common law

“COMMON LAW”
PROF.SSA GAETANA MARENA
Università Telematica Pegaso
Common law
Indice
1
CENNI AI RISPETTIVI CONTESTI STORICO-CULTURALI DI RIFERIMENTO -------------------------- 3
2
LA COMMON LAW INGLESE: CARATTERI E STRUTTURA. -------------------------------------------------- 7
3
IL SISTEMA DEI WRITS--------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
4
LA COMMON LAW STATUNITENSE---------------------------------------------------------------------------------- 14
5
I DUE SISTEMI GIURIDICI A CONFRONTO ------------------------------------------------------------------------ 21
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 24
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Common law
1 Cenni ai rispettivi contesti storico-culturali di
riferimento
L’espressione common law viene impiegata nella contrapposizione con civil law o con altre
tradizioni giuridiche. Questa è l’accezione che piu’ interessa il comparatista in quanto volta a
descrivere l’intera famiglia giuridica per confrontarla con la tradizione romanista.
In questo senso quella di common law è la famiglia che affonda le sue radici nel diritto
inglese e che comprende numerosissimi ordinamenti a causa del notevole successo e della estesa
circolazione del modello.
La circolazione del modello di common law è avvenuta principalmente per motivi politici ed
ha seguito l’espansione dell’impero britannico. A partire dal XVII secolo, infatti, le compagnie
coloniali iniziano ad esportare la common law nelle Americhe, in India, in Africa e l’espansione si
spinge fino all’Australia ed alla Nuova Zelanda.
Naturalmente, la common law ha avuto un diverso grado di penetrazione nei numerosi paesi
in cui ha avuto contatti e tale varietà è imputabile a diversi fattori: il tipo di rapporto istituzionale
che s’instaura tra la madrepatria e la colonia; la durata della presenza inglese; il grado di sviluppo e
di efficienza del diritto autoctono.
A ciò si aggiunge l’influenza che il modello di common law ha avuto a causa del suo
prestigio ed in alcuni casi della sua efficienza. Si pensi all’influenza del modello americano sia sul
diritto pubblico sia sul diritto privato di molti ordinamenti appartenenti a tradizioni diverse.
E’ importante sottolineare che tra i vari ordinamenti della famiglia di common law vi
possono essere differenze notevoli e che queste si vanno accentuando sempre di piu’ soprattutto se
si considerano le due principali esperienze di questa famiglia: Inghilterra e Stati Uniti.
E’ improprio, dunque, parlare del secondo ordinamento solo con riferimento al primo al fine
di sottolinearne le differenze.
L’ordinamento americano va studiato in maniera autonoma poiché i suoi caratteri originali
rispetto alla madrepatria corrono ormai ad un livello piu’ profondo di quanto può apparire se
l’interesse si ferma alle caratteristiche piu’ evidenti, ossia alla presenza di una costituzione scritta e
rigida che pone una forma di stato federale.
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Benché tra il versante inglese ed il versante americano sussistano ormai differenze
importanti, tuttavia la presenza di alcuni fattori particolari conferisce alla famiglia di common law
una certa omogeneità.
Innanzitutto, tra i fattori che contribuiscono a rendere omogenea la common law vi è la
presenza del Privy Council:una corte sovrananzionale per il Commonwealth, dotata di autorità
persuasiva per molti paesi, inclusi gli Stati Uniti.
Il Privy Council, che ormai ha perso parte della sua importanza, riveste tuttavia un certo
rilievo storico se si considera che nel periodo coloniale esercitava la sudicia review, ossia il
controllo di legittimità sulla legislazione delle colonie per assicurarne la conformità con il diritto
della madrepatria.
Anche la natura giurisprudenziale degli ordinamenti di common law e dunque il loro
carattere di sistemi aperti li rende piuttosto omogenei. Si pensi alla discrezionalità concessa al
giudice di common law nella ricerca della regola di diritto concretamente applicabile in presenza di
casi nuovi o dubbi ed alla possibilità di tener conto di precedenti decisioni su fattispecie analoghe
pronunciate da corti superiori di altri paesi nell’area di common law.
Tra i fattori unificanti c’è poi la comunanza linguistica che favorisce l’omogeneità e la
completa interscambiabilità di categorie e concetti giuridici. Dalla comunanza di lingua tra i paesi
di common law deriva la mobilità degli accademici che a sua volta spinge verso una dottrina
sostanzialmente unica.
L’importanza del confronto commn law/civil law è principalmente sistemica.
Tale binomio ha costituito infatti la base di partenza per i primi studi comparatistici, che
originariamente tendevano a porre in risalto le diversità tra le due grandi famiglie della tradizione
giuridica occidentale. Diversità che si misuravano sul valore del precedente; sul potere di law
making del giudice; sul diverso ruolo della dottrina; sull’assenza di codici e sulla scarsa
penetrazione del diritto romano nei paesi di common law.
Gli studi piu’ recenti hanno ridiscusso le categorie che avevano colpito i primi comparatisti
offrendone una lettura piu’ equilibrata e soprattutto cercando di comprendere a quale livello dei
sistemi tali differenze realmente si collocano.
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Allora, sempre in una prospettiva sistemologica, il significato di common law si può
sintetizzare cosi’: “l’espressione common law può essere usata per descrivere una cultura giuridica,
una particolare attitudine verso il diritto ed il modo di risolvere i problemi legali”.
