Focus Bnl (pdf)

Banca Nazionale del Lavoro
Gruppo BNP Paribas
Via Vittorio Veneto 119
00187 Roma
Autorizzazione del Tribunale
di Roma n. 159/2002
del 9/4/2002
Le opinioni espresse
non impegnano la
responsabilità
della banca.
Distribuzione delle imprese femminili per settore
(2011, in %)
Attività artistiche,
sportive, di
intrattenimento; 1,0
Sanita' e assistenza
sociale; 2,9
Istruzione; 1,0
Altre attività di servizi;
12,3
Manifattura; 12,7
Fornitura di acqua; reti
fognarie, attività di
gestione dei rifiuti e
risanamento; 0,3
Costruzioni; 4,1
Noleggio, agenzie di
viaggio, servizi di
supporto alle imprese;
4,4
Commercio all'ingrosso
e al dettaglio; 28,1
Attività professionali,
scientifiche e tecniche;
5,0
Attivita' immobiliari; 2,1
Attività finanziarie e
assicurative; 0,9
Servizi di informazione
e comunicazione; 2,2
Servizi di alloggio e di
ristorazione; 21,0
Trasporto e
magazzinaggio; 2,1
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Istat
20
17 giugno
2014
Direttore responsabile:
Giovanni Ajassa
tel. 0647028414
[email protected]
L’attività imprenditoriale femminile in Italia è ancora per lo più concentrata nelle
attività di servizio: circa un’impresa su tre in questo settore è gestita da donne, con
percentuali che arrivano al 42,2% nell’istruzione e al 33% nelle attività di noleggio e
agenzie di viaggio. Per contro, la presenza delle imprenditrici è ancora scarsa nelle
attività manifatturiere. Tra il 2009 e il 2013 la presenza femminile nell’imprenditoria è
rimasta stabile, ma ciò è dovuto alla forte crescita delle imprese gestite da straniere,
che con un +18% ha compensato la flessione delle imprese gestite da italiane. Le
più attive durante il periodo sono state le imprenditrici cinesi, che a fine 2013 con
15mila aziende sono arrivate a gestire il 17,4% delle imprese femminili straniere.
Seguono le romene e le marocchine.
Secondo Unioncamere, nella maggior parte dei casi le donne che hanno avviato
una nuova impresa nel corso del 2013 sono giovani e istruite: sei su dieci hanno
meno di 40 anni, e il 25% circa meno di 30. Il livello di istruzione delle nuove
imprenditrici è mediamente alto: circa il 21% è in possesso di una laurea (contro il
16% dei nuovi imprenditori uomini), mentre il 46,7% ha un diploma di scuola
superiore, una percentuale che si ferma invece a 44,7 nel caso degli uomini. Nella
maggior parte dei casi (18,8%) le donne imprenditrici vengono da un’esperienza
precedente che le ha viste impiegate o quadro in un’altra azienda, ma una fetta
consistente arriva dal lavoro casalingo (13,4%) e dalla disoccupazione (16,1%).
17 giugno 2014
L’imprenditoria rosa in Italia dopo la lunga crisi
Simona Costagli  06-47027054 – [email protected]
Secondo l’ultimo rapporto del World Economic Forum l’Italia compare in 71°
posizione in tema di chiusura del divario economico e sociale tra uomini e
donne. La posizione del nostro paese è migliore se si guarda alla sfera
imprenditoriale.
L’attività imprenditoriale femminile in Italia è ancora per lo più concentrata nelle
attività di servizio: circa un’impresa su tre in questo settore è gestita da donne,
con percentuali che arrivano al 42,2% nell’istruzione, al 33% nelle attività di
noleggio e agenzie di viaggio e al 31% nei servizi di alloggio e ristorazione. Per
contro, la presenza delle imprenditrici è ancora scarsa nelle attività
manifatturiere.
