Martedì 10 febbraio 2015 ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Stagione 2014-2015 Concerto n. 9 Gabriele Carcano pianoforte Bach - Partita n. 4 in re maggiore BWV 828 Schubert - Sonata n. 16 in la minore op. post. 143 D 784 Brahms - Sonata n. 3 in fa minore op. 5 Di turno Antonio Magnocavallo Andrea Kerbaker Clemente Perrone da Zara Consulente Artistico Artistico Consulente Paolo Arcà Paolo Sponsor istituzionali Sponsor Barocco e oltre Con il contributo di Media partner Con il patrocinio e il contributo di Con il patrocinio di In collaborazione con È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video, anche con il cellulare. Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione. Si raccomanda di: • disattivare le suonerie dei telefoni e ogni altro apparecchio con dispositivi acustici; • evitare colpi di tosse e fruscii del programma; • non lasciare la sala fino al congedo dell’artista. Il programma è pubblicato sul nostro sito web il venerdì precedente il concerto. Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 - Lipsia 1750) Partita in re maggiore n. 4 BWV 828 (ca. 25’) Ouverture - Sarabande - Courante - Aria - Sarabande - Menuet - Gigue Anno di composizione: 1728 Anno di pubblicazione: 1728 (1731 in Clavier Übung I) Al contrario della produzione contemporanea, pubblicata molto ma eseguita poco, un esiguo numero di partiture a stampa vide la luce durante la vita di Bach. Le sei Partite, che formano la prima parte della Clavier Übung, furono la sua prima pubblicazione di sostanza, definita Opus I. Cinque erano già state stampate singolarmente tra il 1726 e il 1730, e una settima era forse in progetto. Bach desiderava promuovere con un testo importante la propria immagine di Kantor, di docente di alto livello. Il libro non si rivolgeva ai professionisti, ai quali era riservato il tirocinio diretto col maestro. Educare e divertire era un fine concepito invece per i “dilettanti”. “Belle ma difficili” fu per esempio il commento sulle Partite della fidanzata di Johann Christoph Gottsched, poeta e collaboratore di Bach a Lipsia. Difficili, ma non impossibili. Il loro valore non è racchiuso infatti nel contenuto virtuosistico, ma nella qualità artistica di cui occorre impadronirsi. Le Partite sono in primo luogo musica per le dita dell’esecutore, più che per le orecchie degli spettatori. La Partita è, come la Suite, una raccolta di danze, introdotte da un pezzo in forma libera. La Quarta, in re maggiore, prevede una “Ouverture” di gusto francese, poi la classica sequenza di danze, “Allemanda”, “Corrente”, “Sarabanda”, “Minuetto” e “Giga”. La particolarità è che Bach aggiunge tra la “Courante” e la “Sarabande” un’“Aria”, che richiama il carattere cantabile della musica vocale. Questa morbidezza melodica tuttavia è uno degli elementi principali dell’intera Partita IV, la più spettacolare assieme alla VI della raccolta. Una grande varietà di fioriture e abbellimenti orna infatti anche le linee melodiche dell’“Allemanda” e della “Sarabanda”. L’altro elemento significativo del lavoro è la fedeltà al linguaggio contrappuntistico, che emerge soprattutto nell’“Ouverture” e nella “Gigue” finale. Nella prima, dopo l’introduzione pomposa, il contrappunto prende la forma di una fuga rigorosa, mentre nella seconda la lingua materna di Bach trasforma la danza in una sfolgorante invenzione prospettica sul tema principale della giga. Franz Schubert (Vienna 1797 - 1828) Sonata n. 16 in la minore op. post. 143 D 784 (ca. 22’) I. Allegro giusto II. Andante III. Allegro vivace Anno di composizione: 1823 Anno di pubblicazione: Vienna, 1839 Gli studi più recenti hanno ormai messo in luce la relazione profonda tra il mondo del Lied e la musica strumentale di Schubert. La figura del Wanderer, che incarna una sorta di alter ego dell’autore, rappresenta l’emblema di questo mondo segreto. Il movimento pendolare tra la realtà esterna e la riflessione interiore