11.LE GALLERIE FERROVIARIE

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LE GALLERIE FERROVIARIE
A - Le rocce e gli scavi in galleria [1]
1. Tipologie di gallerie
Le gallerie naturali vengono realizzate completamente all’interno dell’ammasso roccioso e
possono avere, una volta rivestita con calcestruzzo semplice o armato, una sezione
trasversale
finita
policentrica,
mistilinea
o
perfettamente
circolare.
Abbiamo
essenzialmente gallerie ferroviarie, stradali, idrauliche.
Le gallerie ferroviarie a doppio binario e quelle autostradali a tre corsie di marcia hanno
generalmente una sagoma policentrica con dimensioni di larghezza ed altezza che
possono assumere valori elevati e variabili dai 10 ai 15 m.
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Le aree di scavo assumono di conseguenza valori di oltre 100 mq, generando enormi
quantità di materiale lapideo da abbattere e trasportare a discarica o, se idonei, da
impiegare per la formazione dei rilevati o per la produzione di inerti per calcestruzzi o per
conglomerati bituminosi.
Le gallerie artificiali vengono costruite a cielo aperto e poi interrate. Oggi le tecniche di
costruzione per queste gallerie sono molto più veloci per l’uso di paratie in cemento
armato costituite da diaframmi a sezione rettangolare o da pali circolari a grande diametro
accostati.
Le fasi lavorative consistono in:
1. Realizzazione della paratia;
2. Scavo del nucleo di terra;
3. Realizzazione della platea di fondazione;
4. Getto successivo della copertura (fig. 1.5)
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Le gallerie per metropolitane urbane hanno generalmente sezione circolare con diametri
variabili dai 6 agli 8 metri (fig. 1.6).
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2. Terminologia
La terminologia usata nello scavo di gallerie è quella illustrata nella fig. 1.7. Si precisa che
nel caso in cui gli ammassi rocciosi siano costituiti da rocce compatte ed integre, l’arco
rovescio viene sostituito da una semplice platea.
L’arco rovescio è sempre necessario in presenza di rocce sciolte coerenti e incoerenti o
di rocce spingenti quali le argille e gli scisti argillosi
3. Le rocce e i sistemi di scavo
Una buona conoscenza della mineralogia, della geologia e della geotecnica è
indispensabile ad ogni tecnico che s’interessi di gallerie per capire la fondamentale
connessione che esiste tra le caratteristiche geologiche e geotecniche di un ammasso
roccioso che è l’insieme di rocce, acqua e aria, e la costruzione delle gallerie.
La geologia studia la genesi delle rocce, la loro composizione mineralogica, la loro
struttura e giacitura o disposizione rispetto al nord, mentre la geotecnica ne analizza le
caratteristiche fisico – meccaniche, quali ad esempio modulo di elasticità, resistenza a
rottura per compressione, per taglio, pesi specifici, granulometria e vari altri parametri.
Le rocce si dividono in tre grandi gruppi: rocce ignee, metamorfiche e sedimentarie.
Un sistema semplice per riconoscere in indagini di campagna le rocce è quello di
cospargere sul campione prelevato delle gocce di acido cloridrico per capire se nella
composizione della roccia vi sia o meno la presenza di carbonato di calcio.
Infatti se la goccia schiuma vuol dire che siamo in presenza di carbonato di calcio e
quindi la roccia può appartenere soltanto al gruppo delle sedimentarie o delle
metamorfiche. Occorre poi scalfire la superficie del campione con l’unghia o con un
temperino per saggiarne la durezza e quindi verificare o meno di quarzo che è specifico
in linea di massima delle rocce ignee, ed è un minerale che riga o scalfisce un semplice
frammento di vetro.
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Riportiamo nella Tab. 1.1 alcune caratteristiche delle più importanti rocce ignee,
metamorfiche e sedimentarie.
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4. Scavo in rocce ignee
In generale possiamo dire che le rocce ignee intrusive ed effusive garantiscono
l’adozione di metodi di scavo a piena sezione di galleria altamente meccanizzati con forti
produzioni e con abbattimento della roccia a mezzo di esplosivi. Si potrebbero abbattere
queste rocce anche con frese puntiformi o con frese full face cioè a piena sezione di
scavo, ma gli elevati costi della macchina, milioni di euro, e gli elevati costi di frequenti
sostituzioni degli utensili di taglio. Dovuti alla forte abrasività di queste rocce contenenti
minerali duri quali il quarzo e i silicati di alluminio, fanno prendere la scelta verso
l’abbattimento a mezzo di esplosivi. In sintesi, il sistema di lavoro per le grandi gallerie
autostradali e ferroviarie in rocce ignee, si estrinseca nella fase di scavo della galleria a
piena sezione mediante l’abbattimento della roccia per mezzo di volate lunghe anche due
o tre metri, i cui fori da mina vengono perforati da carri Jumbo a più bracci di
perforazione.
L’organizzazione del lavoro si sviluppa praticamente su due cantieri distinti e separati,
non interferenti fra loro, posti anche ad un centinaio di metri di distanza: il fronte di scavo
ed il fronte di getto. Sul fronte di scavo il carro Jumbo effettua la perforazione dei fori con
candelotti di dinamite gelatinosa, per ogni foro la colonna di candelotti viene interrotta da
un candelotto armato con una capsula di detonatore elettrico a tempo munito di due fili
elettrici; tutti questi fili vengono infine collegati fra loro onde formare un circuito elettrico
continuo, i cui estremi vengono collegati mediante un cavetto bipolare ad un esploditore
elettrico posto a grande distanza. Una volta effettuata la volata, cioè l’esplosione dei fori
da mina, si aspetta che i fumi dell’esplosione vengano eliminati dalla ventilazione, per
raggiungere subito dopo il fronte di scavo per effettuare un disgaggio, cioè una specie di
pulizia delle pareti eliminando eventuali massi pericolanti a mezzo bracci meccanici
snodabili portanti alle estremità palanchini o utensili metallici specifici. Si effettua lo
smarino con grandi pale gommate caricando il materiale su dumper e, dopo aver
effettuato lo smarino, si procede alla messa in opera di centine metalliche a doppio T,
intervallate di un metro e collegate fra loro con catene metalliche. Subito dopo si effettua
un prerivestimento a mezzo spritz – beton che consiste nel lancio violento contro le pareti
dello scavo di una miscela a base di cemento ed acqua con additivi chimici atti ad
accelerarne la presa. Tale rivestimento viene effettuato con macchine pneumatiche o
pompe azionate da motore elettrico o ad aria compressa.
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Prima di effettuare lo spritz – beton, alcune volte si pone sulla volta degli scavi una rete
elettrosaldata chiodata alle pareti, oppure si associa alle miscele cementizie una certa
quantità di fibre metalliche o sintetiche atte a costituire una specie di betoncino armato,
per scoraggiare eventuali distacchi di materiale non perfettamente agganciato al corpo
dell’ammasso roccioso.
Effettuate queste operazioni, che richiedono almeno due turni di lavoro, si riprende la
perforazione del fronte di scavo con carro Jumbo come prima descritto. Ad alcune
centinaia di metri di distanza si procede sul fronte di getto al rivestimento definitivo della
galleria con calcestruzzo non armato con resistenza caratteristica di 300 – 250 kg/cmq e
dello spessore generalmente pari a 50 cm, mediante il posizionamento di casseri metallici
assemblati su di un carro porta casseri munito di pistoni idraulici, atti a contenere il getto.
Si armano e si gettano tratte di lunghezza pari a 8 metri.
È chiaro che durante il posizionamento dei casseri il traffico veicolare proveniente dal
fronte di scavo viene ridotto, per cui occorre organizzare le fasi in modo specifico e
puntuale. Generalmente prima di effettuare il rivestimento definitivo della galleria, si pone
a contatto delle pareti, rivestite con betoncino, un manto impermeabile atto ad impedire
infiltrazioni di acqua nel calcestruzzo, che ne potrebbero rapidamente compromettere le
caratteristiche di resistenza meccanica, e che creano fastidiosi gocciolamenti in fase di
esercizio sui mezzi transitanti.
In queste tipologie di roccia possiamo avere avanzamenti medi giornalieri di galleria finita
dell’ordine di 5 e anche 6 metri, il che presuppone lo smarino di centinaia di mc di roccia
e di altrettante centinaia di mc di calcestruzzo da portare in opera. Da questi numeri ci si
rende conto dei numerosi problemi di carattere tecnico ed organizzativo che devono
essere affrontati dai tecnici preposti, quali:
1. centrale di betonaggio ad alta produzione ed estremamente meccanizzata;
2. autobetoniere idonee a svolgere un servizio continuo su percorsi in sotterraneo;
3. officina attrezzata di uomini e mezzi onde poter effettuare una manutenzione
periodica di mezzi meccanici impegnati in terreni fortemente abrasivi;
4. centrale di frantumazione delle rocce provenienti dallo scavo per la produzione e
selezione degli inerti per il calcestruzzo;
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5. centrale di compressione dell’aria progettata per sopperire a tutte le utenze ubicate
lungo il percorso della galleria;
6. centrale elettrica e relative diramazioni atte a fornire l’energia in tutte le zone del
cantiere;
7. mezzi meccanici quali dumper, pale meccaniche, escavatori, ruspe, martelli
perforatori e demolitori, carri Jumbo di perforazione, argani, pompe, tubazioni,
pompe per il getto dei calcestruzzi, pompe per spritz – beton, perfettamente idonei
al metodo di scavo applicato;
8. centrale di ventilazione progettata in modo tale che per tutta la durata del lavoro
vengano eliminate dal sotterraneo tutte le impurità provenienti dai gas di
combustione dei motori a scoppio, delle polveri, dai fumi dell’esplosione delle
volate e da eventuali e, in questo caso, improbabili fughe di gas immagazzinati
nell’ammasso roccioso. La ventilazione deve provvedere inoltre al raffreddamento
dell’aria in sotterraneo surriscaldata dall’aumento del gradiente termico, dal calore
sviluppato dalla presa del calcestruzzo, dalla combustione dei motori termici e da
altre fonti di energia;
9. laboratorio di tutti gli attrezzi necessari a controllare le resistenze caratteristiche dei
materiali usati, a monitorare lo stato tensionale dell’ammasso roccioso, a misurare
e controllare il grado di impurità dell’aria in sotterraneo.
[1] “Le rocce e gli scavi in galleria”
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B – Lo scavo delle gallerie mediante cunicolo pilota [2]
1.
Premessa
Il cunicolo pilota, inteso come galleria a sezione ridotta lanciata in avanzamento a
garanzia della fattibilità di una sezione di scavo più grande, è un’applicazione costruttiva
in uso da sempre nel campo delle realizzazioni nel sottosuolo.
Quindi se si parla di cunicolo o foro pilota come “mezzo di costruzione” per una generica
galleria non si cita niente di originale.
La novità invece, in tema di cunicoli pilota, consiste nel fatto che essi, avendo oggi la
possibilità di realizzarli con sistemi meccanizzati molto rapidi ed affidabili in una gamma
di terreni ormai sempre più ampia, possono essere efficacemente utilizzati, per la galleria
da realizzare, anche come “mezzo di progettazione”.
Ciò che ci si propone in questo lavoro è, dopo aver esaminato la funzione del cunicolo
pilota come “mezzo di costruzione” nel corso dei tempi, di dimostrare, sulla base di
alcune recenti applicazioni, come il cunicolo possa essere considerato come “mezzo di
progettazione” e come ciò possa rappresentare una vera e propria svolta storica nel
campo delle realizzazioni in sotterraneo per gli indubbi vantaggi programmatici,
contrattuali ed economici che potrà comportare la sua sistematica adozione.
2.
Il cunicolo pilota come mezzo di costruzione
Ci sembra importante, prima di entrare nel merito dell’impiego del cunicolo pilota come
“mezzo di costruzione” per la galleria, sottolineare alcuni aspetti:
a) l’utilizzazione del cunicolo pilota è stata in passato e può essere tutt’oggi, o limitata
ad alcune tratte rispetto all’intero sviluppo della galleria, per la risoluzione di
situazioni di emergenza normalmente impreviste ed imprevedibili, oppure estesa
sistematicamente a tutta la galleria da realizzare, per l’espletamento di servizi
ricorrenti lungo il tracciato in sotterraneo;
b) la sua collocazione geometrica sia in senso longitudinale sia in senso trasversale,
rispetto alla sezione di scavo definitiva, può essere riconducibile alle situazioni
sotto descritte:
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1. per la collocazione in senso longitudinale (fig. 1):
-
L1: cunicolo pilota lanciato sistematicamente in avanzamento per tratte limitate,
dal fronte di scavo a piena sezione;
-
L2: cunicolo pilota lanciato in avanzamento dal fronte di scavo a piena sezione
ed utilizzato solo localmente per il superamento di accidenti tettonici o
idrogeologici;
-
L3: cunicolo pilota “passante”, realizzato preventivamente allo scavo di piena
sezione, lungo tutto lo sviluppo della galleria da realizzare;
2. per la collocazione in senso trasversale (fig. 2):
-
T1: cunicolo pilota ricavato all’interno della sezione della galleria da realizzare;
da notare che la sua collocazione altimetrica rispetto al piano dei centri viene di
volta in volta dettata dalla specifica utilizzazione.
Ad esempio se il cunicolo viene realizzato con funzione esclusivamente
drenante, allora sarà collocato in platea della costruenda galleria; se viene
invece impiegato per realizzare dei preconsolidamenti, il cunicolo verrà
collocato preferibilmente nella zona di calotta o centralmente alla sezione di
scavo definitiva;
-
T2: cunicolo pilota collocato lateralmente, all’esterno della sezione di scavo
della galleria definitiva, con interasse tale da rendere minima l’influenza
reciproca dei due cavi;
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-
T3: cunicolo pilota collocato nella zona di calotta, all’esterno della sezione di
galleria da realizzare, ad una quota tale da non compromettere lo scavo delle
galleria definitiva.
c) nei riguardi dei sistemi di scavo, che possono essere impiegati per la realizzazione
del foro pilota, normalmente si fa riferimento, a seconda dei tipi di terreno da
affrontare, allo:
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-
scavo con il “metodo tradizionale” (Foto 1), o avanzamento mediante volate
successive, con incidenze di esplosivo sempre piuttosto elevate e normalmente
superiori del 100% rispetto a quelle dell’avanzamento a piena sezione. Questo
sistema, che ben si adatta ai terreni lapidei, permette produzioni medie di 10
m/g;
-
scavo mediante “scudo” più o meno attrezzato per lo scavo meccanizzato in
terreni sciolti e in terreni coesivi, con produzione media di 20 m/g (Foto 2);
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-
scavo con “fresa” ad attacco integrale e continuo, con produzioni medie di 40
m/g per terreni lapidei (Foto 3);
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Questo sistema di scavo si è rilevato, sulla base di recenti esperienze,
particolarmente flessibile, consentendo avanzamenti, su tratte limitate, anche in
terreni sciolti, in terreni coesivi, in occasione di forti gradienti e di manifestazioni
idrauliche dell’ordine di qualche migliaio di litri al secondo (foro pilota FS S.
Leopoldo, 3600 l/sec. Foto 4).
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Che l’impiego del cunicolo pilota non rappresenti una novità nello scavo delle gallerie lo
testimoniano le numerose applicazioni registrate nel passato e che ancora oggi trovano
largo impiego. Si ritiene interessante a questo proposito, ripercorrere insieme alcune delle
principali applicazioni, can particolare riferimento all’analisi dei motivi che, nelle diverse
realizzazioni, hanno portato all’adozione di cunicoli pilota (Fig. 3)
Traforo ferroviario del Fréjus - Anno 1860 - Lunghezza 12800 m
In questo caso, come per gli altri grandi trafori alpini quali il S. Gottardo ed il Sempione, il
cunicolo
pilota,
chiamato
“galleria
di
direzione”,
precedeva
sistematicamente
l’avanzamento del cantiere d’allargo.
Durante il traforo del Fréjus, in particolare il cunicolo di avanzamento venne realizzato
all’interno della sezione definitiva a quota platea (Fig. 4), con la funzione primaria di vano
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ad uso dei topografi per il tracciamento e secondaria di decompressione preventiva
dell’ammasso roccioso sotto forte coazione a causa degli elevati carichi litostatici.
A proposito di quest’ultima funzione è interessante aprire una parentesi per far notare
come la carenza di mezzi adeguati, per il contenimento delle pareti di scavo (spritz beton e bullonature), obbligasse progettisti e costruttori a subire passivamente i fenomeni
deformativi, conseguenti all’apertura del cavo stesso, senza la minima possibilità di poter
intervenire per regimarli; ciò significava, quindi, accettare anche la creazione di una zona
elasticizzata di notevole potenza al contorno della futura sezione e l’innesco di quei
fenomeni di fluage, che normalmente risultano proporzionali ai volumi di roccia interessati
dalla rottura per sovratensione.
Galleria Ferroviaria Zuc del Bor (Udine) – Anno 1983 – Lunghezza di cunicolo 650 m
La galleria Zuc del Bor appartiene al tronco Carnia – Pontebba della linea ferroviaria
Udine – Tarvisio ed è la più lunga opera sotterranea (9233 m) nell’ambito del raddoppio
della Pontebbana.
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Per superare un accumulo di materiale (detrito di frana) completamente incoerente,
eterogeneo ed instabile nella zona iniziale dell’imbocco sud, è stato realizzato un cunicolo
pilota, ubicato fuori della sezione di scavo in zona calotta, che ha permesso il
consolidamento preventivo del terreno attorno alla sezione di scavo definitiva, garantendo
in tal modo la sicurezza operativa e permettendo l’avanzamento sistematico a piena
sezione della galleria principale.
Lo schema, con le varie tipologie di consolidamento, è riportato in Fig. 6; la Foto 7 illustra
gli imbocchi del cunicolo e della galleria.
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Galleria Ferroviaria Monte Olimpino 2 – Anno 1984 – Lunghezza 7209 m
Per evitare tutti i disagi del movimento ferroviario, derivanti dalla vecchia sagoma della
Galleria Monte Olimpino 1 e dalle forti pendenze della linea da Como verso Chiasso, è
stato studiato un tracciato di variante, in cui si inserisce, con la sua lunghezza di 7,209
km, la galleria in oggetto.
Dall’imbocco lato Chiasso è stato eseguito, per un tratto di circa 4500 m, un cunicolo
pilota con fresa ad attacco integrale e continuo di diametro 3,60 m (Foto 8), per risolvere
due tipi di problemi: la preventiva esplorazione geologico geotecnica della formazione
lungo il tracciato, il drenaggio in corrispondenza alla formazione calcarea.
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Linea Metropolitana MM3 e Passante Ferroviario (Milano) - Anno 1983/85
La costruzione delle gallerie di corsa della Linea 3 del Passante (date le particolari
caratteristiche del terreno di Milano incapace di auto sostenersi anche per brevi periodi),
quando sia prevista l’esecuzione dello scavo a foro cieco, risulta di difficile realizzazione
senza lo scavo di un cunicolo pilota attraverso il quale, con iniezioni, si possa consolidare
preventivamente un adeguato spessore di terreno al contorno delle sezione definitiva (fig.
7)
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Fig. 7 – Schema delle fasi operative
Le tecnologie adottate per la realizzazione di questo cunicolo pilota sono essenzialmente
due:
-
un sistema convenzionale, che consiste nell’alternare tratte di scavo di 9 m con
tratte di preconsolidamento mediante jet – grouting in avanzamento di 12 m (
Foto 9)
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Foto 9 – Metropolitana Milanese, Linea 3 (1985) – Cunicolo pilota realizzato mediante consolidamento jet –
grouting
-
un sistema meccanizzato con scudo ad abbattimento continuo ed integrale,
con posa in opera immediata di un rivestimento in panconcelli di legno confinati
da centine metalliche, in modo da contenere subito lo scavo e non innescare
decompressioni (Foto 10)
Entrambe le soluzioni hanno pienamente soddisfatto tutte le richieste della Committenza
e danno ampie garanzie di sicurezza nei confronti della stabilità delle strutture di
superficie.
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Galleria Ferroviaria Caponero (San Remo) – Anno 1985 – Lunghezza di cunicolo
3570 m
Sottopassare con la galleria ferroviaria l’abitato di San Remo in zone particolarmente
delicate per densità e vetustà di edifici, significava risolvere gli impegnativi problemi del
controllo delle vibrazioni e dei cedimenti.
La soluzione è stata fornita grazie all’impiego del cunicolo pilota, posizionato all’interno
della sezione definitiva, nella zona di calotta, realizzato con fresa ad attacco integrale e
continuo di 3,50 m di diametro.
Come descritto già in altri casi, l’eliminazione della rinora ha dato la possibilità di operare
gli allarghi con minore incidenza dell’esplosivo, quindi con effetti ridotti dell’onda d’urto
prodotta dalle volate e miglior contenimento
delle vibrazioni indotte nell’A.R. e sugli
edifici.
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Galleria Ferroviaria Zuc del Bor (Udine) – Anno 1986 – Lunghezza di cunicolo 3800
m
Nell'ambito dei lavori per la realizzazione della galleria ferroviari Zuc del Bor, il cunicolo
pilota ha trovato un'ulteriore applicazione.
Per limitare i notevoli ritardi accumulati a seguito di una preventiva geognostica di tipo
tradizionale, rilevatasi insufficiente e per ricondurre l'esecuzione della galleria nei tempi
programmati, è stato realizzato un cunicolo pilota con fresa ad attacco integrale e
continuo di 3,50 m di diametro che, a partire dal paramento di valle della galleria
principale a progr. 2800 (foto 11), è avanzato parallelamente alla galleria, ad un interasse
di circa 50 m, fino a superare, prima di rientrare in asse, il fronte di avanzamento a piena
sezione di circa 1000 m; ciò avrebbe permesso di lasciare al cantiere di avanzamento a
piena sezione, anche durante l'operazione di scavo del cunicolo, un polmone di lavoro di
circa 1 anno, tempo entro il quale si stimava che il foro pilota potesse essere completato
fino all'imbocco nord (fig. 8).
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Questo singolare tipo di applicazione del foro pilota, ha dato risultati più che
soddisfacenti, tenuto conto che la fresa ha fatto registrare produzioni medie di circa 4
volte superiori a quelle dell'avanzamento tradizionale.
Dall'esame dei casi di applicazione, sopra esposti, emerge che le funzioni attribuite al
cunicolo pilota nelle varie situazioni sono molteplici, drenaggio, controllo vibrazioni,
preconsolidamento, ecc.
