Il-mondo-in-un-blog-FEBBRAIO-MARZO

IN GRANDE!
Vittorio Tatti
Direttore di
Il mondo in mondo in un blog E-zine
Il numero di Natale dell'e-zine ha riscosso un notevole successo, al punto che abbiamo dovuto
ampliare la quantità di pagine a nostra disposizione (con somma gioia di chi si occuperà della
grafica ahahahahah ndVittorio), perché nuove redattrici si sono aggiunte alla già nutrita schiera di
mani&menti esperte.
Non solo gli articoli ma anche i racconti, però, hanno contribuito a catturare l'attenzione di chi è più
interessato alla narrativa piuttosto che all'intrattenimento di altro genere. Stiamo crescendo,
migliorando e gli articoli di prossima pubblicazione non potranno che dare ulteriore lustro alla
rivista elettronica.
Per adesso, tuttavia, non possiamo ancora andare verso la pubblicazione periodica. Chi scrive per
l'e-zine lo fa gratuitamente e solo per passione. Di conseguenza, nonostante gli sforzi per rispettare
le varie scadenze, può capitare che impegni più importanti abbiano la priorità sulla stesura
dell'articolo.
Vi chiediamo, quindi, di avere pazienza. Se davvero apprezzate quello che leggete in queste pagine,
allora rinnovo l'invito farci pervenire i vostri pareri (non più tramite questionario, come leggerete
alla fide della rivista ndVittorio).
Solo in questo modo saremo in grado di capire cosa migliorare e cosa lasciare inalterato.
In poche parole: il vostro contributo è indispensabile.
Prima di lasciarvi alla lettura del terzo numero, vorrei invitarvi a una riflessione. In Italia, ormai si
sa, si scrive tanto (troppo) ma si legge poco (troppo). Spesso, chi si cimenta nella scrittura di un
romanzo autopubblicato, è totalmente carente nella grammatica di base. A volte, si affronta con
eccessiva superficialità la difficoltà che comporta tradurre i propri pensieri in parole scritte. Inoltre,
con il mercato degli e-book ormai saturo, è sempre più difficile ricavare una propria nicchia di
lettori fedeli e sinceramente interessati. Con queste premesse, secondo voi, cosa ci spinge verso la
"necessità" di far sapere al mondo quello che si cela nei nostri cuori? Mania di protagonismo?
Desiderio di emulazione? Passione per la scrittura?
Fateci sapere cosa ne pensate così, tramite l'angolo della posta (da me curato), anche voi avrete
modo di esternare le vostre considerazioni sull'argomento.
Le e-mail potranno essere spedite all'indirizzo [email protected]
Anche per questo numero è tutto.
Quando leggerete queste righe noi, probabilmente, saremo già al lavoro sulla quarta uscita
(teoricamente prevista per la metà di Aprile).
Ci piace essere letti ma, ancora di più, ci piace scrivere.
INDICE
03 La Girastoria
di Silvia Boscolo
07 Poetici Incontri
di Lucia Boggia
10 Le stagioni in Giappone
di Eufemia Griffo
13 Inseguendo il Bianconigno
di Elena Brilli
16 Basta un
poco
di zucchero
di Imma Gaglione
18 C'era una volta...
di Vittorio Tatti
21 Un libro fra le mani...
di Lettrice Segreta
24
La settima nota
di Anemone Cerami
27 Spillaletture
di Maria R. Ferrara
30 Keep calm,
I'm a food addicted
di Irene Donesi
Racconti
La prima volta 33
di Vittorio Tatti
Un sorriso mi ha salvato la vita 34
di Imma Gaglione
La nostra spiaggia 36
di Elena Brilli
38 Crediti - Posta
La Girastoria
Il femminismo nel mondo antico,
la saggezza e la forza di Ipazia.
Si torna con questo nuovo appuntamento per
parlare ancora una volta di donne, quella
grande forza nascosta e incompresa che da
tempo esiste da quando la civiltà ha iniziato a
muovere i primi passi, una forza molte volte
repressa, ma mai del tutto soggiogata, che
dimostra, come gli uomini, quanto le donne
siano in grado di dare un contributo per fare
la storia del mondo. Questa volta però
raccontiamo la storia di un personaggio
vissuto nell’antica Grecia, quindi facciamo
un bel salto indietro nel tempo
Matematica, filosofa e astronoma questa
donna dalla mente geniale e martire della
libertà di pensiero è Ipazia, nata in una delle
città più famose e importanti del mondo
antico, ovvero Alessandria d’Egitto centro
nevralgico degli studi scientifici e culturali,
seconda soltanto a Roma per grandezza e
ricchezza.
Non si ha una data precisa della nascita di
questa studiosa ma molti storici sono
d’accordo nell’affermare che sia nata nella
seconda metà del IV secolo dal padre Teone
noto come “il geometra, il filosofo
d’Alessandria” e madre purtroppo a noi
ignota. Ipazia dimostrò di avere una grande
talento per la materia filosofica e matematica
ma più di tutte fu migliore del padre per
quanto riguarda l’astronomia, divenne da
allieva a collaboratrice del genitore
sostituendolo in diverse occasioni anche
come insegnante, arrivando già dal 393 a
capo della scuola alessandrina.
di Silvia Boscolo
Purtroppo non esistono opere autografe e si
sa veramente molto poco sul suo effettivo
contributo allo sviluppo del sapere
matematico ed astronomico nella celebre
città di Alessandria.
Quello che ci è pervenuto sono i risultati dei
suoi insegnamenti attraverso agli appunti di
uno dei suoi allievi, Sinesio.
Quest’ultimo, infatti grazie a lei, concepì
l’astrolabio, cioè un antico strumento
astronomico tramite il quale è possibile
individuare e calcolare la posizione dei corpi
celesti.
