4/2/2015 - Studio Ducoli

QUADERN
/ MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
INFOEDITORIALE
PRIMOPIANO
Split payment e
XBRL, più
adempimenti non
remunerati per tutti
Senza delibera, IMU sui terreni
agricoli con aliquota dello 0,76%
/ Giancarlo ALLIONE
L’inizio dell’anno ha regalato alle
imprese nuovi adempimenti a
pioggia che, come di consueto,
quasi sempre ricadranno sulle
spalle dei loro inutili consulenti,
i quali vi provvederanno tempestivamente, come di consueto, con
scarsissime probabilità di essere
pagati.
Fra i più eclatanti vi è lo split payment, che, come è stato osservato da un collega (si veda “Se l’Ue
non «autorizza» lo split payment,
è ben chiaro su chi ricadranno i
danni”), obbligherà migliaia di imprese e tutti gli enti pubblici ad
adeguare i loro sistemi informativi. Tutto ciò, ci hanno spiegato,
ha la precipua finalità di combattere le frodi IVA. La relazione al
provvedimento ha stimato in un
miliardo il gettito che deriverà
dalla novella.
In altre parole, i nostri fornitori
(dico nostri in [...]
Lo precisa la ris. 2/DF, oltre a “chiarire” l’esenzione per i terreni in
Comuni parzialmente montani concessi in comodato o affitto a CD e
IAP
/ Stefano SPINA
Il Ministero dell’Economia e delle finanze, con
la risoluzione n. 2/DF di ieri, risolve due dei
quesiti che hanno dato adito ai maggiori dubbi
nello strascico del calcolo dell’IMU per il 2014
sui cosiddetti terreni montani.
Il primo problema affrontato riguarda l’aliquota
da applicare per la determinazione dell’IMU dovuta dai contribuenti.
Infatti il comma 692 dell’art. 1 della L. n.
190/2014 ha previsto l’applicazione dell’aliquota di base dello 0,76%, a meno che, in detti Comuni, non fossero approvate specifiche aliquote per i terreni agricoli.
Tale disposizione non è stata riproposta nel DL
n. 4 del 24 gennaio 2015, ma neppure abrogata, per cui in dottrina ci si è chiesto quale fosse
la sua validità.
Coerentemente, il Ministero dell’Economia conferma che tale disposizione vale tuttora, per cui,
citando l’esempio contenuto nella risoluzione, se
sono state deliberate un’aliquota dello 0,6% per
le abitazioni principali c.d. di lusso (A/1, A/8 o
A/9), una dello 0,9% per le aree fabbricabili e
un’aliquota residuale pari all’1% per tutti gli al-
tri immobili, l’aliquota applicabile per i terreni montani sarà quella di base pari allo
0,76%, non avendo il Comune approvato
un’aliquota specifica per i terreni agricoli.
In secondo luogo, la ris. n. 2/DF affronta il tema dell’esenzione, in ultimo disciplinata dal
comma 2 dell’art. 1 del DL n. 4/2015, per i
terreni, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani nell’elenco ISTAT, concessi in comodato o in affitto a coltivatori
diretti e a imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del DLgs. n. 99/2004,
iscritti nella previdenza agricola. Il problema
nasce da una forse infelice formulazione della
norma in quanto, facendo riferimento al comma precedente, sembrava subordinare il non
assoggettamento al tributo anche all’ulteriore requisito del possesso da parte dei soggetti
che rivestissero la qualifica di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali.
Pertanto, alcuni uffici tributi comunali erano
arrivati alla conclusione che l’esenzione spettasse solo per i terreni condotti direttamente
dai coltivatori diretti o IAP [...]
A PAGINA 4
A PAGINA 2
ILCASODELGIORNO
Vicenda dell’IMU sui montani ancora “aperta” al TAR
a cura di Luca FORNERO / A PAGINA 3
Dubbio il calcolo della deduzione IRAP da IRPEF/IRES per il 2014
INEVIDENZA
CONTABILITÀ
Da Assirevi le check-list
per la revisione dei
bilanci 2014
/ Stefano DE ROSA
Fondo ammortamento riferibile al terreno da
riclassificare a un fondo di bonifica
Fuori da reverse charge le prestazioni “edili” nei
confronti del condominio
730 precompilato, professionisti senza copertura
assicurativa
ALTRENOTIZIE
/ A PAGINA 10
Assirevi ha reso disponibili sul proprio sito
(www.assirevi.it) il Quaderno n. 14 che include le liste di controllo dei principi di redazione del bilancio d’esercizio e consolidato
delle imprese industriali, commerciali e di servizi secondo i principi contabili italiani.
Tale documento, predisposto a supporto
dell’attività di revisione dei bilanci, risulta
uno strumento utile anche per coloro che sono direttamente coinvolti nel processo di redazione [...]
A PAGINA 8
ancora
EDITORIALE
Split payment e XBRL, più adempimenti non
remunerati per tutti
/ Giancarlo ALLIONE
L’inizio dell’anno ha regalato alle imprese nuovi adempimenti a pioggia che, come di consueto, quasi sempre ricadranno sulle spalle dei loro inutili consulenti, i quali vi
provvederanno tempestivamente, come di consueto, con
scarsissime probabilità di essere pagati.
Fra i più eclatanti vi è lo split payment, che, come è stato
osservato da un collega (si veda “Se l’Ue non «autorizza» lo
split payment, è ben chiaro su chi ricadranno i danni”), obbligherà migliaia di imprese e tutti gli enti pubblici ad adeguare i loro sistemi informativi. Tutto ciò, ci hanno spiegato, ha la precipua finalità di combattere le frodi IVA. La relazione al provvedimento ha stimato in un miliardo il gettito che deriverà dalla novella.
In altre parole, i nostri fornitori (dico nostri in quanto cittadino e membro del c.d. popolo sovrano) ci hanno rubato un
miliardo all’anno di IVA o ,viceversa, si potrebbe dire che i
preposti alla gestione di tali fornitori si sono fatti rubare un
miliardo all’anno negli ultimi 5, 10, 15, 30 anni. Partendo
dal miliardo che, senza la norma in commento, sarebbe stato
rubato nel 2015, potremmo stimare il furto dell’IVA operato dai fornitori della P.A. in circa 10 miliardi solo negli ultimi 10 anni.
Peccato non essercela fatta venire in mente prima una norma
del genere.
Il rimedio è di colombiana semplicità e oltre tutto in linea
perfetta con la tradizione (vedi il divieto di uso dei contanti per gli autotrasportatori). Sappiamo, per induzione statistica, che in una certa popolazione si nasconde un certo numero di ladri, ma essendo troppo laborioso individuarli facciamo fare un anno di galera a tutti. Così, sappiamo che fra
i fornitori della P.A. si nasconde un certo numero di evasori (spero siano meno del 50%), ma li obblighiamo tutti a sostenere costi infrastrutturali e accettiamo il rischio che molti
“completamente innocenti” incorrano in problemi finanziari potenzialmente anche gravi.