E' opportuno far notare che ciascun cunicolo, pur essendo realizzato con una funzione
ben precisa, ha potuto assolvere contemporaneamente a molte altre esigenze operative;
per esempio il cunicolo pilota eseguito nella Galleria Ferroviaria Zuc del Bor (1986), citato
precedentemente, pur essendo stato realizzato con la specifica finalità di accelerare i
lavori di costruzione della galleria in oggetto, ha assolto ad altri compiti non meno
importanti quali:
•
prospezione geologico – geotecnica;
•
superamento di accidenti geologici tettonici a sezione ridotta;
•
abbattimento delle pressioni idrostatiche;
•
possibilità di realizzare preconsolidamenti preventivi all'allargo;
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•
possibilità di ridurre le incidenze di esplosivo durante la fase di allargo;
•
ventilazione dei cantieri in fase di scavo.
Se, parallelamente alle applicazioni già sopra citate, si prendono in esame le conclusioni
a cui sono pervenuti i diversi autori delle memorie dedicate ai cunicoli pilota presentate al
Congresso Internazione su "Grandi Opere Sotterranee" tenutosi a Firenze nel giugno del
1986, si ricava un quadro completo sui reali vantaggi tecnico – operativi che può offrire
l'impiego del cunicolo pilota nello scavo delle gallerie.
Questi sono prodotti dalla possibilità:
1 – di eseguire un prospezione avanzata in avanzamento di fondamentale importanza
onde eliminare ogni tipo di imprevisto geologico – geotecnico, idrogeologico;
2 – di operare il rilevamento geologico – geotecnico continuo e sistematico lungo il
tracciato, che garantisca un quadro diretto e completo della situazione litostratigrafica
geostrutturale e idrogeologica eliminando completamente le prospezioni in sondaggio
eseguite dalla superficie peraltro puntuali e che il più delle volte presentano difficoltà
operative al limite della fattibilità;
3 – di superare accidenti tettonici e geostrutturali a sezione ridotta, con la possibilità di
contenere e regimare in sicurezza qualsiasi fenomeno di instabilità rispetto alla piena
sezione;
4 – di effettuare preconsolidamenti preventivi alla realizzazione della grande sezione,
agendo direttamente su quelle porzioni di ammasso che presentano difficoltà di auto –
sostentamento, quindi ottimizzando gli interventi stessi.
5 – di abbattere le pressioni idrostatiche e di regimare i gradienti idraulici;
6 – di detensionare l'ammasso nel caso di presenza di forti stati latenti di tensione o di
grandi carichi litostatici con la possibilità di rilevare quasi in scala reale l'evoluzione
deformativa dell'ammasso roccioso;
7 – di contenere le vibrazioni conseguenti all'onda d'urto prodotta dalle volate in fase di
allargo grazie all'eliminazione della rinora;
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8 – di diminuire il disturbo all'ammasso roccioso al contorno dello scavo nella piena
sezione grazie alla minore incidenza di esplosivo durante la fase di allargo;
9 – di poter ventilare naturalmente il cantiere d'avanzamento (caso di cunicolo pilota
"passante");
10 – di ridurre i tempi di esecuzione della galleria principale, dal momento che la
disponibilità del cunicolo pilota passante offre l'opportunità mediante la realizzazione di
pozzi, discenderie e finestre d'accesso, di affrontare gli allarghi a piena sezione da più
punti d'attacco lungo lo sviluppo della galleria in costruzione.
È chiaro come tutta questa serie di vantaggi tecnico – operativi offerti dall'adozione del
cunicolo pilota comporti, nella realizzazione di una galleria, indubbi riflessi positivi sotto
l'aspetto programmatico, contrattuale ed economico.
Da un punto di vista programmatico l'esecuzione del foro pilota gioca un ruolo essenziale.
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La richiesta di tempi minimi per l'impianto di cantiere e la possibilità di poter contare su
produzioni medie – elevate anche nel caso di superamento di accidenti tettonici, fanno si
che per gallerie di lunghezza dell'ordine di 5000 – 7000 m la completa realizzazione del
foro pilota possa rientrare negli usuali tempi d'impianto cantiere per l'avanzamento a
piena sezione.
D'altra parte la presenza del foro pilota prima dell'inizio dei lavori di allargo a piena
sezione, permette di potere quantificare, in termini di estensione e di tempi, gli interventi
che garantiranno la sicurezza operativa della fase d'allargo, consentendo anche un
programma esecutivo degli allarghi stessi aderente alle reali condizioni dell'A.R.
In termini contrattuali, la presenza del foro pilota, potendo trattare il momento del progetto
esecutivo alla stessa stregua di una qualsiasi altra opera d'ingegneria, consente di
eliminare, una volta per tutte ed in maniera radicale, il contenzioso che in genere si
instaura fra Ente Appaltante e Impresa.
L'attuale orientamento delle Committenze è quello di scorporare l'esecuzione del foro
pilota dall'appalto delle opere d'allargo, evitando in tal modo tutte le alee di rischio
connesse ad un'offerta basata su di una conoscenza dell’A.R. Incompleta ed
approssimativa.
In termini economici, si potranno registrare da un lato vantaggi "diretti" derivanti dal
risparmio:
•
sulla campagna geognostica di superficie (sondaggi verticali in asse galleria,
geosismica, geoelettrica, ecc.);
•
per il minore consumo di esplosivo;
•
per le minori spese di ventilazione durante la costruzione;
•
per l'ottimizzazione degli interventi di preconsolidamento, operati direttamente sulla
zona interessata da particolari accidenti geologico – geotecnici;
dall'altro vantaggi "indiretti" dovuti al fatto di poter programmare in maniera aderente alla
realtà tutte le operazioni e tutte le fasi di scavo della piena sezione con sicurezza quasi
completa di rientrare, in termini di tempi tecnici e di spesa, entro i limiti previsti.
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3.
Cunicolo pilota come mezzo per la progettazione
Tra le diverse funzioni, in precedenza analizzate, alle quali può assolvere il cunicolo pilota
"passante" nella realizzazione di una galleria, la funzione di gran lunga più importante e
rivoluzionaria è di offrire, allora, la possibilità di progettare la galleria nel suo assetto
definitivo come una qualsiasi altra opera di ingegneria e cioè in aderenza alla realtà; ciò
significa che la galleria diventa un'opera programmabile con tutto ciò che ne deriva in
termini contrattuali, di tempi e di costi.
Il cunicolo pilota "passante", utilizzato fino ad oggi solo come "mezzo per la costruzione"
di gallerie, d'ora in poi potrà e verrà impiegato anche come "mezzo per la progettazione"
producendo così, per le conseguenze che porterà nel campo delle grandi realizzazioni in
sotterraneo, una svolta che, senza mezzi termini è possibile definire storica.
Si può allora parlare di nuova metodologia o di progettazione di una galleria con il
"metodo del foro pilota". Le basi del metodo sono state gettate da alcuni autori in
occasione del Congresso sulle Grandi Opere Sotterranee 1986 e sono riprese in questa
sede al fine di offrirne, alla luce anche di recenti esperienze, un inquadramento più
organico.
Il "Metodo RS" del foro pilota (Becchi – Calistri – Lunardi – Orsi, 1986) rappresenta, nel
suo insieme di procedure, il primo tentativo di inquadramento del problema e si propone
come una vera alternativa ai tradizionali metodi d'indagine finalizzati alla progettazione
delle gallerie.
Mediante la raccolta e la successiva elaborazione dei dati ricavabili dall'apertura di un foro
pilota (un sondaggio orizzontale a misura d'uomo) realizzato con una macchina fresatrice
per lo scavo integrale e continuo, si riesce ad avere una completa ed organica
caratterizzazione dal punto di vista litostratigrafico, geo – strutturale, geomeccanico e
idrogeologico dell'ammasso interessato dallo scavo.
L'esecuzione di un cunicolo con una fresa di piccolo diametro (3
4 m) è attualmente
quanto di più avanzato si possa richiedere ai metodi di indagine preventiva, in quanto lo
stato di alterazione e la condizione di fratturazione che si possono rilevare all'interno del
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cunicolo subito dopo il passaggio della macchina, coincidono ragionevolmente con le
caratteristiche dell'ammasso allo stato naturale.
Infatti, malgrado che la spinta globale esercitata sul fronte della testa di abbattimento
possa essere molto elevata, il valore unitario della spinta non supera qualche kg/cmq, per
cui gli effetti di disturbo sulla roccia sono minimi.
Il rilievo geologico – geostrutturale di dettaglio eseguibile all'interno del foro pilota,
l'acquisizione sistematica dei parametri inerenti il comportamento della fresa durante lo
scavo, la verifica delle elaborazioni sui dati fresa e la determinazione di altre
caratteristiche geomeccaniche mediante prove e misurazioni in sito, permettono di
effettuare una progettazione aderente alle reali condizioni incontrate dal tracciato della
galleria da realizzare.
È importante sottolineare fin dall'inizio che i presupposti per la corretta applicazione del
"Metodo RS" per la progettazione di una galleria sono:
•
l'impiego di una fresa ad abbattimento integrale e continuo opportunamente
strumentata;
•
terreni le cui caratteristiche geomeccaniche possono garantire, in termini di spazio
e di tempo, un minimo di stabilità del foro fresato e velocità di avanzamento della
macchina da medie ad elevate;
•
la presenza del foro pilota lungo tutto lo sviluppo della galleria (cunicolo
"passante").
L’apertura del foro pilota, dati i mezzi e le modalità di esecuzione, dà la possibilità di
avere a disposizione una serie di metodologie di caratterizzazione che, considerate nel
loro insieme, danno un quadro globale esauriente di tutti gli elementi necessari ad una
progettazione esecutiva.
Nell’impostazione di tale tipo di progettazione i possibili elementi d’analisi sono 3 (fig. 9):
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1 – il volume di scavo del foro pilota;
2 – la superficie ed il profilo di scavo del foro;
3 – l’ammasso roccioso al contorno.
Sulla base dei dati forniti dall’analisi di questi elementi e dall’osservazione diretta sul
comportamento dell’A.R., sia all’atto dello scavo, che per i periodi di tempo successivi
durante i quali avviene l’evoluzione delle pareti perimetrali del foro per alterazione dovuta
al contatto con l’atmosfera ed all’insorgere delle sovratensioni indotte dall’apertura del
cavo, potranno poi essere individuati i sistemi di calcolo più adeguati per la verifica della
stabilità della galleria in fase di allargo e per il dimensionamento degli interventi di
stabilizzazione e di contenimento delle pareti di scavo a breve e lungo termine (fig.10)
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Il volume di scavo
Il cunicolo pilota realizzato con una grande fresa ad attacco integrale è, a grande scala,
l’equivalente di un sondaggio eseguito a distruzione di nucleo.
Dal momento che l’esame del materiale di risulta della fresatura può fornire solo scarse
indicazioni, l’attenzione del progettista deve rivolgersi ad un aspetto ben più significativo:
al lavoro compiuto dalla macchina sia per distruggere il nucleo di terreno competente sia
per avanzare nel “mezzo” ammasso roccioso.
Seguendo questa strada, si nota come la caratterizzazione geomeccanica della roccia
sottoposta all’azione di abbattimento dalla macchina fresatrice ad attacco integrale e
continuo sia possibile tramite l’analisi dei parametri di avanzamento e di funzionamento
della macchina stessa.
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Gli studi fino ad ora compiuti sull’interazione roccia – fresa si sono rivolti per lo più alla
qualificazione geomeccanica dell’A.R. mediante prove di laboratorio ed in sito, con il
preciso scopo di definire la fresabilità di un terreno in riferimento ad un tipo o ad un altro
di macchina.
Inizialmente i ricercatori hanno tentato la strada dell’analisi comparativa con la
perforazione rotary, cercando di trasferire al campo dello scavo con la fresa tutta
l’esperienza ed i risultati ottenuti nel campo delle perforazioni.
Nello sviluppo storico delle macchine ad abbattimento integrale e continuo il primo
tentativo di correlare le prestazioni dei tunneler con qualche caratteristica della roccia, ha
preso in esame essenzialmente prove di laboratorio quali la resistenza a rottura sotto
compressione semplice e il contenuto di quarzo come indice di “abrasività”.
I parametri dedotti esclusivamente da prove di laboratorio non si sono rilevati in grado da
soli di descrivere l’ammasso roccioso in modo sufficiente a caratterizzare il
funzionamento della macchina.
Il problema metodologico è andato emergendo con lo svilupparsi delle ricerche: è
evidente infatti che anche le condizioni geostrutturali dell’ammasso roccioso rilevabili in
sito dovessero avere la loro importanza.
È stata quindi tentata la strada dell’analisi a posteriori, cioè dal confronto fra i dati
geologici e geotecnici rilevati durante l’esecuzione del lavoro ed i dati di funzionamento
ed avanzamento della fresa, cercando quindi una relazione tra uno o più parametri
caratteristici della roccia e la perforabilità con fresa della roccia stessa.
A tutt’oggi la ricerca non ha esplicitato nessun legame funzionale ma, se non altro, ha
permesso di individuare i parametri che maggiormente influenzano le prestazioni di una
fresa in un dato contesto geologico – tecnico.
Lo stato dell’arte in questo campo può essere considerata la memoria di “N. Innaurato ed
altri” presentata al Congresso di Firenze del giugno 1986.
Secondo gli autori la definizione di un eventuale coefficiente di escavabilità, mediante
fresa, dovrà dipendere: da un parametro della roccia misurato in laboratorio; da un fattore
di qualità della roccia in posta che comprenda la globalità della discontinuità, la loro
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orientazione, le caratteristiche delle superfici; da un fattore di penalizzazione per
l’attraversamento di zone di minor resistenza, da un fattore di abrasività della roccia.
Disponendo di un tale coefficiente, si avrà la possibilità di stimare il tempo totale
necessario allo scavo con fresa e di fare conseguentemente una previsione sul
comportamento della fresa stessa.
Nell’ottica del “Metodo RS” del foro pilota, invece, ci si preoccupa meno di studiare a
fondo il problema della “fresabilità”, e si da per certa, vista l’elasticità e l’adattabilità
raggiunta dalle macchine ai vari tipi di terreno, la fattibilità dello scavo meccanizzato ed
un suo sicuro rendimento.
Da qui deriva una diversa impostazione del problema dell’interazione roccia – fresa: fino
ad ora si ricercava un indice di abbattibilità della roccia, partendo dalla conoscenza delle
caratteristiche meccaniche di quest’ultima, oggi l’obbiettivo può essere quello di sfruttare
le prestazioni stesse della macchina, unitamente ad altre informazioni, allo scopo di
caratterizzare l’ammasso roccioso per la progettazione esecutiva della futura galleria:
l’impostazione del problema del “Metodo RS” viene così praticamente ribaltata.
Partendo dal dato di fatto che, grazie al progresso tecnologico, le frese hanno subito una
profonda evoluzione, potendo oggi affrontare sia le rocce più dure sia, con le dovute
cautele, anche formazioni che non sempre garantiscono la stabilità del cavo, si è
ipotizzato di poter utilizzare la fresa stessa come “elemento sensibile” atto a differenziare
le zone a diversa resistenza geomeccanica, pur nei limiti e con le precisioni proprie della
grande scala dell’ammasso.
Attraverso l’analisi e l’elaborazione delle registrazioni continue dei parametri di
funzionamento e di avanzamento della fresa è possibile avere una documentazione
precisa e oggettiva di ciò che la macchina incontra durante le sue fasi di scavo; variazioni
di comportamento della macchina denunciano mutamenti nella situazione geostrutturale
e geomeccanica (a meno di variazioni dovute a problemi tecnici propri della macchina
stessa che sono facilmente rilevabili e identificabili).
In fig. 11 si vede un esempio di output grafico dell’archivio dati fresa (“scheda tipo 1”), in
cui sono riportati tutti i valori puntuali dei parametri propri del funzionamento della
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macchina (memorizzati direttamente in cantiere con un sistema di acquisizione
automatico) oltre ad alcune elaborazioni.
In fig. 12 invece è riportato un quadro da cui si può notare come l’archivio automatizzato
permette anche di avere una visione completa sul comportamento della fresa per tratte
più o meno lunghe o su tutta la lunghezza della galleria; oltre alla velocità d’avanzamento
e alla spinta alla testa è riportato anche l’andamento dell’energia specifica, parametro la
cui utilità verrà chiarita di seguito.
L’ipotesi d’uso della fresa nel “Metodo RS” è quindi quello di riuscire a stimare in modo
continuo la resistenza dell’ammasso in funzione dei parametri di avanzamento e di
funzionamento della fresa stessa.
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Da un’attenta analisi degli studi effettuati fino ad oggi, ed in considerazione della nostra
esperienza, si è ritenuto possibile per la determinazione della resistenza dell’ammasso
percorrere due strade distinte:
1) Seguire la teoria dei penetratori lineari (Mancini, 1975), applicata al meccanismo di
penetrazione dei dischi nella roccia attraverso la quale note le caratteristiche di
spinta e di avanzamento è possibile determinare le caratteristiche di resistenza
della roccia stessa;
2) Adottare come riferimento l’energia specifica: “la quantità di energia necessaria a
rompere un’unità di volume di roccia” (Teale, 1965); tentativi di correlare la
resistenza a compressione monoassiale da prove di laboratorio e valori di energia
specifica sono stati compiuti fin dal 1972 da Gaye anche se con finalità diverse.
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Con il sistema d’acquisizione automatica studiato della Rocksoil di Milano in
collaborazione con la SIS Geotecnica e con un software debitamente preparato è
possibile ottenere per ognuno dei due metodi una funzione continua per tutta la
lunghezza dello scavo.
Da notare che la maggiore differenza fra le due strade è rappresentata da un maggior
campo di variazioni dei valori di resistenza stimati usando la teoria dei penetratori rispetto
all’energia specifica di scavo.
Il criterio che attualmente si sta verificando è quello secondo il quale l’energia specifica di
scavo, calcolata come potenza impiegata dai motori della testa fresante per abbattere un
metro cubo di roccia, è legata funzionalmente, con l’approssimazione della grande scala,
alla resistenza intrinseca dell’ammasso.
Tale criterio sembra che ben rappresenti le condizioni reali.
Dall’esperienza conseguita si è evidenziato che questo criterio non è però verificato in
terreni caratterizzati da forte alterazione o fatturazione quali paleofrane, paleoalvei, o zone
di faglia nelle quali la testa impiega la quasi totalità della sua potenza non tanto
nell’azione di scavo ma in operazioni quali il brandeggio del fronte, la raccolta e
l’allontanamento del materiale di risulta o nel superamento di situazioni molto particolari.
Superficie e profilo di scavo del foro pilota
La superficie perimetrale del foro pilota, per il ridotto disturbo prodotto dall’azione della
fresa, può considerarsi un libro aperto a scala naturale, su cui si possono leggere le
vicende stratigrafiche, litologiche, strutturali, tettoniche ed idrogeologiche dell’ammasso
roccioso (fig. 12,13).
Il metodo del foro pilota prevede una raccolta ed un’archiviazione automatica di tutti i dati
connessi a:
-
indice di fatturazione;
-
giacitura dei piani di discontinuità;
-
geometria delle fratture;
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-
caratteristiche del materiale di riempimento;
-
scabrezza e resistenza delle superfici a contatto;
-
rilasci di roccia;
-
interventi di consolidamento;
-
venute d’acqua;
-
caratteristiche fisico – meccaniche della matrice rocciosa;
-
tipo litologico;
-
carico citostatico.
Per l’archiviazione si è messo a punto una scheda di rilievo dati nella quale è possibile
sintetizzare ogni elemento di spicco e che rende praticamente immediato il trasferimento
dei dati stessi sull’elaboratore (fig.13).
Con il software, che crea per ogni galleria l’archivio dei dati geologici avendo in memoria
anche tutte le caratteristiche geometriche del tracciato, è possibile avere in output delle
schede su cui in modo chiaro e sintetico sono riportati tutti i dati del rilievo.
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Un esempio di tale uscita grafica (“scheda tipo 2”) e la leggenda dei dati che attualmente
è possibile archiviare è riportato in fig. 14.
Fig. 14a – Legenda archivio dati geologici
L’archivio automatizzato consente di avere la piena disponibilità e gestibilità dei dati
rilevati in galleria; è possibile eseguire automaticamente il calcolo dell’indice di
suddivisione Irs [ml/m2] su una tratta di cunicolo qualunque (vedi fig. 15) oltre di poter
disporre di schede su cui vengono riassunti, per tratti di galleria in esame, l’andamento
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qualitativo di tutti i parametri di rilievo, ad esempio in figg. 16 e 17 sono riportati il tipo di
andamento dei distacchi e degli interventi.
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La conoscenza dei tipi di interventi di stabilizzazione (foto 14 e 15), la localizzazione sul
contorno del cavo del fuori sagoma e dei fenomeni di instabilità (foto 16) permette poi di
formulare, per ogni tratta di galleria, attendibili ipotesi progettuali.
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Ammasso roccioso al contorno del foro pilota
Lo studio del comportamento allo scavo dell’A.R. al contorno del foro pilota, condotto sia
in fase di avanzamento della fresa sia una volta ultimato il traforo, permette di integrare il
quadro geologico – geomeccanico fornito dai rilevamenti descritti ai punti relativi da un
lato all’abbattimento meccanizzato del nucleo, dall’altro alla profilatura del cavo, agli
interventi di stabilizzazione, alla situazione geostrutturale, ecc.
La possibilità di accedere attraverso il cunicolo pilota a qualsiasi punto del tracciato,
agendo su porzioni di ammasso praticamente indisturbate grazie al tipo di abbattimento
adottato, offre l’opportunità di cogliere con estrema chiarezza la risposta dell’A.R., in
termini di deformabilità, alla mutata situazione dello stato tensionale al contorno del cavo
(fig. 18).
Le deformazioni superficiali del profilo di scavo sono rilevabili, durante la loro evoluzione
nel tempo e nello spazio, attraverso le letture di convergenza tra i riferimenti fissati alle
pareti di scavo.
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Le deformazioni profonde, all’interno dell’A.R., sono invece rilevabili attraverso il
posizionamento di sondaggi radiali a partire dal cunicolo di 2estensimetri recuperabili”
(foto 17 e 18).
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Con questo tipo di strumento, studiato appositamente per le applicazioni del foro pilota, è
possibile seguire l’evoluzione dei fenomeni deformativi interni all’ammasso, dal momento
dell’apertura del cunicolo, all’apertura degli allarghi fino al getto dei rivestimenti definitivi.