Oltre alla tradizionale contrapposizione common law/civil law, importante è altresi’ quella
tra common law ed equità.
La common law è quel ramo del diritto inglese elaborato, caso per caso, dalla giurisprudenza
delle corti di Westminster a partire dalla conquista normanna del 1066. L’equity, invece, è il ramo
del diritto inglese, anch’esso di origine giurisprudenziale, sviluppato dalla corte di cancelleria fin
dal XIV secolo e caratterizzato da rimedi processuali estranei al rigore della common law.
La dicotomia tra common law ed equità svolge un ruolo fondamentale nella storia delle
istituzioni inglesi ed i sue rami del diritto sono amministrati da corti diverse.
Altra contrapposizione è quella tra common law e statute law, che trova le sue radici nella
diversa fonte di produzione della regola giuridica.
In questo senso, common law significa diritto giurisprudenziale ( comprensivo di common
law in senso stretto e di equity), ossia regole create dalle corti superiori come frutto incidentale
della soluzione di una controversia concreta tra individui.
Statute law è invece il diritto di creazione legislativa. Gli Statutes sono infatti le leggi del
Parlamento.
E’ quindi evidente che la common law affonda le sue radici nel diritto inglese, nel diritto
cioè elaborato dalle corti centrali di Londra a partire dalla conquista normanna, dovendosi intendere
per diritto inglese il diritto del regno d’Inghilterra, del quale fanno parte anche il Galles e l’isola di
Wight.
Non è il diritto della Gran Bretagna, poiché questa è un’entità territoriale e politica formatasi
dalla fusione del regno d’Inghilterra e quello di Scozia e quest’ultimo ha conservato il proprio
ordinamento giuridico che, per l’origine, il fondamento, l’influenza della concezione romana ed
occidentale, è diverso da quello inglese.
Non è dunque corretto parlare di diritto britannico.
Il diritto inglese non è neppure il diritto del Regno Unito che è formato dall’Inghilterra, dalla
Scozia e dall’Irlanda del Nord e costituisce uno stato che, fino alle importanti leggi del 1998 che
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hanno attuato la cosiddetta devolution, trovava nel parlamento di Westminster l’autorità politica
nazionale.
La centralità politica del Parlamento di Westminster è stata infatti erosa dalla devolution, un
meccanismo che ha comportato lo spostamento di una significativa porzione di poteri normativi ad
alcune arre geografiche aventi particolari caratteristiche, ovvero la Scozia, l’Irlanda del Nord ed il
Galles.
Sotto il profilo storico, tutto parte dalla cosiddetta Conquista del 1066, quando Guglielmo di
Normandia sconfigge ad Hastings l’ultimo sovrano sassone ed al feudalesimo britannico si
sostituiscono le piu’ elaborate strutture feudali normanne e le piu’ razionali istituzioni politiche e
pubbliche di quella tradizione.
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2 La common law inglese: caratteri e struttura.
Le origini della common law si trovano nella corte londinese dei sovrani normanni, la curia
regis, alto consesso in cui il re, coadiuvato dai grandi vassalli e dagli altri funzionari, presiede alla
direzione dello stato e quindi anche all’amministrazione della giustizia.
La curia regis è un organo centrale e la sua centralità non è sinonimo di staticità locale.
Trattasi piuttosto di un attributo essenzialmente funzionale, nel senso che le competenze
dell’organo sono una diretta emanazione del re, che costituisce il centro dello stato.
E’ sempre un organo centrale anche quando è chiamata a svolgere le sue funzioni a seguito
del re e nonostante che abbia dovuto operare, suddivisa in commissioni diverse, senza la presenza
del re e talvolta lontano dal luogo della sua corte.
La curia regis è la corte feudale per i grandi vassalli, ma è anche la corte alla quale si ricorre
nei casi di violazione della pace del regno e nei casi in cui le corti feudali non sono riuscite a
rendere giustizia. La giurisdizione della curia regis ha dunque un originario carattere eccezionale; la
competenza del re in materia di giustizia è infatti limitata in quanto la maggior parte dei compiti di
amministrazione della medesima sono delegati ai feudatari nell’ambito del sistema di governo del
territorio loro attribuito.
All’interno della corte regia si specializzano tre organismi, L’Exchequer, il Common Pleas
ed il King’s Bench, che prima operano come commissioni della curia ed in un secondo momento
come vere e proprie corti, autonome detentrici della funzione giurisdizionale, precocemente
composte da giuristi a tempo pieno e precocemente dedite alla repertori azione delle loro decisioni.
L’Exchequer nasce come sezione speciale della curia con compiti prevalentemente contabili
che consistono nell’amministrazione del tesoro reale e nella raccolta delle entrate. I suoi membri
hanno dignità di baroni. Ha giurisdizione fiscale, ma da questa base si espande a molte questioni di
carattere debitorio per mezzo di finzioni impiegate assai spesso dalle corti reali per ampliare il
proprio potere. E’ abolita poi dalle grandi riforme del XIX secolo.
La Court of common pleas è la corte delle udienze comuni, competente a conoscere delle liti
tra commoners, irrilevanti per l’ordine pubblico. Essendo competente in ordine alla generalità delle
controversia tra privati, questa corte viene a costituire uno stabile organo giudiziario in grado di
svolgere un’attività processuale quantitativamente rilevante.