Tra il 2009 e il 2013 la presenza femminile nell’imprenditoria è rimasta stabile, ma
ciò è dovuto alla forte crescita delle imprese gestite da straniere, che con un
+18% ha compensato la flessione delle imprese gestite da italiane. Le più attive
durante il periodo sono state le imprenditrici cinesi, che a fine 2013 con 15mila
aziende sono arrivate a gestire il 17,4% delle imprese femminili straniere.
Seguono le romene e le marocchine.
Secondo Unioncamere, nella maggior parte dei casi le donne che hanno avviato
una nuova impresa nel corso del 2013 sono giovani e istruite: sei su dieci hanno
meno di 40 anni, e il 25% circa meno di 30. Il livello di istruzione delle nuove
imprenditrici è mediamente alto: circa il 21% è in possesso di una laurea (contro
il 16% dei nuovi imprenditori uomini), mentre il 46,7% ha un diploma di scuola
superiore, una percentuale che si ferma invece a 44,7 nel caso degli uomini.
Nella maggior parte dei casi (18,8%) le donne imprenditrici vengono da
un’esperienza precedente che le ha viste impiegate o quadro in un’altra azienda,
ma una fetta consistente arriva dal lavoro casalingo (13,4%) e dalla
disoccupazione (16,1%).
Studi condotti da organizzazioni internazionali mostrano come la percentuale di
donne imprenditrici sulla popolazione femminile sia molto elevata soprattutto nei
paesi in via di sviluppo e in alcuni emergenti, e per contro molto bassa nei paesi
sviluppati. La maggior parte delle imprese femminili in tutto il Mondo nasce con
un’unica proprietaria: in Europa circa il 60% delle imprese femminili ha questa
caratteristica mentre negli Stati Uniti si arriva addirittura al 65%. Nel lungo
periodo le imprese femminili tendono a rimanere più piccole, e a creare meno
occupazione di quelle maschili.
In Italia la riduzione del divario di genere tra uomini e donne in campo economico,
sociale e politico continua a seguire un percorso tortuoso, con fasi alterne di
peggioramento e miglioramento. Secondo l’ultima edizione del World Economic Forum
nel 2013 il nostro paese è risalito alla 71esima posizione (dall’80esimo posto del 2012)
su 132 nella graduatoria basata su una serie di indicatori relativi alla partecipazione al
mercato del lavoro, al livello di istruzione, alla salute e alla presenza nelle istituzioni di
governo. In particolare, risultiamo indietro (97esima posizione) nella graduatoria
relativa alla partecipazione e alle opportunità offerte dal mercato del lavoro, mentre la
nostra posizione è relativamente migliore (65esima) per quanto riguarda il mondo
dell’istruzione. Il ritardo italiano si amplia quando si guarda al reddito medio delle
lavoratrici rispetto ai colleghi uomini: in questo caso non andiamo oltre l’89esima
posizione nella graduatoria guidata a pari merito da Lussemburgo, Norvegia,
2
17 giugno 2014
Singapore e Svizzera. Meglio di noi fanno molti paesi dell’area euro, tra cui i Paesi
Bassi (decima posizione), la Germania (20esima), la Francia (32esima) e la Spagna
(69esima).
L’Italia nella classifica generale del World
Economic Forum in tema di chiusura del gender
gap
(posizioni nella graduatoria)
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
67°
71°
72°
74°
77°
74°
80°
84°
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati WEF
La posizione del nostro paese è migliore se si considera lo Women’s Economic
Opportunity Index, elaborato dall’Economist Intelligence Unit per valutare la condizione
delle donne nell’economia privata, in qualità sia di imprenditrici sia di lavoratrici. In
questo caso l’Italia occupa la 32esima posizione in una classifica guidata da Svezia,
Norvegia e Finlandia, e nella quale la Germania compare al 6° posto mentre la Francia
al 12°.