accompagna la produzione di Schubert, che a partire dal 1820 comincia a trasportare nella musica strumentale forme e figure provenienti dai Lieder. Tra i numerosi esempi di questo tipo trova posto anche la Sonata per pianoforte in la minore D 784. Scritta nel febbraio del 1823, la Sonata venne pubblicata solo molti anni dopo la scomparsa dell’autore. Il 1822 aveva segnato uno spartiacque nella vita di Schubert, che aveva visto infrangersi per l’ennesima volta i suoi progetti teatrali e manifestarsi i sintomi della malattia venerea. La speranza di vivere grazie alla musica e conquistare la piena indipendenza sociale si era trasformata nell’amara presa di coscienza degli ostacoli quasi insormontabili ai suoi sogni. La sfiducia con la quale guardava ormai alle concrete possibilità di sopravvivere come artista era aggravata inoltre dalla paura di una malattia pericolosa e infamante come la sifilide. Con il fardello di questi pensieri, Schubert cominciò a lavorare a una Sonata per pianoforte in soli tre movimenti, senza il tradizionale Scherzo. Cosa abbia indotto l’autore a cominciare il lavoro nel carattere di una marcia funebre, viene rivelato forse da un paio di Lieder composti qualche settimana prima, Der Zwerg (Il nano) D 771 e Wehmut (Malinconia) D 776. Schubert pubblicò la coppia di Lieder nel maggio 1823 con una dedica all’autore dei testi, Matthäus von Collin, un poeta e drammaturgo viennese di tendenze romantiche. Il tema dei Lieder verte sulla caducità della gioventù e della bellezza. Il nano, sulla barca che solca le acque scure del lago, toglie la vita alla giovane Regina con la gravità solenne di un rito funebre, mentre il Wanderer di Wehmut alterna la gioia di contemplare le bellezze della natura e la dolorosa consapevolezza che tutto alla fine svanirà nel nulla. La struttura della Sonata riecheggia la stretta relazione musicale con i due Lieder. La loro parentela infatti non dipende solo dall’affinità con la tonalità di la minore (Der Zwerg) e di re minore (Wehmut), ma anche dalla gelida fissità dell’intervallo di quinta e dalla scrittura pianistica inquieta e drammatica. La sovrapposizione di la minore e re minore si ritrova nell’esposizione del primo tema. Un breve e improvviso gesto di disperazione conduce all’irreale tranquillità del secondo, un canto innocente in mi maggiore accompagnato nota per nota, come nella musica popolare, da armonie che gravitano sull’intervallo di quinta. L’“Andante” mostra il contrasto tra due elementi contrapposti: da una parte una frase espressiva in fa maggiore e dall’altra un’oscura monodia imperniata sulla nota do. La lotta tra i due elementi si sviluppa in maniera incerta, fino a fondere i due avversari in un mostruoso groviglio, dal quale esce finalmente la frase in fa maggiore liberata dall’oppressione della sua fosca appendice. Il finale riassume in maniera altrettanto drammatica le pulsioni contrastanti della Sonata: paura, ribellione, rassegnazione. Il fuoco e il ghiaccio dell’anima di Schubert si mescolano in maniera estrema in questo finale. La scrittura musicale diventa a tratti violenta, fino a colpire con le due mani i margini estremi della tastiera, ma poi si calma e si trasforma in un incantevole valzer da salotto. Johannes Brahms (Amburgo 1833 - Vienna 1897) Sonata n. 3 in fa minore op. 5 (ca. 40’) I. Allegro maestoso II. Andante - Andante molto III. Scherzo. Allegro energico - Trio IV. Intermezzo (Rückblick). Andante molto V. Finale. Allegro moderato ma rubato Anno di composizione: 1853 Prima esecuzione: Magdeburg, dicembre 1854 La Terza e ultima Sonata per pianoforte chiude la fase giovanile della produzione di Brahms. Le dediche dei primi lavori pubblicati sono significative per capire gli sviluppi del giovane artista. L’op. 1 è dedicata al violinista Joachim, l’op. 2 a Clara Schumann e l’op. 3 a Bettina Brentano, arci-musa romantica per eccellenza. La Sonata op. 5 invece reca una dedica