Un altro strumento costruito sulla base degli insegnamenti di Ipazia è l’idroscopio, ovvero
uno strumento atto a misurare il peso dei liquidi, oggi, invece, lo si intende come strumento
usato per esplorare il fondo marino.
Sebbene non sembra esista nemmeno un contributo di tipo filosofico di Ipazia rimane
comunque la sua influenza sulle opere scritte dai suoi allievi e il rispetto che questi
portavano verso la sua persona, che l’ha fatta diventare appunto riverita nella comunità di
Alessandria.
Era il periodo dei decreti teodosiani con cui l’imperatore aveva sancito la proibizione di
ogni genere di culto pagano ordinando la distruzione dei templi oppure trasformandone
alcuni in chiese e cattedrali come il Cesareo (ovvero il tempio di Augusto).
Il vescovo di Alessandria, Teofilo, usò tutti i mezzi possibili per recare offesa a chi
praticava il culto pagano tanto da provocare l’ira di questi ultimi che tramarono una
cospirazione ai danni dei cristiani ferendone e uccidendone alcuni. L’imperatore tentò di
sollecitare la comunità ellenica alla conversione alla fede cristiana ma questi, come ultimo
atto, abbandonarono i templi da loro occupati per salvare la propria vita.
Dimostrazione che nel corso della storia non si arriva mai a soluzioni pacifiche anzi si trova
sempre il modo di commettere nefandezze per raggiungere i propri scopi, infatti, il vescovo
Teofilo usò mezzi come l’inganno per portare a compimento i progetti di esclusione di chi
praticava il culto pagano.
In seguito a queste tensioni non si sa di preciso quale fu la posizione o il pensiero di Ipazia,
poiché all’interno della comunità, grazie alla sua saggezza dovutale dalla sua enorme
cultura, aveva un ruolo di grande spicco e prestigio tanto renderla consigliera quando i capi
della città avevano bisogno.
Non so se avete visto il film, abbastanza
recente, proprio sul personaggio di Ipazia
intitolato Agorà del 2009 diretto da
Alejandro Amenábar. Racconta la storia,
senza dubbio romanzata ma comunque
efficace riguardo alla libertà di pensiero,
appunto di Ipazia. Vi consiglio davvero di
vederlo perché aldilà della veridicità della
storia comunque delinea un quadro
convincente della figura storica di Ipazia,
mostra di fatto la collaborazione con il padre
nelle materie scientifiche e matematiche,
l’insegnamento nella scuola alessandrina e
della saggezza che ella porta e il prestigio e il
rispetto derivatale all’interno dell’intera
comunità.
Nella realtà storica purtroppo, e nel clima che si respirava all’epoca, (come anche
raccontato nel film) di tensione, diffidenza e rabbia Ipazia subì alla fine le ire del fanatismo
cristiano che ormai dominava da qualche tempo e che aveva soverchiato quasi
completamente la cultura ellenistica.
Venne catturata da un gruppo piuttosto nutrito di cristiani e successivamente uccisa, il corpo
fatto a pezzi e poi bruciati per cancellare ogni traccia della sua esistenza.
Quello che ammiro di questa donna è che ha mantenuto fino alla fine i propri ideali, non si
convertì al cristianesimo per una questione di sopravvivenza o anche di convenienza come
fatto da molti a quel tempo perché avrebbe voluto dire abbandonare tutto ciò in cui credeva
e tutto ciò per cui aveva lottato e conquistato con la sua determinazione e la sua passione.
Silvia Boscolo
“Mi chiamo Silvia e sono una modesta e “recidiva”
studentessa universitaria, amante di libri, di film, di
viaggi e della natura. Mi definisco molte cose ma
più di tutto in questo sono amica e blogger. Mi piace
molto anche cucinare ma è meglio dire che mi piace
la sensazione che mi dà il momento in cui mi metto
ai fornelli e seguire una ricetta, mi fa passare lo
stress e mi mette di buonumore”
Poetici Incontri
di Lucia Boggia
Eccoci al nostro primo appuntamento con
la rubrica “Poetici incontri”.
Non è stato difficile trovare un argomento
di cui occuparmi, dato che è da tempo che
coltivo questo sogno: uno spazio da
dedicare alla magia della poesia e da
condividere con tutti voi, attraverso le
parole e la vita di quelli che, per me, sono
stati i più grandi poeti di tutti i tempi.
L’idea sarebbe quella di presentarvene ogni
volta uno, tratteggiandone il ritratto.
Non un ritratto dipinto con le solite
biografie, piene di dati e di fatti affastellati
gli uni sugli altri, ma un quadro venuto
fuori dalle impressioni nate in me,
leggendo quegli autori… come fosse un
romanzo. Un romanzo che vorrei leggeste
insieme a me.
Il primo amico che vorrei presentarvi è il
mio carissimo John Keats, poeta inglese
vissuto nell’Ottocento… un romanticone,
ovviamente.
Perché proprio lui? Beh, perché John è
John: è uno dei più grandi simboli del
romanticismo inglese.
Un romanticismo allo stesso tempo delicato
e profondamente tormentato, con una vena
ironica e scherzosa sparsa qua e là.
Qualche riferimento, seppur minimo, alla
sua vita è comunque d’obbligo… se non
altro per conoscere il contesto in cui vive
ed opera: nasce il 31 Ottobre del 1795, da
Thomas e Frances Jennings; al 1814 circa,
risalgono le sue prime poesie, tra cui
ricordiamo Imitation of Spencer e To Lord
Byron, mentre il 25 Luglio del 1816
sull’«Examiner» viene pubblicata la sua
prima poesia, il sonetto O solitude.
Due sono gli eventi che, in positivo e in
negativo, sconvolgono la sua vita:
l’incontro, nel Settembre del 1818, con
Fanny Brawne, che diventerà la sua musa
ispiratrice e al cui amore resterà legato fino
alla morte;
e la scomparsa del giovane fratello Tom, il
primo dicembre dello stesso anno, morto di
tubercolosi, malattia di cui morirà lo stesso
Keats, qualche anno dopo.