Alcuni tratti delle imprese femminili in Italia
In Italia i dati dell’ultimo censimento dell’industria e dei servizi (riferiti al 2011)
permettono di osservare più da vicino uno spaccato rilevante dell’imprenditoria
femminile, seppure senza darne una evoluzione temporale: con riferimento alle
imprese con 3-9 addetti (una larga parte delle microimprese) è infatti riportata la
differenza di genere. Si scopre così che delle 705.697 imprese di questa dimensione il
21,5% è classificato come femminile. Le imprese in cui l’imprenditore di riferimento è
donna presentano le percentuali più elevate nelle regioni in cui la presenza di imprese
è molto bassa, rispetto alla media nazionale: si tratta di Valle d’Aosta (dove il 37,8%
del totale delle imprese della regione è rosa), Sardegna (26,7%) e Umbria (26,3%).
Con riferimento alle sole imprese femminili però la concentrazione maggiore si osserva
in Lombardia (quasi 129mila imprese, pari al 3,8% del totale di genere), seguita dal
Veneto, dove si contano circa 72mila imprese rosa (2% del totale) e dal Lazio ed Emilia
Romagna, dove le imprese condotte da donne sono poco meno di 58mila ciascuna,
pari all’1,9% delle imprese femminili di questa dimensione.
3
17 giugno 2014
Regioni in cui la presenza femminile
nelle imprese 3-9 addetti è più alta
rispetto a quella maschile
Regioni in cui la presenza femminile
nelle imprese 3-9 addetti è maggiore in
termini assoluti
(2011, in % del totale imprese)
40
(2011, numero)
30.000
37,8
35
26.926
25.000
30
26,7
26,3
25
23,4
20.000
22,8
20
15.000
15
13.779
13.530
13.356
Veneto
Lazio
Emilia Romagna
12.160
10.000
10
5.000
5
0
Valle D'Aosta
Sardegna
Umbria
Lazio
0
Marche
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Istat
Lombardia
Toscana
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati
Banca d’Italia
L’imprenditoria femminile in Italia è ancora per lo più concentrata nelle attività di
servizio: circa un’impresa su tre in questo settore è gestita da donne, con percentuali
che arrivano a oltre la metà (54,4%) nelle altre attività di servizi, al 42,2%
nell’istruzione, al 33% nelle attività di noleggio e agenzie di viaggio e al 31% nei servizi
di alloggio e ristorazione. Per contro, la presenza delle imprenditrici è ancora scarsa
nelle attività manifatturiere: solo 19.251 imprese in questa classe di addetti è
femminile, contro le 94.199 condotte da uomini (17% del totale) e ancora più scarsa è
la presenza nel settore delle costruzioni dove si contano appena 6.161 imprese
femminili contro le 93.841 maschili (il 6,2% del totale).
Distribuzione delle imprese femminili per settore
(2011, in %)
Attività artistiche,
sportive, di
intrattenimento; 1,0
Sanita' e assistenza
sociale; 2,9
Istruzione; 1,0
Altre attività di servizi;
12,3
Manifattura; 12,7
Fornitura di acqua; reti
fognarie, attività di
gestione dei rifiuti e
risanamento; 0,3
Costruzioni; 4,1
Noleggio, agenzie di
viaggio, servizi di
supporto alle imprese;
4,4
Commercio all'ingrosso
e al dettaglio; 28,1
Attività professionali,
scientifiche e tecniche;
5,0
Attivita' immobiliari; 2,1
Attività finanziarie e
assicurative; 0,9
Servizi di informazione
e comunicazione; 2,2
Servizi di alloggio e di
ristorazione; 21,0
Trasporto e
magazzinaggio; 2,1
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Istat
Nel settore dei servizi la presenza femminile negli ultimi anni si è estesa anche a
comparti più tradizionalmente coperti dall’imprenditoria maschile. Secondo un recente
4
17 giugno 2014
rapporto Censis Confcommercio 1 il numero delle imprese femminili nelle attività
finanziarie e assicurative, di brokeraggio e intermediazione tra il 2009 e il 2013 è
cresciuto del 4,3% mentre quelle legate al settore immobiliare sono aumentate del
7,9%. Per contro, nello stesso periodo ha sofferto molto il settore del commercio, che
ha perso 18mila imprese rosa (-4,4%).