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I costi del processo sono però assai elevati sia per le parcelle degli avvocati sia per le tasse
giudiziarie e la procedura è assai complessa. Si tratta però della corte principale dell’Inghilterra
Il King’s Bench, la Corte del Banco del re, è in origine presieduta dal sovrano, ma poi
afferma la sua indipendenza dal re. Ha sede fissa a Westminster a partire dalla fine del XIV secolo.
Dal 1268, si compone di giudici tecnici del diritto e la sua competenza si estende alle cause
che interessano la Corona.
Per ciò che riguarda le cause penali, la corte giudica dei reati di ordine pubblico, lesivi della
protezione e della sicurezza garantite dal re ai suoi sudditi. Per le cause civili, determinante è il
concetto di turbativa della pace del regno ed il King’s Bench è soprattutto competente a giudicare
dei casi di trespass, ovvero di illecita e violenta invasione nella sfera giuridica personale e
patrimoniale di un soggetto. Estende poi la sua competenza anche ai casi di risarcimento del danno
derivante da inadempimento del contratto.
Nei confronti delle corti inferiori, il King’s Bench esercita comunque una funzione di
controllo per mezzo dei prerogative writs, rimedi straordinari ottenibili solo dietro la prova della
inadeguatezza o inutilizzabilità di quelli ordinari.
Trattasi del writ of certiorari, o avocazione; del writ of prohibition, ossia del divieto di
procedere rivolto ad una certa corte ritenuta incompetente a trattare un caso; del writ of mandamus,
ossia l’ordine di occuparsi di un caso trascurato o mal condotto; del writ quo warranto, che
comporta un’indagine sul titolo di chi esercita funzioni pubbliche con implicazioni giudiziarie.
Indipendenti dalla giurisdizione ordinaria e dunque dalle corti di common law, si affermano
in Inghilterra anche importanti tribunali dotati di giurisdizione speciale che sviluppano un diritto di
derivazione romano-canonica.
Sono le corti ecclesiastiche, le corti mercantili e le corti marittime.
Le prime giudicano in base al diritto canonico; le corti mercantili applicano la lex
mercatoria, ossia il diritto comune della pratica dei commerci; le corti marittime applicano un diritto
fondato nello ius gentium e nelle relazioni internazionali e svolgono la loro attività con successo per
tutto il medioevo.
La giurisdizione regia si estende e viene esercitata in ogni angolo del regno sovrapponendosi
a quella locale di tradizione popolare. Al declino delle corti locali contribuisce l’istituzione della
giustizia itinerante, che ha tra i suoi scopi quello di avvicinare il popolo alla giustizia reale.
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L’introduzione della giustizia itinerante serve in pratica ad emarginare la giustizia feudale, a
legare direttamente al sovrano quella locale-popolare e ad estendere la giurisdizione della
monarchia normanna a tutta l’Inghilterra.
Un altro organo locale di giustizia, oltre che di polizia e di amministrazione, che
contribuisce all’affermazione della giurisdizione regia è lo sheriff, istituzione di antica origine
anglo.sassone. Rispetto allo sheriff il sovrano normanno rafforza i vincoli di subordinazione con la
corona, sottoponendolo ad un regime severo di controlli ispettivi e trasformando la carica da
ereditaria ad elettiva e la sua durata ad un anno.
E’ sostanzialmente la longa manus regia nell’amministrazione della giustizia.
Si è allora detto che dagli inizi del XII secolo la Corte regia inizia gradualmente a sostituire
le corti locali, le quali non vengono abolite ma cadono semplicemente in desuetudine poiché i
litiganti preferiscono la giustizia amministrata dal sovrano.
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3 Il sistema dei writs
Diversi sono i fattori che decretano il successo della giurisdizione regia. Tra i vari grande
importanza assume il writ.
Il writ o breve è un ordine del sovrano, redatto in forma di lettera, scritto in latino, su
pergamena, munito di sigillo reale. Si tratta di uno strumento autoritario, un comando diretto allo
sheriff o al Lord che presiede una corte, volto a sottrarre la trattazione di una causa ai signori
feudali o alle corti locali.
Presupposto, salvo che non si tratti di una causa di diretto interesse per la Corona, è che la
lite sia portata prima di fronte alle corti locali e che la parte non abbia soddisfazione nella sua sede
naturale.
Il writ è il mezzo tecnico in base al quale opera la giustizia regia ed è anche il mezzo di cui
si avvale il re per intromettersi nella giustizia delle corti locali. E’ dunque uno strumento di enorme
importanza sia per la vita giuridica sia per la vita politica del regno.
E’ lo strumento indispensabile per la tutela del diritto, tanto che nella common law un diritto
soggettivo può dirsi esistente in quanto vi sia un writ che lo rende azionabile. L’attore che intenda
adire la giustizia regia deve infatti per prima cosa procurarsi un writ adatto alla sua situazione,
poiché senza di esso la procedura non può cominciare.
Sul piano pratico, un writ, per quanto proveniente dal re, è materialmente redatto nelle
segreterie del cancelliere, al quale spetta il compito di istruire il ricorso per cui si richiede la
concessione del writ medesimo.
Può avere due destinatari. Può essere diretto allo sheriff, rappresentante locale dell’autorità
regia, con l’ordine di eseguire un servizio oppure al Lord titolare di una corte feudale.
L’inosservanza dell’ordine contenuto nel writ è considerata un’offesa diretta al sovrano e può
comportare l’imprigionamento del responsabile.