La caratterizzazione geomeccanica dei diversi tipi litologici, ben identificabili lungo le
superfici di scavo, viene poi completata attraverso l’esecuzione di prove di laboratorio,
eseguite su campioni prelevati in sondaggi radiali e da prove in sito di tipo tradizionale,
quali (fig. 19):
-
prove di martinetto piatto in parete per l’identificazione e la lettura degli stati di
coazione al contorno del cavo (Foto 19);
-
martinetto cilindrico per la determinazione dei moduli di deformazione totale e di
elasticità dell’ammasso (Foto 20).
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A ciò si accompagna l’osservazione diretta e il rilevamento dei fenomeni di rottura
immediata o differita al contorno di scavo (colpi di tensione, flambage, estrusione di
materiale d’interstrato, ecc.)
Aspetti progettuali
Abbiamo visto come la raccolta sistematica dei parametri di funzionamento della fresa in
fase di scavo possa permettere la produzione di “schede tipo 1” (fig. 11), dalle quali,
mediante opportune elaborazioni, sembra possibile ricostruire l’andamento della
resistenza dell’ammasso dei diversi litotipi interessati dal tracciato del cunicolo pilota.
D’altra parte si è constatato come il rilevamento di dettaglio e continuo del profilo e della
superficie di scavo in termini litostratigrafici, strutturali, di tipologie, di instabilità e di
interventi di stabilizzazione porti alla complicazione di “schede tipo 2” (fig. 14), dalle quali,
attraverso elaborazioni, si possono ricavare diagrammi di classificazione dell’ammasso
roccioso in categorie di comportamento (“schede tipo 3”) che, sulla base di recenti
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esperienze (Becchi, Calistri, Lunardi, Orsi 1986), risulta essere molto simile a quello della
resistenza d’ammasso fornita dalla “scheda tipo 1”.
La caratterizzazione geomeccanica, ottenuta attraverso prove in sito all’interno del foro
pilota, e le prove di laboratorio completano poi il quadro generale, permettendo di
attribuire alle diverse categorie di comportamento individuate attraverso le “schede tipo
2” quei parametri geotecnici necessari per operare in fase di progettazione la diagnosi dei
carichi, la previsione dei fenomeni deformativi, la definizione degli interventi di
contenimento del cavo a breve e a lungo termine in piena aderenza alla realtà.
4.
Considerazioni conclusive
Ad integrazione di quanto trattato, che dovrà essere oggetto di ulteriori affinamenti,
anche in vista di future applicazioni è opportuno aggiungere alcune considerazioni:
-
anche se fino ad oggi le esperienze in fatto di cunicoli pilota si riferiscono a gallerie
di lunghezza non inferiore a 4 km circa, non è da escludere che, per il futuro,
grazie alla sempre più ridotta incidenza dei tempi di montaggio e smontaggio di
cantiere delle apparecchiature fresanti, l’impiego del cunicolo pilota possa essere
esteso con beneficio tecnico ed economico anche nella costruzione di galleria più
corte: almeno fino ad 1 km;
-
le recenti esperienze indicano che il campo di applicazione di macchine fresanti ad
azione integrale, grazie alla messa a punto di particolari artifici meccanici, si va
sempre più ampliando. Oggi praticamente tutti i terreni a consistenza lapidea da
fratturati a molto fratturati fino ad incoerenti possono essere affrontati con
successo. È ovvio che, per il raggiungimento ottimale della macchina bisogna, in
fase di definizione dei tracciati delle gallerie (quindi dei fori pilota) ridurre al minimo
gli attraversamenti di accidenti tettonici che normalmente si manifestano come
fasce di materiali cataclasati, milonitizzati, talvolta inglobati in matrice argillificata a
consistenza plastica.
D’altra parte in terreni coesivi a consistenza plastica, prevedibili su lunghe tratte, la
fresa ad attacco integrale dovrà essere sostituita da scudi attrezzati per la posa di
prerivestimenti di tipo prefabbricato.
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-
nel campo della progettazione e della costruzione delle opere sotterranee in
generale da qualche anno si sta verificando un profondo processo evolutivo, che si
può spiegare solo come un adeguamento ai progressi compiuti dall’uomo negli
ultimi decenni in campo sociale economico, scientifico e tecnologico.
Progettare e costruire galleria è sempre stata considerata un’arte e in passato,
progettazione e costruzione, nella pratica si sono spesso identificate.
È sempre stato, e in parte lo è anche oggi, uno dei pochi campi dell’ingegneria dove, per
la moltitudine di variabili che entrano in gioco, la realizzazione di un’opera viene ancora
considerata un’avventura e l’opera finita è tutt’ora considerata come una costruzione
unica nel suo genere, irripetibile e non riproducibile.
Oggi, questo tipo di impostazione, che lascia molto all’improvvisazione, non si sposa più
con le esigenze di pianificazione e programmazione sia in termini di tempi di esecuzione
sia in termini di costi; ciò significa che progettazione e costruzione di un’opera
sotterranea non possono più identificarsi, e che entrambe devono avere un ruolo, in
senso cronologico e pratico, ben definito.
Sotto quest’aspetto, l’impiego del foro pilota rappresenta sicuramente un punto di
partenza, in quanto affida per la prima volta alla progettazione, uno spazio ed un ruolo
che, nella storia delle gallerie, non ha mai posseduto, garantendo in fase di assunzione
progettuale e di scelte costruttive una grande chiarezza.
Il “Metodo RS” proposto per la progettazione, rappresenta invece un primo tentativo di
dare un inquadramento organico a questo nuovo sistema operativo, un primo approccio
ad un tema solo di recente oggetto di attenzione da parte degli addetti ai lavori, per il
quale riamane molto da fare sia sotto il profilo tecnico, sia sotto il profilo sperimentale.
[2] “Lo scavo delle gallerie mediante cunicolo pilota” – Pietro Lunardi – Le strade (anno
XCV, n. 1292 marzo/aprile 1993
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50
C - Le gallerie ferroviarie e la sicurezza [3]
1) Introduzione
Il progetto di ogni struttura o sistema ingegneristico più o meno complesso è il risultato
della combinazione congiunta di diversi fattori/obbiettivi che possono però sempre
riassumersi in tre categorie: la funzionalità dell’opera cui l’opera stessa è riferita; la
sicurezza che l’opera garantisce nei confronti della comunità durante la sua costruzione
ed il suo esercizio; la fattibilità tecnico – economico – ambientale dell’opera.
Nel caso delle grandi opere questi tre fattori si combinano in modo da essere quasi
inscindibili e risulta impossibile raggiungere e riassemblare i tre obbiettivi su piani diversi.
Ogni aspetto di progetto diviene così un tutt’uno di esigenze funzionali e di sicurezza
coordinate nell’ottica della fattibilità.
Il progetto di una lunga galleria ferrovia rientra a piano titolo nella categoria delle grandi
opere dell’ingegneria e in quanto tale non sfugge alla logica sopra accennata, risultando
così, di caso in caso, funzione del caso stesso.
Si riassumono di seguito le principali caratteristiche che deve possedere un “sistema”
galleria ferroviaria affinché siano raggiunti gli obbiettivi ad essa attribuiti dalla comunità.
2) Generalità
Le gallerie ferroviarie sono dei passaggi coperti composti da uno o più tunnel ferroviari e,
a seconda del sistema utilizzato per la loro costruzione, si distinguono in:
•
gallerie naturali, o a foro cieco, costruite mediante scavo tubolare e successivo
rivestimento;
•
gallerie artificiali, o a cielo aperto, costruite scavando una trincea, rivestendola in
muratura, ricoprendola con una volta e poi rinterrando lo scavo.
•
La galleria ferroviaria possiede uno o più binari ferroviari, disposti in uno o più fori
paralleli, e viene utilizzata per il traffico ferroviario che può essere composto da
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traffico passeggeri e/o da traffico merci. Ad ogni galleria sono a volte connessi altri
tunnel ognuno dei quali assolve una funzione ben precisa:
•
tunnel di collegamento fra le gallerie, nel caso di gallerie costruite su fori
paralleli;
•
tunnel di lavoro per le squadre addette alla manutenzione;
•
tunnel di servizio come per esempio i tunnel di ventilazione;
•
tunnel di uscita;
•
tunnel per i soccorsi.
I tunnel per i soccorsi sono degli accessi che vengono utilizzati dall’equipaggio di
soccorso in caso di incendio o di altre situazioni di emergenza.
I pozzi sono collegati alla galleria e vengono utilizzati per la ventilazione e l’estrazione dei
fumi, ma anche come vie di uscita, di soccorso e di servizio.
La configurazione di una galleria ferroviaria può essere di diverso tipo: la scelta della
tipologia dipende dall’estensione del traffico, dal progetto delle attrezzature di sicurezza,
dalla sua lunghezza e dalle caratteristiche del suolo e delle rocce che essa deve
attraversare.
Dal punto di vista della sicurezza, possono considerarsi fondamentalmente due macro
tipologie alternative tra loro, anche se per ognuna di esse possono individuarsi ulteriori
sotto – tipi:
1) tunnel a singola canna, a singolo o doppio binario, con vie d’uscita attraverso i
portali o attraverso intersezioni trasversali appositamente previste per la sicurezza,
con eventuale tunnel di servizio parallelo;
2) tunnel a doppia canna gemellati, con uno o due binari per canna e sviluppo
parallelo, collegati tramite connessioni equipaggiate con porte antifuoco e sistemi
di bloccaggio dei fumi, con eventuale tunnel di servizio parallelo.
Focalizzando l’attenzione esclusivamente sul raggiungimento degli obbiettivi di sicurezza
nell’eventualità di un evento accidentale più o meno grave, un’analisi superficiale di
queste due macro – tipologie porterebbe ad affermare che, nel progetto di nuove
infrastrutture o nella riqualificazione di infrastrutture esistenti, la tipologia dei tunnel a
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doppia canna è l’unica che merita attenzione, per la sua capacità di isolare il tracciato
dell’incidente e fornire accessi ed uscite sicure sull’altro tracciato.
Ciò perché i tunnel a doppia canna attrezzati di frequenti collegamenti trasversali hanno
evidenti vantaggi di sicurezza, che però hanno un notevole presso da pagare. Essi
possiedono infatti anche delle proprietà svantaggiose che non sono ugualmente ovvie,
come un elevato surplus di costi rispetto alla soluzione a singola canna e di impatto
ambientale dovuto alla maggiore quantità di scavi.
L’aspetto delle differenza di costo è un fattore importante nelle scelte progettuali, dato
che la sicurezza è accettabile in tutte le alternative.
3) Il sistema galleria
Il sistema tunnel è costituito dalla galleria o dall’insieme di gallerie, soggette all’esercizio
ferroviario, collegate fra loro funzionalmente e strutturalmente.
Esso comprende sia l’equipaggiamento infrastrutturale ordinario che tutte le misure di
sicurezza (predisposizioni strutturali, impiantistiche e organizzative), interne o esterne ivi
presenti, finalizzate all’esercizio e alla manutenzione.
La pianificazione e la progettazione delle parti strutturali di un tunnel viene effettuata
considerando una vita utile di 100 anni; mentre per le strutture interne e per le
apparecchiature installate si considera una vita utile di 50 anni.
Nella progettazione delle gallerie devono essere considerate tutte le misure di sviluppo
della rete ferroviaria con particolare riguardo all’elettrificazione e alla velocità.
Elementi strutturali
Le parti strutturali esterne di una galleria sono le strutture portanti, le strutture realizzate
davanti ai portali d’ingresso e le strutture di rinforzo.
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Per strutture portanti si intendono tutte le strutture del sistema portante principale della
galleria che hanno un’influenza sulla capacità portante e sulla stabilità della galleria
stessa.
Le strutture ai portali del tunnel includono tutte quelle strutture portanti per mezzo delle
quali il tunnel è collegato all’ambiente esterno.
Le strutture di rinforzo includono tutte quelle strutture direttamente collegate alle strutture
portanti e che contribuiscono alla capacità portante del tunnel.
Le parti strutturali interne alla galleria includono tutte le parti strutturali che non
appartengono al sistema portante principale della galleria ma che devono comunque
possedere una capacità portante e una certa stabilità. Le parti strutturali interne alla
galleria includono, per esempio, le strutture di rivestimento quali le strutture del soffitto e
delle pareti, così come l’armamento ferroviario e la sovrastruttura.
Le strutture di rivestimento comprendono, anche, l’impermeabilizzazione, l’isolamento
termico e la protezione contro l’incendio. La sottostruttura include gli strati di supporto ed
i binari ferroviari.
Installazioni e sistemi tecnici
Le installazioni ed i sistemi tecnici dei tunnel ferroviari includono: l’apparecchiatura di
elettrificazione e di sicurezza del binario, l’apparecchiatura di ventilazione e di
illuminazione;
l’apparecchiatura di drenaggio;
l’apparecchiatura di sicurezza, e
l’apparecchiatura per il monitoraggio ed il controllo.
Il sistema elettrico include il sistema di elettrificazione del binario ferroviario ed i sistemi
elettrici relativi alla ventilazione, al riscaldamento, alla rimozione del fumo, al drenaggio,
alla distribuzione dell’energia, all’illuminazione e alla trasmissione dei dati per il
monitoraggio delle attività e della sicurezza.
Il sistema di ventilazione comprende tutti i sistemi e le attrezzature per la ventilazione
naturale e forzata che vengono utilizzati per l’areazione e per la rimozione del fumo dalla
galleria
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Il sistema di illuminazione include tutti i sistemi che vengono utilizzati sia per
l’illuminazione normale che per l’illuminazione di sicurezza e di emergenza del tunnel.
Il sistema di drenaggio include la rete di tubazioni, i pozzi, i bacini e le attrezzature che
servono il tunnel e che vengono utilizzati per l’accumulazione, la rimozione e il
trattamento dell’acqua per il drenaggio, per lo spegnimento degli incendi, così come per
la raccolta di tutti i liquidi che possono fuoriuscire dai vagoni nelle situazioni di incidenti.
Il sistema di sicurezza include tutti i sistemi che vengono utilizzati per garantire la
sicurezza nel tunnel e che quindi assicurano un regolare funzionamento del traffico
ferroviario e dei soccorsi in caso di incidente e l’impedimento di atti di vandalismo
all’interno del tunnel.
Il sistema di monitoraggio e controllo include tutta l’apparecchiatura per verificare e
controllare l’utilizzo della galleria e l’impiego delle attrezzature.
4) Il progetto della sezione
RFI (Rete Ferroviaria Italiana) è la società che gestisce l’intera rete infrastrutturale del
Gruppo FS (Ferrovie dello Stato) e garantisce la sicurezza della circolazione ferroviaria
sull’intera rete, sviluppando le tecnologie dei sistemi e dei materiali ed assicurando il
mantenimento in efficienza della rete stessa.
RFI è stata costituita il 1° luglio 2001, a conclusione del processo di riorganizzazione del
Gruppo Ferrovie dello Sato iniziato, per rispondere alle Direttive comunitarie, nel 1998 con
l’istituzione della Divisione Infrastruttura e proseguito con la costituzione della società
TRENITALIA il 1° giugno 2000.
La Società RFI ha redatto, nel 2002, il “Manuale progettazione gallerie” che costituisce
una documentazione di riferimento nell’attività di progettazione delle gallerie ferroviarie
italiane. Il manuale fa parte della sezione II del documento “Prescrizioni tecniche per la
progettazione esecutiva”.
Nel manuale vengono specificati tutti gli elaborati che bisogna predisporre a seconda del
livello progettuale che si intende raggiungere (preliminare, definitivo, esecutivo).
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Le indicazioni presenti nel manuale vengono applicate per la progettazione di gallerie
nuove sia naturali che artificiali.
Standard di riferimento progettuali del gruppo FS
Gli standard di riferimento per la definizione della sezione tipo (figura 4.1 -4.2) di gallerie
naturali ed artificiali vengono definiti in funzione della velocità di progetto, del tracciato e
del tipo di alimentazione elettrica.
Le gallerie, al loro interno, sono provviste di nicchie, nicchioni e camere di deposito.
Le nicchie, adibite al ricovero del personale della manutenzione, devono avere un
interasse di circa 25 m senza, però, superare i 30 m; devono possedere una larghezza di
2,40 m, un’altezza di 2,20 m ed una profondità di 0,80 m (Figura 4.3)
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Nel caso di gallerie a doppio binario, le nicchie vengono realizzate affacciate fra loro, nel
caso di gallerie a semplice binario sono invece disposte tutte sullo stesso lato. Il piano di
calpestio deve avere una pendenza dell’ 1% verso l’interno della galleria. Nel caso di
gallerie superiori a 2 km, le nicchie devono essere attrezzate con armadietti distinti per il
contenimento di mascherine, di torce a vento, di telefonia fissa posta in scatole stagne a
distanza minore o uguale a 500 m, di citofoni a distanza minore o uguale a 250 m e del
sistema idrante, che non deve trovarsi mai in corrispondenza di nicchie con quadri
elettrici.
I nicchioni devono essere costruiti ad una distanza non superiore a 250 m se le nicchie
hanno un interasse di 25 m oppure ad una distanza non superiore a 240 m se le nicchie
hanno un interasse di 30 m; devono possedere una larghezza di 2,80 m per una
profondità di 3,30 m o 4,10 m, ed un’altezza di 2,20 m (figura 4.4). Il piano di calpestio
deve avere una pendenza dell’1% verso l’interno della galleria.
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Le camere di deposito vengono realizzate nel caso di tunnel superiori a 2 km se richieste
dal committente ed hanno una distanza che solitamente varia fra 1 e 1,5 km. Le camere
hanno una lunghezza di 12 m, una sezione ad ovoide con larghezza di 3,80 m alla base e
altezza di 4,50 m alla chiave (Figura 4.5). Le camere di deposito vengono utilizzate per il
deposito di materiali, apparecchiature meccaniche, ecc.
Per quanto riguarda la scelta dello schema di configurazione della galleria, il progettista,
fino a 1000 m, potrà scegliere di realizzare gallerie a singolo foro e doppio binario o
gallerie a doppio foro e singolo binario; per gallerie comprese fra 1000 e 2000 m potrà
scegliere se realizzare la galleria a singolo o a doppio foro con la raccomandazione di
preferire la soluzione a doppio foro; per gallerie di lunghezza superiore a 2000 m dovrà
prevedere la soluzione a doppio foro.
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Il progettista dovrà inoltre prevedere, nella galleria a doppio foro, dei collegamenti
trasversali. Tali collegamenti dovranno avere delle dimensioni adeguate e dovranno
essere realizzati in modo da impedire la presenza di fumo.
Gli impianti di segnalamento dovranno impedire il sopraggiungere di treni in caso di
allarme e dovrà essere possibile aprire la porta di comunicazione con la galleria attigua
solo se il treno è stato bloccato o ha impegnato la relativa sezione di blocco a velocità
ridotta in modo da non costituire pericolo per le persone.
Il collegamento trasversale deve essere dimensionato per accogliere almeno 300
persone, e deve svilupparsi preferibilmente in lunghezza. Se ciò non è possibile dovrà
svilupparsi in altezza su due livelli con altezze non inferiori a 2,20 m; il piano di calpestio
deve avere una pendenza dell’1% verso l’interno della galleria.
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5) Il progetto degli impianti
Vengono adesso definiti i criteri progettuali per la realizzazione dell’impianto idrico
antincendio, dell’impianto d’alimentazione elettrica e d’illuminazione, dell’impianto di
telecomunicazione e del sistema di supervisione degli impianti.
Il principio con cui vengono realizzati questi impianti, che mirano alla sicurezza delle
persone, è quello di garantire una elevata disponibilità della loro funzionalità a fronte di un
singolo guasto o della perdita di una o più parti durante la fase di emergenza.
Impianto idrico antincendio
La funzione dell’impianto idrico antincendio è quella di poter garantire ai Vigili del Fuoco,
nelle zone del sinistro, una portata d’acqua ed una pressione idonea al funzionamento
contemporaneo di tre rubinetti idranti antincendio.
L’impianto idrico è costituito da vasche e serbatoi per l’accumulo di acqua, dall’impianto
per il riempimento della condotta e per la successiva pressurizzazione, da una rete idrica
antincendio, da rubinetti idranti UNI 45, da accessori e valvolame.
Le vasche o serbatoi di accumulo dell’acqua vengono di norma posti ad ogni imbocco
della galleria. Ogni vasca deve essere dimensionata in modo tale da garantire il
quantitativo di acqua necessaria al riempimento di tutta la condotta e al funzionamento
contemporaneo di tre rubinetti idranti per almeno 30 minuti.
L’impianto di pressurizzazione viene realizzato dai Vigili del Fuoco mentre le FS devono
assicurare il riempimento della rete idrica antincendio in breve tempo. A tal proposito
vengono previste delle pompe garantendone anche l’alimentazione elettrica.
La rete idrica antincendio è composta da una condotta di adduzione primaria e dalle
tubazioni di alimentazione dei rubinetti idranti. Il diametro nominale della condotta
primaria non dovrà mai essere inferiore a tre pollici. La condotta primaria collega le due
vasche poste agli imbocchi. Sia la condotta primaria che le tubazioni di alimentazione
degli idranti dovranno essere realizzati con tubazioni in acciaio zincato con estremità
rispondenti alle norme UNI 6363.
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I rubinetti idranti UNI 45 devono essere contenuti in cassette antincendio in lamiera poste
ad un’altezza minima di 70 cm dal piano di camminamento o in nicchie ricavate nella
muratura e chiusi con sportelli in alluminio e vetro.
Gli accessori e valvolame dovranno essere idonei a sopportare le pressioni che si
vengono a generare, protetti e resistenti al fuoco.
Impianto elettrico e di illuminazione
L’impianto di alimentazione deve garantire il corretto funzionamento degli impianti di
illuminazione delle vie d’esodo all’interno della galleria e dei piazzali esterni posti agli
imbocchi, dell’impianto di alimentazione delle prese all’interno della galleria e dei piazzali
esterni nonché dell’impianto di diffusione sonora, telefonico, di radiopropagazione e
idrico.
Nel caso di gallerie dotate di finestre intermedie (gallerie laterali che mettono in
comunicazione un punto intermedio della galleria ferroviaria con l’esterno, solitamente
attrezzate in modo tale da poter essere utilizzate sia per il soccorso in caso di incidente in
galleria che come vie d’esodo) in cui è previsto l’impianto di ventilazione, si dovrà
garantire anche l’alimentazione di tale impianto.