In seguito a questo triste avvenimento, il
poeta si trasferisce con lo scrittore e amico
Charles Brown a Wentworth (Place
Hampstead).
Il 3 febbraio del 1820 Keats è colpito dal
primo attacco del suo male; un male a cui
nemmeno il trasferimento in Italia, riuscirà
a mettere fine: il poeta morirà a Roma il 25
febbraio del 1821.
La scelta di citare solo pochi, particolari
avvenimenti ha un motivo: credo infatti
che, a parte in qualche caso, l’amore di
Fanny Brawne e la malattia con cui Keats
si ritrova a fare i conti (prima con la madre
e il fratello, poi vivendola sulla sua pelle),
abbiano influito molto sulla sua già
profonda sensibilità.
Accostandomi alla lettura di questo grande
poeta, sono stata davvero rapita dal suo
particolare modo di scrivere e di combinare
tra loro le parole: la poesia di Keats è
melodia pura, come se con un ridottissimo
spettro di lettere, riuscisse a creare
un’immensa tavolozza di colori, uno più
bello dell’altro.
I suoi componimenti sono un mosaico, le
cui tessere trovano sempre nuove
combinazioni, e ognuna di esse nasconde al
proprio interno significati tutti da scoprire.
È come prendere un pennello tra le mani e
cominciare a stendere il colore sulla tela,
senza sapere dove esso ti porterà.
Che il suo temperamento sia malinconico e
romantico, sempre alla ricerca di quel
“qualcosa” che tutti noi rincorriamo, senza
mai trovare, traspare in maniera chiara ed
evidente dai suoi testi. Lo vediamo in Fill
for me a brinning bowl, in cui l’autore
traduce con versi tormentati e delicati a un
tempo, il tema dell’amore struggente e
dell’inappagabile visione della donna.
Lo vediamo nel suo desiderio ardente di
riempire quella coppa fino all’orlo, per poi
potervi annegare con tutta l’anima, o nella
spasmodica ricerca delle acque del Lete,
che avrebbero così il potere di liberarlo dal
velenoso pensiero dell’amore.
Ma il tormento interiore del giovane Keats
è presente anche nella già citata O solitude!
If I must with thee dwell, dialogo tra se
stesso e la solitudine, temuta e invocata allo
stesso tempo.
Ciò che colpisce del suo stile, è che in esso
si mescolano toni classicheggianti e mitici
e pennellate del più intenso lirismo
romantico, senza per questo disturbare
l’armonia dei versi. Tra le poesie che
toccano le più alte vette, c’è sicuramente
Bright star would I were stedfast as thou
art.
Sì, sarà che mi sono innamorata della sua
storia d’amore, ma credo che un po’ tutti
(in segreto) vorremmo che qualcuno ci
dedicasse parole simili.
Eccolo che parla alla sua Fulgida stella,
desiderando di essere come lei: ferma e
costante, mentre riluce nel cielo notturno.
Eccolo che desidera farsi stella come lei, lei
che dall’alto fissa lo scorrere delle acque o
i cristalli di neve, mentre scendono sulle
montagne.
Perso, nel dolce respiro del suo amore,
esprime il desiderio di vivere per sempre
così… «o venir meno nella morte».
È così che si chiude la splendida lirica, nei
versi della quale il poeta non può non
apparentare l’amore alla morte o,
comunque, al senso dell’eternità. Ed è così
che, ironicamente, termina anche il suo
amore: un amore reso eterno proprio
attraverso la morte…
Più grande simbolo del romanticismo non
può esistere: una vita che ha scritto con i gesti, le stesse cose che ha espresso nei
suoi versi immortali.
Lucia Boggia
Testa tra le nuvole, sempre in cerca di un posto per
me:
lo trovo nei libri o nell’immaginazione.
Studentessa universitaria, aspirante filologa e
aspirante scrittrice.
Ma, più di tutto… un’inguaribile sognatrice…
Le stagioni in
Giappone
秋 aki (autunno) e 冬 fuyu (inverno)
di Eufemia Griffo
I Giapponesi scandiscono il ritmo della vita a secondo delle stagioni e dei colori ad esse
abbinati: la vita nel Sol Levante è legata ad ogni sfumatura del tempo e al mutare delle
stagioni. Come non farsi affascinare da tutto questo? In questo articolo, affronteremo come
tema l’autunno e l’inverno giapponesi, con le connotazioni che li determinano e le tradizioni
che animano queste due stagioni.
秋 Aki - Autunno
L’estate è terminata ed in Giappone tutti i
colori sembrano prendere vita: chi ha
avuto la fortuna di recarsi in questo paese,
descrive Aki (autunno) come un periodo
magico.
I giapponesi hanno conservato nel tempo
una passione innata per la contemplazione
della natura e le sue manifestazioni
spontanee; i colori dell’autunno giapponese
sono più unici che rari e celebri poeti hanno
decantato le meraviglie delle stagioni nelle
sue varie manifestazioni, ma nulla può
ancora essere paragonato alla possibilità di
vivere
dal
vivo
questi
spazi.
Se la primavera giapponese è nota per
“hanami” (ammirare gli alberi) e per la
fioritura dei sakura (fiori di ciliegio) che
tingono di rosa le città, aki ossia l’autunno,
pare rubare la tavolozza alla primavera per
ridipingere la natura di giallo oro e di
rosso.
Sono i momiji (Acer Japonicum.) ossia gli
aceri giapponesi, che dominano l’autunno e
le persone, si fermano ad osservare questo
spettacolo unico (momijigari) , sentendo il
profumo di aki nell’aria, passeggiando per i
boschi dove si intrattengono seduti nei prati
a chiacchierare (come avviene per hanami),
consumando il loro bento (il pranzo) sotto
un albero.
