RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 17 settembre 2014 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) Indice articoli REGIONE (pag. 2) Ecco perché i vitalizi sono tagliabili (Gazzettino) Caso Torrenti, Iacop vieta di parlarne in Consiglio (M. Veneto) L’appello ai sindaci: inevitabile aggregare gli uffici dei Comuni (M. Veneto) «Alle medie potenzieremo l’insegnamento del friulano» (M. Veneto) Treni, dal 2009 la Regione ha sborsato 185 milioni (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 6) Aziende senza fondi per le nuove assunzioni (M. Veneto Udine) Ferramenta Bardelli, da lunedì «fuori tutto» e si spera nella cessione (M. Veneto Udine) «Troppe magagne al rientro in classe» (M. Veneto Pordenone) Rotte le trattative all’Atap: è sciopero (M. Veneto Pordenone) Redditi, 38 triestini su 100 sotto i 15mila euro lordi (Piccolo Trieste) Rigassificatore, il Comune chiede “compensazioni” (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Duino, il Comune dice no al mini-rigassificatore (Piccolo Trieste) Romoli: «Chiederò ad Alfano di smantellare la tendopoli» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) REGIONE Ecco perché i vitalizi sono tagliabili (Gazzettino) Maurizio Bait TRIESTE - «I vitalizi in essere, pur presentando aspetti simili a quelli del trattamento di quiescenza, quali la reversibilità e l’adeguamento automatico, oltre a condizioni più favorevoli per la maturazione e la misura del beneficio, non hanno la natura e il fondamento giuridico delle pensioni ordinarie». La Sezione di controllo della Corte dei conti ribadisce più diffusamente e analiticamente (nella relazione completa al Giudizio di parificazione del rendiconto regionale 2013) la possibilità - e anzi la necessità di equilibrio finanziario - di ridurre il peso dei vitalizi sul bilancio del Consiglio regionale, dove incidono in misura strutturale uguale o superiore al 30% e dove la spesa 2013 si è attestata a 8,3 milioni di euro e non accenna a contrarsi. Infatti la circostanza che l’Amministrazione Serracchiani abbia stabilito la fine di questi trattamenti determina la mancanza di nuove contribuzioni, sicché la parte del vitalizio proveniente dalle pubbliche casse e non dai versamenti degli interessati non può che aumentare. Rivisitare il sistema dei vitalizi in essere si può e anzi si deve per equilibrio finanziario, poiché diversamente dal principio generale applicabile ai trattamenti pensionistici, è praticabile un peggioramento dei trattamenti attuali. «In tal senso si sono pronunciate sia la Corte costituzionale (sentenza 239 del 13 luglio 1994) che la Corte di Cassazione (sezione tributaria, sentenza 20538 del primo ottobre 2010, richiamata, da ultimo dalla sentenza della Cassazione civile 10177 del 20 giugno 2012». I magistrati contabili osservano testualmente, infatti, che «la natura dell’assegno non pare ostare ad una sua rivisitazione che non potrebbe comunque configurare, considerati i diversi presupposti, una sorta di reformatio in pejus», ossia, per l’appunto, una riduzione degli assegni. Occorrerà dunque agire sul sistema, definendo regole che sterilizzino la dinamica dell’aumento di spesa in parallelo a quella legge naturale e non codificata che è la durata della vita degli esseri umani, politici inclusi. Qui la parola passa però alla politica: possibile anche stabilire un divieto parziale o totale di cumulo con altri redditi, in particolare da pensione o da altri vitalizi (ad esempio vitalizio parlamentare e vitalizio regionale). Da valutare la questione della reversibilità dell’assegno, come l’ipotesi d’istituire una sorta di patrimoniale. Ma la partita è aperta. Nel dettaglio, la sentenza 289 del 1994 della Corte costituzionale precisa che «tra le due situazioni (pensioni e vitalizi, ndr) - nonostante la presenza di alcuni profili di affinità - non sussiste una identità né di natura né di regime giuridico, dal momento che l'assegno vitalizio, a differenza della pensione ordinaria, viene a collegarsi ad una indennità di carica goduta in relazione all'esercizio di un mandato pubblico». Indennità che, nei suoi presupposti e nelle sue finalità, «ha sempre assunto nella disciplina costituzionale e ordinaria connotazioni distinte da quelle proprie della retribuzione connessa al rapporto di pubblico impiego». Quanto alla Corte di cassazione, nel 2010 ha osservato che «la natura previdenziale dell’istituto è da escludere, sia in forza del tenore letterale della disposizione che prevede l’indennità in questione (e la relativa contribuzione), sia alla luce della sentenza 289/1994 della Corte costituzionale», così recependone insieme lo spirito e il contenuto. Caso Torrenti, Iacop vieta di parlarne in Consiglio (M. Veneto) UDINE Franco Iacop respinge la richiesta delle opposizioni affinché Debora Serracchiani riferisca in aula sul caso Torrenti nel corso del prossimo Consiglio regionale e Forza Italia e Fratelli d’Italia vanno all’attacco. Di fronte alla sospensione dell’assessore, per l’inchiesta sui contributi concessi dall’associazione di cui era presidente, i partiti di opposizione avevano avanzato a Iacop la richiesta di inserire nell’agenda dei lavori l’intervento della Governatrice per spiegare quali azioni intendesse intraprendere nei confronti dell’assessore. Secco il no del presidente del Consiglio che si appella al regolamento: «L’articolo 138 della legge statutaria – spieg Iacop – prevede che il Consiglio debba essere informato quando avvengono modifiche nella composizione della giunta. Quindi soltanto nel caso di revoca o sostituzione di un assessore. La vicenda di Torrenti non rientra in queste