L’impianto deve essere costituito da due sistemi diversi di distribuzione posti all’esterno
della galleria che alimentano due dorsali d’alimentazione a 1000 V posti all’interno della
galleria. Dette dorsali alimentano una serie di quadri elettrici (quadri di tratta) che saranno
ubicati nelle nicchie e nei nicchioni ogni 250 m circa su entrambi i lati della galleria se a
doppio binario o su un lato solo se la galleria è a semplice binario. L’impianto deve
essere interfacciato da un sistema di controllo, gestione e diagnostica degli impianti LFM
(luce e forza motrice) in galleria che consenta di gestire la riconfigurazione dell’impianto
in caso di guasto o di mancanza di una fonte di alimentazione.
L’alimentazione dell’impianto dovrà generalmente avvenire da due diversi sistemi primari
di distribuzione fra loro fisicamente distanti in modo che sia automaticamente assicurata
l’alimentazione di tutti i quadri di tratta, dei piazzali esterni e delle altre utenze anche se
dovesse venire a mancare una delle due fonti di alimentazione. In base alle fonti
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d’alimentazione disponibili dovranno essere realizzati appositi posti di trasformazione
situati agli imbocchi della galleria. Nel caso in cui è disponibile una sola fonte primaria si
potrà prevedere l’utilizzo del gruppo elettrogeno come alimentazione di riserva.
Le dorsali di distribuzione dell’energia a 1000 V che alimentano i singoli utilizzatori
devono essere realizzati con linea in cavo (normale trifase + neutro). La dimensione dei
cavi deve essere tale contenere le cadute di tensione entro l’8%; inoltre devono essere
isolati in guaine non propaganti l’incendio e a ridotta emissione di fumi, gas tossici e
corrosivi.
I quadri di tratta vengono collocati ogni 250 m circa all’interno di ciascun nicchione
fissandoli alla parete o a terra. Se all’interno della galleria non ci sono nicchioni, i quadri
di tratta possono essere posizionati all’interno delle nicchie. In ciascun quadro oltre alle
apparecchiature di protezione e controllo trovano posto un trasformatore abbassatore di
tensione, due prese interbloccate per l’illuminazione di emergenza, il sistema di
rilevazione ed estinzione automatica dell’incendio, il gruppo di continuità monofase tipo
on – line per servizio continuo. Il gruppo di continuità (UPS) deve fornire un’alimentazione
a corrente alternata di alta qualità per apparecchiature elettroniche sensibili con
un’autonomia di dieci minuti per tutti gli apparati di configurazione e monitoraggio. Il
fattore di contemporaneità dell’illuminazione di emergenza è pari a 4 kW distribuito si due
quadri di tratta. Le lampade di riferimento e di illuminazione devono essere dotate di
apposite protezioni in modo da impedire che eventuali guasti possano ripercuotersi sulla
linea destinata ad alimentare le lampade d’illuminazione delle vie d’esodo.
Tutti gli apparecchi illuminanti devono essere posti a 2 metri di altezza dal piano di
calpestio e ogni 15 metri. Le lampade costituenti l’impianto di illuminazione delle vie
d’esodo devono potersi accendere da postazione remota e da postazione locale sia agli
imbocchi della galleria che all’interno della stessa. Appositi pulsanti, posti ogni 125 m su
entrambi i lati della galleria se a doppio binario o su un lato solo se la galleria è a
semplice binario, consentiranno l’accensione di tutte le lampade d’illuminazione delle vie
d’esodo. I pulsanti devono essere collocati ad 1 m di altezza dal piano di calpestio e
dotati di led di segnalazione di colore blu per una facile individuazione al buio.
I piazzali di emergenza situati agli imbocchi della galleria devono risultare illuminati e
dotati di prese per eventuali mezzi ausiliari che necessitano di energia elettrica.
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Nella zona dove sarà individuata la piazzola per l’atterraggio degli elicotteri di soccorso
dovrà essere prevista un’idonea illuminazione.
Quanto finora detto relativamente all’impianto elettrico e di illuminazione è valido per
gallerie di lunghezza compresa fra 5 e 20 km.
Impianto di telecomunicazione
Gli impianti di telecomunicazione hanno la funzione di garantire un'alta disponibilità dei
servizi di telecomunicazione principalmente per le comunicazioni di servizio tra gli
operatori di terra e di bordo della circolazione treni, tra gli operatori delle squadre di
soccorso e tra questi e il centro operativo di coordinamento dell'emergenza, da e verso i
viaggiatori. Ogni galleria dovrà essere attrezzata con i sistemi di telefonia selettiva FS, di
radiopropagazione per l'estensione della telefonia cellulare FS, di telefoni di emergenza e
con l'impianto di diffusione sonora.
I circuiti telefonici selettivi in galleria dovranno essere realizzati considerando che
bisognerà installare un telefono in cassa stagna per ciascun binario ad entrambi gli
imbocchi della galleria, e un telefono in cassa stagna all'interno della galleria per ciascun
binario ogni 500 m, posizionando i telefoni di un binario frontalmente a quelli dell'altro
binario.
La telefonia di emergenza e l'impianto di diffusione sonora sono due sistemi indipendenti
ma strettamente interconnessi. L'impianto deve rendere indispensabile sia al pubblico che
al personale di servizio il collegamento telefonico fra postazioni microfoniche "viva –
voce", dislocate lungo la galleria e ai relativi imbocchi, ed una o più consolle telefoniche.
L'impianto deve inoltre consentire, in caso di emergenze o di anomalie che si
verificassero durante l'esercizio ferroviario, di comunicare ai viaggiatori le istruzioni
necessarie a supportare e facilitare le eventuali operazioni di soccorso.
L'impianto è costituito dalle apparecchiature di galleria e dalle postazioni telefoniche
centralizzate.
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Le apparecchiature di galleria sono costituite da diffusori acustici opportunamente
dislocati lungo la galleria e nelle aree di soccorso ubicate agli imbocchi; dai posti
microfonici costituiti da telefoni a viva – voce installati agli imbocchi delle gallerie, negli
eventuali corridoi d'esodo e lungo la galleria ogni 250 m, posizionando i telefoni di un
binario frontalmente a quelli dell'altro binario; dagli alimentatori; da eventuali batterie;
dagli amplificatori di potenza che pilotano i diffusori; dai cavi di alimentazione e di
diffusione sonora; dagli apparati per l'inserzione della linea di diffusione sonora, per
l'interfaccia verso il posto centrale, per la diagnostica, per il comando di accensione e
spegnimento dell'amplificatore di potenza, per la regolazione del segnale in ingresso
all'amplificatore di potenza.
Le postazioni telefoniche centralizzate sono costituite dalle consolle che consentono
l'ascolto in altoparlante dei messaggi diffusi in galleria e dovranno essere dotate di
dispositivo che permetta il funzionamento in viva – voce per le comunicazioni telefoniche;
dell'apparato con schede di interfaccia di linea per la gestione delle segnalazioni e della
fonia, e dal terminale che visualizza su monitor tutte le segnalazioni entranti e, tramite
tastiera e mouse, permette di inviare le segnalazioni uscenti; dall'interfaccia telefonica che
permette le conversazioni fra le postazioni periferiche e l'operatore di consolle;
dall'interfaccia con l'impianto di diffusione sonora; dall'interfaccia verso periferiche locali;
dagli apparati di interfaccia per le funzioni di telecontrollo e telediagnostica degli impianti
e verso il sistema supervisore.
L'apparecchio telefonico a viva – voce per l'emergenza presenta sulla parte frontale due
dispositivi di richiesta di connessione, il primo consiste in un pulsante a fungo che
permette ad un utente, che non sia il personale FS, di effettuare una richiesta di
conversazione con l'operatore della consolle abilitata, pigiando semplicemente il tasto
stesso, il secondo consiste in un interruttore a due posizioni, a chiave FS in dotazione al
personale viaggiante, che permette al personale FS di effettuare una richiesta di
conversazione con l'operatore della consolle o di inserirsi nell'impianto di diffusione
sonora per effettuare annunci all'interno della galleria. All' operatore della consolle attiva,
in tutti i casi, sarà inviato automaticamente un codice identificativo della richiesta di
conversazione avvenuta tramite pulsante o chiave FS, individuando il telefono a viva –
voce di provenienza della richiesta.
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I diffusori sono del tipo a tromba e vengono installati a coppie contrapposte, in via
indicativa, ogni 30 m su entrambi i lati della galleria ad un'altezza di 2,5 m dal piano del
ferro.
Tutti i sistemi di telecomunicazione dovranno essere costantemente alimentati e dovranno
essere previste alimentazioni di riserva centralizzate. Si dovrà prevedere per tutti i sistemi
di
telecomunicazione
un'autonomia
di
funzionamento
in
caso
di
mancanza
dell'alimentazione principale non inferiore a due ore.
Sistema di supervisione degli impianti
Il sistema di supervisione degli impianti ha lo scopo di diagnosticare e controllare gli
impianti realizzati in galleria, dovrà quindi interfacciarsi ai vari sottosistemi per acquisire i
dati opportuni relativi allo stato di funzionamento e per attuare i comandi necessari per la
gestione degli impianti, sia in condizioni normali e di manutenzione, sia in condizioni di
emergenza.
Il sistema è essenzialmente costituito da una postazione locale (PL) da cui è possibile
gestire e diagnosticare tutti gli impianti, ubicati in un locale adiacente la galleria, da due
centrali (Master/Slave) per la riconfigurazione automatica del sistema di alimentazione,
ubicate agli estremi della galleria, e dai moduli locali (ML) per interfacciarsi con le
apparecchiature lato campo, ubicati in ciascun quadro di tratta.
Il sistema comprenderà anche una postazione di supervisione che sarà ubicata in un
luogo distante dalla galleria e da cui sarà possibile gestire e diagnosticare tutti gli impianti
come dalla postazione locale.
Il sistema dovrà inoltre segnalare lo scatto di eventuali allarmi antintrusione e antincendio
nei locali tecnici dei piazzali e degli allarmi antincendio dei quadri di tratta
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6) Influenza delle diverse tipologie di tunnel sulla sicurezza
Non è affatto immediato comprendere quale tipologia è in grado di fornire le condizioni
migliori per la sicurezza nei differenti scenari incidentali che possono sempre verificarsi.
Con riferimento alla totalità delle tipologie esistenti, siano esse di gallerie in fase di
progetto, realizzazione o esercizio, è importante effettuare una distinzione dettagliata di
ogni caso poiché, con particolare riferimento agli scenari derivanti da un incendio, ogni
tipologia presenta aspetti differenti a cui corrispondono strategie di esercizio e di
intervento differenti e sulle quali è opportuno porre attenzione.
Entrando nel dettaglio del sistema galleria, dalle due macro – tipologie individuate in
precedenza possono derivarsi i seguenti sotto – tipi o concetti:
•
tunnel a singola canna e singolo binario;
•
tunnel a singola canna e singolo binario dotati di segnali di blocco;
•
tunnel a singola canna e doppio binario;
•
tunnel a doppia canna gemellati;
•
tunnel a singola o a doppia canna con tunnel di servizio.
Tunnel a singola canna e singolo binario
Questo concetto di tunnel è quello tradizionale a singolo binario, normalmente senza
installazioni tecniche speciali per segnalare il traffico all'interno del tunnel, eccetto quelle
strettamente necessarie all'esercizio della linea. In queste gallerie è presente un solo
treno per volta poiché non è installato alcun segnale di blocco al suo interno.
Per cui una volta imboccata la galleria nessuna procedura impedisce al treno di correre
verso l'uscita. In altre parole la galleria intera è compresa all'interno della medesima
sezione di blocco e non esistono circuiti di binario per il blocco elettrico. Ciò è ancora un
fatto comune nelle linee a bassa potenzialità.
In queste circostanze, è la direzione del traffico a determinare la direzione di ventilazione
nel tunnel, almeno finché è presente un solo treno in moto. Se un treno, per qualsiasi
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ragione dovesse fermarsi all'interno del tunnel, il flusso d'aria decrescerà rapidamente a
causa della diminuzione di velocità del treno e la direzione di ventilazione può subire una
inversione, in funzione della topografia e della temperatura all'interno ed all'esterno della
galleria. Un eventuale incendio può contribuire a cambiare la direzione di ventilazione.
Tunnel a singola canna e singolo binario con segnali di blocco
Questi tunnel sono in linea di principio uguali ai tunnel descritti al paragrafo precedente,
escluso che per la presenza di sistemi di controllo verticali o di circuiti di binario tali da
consentire al loro interno la presenza contemporanea di più treni.
Sono dunque presenti segnali di controllo che possono causare la temporanea sosta di
un treno all'interno della galleria. Possono così essere dotata di stazioni per l'incrocio o il
sorpasso in funzione dell'esercizio della linea.
La direzione di ventilazione può essere imprevedibile se esiste la possibilità di avere
contemporaneamente treni in moto in direzioni diverse.
Quando un treno percorre il tunnel, può accadere che il campo di flusso cambi
rapidamente.
In caso di un incidente, coordinare il movimento di più treni presenti è un lavoro che
richiede procedure complesse e tempi elevati, ma in ogni caso solo un treno sarà
presente all'interno della medesima sezione di blocco.
Tunnel a singola canna e doppio binario
In questo caso ambo i binari sono localizzati nella stessa canna. Nel caso in cui il tunnel
debba prevalentemente scavarsi nella roccia questa è indubbiamente la soluzione più
economica laddove l'esercizio prevede il doppio binario, infatti questo concetto
rappresenta lo standard di molti paesi.
In generale l'area della sezione trasversale è abbastanza grande (80 ÷ 115 mq per tunnel
nuovi) da contenere grandi volumi d'aria nella parte superiore della galleria.
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Nel caso delle metropolitane si hanno invece, generalmente, sezioni trasversali più
piccole.
Questo tipo di configurazione fornisce buone ed economiche opportunità per
l'installazione di collegamenti tra i binari.
I binari sono normalmente di più sezioni di blocco per consentire il transito sequenziale di
più treni e, nei tunnel più lunghi, gli scambi o i deviatoi possono essere frequenti.
Ci sarà normalmente più di un treno nel tunnel e se si verifica la necessità di
un'evacuazione immediata è importante, in primo luogo inibire il traffico, sull'altro binario.
Infatti la prima operazione che esegue il capotreno, o chi per lui, nel caso si prospetti
l'eventualità di una evacuazione, è quella di scendere dal treno per porre in corto circuito
gli altri binari attraverso l'appoggio di una barra metallica opportunamente configurata.
Questa operazione è nota in gergo con il termine "shuntare".
La direzione di ventilazione è ancora imprevedibile se sono in transito diversi treni, ma il
tunnel possiede un'estensione tale da permettere una buona stratificazione dei fumi
durante le prime fasi di un incendio.
Tunnel a doppia canna gemellati
In questo tipo di configurazione sono presenti due canne parallele, una per ogni binario,
con la possibilità di avere collegamenti trasversali e vie di fuga tra i tubi lungo tutta la loro
estensione. Questo concetto di tunnel è particolarmente appropriato per i tunnel molto
lunghi (15 ÷ 20 km), nei quali non esistono economiche possibilità per la realizzazione di
vie di fuga alternative verso l'esterno.
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Tuttavia questa configurazione può risultare una soluzione economica anche nel caso di
piccoli tunnel poiché le differenze di costo potrebbero essere minime in riferimento a
particolari problemi nella realizzazione di gallerie a singola canna con doppio binario.
È ovvio che questa soluzione può essere adottata in tutti quei casi in cui le potenzialità
della tratta richiedono un doppio binario, ma quasi sempre non sarà un costo soluzione
effettiva, ovvero quasi sempre non sarà la soluzione più economica a parità di livello di
sicurezza.
I binari saranno dotati di stazioni di blocco per consentire il transito simultaneo di più treni
sullo stesso binario e, nei tunnel più lunghi, potrebbero essere necessari uno o più
collegamenti trasversali. La direzione di ventilazione in ogni canna sarà prevedibile e data
dal traffico.
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L'area della sezione trasversale in ogni foro è sostanzialmente più piccolo di quella che si
avrebbe con un doppio binario su un'unica canna, e un'eventuale produzione di fumo farà
si che esso occupi molto rapidamente la parte più alta del tunnel. Questo può essere un
elemento importante per la valutazione della sicurezza.
Tunnel di questo tipo sono presenti sulla tratta ad alta velocità nei Paesi Bassi da
Amsterdam ad Antwerpen, in Svezia ed in altri paesi europei. Anche i tunnel in
costruzione sulle Alpi saranno di questo tipo. Nel caso dei tunnel stradali questa tipologia
è in genere la più comune nei tratti ad elevato volume di traffico.
Tunnel a singola o doppia canna con tunnel di servizio
Per tunnel lunghi che si estendono sotto grandi masse d'acqua o sotto il massiccio di una
montagna, con un elevato livello di traffico può essere difficile assicurare l'accesso al
tunnel lungo tutto il suo sviluppo. In tali tunnel può essere conveniente valutare la
realizzazione di un tunnel di servizio separato per le operazioni e le attività di
manutenzione e per l'evacuazione in caso d'incidente.
Il concetto di tunnel di servizio è spesso combinato con tunnel a traffico separato per ogni
direzione (come il tunnel sotto la Manica), ma esistono anche esempi di tunnel di servizio
realizzati a margine di gallerie a doppio binario. Il tunnel sottomarino del Seikantunnel in
Giappone è di questo tipo.
Il concetto di tunnel di servizio possiede ovvi vantaggi riguardo alla sicurezza per
l'evacuazione e per i processi di manutenzione e verifica delle attrezzature, ma ciò
implica, come già accennato, un considerevole aumento dei costi.
7) Modalità operative per il miglioramento della sicurezza
Nel 1997 RFI ha redatto un codice di autoregolamentazione per la sicurezza nellel lunghe
gallerie ferroviarie che sfociato nell'emissione delle "Linee guida per il miglioramento della
sicurezza nelle gallerie ferroviarie", sviluppato in collaborazione con il Corpo Nazionale
dei Vigile del Fuoco, per gallerie superiori a 5 km.
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In questo documento sono contenute le linee guida per l'individuazione di idonee misure
di sicurezza, da osservarsi in fase progettuale e gestionale, preliminari alla costruzione di
nuove infrastrutture e per l'adeguamento di quelle esistenti, dirette a salvaguardare
l'incolumità delle persone dai rischi di incidenti all'interno di gallerie ferroviarie ed in
particolare dagli incendi.
Il campo di validità di queste linee guida riguarda le gallerie aventi lunghezza superiore a
5 km e inferiore a 20 km. Le sezioni trattate in questo documento riguardano
l'accessibilità esterna, l’accessibilità interna, i piani di emergenza; mentre per le nuove
gallerie è stato introdotto un ulteriore punto nel quale sono stati definiti anche alcuni
parametri progettuali.
Attualmente tale regolamento è in fase di aggiornamento alla luce della nuova normativa
di settore e in particolare del Decreto Ministeriale 28/10/2005 di cui si dirà più avanti.
Il miglioramento della sicurezza per le gallerie esistenti
Per quanto riguarda l'accessibilità esterna, l'obbiettivo è quello di realizzare le condizioni
che permettano alle squadre di soccorso di raggiungere con tutti i mezzi di soccorso e
nel più breve tempo possibile gli imbocchi della galleria e di poter usufruire di spazi
adeguati ed attrezzati per il posizionamento dei mezzi e delle attrezzature. Il successo
dell'intervento è legato essenzialmente a due fattori: il tempo d'intervento e l'efficacia.
Le vie di accesso per i mezzi di soccorso sono costituite da cancelli di accesso e dalle
strade di accesso.
L'area adiacente all'infrastruttura ferroviaria è in genere delimitata da una recinzione che
viene opportunamente aperta al fine di consentire l'ingresso alle squadre di soccorso.
Tale apertura viene definita cancello di accesso, ha una larghezza non inferiore ai 4 m ed
è collegata alla viabilità ordinaria.
La strada di accesso dovrà avere una larghezza non inferiore ai 4 m con degli
ampliamenti a 6 m ogni 250 m per permettere l'incrocio con i mezzi di soccorso, la
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pendenza dovrà essere inferiore al 16% e il raggio di curvatura maggiore o uguale a 11
m.
Le vie di accesso così conformate dovranno sfociare in una zona attrezzata per il
posizionamento dei vari mezzi, questa zona costituisce il piazzale di emergenza. Tale
piazzale dovrà avere una superficie non inferiore ai 300 mq, un piano a raso con
lunghezza non inferiore ai 20 m per il posizionamento del mezzo bimodale, la possibilità
di illuminazione per gli interventi nelle ore notturne, il rifornimento idrico per la necessità
di estinzione di eventuali incendi attraverso una vasca di accumulo di 40 mc o, nel caso in
cui non è possibile realizzarla, dovrà essere assicurata la presenza di una cisterna anche
mobile di 25 mc. All'interno del piazzale, inoltre, dovrà essere individuata una zona idonea
all'atterraggio avente una dimensione minima in pianta tale che, a seconda
dell'aeromobile di cui si prevede l'impiego, sia rispettato il rapporto tra il diametro della
piazzola e la distanza massima tra i punti esterni dell'aeromobile con i rotori in moto, che
dovrà essere pari a 1,5.
Al problema dell'accessibilità interna sono, invece, legate tutte le difficoltà della
conduzione dell'intervento in ordine alla visibilità, alla respirabilità, all'evacuazione delle
persone, alle comunicazioni, all'illuminazione, ecc.
In relazione ai mezzi di soccorso possiamo distinguere il mezzo bimodale dei vigili del
fuoco che sarà impiegato nel normale soccorso e avrà una serie di dotazioni che ne
permettono l'utilizzo in galleria anche in presenza di fumi o gas tossici; il mezzo per il
personale FS per il trasporto della squadra di primo intervento dello stesso personale
fornito di carrelli contenenti 10 estintori portatili e un congruo numero di autorespiratori,
questi mezzi possono essere utilizzati anche per l'evacuazione delle persone coinvolte
nell'incidente; infine altri mezzi di soccorso in base alle diverse necessità.
La visibilità interna viene affidata all'illuminazione delle vie di esodo e all'illuminazione di
emergenza.
In caso di incendio il fumo tende a stratificarsi dall'alto verso il basso quindi verrà
realizzata una linea d'illuminazione delle vie di esodo posta ad un'altezza non superiore ai
2 m e tale da determinare una illuminazione di 5 lux a 100 cm di altezza dal piano di
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calpestio della via d'accesso. All'interno delle nicchie e dei nicchioni, inoltre, dovranno
trovarsi delle lampade portatili utilizzabili.
L'illuminazione di emergenza comprende sia i dispositivi fissi, che avranno particolari
caratteristiche per posizionamento e intensità, che una serie di dispositivi portatili.
Le misure minime previste da adottare riguardano le vie d'esodo e i cartelli segnalatori.