Leggeri ma freddi soffi di vento
cominciano ad avvolgere le città, si tirano
fuori dagli armadi giacche e cappelli, e la
natura dà il meglio di sé, pronta a mettersi
in mostra con uno degli spettacoli più belli
del mondo.
In Giappone esistono molti luoghi
incantevoli in cui poter godere pienamente
le meraviglie dell’autunno; Tokyo, capitale
del Giappone, è conosciuta in autunno per i
tramonti suggestivi e le passeggiate urbane.
Visitare Tokyo in autunno è meno costoso
che in altri periodi dell’anno. L’autunno
dalla
capitale
è
anche
chiamato Momijigari perché il nome dai
grandi aceri (momiji) presenti anche in
città. Visitando la capitale
in questo
periodo dell’anno non manca d’imbattersi
in strascichi d’estate e quindi non è raro
trovare infatti passanti in maniche corte.
Vicino a Tokyo c'è un giardino in puro
stile nipponico di nome Rikugien (giardino
delle sei poesie) in cui è possibile
ammirare nella sua pienezza l'esplosione
dei colori della natura. Questo giardino
riproduce in miniatura 88 scene tratte da
famose poesie Waka giapponesi. Il giardino
rappresenta un ottimo esempio di giardino
del Periodo di Edo, con un grande stagno
centrale circondato da colline artificiali e
piccole foreste, il tutto connesso da sentieri
e ponticelli.
Tsuruoka hachiman-gu, è invece il più
importante
santuario
scintoista
di
Kamakura, che proprio in autunno
raggiunge il culmine della sua bellezza
E’ nell’osservazione della natura che la
vita umana acquista significato; essa è
come un fiore destinato a perire , eppure va
assaporata con gusto, ogni giorno, così
come si osserva un fiore, anche se il giorno
successivo
sarà
irrimediabilmente
appassito.
冬 Fuyu - Inverno
Il Giappone in inverno è ancora più
affascinante grazie alle mille luci e alle
illuminazioni, agli addobbi, alle feste e alle
tradizioni del Capodanno, nonché ai giochi
sulla neve e le mille ed esotiche ricorrenze.
Visitare il durante il periodo natalizio, avrà
un effetto stupefacente sul turista: a Tokyo
per esempio, ci sono addobbi e decorazioni
natalizie sontuose, il tutto accompagnato da
dolci e melodiche musiche che non hanno
nulla da invidiare a quelli del mondo
occidentale.
Il Natale in Giappone è molto popolare
benché esso assuma un significato ben
diverso da quello religioso, che connota la
festa cristiana. Non si tratta infatti di una
festa nazionale ufficiale perché scuole ed
uffici rimangono aperti il 25 Dicembre.
Invece il 23 Dicembre, che celebra la data
di nascita dell'imperatore Akihito, è festa
nazionale.
Durante il mese di Dicembre le città si
riempiono di luci, ovunque spuntano alberi
natalizi e addobbi di vario genere che però
vengono smontati subito dopo il 25
Dicembre; infatti nel Sol Levante non si
festeggia l'Epifania. Anche in Giappone si
usa scambiarsi regali tra amici e parenti, e
soprattutto tra fidanzatie. Il Natale infatti
in Giappone è inteso come un momento da
trascorrere con coloro che si ama.
La vigilia di Natale è considerata una delle
giornate più romantiche dell’anno, seconda
solo a San Valentino; le coppie per
esempio, trascorrono la serata in qualche
ristorante o locale d’atmosfera.
Tra i cibi che si utilizzano per festeggiare
Natale, ricordiamo la Chsristmas cake,
accompagnata da un bicchiere di vino e la
torta chiamata Kurisumasu Keki, (è un pan
di spagna farcito con panna, fragole e
decorato a tema).
I bambini sono i grandi protagonisti della
festa e i più piccoli si scambino dei biglietti
colorati di augurio contenenti delle
preghiere. I bambini inoltre si recano anche
negli ospedali o negli ospizi per i poveri
per cantare canzoni natalizie e le famiglie
che possono permetterselo fanno un regalo
ai bisognosi.
Hotei-Osho è la versione giapponese di Babbo Natale ed è un monaco buddista che porta
di casa in casa i regali per i bambini; la tradizione rappresenta Hotei-Osho con degli
occhi dietro la testa che gli permettono di vedere sempre ciò che fanno i bambini.
Ma la vera festa dell’inverno per i giapponesi è il Capodanno: le famiglie si riuniscono
per stare insieme e celebrare la rinascita e l’eterno ritorno della natura seguendo riti
antichi, propiziatori di pace e prosperità.
Il capodanno giapponese ( 正 月 Shōgatsu) celebra il nuovo anno secondo usanze e
caratteristiche tipiche della cultura nipponica. La vigilia di capodanno è chiamata
Ōmisoka (大晦日)e per r vivere l’intensità di questa festa ci si reca in visita a templi e
reliquiari, dove la gente del posto, spesso vestita con i costumi tradizionali, giunge per
pregare e lasciare doni votivi alle divinità. Invece il 2 gennaio a Tokyo, si può
eccezionalmente entrare nella corte del palazzo imperiale per assistere alle uscite
pubbliche dell’imperatore e della sua famiglia che ad orari prestabiliti e da un balcone
protetto da un vetro, escono a salutare la folla festante.
Dal mese di dicembre a marzo protagoniste assolute dell’inverno in Giappone sono le luci
di fuochi e le lanterne che illuminano città e villaggi. A Tokyo per esempio, la famosa via
Keyakizaka, si accende di bianco e di blu, mentre sulle sponde del fiume Megurogawa,
migliaia di luci rosa danzano sull’acqua illuminando la notte, in onore delle foglie dei
ciliegi in fiore che rifioriranno in primavera.
