LASCIAMO CHE I BAMBINI FACCIANO TANTE STORIE

LASCIAMO CHE I BAMBINI FACCIANO TANTE STORIE
Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende
umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento
ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi
a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi d’un
destino: la giovinezza, dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna,
al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo. E in questo sommario
disegno tutto: la drastica divisione dei viventi in re e poveri, ma la loro parità sostanziale;
la persecuzione dell’innocente e il suo riscatto come termini d’una dialettica interna ad
ogni vita; l’amore incontrato prima di conoscerlo e poi subito sofferto come bene perduto;
la comune sorte di soggiacere a incantesimi, cioè d’essere determinato da forze complesse
e sconosciute, e lo sforzo per liberarsi e autodeterminarsi inteso come un dovere
elementare, insieme a quello di liberare gli altri, anzi il non potersi liberare da soli, il
liberarsi liberando; la fedeltà a un impegno e la purezza di cuore come virtù basilari che
portano alla salvezza e al trionfo; la bellezza come segno di grazia, ma che può essere
nascosta sotto spoglie d’umile bruttezza come un corpo di rana; e soprattutto la sostanza
unitaria del tutto, uomini bestie piante cose,
l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste.
Italo Calvino. Fiabe italiane 1956
Ho cercato questa lunga citazione che mi è tornata alla mente in questi giorni, giorni in cui a Venezia si
discute se è cosa buona e giusta acquistare e distribuire libri; raccontare ai piccoli di pochi anni d’età, fiabe che
raccontano un mondo nuovo, fatto di famiglie miste, ricomposte, destrutturate e ristrutturate, complesse.
Ho amato le fiabe da bambino, e da maestro le ho didatticamente usate, e non solo quelle italiane: per
ragionare di Paure c’era Giovannin senza paura; per discutere con gli allievi di bugie usavo il Gatto con gli stivali;
per parlar di felicità La camicia dell’uomo contento. Insomma Esopo, Basile, Perrault, Andersen, Grimm,Tolstoj,
certe volte anche episodi della Bibbia o Le mille e una notte servivano per imparare a leggere e recitare, scrivere
e comprendere, ma anche a divertire e riflettere insieme. E cosa dire dei Miti? Sull’origine del mondo ogni Cultura
ha creato una propria narrazione e sono le più belle e antiche storie, fatte di amori improbabili, incestuosi a
volte; misteriosi e talvolta mostruosi; affascinanti quanto basta per rendere l e domande sulla vita e sulla morte
ancora interessanti.
Ogni volta che in classe avveniva qualcosa di nuovo c’era un bisogno di tradurre narrativamente la realtà per
renderla organizzabile, pensabile, simbolicamente accettabile- rifiutabile- modificabile. Dall’emozione al segno, al
simbolo: un lavoro da educatori anche i genitori fanno coi loro piccoli affinchè possano conoscere e crescere,
mettendo dentro di sé il mondo e ricreandolo a propria misura, giocando.
Mostri e Lupi, Fantasmi e Bestie, Streghe e Vampiri, Uragani e Alieni raccontati sul bordo del letto non
hanno mai turbato i sonni di alcun bimbo… anzi li hanno sempre aiutati a dominare le loro paure; così come I
racconti di guerra di mio Padre non mi hanno mai fatto diventare guerriero o guerrafondaio.
Nel corso di tanti anni di scuola ho cercato storie nuove quando in classe sono entrati alunni portatori di
handicap e di bisogni speciali; quando ho avuto in classe alunni stranieri una fiaba poteva aiutare i processi di
integrazione, ed anche quando in classe avevo bambini che dormivano dai nonni e venivano a scuola senza
compiti perché avevano lasciato la cartella in un’altra casa.
Un’idea non del tutto nuova: già E. de Amicis, maestro che con la scuola voleva “fare gli Italiani” aveva usato
le storie ( vedi, ad es. nell ‘indimenticato Cuore, Il ragazzo calabrese …).
Così ho continuato a usare la narrazione, con la sua fantasia e la sua libertà, anche coi più grandi, per parlare
con loro di diritti, di doveri, di fiducia e responsabilità, di Costituzione e felicità…
Trovo dunque fuor di senno l’idea di bollare le storie e le fiabe come giuste o sbagliate.
Raccontare è un modo di dialogare coi bambini, coi loro mondi interiori fatti di paure dette e non dette. E ho
imparato che è proprio il distacco dalla realtà, la fantasia della fiaba, che permette alla realtà di essere compresa
dai piccoli. Inoltre credo che la figura educativa sia fondamentale nella scelta del se- quando -come raccontare.
Allora, per favore, faccia un passo indietro la strumentalizzazione ideologica e politica, lasci il terreno
educativo bello, aperto e libero, un territorio dove si possa crescere ricercando, esprimendo dubbi e difficoltà,
sentimenti e curiosità anche se a volte faticano a trovare risposte.
Non è così che si diventa grandi?
Movimento di cooperazione educativa
Venezia Mestre
10 febbraio 2014
Libri anti discriminazione
in magazzino 09 febbraio 2014
Stop alla Seibezzi dal sindaco e dall’assessore Agostini.