Nel più sta il meno. Deve aver ragionato così anche Erode
quando ordinò la strage degli innocenti, ma la sua scelta
non è passata alla storia come una particolarmente felice, né
per il metodo, né per il risultato.
Su un versante completamente diverso troviamo l’introduzione dell’obbligo di presentare la Nota Integrativa in formato XBRL.
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
Tralascio il dettaglio che, per l’ennesima volta, siamo di
fronte ad una decorrenza che pare incerta, tanto da lasciare
il dubbio che si possa rinviare l’adempimento di un altro
anno (si veda “Nella sperimentazione pochi i bilanci
depositati con Nota integrativa in XBRL”).
Ciò che trovo strabiliante ed emblematico del disinteresse
per chi deve operare nella realtà è questo continuo accanimento terapeutico nei confronti della Nota Integrativa.
Negli anni è diventata un conglomerato infinito di tabelle
spesso incomprensibili che nessuno legge e che ora si pretende di ingabbiare in una struttura XBRL.
Ma soprattutto mi chiedo come sia possibile ostinarsi ad obbligare imprese e consulenti a spendere milioni di ore di lavoro per produrre pagine e pagine di dubbia utilità, riducendo la redazione del bilancio a mera sterminata sequela di
frasi fatte (si veda “La formalizzazione delle tabelle della
Nota integrativa in XBRL è inutile”) e sottraendo tempo
preziosissimo alla vera gestione aziendale, che in momenti
di crisi deve essere focalizzata sulla pianificazione del cash
flow e sulla gestione dei flussi finanziari, nonché
documentata attraverso rendiconti finanziari attendibili e
comprensibili.
In Italia, al 31 dicembre 2012, c’erano 1.411.747 società di
capitali. Se la gestione dell’XBRL della Nota comportasse
due ore di lavoro in più per ciascuna società al costo di 30
euro all’ora, questa norma comporterebbe un costo aggiuntivo per il sistema di 105.881.025 milioni di euro, come il
gettito IMU dei terreni montani. I tempi che stiamo vivendo
impongono di destinare ogni risorsa alla gestione del
business. La Nota Integrativa basta e avanza così com’è.
È di questi giorni la notizia che Costa Crociere intende trasferire quattro dipartimenti dell’azienda da Genova ad
Amburgo.
Non conosco nulla della vicenda, ma posso azzardare che i
vertici di Costa non siano giunti a questa decisione per cattiveria o per stupidità. Evidentemente pensano di poter sviluppare meglio il loro business là piuttosto che in Italia e che il
vantaggio sia cosi grande da compensare i costi e i disagi
che un trasferimento sempre comporta. Ma, attenzione, non
vanno a Bangalore o nel Vietnam, vanno in Germania, dove il costo del lavoro è più alto che in Italia.
C’è di che riflettere, molto, per tutti.
/ 02
ancora
IL CASO DEL GIORNO
Dubbio il calcolo della deduzione IRAP da
IRPEF/IRES per il 2014
L’Agenzia dovrebbe confermare la rilevanza della deduzione per nuovi assunti nella
determinazione dell’incidenza del costo del personale
/ Luca FORNERO
All’atto della redazione del bilancio d’esercizio 2014, come
sempre grande rilevanza assume la determinazione del carico fiscale (IRES, IRAP ed eventuali imposte sostitutive) relativo al periodo d’imposta 2014.
Al riguardo, occorre tenere presente che, anche quest’anno, è
riconosciuta la possibilità di dedurre dal reddito d’impresa:
- la parte di IRAP relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato, al netto delle deduzioni di legge;
- un’ulteriore quota pari al 10% dell’IRAP corrisposta nel
periodo d’imposta, forfetariamente riferita all’imposta dovuta sulla quota imponibile degli interessi passivi e oneri
assimilati, al netto degli interessi attivi e proventi assimilati.
Riguardo alla prima delle due deduzioni, nel calcolo
dell’incidenza del costo del lavoro sulla base imponibile
IRAP emergono alcuni profili critici.
In particolare, come ribadito dalla circ. Agenzia delle Entrate 8/2013, § 1.2, la percentuale di IRAP deducibile risulta
dal rapporto tra:
- il costo del personale (es. dipendenti, lavoratori a progetto) indeducibile (da esporre al numeratore della frazione);
- la base imponibile IRAP (da esporre al denominatore della
frazione).
Ai sensi dell’art. 2 comma 1 del DL 201/2011 e della citata
circ. 8/2013, tali grandezze devono essere assunte al netto
delle deduzioni spettanti ai sensi dell’art. 11 comma 1 lett.
a), 1-bis, 4-bis e 4-bis1 del DLgs. 446/97, vale a dire:
- contributi INAIL (comma 1 lett. a) n. 1);
- contributi assistenziali e previdenziali (es. contributi INPS,
contributi a forme pensionistiche complementari, ecc.) relativi ai dipendenti a tempo indeterminato (comma 1 lett. a) n.
4);
- deduzione forfetaria variabile in base alla zona d’impiego
e alle caratteristiche soggettive del lavoratore, spettante ai
dipendenti a tempo indeterminato (comma 1 lett. a) n. 2 e 3);
- spese relative agli apprendisti (comma 1 lett. a) n. 5);
- spese relative ai disabili (comma 1 lett. a) n. 5);
- spese per il personale assunto con contratti di formazione e
lavoro (comma 1 lett. a) n. 5);
- costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo (comma 1 lett. a) n. 5);
- per le imprese autorizzate all’autotrasporto di merci, de-
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
duzione forfetaria delle indennità di trasferta previste contrattualmente, per la parte che non concorre a formare il reddito del dipendente (comma 1-bis);
- deduzione forfetaria a scaglioni per i soggetti la cui base
imponibile non eccede 180.999,91 euro (comma 4-bis);
- deduzione forfetaria per lavoratori dipendenti a beneficio
dei soggetti i cui componenti positivi concorrenti alla formazione della base imponibile non superano, nel periodo di imposta, 400.000 euro (comma 4-bis1).
Letteralmente, tra le deduzioni da portare in diminuzione
delle suddette grandezze, l’art. 2 comma 1 del DL 201/2011
non contempla la deduzione per nuovi assunti, “reintrodotta” dalla L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) e applicabile dal periodo d’imposta 2014.