Per quanto riguarda le vie d'esodo queste saranno costituite dagli stradelli già esistenti
per la manutenzione, la cui larghezza risulta mediamente di 50 cm. Il camminamento
dovrà essere realizzato in calcestruzzo gettato in opera e dovrà essere antiscivolo.
Al fine di agevolare l'evacuazione delle persone andranno posti, di norma, almeno ogni
100 m una serie di cartelli segnalatori riflettenti e luminescenti che indichino la distanza ed
il verso delle uscite più vicine, l'ubicazione degli impianti telefonici e degli attacchi idrici.
Le comunicazioni ordinarie e di emergenza prevedono i sistemi di informazione dei
viaggiatori e i sistemi di comunicazione di servizio.
I sistemi di informazione dei viaggiatori sono costituiti da telefoni posti all'interno della
galleria ogni 500 m. È già stato previsto dalle FS un impianto per dotare le gallerie
ferroviarie nazionali di un dispositivo che consentirà la comunicazione a mezzo di telefoni
cellulari.
In riferimento all'evacuazione dei fumi, sulla base dei risultati condotti a livello
internazionale, non appare percorribile l'ipotesi di una ventilazione longitudinale, in
quanto i parametri in gioco sono molteplici e di difficile governabilità. L' utilizzo di camini
esistenti, per contro, non fornisce adeguate garanzie per l'evacuazione dei fumi risultando
di fatto non adeguato allo scopo.
Fatte le opportune valutazioni sarà di norma realizzato all'interno della galleria un impianto
idrico antincendio a secco le cui caratteristiche idrauliche devono essere tali da garantire
alla bocca, in posizione idraulicamente più sfavorevole una portata di 200 l/min.
Per ciascuna infrastruttura ferroviaria viene approntato un piano di emergenza a partire
dagli scenari di rischio ipotizzati al fine di raggiungere un livello di sicurezza adeguato. Il
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personale responsabile dell'attivazione del piano deve essere messo in condizione di
conoscerlo perfettamente anche attraverso fasi specifiche di addestramento.
Il miglioramento della sicurezza per le nuove gallerie
In relazione ai criteri di progettazione delle gallerie vengono definiti i parametri relativi alle
tipologie costruttive, alle strutture e ai materiali, alle vie d'esodo, al percorso di
emergenza, alla segnaletica di emergenza, alle comunicazioni, all'evacuazione dei fumi,
all'impianto idrico antincendio, alle fonti di energia per gli impianti elettrici di emergenza e
agli impianti di illuminazione di sicurezza.
Le vie d'esodo possono essere di due tipi: per le gallerie in cui non è previsto un tunnel di
servizio devono essere realizzati dei percorsi protetti che portano direttamente all'esterno;
mentre per le gallerie dotate di tunnel di servizio andranno previsti opportuni collegamenti
per garantire la tutela al fumo e alle fiamme.
In tutte le gallerie, indipendentemente dalla tipologia costruttiva, devono essere realizzate
delle banchine di servizio, una per ogni lato nelle gallerie a doppio binario, utilizzabili
anche come percorsi di emergenza per l'evacuazione delle persone. Le banchine devono
avere, di norma, larghezza minima pari a 85 cm. La massima distanza percorribile in
banchina per raggiungere un luogo sicuro o un accesso ad un percorso protetto non
dovrà essere di norma superiore a 2000 m.
La segnaletica di emergenza sarà costituita da cartelli indicatori di tipo riflettente o
luminescente per fornire le necessarie indicazioni in caso di emergenza. Il materiale
costituente dovrà essere di classe 0 di reazione al fuoco.
In caso di necessità deve essere possibile dare le necessarie disposizioni al pubblico
tramite opportuni impianti. Tali sistemi di comunicazione devono garantire l'efficacia di
funzionamento nel tempo e pertanto andranno adeguatamente controllati e mantenuti.
In relazione agli sviluppi delle conoscenze e delle tecnologie andranno studiate
opportune misure per l'evacuazione dei fumi in galleria e nelle vie d'esodo in caso di
incendio.
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Fatte le opportune valutazioni sarà di norma realizzato all'interno delle gallerie un impianto
idrico antincendio a secco le cui caratteristiche idrauliche devono essere tali da garantire
alla bocca, in posizionamento idraulicamente più sfavorevole una portata di 200 l/min.
Le fonti di energia di emergenza sono costituite da una batteria di accumulatori dotati di
ricarica automatica e inverter, la relativa autonomia non deve essere inferiore a due ore,
se il sistema non accoppiato ad un gruppo elettrogeno, e da un gruppo elettrogeno con
avviamento automatico. Le batterie e i gruppi elettrogeni devono essere installati in locali
ubicati in zone non soggette a rischi di incendio ed adeguatamente ventilati.
Nelle gallerie, oltre all'impianto di illuminazione ordinaria, deve essere installato un
impianto di illuminazione di sicurezza che consenta un livello di illuminazione di 5 lux a
100 cm dal piano di calpestio. I cavi devono essere racchiusi in tubazioni a se stanti
adeguatamente protetti dall'acqua e dal calore oppure in manufatti resistenti all'incendio.
Per quanto riguarda l'accessibilità esterna vale quanto detto al paragrafo precedente per il
miglioramento della sicurezza nelle gallerie esistenti ad eccezione del fatto che il cancello
di accesso dovrà avere una larghezza non inferiore a 6,00 m, la strada di accesso dovrà
anch'essa avere una larghezza non inferiore a 6,00 m per consentire il transito dei mezzi
di soccorso nei due sensi.
Il piazzale di emergenza deve avere una superficie non inferiore ai 500 mq ed inoltre è
auspicabile la realizzazione in corrispondenza degli imbocchi principali di un'area di
emergenza sanitaria, detta area triage, avente una superficie complessiva non inferiore ai
500 mq sulla quale allestire una zona di primo soccorso e di smistamento dei feriti.
Il problema dell'accessibilità interna viene risolto come già visto nel paragrafo precedente
per il miglioramento della sicurezza nelle gallerie esistenti ad esclusione delle vie d'esodo
per le gallerie dotate di finestre cioè dotate di vere e proprie gallerie laterali che sfociano
all'esterno. Poiché tali finestre dovrebbero essere utilizzate sia come vie di fuga che come
accesso per le squadre di soccorso, devono avere una lunghezza non inferiore ai 6 m ed
un'altezza media in chiave non inferiore ai 5 m. Il percorso pedonale dovrà avere una
larghezza netta di 120 cm. Al fine di rendere possibile l'impiego dei mezzi di soccorso
all'interno delle finestre, andrà prevista una camera di manovra posta in adiacenza allo
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sbocco della finestra sulla galleria con una dimensione in pianta di 15 m x 15 m. Inoltre,
per evitare l'accesso di persone non autorizzate, le finestre devono essere protette da
sistemi di chiusura apribili dall'interno per mezzo di maniglioni antipanico e dall'esterno
per mezzo di apposite chiavi che saranno messe a disposizione delle autorità competenti
per le operazioni di soccorso e del personale FS addetto alla manutenzione.
In relazione al piano di emergenza vale quanto detto al paragrafo precedente per il
miglioramento della sicurezza nelle gallerie esistenti.
8) Normativa italiana sulle gallerie ferroviarie
Per quanto riguarda la normativa italiana sulle gallerie ferroviarie ritroviamo:
•
Decreto Ministeriale del 14 settembre 2005, Norme tecniche per le costruzioni;
•
Decreto Ministeriale del 28 ottobre 2005, Sicurezza nelle gallerie ferroviarie.
Decreto Ministeriale del 14 settembre 2005
Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, in accordo con il Ministro dell'Interno e con il
Capo del Dipartimento della Protezione Civile ha emanato il Decreto 14 settembre 2005,
le cui norme disciplinano la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle costruzioni, al
fine di garantire prestabiliti livelli di sicurezza nei riguardi della pubblica incolumità.
In particolare per quanto riguarda le opere ferroviarie in sotterraneo vengono fornite delle
indicazioni sulla sezione interna netta di una galleria ferroviaria; nello specifico viene
evidenziato che la sezione deve consentire la presenza al suo interno di dispositivi quali il
binario, il profilo minimo d'impianto degli ostacoli stabilito sulla base del gabarit
cinematico di progetto con le relative regole di calcolo, la sagoma limite dei pantografi a
cui vanno aggiunte le distanze e gli spostamenti dinamici in relazione al tipo di
elettrificazione scelto, la posizione della linea di contatto per la trazione elettrica, le
apparecchiature di segnalamento, i sistemi di sicurezza.
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Inoltre, i fenomeni connessi con l'aerodinamica del treno rendono condizionante per il
dimensionamento della sezione della galleria la valutazione delle variazioni di pressioni
percepite all'interno dei treni, nel contesto della sicurezza e del comfort degli organi
dell'udito dei passeggeri. La variazione massima di pressione (differenza tra i valori
estremi di sovrappressione e di depressione lungo un treno, compresi eventuali affetti
dovuti alla differenza di quota tra i due imbocchi della galleria) non deve superare i 104
Pascal, per l'intera durata del tragitto in galleria, alla velocità massima prevista all'atto
della progettazione. Tale condizione deve essere verificata anche nell'eventualità di
presenza di più treni in galleria e nel caso di incrocio fra questi.
Decreto Ministeriale del 28 ottobre 2005
Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, in accordo con il Ministro dell'Interno ha
emanato il Decreto 28 ottobre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.83 dell' 8 aprile
2006, le cui norme hanno lo scopo di assicurare un livello adeguato di sicurezza nelle
gallerie ferroviarie attraverso l'adozione di specifiche prescrizioni tecniche di prevenzione
e protezione rivolte al Gestore dell'infrastruttura.
Il Decreto non ha solo carattere prescrittivo ma possiede anche un aspetto prestazionale
indotto attraverso la metodologia innovativa dell'analisi del rischio.
Il Decreto è emanato in conformità degli indirizzi elaborati dalla Commissione Europea nel
Libro Bianco del 2001 ("La politica europea dei trasporti fino al 2010").
Il Decreto ha lo scopo di assicurare un livello adeguato di sicurezza nelle gallerie
ferroviarie, mediante l'adozione di misure di prevenzione e protezione atte alla riduzione di
situazioni critiche che possono mettere in pericolo la vita umana l'ambiente e gli impianti
della galleria, nonchè mirate alla limitazione delle conseguenze in caso di incidente. A tal
fine, le gallerie ferroviarie devono essere progettate, costruite, sottoposte a manutenzione
e tenute in esercizio in maniera da assicurare adeguati livelli di sicurezza agli utenti, ai
lavoratori e agli incaricati delle operazioni di soccorso (art. 1).
il Decreto si applica a tutte le gallerie ferroviarie di lunghezza superiore a 1000 m, siano
esse già in esercizio, in fase di costruzione o allo stato di progettazione (art. 2).
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Nell'esercizio delle gallerie ferroviarie devono essere valutati, in particolare, i pericoli
derivanti da collisioni, deragliamenti e incendi. Quanto ai pericoli derivanti da rilasci di
sostanze pericolose trasportate, il Gestore dell'infrastruttura valuterà le condizioni di
sicurezza nella galleria imponendo vincoli gestionali e di esercizio. Le imprese ferroviarie
metteranno in servizio a partire dal 5° anno dell'entrata in vigore del Decreto, materiale
rotabile di nuova costruzione, rispondente ai criteri di sicurezza.
Entro 15 anni dall'entrata in vigore del Decreto tutto il materiale rotabile circolante sulle
infrastrutture dovrà rispettare i criteri di sicurezza.
Per quanto riguarda le gallerie di valico, in parte interessanti un altro paese, devono
essere concordati con apposita convenzione i requisiti di sicurezza e la metodologia di
analisi dei rischi al fine di armonizzare i requisiti di sicurezza tra i Gestori delle
infrastrutture (art. 3).
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti vigila sull'attuazione del Decreto (art. 4).
Il Gestore della infrastruttura è responsabile del rispetto delle norme e delle procedure
riguardanti la sicurezza della galleria, svolgendo in particolare i seguenti compiti:
1. approntamento della documentazione di sicurezza;
2. effettuazione delle ispezioni periodiche delle gallerie ed elaborazione delle relative
procedure;
3. elaborazione ed attuazione degli schemi organizzativi ed operativi per i propri
servizi di pronto intervento, nonchè formazione adeguata ed equipaggiamento del
personale dipendente;
4. definizione della procedura per la chiusura immediata di una galleria in caso di
emergenza;
5. svolgimento delle inchieste per ogni episodio che abbia compromesso la sicurezza
della galleria, comunicandone l'esito al Ministero;
6. raccolta delle informazioni per la banca dati, da fornire al Ministero secondo le
direttive definite da esso (art. 5)
Per ciascuna galleria il Gestore dell'infrastruttura nomina:
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•
il responsabile di galleria ed il suo sostituto, e ne comunica il nominativo al
Ministero (art. 6);
•
il responsabile della sicurezza ed il suo sostituto, e ne comunica il nominativo al
Ministero. Il responsabile della sicurezza, può coincidere con il responsabile della
galleria (art. 7).
E' istituita la Commissione sicurezza formata da tecnici del Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti e del Ministero dell'interno, ed integrata da esperti al fine di esprimere parere
sulla conformità, valutando, inoltre, aggiornamenti ed eventuali proposte di nuove
metodologie di analisi di rischio. Il Decreto stabilisce inoltre che tutte le gallerie, il cui
progetto definitivo non sia stato ancora approvato prima dell'entrata in vigore dello stesso,
sono soggette alle disposizioni in esso contenute (art. 9); invece, per le gallerie il cui
progetto sia stato approvato e per le gallerie in costruzione, il Gestore dell'infrastruttura
valuta la conformità del progetto e dell'opera in costruzione o in esercizio agli obbiettivi di
sicurezza (art. 10). Quanto alle gallerie già in esercizio alla data di entrata in vigore del
Decreto, il Gestore dell'infrastruttura deve verificarne la rispondenza ai requisiti minimi
entro tre anni a partire dalla data di entrata in vigore del decreto (art. 11).
Il Gestore dell'infrastruttura ha l'obbligo di effettuare ispezioni periodiche al fine di
garantire che tutte le gallerie considerate nel decreto siano mantenute conformi alle
disposizioni dello stesso. Delle singole ispezioni effettuate sarà redatto un rapporto da
trasmette al Ministro. Lo stesso Gestore deve, qualora constati che una galleria non è
conforme alle disposizioni, definire le condizioni di sicurezza per il mantenimento in
esercizio o la riapertura della galleria, da applicarsi fino al completamento degli interventi
correttivi, ed ogni altra restrizione e disposizione che si rendesse necessaria (art. 12).
L'analisi dei rischi viene effettuata da un soggetto terzo o funzionalmente indipendente dal
Gestore della infrastruttura, inoltre l'analisi dei rischi deve dimostrare che sono conseguiti
gli obbiettivi di sicurezza con particolare riferimento alla sicurezza degli utenti, del
personale addetto e dei servizi di soccorso (art. 13). I responsabili delle gallerie devono
compilare delle relazioni annuali sullo stato delle infrastrutture e degli impianti; sugli eventi
pericolosi e sugli incidenti, fornendone una valutazione e indicando gli interventi adottati o
da adottare. Le relazioni sono trasmesse al Ministero entro la fine di ciascun anno del
Gestore dell'infrastruttura, il quale dovrà anche valutare i rapporti di sintesi dei
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responsabili di galleria, e di redigere la relazione generale annuale sullo stato della
sicurezza delle gallerie, da trasmettere alla Commissione sicurezza ed al Ministero (art.
14).
Nell'allegato I vengono riportate le definizioni principali relative ai termini contenuti nel
testo normativo che ne permettono, dunque, una migliore comprensione; fra queste
riportiamo la definizione di:
•
prevenzione: azioni intese a ridurre la probabilità di accadimento di un evento
dannoso;
•
protezione: azioni intese a ridurre le conseguenze di un evento dannoso;
•
rischio: eventualità di un accadimento che può causare danno.
Nell'allegato II vengono definiti i requisiti e le misure di sicurezza atte a conferire alcune
funzioni essenziali al "sistema galleria" al fine di prevenire l'insorgere di situazioni di
emergenza e mitigarne le eventuali conseguenze; in particolare gli obbiettivi da
conseguire sono:
•
previsione e prevenzione degli eventi incidentali;
•
protezione dei soggetti e mitigazione delle conseguenze;
•
facilitazione dell'esodo delle persone e dell'intervento delle squadre di soccorso.
Per il raggiungimento di tali obbiettivi vengono definiti dei requisiti minimi e dei requisiti
integrativi. I requisiti minimi rappresentano le predisposizioni di sicurezza che devono
essere messe in atto in tutte le gallerie regolamentate dal Decreto; mentre i requisiti
integrativi dovranno essere individuati a seguito dell'analisi di rischio.
Nell'allegato III viene descritta la procedura relativa all'analisi quantitativa del rischio
andando a scomporre il sistema treno – galleria nei sottosistemi componenti:
infrastruttura, materiale rotabile, procedure operative.
Nell'allegato IV, infine, vengono descritte le procedure tecnico – amministrative per
l'approvazione dei progetti delle gallerie, per la loro messa in esercizio e per lo
svolgimento delle esercitazioni, nonchè la documentazione che deve essere predisposta.
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9)
L'allegato II del DM 28/10/2005
Per la valutazione della sicurezza e dei requisiti di sicurezza delle gallerie ferroviarie è di
fondamentale importanza l'allegato II del Decreto del Ministero delle Infrastrutture del
28/10/2005, di cui si riporta uno stralcio semi – integrale poichè si ritiene che la
comprensione dello stesso (così come dell'allegato III cha sarà riportato in seguito) è
fondamentale nel percorso che porta alle logiche del nuovo concetto prestazionale
introdotto dalla norma stessa.
Nelle gallerie dei sistemi ferroviari il conseguimento degli obbiettivi di sicurezza è il
risultato di una combinazione ottimale di requisiti di sicurezza applicati all'infrastruttura, al
materiale rotabile ed alle misure organizzative ed operative che possono essere adottate.
Le gallerie vanno dunque considerate nell'insieme delle strutture esistenti nell'itinerario
ferroviario e non come elemento a sé stante.
L'ottenimento dell'adeguato livello di sicurezza può essere meglio assicurato se tutti i
soggetti interessati aventi chiare e definite responsabilità (operatori ferroviari, gestori
dell'infrastruttura, enti deputati alle azioni di soccorso e lotta agli incendi, ecc.), sono
coinvolti nell'analisi degli aspetti relativi alla sicurezza delle gallerie, partecipando inoltre
alle esercitazioni secondo le modalità fissate dai piani di emergenza.
In particolare è auspicabile che in caso di incendio il treno possa essere arrestato fuori
dalla galleria o comunque in luoghi opportunamente predisposti per l'esodo delle
persone e l'intervento delle squadre di soccorso.
I requisiti e le misure di sicurezza da adottare in una galleria devono basarsi sulla
considerazione sistematica di tutti gli aspetti del sistema comprendenti l'infrastruttura,
l'esercizio, gli utenti ed il materiale rotabile.
Si deve tener conto dei seguenti parametri caratterizzanti il "sistema galleria":
•
lunghezza della galleria;
•
volume di traffico;
•
tipologia di traffico;
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•
presenza o assenza di deviatoi in galleria;
•
interconnessioni in galleria;
•
stazioni o fermate lungo linea in galleria;
•
possibilità di incrocio in galleria tra treni in transito;
•
andamento altimetrico;
•
localizzazione nel territorio (area urbana/extraurbana);
•
presenza di aree a rischio specifico in prossimità degli imbocchi.
I requisiti e le misure di sicurezza sono predisposizioni (a livello di infrastruttura, impianti
fissi, materiale rotabile, procedure organizzative) atte a conferire alcune funzioni
essenziali al "sistema galleria" al fine di prevenire l'insorgere di situazioni di emergenza e
mitigarne le eventuali conseguenze.
Nell'allegato sono riportati i requisiti di sicurezza per le "gallerie ferroviarie", per il
conseguimento dei seguenti obbiettivi:
•
previsione e prevenzione degli eventi incidentali;
•
protezione dei soggetti esposti e mitigazione delle conseguenze;
•
facilitazione dell'esodo delle persone e dell'intervento delle squadre di soccorso
Tali obbiettivi possono essere raggiunti mediante l'adozione di:
•
requisiti (e misure) minimi;
•
requisiti (e misure) integrative.
Requisiti minimi
I requisiti minimi rappresentano le predisposizioni di sicurezza che devono essere messe
in atto in tutte le gallerie di cui al Decreto. Per le gallerie caratterizzate dall'insieme dei
seguenti parametri, il rispetto dei requisiti minimi costituisce condizione sufficiente a
garantire un adeguato livello di sicurezza:
•
lunghezza non superiore a 2 km;
•
volume di traffico non superiore a 220 treni/giorno;
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•
traffico non contemporaneo di treni passeggeri e treni merci pericolose;
•
andamento altimetrico senza inversioni di pendenza;
•
assenza di aree a rischio specifico in prossimità degli imbocchi.
Per tali gallerie non è richiesta una specifica analisi di rischio. Le gallerie di lunghezza
compresa tra 500 m e 1000 m, dovranno invece avere soltanto alcuni dei requisiti minimi.
Si riporta di seguito l'elenco di tutti i requisiti minimi previsti dal DM 28/10/2005.
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Requisiti integrativi
I requisiti integrativi da adottare dovranno essere individuati a seguito dell'analisi di rischio
di cui all'art. 13 del Decreto, per garantire un adeguato livello di sicurezza.
Sono da considerare requisiti integrativi anche i requisiti minimi qualora questi ultimi
vengano resi più cautelativi o adottati per gallerie di lunghezza inferiore alla soglia
indicata nello specifico requisito minimo.
I requisiti integrativi elencati di seguito rappresentano un riferimento indicativo ma non
esaustivo per il progettista.
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10)
Le gallerie ferroviarie più lunghe del mondo
Come accennato in precedenza, ogni lunga galleria ferroviaria deve essere considerata a
pieno titolo come una grande opera dell’ingegneria e dunque come l’espressione del
risultato congiunto dei tre fattori della funzionalità, della sicurezza e della fattibilità.
La combinazione di questi tre macro – elementi non può che realizzarsi caso per caso in
funzione del sistema complessivo all’interno del quale essa stessa si sviluppa. In altre
parole, ogni grande opera segue logiche proprie, spesso sviluppate in relazione prioritaria
a se stessa.
Appare dunque interessante oltreché importante dare una visione di massima delle
gallerie esistenti o in fase di realizzazione, che per la loro lunghezza rientrano fra le prime
cinque del mondo, caratterizzandone gli aspetti principali.
