirige il Centro di competenza lingue della Libera Università di Bolzano, ateneo di cui è stata rettrice dal 2004 al 2008. Il suo campo di ricerca comprende le lingue viventi, l'analisi della conversazione, il contatto linguistico e il plurilinguismo. Che uso ha fatto finora l'Alto Adige del proprio plurilinguismo? È riuscito a sfruttarne i vantaggi? L'Alto Adige è sempre stato un territorio di transito. Basti solo pensare alla via dell'ambra, il corridoio commerciale del Medioevo che dai mari del nord arrivava al Mediterraneo attraversando anche il Renon. La posizione geografica ha fatto sì che questa regione fosse predestinata al multilinguismo, e per la gente è diventato un fenomeno talmente scontato da non accorgersi nemmeno delle opportunità offerte. Nel frattempo però le competenze linguistiche sono diventate un fattore economico decisivo. E allora bisogna seriamente darsi da fare... Da parecchio tempo ho in mente di creare a Bolzano un corso di studi che consenta un intenso scambio linguistico e favorisca un plurilinguismo consapevole. Diciamolo chiaramente: biascicare più lingue non significa saperle parlare né tantomeno conoscerne tutte le sfumature. A questo si aggiunge anche il fatto che il dialetto sudtirolese sta vivendo una seconda giovinezza tra la popolazione di lingua tedesca. Un fenomeno che sicuramente non aiuta a parlare e scrivere bene il tedesco standard. Questa tendenza si osserva soprattutto nell'area germanofona meridionale 14 M | GENNAIO, FEBBRAIO, MARZO 2014 ma è presente anche in altri Paesi europei, e può essere interpretata come una reazione alla globalizzazione. Le persone hanno bisogno di sentirsi maggiormente a casa loro, e il dialetto fa parte delle loro tradizioni rassicuranti. E fin qui non c'è nulla di male; quello che non deve succedere invece, è che si parli dialetto laddove non è opportuno. Ed è questo il problema dell'Alto Adige. Mentre in Svizzera la separazione tra dialetto e lingua ufficiale è netta, da noi questo confine è molto flessibile, non esistono più zone intermedie. Volendo semplificare, le variazioni linguistiche sono come un organo che ha diversi registri a disposizione, ma è necessario sapere con precisione quando suonarne uno piuttosto che un altro. Perché igiovani sudtirolesi scrivono sms e mail quasi esclusivamente in dialetto? Perché e più trendy? O perché non conoscono bene la grammatica e l'ortografia tedesca? Se gli altoatesini di lingua tedesca usano il dialetto, quelli di lingua italiana fanno un uso estremo di abbreviazioni, e credo che tutto questo si possa ricondurre ad un approccio ludico con la lingua. I giovani amano fare esperimenti, ma questa creatività dovrebbe essere canalizzata. Tanto più che proprio i nuovi mezzi di comunicazione forniscono delle straordinarie opportunità di confronto linguistico. Qual è oggi la conoscenza del tedesco da parte dei sudtirolesi? Questo è uno studio che io vorrei fare da tempo, ma non è facile trovare i finanziamenti per un progetto di questa portata. Ho quasi il sospetto che i diretti interessati non vogliano saperlo. A parte questo comunque, sono gli altoatesini stessi a sminuire la loro conoscenza delle lingue. E questo è il segnale che sono i primi a non credere nelle proprie competenze linguistiche. E la scuola è il fertilizzante per antonomasia... Certamente, ma non dobbiamo limitarci alla scuola: anche la famiglia, il contesto sociale, le letture e l'offerta culturale permettono di incrementare continuamente il bagaglio linguistico. Nella sua attività di linguista lei si occupa anche dell'apprendimento delle lingue, per il quale esistono varie scuole di pensiero. Alcuni credono che avere ottime competenze nella prima lingua sia fondamentale per imparare le successive. Per altri invece, il plurilinguismo vissuto già in tenera età è la condizione ideale per imparare al meglio le lingue straniere. Qual è la visione corretta e quella obsoleta? Goethe disse: "Chi non conosce le altre lingue, non conosce neanche sé stes- // mondo dell'economia si lamenta delle scarse competenze linguistiche degli altoatesini. Come si fa a recuperare questo gap? Difficile a dirsi, perché questo processo si gioca a livello emozionale. Per il futuro mi auguro che gli altoatesini arrivino ad avere un rapporto consapevole e sereno con le altre lingue, cosa peraltro molto apprezzata anche dalla UÈ. In tal senso credo anzi che gli altoatesini potrebbero diventare un modello in campo europeo. GENNAIO, FEBBRAIO, MARZO 2014 I M 15
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