Nel complesso, durante il periodo in esame la presenza femminile nell’imprenditoria è
rimasta stabile, ma ciò è dovuto alla forte crescita delle imprese gestite da straniere,
che con un +18% ha compensato la flessione delle imprese gestite da italiane; grazie a
questa crescita, nel 2013 il peso delle straniere è salito all’8,7% del totale, dal 6,9% di
quattro anni prima. Le più attive durante il periodo sono state le imprenditrici cinesi, che
a fine 2013 con 15mila imprese (+45% dal 2009) sono arrivate a gestire il 17,4% delle
imprese femminili straniere, seguono le romene e le marocchine. Toscana, Friuli, Lazio
e Lombardia sono le regioni in cui la presenza delle straniere è più rilevante, con Prato
in cima alle provincie italiane “internazionalizzate” (un’impresa femminile su tre è
straniera), seguita da Firenze, Milano e Roma.
La nazionalità delle imprenditrici
straniere in Italia
(2013, in % del totale imprese straniere)
20%
18%
Regioni in cui la presenza delle
imprenditrici straniere è maggiore
(2013, % del totale imprese straniere femminili)
12,5%
17,4%
12,3%
12,0%
16%
14%
11,5%
11,5%
12%
10%
8,9%
8%
11,0%
10,8%
7,6%
6,1%
6%
5,4%
4%
10,7%
10,5%
10,0%
2%
0%
Cinesi
Romene
Marocchine
Svizzere
Tedesche
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati
Unioncamere
9,5%
Toscana
Friuli
Lazio
Lombardia
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati
Unioncamere
Le aziende femminili presentano in generale una struttura di governance più
elementare rispetto a quelle maschili, e una dimensione in media molto ridotta:
secondo Unioncamere alla fine del I trimestre del 2014 il 65,6% delle imprese femminili
iscritte alle camere di commercio presentava la forma giuridica di “impresa individuale”,
e solo il 17,8% quella di società di capitale.
Il ritmo con cui esse nascono è superiore alla media: a marzo 2014 risultavano iscritte
lo 0,5% di imprese femminili in più rispetto allo stesso periodo del 2013 (per un totale di
1,2 milioni complessive 2), contro lo 0,2% totale, e ciò grazie soprattutto alla forte
crescita registrata in Emilia Romagna (+5%), Umbria (+4,1%), Toscana (3,8%),
Marche, Liguria e Piemonte, che hanno più che bilanciato la flessione in Campania (3,4%), in Puglia (-1,5%) e in Veneto (-2,4%). Nel complesso, sia il ritmo con cui
1
Censis Confcommercio, Osservatorio sull’evoluzione dell’imprenditorialità femminile nel terziario 20092013, 9 maggio 2014.
2
La definizione di impresa seguita da Unioncamere risulta diversa da quella Istat, è il numero di imprese
complessivo riportato da Unioncamere è significativamente superiore a quello Istat, sia nella componente
femminile, sia totale.
5
17 giugno 2014
avvengono le nuovi iscrizioni sia le cessazioni nel caso delle imprese rosa sono molto
più marcate che per quelle maschili.
La dimensione (in media molto ridotta) delle imprese femminili e il ritmo piuttosto
elevato con cui queste sono nate, soprattutto nell’ultimo anno, hanno portato molti a
ritenere che la creazione di un’impresa sia per molte donne una via semi-obbligata di
fronte a un mercato del lavoro che spesso le penalizza, sia in termini di occupazione,
sia di impiego delle capacità acquisite durante la formazione scolastica e universitaria.
L’idea (peraltro comune anche in altri paesi) sembra confermata dalle caratteristiche
delle nuove imprenditrici, ossia di quelle che hanno avviato un’impresa “vera” nel corso
del 2013. 3 Secondo Unioncamere, 4 nella maggior parte dei casi si tratta di donne
giovani: sei su dieci hanno meno di 40 anni, e il 25% circa meno di 30, nel caso degli
uomini le percentuali corrispondenti scendono al 50% e al 22,8%. Il livello di istruzione
delle nuove imprenditrici è mediamente alto: circa il 21% è in possesso di una laurea
(contro il 16% dei nuovi imprenditori uomini), mentre il 46,7% ha un diploma di scuola
superiore, una percentuale che si ferma invece a 44,7 nel caso degli uomini.