fattispecie perché la sua sospensione, utilizzando un termine comunque inappropriato, rientra nelle prerogative presidenziali di attribuzione delle singole deleghe. Non è stato né revocato, né sostituito e fa ancora parte a tutti gli effetti della giunta tanto da aver partecipato alla conferenza dei capigruppo come assessore incaricato dei rapporti con il Consiglio. Il dibattito in aula non ha senso sia perché non rientra tra i casi previsti dal regolamento sia perché la presidente ha prontamente comunicato a tutti i consiglieri la decisione di revocare a Torrenti la delega a cultura, sport e solidarietà che poteva sovrapporsi all’indagine della magistratura». Una posizione, quella di Iacop, che ha mandato su tutte le furie Riccardo Riccardi. «Un conto è la burocrazia – ha detto il capogruppo di Fi – un altro il rispetto delle istituzioni e dell’opposizione che vuole chiedere conto del comportamento altalenante della presidente. Se Serracchiani pensa di nascondere la polvere sotto il tappeto trincerandosi dietro la burocrazia non ha capito di cosa stiamo parlando. Il suo segretario nazionale, Renzi, ha detto che con gli avvisi di garanzia non si fa politica industriale. Ha ragione, ma io aggiungo: con gli avvisi di garanzia non si fa proprio politica». E a Riccardi si è aggiunto Luca Ciriani (Fdi) che, dopo aver definito «imbarazzante il tentativo di Iacop di appellarsi al regolamento per evitare la discussione in aula di una vicenda che non ha precedenti visto che è la prima volta che ci troviamo davanti a un assessore sospeso, ma che continua ad andare in giro impegnando la Regione», ha auspicato «la convocazione immediata della giunta per il regolamento». Richiesta bocciata a stretto giro di posta: «Non può essere accolta – chiosa il presidente del Consiglio – perché non è la giunta a interpretare il regolamento, bensì il presidente». Cioè lo stesso Iacop. Mattia Pertoldi L’appello ai sindaci: inevitabile aggregare gli uffici dei Comuni (M. Veneto) UDINE Sono anche le nuove norme sull’armonizzazione dei bilanci agli standard europei a imporre alle amministrazioni locali di mettere assieme i servizi. Una necessità che diventa un obbligo tenuto conto che le procedure vanno in vigore dal primo gennaio del prossimo anno. Così l’Ancrel del Friuli Venezia Giulia, associazione che rappresenta i revisori dei conti, chiede a sindaci, giunte e consigli comunali di muoversi per riorganizzare gli uffici. «L’adeguamento ai principi comunali - sottolinea la presidente dell’Ancrel Rosa Ricciardi - consente di alzare il livello di analisi degli amministratori locali e di ripure i bilanci di crediti che presentano dubbi di esigibilità». Per fare ciò, già nel 2015 i funzionari comunali dovranno gestire due bilanci: quello ante-riforma e quello nuovo armonizzato. «Nei 157 Comuni sotto i 5 mila abitanti - rimarca l’associazione - non è rinviabile una gestione associata che riunisca col primo gennaio del prossimo anno in un unico ufficio più addetti ai servizi finanziari in modo da dividersi i compiti tra vecchio e nuovo bilancio, ma anche nei 39 Comuni con un numero di abitanti tra 5 e 10 mila è molto sentita l’esigenza di lavorare in strutture più adeguate che consentono lo studio, l’approfondimento e il confronto sulla nuova programmazione. Da anni si è preso atto dei vantaggi che possono derivare dalla ridefinizione di funzioni e servizi con un’ottica sovracomunale, ma ancora oggi i risultati ottenuti sono insufficienti». Da qui, per l’appunto, l’appello agli amministratori locali «perché si impegnino a stendere entro fine anno delle convenzioni per uffici finanziari unici tra più Comuni, in modo da consentire agli operatori di lavorare con serenità. Il tema di una gestione associata del servizio finanziario consentirebbe anche di avviare il dibattito dei consigli comunale all’adesione a una possibile Unione della riforma Panontin, perché l’analisi organizzativa del lavoro aiuta a superare la logica di maggioranza-minoranza che di fatto ha accantonato l’opportunità che la riforma Iacop aveva già offerto nel 2006 agli amministratori locali». «Alle medie potenzieremo l’insegnamento del friulano» (M. Veneto) ROMA «Potenzieremo l’insegnamento del friulano e delle altre lingue minoritarie (tedesco e sloveno) anche alle scuole medie inferiori». Lo ha detto la presidente della Regione Debora Serracchiani, che ha partecipato a Roma all’incontro con il senatore Francesco Palermo, primo firmatario del Ddl di ratifica della Carta europea delle Lingue minoritarie, assieme alla delegazione di autorità e rappresentanti delle minoranze del Friuli Venezia Giulia che chiedono al Governo italiano un’accelerazione della ratifica, oltre che il riconoscimento e la formazione degli insegnanti nelle lingue minoritarie. La presidente ha ricordato quanto sia necessario recuperare una situazione di grave ritardo. «A vent’anni dalla firma da parte del Consiglio d’Europa della Carta europea delle Lingue regionali o minoritarie l’Italia non ha ancora provveduto alla ratifica del trattato internazionale firmato nel 1992 ed entrato in vigore nel 1998». Il recepimento non può che essere considerato un atto dovuto in un Paese come l’Italia che ha già provveduto ad applicare quel principio costituzionale con una legge apposita, la 482/1999 che riconosce e tutela dodici minoranze storiche, e che tra le sue Regioni contempla il Friuli Venezia Giulia dove, per esempio, tre leggi regionali si occupano di interventi nei confronti delle minoranze friulana (legge 29/2007), slovena (legge 38/2001) e delle comunità germanofone (legge 20/2009). Tra l’altro - è stato ricordato - l’articolo 14 della Carta è dedicato proprio agli scambi transfrontalieri, quanto mai decisivi per una regione come il Friuli Venezia Giulia. La presidente ha quindi ricordato che la Regione finanzia l’insegnamento del friulano alla scuola dell’infanzia e alle elementari, mentre nelle scuole medie vengono sostenuti annualmente molti progetti che riguardano progetti specifici. «Quest’anno ha osservato Serracchiani - la Regione è intervenuta anche con un sostanzioso investimento nella formazione dei docenti e nella certificazione linguistica. Nella scuola media, risorse permettendo, la strada sarà quella di un potenziamento della sperimentazione dell’insegnamento multilingue (italiano, sloveno, tedesco, friulano). Nel frattempo, verranno incentivati progetti sia di studio delle lingue minoritarie, sia di confronto con aree contermini per il tedesco e lo sloveno». La delegazione ha segnalato l’urgenza di «giungere a soluzioni che diano attuazione allo Statuto del Friuli Venezia Giulia e alla legge statale e regionale sulle minoranze, anche nel quadro dell’imminente riforma della scuola». Treni, dal 2009 la Regione ha sborsato 185 milioni (M. Veneto) di Domenico Pecile UDINE Treni: firmato il protocollo d’intesa tra il Friuli Venezia Giulia e il Veneto. L’accordo è stato sottoscritto in forma digitale tra l’assessore alle Infrastrutture e mobilità del Fvg, Mariagrazia Santoro, e il presidente del Veneto, Luca Zaia. L’obiettivo è coordinare i collegamenti ferroviari condivisi, in vista dei cambiamenti nella gestione dei trasporti pubblici locali ferroviari che potrebbero conseguire alla nuova gara per l’affidamento del servizio. «Sostanzialmente - spiega la Santoro - finora i treni cosiddetti interregionali erano stati gestiti da un unico gestore e dunque i problemi organizzativi erano unici per le due Regioni. Nel momento, invece, in cui le due regioni espletano due gare distinte può succedere di ritrovarci con due gestori differenti a occuparsi della stessa tratta. È chiaro che a quel punto qualche problema nascerebbe. Per questo l’accordo vuole prevenire ogni tipo di inconveniente con l’obiettivo di mantenere la massima efficienza dei treni interregionali». Questo coordinamento è stato inserito nel protocollo d’untesa – precisa ancora la Santoro - proprio per anticipare una norma che è già nella bozza della legge nazionale sul Trasporto pubblico locale. «Siamo seduti – insiste – in cabina di regia assieme alle 4 Regioni proprio per la scrittura di questa legge. Speravamo che fosse approvata in tempi più certi e proprio per non lasciare vuoto normativo, abbiamo proceduto con il protocollo d’intesa per inserire nei bandi di gara l’obbligo per le imprese aggiudicatrici di lavorare in sinergia. Insomma, un protocollo che apre scenari mai esplorati finora perché offriamo maggiori garanzie ai cittadini sull’efficacia del trasporto ferroviario anche in termini di soddisfacimento delle esigenze di mobilità, di qualità dei servizi, di relativa organizzazione degli stessi, nonché di contenimento dei costi pubblici». L’assessore, rispondendo a distanza alle perplessità del M5S, ha voluto rimarcare che «i dati del corrispettivo del contratto che la Regione riconosce a Trenitalia per il servizio di trasporto ferroviario sono pubblici e trasparenti, così come quelli delle penali applicate per eventuali disservizi». Gli importi erogati negli anni, già comprensivi delle detrazioni delle penali, sono i seguenti: 35 milioni 723 mila 159 euro nel 2009, 36 milioni nel 2010 (con penali per 202.660 euro), 35 milioni 813 mila 548 euro nel 2011 (con penali per 498.062 euro), 38 milioni 137 mila 464 euro nel 2012 (con penali di 508 mila 584 euro). Per il 2013 la cifra è ancora in definizione e potrebbe attestarsi attorno ai 39 milioni e mezzo di euro (con penali stimate e non ancora applicate tra i 350.000 e 400.000 euro). In totale, nel quinquennio, 185 milioni 174 mila 171, al netto di penali per circa 1,6 milioni. «A consuntivo i corrispettivi definitivi del 2013 e dell’anno corrente saranno pubblicati. Ricordo - sottolinea l’assessore Santoro - che ai servizi ordinari resi da Trenitalia vanno poi aggiunti, anno per anno, i quelli che la Regione richiede sia per esigenze specifiche concordate con i comitati dei pendolari (si pensi alle integrazioni durante l’orario estivo), sia ai servizi speciali in occasione di particolari eventi, come per Friuli Doc e la Barcolana o per le fermate aggiuntive a Redipuglia effettuate per consentire l’arrivo dei fedeli durante la visita del Santo Padre». La Santoro ha pure precisato i contenuti dell’accordo con Trenitalia che ha portato alla riapertura delle due carrozze aggiuntive in composizione ai treni regionali “media distanza” che viaggiano tra Friuli Venezia Giulia e Veneto. «Dopo aver verificato che il sistema di chiusura delle carrozze proposto da Trenitalia e sperimentato in questi due mesi ha fatto registrare, pur con posti a sedere in abbondanza, disagi per i passeggeri – argomenta - abbiamo ritenuto opportuno richiedere a Trenitalia la riapertura di tutte le carrozze». L’accordo rientra nella pattuizione del corrispettivo annuale per il 2014, «in fase di riesame», nel quale appunto non è ricompreso l’intero importo che Trenitalia richiedeva per l’utilizzo delle ulteriori carrozze aggiunte ad alcuni treni sulla base delle esigenze del Veneto, ma solo un importo forfettario. Sulle previsioni di spesa iniziali per il 2014 - ha concluso Santoro - abbiamo comunque ottenuto risparmi pari a 1,2 milioni di euro». La Santoro ha ricordato che le due carrozze erano state chiuse perché, stando alle previsioni, ne