La concessione del writ è fondamentale perché si instauri un giudizio e costituisce dunque il
presupposto dell’azione. Ottenere il writ non significa ottenere una pronuncia favorevole, ma solo
una chiave per aprire la porta della giustizia regia.
Esistono due tipi di writ: i writs ordinari ed i writs straordinari.
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I writs ordinari sono consolidati nella prassi giudiziaria ed annotati in un apposito registro,
ossia un elenco tenuto presso la cancelleria a disposizione degli acquirenti.
I writs straordinari non sono legati ad alcun registro, a causa del loro carattere eccezionale e
sono ottenuti dai poveri per concessione gratuita o dietro pagamento di un prezzo altissimo.
Il sistema dei writs entra in crisi con l’emanazione della Magna Charta, che rappresenta il
punto di partenza per la tutela dei diritti di libertà nella struttura costituzionale inglese ed è il primo
documento con cui i baroni riescono a porre un argine al potere del re disponendo che il diritto
esistente avrebbe vincolato allo stesso modo il re ed i vassalli e che la violazione di tale principio da
parte del re avrebbe legittimato i baroni a sottrarsi al proprio dovere di lealtà.
Il secondo documento che mostra le grandi tensioni tra il sovrano ed i signori locali è
costituito dalle Previsions of Oxford, imposte dai baroni, quale corrispettivo del loro aiuto in armi e
denaro ad Enrico III nel 1258.
Con le medesime si intende sottrarre il governo del regno al sovrano per affidarlo ad un
comitato riformatore che deve avere il controllo. Si dà luogo cosi’ alla cristallizzazione del sistema
dei writs. Viene negato al cancelliere di emettere nuovi writs straordinari o atipici se non con
l’esplicita approvazione del re e del suo gran consiglio.
Con le Previsions of Oxford si produce quindi un notevole irrigidimento del sistema dei
writs. Con il tempo però la common law riprende il suo corso, grazie al terzo fondamentale
documento, che è lo Statute of Westminster II del 1285.
Il capitolo 24 di questo documento, infatti, pur mantenendo il divieto di nuovi writs, salvo se
autorizzati dal Parlamento, consente alla cancelleria di utilizzare le formule conosciute per
ammettere nuove azioni in fattispecie diverse ma simili a quelle previste nel registrum.
Le corti, poste dinnanzi all’esigenza di offrire tutela a situazioni concrete sempre nuove,
cominciano a riconoscere validità ed ammissibilità ad azioni nuove quali forme consolidate di writs
consolidati, dando cosi’ impulso a quel processo di elaborazione giurisprudenziale evolutiva che
costituisce l’essenza della common law.
In pratica, le corti ammettono che l’attore, ottenuto dalla cancelleria il writ noto, esponga in
una dichiarazione di fatti l’opportunità della concessione del writ alla propria situazione ancorchè
diversa.
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Il writ su cui operano le corti per ammettere la propria competenza è il trespass. Il writ of
trespass è concesso inizialmente a chi ha subito un’illecita e violenta invasione nella propria sfera
giuridica.
I giudici cominciano ad offrire tutela per i danni causati da responsabilità indiretta o colposa
per giungere alla tutela contrattuale, di cui si avverte l’esigenza quando la moltiplicazione dei writs
è in crisi.
Nei casi in cui si utilizza il trespass per offrire tutela alle nuove ipotesi di responsabilità,
diventa del tutto irrilevante l’allegazione formale dell’uso della forza, mentre acquista rilievo il dato
sostanziale che l’attore, personalmente o con riferimento ai suoi beni, è stato vittima di un atto
illecito e comunque dannoso.
L’estensione analogica dell’action on the case operata dalle corti continua per tutto il XV
secolo e nel XVI secolo se ne differenzia una particolare forma volta alla concessione del rimedio
nell’ipotesi di danno derivante dalla non corretta condotta contrattuale della controparte. Si tratta
dell’assumpsit.
Nel writ of the trespass on the case in assumpsit l’attore allega che il convenuto si è assunto
di fare qualcosa, si è assunto un obbligo, ma, non avendolo adempiuto o avendolo adempiuto
inesattamente, ha con ciò arrecato danno alla persona ed ai beni dell’attore.
A causa dell’inadempimento, l’attore soffre un danno per essersi affidato alla promessa del
convenuto e la situazione è tutelata sia nel caso di non adempimento sia nel caso di non corretto
adempimento.
L’assumpsit subisce una progressiva espansione divenendo un’azione per danni, di natura
contrattuale e non piu’ delittuale, che sanziona in generale l’inadempimento.
Dal trespass on the case si sviluppa anche l’azione di trover.
Si tratta di un’azione di danni a tutela di chi è privato di un bene mobile. Si fonda sulla
finzione che l’attore abbia smarrito i suoi beni ed il convenuto li abbia ritrovati e convertiti al
proprio uso, rifiutando di restituirli. Diviene irrilevante il titolo in base al quale la conversione è
avvenuta e dunque il trover diviene un’azione generale per danni contro lo spossessamento
mobiliare.
Con la crisi della giustizia amministrata dalle corti regie di Westminster, si assiste anche allo
sviluppo dell’equity.
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L’equity è il sistema di diritto sviluppato e creato dalla Chancery Court, che, a partire dal
XVI secolo, ha affiancato il sistema di common law, imprimendo all’ordinamento inglese quel
carattere dualista, che non è scomparso neppure oggi.
Si qualifica come un insieme di regole complementari rispetto a quelle di common law e si
carttaerizza per grande inorganicità ed sistematicità.