Scontro in maggioranza tra Udc, In Comune e Sinistra.
Il Pd media
di Roberta De Rossi
I 1098 libri di favole che in 51 titoli diversi raccontano di ovetti adottati
da due pinguini maschi, di bambini malati-supereroi e di famiglie dove il
"papà bis” è il nuovo compagno della madre, restano per ora nei magazzini delle Municipalità che li hanno ricevuti
dall'Ufficio della delegata per i Diritti civili e contro la Discriminazione, Camilla Seibezzi, con l’indicazione di
distriburli a nidi, spazi cuccioli e materne.
Dopo la sconfessione politica da parte dei sindaco Orsoni, infastidito dal clamore - «Seibezzi ha la delega per
difendere i diritti civili, non per fare propaganda» - l'altolà alla distribuzione è arrivato dall'assessore alle Politiche
educative Tiziana Agostini. «Ho semplicemente ricordato che ci sono delle regole, che prevedono che tutto il
materiale e i programmi didattici siano vagliati dall'apposito Coordinamento politiche educative che riunisce
insegnanti, psicologi, tecnici», commenta Agostini. Che aggiunge: «Non è possibile mettere in mano di bambini
piccolissimi testi non valutati. Le educatrici sono preparate per affrontare i problemi quando si pongono: i corsi di
aggiornamento su questi temi li ha organizzati questo assessorato, ma ritengo inutile porre problemi quando non
ce ne sono».
Un caso politico che divide la maggioranza: lista In Comune che serra le fila attorno a Seibezzi, il Pd che difende il
progetto nel merito se non dei modi, l’Udc che chiede al sindaco di ritirarle la delega.
«Il vero cuore dell'iniziativa di Camilla Seibezzi è allargare i diritti, estendere le tutele e gli spazi a tutti e a tutte,
garantire la libertà di scelta e di approccio alla vita e all'amore. Senza togliere niente a nessuno», scandisce
l'assessore Gianfranco Bettin, «madri e padri restano tali, genitori si é comunque. E' questo ciò che
un'amministrazione laica deve ribadire, nella lotta a ogni discriminazione. Era prevedibile la gazzarra indecente
della destra più becera, come le ipocrite grida d'allarme dei bigotti più retrivi. Vanno certo rispettate le opinioni di
chi la pensa diversamente e si esprime in modo civile. Ma la vera differenza tra l'intolleranza e la democrazia sta
nel fatto che gli intolleranti tolgono a qualcuno qualcosa - ad esempio la piena dignità e la possibilità di scelta - che
si garantisce a chi la pensa in modo conforme». «Basta con la fiera delle ipocrisie della politica romana», dice il
capogruppo In Comune Beppe Caccia, «il sindaco dovrebbe essere semplicemente grato a Camilla Seibezzi per il
lavoro che sta svolgendo, con grande impegno, per il riconoscimento di dignità e diritti uguali per tutte e tutti».
Solidarietà piena anche da Sebastiano Bonzio, Federazione della sinistra, che rilancia sulla crisi: «L'iniziativa
della collega Seibezzi apre una prospettiva ai bambini per vedere la complessità del mondo (non solo
discriminazioni omofobe, ma anche razziali, religiose, sessiste, contro i diversamente abili ecc.) quando violenze e
discriminazioni contro "i diversi" sono all'ordine del giorno. Se poi l'attività della consigliera Seibezzi rappresenta il
cavallo di Troia di Udc o altri sepolcri imbiancati per provocare la crisi della maggioranza, si mettano in coda: ci
sarà da capire, come abbiamo richiesto, se una maggioranza esista ancora, attorno all'inaccettabile regalia che
qualcuno è andato a consegnare a favore del Porto di Venezia, in spregio al mandato affidatogli dalla maggioranza
di questo Consiglio, sottoscrivendo il recente accordo per far giungere il tram a San Basilio».
Stilettata all'assessore Udc Ugo Bergamo. «Siamo soddisfatti per lo stop del sindaco», rilancia il capogruppo Udc
Simone Venturini, «ma bisognerà parlarne con lui e maggioranza, perché restano due punti politici da chiarire,
che ci indispongono. Il modo personalistico con cui gestiste la delega Seibezzi, creando casi nazionali, piuttosto
che un clima condiviso per battere la discriminazione. Non può fare qualunque cosa con soldi pubblici: rappresenta
la maggioranza. Poi il merito: è inammissibile che sia il singolo amministratore a decidere che libri mandare alle
scuole. Guai se la politica fa educazione, spaventa che una sola persona decida cosa far leggere». Cerca la
“quadra” il capogruppo pd Claudio Borghello: «È importante attivare un percorso di questo tipo,
che però se percepito come “ideologico” non riuscirà mai. L’istituzione famiglia oggi è in crisi e la
Costituzione è più che chiara nella difesa dei diritti di tutti, non possiamo far finta di non vedere:
penso ai figli di coppie separate o alle deviazioni vere che i bambini si trovano davanti senza che
nessuno gliele spieghi e che non sono certo l’affetto di una coppia omogenitoriale. Prima si parte
per far capire che siamo tutti diversi, meglio è».
LA NUOVA VENEZIA
Corriere del Veneto