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PROVINCIA D'ITALIA della Compagnia di Gesù
P. PROVINCIALE
Omelia della Santa Messa
d’inaugurazione dell’anno scolastico 2014/2015 del
Centro Educativo Ignaziano
Rinnovo volentieri a tutti voi, famiglia del CEI-Centro Educativo Ignaziano, il mio
cordialissimo saluto di benvenuto a questa celebrazione che è soprattutto di inaugurazione
dell'anno scolastico 2014-2015. Stamane ci siamo proprio tutti:
- ci siete, innanzi tutto, voi, alunni! Voi innanzi tutto, perché è nel servizio della
preparazione della vostra giovinezza alla vita, che questo Istituto trova, sin
dall'inizio, la sua unica ragione di essere;
- e ci siete voi, genitori, che i vostri ragazzi, per questo delicatissimo compito, anche
quest'anno ci affidate;
- ci siete voi, docenti, che con noi gesuiti e con le ancelle condividete la responsabilità
di adempiere a tale compito;
- e ci siete voi tutti, collaboratori a vario titolo del nostro glorioso Istituto;
- e voi, membri delle Comunità religiose delle suore ancelle e dei gesuiti, cui la
Compagnia di Gesù e le Ancelle del Sacro Cuore questo Istituto hanno affidato;
- e ci sono, infine, anche io, che, entrato in carica come Superiore d'Italia da poco, mi
trovo per la prima volta in queste vesti in mezzo a voi.
Colgo, nel nostro incontro di stamattina, almeno quattro motivi: il primo, è ovvio, è quello
dell'inaugurazione del nuovo anno scolastico, con il suo corredo di saluti, di propositi, di
auguri e di incoraggiamenti reciproci; poi c'è quello di salutare e ringraziare per il suo
servizio il P. Franco Beneduce, che lascia l'incarico di Rettore, e dare il benvenuto e gli
auguri di buon lavoro al P. Francesco Tata, che gli succede; poi c'è quello di celebrare
l'approvazione, da parte dei Papi Paolo III e Giulio III, della Compagnia di Gesù, in
occasione del 200° anniversario - in questo 2014 - della sua ricostituzione; infine c'è quello
della mia presentazione e del mio saluto a tutti voi, quale nuovo Provinciale d'Italia.
Vi confido che sono contento ed emozionato di trovarmi, in questa veste, in mezzo a voi. Mi
prende, infatti, e mi coinvolge molto il ritrovarmi a condividere con voi questa
inaugurazione. La vivo come una festa della speranza e della passione che ci accomunano, di
collaborare - insieme con tutti i nostri ragazzi - per costruire con loro il futuro migliore
possibile. Per loro innanzi tutto, e poi per tutti noi, nonché per la città di Palermo, per la
Sicilia e per il nostro Paese.
Sono ormai più di dieci anni che nella Chiesa italiana non ci stanchiamo di parlare di
emergenza educativa. Ne è una prova il testo degli Orientamenti pastorali dell'episcopato
italiano per il decennio 2010-2020, dal titolo Educare alla vita buona del Vangelo. Questo
tema è quanto mai attuale. Ma non è mia intenzione trattenervi oggi su questo argomento.
Sono sicuro che ne sapete, almeno voi, insegnanti, dal punto di vista sia teorico, sia pratico,
più di me.
Voglio, invece, tornare con voi, soprattutto con voi, ragazzi, su alcuni passaggi delle letture
che abbiamo or ora ascoltato, per trovare in esse la luce, l'ispirazione ed il coraggio di cui
abbiamo bisogno, per affrontare l'anno che ci aspetta.
Tutti i testi biblici proclamati poco fa, sono opera di uno stesso autore, San Giovanni e
ruotano intorno al tema dell'amore. Vorrei cominciare con il richiamare la vostra attenzione
sul versetto 10 del capitolo IV della sua prima lettera, in cui egli afferma: "In questo sta
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l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato in
mezzo a noi il suo Figlio…".
Queste parole, parecchi anni fa, sono divenute per me molto importanti. Esse mi hanno
permesso di comprendere una cosa fondamentale: l'amore non consiste tanto nell'amare,
quanto nel sentirsi amati. Come e quando, infatti, ciascuno di noi può affermare con certezza
che l'amore esiste davvero? Forse quando qualcuno di noi riesce ad amare? O almeno ci
prova? E chi mai riesce ad amare tanto, da poter affermare che, siccome "lui ama", per
questo l'amore esiste davvero? Forse che l'amore che ciascuno di noi prova per un altro, o
un'altra, è, o può essere la prova esauriente che l'amore esiste davvero?
No. Nessuno di noi può affermare con certezza che l'amore esiste davvero, se prima non si
sente amato. Amato?! Già. Amato! Ma da chi?! Ecco il problema. Da chi?!
Voi, ragazzi, che cosa ne pensate? Secondo voi, l'amore esiste davvero? Finora che idea vi
siete fatti di questa faccenda?
La parola "amore" ha un senso ampio: è una vita diversa, bella, capace di aiutare anche la
nostra terra in difficoltà.