Al contrario della common law, non è un sistema autosufficiente. Tra i due sistemi si ravvisa
un rapporto simile a quello che, nei paesi in cui è presente la codificazione, sussiste tra il codice e la
legislazione speciale: il primo senza la seconda gode di notevole autonomia ovvero si pone come un
sistema tendenzialmente organico e completo, ma alla seconda senza il primo mancano spesso punti
di riferimento.
Altro elemento caratterizzante l’equity è la discrezionalità.
Non esiste infatti un vero e proprio diritto a ottenere dal sovrano la sua giustizia secondo
equità e quindi non è configurabile un diritto alla pronuncia della Chancery Court.
Se dunque la giurisdizione delle corti di Westminster si configura fin dalle origini quale
eccezionale, tale caratteristica è riscontrabile con riferimento alla giurisdizione di equità.
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4 La common law statunitense
I primi insediamenti inglesi nel continente nordamericano risalgono agli inizi del XVII
secolo, quando vengono create colonie in Virginia, nel Massachussetts, nel Maryland; la colonia di
New York, fondata dagli olandesi, diviene colonia inglese; la colonia della Pennsylvania,
originariamente svedese, diviene inglese nel 1681.
All’inizio del XVIII secolo, con l’aumento degli scambi commerciali tra le varie colonie e
con l’estero, la common law comincia a farsi strada sia perché emerge un ceto di giuristi sia per il
grande successo e la diffusione di alcune opere inglesi tra cui i Commentaries di Blackstone,
utilizzati come breviario.
Verso la metà del XVIII secolo si afferma, quale reazione all’imperialismo inglese, il
movimento per l’indipendenza, che culmina con la Dichiarazione d’indipendenza, scritta da
Thomas Jefferson ed approvata il 4 luglio 1776, dove si manifesta l’intento dei padri fondatori di
dotare la nuova nazione di ideali universali imperniati sul riconoscimento e sul rispetto delle libertà
fondamentali.
Tra queste sono comprese il necessario consenso ai tributi da parte dei tassati; il diritto ad un
giudizio con giuria; il privilegio dell’habeas corpus, che l’Inghilterra aveva ignorato a danno dei
coloni; tutti istituti che appartengono alla tradizione storica della common law, ma che ora gli
americani considerano, insieme con altre libertà, patrimonio di un’inviolabile ragione universale.
Le tredici colonie sono diventati stati sovrani e promulgano gli Articles of Confederation nel
1782, con i quali l’Unione tra gli stati americani assume un aspetto istituzionale abbastanza simile a
quello allora in vigore tra le province unite nei Paesi Bassi.
L’Unione nasce però debole, per cui, per meglio tutelare i diritti della proprietà privata,
dell’iniziativa economica, della libertà e della sicurezza dei commerci nel quadro del mercato unico
nazionale, un gruppo di lungimiranti politici decide di convocare nel 1787 una Convenzione a
Filadelfia, che redige un progetto di costituzione.
La Costituzione americana, la prima costituzione moderna di uno stato federale, è un
documento apparentemente semplice, ma in realtà piuttosto complesso.
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Ciò è dovuto al fatto che la costituzione viene ratificata dai tredici stati da poco indipendenti
in un momento di transizione ed è il risultato di un compromesso che riflette le tensioni tra
federalisti e gli antifederalisti.
Gli articoli originari sono sette, cui si sono aggiunti nel corso del tempo ventisette
emendamenti, dei quali i primi dieci costituiscono il Bill of Rights, ossia la carta dei diritti
fondamentali.
Tra gli emendamenti che si collocano tra i due estremi temporali sono molto importanti
quelli adottati a seguito della guerra civile, volti ad abolire la schiavitu’ e ad estendere la tutela dei
diritti fondamentali rispetto all’attività dei singoli Stati.
Gli articoli originari, insieme al Bill of Rights, rappresentano il testo piu’ antico, che si pone
come una costituzione rigida, modificabile solo attraverso gli emendamenti, richiedenti un
complesso procedimento di formazione in cui intervengono anche gli Stati membri. Dettano le basi
istituzionali della forma di governo ed individuano la distribuzione dei poteri.
L’impianto formale della costituzione riflette la classica tripartizione dei poteri. L’art. I
disciplina il potere legislativo; l’art. II l’esecutivo; l’art. III il giudiziario. La versione americana
della divisione dei poteri punta dunque a realizzare una condizione di tendenziale equilibrio tra i
due rami.
Ma la parte piu’ importante della costituzione riguarda il Bill of Rights, che indica le forme
di tutela dei diritti fondamentali.
La maggior parte delle tutele previste riguarda le modalità che le procedure per l’attuazione
della giustizia federale penale e civile devono rispettare.
Tale impostazione si comprende se si considera che l’ambito delle materie su cui lo Stato
centrale è autorizzato ad intervenire è piuttosto ristretto, ma si teme che proprio in quest’ambito la
legge del Congresso possa dettare modi per l’attuazione della sua volontà lesivi delle libertà
fondamentali.
In questa prospettiva si spiegano il IV emendamento, che protegge la persona, l’abitazione e
la corrispondenza da perquisizioni e sequestri illegittimi; il V che prevede il rinvio a giudizio solo
da parte della giuria e tutela a vita la libertà e la proprietà; il VI riferito al processo penale, ove
all’imputato si riconosce il diritto al giudice naturale ed alla giuria; l’VIII che pone il divieto di
pene crudeli e prevede il diritto alla libertà provvisoria.