bastavano sei. Tuttavia, «gli utenti non hanno accettato questa nostra soluzione e dunque abbiamo deciso di recedere». CRONACHE LOCALI Aziende senza fondi per le nuove assunzioni (M. Veneto Udine) di Giacomina Pellizzari Nuove imprese crescono nonostante la crisi. Non lo dice il politico di turno, lo confermano i numeri. Basti pensare che la provincia di Udine assegnataria dei 4 milioni 224 mila 626 euro messi a disposizione dalla legge regionale 18/2005 non riesce a soddisfare tutte le domande di contributo presentate solo quest’anno da artigiani, commercianti, baristi, industriali e studi professionali. Da gennaio a oggi a palazzo Belgrado sono state aperte 1.663 pratiche e, stando all’andamento mensile registrato finora, si stima di riceverne altre 400 entro dicembre. Considerato che i fondi a disposizione consentono di soddisfare le richieste pervenuto fino a fine di maggio, l’amministrazione guidata da Pietro Fontanini ritiene di dover lasciare a secco almeno 500 imprese. La coperta è corta e i fondi non bastano per tutti. Si tratta di imprese che hanno assunto lavoratori provenienti da settori in grave crisi occupazionale, trasformato contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Ma non solo perché anche le nuove imprese hanno diritto al contributo tant’è che una settantina ha inoltrato la domanda. A seconda dei casi, il contributo una tantum oscilla da un minimo di 2 a un massimo di 7 mila euro per ogni assunzione effettuata, mentre per le nuove aziende l’importo può arrivare fino a 12 mila euro. Delle 1.663 domande presentate quest’anno in Provincia, 850 sono relative a nuove assunzioni, 650 a trasformazioni di contratti a tempo indeterminato, 140 a reimpiego di personale proveniente da settori in grave crisi e 70, come detto, sono imprese che hanno appena iniziato a muovere i primi passi. La questione merita un approfondimento soprattutto se si pensa che da giugno 2010 a settembre 2013 palazzo Belgrado ha ricevuto e finanziato 15.107 domande assegnando il contributo una tantum a patto che il contratto tra l’impresa che riceve i fondi e il lavoratore non venga meno prima dei tre anni. Nel triennio preso in considerazione, infatti, la Provincia ha ottenuto dalla Regione e trasferito sul territorio 32 milioni 876 mila euro. Una cifra considerevole che, in un contesto di risorse calanti, non può essere più garantito. Il caso è scoppiato perché, in questo momento, i dirigenti di palazzo Belgrado si trovano con un numero crescente di domande da vagliare (entro fine anno si stima che il numero raggiungerà le due mila unità), ma con fondi sufficienti a soddisfare solo quelle pervenute fino a fine maggio. Alle altre dovranno dire «ci dispiace, abbiamo esaurito i soldi». Il verdetto è stato anticipato nei giorni scorsi, illustrando la situazione agli intestatari delle domande. La Regione conosce bene il problema non solo perché la Provincia di Udine ha segnalato più volte a Trieste che la domanda è superiore all’offerta, ma anche perché la Regione sta facendo da tempo un monitoraggio per capire quante sono le imprese che assumono nonostante la crisi. E proprio perché a Trieste i numeri sono noti, l’assessore provinciale al Lavoro, Leonardo Barberio, si stupisce che in sede di assestamento di bilancio, come accadeva in passato, questa legge non sia stata rifinanziata. «La somma che abbiamo a disposizione non è sufficiente ad accogliere tutte le domande» insiste Barberio secondo il quale il venir meno del contributo rischia «di favorire da parte delle imprese l’utilizzo dei voucher e anche l’eventuale ricorso al lavoro nero». Da qui la considerazione più politica: «Lo scorso anno la Provincia aveva ricevuto 11 milioni di euro, nel 2014 quasi sei in meno. Tutto questo succede quando invece sarebbe necessario dare priorità al lavoro perché se le aziende non producono il gettito fiscale cala e quindi anche i contributi per la cultura visto che la Regione ha finanziato con 14 milioni di euro il teatro Verdi». Restando in tema di penalizzazioni per le imprese, l’assessore provinciale torna sul mancato rinnovo dei contratti a tempo che ha privato i centri per l’impiego di una decina di addetti. «Da un lato ci tagliano il personale, dall’altro ci danno la metà dei soldi che servirebbero, è evidente che in questo modo si penalizzano le imprese» insiste Barberio nel ribadire che proprio perché la Regione non conferma ulteriori finanziamenti, la Provincia non vuole creare false aspettative. Ferramenta Bardelli, da lunedì «fuori tutto» e si spera nella cessione (M. Veneto Udine) Da lunedì 22 settembre è “fuori tutto” alla Ferramenta Bardelli. È l’ultimo passo della liquidazione volontaria avviata prima dell’estate che coinvolge anche altre due realtà storiche del gruppo: Siderurgica Bardelli e Compagnia ingrosso ferramenta. Una crisi che va avanti da qualche tempo, con più di un bilancio in rosso alle spalle, e che coinvolge 43 dipendenti. Ma proprio in questi giorni pare essersi aperta una speranza. Nulla di formalizzato, ma si sta discutendo di una possibile cessione. Curatrice della liquidazione volontaria è Vera Ardito. La cessione sarebbe una bella notizia. Già «nei primi mesi dell’anno abbiamo sondato la possibilità di cedere le società ai dipendenti riuniti in cooperativa – ricorda Antonio Maria Bardelli –, ma l’operazione non è andata a buon fine. Purtroppo non è più sostenibile una situazione del genere in questo scenario. Quindi, anche se con la morte nel cuore, abbiamo deciso per la messa in liquidazione volontaria». Dalla svendita di tutto il materiale rimasto nei punti vendita e in magazzino, passa il tentativo di