Si ritiene che tale circostanza sia imputabile ad un mancato
coordinamento normativo, dovuto al fatto che la deduzione in esame è stata disciplinata successivamente al citato DL
201/2011, senza che, all’atto della relativa introduzione, il
legislatore abbia provveduto alla contestuale modifica di tale ultima disposizione.
Sotto il profilo logico sistematico, infatti, una differente soluzione non avrebbe alcun fondamento, atteso che
l’eventuale fruizione della deduzione in oggetto incide sulla
quota imponibile, ai fini IRAP, delle spese per il personale
dipendente e assimilato, riducendola.
La bontà di tale ragionamento appare indirettamente confermata anche dalla L. 190/2014 (legge di stabilità 2015), che, a
partire dal 2015 (con effetto quindi sulla dichiarazione IRAP
2016), ha ammesso in deduzione la differenza tra:
- il costo complessivo per i dipendenti con contratto a tempo indeterminato;
- le deduzioni già attualmente previste, spettanti a fronte
dell’impiego di personale.
In proposito, tramite la modifica dell’art. 2 comma 1 del DL
201/2011, è stato espressamente stabilito che le grandezze da
indicare al numeratore e al denominatore della suddetta frazione andranno assunte al netto, oltre che delle deduzioni
precedentemente indicate, anche della deduzione introdotta
dalla legge di stabilità 2015.
Alle stesse conclusioni si dovrebbe pervenire riguardo alla
deduzione IRAP per nuovi assunti, pur in assenza di
analoga modifica normativa.
/ 03
ancora
FISCO
Senza delibera, IMU sui terreni agricoli con
aliquota dello 0,76%
Lo precisa la ris. 2/DF, oltre a “chiarire” l’esenzione per i terreni in Comuni
parzialmente montani concessi in comodato o affitto a CD e IAP
/ Stefano SPINA
Il Ministero dell’Economia e delle finanze, con la risoluzione n. 2/DF di ieri, risolve due dei quesiti che hanno dato
adito ai maggiori dubbi nello strascico del calcolo
dell’IMU per il 2014 sui cosiddetti terreni montani.
Il primo problema affrontato riguarda l’aliquota da applicare per la determinazione dell’IMU dovuta dai contribuenti.
Infatti il comma 692 dell’art. 1 della L. n. 190/2014 ha previsto l’applicazione dell’aliquota di base dello 0,76%, a meno che, in detti Comuni, non fossero approvate specifiche
aliquote per i terreni agricoli.
Tale disposizione non è stata riproposta nel DL n. 4 del 24
gennaio 2015, ma neppure abrogata, per cui in dottrina ci
si è chiesto quale fosse la sua validità.
Coerentemente, il Ministero dell’Economia conferma che tale disposizione vale tuttora, per cui, citando l’esempio contenuto nella risoluzione, se sono state deliberate un’aliquota
dello 0,6% per le abitazioni principali c.d. di lusso (A/1,
A/8 o A/9), una dello 0,9% per le aree fabbricabili e un’aliquota residuale pari all’1% per tutti gli altri immobili, l’aliquota applicabile per i terreni montani sarà quella di base
pari allo 0,76%, non avendo il Comune approvato
un’aliquota specifica per i terreni agricoli.
In secondo luogo, la ris. n. 2/DF affronta il tema dell’esenzione, in ultimo disciplinata dal comma 2 dell’art. 1 del DL
n. 4/2015, per i terreni, ubicati nei Comuni classificati parzialmente montani nell’elenco ISTAT, concessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del DLgs. n. 99/2004,
iscritti nella previdenza agricola. Il problema nasce da una
forse infelice formulazione della norma in quanto, facendo
riferimento al comma precedente, sembrava subordinare il
non assoggettamento al tributo anche all’ulteriore requisito del possesso da parte dei soggetti che rivestissero la
qualifica di coltivatori diretti o imprenditori agricoli
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
professionali.
Pertanto, alcuni uffici tributi comunali erano arrivati alla
conclusione che l’esenzione spettasse solo per i terreni condotti direttamente dai coltivatori diretti o IAP oppure posseduti da questi ultimi e concessi in comodato o in affitto a
soggetti terzi che disponessero delle medesime qualifiche.
In mancanza di questa duplice condizione, tutti i gli altri
terreni, anche se coltivati, sarebbero assoggettati al tributo.
La risoluzione risolve la questione precisando che il secondo comma introduce una deroga al principio secondo cui, ai
fini dell’esenzione, i terreni debbano essere posseduti e condotti dallo stesso soggetto con qualifica di coltivatore diretto o IAP.
Ciononostante è indispensabile, in base al combinato disposto di cui alla lett. b) del primo comma (che impone il possesso in capo al coltivatore) e al secondo comma dell’art. 1
(che prevede che colui che conduce il terreno sia anch’egli
coltivatore), che, in ogni caso, il soggetto che concede in affitto o in comodato il terreno abbia anch’egli la qualifica di
coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale.
Tale interpretazione, conclude la risoluzione, si applica anche all’esenzione prevista, ove applicabile, dal decreto interministeriale 28 novembre 2014.
Possibile il rimborso dell’IMU versata su terreni poi
diventati esenti
Infine, il Ministero conferma che i soggetti che hanno effettuato versamenti dell’IMU con riferimento a terreni imponibili ai sensi del decreto interministeriale del 28 novembre
2014 e divenuti successivamente esenti a seguito del DL n.
4/2015 possono sempre chiedere il rimborso di quanto versato, mentre la compensazione è consentita solo ove il Comune abbia previsto con proprio regolamento tale facoltà.
/ 04
ancora
FISCO
Vicenda dell’IMU sui montani ancora “aperta”
al TAR
Una serie di sentenze della seconda sezione del Lazio “si sovrappone” alla scadenza
fissata dal DL 4/2015 al 10 febbraio
/ Antonio PICCOLO
Malgrado i chiarimenti forniti ieri dal Ministero dell’Economia (si veda “In assenza di delibera, IMU sui terreni agricoli
con aliquota dello 0,76%” di oggi), la questione dell’IMU
sui terreni agricoli (e di quelli non coltivati) non più considerati montani o collinari sembra non “avere fine” a
livello di giustizia amministrativa.
Il 23 gennaio, mentre il Consiglio dei Ministri rivedeva le regole della tassazione e per fissare una nuova scadenza per il
relativo pagamento (si veda “Il versamento dell’IMU sui terreni agricoli slitta al 10 febbraio” del 24 gennaio), la sezione
II del TAR Lazio depositava invece un altro decreto con il
quale, nel respingere l’istanza cautelare proposta da alcuni
Comuni, ha fissato la trattazione collegiale per il 18 febbraio 2015. Si ripresenterebbero quindi tutte le incertezze
vissute in occasione della precedente scadenza per il
pagamento dell’IMU agricola 2014.