Esse sono:
-
la galleria di base del San Gottardo;
-
la galleria del Seikan;
-
la galleria sotto la Manica;
-
la galleria base del Lotschberg;
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-
la galleria di Guadarrama.
La galleria di base del San Gottardo
La galleria di base del San Gottardo con i suoi 57 km rappresenta la galleria più lunga al
mondo. Il tunnel, che si trova in territorio svizzero, è ancora in fase di realizzazione e la
sua data di apertura e prevista per il 2015 (Figura 5.1). La linea ferroviaria che comprende
la galleria del San Gottardo collegherà Milano con Zurigo.
Il consiglio federale svizzero ha approvato nel 1995 un progetto di massima che prevede
un sistema di galleria a due tubi unidirezionali a semplice binario, senza cunicolo di
servizio, distanti 40 m l’uno dall’altro, e collegati ogni 325 m tramite cunicoli di
collegamento. Grazie a due doppi cambi di corsia è possibile far passare i treni da una
galleria all’altra, ciò può essere necessario nel caso di lavori di manutenzione o in caso di
eventi accidentali. Le aree per il cambio corsia si trovano nelle stazioni multifunzionali di
Sedrun e di Faido (Figura 5.2). Qui si trovano anche parte delle installazioni di
ventilazione, i locali tecnici con gli impianti di sicurezza, e due stazioni di soccorso, le
quali sono collegate direttamente l’una con l’altra mediante cunicoli separati. Le stazioni
di soccorso sono concepite per l’arresto di emergenza di un treno, servono però anche
come vie di fuga e di evacuazione.
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Sul percorso di salvataggio verso l’altra galleria non si devono attraversare binari né
utilizzare scale o ascensori. Le stazioni di soccorso e i relativi cunicoli laterali e di
collegamento sono ventilati con aria esterna in presenza di eventi anomali, mentre
nell’altro tubo il fumo viene aspirato. Una leggera sovrappressione è sufficiente per
mantenere libera da fumo la via di fuga nell’altra galleria.
Partendo dalla stazione di soccorso, un treno di salvataggio trasporta i passeggeri fuori
dalla galleria. Nel caso in cui un treno si arresti fuori dalla stazione di soccorso, i
viaggiatori possono utilizzare i cunicoli trasversali come via di fuga verso la galleria
adiacente.
La galleria del Seikan
La galleria del Seikan è lunga 53,85 km e una parte di questa (23,20 km) si trova 240 m
sotto il livello del mare costituendo così la linea ferroviaria più profonda al mondo.
Il tunnel viaggia sotto il Tsugaru Strait, connettendo l’isola giapponese di Honshu con
l’isola di Hokkaido e fa parte della linea ferroviaria giapponese di Kaikyo.
Attualmente è il tunnel ferroviario più lungo nel mondo, almeno fino a quando il tunnel
svizzero di base del San Gottardo non verrà completato. Il tunnel di Seikan rappresenta
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una delle più grandi imprese ingegneristiche del ventesimo secolo. Esso è costituito da
un’unica galleria con doppio binario, possiede due stazioni di emergenza, e il suo
diametro è di 9,6 m (Figura 5.3).
Il tunnel fu scavato simultaneamente da settentrione e da meridione.
Le porzioni di terra del tunnel furono eseguite con tecniche di tunneling di montagna
tradizionali, realizzando in questi tratti un solo tunnel principale. Per i 23,3 km della
porzione sottomarina, furono invece scavati tre fori rispettivamente con diametri in
aumento: un tunnel pilota iniziale, un tunnel di servizio ed il tunnel principale (Figura 5.4).
il tunnel di servizio è collegato al tunnel principale con una serie di connessioni
trasversali, distanti tra 600 e 1000 m.
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Le stazioni servono come punti di fuga di emergenza. Nell’evento di un incendio o altro
disastro, ambo le stazioni offrono la sicurezza equivalente di un tunnel molto più corto.
L’efficacia delle aste di fuga localizzate alle stazioni di emergenza è migliorata da:
ventilatori per l’estrazione dei fumi; videocamere per guidare i passeggeri sui percorsi più
sicuri; sistemi di allarme terminali (ad infrarossi) e spruzzatori d’acqua.
La galleria sotto la Manica
La galleria sotto la Manica, canale che separa l’Inghilterra dalla Francia, detto anche
Eurotunnel dal nome della società che lo gestisce, costituisce il più lungo tunnel
sottomarino del mondo.
Il tunnel è lungo 50 km, 38 km dei quali corrono sotto il mare, e collega Folkestone, in
Inghilterra, con Calais, in Francia. Il tunnel si compone di tre gallerie, due ferroviarie e una
di servizio.
Le gallerie furono scavate ad una profondità di 45 m sotto il fondale marino. Le due
gallerie ferroviarie (A) hanno un diametro di 7,6 m e sono distanziate tra di loro di circa 30
m; tra le due vi è una galleria di servizio (B) di 4,8 m di diametro; da esse ogni 375 m
circa partono delle gallerie di intersezione (C) con i due tunnel ferroviari.
Il tunnel di servizio ha il duplice compito di fornire accesso agli operai addetti alla
manutenzione e di fornire una via di fuga sicura in caso di emergenza. I due tunnel
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ferroviari sono inoltre collegati direttamente ogni 250 m da condotti per lo sfogo della
pressione (D) che passano sopra il tunnel di servizio senza unirsi ad esso; questi condotti
servono ad alleviare l’effetto pistone dovuto alla compressione dell’aria provocata dal
transito del treno in corsa (Figura 5.5). Per le auto, i pullman e i camion il servizio navetta
del tunnel funziona come un’autostrada semovibile; i mezzi salgono su una carrozza e
scendono all’altra estremità, dopo un tragitto di 35 minuti. Le navette sono trainate da
locomotive che possono raggiungere i 160 km/h.
La galleria base del Lotschberg
Il tunnel di base del Lotschberg è lungo 34,6 km e porta da Frutigen, nel Kandertal
(cantone di Berna) a Raron, nella valle del Rodano (cantone del Vallese). Dopo la sua
inaugurazione nel 2007, il nuovo tunnel per treni ad alta velocità costituisce, insieme al
tunnel del Sempione, il primo collegamento transalpino veloce nord – sud. Il tunnel
ferroviario è costituito da un doppio condotto con corsia unica a direzioni separate (figura
5.6.)
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I condotti sono collegato ogni 333 m da galleria trasversali cosicché ogni condotto può
essere adibito come galleria di soccorso per l’altro condotto. In situazioni difficili le
gallerie trasversali possono anche essere aperte a mano e resistono ad un incendio di 90
minuti.
Entrambi i condotti dispongono di alimentazione di corrente separata, di un’illuminazione
di emergenza e di un sistema di areazione indipendente
La galleria di Guadarrama
Nel programma generale della rete ferroviaria ad Alta Velocità spagnola è prevista una
connessione tra Madrid e Segovia. La tratta deve attraversare la Sierra di Guadarrama, al
centro della spagna, con una galleria lunga e profonda sotto il parco nazionale
Manganare
Il tunnel ferroviario è costituito da una doppia canna, ciascuna di diametro di circa 10 m
(figura 5.7), avente una lunghezza di 36,5 km. La configurazione del tunnel prevede
diverse infrastrutture complementari come gallerie di connessione ogni 250 m, camere
d’emergenza con relative uscite all’esterno, rifugi per passeggeri e centrali di ventilazione.
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11)
Sintesi dei principali accadimenti incidentali
Per valutare le condizioni connesse ad un incidente generico ed avere anche delle
indicazioni sulle eventuali iniziative che potrebbero ridurre notevolmente le conseguenze
di un fatto drammatico è sicuramente interessante studiare la casistica dei principali
incidenti del passato avvenuti in galleria.
Nell’ambito delle sole gallerie ferroviarie o metropolitane, escludendo dunque le gallerie
stradali, dal 1940 ad oggi possono contarsi 27 incidenti seri, sulla base delle indicazioni di
diversi autori.
Un elenco dettagliato di questi incidenti, ognuno corredato da una descrizione
particolareggiata è dato nella tabella riportata nelle pagine seguenti.
Questa veduta d’insieme non è completa e non esiste criterio per l’uniforme selezione di
questi incidenti, tranne per il fatto che sono tutti avvenuti in gallerie ferrate.
Una stima approssimata considera che, in totale, circa 1400 persone hanno perso la vita
in questi incidenti identificati. Dalle informazioni su ogni incidente, sembra che il 90% di
queste si trovava a bordo del treno durante il decesso o comunque all’interno dell’area
della stazione. Solo la rimanente percentuale ha perso la vita nel tentativo di allontanarsi
dal luogo dell’incidente.
La casistica riporta che anche nei casi in cui sia stato l’incendio la causa maggiore dei
decessi, la maggior parte delle persone ha perso la vita senza riuscire a scendere dal
proprio convoglio. Questo pone l’accento sul fatto che l’evacuazione del treno verso il
tunnel è importante almeno quanto l’evacuazione dal tunnel verso un luogo sicuro.
I casi reali d’incendio in galleria
L’incidente più serio della storia è avvenuto in Italia nel 1944, nel tunnel delle Armi a
Balvano, a sud di Napoli, dove 400 - 500 persone persero la vita per via dell’esposizione
diretta a forti dosi di monossido di carbonio sprigionato dal fumo di due motori a vapore.
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È bene evidenziare che in questo caso non si è trattato di un vero e proprio incidente
quanto di una serie di malaugurate circostanze che hanno bloccato il treno ed i suoi due
motori a vapore all’interno della galleria.
Le due motrici a vapore erano poste alla stessa estremità e ciò non ha consentito una
rapida inversione di marcia. Infatti, soltanto dopo una discreta quantità di tempo il treno fu
fatto scivolare verso l’uscita posteriore (la tratta era in salita), ma la maggior parte dei
passeggeri che alloggiavano disordinati sugli spazi disponibili dei vagoni merci erano già
morti (non si trattava infatti di un treno passeggeri ma di un treno merci occupato semi clandestinamente).
Pur essendo quello di Balvano un fatto singolare ed assolutamente irripetibile la
combustione e la formazione di fumo, causa della morte di molti uomini di malasorte, può
essere comparata a quella che si avrebbe oggi nell’incendio completo di un moderno
vagoni passeggeri.
Fra gli altri incidenti seri, vale la pena di menzionare l’incendio della metropolitana di Baku
nel 1995, che ha contato 289 decessi, e l’incendio sulla funicolare di Kitzsteinhorn in
Austria nel 2000 che ha contato 155 morti.
Entrambi i tunnel scenario di questi due gravi incidenti erano stati costruiti con una
sezione trasversale molto piccola, circa 10 mq per Kitzsteinhorn e circa 28 mq per la
metro di Baku, e questa loro comune caratteristica sembra essere stata la causa
principale della gravità delle conseguenze perché alla maggior parte delle persone
decedute non è stato possibile abbandonare il proprio convoglio.
In parte, questo fu causato da problemi con l’apertura delle porte, ma in ogni caso troppo
poco tempo intercorse tra l’innesco dell’incendio ed il suo sviluppo verso condizioni
estreme.
Una sezione trasversale più estesa avrebbe potuto fornire un tempo più adeguato per
l’evacuazione e per gli interventi di soccorso prima che il calore ed il fumo divenissero
insostenibili.
Un altro incidente serio accadde nel 1972 nel tunnel di Hokuriku (13,9 km a doppio
binario) con l’incendio del vagone ristorante di un treno serale. Il treno fu fermato a metà
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strada nel tunnel per disconnettere il carro incendiato e proseguire con la procedura
attiva, ma dopo lo stop il convoglio non fu più capace di ripartire.
Quel treno trasportava più di 700 passeggeri e 30 di questi persero la vita. Non erano
presenti all’interno del tunnel, sufficienti equipaggiamenti in termini di ventilazione ed
illuminazione e questo fu pesantemente criticato dopo l’incidente.
Esistono tuttavia anche dei casi in cui i passeggeri sono tranquillamente riusciti a mettersi
in salvo all’esterno del tunnel una volta abbandonato il convoglio in panne, sia nel caso di
singole gallerie a doppio binario che nel caso di sistemi galleria a doppia canna.
L’incidente a San Francisco del 1979 mostra che anche le configurazioni di tunnel gemelli
a singola canna con frequenti collegamenti trasversali non è una sufficiente garanzia nei
confronti della sicurezza degli evacuanti in caso d’incendio e non sempre fornisce le
condizioni migliori per l’intervento delle squadre di soccorso.
Anche la presenza di un tunnel di servizio, in quell’occasione, non si è infatti rilevata
sufficiente a garantire la sicurezza: una persona della squadra di soccorso perse la vita e
molti altri individui rimasero gravemente feriti.
Gli incidenti che hanno avuto le peggiori conseguenze in termini del numero delle vittime,
si sono avuti nei tunnel a singola canna (singolo o doppio binario) con ridotta o stretta
sezione trasversale. In questi casi, una più fitta rete di percorsi di sicurezza trasversali
potrebbe non essere la soluzione al problema, ma potrebbe salvare qualche vita in più.
In molti casi è stato un problema di natura tecnica a bloccare il treno in galleria, in altri
l’uso improprio del freno di emergenze.
Quest’ultima circostanza sarebbe potuta evitarsi se il conducente avesse potuto annullare
l’azione dei passeggeri sul freno o se questi fossero stati istruiti a non usare il freno di
emergenza all’interno di un tunnel.
Bisogna notare che, in tutti quei casi in cui il treno si ferma senza la precisa volontà del
macchinista, la posizione di arresto è designata esclusivamente dal caso.
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Di conseguenza, per garantire la sicurezza, è necessario che i tempi per l’inizio ed il
regolare svolgimento di un’eventuale evacuazione siano piuttosto brevi e che la distanza
massima per giungere ad un luogo sicuro sia sempre sufficientemente breve.
A tutti i casi più gravi corrisponde, infatti, la condizione di arresto del treno in galleria
senza il controllo della posizione dei vagoni passeggeri rispetto all’imbocco dei percorsi
di emergenza.
In tutti gli altri casi d’incendio dove invece la fermata all’interno del tunnel si è configurata
come intenzione è sempre stato possibile evacuare gli occupanti in sicurezza lungo i
percorsi offerti dalla data galleria, come ad esempio per gli incidenti dell’Eurotunnel nel
1996 e di San Francisco nel 1979 in cui tutta la popolazione esposta è riuscita a realizzare
il proprio esodo lungo la canna parallela.
Altri tipi di incidenti gravi in galleria
Oltre agli eventi incidentali causati direttamente dall’incendio, un numero circa
equivalente di incidenti gravi si è verificato per cause di natura differente. La maggior
parte di questi incidenti può classificarsi come segue:
-
collisione fronte – coda tra due treni (Batignolles 1921, Torre 1944, Mexico City
1975);
-
collasso strutturale del tunnel (Vierzy 1972);
-
collisione con la fine della linea o con altri treni (Moorgate 1975, Gare de Lyon
1988);
-
incendio all’interno dell’area di stazione (King’s Cross);
-
panico tra la folla alle porte della stazione (Minsk 1999).
La maggior parte di questi incidenti non ha avuto un rapporto causa – effetto con la
tipologia di tunnel nel quale esso è avvenuto. Tuttavia è probabile che le operazioni di
soccorso abbiano invece subito tale condizionamento.
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Riepilogo dei casi gravi
Si riporta di seguito una tabella sintetica con la descrizione dei casi più gravi d’incidenti
avvenuti dalla storia delle ferrovie ad oggi
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12)
Aspetti caratteristici di un incendio in galleria
L’incendio in galleria è uno tra gli eventi più catastrofici che si possano verificare durante
la circolazione di beni e persone. L’altissima temperatura, la minima possibilità di fuga e
l’impossibilità di smaltimento del fumo e del calore rendono questo tipo di incendio molto
pericoloso.
È la stessa struttura costruttiva di una galleria a rendere la lotta contro gli incendi
enormemente complessa, a causa soprattutto delle limitate possibilità delle vie di fuga,
delle difficoltà di intervento da parte delle squadre di soccorso e dall’intenso calore che si
genera in una situazione di dispersione termica così limitata.
Nell’ultimo decennio si sono verificati almeno 10 incendi di grandi dimensioni, in tunnel
stradali o ferroviari, che hanno provocato un numero impressionante di vittime ed enormi
perdite economiche, come nel caso del San Gottardo, del Tunnel della Manica, del
Traforo del Monte Bianco e di altri episodi meno noti ma non per questo meno importanti.
dal punto di vista economico, inoltre, i danni sono spesso di dimensioni enormi sia a
causa dei costi di riparazione che di quelli relativi alla chiusura del tunnel a cui, non ultimi,
vanno ad aggiungersi i costi indotti nelle zone circostanti (turismo, microeconomia, valore
delle costruzioni, ecc.).
Dunque, l’importanza di proteggere un tunnel da un’eventuale accadimento incidentale
d’incendio riguarda tre notevoli aspetti:
-
Salvaguardia delle vite umane. La protezione non è legata ad una vera e propria
protezione strutturale, che sarebbe inutile per questo scopo, quanto ad una
corretta progettazione e costruzione degli impianti di sicurezza quali estrattori di
fumo, sistemi di illuminazione d’emergenza, rifugi, ecc. All’interno di un tunnel la
salvaguardia delle persone è legata alla propagazione, al controllo del fuoco ed
alla limitazione dei suoi danni sui punti sensibili e nevralgici dei sistemi di sicurezza
attiva, più che alla stabilità degli elementi portanti.
-
Sicurezza strutturale. Per sicurezza strutturale s’intende la salvaguardia della
struttura per evitare collassi o danni permanenti che potrebbero provocare
deterioramenti addizionali alle altre strutture o danneggiamenti ai soccorritori. Tali
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100
danni comportano una spesa di riparazione che spesso è notevolmente più alta
della ricostruzione completa della sezione di tunnel danneggiata. In tutti i casi
analizzati scientificamente, inoltre, si è notato il verificarsi di un consistente effetto
spalling sul cemento esposto al fuoco (cioè del deterioramento del rivestimento
cementizio).
-
Danni economici indotti. I danni economici totali provocati da un incendio
derivano non solo dal deterioramento del tunnel (e quindi dalla sua riparazione),
ma soprattutto dai costi aggiuntivi sui trasporti, dai tempi di percorrenza più lunghi,
dalla perdite dell’economia locale e, infine, dalle ripercussioni, anche psicologiche,
sui servizi indotti dal tunnel stesso. Un chiaro esempio di quanto detto è
sicuramente costituito dall’incendio dell’Eurotunnel, dove il costo indotto è stato
stimato a più del doppio di quello della sola riparazione. L’intervento di
ricostruzione, infatti, è costato 87 milioni di Euro. I costi addizionali in termini di
perdite economiche materiali e l’impatto della chiusura del tunnel hanno portato ad
un costo addizionale di 211 milioni di Euro, per un totale di quasi 300 milioni.
13)
La temperatura e le curve d’incendio
Negli ultimi anni sono stati eseguiti molti studi internazionali per meglio comprendere
l’evoluzione dell’incendio all’interno di un tunnel, con ricerche condotte a scala reale
all’interno di galleria in disuso che in laboratorio a scala ridotta. I risultati acquisiti hanno
permesso di entrare nel merito di diversi fenomeni ed in particolare di derivare alcune
curve temperatura – tempo, dette curve d’incendio.
Le curve d’incendio descrivono l’evoluzione delle temperature al passare del tempo e
vengono utilizzate per dimensionare gli elementi resistenti o per definire il carico termico
al quale devono resistere i rivestimenti protettivi, oltre che per fornire stime sui valori delle
temperature potenzialmente riferibili ad un determinato scenario di fuoco. Esse
costituiscono infatti dei modelli di stima, basati su dati empirici, che rappresentano
tipologie definite di incendio.
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101
Sebbene molti studi siano ancora in corso, appare ormai chiaro che le temperature che si
possono registrare in un ambiente confinato, ed in particolare all’interno di un tunnel,
sono sempre superiori a quelle che si avrebbero con lo stesso carico d’incendio in un
ambiente non confinato (o all’interno di un edificio dotato di aperture verso l’esterno e
muri capaci di disperdere calore con elevato rendimento).
Di seguito può trovarsi una breve rassegna delle principali curve utilizzate nel progetto e
nella verifica antincendio dei principali paesi industrializzati. Sono curve in genere non
nate per le gallerie.
Le curve di incendio in generale
Una curva standard usata per testare l’esposizione alla temperatura di una data struttura
è la curva ISO 834, detta curva cellulosica, definita in molti standard progettuali.
Questa curva si applica con successo da diversi anni nella valutazione della resistenza al
fuoco dei materiali tipicamente presenti all’interno di un edificio.
Per molti anni la curva ISO 834 è stata usata anche per il progetto della resistenza al
fuoco delle strutture dei tunnel, ma è ormai chiaro che questa curva non rappresenta
adeguatamente tutti i materiali di potenziale interesse, con riferimento ai derivati del
petroli. Per ovviare a questa affermata consapevolezza è stata successivamente applicata
ai tunnel la curva HC, detta curva degli idrocarburi, sviluppata negli anni ’70 per l’uso
nell’industria petrolchimica e nel progetto degli off – shore.
Negli anni seguenti, in diversi paesi, sono state sviluppate curve specifiche per simulare
la combustione degli idrocarburi nei tunnel. Esempi sono la curva RABT/TZW sviluppata
in Germania e la curva Rijkswaterstaat Tunnel, detta curva RWS, sviluppata in Olanda
sulla base di esperimenti a scala ridotta condotti in laboratorio intorno alla fine degli anni
’70.
In Francia è stata usata una versione modificata della curva degli idrocarburi incrementata
di un fattore 1300/1100, mentre in Italia lo standard di riferimento è stato per molti anni
un’altra ulteriore curva, detta curva standard italiana.
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Oggi, anche in Italia, la curva di riferimento per il progetto termico dei tunnel è la curva
RWS. Essa è sicuramente la più rappresentativa fra quelle proposte a livello continentale
ed è quella utilizzata da anni nei paesi più evoluti nella lotta agli incendi nelle gallerie.
L’associazione mondiale della strada PIARC, raccomanda l’uso della curva ISO 834 (60
min) per automobili e furgoni e l’uso della curva HC modificata (120 min) per autocarri,
autoarticolati e autocisterne. Queste raccomandazioni sono del tutto congruenti con
quelle dell’International Tunneling Associations, ITA .