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Il Bill of Rights prevede poi importanti garanzie estranee al campo processuale.
Degno di riflessione è il “due process of law”, clausola molto complessa che ha dato luogo
ad interpretazioni diverse ed assai controverse. La teoria americana ha tradizionalmente individuato
una distinzione: procedural due process e substantive due process.
La prima accezione “procedural due process” si riferisce ad un giudizio peculiare sotto il
profilo tecnico-processuale. Ed infatti, la libertà, la vita, la proprietà di chiunque non possono subire
restrizioni senza una serie di importanti garanzie formali, quali il diritto al contraddittorio, ad una
giuria rappresentativa della società, ad un giudice terzo ed imparziale.
Con la seconda accezione, la Corte suprema ha tentato di impiegare la formula del due
process come garanzie dei diritti sostanziali di libertà e proprietà. La giurisprudenza dei primi
decenni del XX secolo relativa al substantive due process può contribuire a chiarire la posizione
della Corte suprema nel sistema istituzionale americano.
Molto importante è, altresi’, l’art.III che disciplina il potere giudiziario, prevedendo un
dualismo perfetto tra giudiziario nazionale e giudiziario locale.
Le corti federali si distinguono in corti di primo grado, che prendono il nome di District
Courts e quelle di secondo grado che sono le Courts of Appeals ed infine vi è la Corte suprema
degli Stati Uniti.
I giudici che compongono queste corti godono di ampie garanzie previste dall’art. III, ossia
rimangono in carica a vita potendo essere destituiti solo con un procedimento di impeachment e la
loro retribuzione deve essere diminuita finchè essi sono in carica.
Il Congresso può istituire tribunali federali, i quali hanno competenza limitata e non godono
delle garanzie di cui all’art. III. Si tratta di corti specializzate.
Le District Courts sono 94 e vi appartengono 600 giudici; le Courts of appaels sono 13,
undici delle quali articolate su circuiti territoriali diversi.
Poi c’è la Suprema corte che ha due specifiche competenze: competenza di primo grado, nel
caso assai raro di controversie di cui sia parte uno stato e di controversie riguardanti rappresentanti
diplomatici; competenza in grado di impugnazione contro le decisioni sia delle corti federali
d’appello sia delle corti supreme statali, nelle ipotesi di controversi in cui applichi il diritto federale.
La Corte suprema è un’istituzione peculiare la cui funzione è alquanto complessa.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Il suo ruolo iniziale è stato piuttosto modesto, tanto che nei primi tre anni non ha deciso
alcun ricorso. E’ sotto la presidenza di John Marshall, grande giurista convinto delle idee
federaliste, che la Corte suprema assume il ruolo fondamentale di giudice della costituzionalità delle
leggi e di sostegno importante per l’affermazione ed il primato del diritto federale.
E’ composta da nove giudici che decidono pochi casi di grande importanza, operando una
selezione severa delle questioni da trattare, mediante lo strumento tecnico del writ of certiorari.
Si è detto che tra le particolarità del federalismo americano vi è la presenza di un duplice
ordine di corti: federali e statali.
In ogni stato sono presenti tre gradi di giurisdizione; vi è una varietà di denominazioni ed
anche lo status ed il prestigio dei giudici è molto diverso da stato a stato.
I giudici federali sono scelti secondo un iter particolare.
Trattandosi di una decisione politicamente importante e delicata, la scelta del Presidente è
rivolta a persone del suo stesso orientamento ideologico, ma non necessariamente rivolta a persone
del suo stesso partito. Benchè il nome del futuro giudice sia proposto dal Presidente, il ruolo del
Senato non va sottovalutato.
Nella nomina dei giudici della Corte suprema, il Presidente è guidato non solo dagli
orientamenti politici del candidato, ma anche da considerazioni di equilibrio.
I giudici federali sono nominati a vita e possono essere rimossi dalla carica solo attraverso il
procedimento di impeachment e godono di grande prestigio ed autonomia.
Per quanto riguarda i giudici statali, vari sono invece i modelli di reclutamento. Il primo si
basa sull’elezione popolare ove notevole è l’influenza dei partiti politici e dei gruppi di pressione.
Altro sistema è la nomina da parte del governatore previo consenso del Senato.
Da questo quadro emerge la complessità e la frammentarietà del diritto americano.
Non esiste negli Stati Uniti una common law federale, ma solo la common law dei singoli
stati cui devono aggiungersi le leggi statali e quelle adottate dal Congresso nelle materie in cui ciò è
ammesso dalla costituzione.
A fronte di questa complessità, però, sono presenti nell’ordinamento americano alcuni
importanti fattori unificanti, i quali mettono in luce le peculiarità del sistema rispetto a quello
inglese.
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Si tratta della presenza delle law schools e della conseguente importanza della dottrina che
ha prodotto formanti originali.
In Inghilterra, le università hanno svolto un ruolo piuttosto modesto nella formazione del
giurista ad anche la dottrina ha avuto un ruolo di secondo piano rispetto al giudice che continua a
poter essere considerato la figura dominante di quell’ordinamento.
Negli Stati Uniti, invece, l’università non ha avuto concorrenti nell’esperienza giuridica e
l’importanza dell’accademia ha lasciato tracce notevoli anche sullo stile delle sentenze americane,
che sono simili agli articoli pubblicati sulle riviste giuridiche, correlate di ampie note e riferimenti
bibliografici. Inoltre, i giudici delle corti superiori sono spesso reclutati tra le fila dei docenti.