Come si ricorderà, infatti, il comma 1 dell’art. 1 del DL n.
185/2014 aveva prorogato dal 16 dicembre 2014 al 26 gennaio 2015 il termine per versare il tributo, confermato in seguito anche dal comma 692 dell’art. 1 della L. n. 190/2014
(legge di stabilità 2015), mentre la sezione II del TAR Lazio,
con una serie di pronunciamenti, aveva accolto temporaneamente le domande di sospensione dell’efficacia del DM 28
novembre 2014, fissando la trattazione collegiale al 21 gennaio 2015 (decreti nn. 6650/2014 e 6651/2014, entrambi depositati il 22 dicembre 2014). Nella seduta del 21 gennaio
2015 non è successo nulla, non avendo il Collegio sospeso
né la scadenza del 26 gennaio 2015, né l’efficacia del
decreto interministeriale che ha ridisegnato la mappa dei
terreni agricoli montani (decreto n. 339/2015).
Con decreto presidenziale n. 126/2015 depositato il 14 gennaio 2015 è stata accolta temporaneamente una nuova istanza cautelare e fissata la trattazione collegiale al 4 febbraio
2015, mentre con decreto presidenziale n. 345/2015 depositato il 23 gennaio 2015 è stata respinta temporaneamente
un’altra istanza cautelare e fissata la trattazione collegiale
al 18 febbraio 2015. Poiché il comma 5 dell’art. 1 del DL n.
4/2015 ha stabilito che il termine per il pagamento dell’IMU
agricola 2014 è il 10 febbraio 2015, il decreto del TAR n.
345/2015 avrebbe di fatto sospeso anche la nuova scadenza.
Da qui l’incertezza, ancora una volta, sulla data di
pagamento dell’IMU agricola 2014.
Inoltre, con le ordinanze nn. 1115/2015, 1116/2015 e
1117/2015, tutte depositate il 22 gennaio scorso, la medesi-
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
ma sezione II del TAR Lazio ha fissato al 17 giugno 2015
l’udienza (pubblica) per la trattazione del merito della controversia, cioè il giorno dopo la scadenza prevista per il pagamento dell’IMU 2015 (pagamento della prima o unica rata). In tale seduta è probabile che il Collegio accolga i ricorsi introduttivi, avendo già rilevato che il provvedimento impugnato (DM 28 novembre 2014) “determina eccezionale e
grave pregiudizio” per una serie di ragioni, fra le quali l’assoluta incertezza dei criteri applicativi, con particolare
riguardo a quello dell’altitudine (decreto presidenziale n.
6650/2014). In buona sostanza, dopo la novella del DL n.
4/2015, per conoscere se l’IMU sia dovuta o no occorre far
riferimento all’elenco dei Comuni predisposto dall’ISTAT
(reperibile all’indirizzo www.istat.it/it/archivio/6789).
Se nella colonna montani a fianco del proprio Comune v’è la
lettera “T” (totalmente montano), i terreni sono esenti dal
pagamento per le annualità 2014 e successive. Se il Comune
è contrassegnato dalla sigla “P” (parzialmente montano), il
tributo è dovuto dai soggetti passivi che non sono in possesso della qualifica di coltivatore diretto (CD) o di imprenditore agricolo professionale (IAP). Qualora un terreno abbia più soggetti passivi, alcuni dei quali esercitano un’attività diversa da quella agricola, il tributo andrebbe corrisposto
solo per la quota di diritto spettante a questi ultimi soggetti
(codice tributo 3914 per il versamento mediante utilizzo del
modello F24). Nei territori considerati “parzialmente montani” i soggetti passivi con la qualifica di CD o di IAP (persone fisiche o società) non versano alcuna IMU, se conducono direttamente i terreni o li lasciano incolti. L’IMU non è
dovuta nemmeno nei caso in cui i CD o gli IAP concedano
in affitto i propri terreni ad altri CD o IAP.
L’IMU è dovuta invece per tutti i terreni contrassegnati dalla sigla “NM” (non montani), ma per l’annualità 2014 la
scadenza del 10 febbraio 2015 sarebbe stata di fatto sospesa dal TAR Lazio. L’unica cosa certa è l’esenzione per
l’anno 2014 prevista per i terreni a immutabile destinazione
agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al DM 28 novembre 2014, non ricadono nelle zone montane o di collina. Per questi ultimi terreni, così come per gli altri terreni agricoli considerati esenti
dal pagamento dell’IMU, va corrisposta l’IRPEF, se non sono affittati, e compilata nella dichiarazione dei redditi (quadro A del modello 730/2015 e quadro RA del modello UNICO 2015) comunque la casella “IMU non dovuta”.
/ 05
ancora
CONTABILITÀ
Fondo ammortamento riferibile al terreno da
riclassificare a un fondo di bonifica
Si potrà poi verificare se il valore di tale fondo è adeguato o se sia necessario
modificare la stima secondo le modalità illustrate nell’OIC 29
/ Fabrizio BAVA, Donatella BUSSO e Alain DEVALLE
Dal bilancio 2014 non è più possibile contabilizzare (e ammortizzare) in modo indistinto i terreni sottostanti ai fabbricati. Si tratta di una situazione differente rispetto a quella del 2006, quando si è applicata per la prima volta l’allora
nuova normativa fiscale sui fabbricati strumentali (art. 36
comma 7 del DL 223/2006, conv. L. 248/2006), in base alla
quale, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo complessivo degli stessi deve essere assunto al
netto del costo delle aree.
Mentre, infatti, allora lo scenario normativo era stato modificato unicamente sul versante fiscale e non erano intervenute
modifiche ai principi contabili, ora la modifica riguarda le
indicazioni dell’OIC 16. La problematica nei bilanci 2014
dovrebbe riguardare esclusivamente i fabbricati già iscritti nel bilancio dell’esercizio 2005, tenuto conto che, per
quelli acquisiti successivamente, è verosimile che il terreno
sia già stato contabilizzato in modo separato rispetto al
fabbricato (e che, quindi, non sia più stato assoggettato ad
ammortamento).
Il previgente principio contabile OIC 16 prevedeva che “nel
caso in cui il valore dei fabbricati incorpori anche quello
dei terreni sui quali essi insistono, il valore dei terreni va
scorporato ai fini dell’ammortamento sulla base di stime”.
Sotto questo profilo, non vi sono pertanto novità nel principio contabile, che, sia nella vecchia versione che in quella
nuova, prevede la contabilizzazione separata del terreno.