Il livello di istruzione delle nuove
imprenditrici in Italia
Il livello di istruzione dei nuovi
imprenditori in Italia
(2013, in % del totale imprese femminili nuove)
(2013, in % del totale imprese maschili nuove)
Laurea; 20,8
Scuola
dell'obbligo; 20,7
Laurea; 16,1
Scuola
dell'obbligo; 26,1
Formazione
professionale; 6,1
Formazione
professionale; 6,6
Diploma ; 46,1
Istruzione
professionale; 6,2
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati
Censis Confcommercio
Diploma ; 44,7
Istruzione
professionale; 6,6
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati
Censis Confcommercio
Le esperienze maturate nella vita passata dalle donne che nel corso del 2013 hanno
avviato un’impresa sono profondamente diverse da quelle maschili, almeno nel loro
peso. Nella maggior parte dei casi (18,8% contro il 14,3% degli uomini) le donne
imprenditrici vengono da un’esperienza precedente che le ha viste impiegate o quadro
in un’altra azienda, ma una fetta consistente arriva dal lavoro casalingo (13,4% contro
lo 0,2% degli uomini) e dalla disoccupazione (16,1%, una percentuale che arriva
all’14,1% nel caso degli uomini). Più elevata rispetto alla componente maschile (6,5%
contro il 4,9%) è la percentuale di ragazze che ha avviato un’impresa da studente. Per
contro, sono in percentuale minore che per gli uomini le donne che lavoravano presso
un’azienda di famiglia (3,7% contro il 5,1% per gli uomini) o che svolgevano una
mansione come operaio o apprendista (12,7% contro il 21,2% degli uomini) poche
3
Per impresa vera Unioncamere intende un’impresa che non risulta frutto di trasformazione di attività
esistenti dovute a cambiamenti della forma giuridica, di localizzazione, scorpori o nuove acquisizioni.
4
Osservatorio sull’imprenditoria femminile, Indagine condotta nel I trimestre del 2014 e riferita a un
campione di 18.600 imprese attive nate nel 2013 rappresentativo delle 246mila imprese attive iscritte nel
corso del 2013.
6
17 giugno 2014
sono anche coloro le quali svolgevano attività da libere professioniste (6,9% contro il
15,2%).
L’idea che l’avvio di un’impresa rappresenti per molte l’unica via per entrare nel mondo
del lavoro o per valorizzare le proprie competenze è confermata dalle intenzioni
dichiarate dalle stesse donne: per il 19% la nuova impresa avviata è stato un modo per
trovare un primo o un nuovo sbocco lavorativo, per le difficoltà a trovare un lavoro
dipendente stabile (13,7%) o per valorizzare competenze ed esperienze professionali
acquisite in passato (13,3%). Il desiderio di conseguire un successo personale o
economico conta più che per gli uomini (13,3% contro 8,4%), come pure la volontà di
sfruttare un’idea innovativa (4,6% contro il 2,8%). La conoscenza delle opportunità del
mercato appare invece più una prerogativa maschile: tra i nuovi imprenditori uomini il
19,5% lo segnala come l’elemento principale della costituzione dell’impresa, contro il
16,7% delle donne. Dai dati relativi all’ultimo anno si rileva inoltre come la percentuale
di uomini che ha investito cifre rilevanti nell’avvio dell’impresa (oltre 100mila euro) sia
superiore (2,1% contro 1,8%), ma nel caso degli uomini risulta superiore anche la
percentuale di quelli che hanno investito cifre molto basse (meno di 5 mila euro) pari al
54,2% contro il 44,8% delle donne. Queste ultime sembrano aver prediletto la fascia
intermedia, che ha richiesto un investimento iniziale da parte loro compreso tra i 5 e i
30 mila euro.