trasferire l’azienda. La proprietà spera di trovare «qualche impresa del settore pronta a portare avanti l’attività», rimarca Bardelli che si era occupato della Ferramenta negli anni Ottanta. «Ero molto più giovane, poi sono passato ad altro. Da parecchio tempo non seguivo più personalmente questo ramo dell’attività, non ho il dono dell’ubiquità. Anche questa può essere una motivazione delle difficoltà, ma in momenti difficili bisogna cercare di gestire al meglio anche le proprie possibilità. E questi sono tempi duri». Tempi duri soprattutto per i 43 dipendenti. Per lo più uomini fra i 40 e i 50 anni, alcuni dei quali potrebbero restare esclusi dall’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Per la sola Ferramenta è probabile l’attivazione di un percorso di cassa integrazione, cui seguirà la mobilità. E questo perché la società conta almeno 15 addetti diretti. Per la Siderurgica Bardelli e il Centro ingrosso ferramenta, invece, potrebbe arrivare - nella migliore delle ipotesi - un breve periodo di cassa integrazione in deroga. All’orizzonte però c’è l’ampliamento del Centro commerciale Città Fiera. «Sono pronto a riassumere il personale – assicura Bardelli –, lo farei molto volentieri. Ma si devono creare le condizioni». L’azienda è in difficoltà dal 2009, ma gli stipendi sono sempre stati pagati. Per la proprietà si apre qualche margine grazie a un’operazione di recupero di crediti. Ma la soluzione ottimale resta la cessione, un passaggio che potrebbe anche garantire la continuità per i lavoratori, tutto personale con un’esperienza pluridecennale nel settore e professionalità. La verità sui nuovi proprietari potrebbe arrivare già la prossima settimana o forse anche prima. In ogni caso l’operazione di messa in liquidazione volontaria dovrà essere conclusa tassativamente entro novembre. Michela Zanutto «Troppe magagne al rientro in classe» (M. Veneto Pordenone) «Aule senza banchi, scuole prive di registri cartacei o elettronici e classi pollaio, con il valzer dei supplenti». La Flcgil non fa sconti all’avvio delle lezioni 2014 2105. «Le segnalazioni arrivano da molte superiori – hanno confermato Adriano Zonta leader regionale Flcgil e Mario Bellomo segretario provincia le con Beppe Mancaniello –. Problemi in via di soluzione? forse. Ma chi gestisce le scuole, lo sa che prima della campanella si devono garantire i servizi?». Polemiche a cascata, perché nella scuola è difficile la caccia al colpevole e l’edilizia scolastica va ai tempi supplementari. «La facciata del Centro studi a Pordenone attende che cosa per essere sistemata? – provoca Zonta –. I lavori durante l’anno scolastico saranno il tocco di classe per 600 liceali del Leopardi-Majorana? La “baracca” di legno in via Poffabro ha urgente bisogno di manutenzione: infiltrazioni, bagni da sistemare e tapparelle rotte. Diventerà la sede dei corsi serali degli adulti con spifferi e toilette chiuse?». La “buona scuola” decolla ai tempi supplementari. Aule sovraffollate con 30 studenti nel Sanvitese e classi terze con 14 iscritti a Sacile: i conti non tornano. «Organici gestiti con due pesi e due misure dall’Ufficio scolastico – puntano il dito allo sportello Uil scuola –. Il fattore umano e le politiche amministrative sono alla verifica». Acque agitate, poi, per la riduzione al 50% dei distacchi. Alcuni sindacalisti sono tornati a scuola con l'orario ridotto, altri sono pagati dalle casse confederali per aprire lo sportello agli iscritti. L’ondata di domande di aggiornamento delle graduatorie di terza fascia per bidelli, amministrativi e tecnici è il nuovo fronte da gestire. «Ci aspettiamo 5 mila domande provinciali – prevede Manacaniello –. La caccia al lavoro nella scuola aumenta: neo laureati, ex quadri aziendali, cassintegrati diplomati e precari sono disposti a tutti. Anche il lavoro del bidello è un'isola felice rispetto alla precarietà nel settore privato: 980 euro mensili». Domande entro l’8 ottobre e occhio ai moduli, per evitare errori ed esclusioni dalla graduatoria. Chiara Benotti Rotte le trattative all’Atap: è sciopero (M. Veneto Pordenone) Sciopero del personale Atap dal primo ottobre. La decisione è stata assunta in seguito all’incontro di ieri in Prefettura, tra azienda e sindacati, nel corso del quale non è stato possibile arrivare a un accordo. Il muro dell’azienda è rimasto e le forze sociali hanno optato quindi per la protesta. Si partirà con 4 ore di stop alle corse: il primo ottobre, il personale che si occupa del servizio urbano incrocerà le braccia dalle 9 alle 12.30, mentre quello dell’extraurbano dalle 8.30 alle 12.30. Nessun disagio per gli studenti: i bus correranno nelle fasce orarie che interessano tale categoria di utenti. Se dopo questa prima giornata l’azienda non troverà una soluzione, si proseguirà prima con 8 e poi con 24 ore di sciopero. L’ipotesi della protesta era già stata annunciata giovedì scorso dai sindacalisti Claudio Pettovello (Cgil), Giuliano Romanet (Cisl) e Dino Marcuzzi (Faisa), dopo un altro tavolo di concertazione conclusosi senza il raggiungimento di un’intesa. Le forze sociali avevano chiesto la mediazione del prefetto, ma «Atap, per l’ennesima volta, non è stata disposta a trattare. Siamo dinanzi a un’azienda che non rispetta gli accordi e si dimostra sorda a ogni richiesta: in Prefettura ne abbiamo avuto conferma ha detto Pettovello -. Abbiamo quindi deciso di dare un segnale forte e proclamare lo sciopero». Nel tavolo di confronto, cui hanno preso parte anche il presidente di Atap Mauro Vagaggini, i direttori Andrea Crovato e Luca Piasentier e le Rsa Giuseppe Cadamuro, Pierantonio Moro, Daniele Gardonio, Alessandro