La curva d'incendio di materie cellulosiche ISO 834
Questa curva è universalmente utilizzata per quantificare l'incendio di progetto negli edifici
civili (scuole, uffici, ospedali, alberghi, ecc.). Tutti gli standard internazionali utilizzano
questo programma termico oppure curve molto simili, come ad esempio in Italia dove si
utilizza la curva prevista dalla circolare 91 del 14 settembre 1961.
La curva ISO 834 simula un normale incendio da materiale cellulosico in ambiente con
ventilazione sufficiente. È opinione comune che questa curva sia poco rappresentativa di
un reale incendio che ha un andamento completamente diverso, ma il suo utilizzo può
dare indicazioni accettabili circa il comportamento dei materiali in situazioni successive ak
flashover. È altrettanto evidente che la ISO 834 è del tutto inadatta per verificare il
comportamento strutturale all'interno dei tunnel.
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La curva di incendio da idrocarburi
La curva da idrocarburi è perfettamente applicabile nel caso si vogliano considerare gli
effetti di un piccolo incendio di benzina, o analogo combustibile liquido, come ad
esempio l'incendio di un serbatoio di un'automobile, di una cisterna di petrolio, di un
piccolo deposito di materiale chimici combustibile, ecc.
Analogamente alla ISO 834, la curva da idrocarburi è totalmente diversa da quella di un
incendio reale, ma il suo utilizzo permette di agire in condizioni standard e di operare
scelte con un certo margine di sicurezza.
la curva RWS o UNI 11076
La curva RWS, adottata in Italia con la norma UNI 11076 "Modalità di prova per la
valutazione del comportamento di protettivi applicati a soffitti di opere sotterranee, in
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condizioni di incendio" pubblicata nel dicembre 2003, è universalmente riconosciuta
come una delle curve più rappresentative all'interno dei tunnel.
Essa è rappresentativa dell'incendio di un'autocisterna carica di petrolio, cui può attribuirsi
un HRR di picco pari a circa 300 MW.
Questa curva è basata su risultati di alcuni test eseguiti in Olanda su una galleria a scala
ridotta, lunga 8,00 m e avente sezione rettangolare di 2,00 x 2,00 mq, con pozze di
petrolio come sorgenti di fuoco e con temperature dei gas individuate tra 900°C e 1360°
C.
Quasi tutti i paesi che utilizzano la curva RWS, compresa l'Italia, hanno deciso di limitare il
programma termico a due ore, in quanto si presume che dopo tale tempo i soccorritori
siano in grado di avvicinarsi alla fonte di fuoco e cominciare la loro opera di spegnimento.
I recenti casi di incendi di grandi dimensioni, ed in particolare l'incendio del Monte
Bianco, hanno dimostrato che le temperature all'interno delle gallerie sono troppo alte per
consentire un intervento di soccorso anche dopo molte ore e quindi alcune nazioni hanno
pensato di estendere la curva RWS fino a 180 minuti (Austria e Svizzera).
In maniera complementare alla curva RWS l'attuale legislazione tedesca impone che la
temperatura all'interfaccia tra il calcestruzzo e la membrana protettiva non ecceda i 380° C
e che la temperatura delle strutture portanti non superi i 250° C.
La curva di incendio RABT ZTV
Questa curva ha caratteristiche simili alla RWS per i primi cinque minuti, condividendo lo
stesso concetto di salita rapida delle temperatura all'inizio della combustione, ma poi
assume una forma piatta e costante a 1200° C fino a 30 minuti, per poi diminuire in modo
lineare fino alla temperatura ambiente dopo 140 minuti.
Sebbene questa curva rappresenti in modo corretto l'incendio in un tunnel ferroviario è
difficile immaginare la sua applicazione nei tunnel autostradali o, comunque, per
rappresentare l'incendio di sostanze combustibili liquide, dove le temperature in gioco
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sono sicuramente più alte. Per questo motivo il suo utilizzo è accettato solo in pochissime
nazioni.
La curva di incendio da idrocarburi modificata
La curva HCM rappresenta una sorta di buon compromesso fra la curva tradizionale da
combustibile liquido o gassoso ed il reale andamento temperatura/tempo che si può
verificare nell'incendio di un tunnel.
Il programma termico HCM è profondamente diverso (e decisamente più severo) rispetto
a quello degli idrocarburi. Alcuni paesi, fra i quali la Francia, hanno adottato questo
programma termico per la verifica del comportamento al fuoco delle gallerie.
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14)
Valori di progetto per l'HRR in galleria
L'HRR, ovvero il tasso di rilascio del calore, può sicuramente essere assunto come
grandezza fondamentale per la valutazione di un incendio in galleria in quanto, nella
letteratura specialistica della prevenzione incendi, esso viene definito come la grandezza
fondamentale per la valutazione del rischio.
Nello studio di Helseden si possono trovare valori di HRR pari a 3, 10, 20, 50 e 100 MW
per descrivere rispettivamente l'incendio in galleria di un'automobile, di un furgone, di un
autocarro, di un autoarticolato o di un'autocisterna carica di combustibile.
I recenti eventi catastrofici avvenuti in Europa hanno mostrato che gli incendi in cui
restano coinvolti diversi HGV (mezzi pesanti per il trasporto di beni civili), anche con
carichi non considerati "non rischiosi", possono produrre una grande quantità di calore e
di fumo, determinando eventi incidentali estremamente difficili da combattere.
In tutti i casi catastrofici l'HRR è sempre superiore ai 100 MW, ed ha raggiunta in ben tre
casi valori compresi tra 300 MW e 400 MV, vedi la Tabella 5.3.
Questo va in contrasto con i valori prescritti da numerose normative che permettono di
assumere per il caso degli HGV che trasportano merci ordinarie (non liquidi combustibili
o altri prodotti ad alto rischio) valori di HRR relativamente bassi, vedi la Tabella 3.2
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Alla luce di queste considerazioni diversi team di ricerca, in Europa e nel mondo, hanno
cominciato a porre nuove attenzioni sulla misura dell'HRR potenzialmente disponibile
nell'incendio di merci ordinarie, avviando e sviluppando numerosi test a scala reale.
Ad esempio, i risultati dei test eseguiti sul Runehamar Tunnel nel 2003 permettono di
affermare che gli HGV ordinari, ovvero caricati con carichi considerati a basso rischio
(cellulosa e plastica), possono aversi picchi di HRR compresi tra 66 MW e 202 MW che
corrispondono invece al valore dato dalle normative per l'incendio di un'autocisterna
carica di combustibile liquido.
Questi valori sono stati discussi dalle autorità internazionali per la standardizzazione della
sicurezza e ci si può aspettare che nel corso degli anni a venire le prescrizioni attuali
subiranno una revisione verso l'alto per l'adeguamento a questi nuovi rilievi.
Relativamente al caso delle ferrovie esiste infatti un gran numero di team internazionali di
ricerca, il cui obbiettivo è quello di armonizzare le infrastrutture ferroviarie e le procedure
cui sono soggette, al fine di produrre un continuo aumento della sicurezza.
Esempi di questi gruppi sono l'Unione Internazionale delle Ferrovie (Unione Internationale
de Chemin de fer, UIC), il gruppo di esperti UN ECE e l'associazione europea per
l'interoperabilità ferroviaria (Association Europèenne pou l'Interopèrabilitè Ferroviaire,
AEIF).
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Per via del costante incremento di trasporto merci su ferrovia e del conseguente
miglioramento delle infrastrutture rotabili, la domanda di trasporto passeggeri è anch'essa
destinata a crescere.
Tuttavia, le norme non permettono di stilare una tabella per la stima dei valori di HRR
potenzialmente riscontrabili nell'incendio di normali carrozze civili.
Questo aspetto rappresenta una discussione aperta e diversi valori sono stati proposti, a
seguito di numerosi test, per l'incendio di progetto di questi "veicoli".
15)
I test e le esperienze di laboratorio
La prima serie di test di larga scala che ha permesso di valutare i valori di HRR ed i valori
delle temperature dei gas di combustione corrispondenti all'incendio di grandi e reali
veicoli ferroviari (carrozze passeggeri, vagoni merci, carrozze metropolitane e HGV) è
stato il progetto AUREKA 499 – FIRETUN sviluppato tra il 1990 ed il 1992.
Nel corso degli anni precedenti sono stati eseguiti numerosi test che hanno cercato di
investigare le grandezze caratteristiche di un incendio in galleria.
Tra essi si annoverano quelli effettuati nel 1965 nell' Offenegg tunnel in Svizzera, quelli di
Glasgow in Scozia nel 1970 all'interno di un tunnel ferroviario dismesso, gli esperimenti
del Zwenberg tunnel in Austria nel 1975 e gli altri esperimenti avvenuti in Giappone nel
1980.
La serie di test più recenti risale invece al 2003 con gli esperimenti del Runehamar Tunnel
in Norvegia, a seguito dei quali il Dipartimento di Fire Safety Engineering del "Lund
Institute of Techonology" della norvegese "Lund University" ha compilato una serie di
interessantissimi studi.
In funzione dei test del progetto EUREKA, condotti su vetture ferroviarie nel Repparfjord
Tunnel in Norvegia tra il 1990 ed il 1992, e di altri test condotti su altri vagoni ferroviari,
può sintetizzarsi la Tabella 3.4.
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La tabella 3.4 evidenzia, in particolare, come a valori maggiori di energia possano
corrispondere HRR più bassi.
Ciò è sicuramente attribuibile all'influenza che hanno le condizioni di ventilazione sullo
sviluppo del fuoco: tanto maggiore è il ricambio di ossigeno, tanto più efficiente e potente
sarà la combustione.
Il numero, la forma e le caratteristiche complessive del sistema di aperture del vagone
nonchè le caratteristiche del particolare incidente (eventuale rottura di finestrini o altro),
hanno notevole influenza sull'HRR.
Si riporta di seguito una tabella sintetica degli esperimenti più importanti condotti dal
1965 ad oggi.
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[3] “Sicurezza nelle gallerie ferroviarie: modellazione numerica dei tunnel per la
valutazione del rischio d’incendio” – Giuseppe Fresta (anno 2008) – Università degli
Studi di Catania : Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale.
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D – Sviluppi sull’analisi progettuale delle opere in sotterraneo [4]
1) Introduzione
Le opere in sotterraneo sono state interessate da un notevole sviluppo in concomitanza
con la costruzione della rete ferroviaria nazionale ed europea, a metà del XIX secolo. Una
significativa testimonianza di questo sviluppo è data, in modo singolare e sicuramente
suggestivo, dai "Modelli di Costruzioni", veri "Capolavori di Minuseria al servizio della
Scienza delle Costruzioni" della Regia Scuola di Applicazione per Ingegneri, in Torino.
Come è illustrato in figura 1, alcuni di questi modelli, oggi conservati presso il
dipartimento di ingegneria strutturale e geotecnica dello stesso Politecnico, riguardano la
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costruzione di gallerie e rendono in modo accurato i diversi tipi di attacco e le successive
fasi di avanzamento dello scavo, allora più frequentemente in uso:
a) il metodo austriaco – inglese, che consisteva nell'effettuare lo scavo completo della
sezione della galleria prima di eseguire il rivestimento;
b) il metodo belga, con cui si eseguiva il rivestimento della calotta della galleria e
successivamente quello dei piedritti;
c) il metodo italiano, con il cosiddetto attacco "in cunetta", che prevedeva la messa in
opera dell'arco rovescio in muratura, prima della chiusura completa dell'anello.
L'interesse del progettista e del costruttore di gallerie, allora come oggi, doveva essere
rivolto anche agli interventi di ripristino, com'è visibile in un altro modello della stessa
collezione "Capolavori di Minuseria al servizio della Scienza delle Costruzioni" (fig. 2), che
riproduce un tratto della galleria dei Giovi, sulla linea ferroviaria Genova – Torino,
inaugurata nel 1853. Questa galleria, scavata in terreno "che si presentava mobile" (argilliti
plastiche), subì dei "guasti" negli anni '70, così da richiedere, nel 1983, importanti ed
impegnativi interventi di restauro.
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Ciò che è chiaro, osservando le illustrazioni delle figure 1 e 2, insieme alla figura 3, che
riporta una fotografia un pò più recente, è che per lungo tempo è stato necessario
dedicare un'attenzione del tutto particolare alla carpenteria in legno e al rivestimento
finale in muratura posti in opera durante l'avanzamento. Era indispensabile valutare la
stabilità del cavo e in particolare calcolare il carico sulle strutture provvisorie in legno e sul
rivestimento permanente.
I primi tentativi di calcolo, che si possono fare risalire proprio alla metà del XIX secolo,
prendevano in considerazione i fenomeni nell'immediata vicinanza dello scavo ed erano
basati su ipotetici meccanismi di rottura o su modelli semplici (vere e proprie
idealizzazioni intuitive: il comportamento ad arco, il comportamento a trave, la teoria del
silo,......). È d'altra parte interessante osservare che nel periodo storico appena ricordato
nasce la teoria matematica dell'elasticità, per cui si fa gradualmente strada l'esigenza di
andare oltre il semplice modello di quantificazione del carico agente sulle strutture.
Si comincia infatti a comprendere quanto sia importante descrivere la ridistribuzione delle
sollecitazioni e le deformazioni indotte intorno al cavo, nel senso di quantificare le
variazioni che la presenza del cavo stesso comporta rispetto ad una situazione di
equilibrio preesistente. Basti pensare all'iniziale impiego, nello studio del comportamento
delle gallerie allo scavo, delle classiche soluzioni in forma chiusa della teoria dell'elasticità
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quali, ad esempio, le soluzioni di Lamè [1852] e di Kirsch [1898], che affrontano
rispettivamente il problema del calcolo di tensioni e deformazioni indotte in una piastra
forata in condizioni di sforzo idrostatico e biassiale.
2) Il passato ed il presente
Prima di affrontare l'argomento principale di quest'articolo, ci soffermiamo su tre
importanti opere appartenenti a tre diversi periodi storici, senza con questo voler fare una
ricostruzione dei progressi tecnologici che hanno riguardato le costruzioni in sotterraneo.
Lo scopo è piuttosto quello di inquadrare il problema; è quindi parso utile prendere a
riferimento un unico ambiente geologico, interessato allo scavo dei trafori transalpini della
Alpi Cozie, tra la Francia e l'Italia: il primo "Traforo delle Alpi", il Traforo Autostradale del
Frejus, la Galleria di Base lungo il nuovo collegamento ferroviario Torino – Lione.
Il primo "Traforo delle Alpi"
E' interessante tornare al periodo storico prima ricordato (seconda metà del XIX secolo)
ed in particolare alla galleria ferroviaria del Moncenisio, sotto il colle del Frejus, tra
Bardonecchia e Modane: il primo Traforo delle Alpi.
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A realizzarla furono "Tre Ingegneri" Sommeiller, Grandis e Grattoni (fig.4), i quali, tra l'altro,
misero a punto per la perforazione della roccia scalpelli azionati pneumaticamente (fig. 5).
Si tratta del vero inizio, nel 1863, dello scavo meccanizzato in galleria. Su progetto di
Sommeiller ("cui era stato rilasciato l'attestato di privativa il 30 dicembre 1858"), le
perforatrici venivano montate (in genere in numero di 7-10, ma all'occorrenza fino a 12) su
un affusto ferroviario, ad intelaiatura metallica (figg. 5 e 6), dotato di barre trasversali, vero
precursore dei moderni carri "jumbo".
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La squadra di base, addetta all'affusto, era composta di 37 persone: un capo – posto, 4
meccanici, 2 scalpellini minatori, 8 manovali per il montaggio e il cambio dei fioretti, 9
operai per la condotta delle perforatrici, 8 manovali per la messa in stazione o il ricambio
delle perforatrici, 5 ragazzi addetti ai lavori accessori, oltre a 2 lavoranti usati come
messaggeri. Di fianco alle rotaie principali, venivano montate altre due coppie di rotaie
con scartamento di 60 cm, sulle quali venivano fatti scorrere i vagoncini addetti al
trasporto del marino (fig. 7)
Il Traforo, che era scavato prevalentemente nella formazione dei calcescisti piemontesi,
aveva una lunghezza di 12,2 km. I lavori di scavo iniziarono nel 1857 e, procedendo sui
due fronti, terminarono con l'incontro delle avanzate il 25 dicembre 1870; l'inaugurazione
della galleria fu fatta il 17 settembre 1871 e l'apertura all'esercizio avvenne il 16 ottobre
1871.
La galleria autostradale del Frejus
Non molto lontano dal primo Traforo delle Alpi, appena ricordato, con cui ebbe
veramente inizio "una nuova era per la costruzione delle gallerie", muovendoci dal
passato verso il presente, nella storia dello scavo delle gallerie, deve essere ricordato il
Traforo Autostradale del Frejus che congiunge Bardonecchia, nel vallone di Rochemolles,
in Italia, con Modane, nel vallone del'Arc, in Francia (fig. 8).
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Con una lunghezza complessiva del tracciato di 12,9 km e una copertura massima di
1750 m, questo traforo segue planimetricamente quello ferroviario per circa un terzo del
suo sviluppo; se ne allontana fino ad una distanza di 2000 m, in corrispondenza
dell'imbocco francese. Ad eccezione delle zone di attacco, su entrambi i lati, il traforo
attraversa esclusivamente la formazione dei calcescisti piemontesi (fig. 9).
Lo scavo del traforo autostradale si caratterizza per una serie di innovazioni, sia dal punto
di vista tecnologico che strettamente progettuale. Vale ad esempio ricordare, quasi a
voler porre a confronto il passato con il presente, la felice scelta di sostituire la
tradizionale perforazione ad aria compressa con quella elettro – idraulica, mai
sperimentata prima di allora per tratti di galleria così lunghi (fig. 10).
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Rimanendo sempre sul lato italiano del traforo, si può anche ricordare che la stabilità
dello scavo a seguito del fronte di avanzamento veniva garantita da un intervento
sistematico di stabilizzazione con bulloni (diametro 24 mm) ad ancoraggio puntuale, con
testa espandibile a sei ali e lunghezza variabile da 3,5 m a 5,0 m.
Le gallerie del nuovo collegamento ferroviario Torino – Lione
Il presidente Cavour, nel proporre alla Camera dei Deputati nel giugno del 1857, il
progetto del primo Traforo delle Alpi affermava: "L'Impresa che noi vi proponiamo, non
vale il celarlo, è gigantesca; la sua esecuzione dovrà però riuscire a gloria e a vantaggio
del Paese. Noi non vi abbiamo mai dissimulato essere noi convinti che questa impresa
non potesse condursi a compimento senza vincere grandissime, immense difficoltà......".
Non è fuori luogo ricordare queste stesse parole oggi considerando il nuovo
collegamento ferroviario Torino – Lione, che prevede nei prossimi anni lo scavo di un
traforo di circa 53 km con una copertura che oltrepassa i 2000 m in corrispondenza della
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cresta di confine (fig.11) oltre a tre lunghe gallerie in Val di Susa, tra cui quella di
Bussoleno riportata nello stesso profilo di figura 11.
E' quasi superfluo sottolineare l'importanza che assumono in questo caso gli studi
geologici già svolti. Non meno importanti sono però alcuni aspetti specialistici riguardanti
più da vicino questo articolo. Nel caso particolare sarà ad esempio utile chiedersi,
nell'esaminare lo sviluppo dei metodi di analisi oggi disponibili per il progetto delle opere
in sotterraneo, se questi possono considerarsi adeguati di fronte alle complesse
problematiche anticipate, per la natura dei terreni attraversati, le notevoli coperture
interessate, la lunghezza delle opere, i condizionamenti sui tempi di realizzazione, ed altro
ancora.
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Il collegamento ferroviario ad alta velocità tra Bologna e Firenze
Con i suoi 73 km di gallerie, per un tracciato che si sviluppa attraverso l'Appennino per 78
km (fig. 12), il collegamento ferroviario ad alta velocità tra Bologna e Firenze costituisce
indubbiamente l'opera di maggiore impegno del progetto "Treno ad Alta Velocità". Come
noto, tale progetto ridisegna il sistema ferroviario italiano sulla base del quadruplicamento
delle linee con nuovi assi ad alta velocità, che si sviluppa in direzione Est – Ovest, lungo
la direttrice padana, e in direzione Nord – Sud, lungo quella peninsulare.
E' interessante sottolineare in questa sede che quest'opera segue il primo collegamento
tra Bologna e Firenze, la tuttora esistente linea Porretana (i cui lavori vennero intrapresi
nel 1856, entrando in servizio nel novembre 1864), e la Direttissima Bologna – Firenze
(inaugurata nel 1934), entrambe caratterizzate da importanti gallerie di valico
dell'Appennino, scavate in condizioni geologiche particolarmente complesse e difficili. La
metodologia di scavo adotta nella nuova opera, a piena sezione (fig. 13), con interventi
sistematici di stabilizzazione/consolidamento al fronte, rappresenta un'importante
innovazione tecnologica e costruttiva, nonchè di tipo progettuale.
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3) I metodi di analisi in un breve percorso
I primi passi
All'epoca dello scavo delle prime gallerie ferroviarie (metà del secolo XIX), lo stato dell'arte
nel calcolo delle opere in sotterraneo e delle strutture di sostegno è ben descritto da
queste parole riprese da Curioni [1877]:
".....Innumerevoli sono le gallerie aperte all'epoca delle prime costruzioni di strade ferrate
fino ai nostri tempi; ed è singolare come non siansi ancora formulate regole certe e sicure
per la determinazione pratica della grossezza dei rivestimenti. Pochi precetti generalissimi
hanno finora servito di guida nel determinare le indicate grossezze....
•
si può tralasciare ogni rivestimento alle gallerie in roccia dura, non alterabile al
contatto con l'aria;
•
è necessario un sottile rivestimento murale, con grossezza variabile da metri 0,25 a
0,40, per le gallerie entro roccia soggetta a sfaldarsi in contatto dell'aria;
•
è indispensabile un robusto rivestimento murale, con grossezza di metri 0,50, per le
gallerie entro terra.
Come si è già ricordato, l'attenzione era dunque rivolta al dimensionamento del
rivestimento in muratura e alla carpenteria in legname; in particolare si cercava di
formulare delle ipotesi ragionevoli sull'entità e sulla distribuzione del potenziale carico su
questi agenti. Il calcolo veniva svolto ricorrendo a metodi di tipo analitico o grafico, in
stretta analogia a quanto fatto per le arcate di ponti di struttura murale.
Come illustrato nei diagrammi di figura 14, ripresi dall'Appendice dell'Arte del fabbricare
dello stesso Curioni, "la stabilità delle gallerie veniva valutata deducendo la mutua azione
tra le parti di volta limitate dai giunti alle reni e dal giunto in chiave."