Tra dicembre e marzo, nella città di Kyoto, le antiche strade si illuminano per
l’ ”Hanatoro” che in giapponese significa “ via di fiori e di luci”, con migliaia di
lanterne e giochi di luci e fiori che creano un’atmosfera assai suggestiva. Di grande
fascino sono poi le installazioni e i giochi di luce del giardino botanico Nabano No Sato a
Kuwana, realizzati con milioni di fonti led che riproducono figure, paesaggi e immagini
di ogni tipo.
Eufemia Griffo
: Mi chiamo Eufemia e scrivo per passione,
necessità, perché le parole sono dei sogni che su
carta prendono forma ed anima. Le parole creano
magia, legami, suscitano emozioni finanche
conducono all'Amore.
Mi piace la poesia, il Giappone, mi piace la
creatività, ma soprattutto mi piace vivere! Non amo
le mezze misure, sono o bianco o nero.
Inseguendo il
Bianconiglio
Quando il Bianconiglio insegue un lavoro
di Elena Brilli
“Arriva un momento nella vita in cui non rimane altro da fare che percorrere la propria strada fino in
fondo. Quello è il momento d’inseguire i propri sogni, quello è il momento di prendere il largo, forti
delle proprie convinzioni. Quando piombi nella disperazione più cupa, ti si offre l’opportunità di
scoprire la tua vera natura. Proprio come i sogni prendono vita quando meno te lo aspetti, così accade
per le risposte ai dubbi che non riesci a risolvere. Lascia che il tuo istinto tracci la rotta per la
saggezza, e fa che le tue paure siano sconfitte dalla speranza. La maggior parte di noi non è preparata
ad affrontare i fallimenti ed è per questo che non siamo capaci di compiere il nostro destino. È facile
sfidare quel che non comporta alcun rischio.
La scoperta di nuovi mondi non ti porterà solo felicità e saggezza, ma anche tristezza e paura: come
puoi apprezzare la felicità, senza sapere che cos’è la tristezza? Come puoi raggiungere la saggezza,
senza affrontare le tue paure? Alla fine, la grande sfida della vita consiste nel superare i nostri limiti,
spingendoci verso luoghi in cui mai avremmo immaginato di poter arrivare.
I sogni sono fatti di tanta fatica. forse, se cerchiamo di prendere delle scorciatoie, perdiamo di vista la
ragione per cui abbiamo cominciato a sognare e alla fine scopriamo che il sogno non ci appartiene
più. Se ascoltiamo la saggezza del cuore il tempo infallibile ci farà incontrare il nostro destino.
Ricorda: “Quando stai per rinunciare, quando senti che la vita è stata troppo dura con te, ricordati chi
sei. Ricorda il tuo sogno”.”
Sergio Bambarèn “Il delfino - i sentieri del sogno portano alla verità”
La citazione che riporto in apertura di questo
articolo racchiude in se tutto quello che
questa rubrica rappresenta per me, e mi
auguro possa rappresentare per voi.
Così ho deciso di raccontarvi il mio ultimo
inciampo nel fallimento e come il 'tempo
infallibile' mi ha fatto incontrare il mio
destino, almeno per quanto riguarda il
momento attuale della mia vita che mi trovo
giorno dopo giorno a costruire...
Dunque, è successo che avessi firmato il
contratto per la mia nuova casetta in affitto
intorno alla metà del mese di settembre dello
scorso anno e dopo aver faticato a lungo per
renderla abitabile per me, il mio bambino e i
miei due gattuzzi pelosi, vi fossi rientrata i
primi giorni del mese di ottobre.
È successo poi che intorno alla metà dello
stesso mese un mio carissimo amico del-
l'università con il quale avevo diviso le
fatiche e le gioie di tanti esami della mia vita
passata di studentessa modello, si facesse
vivo dopo oltre cinque anni di silenzio
reciproco, in cui ognuno di noi due aveva
intrapreso la propria vita di inciampi, i miei,
e successi, i suoi, per chiedermi come fosse
messa la mia situazione lavorativa in quanto
lui aveva bisogno di una persona che
lavorasse con lui.
È successo che io gli avessi risposto che non
andava poi male, avevo un contratto a tempo
indeterminato con un importante azienda
internazionale, ma, essendomi appena
trasferita, e avendo un po' di tempo libero
dato che il contratto prevedeva poche ore
settimanali, avremmo potuto comunque
parlarne davanti ad una tazza di tè.
È successo poi che alla fine del mese di
ottobre
la
mia
splendida
azienda
internazionale decidesse di chiudere il
negozio per il quale lavoravo, comunicando a
me e alle colleghe l'intenzione di procedere
al
licenziamento
che
sarebbe
improcrastinabilmente avvenuto intorno alla
metà del mese di dicembre scorso.
È successo allora che io avessi
immediatamente ricontattato quel mio caro
amico e, ancora sotto shock per la notizia
cocente,
inaspettata,
imprevedibile,
devastante, gli avessi detto che la mia
disponibilità ad ascoltare la sua proposta di
lavoro era diventata, da un momento all'altro
e mio malgrado, totale, quasi incondizionata
e con carattere di estrema urgenza.
È successo allora che un pomeriggio lo
raggiungessi all'interno della sua azienda,
che nel tempo del nostro perdersi di vista è
accaduto che diventasse fiorente, rigogliosa e
in cerca di nuova forza lavoro,
riabbracciandolo dopo tanto tempo e
ascoltando, con orecchi attenti e pensieri che
avevanogià preso la decisione di accettare,
quasi a scatola chiusa, la sua proposta del
lavoro che lui aveva deciso di offrire a me,
perché il caso aveva voluto che lui avesse
pensato proprio a me, e chissà perché proprio
a me, per ricoprire il ruolo che necessitava
all'interno della sua azienda, all'interno di
quel piccolo mondo produttivo che lui era
riuscito a mettere in piedi nel tempo in cui io
mi perdevo in relazioni sbagliate.