Cipolat ed Enrico Mengo, le forze sociali hanno ribadito le istanze dei lavoratori. «Abbiamo sottolineato la necessità di assumere nuovi addetti per risolvere il problema dei nastri orari troppo lunghi - ha fatto sapere Pettovello -, nonché risollevato le questioni della sicurezza degli autisti e dei riposi compensativi che l’azienda preferisce pagare ai lavoratori, anziché dare loro la possibilità di usufruirne. E’ stato inutile ribadire che gli addetti non sono interessati a questi soldi, ma preferiscono migliorare la qualità della loro vita». I sindacati hanno anche sottolineato come «il servizio di trasporto pubblico sia molto scarso dal punto di vista degli orari e delle coincidenze. Troppo spesso si registrano ritardi - ha aggiunto Pettovello -. Anche oggi ci sono arrivate segnalazioni dalla zona di Cordenons, dove un gruppo di studenti avrebbe perso la coincidenza». Tutte questioni su cui i sindacati non hanno ricevuto le risposte che si attendevano. Giulia Sacchi Redditi, 38 triestini su 100 sotto i 15mila euro lordi (Piccolo Trieste) di Piero Rauber Sempre più vecchi. E pure più poveri. I numeri che certificano le sensazioni vengono stavolta dallo studio statistico sui redditi dei triestini fatto e finito in Comune in base alle dichiarazioni del 2013 per l’anno d’imposta 2012. Il report, 83 pagine di cifre, diagrammi e confronti, dice sì che la somma degli imponibili dichiarati proprio dai triestini - pescando in particolare dagli ultimi due anni disponibili nei database dell’Agenzia delle entrate, cioè 2011 e 2012 - sta salendo. Di poco, però sale: erano tre miliardi e 367 milioni di euro nel 2011, sono diventati tre miliardi e 395 milioni nel 2012, col fisco che ringrazia per i quasi 715 milioni e mezzo di Irpef prodotti. Come dice che cresce pure, tra i contribuenti di casa nostra, il reddito imponibile medio: i 21.795 euro del 2012 (che tolta un’Irpef altrettanto media di 4.593 euro a testa fa una mensilità-tipo al netto dei contributi di circa 1.400 euro, più bassa tenendo conto però di eventuali tredicesima e quattordicesima) valgono infatti il 2,1% in più dell’anno prima. Peccato che - ed è questo il punto che porta a dedurre per intanto che siamo sempre più poveri - a fronte di quel 2,1% di reddito in aumento tra il 2011 e il 2012 il tasso d’inflazione in loco nello stesso periodo è stato del 3,4%. Il reddito medio del 2011 quindi, rivalutato matematicamente al costo della vita del 2012, sarebbe stato più alto dell’1,2% rispetto all’anno successivo. Morale: a Trieste, nel biennio preso dallo studio del Municipio, il potere d’acquisto dei redditi è sceso per l’appunto dell’1,2%. Un’altra tendenza che salta all’occhio, per il trionfo della nomea che ci vuole in questo caso città di vecchi, riguarda il peso anagrafico dei portatori di reddito. Gli over 60 nel 2011 erano il 41,4% dei contribuenti totali, e incidevano sulla somma degli imponibili triestini per il 40,1%. Nel 2012 la rappresentanza degli ultrasessantenni è passata al 43%, destinataria del 42,3% del complesso dei redditi cittadini. Già che ci siamo, vale la pena aggiungere che il report calcola come il reddito da pensione, rispetto al totale degli imponibili, valga qui il 36,8% contro una media nazionale del 30%. Gli under 45, invece, dal 34,2% che erano nel 2011 (per un guadagno equivalente del 29% sulla somma delle “ricchezze” cittadine) sono scivolati al 31,5% (per una produzione di reddito del 25,8% appena sul totale) nel 2012. Siamo sempre più vecchi e sempre più poveri, insomma, come si diceva all’inizio. E siamo inoltre sempre di meno. Sempre in meno a contribuire al “Pil” di casa: i contribuenti complessivi, nel biennio considerato, si sono assottigliati dell’1,3%: da 157.089 a 155.679, di cui 150.220 effettivamente residenti nell’anno d’imposta 2012, pari al 72,3% dei residenti totali in città. Ben il 38,7%, ancora, è sotto i 15mila d’imponibile a fronte di un 12,7% che supera i 35mila, se è vero che il report parla di un 87,3% sotto proprio ai 35mila. Bene. Ora che ci siamo demoralizzati a sufficienza vediamo quali sono alcuni dei numeri più interessanti dello studio statistico del Comune sulle dichiarazioni 2013 per il 2012. E ce ne sono. A cominciare ad esempio dalle differenze di reddito medio a seconda delle tipologie di contribuente. Esiste una forbice-tipo di circa 4.500 euro l’anno tra l’imponibile dichiarato da un lavoratore dipendente e quello di un pensionato: 22.715 euro contro 18.172. Il gap è molto più largo se si va invece a calcolare il reddito prodotto da un uomo e quello di una donna. L’uomo guadagna in media il 52% in più della donna: 26.429 contro 17.339 euro. Si badi: questo non è un confronto a parità di ore e ruolo, ma in termini assoluti, e conferma dunque come la donna, in linea generale, possa essere soggetta ben più dell’uomo all’opzione di un part-time se non di una vita casalinga per dedicarsi alla famiglia. La longevità, quindi, è rosa, come è ormai noto, e la si ritrova anche in questa statistica. La classe d’età più folta di contribuenti di sesso femminile è quella che va dagli 85 anni in su: 7.716 unità. In campo maschile, invece, la fascia con più cittadini che generano e dichiarano reddito è quella tra i 45 e i 50: 7.890 unità. I più ricchi, invece, uomini o donne non importa, sono i triestini tra i 55 e i 60, il cui reddito medio tocca quota 29.594 euro. Differenze molto marcate di danaro, infine, le più marcate a dire il vero, si registrano tra contribuenti italiani e contribuenti stranieri: fra i residenti, i 141.826 italiani dichiarano in media un imponibile di 22.639 euro mentre gli 8.394 