Il previgente OIC, però, precisava che “in quei casi, invece,
in cui il terreno ha un valore in quanto vi insiste un fabbricato, se lo stesso viene meno il costo di bonifica può azzerare verosimilmente quello del terreno, con la conseguenza
che anch’esso va ammortizzato”. La ratio di questa previsione era quella permettere una rappresentazione contabile
alternativa a quella preferibile, che prevede di non sottoporre il terreno al processo di ammortamento e di procedere
all’accantonamento di un “Fondo recupero ambientale”.
Quindi, la prassi di molte imprese di ammortizzare anche il
valore del terreno trovava il suo fondamento nel fatto che, se
non si fosse ammortizzato il terreno, si sarebbe dovuto
iscrivere annualmente un accantonamento al “Fondo
recupero ambientale”.
La nuova versione dell’OIC 16 ha eliminato questa previsione. Nell’introduzione al nuovo principio si legge, infatti,
che si è eliminata “la previsione contenuta nell’attuale prin-
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
cipio che permette di non scorporare il valore del terreno
dai fabbricati su cui essi insistono quando il valore del terreno tenda a coincidere con il valore del fondo di
ripristino/bonifica del sito, nel presupposto che la rilevazione distinta del terreno e del relativo fondo di accantonamento fornisca una migliore rappresentazione al lettore del bilancio”.
Il nuovo OIC 16 ha, quindi, introdotto un cambiamento nella rappresentazione in bilancio dei terreni e dei fabbricati, richiedendo alle imprese di scorporare sempre il valore dei
terreni da quello dei fabbricati e di procedere alla determinazione separata di un “Fondo recupero ambientale” per
ripristino/bonifica del sito.
Fino al 2013, molte imprese hanno continuato ad ammortizzare anche il terreno sottostante il fabbricato (in accordo con
quanto disposto dal precedente OIC 16, qualora vi fosse la
necessità di considerare i costi di bonifica/rispristino del sito). Ciò ha determinato generalmente l’iscrizione di un ammortamento superiore al massimo deducibile, la contestuale effettuazione di una variazione in aumento in sede di
dichiarazione dei redditi e l’eventuale iscrizione delle attività per imposte anticipate.
A partire dal bilancio 2014, tale rappresentazione contabile
non è più ammessa ed è necessario individuare il valore del
terreno: in genere, si dovrà ricorrere ad una perizia per determinare il valore del fabbricato e del terreno sottostante
al momento dell’acquisizione dell’immobile (e non il valore
di mercato di oggi riferibile al terreno, diversamente si
effettuerebbe, nella sostanza, una rivalutazione, non
consentita dalla disciplina civilistica).
Sul piano operativo, inoltre, è necessario valutare come inquadrare la quota parte del fondo ammortamento riferibile al terreno, tenuto conto del fatto che la sua rilevazione
negli esercizi precedenti era fondata su quanto più sopra riportato.
Di conseguenza, l’unico trattamento contabile possibile, in
coerenza con quanto effettuato negli esercizi precedenti, è
quello di riclassificare il fondo ammortamento, per la quota
parte riferibile al terreno, ad un fondo di bonifica.
Successivamente, si potrà eventualmente verificare se il valore di tale fondo è da ritenere adeguato o se sia necessario
modificare tale stima, secondo le modalità illustrate
nell’OIC 29.
/ 06
ancora
FISCO
Fuori da reverse charge le prestazioni “edili”
nei confronti del condominio
Il possesso della partita IVA non è sufficiente a qualificare le prestazioni come “B2B”
/ Emanuele GRECO
Le prestazioni di servizi “di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici”, rese nei confronti di un condominio, non rientrano, in
linea generale, nel novero delle operazioni assoggettate a reverse charge ai sensi dell’art. 17 comma 6 lett. a-ter) del
DPR 633/72 (norma introdotta dalla legge di stabilità 2015).
Il condominio, infatti, ancorché in possesso di una partita
IVA non può, in linea di massima, assumere qualità di soggetto passivo IVA con riferimento alle operazioni
suscettibili di reverse charge.
A tale conclusione si perviene, in primo luogo, analizzando
la natura giuridica del condominio.
Secondo l’interpretazione prevalente della Corte di Cassazione (ex multis, sentenza 17 febbraio 2012 n. 2363), il condominio si configura come un “ente di gestione sfornito di
personalità giuridica distinta da quella dei singoli
condòmini”.
La riforma di cui alla L. 11 dicembre 2012 n. 220 ha significativamente modificato la disciplina del condominio, generando dubbi tra gli operatori circa la possibilità di attribuire
personalità giuridica al medesimo (per un’analisi dottrinale
sul punto, si rinvia allo studio del Consiglio Nazionale del
Notariato n. 906-2013/C del 21 febbraio 2014).
In particolare, le Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza 18 settembre 2014 n. 19663, hanno affermato che, “se
pure non è sufficiente che una pluralità di persone sia contitolare di beni destinati ad uno scopo perché sia configurabile la personalità giuridica (si pensi al patrimonio familiare
o alla comunione tra coniugi), e se dalle altre disposizioni in
tema di condominio non è desumibile il riconoscimento della personalità giuridica in favore dello stesso, riconoscimento dapprima voluto ma poi escluso in sede di stesura finale
della L. 220/2012, tuttavia non possono ignorarsi gli elementi sopra indicati, che vanno nella direzione della progressiva
configurabilità in capo al condominio di una sia pure attenuata personalità giuridica, e comunque sicuramente, in
atto, di una soggettività giuridica autonoma”.
Tanto osservato, anche riconoscendo personalità giuridica al
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
condominio, non pare realizzarsi il possesso, da parte
dell’ente condominiale, di una reale soggettività passiva
agli effetti dell’IVA.
L’Agenzia delle Entrate ha affermato (ris. 10 agosto 2012 n.
84) che il condominio titolare di un impianto fotovoltaico
di potenza superiore a 20 Kw, che svolge l’attività di produzione e vendita dell’energia derivante dall’impianto, realizza una società di fatto ai fini delle imposte dirette e
dell’IVA. In particolare, ai fini dell’IVA, una società di fatto è soggetto passivo d’imposta ai sensi dell’art. 4 del DPR
633/72 ed è obbligata ai relativi adempimenti (tra cui,
evidentemente, l’apertura di una partita IVA).
La conclusione a cui giunge l’Agenzia delle Entrate, nella risoluzione n. 84/2012, non ha, tuttavia, valenza assoluta. La
costituzione della società di fatto è, infatti, confinata alla
specifica operazione avente natura commerciale, ma non
può determinare una integrale soggettività passiva in capo al
condominio.
In assenza di soggettività passiva IVA da parte del condominio, dunque, la fornitura di servizi di pulizia o di installazione di impianti relativi all’edificio (si pensi al caso
dell’ascensore o del servoscale) non rientra nell’ambito del
regime di reverse charge, per cui la relativa fattura dovrà
recare l’esposizione dell’IVA secondo le regole ordinarie.