È successo quindi che io accettassi, con
gratitudine immensa e riconoscenza infinita,
e che lui fosse altrettanto grato e
riconoscente a me, secondo un meccanismo
che ancora oggi non riesco a spiegarmi, e che
iniziassi questa nuova avventura ancor prima
che finisse, nella più mesta delle giornate
pre-natalizie di dicembre quella che aveva
costituito il fulcro della mia vita produttiva
fino a che qualcuno non aveva deciso la sua
conclusione al posto mio.
Succede quindi adesso che io usi le mie mani
e la mia mente per tagliare tessuti e pelli
perché con il lavoro sapiente di altre figure
professionali diventino borse, e vi confesso
che non avevo mai fatto questo lavoro, ma
imparo, mi rimbocco le maniche, e nel mio
piccolo affronto le mie paure legate al
costante senso di inadeguatezza e cerco di
superare i miei limiti ogni momento.
E niente sul finire dell'estate avrebbe mai
potuto farmi pensare che l'avvicendarsi delle
mie giornate avrebbe preso da lì all'inizio del
nuovo anno una direzione tanto diversa da
quella routine che scandiva le mie giornate
fino a questi ultimi eventi.
Sono cambiati i ritmi, le situazioni, le
prospettive, le aspettative...una piccola
grande rivoluzione delle abitudini, dei
luoghi, delle persone, dei tempi, che ancora a
momenti fatico a comprendere e a gestire.
Mi ripetevo spesso nelle giornate che
segnavano il passaggio dalla situazione
precedente alla attuale, che mettevano il
sigillo all'ennesimo fallimento delle mie
aspettative per aprire uno spiraglio
inaspettato su una nuova pagina del mio
vivere quotidiano tutto da scrivere, che fosse
stato il destino, il caso, chiamatelo come
volete, a mettere in fila il concatenarsi esatto
degli eventi, come pezzi di un puzzle ad
incastro che mai era stato così tanto
temporalmente perfetto in nessun altro
momento della mia vita...
Mi ripetevo che il destino, il caso, chiamatelo
come volete, aveva deciso così, e talvolta
nella vita si debba seguire gli eventi, senza
opporsi, farsi trascinare dalla corrente così
come viene, in modo che “il tempo
infallibile” ci faccia “incontrare il nostro
destino”.
Non so se arriverò alla realizzazione dei miei
sogni, ma un passo almeno inseguendo il
Bianconiglio alla ricerca di un lavoro l'ho
fatto, un salto nel buio di una professionalità
che ancora non mi appartiene ma che ho
intenzione di scoprire, un piccolo passo che
confermi a quella parte di me che vuole
accettazione, realizzazione, riconoscimento
del proprio valore e delle proprie capacità,
che sono una persona che vale, e che non può
esser messa in un angolo nemmeno da una
miserrima lettera che licenzia la matricola
30013.
Non sono un numero, e non ho nessuna
intenzione di farmi ridurre a tale da
nessuno... “ricordati chi sei. Ricorda il tuo
sogno.”
Perciò, se qualcuno di voi si rivede, si ritrova
in quello che scrive Sergio Bambarèn,
scrivete, raccontate la vostra esperienza,
quello che vi sta capitando, e chissà che non
ci sia qualcuno da qualche parte che vi legge
e scrive altresì che cerca proprio voi, proprio
nel momento in cui avete più bisogno di
quello che è disposto ad offrirvi!
Io vi aspetto, contattatemi, e intanto preparo
un po' di tè per tutti, che davanti ad una tazza
di te con vecchi amici, credetemi, possono
esserci rivoluzioni nella vostra vita che non
avreste mai potuto immaginare, nemmeno
nei vostri sogni più remoti!
A presto!
Elena Brilli
“Mamma, blogger, innamorata,
sognatrice, tormentata...
In ordine sparso...”
Basta un poco
di zucchero
#sorridoancheperlei
di Imma Gaglione
Quando ha smesso di essere divertente e ha
cominciato a diventare un incubo senza via
d'uscita?
E' questa la domanda che mi pongo da
quando, un mesetto fa, ho letto la notizia di
una ragazza, che si è tolta la vita per una
delusione d'amore. L'amore è un argomento
delicato, perché può facilmente tramutarsi in
disperazione. Tutto ciò che, un attimo prima,
era unico e perfetto, improvvisamente può
diventare fonte di sofferenza. E' per questo
motivo che ci insegnano a non scherzare con
i sentimenti, a non giocare con le persone, a
non mentire davanti a degli occhi che ti
amano.
Ho letto qualcosa sui suicidi, recentemente, e
sono numerosi per entrambi i sessi, le
motivazioni, invece, sono diverse. I maschi
ricorrono al suicidio per insicurezza davanti
alla società, le femmine per insicurezza
davanti a un maschio. Ho subito collegato
questo risultato con la notizia che avevo letto
poco prima e così mi sono sentita
incredibilmente vicina a quella ragazza. Ho
subito pensato: “se solo queste donne si
rendessero conto di quando sono belle,
uniche e speciali, prima di buttare la vita per
il primo coglione che passa...”
Le donne tanto più sono se stesse, più sono
straordinarie. Amano incondizionatamente,
perciò c’è l’uomo coraggioso, che questo
amore lo ricambia, e l’uomo senza palle.
che ne è sopraffatto e non è in grado di
ricambiarlo.
Si, perché bisogna essere in grado di amare,
è necessario saper stare in due in un rapporto,
non far prevalere il proprio egoismo
continuamente.
La donna speciale la riconosci subito, è
quella pulita, quella che non fa giochetti,
quella che negli occhi ha ancora l’innocenza
della bambina che era, quella che è donna
quando fa l’amore eppure senti il bisogno di
proteggere quando sorride.
Cosa succede a un certo punto nella testa
delle donne?
Perché per un commento o un gesto di un
uomo, mettono in discussione tutto quello
che sono?