alla contessa Ida von Hohenthal, che aveva accettato di assumere il fratello di Brahms come maestro di musica dei figli. Brahms insomma stava mettendo radici nella buona società tedesca e si preparava a spiccare il volo come artista indipendente. La svolta decisiva era stato l’incontro con Schumann. Il 30 settembre del 1853 il giovane Brahms si presenta davanti alla porta di Schumann a Düsseldorf, in Bilker Straße 15. L’arrivo di questo giovane equivale a un’autentica rivelazione, come Schumann dichiara immediatamente a Clara e agli amici. Le sue impressioni sono legate fin dall’inizio all’uso di un linguaggio messianico, culminante nemmeno un mese dopo nel celebre articolo per la Neue Zeitschrift für Musik intitolato Vie nuove. Schumann ascolta i lavori di Brahms e gli prospetta subito un piano editoriale da sottoporre a uno dei principali editori di Lipsia, Breitkopf&Härtel. L’autocontrollo del giovane musicista, appena ventenne, si rivela così forte da scartare metà dei lavori suggeriti da Schumann. Brahms del resto aveva mantenuto il sangue freddo anche dopo l’incontro a Weimar con Liszt, che l’aveva elogiato e gratificato con l’ascolto della Sonata in si minore appena terminata. L’incontro con l’estetica di Schumann – e con l’arte di Clara – segna in maniera indelebile il percorso di Brahms, ma non al punto di soffocare il suo senso critico e la sua personalità artistica. Il distacco della Sonata dal mondo giovanile si nota anche da un dettaglio marginale. L’autografo della Sonata riporta ancora in calce la firma Kreisler jun., come i manoscritti precedenti, ma i singoli movimenti sono già siglati con la propria iniziale, B. In questo possente lavoro Brahms traccia una sorta di autoritratto, in cui fonde le varie esperienze artistiche vissute in quel periodo di ribollenti trasformazioni. L’influsso principale è ancora quello di Beethoven, dal quale prende a prestito il principio della conquista di un obiettivo e dell’irresistibile spinta in avanti. La tonalità di fa minore invece potrebbe essere un omaggio al cosiddetto Concerto senza orchestra op. 14 di Schumann, che Brahms aveva ascoltato direttamente da Clara nella terza e ultima versione, rimaneggiata proprio nel 1853. Nella prima versione del 1835, tra l’altro, la Sonata di Schumann era ancora strutturata in 5 movimenti, come il lavoro di Brahms. Dietro lo stile enfatico e irruento dell’“Allegro maestoso” iniziale infine affiora anche l’ombra di Liszt. Ma oltre a tutti questi influssi, cominciano anche a delinearsi le caratteristiche peculiari della scrittura di Brahms, come per esempio il ruolo strutturale dell’emiola, ovvero il rapporto ritmico 3:2, che si manifesta per la prima volta nella sua produzione in questa Sonata. Gli innumerevoli stimoli artistici e culturali, assorbiti come una spugna nel corso dei primi anni passati al di fuori dell’ambiente provinciale di Amburgo, vengono assimilati in questo lavoro con grande coerenza intellettuale e senso della forma, incanalando il focoso impeto delle idee musicali in un disegno razionale e compatto. L’“Allegro maestoso” è l’emblema di questa concentrazione spirituale. L’abbondanza di materia prima musicale (ben quattro versioni del tema principale nell’esposizione) alimenta una rigorosa ma sempre viva forma sonata. L’“Andante” è preceduto da alcuni versi del poeta Sternau, pseudonimo di Otto Inkermann, che indirizzano il movimento verso lo stile del Lied senza parole. L’allusione ai due cuori uniti nell’amore hanno destato l’impressione che il notturno fosse pensato per Clara, ma in realtà Brahms aveva scritto il movimento prima di conoscere gli Schumann. È il primo dei due pezzi di carattere nostalgico che Brahms introduce nella forma della Sonata classica. Il secondo è l’“Intermezzo”, dopo lo “Scherzo”, che reca il titolo inequivocabile di “Rückblick”, sguardo retrospettivo. Qui la memoria è rappresentata forse dal ritmo scandito dalla terzina