Le law schools sono dunque fondamentali nella formazione del giurista americano. Le
università tendono ad insegnare, insieme al diritto statale, anche i principi generali del diritto, ossia
i principi comuni del diritto americano.
Ma le law schools non sono state sempre quelle che oggi siamo abituati ad immaginare. La
grande trasformazione ed affermazione di queste istituzioni si è avuta a partire dal 1870.
Da questa data infatti Cristopher Columbus Langdell sostiene la necessità di un
insegnamento scientifica del diritto ed inizia il suo lavoro come preside presso la Harvard Law
School; la durata dei corsi viene portata a tre anni; viene introdotto un rigido controllo tramite
esami; la frequenza di un corso di studi superiori è posta quale requisito per l’ammissione; è
rinnovato il corpo accademico, sostituendo giudici ed avvocati in pensione con giovani brillanti
dediti all’università.
Ma soprattutto, Langdell introduce il case method, un metodo di insegnamento socratico e
quindi dialogico e non cattedratico il quale porta con sé un nuovo genere letterario, il casebook,
ossia un manuale con cui si offre allo studente una raccolta selezionata di casi.
In luogo dello studio delle procedure giudiziarie e dei tecnicismi del processo, Langdell
propone di studiare i casi della giurisprudenza, cercando di scorgervi i principi di diritto che essi
esprimono.
Il nuovo metodo ha enorme successo e gli studenti accorrono ad Harvard; il nuovo metodo si
diffonde ben presto anche nelle law schools di altre università americane e con il fiorire di queste si
afferma un ceto di giuristi che nel corso del XX secolo diventa di grande importanza per il carattere
del diritto americano: i professori.
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Le law schools diventano il luogo in cui emerge e si afferma l’originale pensiero americano,
ma sono soprattutto il luogo in cui ci si prepara per l’esercizio della professione legale, che ha un
carattere unitario.
Per ottenere la qualifica di lawyer è previsto un preciso curriculum. E’ necessario un
diploma conseguito in una delle law schools accreditate; occorre poi aver superato un esame che
verte sui principi generali del diritto americano. Tra le caratteristiche della professione forense
americana vi è la grande dimensione degli studi legali metropolitani.
Nella maggior parte delle città infatti sono presenti studi legali in cui lavorano centinaia di
avvocati e l’esercizio associato della professione contribuisce a determinare una delle peculiarità del
diritto americano.
Tra i fattori unificanti del diritto americano vi è il Restatement, importante ed originale
prodotto della dottrina, il cui fine è dare un po’ di ordine ad una giurisprudenza frammentaria e
complessa.
Nel 1923 viene istituito l’American Law Institute, che riunisce un gruppo di giudici,
avvocati e professori con lo scopo di promuovere ka semplificazione e la chiarificazione del diritto
e di incoraggiarne l’approccio scientifico.
Tra i suoi compiti vi è quello di rielaborare, nella forma chiara e sistematica, alcuni settori
del diritto che si trovano in uno stato di mera confusione poiché sommersi da una massa di
precedenti; di esporre il diritto nella sua forma vigente e non nel correggerlo o modificarlo.
Talvolta però accade che ove le regole dei vari stati divergono, viene scelta la soluzione che
appare comunque la migliore. In questo modo tutti i piu’ importanti campi del diritto americano,
come il contratto, la responsabilità extracontrattuale, il diritto internazionale, vengono rielaborati
nei volumi dei restatements, che hanno avuto enorme successo.
I restatements, per la costruzione sistematica e la redazione astratta delle loro regole,
ricordano i codici continentali. Sono il frutto dell’idea di una riforma globale del diritto. Dove non è
riuscita la codificazione in senso formale è riuscito il restatement, che può considerarsi per il diritto
sostanziale americano il solo surrogato possibile della codificazione.
Tra i fattori che conducono alla razionalizzazione del diritto americano si sono ricordate le
leggi uniformi.
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La costituzione e le leggi federali non sono mai state sufficienti a rispondere al forte bisogno
di una disciplina omogenea in settori diversi ed ulteriori rispetto a quelli attribuiti dalla carta
fondamentale al Congresso.
Per rispondere a queste esigenze fu istituita la National Conference of Commissioners on
Uniform State Laws con il compito di formulare leggi per quelle materie che sembrano
particolarmente bisognose di un’unificazione americana interna, al fine poi di presentarle agli
organi legislativi dei singoli stati per promulgarle con meno variazioni possibili.
Questa Conferenza ha elaborato numerose leggi uniformi, con cui sono stati disciplinati
settori piuttosto circoscritti, quali quello della cambiale e dell’assegno.
I lavori hanno incentivato l’unificazione giuridica tra i vari stati, principalmente nel campo
del diritto commerciale, ove è molto sentita l’esigenza di norme unitarie.
Il risultato piu’ importante è lo Uniform Commercial Code, alla cui redazione hanno
partecipato anche l’American Law Institute e che è stato adottato a partire dalla seconda metà degli
anni 50 da tutti gli stati dell’Unione.
Questo disciplina, nonostante l’ampiezza del titolo, il diritto dei contratti commerciali e
della vendita commerciale. Presenta una struttura sistematica ed un contenuto tipici di un codice,
ma la sua importanza non è limitata alla funzione armonizzatrice poiché è di grande impatto anche
il ruolo che riveste in considerazione dei canoni ermeneutici che impone.