Alla luce dell’analisi effettuata, una delle poche ipotesi nella
quale un servizio relativo ad un edificio, tra quelli enuncleati nell’art. 17 comma 6 lett. a-ter) del DPR 633/72, potrebbe essere assoggettato a reverse charge sembrerebbe essere il caso dell’installazione, nei confronti del condominio,
dell’impianto fotovoltaico destinato alla produzione di
energia oltre 20 kW.
Si osserva, da ultimo, che, a norma dell’art. 23 del DPR
600/73, il condominio ha natura di sostituto d’imposta. Pertanto, sui corrispettivi dovuti dal condominio per prestazioni relative a contratti di appalto di opere o servizi effettuate
nell’esercizio di impresa, oltre all’esposizione dell’IVA (in
via generale), deve essere indicata in fattura anche la ritenuta d’acconto del 4% di cui all’art. 25-ter del DPR 600/73.
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CONTABILITÀ
Da Assirevi le check-list per la revisione dei
bilanci 2014
Le liste di controllo rappresentano uno strumento utile anche per i redattori del
bilancio
/ Stefano DE ROSA
Assirevi ha reso disponibili sul proprio sito (www.assirevi.it)
il Quaderno n. 14 che include le liste di controllo dei principi di redazione del bilancio d’esercizio e consolidato delle
imprese industriali, commerciali e di servizi secondo i
principi contabili italiani.
Tale documento, predisposto a supporto dell’attività di revisione dei bilanci, risulta uno strumento utile anche per coloro che sono direttamente coinvolti nel processo di redazione degli stessi.
Nel dettaglio, nel Quaderno vengono presentate le liste di
controllo relative:
- ai principi di redazione del bilancio d’esercizio per le società ai cui bilanci sono applicabili le disposizioni degli artt.
2423 e successivi del codice civile;
- ai principi di redazione del bilancio consolidato per le
società ai cui bilanci sono applicabili le disposizioni del
decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127.
Rispetto alla precedente versione, le check-list sono state aggiornate per tener conto dell’evoluzione dei principi contabili di riferimento, incluso il nuovo OIC 24 (in materia di
immobilizzazioni immateriali) di recente pubblicazione (si
veda “Via libera all’OIC 24 sulle immobilizzazioni immateriali” del 29 gennaio 2015). A tal proposito, nella parte introduttiva del documento viene fornita una sintesi delle principali novità intervenute nel corso del 2014 con riferimento al
set di documenti OIC.
Le liste possono essere utilizzate sia ai fini dell’analisi della
conformità dell’informativa di bilancio con le norme ed i
principi contabili che, in alcune circostanze, sulla base del
giudizio professionale del revisore, per l’analisi della corretta applicazione dei criteri e metodi di valutazione delle
voci di bilancio.
Nel documento si precisa, comunque, che le liste di controllo, avendo carattere generale, non necessariamente includono tutti gli aspetti significativi che possono emergere nel
corso del lavoro di revisione e potrebbero contenere aspetti
non rilevanti in tutte le fattispecie.
È auspicabile, pertanto, che il revisore ne adatti la forma, il
contenuto e l’ampiezza sulla base delle proprie valutazioni
che tengono conto:
- delle dimensioni aziendali;
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
- della natura dell’attività dell’impresa;
- della valutazione dei rischi di revisione;
- di eventuali modifiche normative, regolamentari e nei
principi contabili di riferimento intervenute.
Per quanto riguarda, in particolare, la struttura della lista di
controllo dei principi di redazione del bilancio d’esercizio, è
prevista una sezione “generale” dedicata, tra l’altro, alla
composizione del bilancio, alle informazioni da fornire
nella Nota integrativa e nella Relazione sulla gestione,
nonché al bilancio in forma abbreviata.
Le parti successive del documento sono dedicate alle singole voci di Stato patrimoniale, al Conto economico nel suo
complesso e alle imposte (con specifici riferimenti al consolidato fiscale e alla trasparenza fiscale), con domande
attinenti alle modalità di esposizione e classificazione in
bilancio, ai criteri di valutazione e alle informazioni da
fornire in Nota integrativa.
Sono inoltre affrontati aspetti particolari che possono interessare la società sottoposta a revisione, quali:
- i cambiamenti di principi contabili e di stime contabili;
- le correzioni di errori;
- eventi e operazioni straordinarie;
- la ristrutturazione e la rinegoziazione dei debiti;
- i certificati verdi;
- le quote di emissione gas ad effetto serra;
- la conversione delle poste in valuta estera.
Per ogni affermazione, porre una spunta nella colonna
appropriata
Nelle istruzioni per la compilazione, Assirevi consiglia, per
ogni affermazione, di porre una spunta nella colonna appropriata. In particolare, per ogni risposta negativa si dovrebbe riportare una esauriente spiegazione o il riferimento alle
carte di lavoro in cui il problema è stato esaminato.
Nell’ambito dell’organizzazione delle carte di lavoro, le
check-list (appositamente firmate da chi ha provveduto a
compilarle) vanno inserite nel cosiddetto “dossier generale”
che raccoglie, tra l’altro, le informazioni sulla conduzione
del processo di revisione e le descrizioni delle problematiche
riscontrate.
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ancora
PROFESSIONI
730 precompilato, professionisti senza
copertura assicurativa
La polizza non copre le sanzioni tributarie dirette, motivo per cui l’ANC chiede una
modifica “urgente” al regime delle responsabilità
/ Savino GALLO
Il problema “assicurazione professionale”, tornato alla ribalta a seguito dell’introduzione del 730 precompilato e del
nuovo regime di responsabilità per chi appone il visto di
conformità alla dichiarazione, non si risolve con l’aumento
dei massimali delle polizze, ma con la modifica della disciplina delle sanzioni tributarie. A sostenerlo è l’Associazione nazionale commercialisti che, attraverso un comunicato
stampa diffuso ieri, sottolinea la “scopertura assicurativa”
a cui sono costretti i professionisti, denunciando il paradosso
venutosi a creare con gli ultimi provvedimenti in materia.
Proprio in virtù dell’entrata in vigore del 730 precompilato e
della responsabilità del professionista per imposta, sanzioni e
interessi, infatti, il legislatore, con l’art. 6 del DLgs.
175/2014, ha triplicato il massimale della polizza assicurativa (portato da uno a tre milioni di euro), producendo dei
rincari in alcuni casi anche superiori al 50% rispetto al premio corrisposto l’anno precedente.
Il problema, però, è che, per quanto con un massimale più alto, quell’assicurazione “non copre” il rischio per le sanzioni tributarie dirette connesse allo svolgimento della propria
attività professionale, semplicemente perché la legge attuale
non lo consente.