Perché devo ancora leggere, nel 2015, che
una ragazza si è uccisa per una delusione
d’amore?
Cosa pensava in quel momento? Che era
sbagliata, che era imperfetta, che non era
indispensabile per nessuno. E poi un giorno,
davanti a un film, mi è venuto da sorridere, e
nella mia testa pensavo: “sorrido anche per
lei”. La mattina seguente, al supermercato,
vidi due vecchietti tenersi per mano, mi è
venuto da sorridere, e nella mia testa
pensavo: “sorrido anche per lei”. Ho preso a
cuore la storia di quella ragazza, pur non
conoscendola affatto. Ho deciso di farla
vivere nei miei sorrisi.
Ora quella ragazza e tante altre ragazze, che, spinte dalla disperazione, hanno fatto un gesto del
genere, non possono più sorridere, ma ci sono ancora quelle che restano.
A tutte capita di sentirsi sbagliate, imperfette e non indispensabili. A molte è capitato di imbattersi
in un uomo che non ricambiava i propri sentimenti. Bisogna essere più forti di
tutto questo. Bisogna avere la capacità di pensare che dopo la tempesta, arriva il sereno. Dopo il
dolore, arriva una nuova gioa. Ed è sempre un crescendo. E' sempre più bello scoprirsi capaci di
amare un amico, un uomo, una donna, un animale, una pianta, un luogo, un odore.
Il suicidio non solo non dovrebbe essere l'ultima spiaggia, non dovrebbe proprio essere
un'opzione. Voglio affidarmi alle parole dei Negramaro, per rendere chiaro il concetto:
“Meraviglioso
ma come non ti accorgi
di quanto il mondo sia
meraviglioso?
Ma guarda intorno a te
che doni ti hanno fatto:
ti hanno inventato
il mare
Meraviglioso
perfino il tuo dolore
potrà apparire poi
meraviglioso.
Tu dici non ho niente
Ti sembra niente il sole?
La vita?
L’amore?
NEGRAMARO
Mi rivolgo a tutte voi, alle donne, sosteniamoci,
aiutiamoci, non serve per forza un uomo per farci capire
quanto valiamo.
Scattati una foto, con il sorriso più bello che hai (quello
che nasce dal cuore), condividi la foto con l’hashtag
#sorridoancheperlei, dedica questo gesto a chi non ha
avuto la tua stessa forza e ha smesso di lottare.
Ricordala, per far capire a chi sta per mollare la presa
che non è sola e che quella forza ce l’ha dentro, deve
solo tirarla fuori.
Sono Imma e #sorridoancheperlei.
Imma Gaglione
"C'è chi mi definisce una persona che anche da
ferma è in continuo movimento, chi dice
che sono la felicità in carne ed ossa.
Io semplicemente preferisco:
innamorata della vita
C'era una volta...
l'anime
di Vittorio Tatti
Il “C'era una volta...” di questo numero avrà, come sempre, forti tinte nostalgiche con un
pizzico di malinconia. Quello che rimpiangiamo maggiormente, degli anni dell'infanzia, era
la purezza con la quale osservavamo la vita. Tutto ci sembrava più bello, più magico, più
positivo. Anche se c'era qualche problema, nei nostri sogni veniva risolto e, di conseguenza,
anche l'ottimismo si espandeva alla realtà. A darci una mano erano, spesso e volentieri, i
personaggi degli anime (アニメ, scritto in katakana, in quanto contrazione del termine
straniero “animation”), ossia i cartoni animati giapponesi. Da “Goldrake” (Ufo Robot
Grendizer) a “Ken il guerriero” (Hokuto no ken), da “Holly&Benji” (Capitan Tsubasa) a “I
Cavalieri dello Zodiaco” (Saint Seiya), i nostri amati personaggi colorati ci hanno
accompagnato durante la crescita, a volte senza mai abbandonarci. Il nostro viaggio nel
tempo, stavolta, non ci condurrà ad un anno specifico. Balzeremo, infatti, in vari momenti
degli ultimi trent'anni del XX secolo, che hanno visto comparire, diffondere e creare
scalpore la pacifica invasione dal Sol Levante. Prima di tutto, però, permettetemi di
introdurvi al mercato degli anime, per comprenderne meglio i meccanismi. In Giappone gli
anime (così come i manga, dai quali spesso sono ispirati) vengono trasmessi in diverse
fasce orarie. Scordatevi il cartone animato come prodotto esclusivamente riservato ai
bambini.
Ogni target di riferimento può contare su
titoli creati appositamente. Avremo così
anime kodomo (子供, bambini/e), shoujo
( 少 女 , ragazzine), shounen ( 少 年 ,
ragazzini), seinen ( 青 年 , ragazzi
maggiorenni e oltre), josei (女性, ragazze
maggiorenni e oltre). Questi target possono
contare su generi ormai collaudati, così sarà
relativamente facile imbattersi in anime di
combattimenti per shounen e storie
romantiche per shoujo. Non sempre sarà la
regola ma...quasi. Dopo questa breve
premessa, possiamo finalmente metterci in
marcia verso il passato. Macchina accesa,
motore pieno, data impostata, via!