Le regole sull’interpretazione contenute nella parte introduttiva sono infatti improntate ad
una notevole sistematicità e sono suscettibili di riflettersi anche sullo stesso Uniform Commercial
Code.
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5 I due sistemi giuridici a confronto
Specifici e distintivi sono i tratti originali del diritto americano rispetto a quello inglese.
Negli Stati Uniti la regola dello stare decisis ha un’efficacia meno rigida rispetto
all’Inghilterra.
Negli Stati Uniti le decisioni vincolano senz’altro le corti inferiori appartenenti alla
medesima giurisdizione. Sotto questo profilo non vi è dunque alcuna differenza con l’impostazione
teorica della madrepatria. Le differenza sussistono invece in considerazione della portata
orizzontale del precedente.
La Corte suprema federale, diversamente dall’House of Lords, non si mai sentita legata alle
proprie decisioni. La piu’ alta istanza federale, dovendo interpretare una costituzione scritta, rigida e
composta da clausole piuttosto indeterminate, ha sviluppato un approccio ermeneutico di tipo
teleologico, adeguando la lettera della carta allo spirito dei tempi.
L’atteggiarsi relativamente flessibile del principi del precedente vincolante è dovuto anche
al fatto che il procedimento per emendare la costituzione è altamente complesso e talvolta l’unica
via per il cambiamento passa proprio attraverso i giudici, che si sono sempre mostrati piu’ attivi dei
colleghi inglesi.
Rileva poi la struttura federale dell’ordinamento e la sua pluralità di giurisdizioni.
Le corti federali di pari grado non sono tra loro vincolate, cosi’ come non lo sono le corti
supreme statali.
Ciò non toglie però che tali sentenze possano avere una grande efficacia persuasiva; per
esempio, quel che la Corte federale d’appello del secondo circuito, con sede a New York, dice in
materia commerciale è ascoltato ovunque con molta attenzione; cosi’ ciò che dice la Corte suprema
della California in tema di diritti civili è seriamente preso in considerazione in molti stati.
La minore forza della regola stare decisis non attiene tuttavia solo al suo affievolito
funzionamento a livello orizzontale, ma esistono altri fattori determinanti in tal senso.
Le corti americane, da un lato meno legate alla teoria dichiarativa della common law e
dall’altro piu’ permeabili al realismo giuridico, hanno sviluppato tecniche nuove, quali il
prospective overruling e l’anticipatory overruling, che rendono il sistema piu’ flessibile.
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Nel primo caso, il cambiamento di giurisprudenza opera solo per il futuro e nel secondo caso
un giudice inferiore disattende il precedente vincolante di un giudice sovraordinato nella
convinzione che questo è comunque sul punto di mutare giurisprudenza.
Non si può poi trascurare il dato che in un ordinamento dove è presente una pluralità di
giurisdizioni il numero delle sentenze è elevato e tali sentenze sono pubblicate in un sistema
efficientissimo di report.
Insomma, il giudice inglese ed in misura molto maggiore quello americano dispongono di
numerose tecniche per superare un precedente sgradito; la differenza tra i due sistemi risiede in
alcuni fattori istituzionali che rendono piu’ o meno agevole per il giudice successivo esercitare il
controllo critico sul precedente da applicare.
Tra i fattori istituzionali già visti negli Stati Uniti vi sono: la presenza di una costituzione
rigida e scritta; la pluralità di giurisdizioni ed i correlati reports onnicomprensivi; lo sviluppo
dottrinale del diritto nelle law schools; la mentalità critica del giurista.
M altri due elementi devono essere considerati per comprendere appieno il ruolo della legge
nel sistema delle fonti dell’ordinamento americano.
Ancora una volta il riferimento è alla costituzione ed alla dottrina.
La presenza della costituzione ha in qualche modo familiarizzato il giurista americano con le
disposizioni scritte di portata generale.
Le clausole aperte della carta fondamentale si sono mostrate una buona palestra per
l’esercizio ermeneutico del giudice che si pone dinnanzi allo ius scriptum in modo meno rigido del
collega inglese.
Da sempre il giudice si è servito dei lavori parlamentari e di tutti i documenti che possano in
qualche modo aiutarlo a trovare lo spirito della legge.
Quindi mentre il giudice inglese è guidato dalle singole parole della nomra, il giudice
americano è avvezzo a cercare la policy ad essa sottesa e non si deve mai dimenticare che il
secondo, diversamente dal primo, è dotato di un formidabile strumento attraverso cui il giudizio sui
valori facilmente emerge.
D’altra parte il legislatore ha disposto statutes dotati di un livello semantico di respiro piu’
ampio rispetto alla tradizione classica inglese e non manca chi osserva che il sistema americano sia
piu’ continentale di quello inglese.
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Negli Stati Uniti esistono esempi di codificazione del tutto sconosciuti in Inghilterra e tra
queste un’importanza particolare è assunta dall’UCC, il quale non viene inteso come estraneo alla
common law, ma ne fa in qualche modo parte.
Sembra che in America gli statutes ben si armonizzano con il corpus della common law.
L’UCC, ovvero l’Uniform Commercial Code, non va confuso con l’USC ovvero l’United
States Code, che non è una codificazione, ma è la raccolta ufficiale delle leggi federali predisposte
per materia secondo l’ordine alfabetico.
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(L. 22.04.1941/n. 633)
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