“Il costo delle polizze – spiega Marco Cuchel, Presidente
dell’ANC – è un aspetto importante e non marginale. Ma il
vero problema è rappresentato dall’impossibilità, ai sensi
della normativa che oggi vige nel nostro Paese, di assicurare il rischio diretto per le sanzioni tributarie irrogate nei
confronti del professionista”.
In altre parole, stando all’attuale quadro normativo, l’assicurazione professionale copre il professionista solo nel caso in
cui il cliente decida di rivalersi sullo stesso per la maggiore
imposta, le sanzioni o gli interessi che è stato chiamato a
corrispondere all’Erario. In caso, invece, di sanzioni irroga-
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
te direttamente al professionista, ad esempio in caso di una
compensazione IVA con visto di conformità infedele, scatta il vincolo della “non assicurabilità”, che espone alla possibilità di “dover rispondere con il proprio patrimonio nei
confronti dell’Amministrazione finanziaria”, ancorché
provvisti di apposita assicurazione.
Un paradosso creato nell’aprile del 1998, con l’introduzione della norma che vietava agli operatori professionali di
sottoscrivere polizze per la responsabilità civile verso terzi, e
divenuto oggi “ancor più palese”, a seguito delle crescenti
responsabilità che gravano sui professionisti.
Per questo, l’ANC chiede la definitiva soluzione di una questione che, secondo l’associazione, può essere risolta in due
modi: “intervenendo sulla normativa in materia di assicurazioni”, quindi permettendo al professionista di assicurarsi
anche dal rischio connesso alle sanzioni dirette (a questo
proposito, anche l’ODCEC di Torino ha chiesto alla Direzione piemontese delle Entrate di fare chiarezza su testo e contenuto della polizza assicurativa); o, in alternativa, “modificando la disciplina delle sanzioni tributarie”. In questo
caso, sia la maggiore imposta che le sanzioni andrebbero
imputate al contribuente, “il soggetto che ha tratto effettivo
beneficio dalla violazione fiscale”, il quale avrebbe poi la
facoltà di rivalersi sul professionista nei casi di errore o
mancanza (fattispecie oggi coperta dalla polizza).
“È urgente – conclude Cuchel – provvedere alla revisione
dell’attuale regime di responsabilità applicabile ai professionisti, con un intervento anche nei riguardi di un sistema
sanzionatorio sperequato”. Magari, sfruttando il decreto attuativo sulle sanzioni tributarie, di prossima emanazione, in
modo da scongiurare il rischio, oggi più che mai concreto,
che molti professionisti decidano volontariamente di “evitare” 730 precompilati e visti di conformità.
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ancora
FISCO
Dal 20 febbraio il bollo virtuale si paga con
modello F24
Fino al 31 marzo 2015, i versamenti possono ancora essere effettuati utilizzando il
modello “F23”
/ Barbara SESSINI
A partire dal prossimo 20 febbraio il bollo virtuale si pagherà con il modello F24. Tuttavia, per permettere l’adeguamento alla nuova modalità di pagamento ai soggetti autorizzati, è previsto un periodo transitorio. Sino al 31 marzo
2015, infatti, sarà ancora possibile utilizzare il “vecchio”
modello F23, attualmente in uso, in alternativa al modello
F24.
La nuova, ulteriore funzione del modello F24 (che riguarda
sia l’imposta di bollo che i relativi accessori, interessi e
sanzioni) è stata introdotta dall’Agenzia delle Entrate con il
provvedimento n. 14261 di ieri.
“In un’ottica di razionalizzazione dei processi amministrativi relativi ai tributi indiretti – si legge nelle motivazioni – il
modello F24 garantisce una maggiore efficienza nella gestione dell’imposta e rappresenta inoltre un ulteriore progresso verso la semplificazione degli adempimenti fiscali
dei contribuenti che già utilizzano il modello F24 per il pagamento di numerosi tributi”.
L’imposta di bollo può essere corrisposta:
- mediante pagamento ad intermediario convenzionato con
l’Agenzia delle Entrate, il quale rilascia, con modalità telematiche, apposito contrassegno (il c.d. “contrassegno telematico” che ha sostituito le “vecchie” marche da bollo);
- in modo virtuale, da coloro che abbiano chiesto l’apposita autorizzazione all’Agenzia.
La possibilità di assolvere l’imposta di bollo in modo virtuale per determinate categorie di atti e documenti è disciplinata dagli artt. 15 e 15-bis del DPR 642/1972; attualmente il
versamento avviene mediante modello F23, effettuato dai
soggetti autorizzati all’apposizione del bollo virtuale.
L’art. 17, comma 2, lettera h-ter del DLgs. 241/1997 aveva
stabilito che le modalità di versamento unitario e compensazione previste per i pagamenti dei tributi e delle somme
già individuate potevano essere estese alle altre entrate con
apposito decreto ministeriale.
Il decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze 8 novembre 2011 aveva esteso le modalità di versamento con
F24 anche all’imposta di bollo nonché ai relativi accessori,
interessi e sanzioni, rimandando a successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, per i tributi di sua competenza,
la definizione delle modalità e dei termini per l’attuazione
di tali disposizioni (si veda “Registro, ipotecaria e catastale
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
traslocano in F24” del 21 novembre 2011).
Il provvedimento di ieri dà dunque il via al nuovo percorso
semplificato per il pagamento del bollo virtuale, mantenendo aperto un “periodo finestra” per consentire ai contribuenti interessati di adeguarsi alla nuova modalità di assolvimento dell’imposta. Sono già state istituiti, inoltre, anche i
codici tributo per assolvere al pagamento con i modelli
“F24” e “F24 enti pubblici”, con la ris. n. 12 sempre di ieri.
Con la risoluzione n. 12/2015, istituiti i codici tributo per
il pagamento
L’Agenzia delle Entrate, per consentire il versamento di rata,
acconto, sanzioni e interessi relativi al bollo virtuale con modello F24, ha istitutito i codici tributo:
- “2505” denominato “BOLLO VIRTUALE - RATA”;
- “2506” denominato “BOLLO VIRTUALE - ACCONTO”;
- “2507” denominato “BOLLO VIRTUALE - Sanzioni”;
- “2508” denominato “BOLLO VIRTUALE - Interessi”.
Nella compilazione del modello F24, tali codici tributo devono essere indicati nella sezione “Erario”, esclusivamente
in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, riportando anche, nei campi specificamente denominati, il codice atto, il codice ufficio e l’anno
di riferimento, nel formato “AAAA”, reperibili all’interno
dell’atto emesso dall’Agenzia delle Entrate.