L’imprenditoria femminile nel Mondo, alcuni tratti
Negli ultimi anni l’attenzione verso questa componente dell’economia è andata
crescendo e numerosi sono gli osservatori nati; uno di questi, il Global Entrepreneurs
Monitor, condotto in 67 paesi, mostra come il tasso di imprenditoria femminile (TIF)
risulti molto elevato soprattutto nei paesi in via di sviluppo e in alcuni emergenti, e per
contro molto basso nei paesi sviluppati. Il motivo principale di tale divergenza è che nei
paesi meno sviluppati l’imprenditoria supplisce alla mancanza di occupazioni stabili e
strutturate: nella maggior parte dei casi le imprese nascono per necessità e non per la
volontà di sfruttare un’idea. Tra i paesi avanzati gli Stati Uniti 5 si distinguono per avere
il valore più elevato del TIF: circa una donna su dieci nella fascia di età 18-64 anni è
titolare di un’impresa. La percentuale Usa non trova eguali in Europa dove, fatto salvo
che per Austria e Paesi Bassi (8 e 7% rispettivamente), si osservano valori intorno al 34%. La maggior parte delle imprese femminili in tutto il Mondo nasce con un’unica
proprietaria: in Europa circa il 60% delle imprese femminili ha questa caratteristica
(contro il 53% delle maschili) mentre negli Stati Uniti si arriva addirittura al 65%. In
generale, le imprese femminili nel lungo periodo tendono a rimanere più piccole, e a
creare meno occupazione di quelle maschili. Nelle quattro principali economie dell’area
euro, in particolare, le imprese femminili raramente presentano la forma di gruppi, per
la maggior parte sono e rimangono di dimensione micro e sono attive soprattutto nei
servizi. Le imprese tedesche però, al pari delle omologhe maschili, sono più grandi
della media europea: il 18% circa viene infatti classificata come media impresa (50-249
addetti), contro percentuali prossime al 10% in Italia, Francia e Spagna. L’Italia è il
paese che presenta la maggiore omogeneità tra imprese maschili e femminili, mentre è
la Francia a presentare le divergenze maggiori: le imprese micro femminili sono circa il
doppio di quelle maschili, e la percentuale di quelle attive nella manifattura è molto più
bassa (4,4% circa contro 12% degli uomini).
In Europa e negli Stati Uniti le imprenditrici sono in genere più istruite degli omologhi
uomini: il 70% delle donne in Europa possiede almeno un diploma di scuola superiore,
5
Numero di donne imprenditrici in percentuale della popolazione femminile di 18-64 anni.
7
17 giugno 2014
contro il 67% degli uomini. I distacchi maggiori si osservano in Germania (15 p.p.,
anche se partendo da tassi molto più bassi delle medie), in Danimarca, in Belgio e in
Finlandia. Per contro, in Francia e in Svizzera la situazione è capovolta, con gli uomini
a rappresentare la parte più istruita dell’imprenditoria. Nella maggior parte dei casi però
alla maggiore istruzione non corrisponde una adeguata preparazione imprenditoriale:
negli Stati Uniti, ad esempio, la percentuale di donne che frequenta corsi di
management (peraltro cresciuti in modo esponenziale negli ultimi anni) è
sistematicamente più bassa che per gli uomini; problemi analoghi si rilevano in molti
paesi europei.
Un’ultima nota merita la presenza femminile nelle imprese più grandi e strutturate in
forma di società per azioni: secondo un recente rapporto McKinsey le donne nei
consigli di amministrazione sono poco presenti e ancor meno nei consigli direttivi. A
parte il caso della Norvegia (34% di donne) e in parte di Svezia e Francia (27%) le
donne risultano poco presenti negli altri paesi europei e negli Stati Uniti. Le percentuali
sono molto più basse nei paesi emergenti: in Cina nel 2013 si arrivava solo all’8%, in
Brasile al 6 e in India al 5%.