di semibiscrome nel basso, come una marcia funebre, che richiama la terzina del basso del tema iniziale. L’idea di legare l’intero lavoro in una forma ciclica era presente fin dall’inizio in Brahms. Il ruvido stile ritmico dello “Scherzo” ha un carattere grottesco, quasi espressionista. Lo stile demoniaco di questo valzer è bilanciato dalla quiete del “Trio” in re bemolle maggiore, che riprende anch’esso in forma allargata la terzina dell’emiola. Il “Finale”, in forma sonata, rispecchia il carattere drammatico della Sonata, divisa tra Inferno e Paradiso, e sfocia in un turbine sonoro degno del miglior Liszt. Oreste Bossini Gabriele Carcano pianoforte Nato a Torino nel 1985, inizia lo studio del pianoforte a otto anni e si diploma a 17 anni, con il massimo dei voti, lode e menzione speciale al Conservatorio G. Verdi della sua città. Sotto la guida di Andrea Lucchesini studia all’Accademia di Musica di Pinerolo e, nel 2006, usufruendo di una borsa di studio della De Sono, si stabilisce a Parigi, dove frequenta i corsi di Nicholas Angelich presso il Conservatoire National Superior de Musique, continua il perfezionamento con Aldo Ciccolini e Marie Françoise Bucquet e dove, nel 2008 gli è stato assegnato il premio della Fondation Groupe Banque Populaire. Nel 2004 vince il Premio Casella al Concorso “Premio Venezia” e dopo il debutto al Teatro La Fenice, viene invitato da prestigiose istituzioni italiane, quali Teatro Regio di Torino, Amici della Musica di Mestre, Accademia Filarmonica di Verona, Teatro Regio e Conservatorio di Torino, MiTo Settembre Musica e Unione Musicale, Fundacion Scherzo di Madrid e Kissinger Sommer Festival. Nel 2010 gli è stato assegnato il prestigioso Borletti-Buitoni Trust, ottenendo un immediato invito da parte di Mitsuko Uchida al Festival di Marlboro nel 2010, 2011 e nel 2012 con la partecipazione alla tournée americana dei Musicians from Marlboro. Gabriele Carcano è stato ospite di orchestre quali Orchestre National de Montpellier, Orchestra da Camera di Mantova, Staatskapelle Weimar, Pomeriggi Musicali di Milano e Orchestra di Padova e del Veneto, con direttori come Lawrence Foster, Alain Altinoglu e Stephan Solyom. Svolge inoltre un’intensa attività cameristica, collaborando con artisti quali Marie-Elisabeth Hecker, Quartetto Hermes, Andrea Lucchesini, Aldo Ciccolini, Colin Carr, Dora Schwarzberg e Mario Brunello. Tra i prossimi impegni ricordiamo i concerti a Berlino, Roma per la IUC, Amici della Musica di Padova, Unione Musicale di Torino, Orchestra Verdi di Milano, Orchestre Nationale de Montepellier. È stato ospite della nostra Società nel 2010 per i Concerti del FAI a Villa Panza. Prossimo concerto: Martedì 17 febbraio 2015, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Quartetto Belcea Un altro quartetto di primo piano della scena internazionale viene al Quartetto per celebrare la stagione dei 150 anni. Il Belcea, da parte sua, festeggia i venti anni di carriera, cominciata a Londra nelle aule del leggendario Royal College of Music. Il programma è una sorta di compendio della storia del quartetto, accostando tre autori fondamentali per lo sviluppo di questo genere di musica da camera. Mozart, che dopo Haydn è stato il principale artefice della fortuna del quartetto, viene rappresentato con il suo ultimo capolavoro, il Quartetto in fa maggiore K 590. Di Brahms, autore di tre soli lavori ma snodo centrale della musica da camera dell’Ottocento, il Belcea ha scelto di eseguire il terzo e ultimo Quartetto. Anton von Webern, infine, chiude la galleria degli autori dell’età aurea del quartetto con gli aforistici 5 Sätze, nei quali due secoli di tradizione musicale viene concentrata in gesti di assoluta precisione e impressionante forza espressiva. Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 20122 Milano - tel. 02.795.393 www.quartettomilano.it - [email protected]
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