di passaporto estero ne rimediano uno di 13.076. Gli stranieri incidono di più proprio in campo maschile, perché vengono ingaggiati o si propongono maggiormente per lavori manuali e di fatica: sono il 6,3% dei contribuenti uomini totali, e raggiungono una punta massima del 19,6% tra i 25 e i 30 anni. Rigassificatore, il Comune chiede “compensazioni” (Piccolo Gorizia-Monfalcone) A maggioranza, con il non voto di buona parte dell’opposizione di centrodestra e “Cambiamo Monfalcone”, il Consiglio ha approvato la griglia di osservazioni al progetto di Smartgas al Lisert. In aula il Pd, primo partito dell’alleanza al governo della città, ha apportato dei correttivi al documento predisposto dagli uffici nell'ambito della procedura di Via nazionale del progetto. Ribadendo l’assenza dell’analisi costi-benefici, ritenuta fondamentale dal sindaco Silvia Altran per permettere di esprimere un giudizio finale, il Pd ha chiamato in causa non solo il proponente, sollecitato a fornirla, ma anche la Regione. In sostanza, il Comune vuole capire se l’impianto sia strategico per la politica energetica regionale, anche a fronte del fatto che il progetto «non rappresenta alcun vincolo per la conversione di altre industrie consumatrici di combustibili fossili». Leggi la centrale termoelettrica A2A. Nel caso in cui la risposta fosse affermativa, il Comune domanda alla Regione «gli impegni che la stessa intende assumere nei confronti della cittadinanza monfalconese». Il sindaco, oltre che il capogruppo del Pd Paolo Frisenna, pur sottolineando gli aspetti innovativi del progetto, ha ribadito come l’amministrazione ritenga fondamentale la salvaguardia del futuro del porto. Pur modificata, rimane quindi un’osservazione in cui il Comune chiede di chiarire i possibili effetti dei venti dominanti sulle navi gasiere in accosto e gli eventuali provvedimenti utili a evitare ostacoli alle procedure di emergenza in caso di avarie o incidenti ad altre unità navali in porto e in transito. «Il tema della sicurezza è importante - ha detto il sindaco - e non si può prescindere da esso. Credo questo sia un impianto che guarda avanti, ma ci sono però tanti aspetti da chiarire. Servono garanzie per l’ambiente e la salute in un territorio che sopporta già tanti carichi a vantaggio dell'intera comunità regionale». Sugli aspetti della tutela della salute in un’area che sta ancora pagando l’uso dell'amianto si è soffermato anche l’assessore all’Ambiente Gualtiero Pin che ha chiarito la propria posizione. Dalle osservazioni non scompare nemmeno, comunque, la richiesta di verificare se il progetto sia assoggettabile a Vas (Valutazione ambientale strategica), visto che le opere a mare rappresentanto per l’ente locale delle le modifiche sostanziali sia al Piano regolatore comunale sia al Piano regolatore del porto ancora vigenti. La maggioranza, con la condivisione di Giovanni Iacono di Sel, ha poi ribadito il resto delle osservazioni in cui si chiedono delucidazioni su localizzazioni alternative, impatti su aria, suolo, ambiente marino in fase di cantiere e di esercizio e approfondimenti anche sul tema paesaggistico a fronte di rendering dell’impianto giudicati poco efficaci. La maggioranza, sempre con il sostegno di Iacono, ha poi votato un odg con cui, richiamando la sua precedente posizione a favore di un progressivo superamento dell’uso dei combustibili fossili, impegna il sindaco innanzitutto a "riaffermare in tutte le sedi la volontà dell’amministrazione di favorire lo sviluppo del litorale, tutelando l’ambiente e la sicurezza dei cittadini». Il sindaco dovrà poi proporre alla Regione un tavolo sullo sviluppo energetico, industriale e portuale del litorale isontino che sia propedeutico alla programmazione strategica per il futuro della città e del litorale, coinvolgendo le principali realtà industriali e i soggetti che operano anche nel mercato dell’energia. La maggioranza ha approvato compatta l’odg presentato da Iacono con cui pure si sollecita la Regione a confrontarsi su nuovo Piano regolatore del porto e bonifiche delle aree industriali. In più, però, il sindaco è sollecitato a farsi promotore della costituzione di un consorzio pubblico-privato per la ricerca sulle energie rinnovabili, oltre che a coinvolgere le imprese che aderiranno al progetto Smartgas «affinché precisino come vorrebbero il mantenimento e lo sviluppo di posti di lavoro nelle loro aziende». Laura Blasich Duino, il Comune dice no al mini-rigassificatore (Piccolo Trieste) di Tiziana Carpinelli DUINO AURISINSA Dopo 14 pagine, 7 capitoli e 36, tra osservazioni e richieste di integrazioni, arriva infine - nero su bianco - il parere “non favorevole” sul progetto esaminato ieri dalla Commissione consiliare II, in seduta congiunta con la Conferenza dei capigruppo. Dunque, contrariamente a quanto annunciato venerdì dal capogruppo dei democrats Michele Moro, l'assise ha voluto esplicitare l'orientamento dei componenti sulla proposta di realizzare a Monfalcone un terminale di stoccaggio, rigassificazione e distribuzione del gnl di piccola taglia. Non era obbligatorio: per esempio la Provincia di Trieste, la prima a deliberare, non l'ha fatto, limitandosi a trascrivere la trentina di osservazioni. Ma evidentemente i consiglieri di Duino Aurisina hanno inteso consegnare alla Regione (il sindaco ha assicurato che il “documento non sarà toccato” dalla giunta) non solo un atto che, in copia, andrà direttamente al ministero per entrare nel procedimento, ma anche un indirizzo di carattere politico. Difatti la dicitura “non favorevole” è stata apposta solo al termine della Capigruppo, avvenuta a porte chiuse, cioè