Presenza femminile nei consigli di
amministrazione
Presenza femminile nei comitati
esecutivi
(2013, in %)
(2013, in %)
Giappone
Giappone
2
India*
Brasile
Italia
Stati Uniti
16
Regno Unito
17
Belgio
18
Germania
19
Danimarca*
20
9
Danimarca*
9
Francia
9
Stati Uniti
14
Belgio
14
14
27
Norvegia
Svezia
27
Regno Unito
Norvegia
* 2011
Fonte: McKinsey
20
25
30
35
15
Svezia
34
15
8
Cina*
Francia
10
7
Brasile
15
5
6
Germania
8
0
3
Italia
6
Cina*
1
India*
5
40
21
0
5
10
15
20
25
* 2011
Fonte: McKinsey
8
17 giugno 2014
Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori
Indice Itraxx Eu Financial
Indice Vix
400
350
60
300
50
250
40
200
30
150
100
20
50
Fonte: Thomson Reuters
mag-14
gen-14
mar-14
set-13
nov-13
lug-13
mag-13
gen-13
mar-13
set-12
nov-12
lug-12
mag-12
gen-12
mar-12
set-11
nov-11
lug-11
mag-11
gen-11
0
mar-11
mag-14
gen-14
mar-14
set-13
nov-13
lug-13
mag-13
gen-13
mar-13
set-12
nov-12
lug-12
mag-12
gen-12
mar-12
set-11
nov-11
lug-11
mag-11
gen-11
10
mar-11
0
Fonte: Thomson Reuters
I premi al rischio, in flessione,
intorno a 60.
oscillano
L’indice Vix nell’ultima settimana sale da 10
a 12.
Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent
Prezzo dell’oro
(Usd per barile)
(Usd l’oncia)
2.000
mar-14
mag-14
nov-13
gen-14
set-13
lug-13
gen-14
mar-13
lug-13
mag-13
gen-13
1.200
nov-12
lug-12
1,15
1.300
gen-13
gen-12
1,2
set-12
lug-11
Cambio euro/dollaro sc.ds.
lug-12
90
gen-11
Brent scala sin.(in Usd)
mar-12
95
1.400
mag-12
1,25
100
1.500
nov-11
1,3
105
1.600
gen-12
1,35
110
set-11
1,4
115
1.800
1.700
lug-11
1,45
120
mar-11
125
1.900
mag-11
1,5
gen-11
130
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
Il tasso di cambio €/$ a 1,35. Il petrolio di qualità
Brent quota $112 al barile.
Il prezzo dell’oro sale a 1.275 dollari l’oncia.
9
17 giugno 2014
Borsa italiana: indice Ftse Mib
Tassi dei benchmark decennali:
differenziale con la Germania
(punti base)
24.000
1.400
22.000
1.200
1.000
20.000
800
18.000
600
400
16.000
lug-11
gen-12
lug-12
gen-13
lug-13
Italia
gen-14
Spagna
Irlanda
apr-14
ott-13
gen-14
lug-13
apr-13
ott-12
gen-13
lug-12
apr-12
ott-11
gen-12
lug-11
12.000
gen-11
apr-11
0
gen-11
200
14.000
Portogallo
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati
Thomson Reuters
Il Ftse Mib nell’ultima settimana passa da
22.290 a 21.976.
I differenziali con il Bund sono pari a 206 pb
per il Portogallo, 104 pb per l’Irlanda, 131 pb
per la Spagna e 153 pb per l’Italia.
Indice Baltic Dry
Euribor 3 mesi
(val. %)
12.000
6
10.000
5
8.000
Fonte: Thomson Reuters
Fonte: Thomson Reuters
L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana torna
sotto quota 900.
L’euribor 3m scende a 0,23%.
mar-14
set-13
set-12
mar-13
set-11
mar-12
mar-11
set-10
set-09
mar-10
mar-09
set-08
mar-08
set-07
set-06
gen-14
lug-13
lug-12
gen-13
lug-11
gen-12
gen-11
lug-10
lug-09
0
gen-10
1
0
lug-08
2
2.000
gen-09
3
4.000
gen-08
6.000
mar-07
4
Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNLGruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP
Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in
questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato
divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere
considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come
un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.
10