E' la prima volta che mi incontro con voi. E vi rivolgo questa domanda. E' una domanda che
mi sta molto a cuore. Perché mi state a cuore voi. Uno per uno. Conosco, infatti, la risposta,
amara, sofferta, di molti dei vostri coetanei: "E chi ci crede più?! L'amore esiste solo nelle
favole… L'amicizia? Sposarsi? A che serve… Tanto non dura… E' tutta una fregatura… Non
ci metterò mai più il cuore… Adesso ho capito come le cose funzionano! L'ho promesso a me
stesso/a: d'ora in poi non ci cascherò mai più…".
E voi, ragazzi e ragazze di questa città - ragazzi delle elementari, delle medie, delle superiori
- che cosa mi dite? L'amore esiste davvero, o no? Avete già in voi una risposta? Siete già
arrivati anche voi, in proposito, ad una conclusione? Oppure, è una domanda che ancora vi
fa paura? Quasi vi scandalizza?
Spero che presto ci rivedremo, e potremo fare in proposito uno scambio costruttivo di
esperienze. Quello che voglio dire oggi a voi tutti, ma soprattutto a voi ragazzi, riprendendo
il discorso iniziale, sono tre cose: la prima è che nessuno può essere davvero certo
dell'esistenza dell'amore, fin quando non si sente davvero amato: e l'abbiamo già detto; la
seconda, consequenziale, è che si può sentire veramente amato solo chi incontra un amore
disinteressato: un amore, cioè, tanto robusto, generoso e fedele, da essere capace di amare
sempre per primo, senza porre il contraccambio; capace, dunque, di amare l'altro così com'è;
la terza è che un amore così, al mondo, esiste davvero. E questa è una buona notizia. Una
notizia capace di dare senso alla vita. La migliore buona notizia che un uomo possa ricevere.
Si tratta dell'amore che San Giovanni stesso, colui che ha scritto le pagine che abbiamo letto,
ha incontrato: l'amore che lo ha fatto parlare come ha parlato, scrivere come ha scritto,
vivere come è vissuto (cfr 1Gv 1,1-4). Questo amore è quello che si è manifestato nel
mondo attraverso la persona e la storia di Gesù di Nazaret. Per cui, per accertarsi che l'amore
esiste davvero e non è tutta una balla, è sufficiente provare a incontrare Gesù. Chiunque,
infatti, accetta di essere suo amico - ed è una sua promessa - si sentirà amato
disinteressatamente, scoprirà dunque che l'amore, un amore degno di questo nome, esiste
davvero e che, attraverso di lui, anche noi possiamo arrivare ad amarci fra di noi.
E niente chiacchiere! Niente teorie e disquisizioni! Ma i fatti! Ossia, venendo al sodo:
provare per credere (cfr Gv 1,39.46; 4,42; ecc). Non è, questa, proprio una buona e bella
notizia?
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Ragazzi, io non so se voi, che oggi mi state davanti, crediate o no che l'amore esiste davvero.
So però che questa - dell'esistenza dell'amore - è oggi per voi, come per tutti noi, in questo
vorticoso "lascia e piglia" che sono le relazioni umane del nostro tempo, una faccenda di
primaria importanza per l'impostazione della vita. Non so neppure che cosa voi, che
frequentate una scuola di "preti e suore" come il CEI, pensate davvero di Gesù.
Ma oggi, all'inizio di quest'anno scolastico, vi voglio affidare questa raccomandazione:
quando le difficoltà, la solitudine, le amarezze e le delusioni di ogni giorno vi portano a
dubitare che l'amore esista davvero, ricordatevi delle mie parole di oggi: l'amore, sì, esiste
davvero, perché si è manifestato nell'esistenza di un tale di nome Gesù. Non vi avvilite
dunque! L'amore con cui Gesù di Nazaret ha amato, per cui è vissuto ed in nome del quale
ha dato la vita, è il segno, piantato nella storia del mondo, conficcato nelle relazioni umane,
prima pietra di questo Collegio, che l'amore esiste davvero. E perciò è il segno che,
sentendoci amati, anche esseri piccini e deboli come noi possono riuscire ad amarsi
veramente.
Devo fermarmi qui. Siamo partiti dal nuovo anno scolastico che abbiamo iniziato. Abbiamo
sottolineato l'avvicendamento dei rettori. Ci siamo ricordati che ci sono degli anniversari
importanti da ricordare. Tutto questo non è un discorso che si limita ai gesuiti e alle ancelle.
Riguarda anche altri, tanti altri e riguarda voi. Emerge qualcosa di più grande. Emerge una
comunità. È una comunità che emerge rispetto a un tema particolare che è quello
dell'educazione e della formazione dei giovani. È una comunità di Amici nel Signore. Noi ci
crediamo.
Vi ringrazio tutti, soprattutto voi, ragazzi, di avermi ascoltato. Spero di poter riprendere
presto con voi questi argomenti.
E adesso preghiamo. E chiediamo insieme al Signore di fissare nei nostri cuori, nelle nostre
menti e nelle nostre volontà le sue parole, così da trovare in esse la forza ed il coraggio di
volerci bene davvero - grandi e piccoli - fra di noi e di condurre un anno scolastico pieno di
gioia e di buoni frutti.
Grazie, e tanti auguri di buon lavoro a tutti!
P. Gianfranco Matarazzo S.J.
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