Viene fornita, inoltre, una precisazione relativa esclusivamente al codice “2505”. In caso di versamento in forma rateale, il campo “rateazione/regione/prov./mese di rif.to” deve essere valorizzato con il numero della rata bimestrale
nel formato “NNRR”, dove “NN” rappresenta il numero
della rata in pagamento e “RR” indica il numero
complessivo delle rate bimestrali. L’esempio fornito
dall’Agenzia delle Entrate è quello della prima di sei rate
bimestrali, da indicare con “0106”.
I codici tributo “2505”, “2506”, “2507”, “2508” sono utilizzati anche per il versamento del bollo virtuale tramite il modello “F24 Enti pubblici”. Infine, la risoluzione precisa che
l’utilizzo del codice tributo “9400”, “Spese di notifica per atti impositivi”, già in uso con il modello F24, è esteso al
modello “F24 Enti pubblici”.
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FISCO
Domanda di voluntary disclosure da tutti i
professionisti abilitati
L’Agenzia ha chiarito che possono inviare la richiesta anche gli iscritti al registro dei
revisori e gli avvocati
/ REDAZIONE
Tutti i professionisti abilitati ai servizi telematici
dell’Agenzia delle Entrate, che rientrano nell’elenco contenuto nel DPR n. 322/98 e nei successivi decreti attuativi,
possono inviare la richiesta per accedere alla procedura di
collaborazione volontaria (voluntary disclosure).
L’ha chiarito ieri, con un breve comunicato stampa, la stessa
Agenzia, sottolineando che sono compresi gli iscritti nel
Registro dei revisori e gli avvocati, oltre a ricordare che
l’invio dell’istanza deve essere effettuato tramite i canali telematici Entratel o Fisconline entro il 30 settembre 2015.
Al riguardo, si ricorda che, con il provvedimento del 30 gennaio 2015, l’Amministrazione finanziaria ha approvato il
modello che deve essere utilizzato dai contribuenti che intendono aderire alla procedura (si veda “Voluntary disclosure internazionale anche per le evasioni «interne»” del 31
gennaio).
Al paragrafo 1.4, l’appena citato provvedimento dispone che
il modello sia presentato esclusivamente per via telematica
direttamente dai contribuenti abilitati a Entratel o Fisconline in relazione ai requisiti posseduti per la presentazione delle dichiarazioni di cui al DPR n. 322/98, e successive modificazioni, ovvero tramite i soggetti incaricati di cui ai commi 2-bis e 3 dell’art. 3 dello stesso decreto, relativo a
modalità di presentazione e obblighi di conservazione delle
dichiarazioni.
Come anticipato, in virtù dei decreti attuativi successivi al
DPR n. 322/98 – in particolare il DM 12 luglio 2000 –, con
il comunicato di ieri l’Agenzia precisa che anche gli iscritti
nel Registro dei revisori e negli albi degli avvocati possono
inviare l’istanza per accedere alla voluntary disclosure.
Sempre con un comunicato stampa – pubblicato nella tarda
mattinata di ieri, ma “sparito” dal sito in serata, non è chiaro
/ EUTEKNEINFO / MERCOLEDÌ, 04 FEBBRAIO 2015
se per problemi tecnici o se per altri motivi – l’Agenzia ha
reso noto che, a partire da ieri, il canale CIVIS si è arricchito di una nuova funzionalità.
Gli utenti del canale, che permette di ottenere assistenza sulle comunicazioni d’irregolarità, sugli avvisi telematici e
sulle cartelle di pagamento, se lo desiderano, dovrebbero
infatti poter ricevere gratuitamente l’avviso della conclusione della pratica tramite sms ed e-mail, all’indirizzo di
posta elettronica e/o al numero di telefono prescelti, per le
istanze presentate a partire da ieri, 3 febbraio.
Nuova funzionalità per il canale CIVIS
Nel dettaglio, alla chiusura della pratica l’Agenzia delle Entrate invia la comunicazione all’indirizzo di posta elettronica e/o al numero telefonico scelto dall’utente. Il messaggio
fornisce il protocollo rilasciato a seguito della presentazione dell’istanza: l’utente può, quindi, accedere alla sezione
CIVIS dedicata alla consultazione e conoscere l’esito della
sua richiesta.
Il canale telematico CIVIS – si ricorda – consente agli utenti
di richiedere assistenza telematica sulle comunicazioni di
irregolarità, sugli avvisi telematici e sulle cartelle di pagamento (artt. 36-bis del DPR n. 600/73 e 54-bis del DPR n.
633/72).
I contribuenti che ricevono una comunicazione d’irregolarità o gli intermediari cui è inviato un avviso telematico a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni possono utilizzare CIVIS per richiedere la correzione delle irregolarità rilevate e quindi sanare le eventuali anomalie oppure segnalare alle Entrate le ragioni per cui si ritiene non
dovuto il pagamento.
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LETTERE
La formalizzazione delle tabelle della Nota
integrativa in XBRL è inutile
Caro Direttore,
in precedenza, ho già manifestato la mia opinione su Eutekne.info circa l’assurdità della presentazione della Nota
integrativa in formato XBRL (si veda “La nuova tassonomia
XBRL dovrebbe restare facoltativa”).
Condivido al 1.000% la lettera del collega Mario Iadanza
dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti
Contabili di Treviso (si veda “Nella sperimentazione pochi i
bilanci depositati con Nota integrativa in XBRL”).
Ho letto recentemente affermazioni che direi “aberranti”
circa il presunto malcostume di colleghi scrivere Note integrative che non sono standard...
Io penso che la formalizzazione del bilancio sia un’attività
ad alto valore aggiunto, dove si concentrano tutte le capacità di un dottore commercialista.
Un “buon bilancio” è quello che parte da numeri sani, ma
che esprime anche nel suo contesto una solidità di informazione che dia la possibilità, al lettore, di rendersi conto di
che azienda ha davanti.
Se riduciamo la Nota integrativa a frasi STANDARD, sviliamo il nostro lavoro e diamo un servizio al cittadino e
all’intero Paese di pessimo livello, sicuramente non in linea
con la volontà del legislatore.
Riesce a immaginare la Nota integrativa della FIAT o della
BARILLA (io sono di Parma) in versione STANDARD,
con le stesse descrizioni della srl del bottegaio sotto casa?
Per questo ritengo che non si debba “mettere il cervello
all’ammasso”, ma continuamente ragionare sulle cose che
si dicono e che si fanno e, ogni tanto, anche ammettere i
propri errori.
La formalizzazione delle tabelle della Nota integrativa in
XBRL non serve a nulla!
Ed è inutile anche che gli studi (in primis) e i clienti (poi) si
gravino di costi per fare una cosa inutile.
Alberto Cacciani
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili
di Parma
Direttore Responsabile: Michela DAMASCO
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