a fine lavori della Commissione II, coordinata da Maurizio Rozza, durante la quale si sono invece “limate” le 36 osservazioni e richieste di integrazioni prodotte. Frutto di 5 commissioni, il parere (non vincolante) contiene 7 punti, così intitolati: valutazioni generali, aspetti legati alle esigenze di tutela del paesaggio, alla sicurezza, all'inquinamento acustico, al traffico; e ancora: interazioni con la nautica da diporto e con la pesca, aspetti legati alla tutela degli ecosistemi. Il primo rilievo riguarda la richiesta di provvedere “all'integrazione degli atti con le alternative progettuali”, in quanto “la procedura di Via esige, ai sensi dell'art 21 dlgs 152/2006, di identificare e valutare tutte le opzioni alternative al progetto stesso, compresa la sua non realizzazione ("opzione zero")”. Se da un lato la Commissione ritiene che “l'implementazione dell'utilizzo del gnl quale integrazione a una politica spinta sul risparmio energetico” sia “da sostenere”, dall'altro esprime però “perplessità sulla sostenibilità economica dell'intervento”. Inoltre, sempre per la commissione, “vanno preliminarmente chiariti, anche da parte delle autorità regionali e nazionali competenti, le interazioni e relazioni tra il progetto qui proposto e quello programmato dalla società Gas natural nel Nord Adriatico”. Sollevate anche le questioni della compatibilità del progetto con la candidatura in itinere del Carso a patrimonio Unesco, delle “valenze storiche, trascurate nello studio, dell'ambito TimavoHermada” e della sovrapposizione di progetti in corso di valutazione, vedi l'escavo del canale d'ingresso al porto monfalconese. Quanto al tema del paesaggio, la commissione ha richiesto l'integrazione dello studio con nuovi foto-inserimenti del progetto, in particolare prendendo come riferimento Rilke, Castello e Belvedere di Sistiana. Sul capitolo della sicurezza, citando la nuova caratterizzazione del 2010 e dunque affermando che “in Italia non esiste un comune non sismico” e che “per inciso Monfalcone è inserita nella classe di sismicità 3”, la Commissione richiede al proponente di “aggiornare gli elaborati e lo studio”, “valutando potenziali effetti e rischi sugli impianti”. Sollecitato anche un piano di ricerca e bonifica di ordigni bellici per l'area. E una valutazione dell'opzione di interramento dei serbatoi. Articolate anche le osservazioni sul traffico, distinto su gomma e ferro. Quindi la Commissione ha vagliato le interazioni con diportismo e pesca, concludendo il parere con la tutela degli ecosistemi, in cui, tra i vari aspetti, si connota positivamente “la scelta di riutilizzare per gli scambi termini legati alla rigassificazione le acque di processo dell'impianto cartario esistente nell'ambito, evitando così gli impatti derivanti dall'abbassamento della temperatura dell'acqua”. «Si riporta però anche – ravvisa la Commissione – la soluzione alternativa in caso di chiusura o fermo della cartiera, ossia la captazione diretta dell'acqua. Lo studio va integrato con l'analisi degli impatti sul bacino Timavo-Locavaz in questo scenario, rammentando che buona parte dell'area è inserita nella Zsc». Romoli: «Chiederò ad Alfano di smantellare la tendopoli» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) «La tendopoli allestita in centro città deve essere smantellata al più presto». A chiederlo è il sindaco, Ettore Romoli, esprimendo forte preoccupazione per le possibili ripercussioni negative a danno della città «provocate dall'insensata scelta di collocare una struttura per il ricovero di rifugiati nel centro di Gorizia». Romoli inoltrerà la richiesta di smantellamento urgente al ministro dell'Interno, Angelino Alfano, alla presidente della Regione, Debora Serracchiani e al prefetto di Gorizia, Vittorio Zappalorto. «La tendopoli ha tutte le caratteristiche per trasformarsi in centro di accoglienza permanente - attacca il sindaco - alla luce del fatto che i flussi di profughi verso Gorizia non sembrano arrestarsi, anche perchè è stato lanciato, all'esterno, un messaggio che rischia di richiamare nella nostra città centinaia di persone in fuga dai loro paesi. Non è accettabile che l'importante lavoro che stiamo facendo per rilanciare l'immagine di Gorizia e incrementare la sua dimensione turistica venga rovinato per scelte meramente ideologiche e di competizione interna al centro-sinistra, che nulla hanno a che vedere nè con la buona amministrazione nè con la solidarietà. Mi chiedo davvero - insiste il primo cittadinocome possa essere venuta in mente una simile, folle, soluzione e, soprattutto, come possa essere stata avallata dalla Regione, il cui compito dovrebbe essere anche quello di evitare concentrazioni di profughi in un unico sito, peraltro collocato accanto a scuole e case private: questa non è un'azione umanitaria ma solo irresponsabile scelleratezza attuata sulle teste dei goriziani. A questo proposito, ribadisco di non essere stato assolutamente informato di quanto era stato deciso dalla Regione se non da una telefonata, nel pomeriggio di sabato, quando tutto era stato già predisposto, da parte dell'assessore Paolo Panontin, il quale mi ha detto di aver sentito che non ero d'accordo. Non ci sono parole per stigmatizzare questo comportamento che offende la città di Gorizia e le sue istituzioni. Ironia della sorte, oltre alle centinaia di mail e telefonate da parte delle gente comune che mi chiede che fare per fermare ciò che sta accadendo, sto ricevendo anche messaggi critici da parte di chi ritiene che il sottoscritto sia d'accordo con l'installazione della tendopoli».
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