La verifica comportava che gli sforzi di compressione agenti non superassero i valori di
resistenza della malta tra i corsi, non accettando comunque sforzi di trazione.
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Rimanendo sempre e volutamente sul testo di Curioni, è di sicuro interesse rilevare come
lo stesso autore fosse ben cosciente delle difficoltà incontrate nel formulare ipotesi
attendibili sui carichi agenti sui rivestimenti e nella stessa soluzione del problema in
esame. Ciò risulta bene dalle seguenti parole: "la risoluzione rigorosa del problema
presenta difficoltà serie e forse insuperabili, sia perchè non si conosce come realmente si
comporta nelle intime parti una massa di terra, allorquando trovasi in procinto di
scoscendere; sia ancora perchè non è ben noto il modo di resistere dei rivestimenti delle
gallerie":
Lo steso Curioni e altri ingegneri dell'epoca, coinvolti nella realizzazione di importanti
gallerie della prima rete ferroviaria del paese, comprendevano in tutta chiarezza la grande
importanza, in questi casi, di "osservare" l'opera in vera grandezza: "....con tutto
l'impegno...., approfittare dei fatti che ci è permesso osservare nelle deformazioni e nelle
rotture delle gallerie.... onde vedere se è possibile formulare una teoria, che in qualche
modo possa venire in aiuto dell'ingegnere costruttore nel progettare.....".
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Non è pertanto fuori luogo evidenziare come in queste parole siano sottolineti i principi
che molti anni più tardi sarebbero stati posti alla base dell'approccio osservazionale.
La teoria dell’Elasticità
Abbiamo già ricordato che con la metà del XIX secolo, proprio mentre si andavano
costruendo le prime gallerie della rete ferroviaria nazionale ed europea, la teoria
matematica dell’elasticità aveva ormai raggiunto un buon livello di sviluppo ed erano state
pubblicate diverse soluzioni analitiche in forma chiusa, che sarebbero poi state utilizzate
per l’analisi del comportamento delle cavità sotterranee in fase di scavo e ad opera
completata, come descritto nei primi testi di meccanica delle rocce. Come illustrato nella
figura 15, tali soluzioni riguardano il calcolo delle tensioni
,
e
e degli spostamenti
ur e uθ in un punto a distanza r dall’origine degli assi di coordinate x,y o r,θ in un mezzo
infinitamente esteso, omogeneo, Continuo ed Isotropo, a comportamento Lineare
Elastico (CILE), contenente un foro circolare, e soggetto ad uno stato di tensione in sito
idrostatico [soluzione di Lamè, 1852] o biassiale [soluzione di Kirsch, 1898].
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Una delle prime esigenze poste dalla pratica costruttiva, nello studio delle tensioni e delle
deformazioni indotte intorno ad una galleria, pur nelle semplici ipotesi di mezzo CILE, è
stata quella di tenere conto di una sezione di scavo diversa da quella circolare. A tal fine,
sono stati condotti numerosi studi analitici e sperimentali, volti a definire l’influenza della
forma geometrica, aspetto di sicuro rilievo, soprattutto per le grandi cavità sotterranee
adibite a funzioni civili o minerarie.
Gli studi analitici hanno in particolare riguardato l’impiego della teoria dell’elasticità, in
accordo alla formulazione con variabili complesse. Un efficace esempio di studi specifici
sull’argomento, tipici degli sviluppi del periodo 1965 – 1970, è riportato nella figura 16,
che intende evidenziare l’influenza degli spigoli sulla concentrazione delle sollecitazioni
agenti nell’intorno di una galleria mineraria di sezione quadrata in condizioni di carico uni
assiale ( ,
/
0)
Gli studi sperimentali, anch’essi appartenenti allo stesso periodo di cui sopra, hanno visto
l’impiego della fotoelasticità che consente di visualizzare in modo molto efficace la
distribuzione delle sollecitazioni intorno allo scavo, come è illustrato per una galleria
circolare in figura 17.
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Vale osservare, con riferimento alle esigenze poste dalla tridimensionalità di alcuni
problemi applicativi (tipico è il caso delle zone di intersezione tra gallerie e cavità di
diversa forma geometrica), che i modelli fotoelastici sono stati anche applicati alla
soluzione di problemi tridimensionali, come è illustrato nell’esempio di figura 18, relativo a
zone di intersezione ad angolo retto tra due gallerie circolari.
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È comunque evidente che oggi, con l’ampia diffusione dei metodi di analisi numerica, su
cui ci soffermeremo nel successivo capitolo, il calcolo dello stato tensionale e deformativo
intorno a gallerie di diversa forma geometrica e anche in condizioni tridimensionali può
essere svolto in modo molto semplice. Per mettere in luce questo fatto, lo stesso
problema affrontato con i metodi della fotoelasticità, illustrato in figura 18, è stato risolto
con il metodo numerico degli elementi di contorno (BEM) e il codice di calcolo
EXAMINE3D. Com’è d’uso in questi casi, il confronto è condotto riportando le linee di
contorno dello sforzo di taglio massimo, secondo quanto rappresentato nella figura 19.
Il metodo convergenza – confinamento o delle curve caratteristiche
Nello sviluppo dei metodi di analisi un posto del tutto particolare deve essere riservato al
metodo convergenza – confinamento o delle curve caratteristiche, il cui uso può essere
fatto soprattutto risalire ai primi anni cinquanta e sessanta del secolo scorso e al lavoro di
Rabcewicz, Pacher e Muller, in relazione all’impiego del cosiddetto Nuovo Metodo
Austriaco, NATM.
Le basi teoriche del metodo fanno riferimento invece alle soluzioni derivate per il calcolo
dello stato tensionale e deformativo e dello sviluppo progressivo della plasticizzazione
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attorno a una galleria circolare scavata in un mezzo a comportamento Elasto PLAstico
(ELPLA), sotto posto ad uno stato tensionale in situ p0 e sul contorno
di tipo isotropo.
Alcune soluzioni sono state sviluppate nel periodo 1930 – 1960; altre, a partire
dall’elegante soluzione proposta da Selencon, sono state derivate più recentemente. Tra
queste, si possono anche ricordare le soluzioni in forma adimensionale proposte da
Carranza – Torres e Fairhurst [1999]. Di sicuro interesse è poi la soluzione semi – analitica
elaborata da Detournay [1983], applicabile al caso di stato di tensione in situ biassiale.
Queste soluzioni si differenziano per il criterio di resistenza che viene introdotto per
l’ammasso roccioso, sia quello di Mohr – Coulomb o di Hoek – Brown.
In sintesi, riferendo il problema ad una galleria circolare profonda di raggio a, ubicata in
un mezzo continuo, omogeneo, isotropo, a comportamento ELPLA di tipo ideale plastico
o ideale fragile, sottoposto ad uno stato tensionale in situ isotropo p0, è dunque possibile,
determinare lo stato tensionale e deformativo nell’ammasso roccioso a seguito dello
scavo, schematizzato con una progressiva diminuzione della tensione radiale
sul
contorno del cavo. Come illustrato nella figura 20, la curva che definisce lo spostamento
radiale ur sul contorno della galleria, in funzione della corrispondente tensione
, è detta
curva convergenza – confinamento della galleria in esame (LC). Concordemente viene
anche valutata l’estensione della fascia plastica, definita dal valore Rpl.
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Per una tensione radiale pari a p0, non si ha alcuna variazione dello stato tensionale e
deformativo iniziale al contorno della galleria e lo spostamento radiale ur (per r = a) è
nullo. Al diminuire della tensione radiale
, inizia a manifestarsi lo spostamento radiale ur
che, inizialmente, cresce linearmente fino ad un certo valore della tensione radiale
,
,
detta tensione radiale critica, funzione unicamente dei parametri di resistenza di picco
dell’ammasso roccioso. Al di sotto della tensione radiale
,
si sviluppa, intorno al cavo,
la zona plastica. Il raggio plastico Rpl individua il limite di tale zona: per distanze superiori
l’ammasso roccioso continua a rimanere in condizioni elastiche (CILE).
La LC non tiene ovviamente conto della eventuale presenza delle strutture di sostegno,
ma descrive unicamente la risposta della galleria in termini di convergenza e di
estensione della fascia plastica al variare della tensione radiale applicata sul contorno
della galleria. Come illustrato in figura 20, per tenere conto dell’interazione tra la galleria e
la struttura di sostegno è necessario rappresentare quest’ultima attraverso una propria
curva caratteristica (LS) ed introdurre il concetto di tensione radiale fittizia, che permette
di affrontare il problema tridimensionale caratterizzato dalla presenza del fronte di scavo
mediante uno schema bidimensionale semplificato.
In tal modo la LC può essere razionalmente interpretata come un grafico rappresentativo
della situazione deformativa lungo l’asse della galleria: ogni punto della curva LC
consente di valutare l’entità dello spostamento radiale in una particolare sezione
relativamente alla posizione del fronte di scavo. Sarà così possibile determinare anche lo
spostamento radiale ur)i nella sezione in cui viene posto in opera il sostegno.
La SC definisce lo spostamento radiale ur della struttura di sostegno in funzione della
tensione radiale
applicata su quest’ultima. Essa è generalmente descritta da una
relazione lineare caratterizzata da un coefficiente angolare Ks, detto rigidezza del
sostegno, sino ad un valore massimo della tensione
massima
max
che caratterizza la pressione
che la struttura stessa è in grado di sopportare. Sono disponibili in
letteratura le espressioni delle rigidezze Ks e del valore limite della pressione
max
dei
sostegni tradizionali quali ad esempio le centine metalliche, il rivestimento in calcestruzzo
spruzzato e i bulloni radiali ad ancoraggio puntuale.
Come illustrato nella figura 20, l’intersezione tra la LC e la LS (nella figura sono indicate
due curve caratteristiche del sostegno: LS1 – supporto elastico ed LS2 – supporto
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cedevole) permette di ricavare la pressione che agisce sulla struttura di sostegno e lo
spostamento radiale della galleria nella situazione finale di equilibrio, a grande distanza
dal fronte di scavo. Di interesse, in un’ottica osservazionale, come evidenziato nella figura
20, è anche la variazione di ur nel tempo t, a porre in luce un comportamento della
galleria di tipo stabile o instabile.
Il metodo convergenza – confinamento è stato recentemente esteso per tenere conto
delle strutture di rinforzo e consolidamento. Dal momento che questi interventi non
possono essere considerati in modo indipendente attraverso una propria linea di
reazione, come è stato fatto per i sostegni, occorre modificare la curva caratteristica della
galleria onde tenere conto dell’azione di rinforzo (ad esempio, è questo il caso dei bulloni
ad ancoraggio ripartito). Si può infine osservare che il metodo convergenza –
confinamento, al di là delle semplificative ipotesi di base prima ricordate, che ne limitano
notevolmente il campo di applicazione, offre una certa versatilità, in particolare come
mezzo preliminare di analisi del problema progettuale in esame, che dovrà poi essere
approfondito ricorrendo ai metodi di calcolo numerico.
4) I metodi di analisi progettuale oggi
Allo scopo di descrivere i metodi di analisi progettuale delle opere in sotterraneo, come li
intendiamo oggi, al termine del percorso precedente occorre inquadrare questi metodi
nel contesto del cosiddetto progetto geotecnico.
Il progetto geotecnico
Secondo un’efficace e sintetica definizione, possiamo dire che il progetto geotecnico
rappresenta l’atto di sintesi con il quale il progettista procede alla soluzione di un
problema geotecnico. Nel caso specifico si tratta di individuare soluzioni idonee ad
istituire un corretto rapporto di compatibilità tra le opere ed il terreno. Come è illustrato
nello schema di figura 21, ciò comporta la pianificazione e lo svolgimento di indagini in
sito e prove in sito ed in laboratorio; queste hanno come obbiettivo la definizione del
modello
geologico
(caratterizzazione
geologica)
e
del
modello
geotecnico
(caratterizzazione geotecnica) e, quindi, del cosiddetto modello di calcolo da adottare.
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È opportuno riconoscere che, con le caratteristiche assunte dalle costruzioni
geotecniche, con terminologia analoga a quella adottata per le costruzioni idrauliche,
stradali, civili, le costruzioni geotecniche individuano opere ed interventi di ingegneria,
che interagiscono con il terreno: è il caso delle opere in sotterraneo; per questo motivo è
indispensabile situare il problema in un contesto assai ampio, che pone l’esigenza di un
approccio multidisciplinare. Ciò vale in relazione alle esigenze e ai vincoli posti dalle
diverse problematiche da affrontare in fase di progetto e di costruzione: funzionali,
ambientali, geologiche, idrogeologiche, geotecniche.
Tale approccio multidisciplinare, che è tuttora oggetto di discussione a livello
internazionale, comporta il ricorso a diverse discipline e competenze:
-
la geologia applicata;
-
le geomeccanica, intesa come meccanica delle rocce;
-
ingegneria geotecnica.
La geologia applicata pone in luce l’obbiettivo di definire le condizioni geologico –
stratigrafiche ed idrologiche del sottosuolo (il cosiddetto modello geologico), che può
essere definito attraverso un piano articolato di indagini geologiche, geomorfologiche,
geologico – strutturali, idrogeologiche e geofisiche.
La geomeccanica, che comprende la meccanica delle terre e la meccanica delle rocce, è
volta alla individuazione del comportamento meccanico ed idraulico dei geomateriali (alla
scala del laboratorio – roccia intatta e del sito – ammasso roccioso, comprese le
discontinuità) e fa riferimento ai principi di base della meccanica dei solidi, della
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meccanica dei fluidi e della meccanica dei mezzi discontinui. Sono le prove di laboratorio
e quelle in sito che, in accordo alle leggi costitutive scelte, concorrono alla derivazione
delle proprietà dei geomateriali, in accordo al modello geotecnico da utilizzare nei calcoli.
L’ingegneria geotecnica è volta ad individuare, per la costruzione geotecnica in progetto,
la soluzione ingegneristica sicura, conveniente in termini economici e compatibile dal
punto di vista geologico ed ambientale. Si tratta di un momento di sintesi, tipico del
processo progettuale, in quanto ad esso concorrono il modello geologico e il modello
geotecnico, che devono portare in modo coerente allo sviluppo delle analisi progettuali e
delle relative verifiche.
Non è certo fuori luogo ricordare che il progetto geotecnico è volto a definire in ogni
dettaglio la soluzione del problema posto, alla luce dei vincoli (funzionali, prestazionali,
ambientali,….) che caratterizzano la costruzione geotecnica in esame. Quest’ultima risulta
perlopiù inserita in un’opera di ingegneria e conseguentemente, in sede di progetto, il
grado di definizione e sviluppo delle diverse componenti, compreso il piano di indagini,
dipendono dal livello di progettazione affrontato: preliminare, definitivo o esecutivo.
È comunque compito del progetto geotecnico porre particolare attenzione agli spetti
costruttivi, curando l’interazione con l’ammasso roccioso circostante nelle diverse fasi ed
esaminando gli interventi di rinforzo, consolidamento e stabilizzazione, ove presenti, alla
luce della stessa complessità dell’opera da costruire. È opportuno richiamare il fatto che
nelle costruzioni geotecniche, in particolare quelle di elevata complessità, quali sono le
opere/costruzioni in sotterraneo, debbono porsi a confronto più soluzioni tecniche, senza
che sia necessaria l’adozione a priori di una tecnologia esecutiva ad indirizzare la scelta.
Da questo punto di vista risulta determinante il grado di conoscenza acquisito circa il
modello geologico ed il modello geotecnico sviluppato, ed in particolare la capacità di
descrivere la risposta del’ammasso roccioso nelle diverse fasi di realizzazione dell’opera.
Ad esempio, la scelta di un intervento stabilizzante di un fronte di scavo (intervento attivo
o passivo?) dipende in modo determinante dalla comprensione del cinematismo di
instabilità che caratterizza l’ammasso roccioso (crollo, ribaltamento, scivolamento,
estrusione?). Allo stesso modo, la stabilità del cavo può essere valutata soltanto se si è
chiaramente compreso il comportamento tensio – deformativo dell’ammasso roccioso,
nelle particolari condizioni di stato tensionale che lo caratterizzano.
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Il modello di calcolo
La scelta del modello di calcolo comporta une schematizzazione del problema
progettuale, necessariamente semplificata rispetto alla realtà. Lo scopo principale è
quello di ottenere un modello da porre alla base della progettazione (fig. 21), che possa
fungere, attraverso il metodo di analisi più appropriato, come strumento di previsione del
comportamento della costruzione geotecnica in esame, nei diversi aspetti caratterizzanti.
Questo è tanto più importante quanto più complesso è il problema applicativo affrontato,
in quanto il modello stesso può essere impiegato, se del caso, per eseguire analisi a
ritroso, volte a perfezionare i parametri di progetto, nell’ottica del metodo osservazionale
(come è, ad esempio, previsto dall’EC7 per le opere di categoria geotecnica 3).
È quindi indispensabile che il modello di calcolo tenga conto del modello geologico e del
modello geotecnico dell’ammasso roccioso, in accordo
alle diverse leggi di
comportamento individuate ed ai relativi parametri, secondo le risultanze delle indagini e
delle prove condotte. Trattandosi di disporre di un modello che consenta di eseguire le
analisi progettuali e le conseguenti verifiche, per accertare i necessari margini di
sicurezza occorre descrivere in modo particolareggiato la costruzione geotecnica,
considerando le previste fasi di costruzione e l’interazione tra l’ammasso roccioso e i
diversi elementi strutturali eventualmente presenti. Particolare attenzione dovrà quindi
essere posta alla simulazione dell’ammasso roccioso; si tratterà in particolare di
scegliere, alla luce delle conoscenze acquisite in sede di caratterizzazione geologica e
geotecnica, se rappresentare quest’ultimo mediante un approccio di tipo continuo o
discontinuo (fig. 22).
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Allo scopo di chiarire il problema con qualche esempio tratto dalla pratica, la figura 23
illustra alcune situazioni caratteristiche di ammasso roccioso per cui la scelta del modello
di simulazione (continuo/discontinuo) da adottare può anche essere fatta in termini
descrittivi.
Come illustrato in figura 24a, quando si ricorre al continuo/continuo equivalente, il modo
più comune di affrontare il problema, che pare aver ricevuto un’univoca accettazione, è di
scalare le proprietà della roccia intatta all’ammasso roccioso utilizzando relazioni
empiriche quali ad esempio quelle proposte da Hoek e Brown [1997].
Fondamentale in questo approccio è la scelta delle leggi costitutive da adottare per
descrivere il comportamento dell’ammasso roccioso. In fase preliminare viene utilizzata
l’elasticità lineare. Se si pone l’attenzione alla degradazione progressiva dell’ammasso
roccioso, in funzione dei carichi applicati, è più opportuno ricorrere ai modelli elasto –
plastici, in funzione delle condizioni di qualità dell’ammasso stesso (fig. 24b): elasto –
plastico ideale, elasto – plastico rammollente o elasto – plastico ideale fragile.
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Volendo invece rappresentare l’ammasso roccioso come discontinuo, particolare
attenzione dovrà essere posta alla descrizione quantitativa del modello, in termini di
blocchi e discontinuità. In particolare, le discontinuità saranno caratterizzate da un
comportamento meccanico, solitamente definito da leggi di tipo elasto – plastico. Ad
esempio, la legge di
Barton – Bandis, impiegata spesso, richiede di valutare le
caratteristiche di rigidezza normale e tangenziale, la legge di plasticizzazione, che
definisce il valore limite dello sforzo di taglio, nonché la legge di decadimento della
resistenza.
Come illustrato in figura 25, i metodi di analisi del continuo, cui generalmente sono anche
riferite le principali soluzioni in forma chiusa di tipo classico (A), già richiamate,
comprendono i metodi di analisi numerica (B), tra cui il metodo agli elementi finiti (FEM) e
il metodo delle differenze finite (FDM), con i quali il problema è simulato numericamente
mediante una discretizzazione (in zone o elementi) della regione di studio, cioè
dell’ammasso roccioso in cui avviene lo scavo e della costruzione geotecnica in esame.
Possono altresì essere usati diversi metodi ad elementi di contorno (BEM), che implicano
la suddivisione al contorno dello scavo in elementi, mentre l’ammasso roccioso è
rappresentato come un continuo indefinito.
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Come già detto, nei metodi di analisi del discontinuo, principalmente di tipo numerico (B),
l’ammasso roccioso è rappresentato come un’insieme di blocchi separati dalle
discontinuità che possono essere considerati sia deformabili che rigidi. Giunti e
discontinuità sono rappresentati come giunti/interfacce tra elementi diversi. Questi metodi
sono in grado di apprezzare i meccanismi rilevanti che caratterizzano un mezzo
discontinuo: (i) spostamenti finiti, (ii) nuovi contatti tra i blocchi, rilevati automaticamente
mentre il calcolo procede. Questi ed altri aspetti hanno portato a dare, progressivamente,
sempre più attenzione all’utilizzo di modelli di tipo discontinuo e in particolare del metodo
degli elementi distinti (DEM). Nonostante ciò, la modellazione di tipo discontinuo non è
utilizzata così diffusamente ed è considerata nuova e “non sufficientemente testata” per
essere applicata per l’analisi e la progettazione in ingegneria delle rocce.
L’utilizzo dei metodi numerici nella pratica ingegneristica, connesso con la necessità di
adottare schemi concettuali (continuo/discontinuo) più appropriati per l’analisi di un dato
problema (ammesso che siano disponibili dati sufficienti), fa sì che la modellazione delle
componenti, roccia, giunti e discontinuità siano assai più logica e rilevante della
modellazione continua. Il confronto mostrato in figura 26 dimostra chiaramente questo
punto di vista, specialmente se vengono inclusi nell’analisi i meccanismi critici del
problema fisico in studio.
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Un aspetto che occorre considerare con particolare attenzione, anche come strumento di
validazione del modello di calcolo da adottare per il progetto, è l’opportunità di condurre
inizialmente le analisi nelle condizioni cosiddette “intrinseche”, cioè in assenza degli
eventuali interventi strutturali e di rinforzo che si prevede di adottare per la costruzione
geotecnica in esame. L’interesse in questo caso è quello di descrivere la “risposta
dell’ammasso roccioso”, ad esempio con riferimento agli scenari di instabilità che in esso
possono svilupparsi.
[4] “Sviluppi dell’analisi progettuale delle opere in sotterraneo” – Giovanni Barla (anno
2005) – Politecnico di Torino: Dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotecnica
Casteldaccia, lì 18.09.2014
Ing. Francesco Solazzo
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