Sebbene gli anime avessero esordito in Italia a partire dalla fine degli Anni '50 (con
lungometraggi trasmessi nei cinema) la svolta arrivò nel 1976, con titoli seriali che hanno
fatto la storia: Atlas Ufo robot (Ufo Robot Grendizer), Heidi (Alps no shoujo Heidi),
Barbapapà (Baabapapa) e Vicky il vichingo (Chiisana viking Vikke). Anche se fu la RAI a
dare inizio alle trasmissioni, presto vennero letteralmente soppiantati dalla Fininvest e dal
proprio angolo pomeridiano noto come “Bim bum bam”. La Fininvest iniziò a snaturare e
censurare molte serie, inaugurando anche la triste abitudine di cambiare letteralmente le
sigle iniziali e finali, per la gioia di Cristina d'Avena (la quale divenne un punto fermo nel
settore). Alle reti locali venne lasciato l'arduo compito di trasmettere anime più violenti, che
mal si sarebbero adattati agli spazi commerciali del gruppo di Milano. Solo lì avremmo
potuto vedere Ken il guerriero (Hokuto no ken), I Cavalieri dello Zodiaco (Saint Seiya),
Dragonball, Jeeg robot d'acciaio (Koutetsu Jeeg) e via dicendo. Come ho spiegato in
precedenza, in Giappone le serie tv sono create e trasmesse in base a un particolare target di
riferimento. In Italia, questo, non successe. Vennero così acquistate serie che mostravano
anche scene e temi non particolarmente adatti ad un pubblico di bambini. Anziché evitare di
trasmetterle (ma sarebbe stato meglio informarsi prima...ndVittorio) vennero effettuati veri
e propri interventi di taglia&cuci. I nomi giapponesi vennero cambiati con altri più
improbabili (e decisamente meno adatti) italiani. Anche alcuni dialoghi vennero
letteralmente stravolti, inventadoli di sana pianta per non turbare le fragili menti dei
bambini consumatori.
C'è da dire che questa sorte non toccò a tutte le
serie, almeno non subito e non sempre.
All'inizio, titoli come L'incantevole Creamy
(Creamy Mami), Georgie (Lady Georgie),
Candy Candy e altre vennero risparmiate,
“cavandosela” con solo il cambiamento della
sigla.
Fu dagli Anni '90 che si decise di stravolgerli
pesantemente, in modo da evitare le proteste
del MOIGE (un'associazione di genitori). Gli
anime divennero sempre più un prodotto
bistrattato fino all'avvento di marchi editoriali
come Yamato video e Dynamic Italia. Lì,
finalmente, riuscirono a recuperare un po' di
smalto, grazie al ripristino di sigle originali e
doppiaggi fedeli ai dialoghi giapponesi.
Solo per completezza di cronaca (in quanto
non riguarda più il passato), è doveroso
menzionare l'iniziativa di MTV, nota come
“Anime night”. A seguire arriveranno nuove
case editrici, i canali satellitari e lo streaming
via internet.
È ora di salire nuovamente sulla macchina del
tempo e tornare nel presente. Il mercato degli
anime è molto cambiato ultimamente, anche se
permane un certo scetticismo nel considerare i
cartoni animati giapponesi anche un prodotto per
adulti. A noi non resta che fregarcene
dell'opinione dei moralisti. Divertiamoci
guardando i vari One piece, Dragonball, Naruto,
Bleach, Toriko, Hunterxhunter, Magi e
compagnia bella. È solo fantasia e, con essa,
possiamo provare a sognare
Vittorio Tatti
“Sono tutto e niente,
ordinato e caotico,
bianco e nero.
Ah: e pure aspirante scrittore”
Un libro fra le mani...
per seguire il proprio cuore!
di Lettrice Segreta
ATTENZIONE: Le intromissioni di provenienza
*subconscia* che leggerete nel corso dell'articolo sono
incontrollabili, mi scuso in anticipo per qualsiasi tipo di
cattiveria dovessero tirar fuori ...o forse no!
Se provaste ad osservare per qualche
momento il vasto e complesso mondo
dell'editoria italiana (e non solo) vi
rendereste conto, cari Lettori, che da alcuni
anni a questa parte - diciamo all'incirca dal
2011, quando una signora chiamata E.L.
James ha pubblicato il primo volume della
sua trilogia erotica "Cinquanta Sfumature" viene dedicato un forse anche troppo ampio
spazio a quei libri che un tempo venivano
semplicemente chiamati romanzi rosa, ma
che oggi si definiscono "romance o
contemporary novels" *perché ormai fa
molto più figo usare parole straniere per
definire qualunque cosa*
Ebbene si, da quando il fenomeno "Christian
Grey" è entrato nelle vene del mondo
letterario moderno, noi poveri lettori siamo
costretti a vedere gli scaffali delle librerie
pieni di carta straccia.
Si sa, in ogni settore si seguono delle mode e
l'editoria non è da meno. Nel panorama
fantasy, ad esempio, c'è stato il periodo in cui
si sfornavano romanzi sui vampiri come se
non ci fosse un domani, dopo il grande
successo mondiale della saga Twilight,
scritta da Stephenie Meyer. In ambito
romantico, ora ci ritroviamo circondati da
storielle con una protagonista sfigata ma
gnocca e il suo maschio alfa bello e dannato,
che prima o poi (decisamente prima, ve
l'assicuro) consumeranno il loro grande
amore (nato venti pagine indietro) e a noi
toccherà sorbirci una dettagliata descrizione
di ogni amplesso e ogni picco di piacere
della coppia in questione. *Ma al problema
della deforestazione non ci pensa più
nessuno?*
Si è capito che non sono una grande
appassionata di questi romanzi romance o
erotici? Spesso li trovo noiosi perché, a
grandi linee, seguono scontati filoni narrativi
che di libro in libro si ripetono e non lasciano
nulla di speciale al lettore. E se le scene
"erotiche" sono come quelle della James...
*un consiglio: preparate pigiamino e
copertina... una bella dormita è assicurata*
Ovviamente non tutti la pensano come la
sottoscritta... Ci sono lettori (in prevalenza
donne) che il romanzo non lo leggono se non
hanno la certezza che i protagonisti si
innamorino e finiscano a letto come
conigli… e poi ci sono io, che scatto in piedi
e “faccio la ola” all’autore se per caso i due
in questione rimangono solo amici *sono
matta, me ne rendo conto*
Ora, non voglio fare di tutta l'erba un fascio,
altrimenti non sarei qui oggi a scrivere
questo articolo solo per voi.
Non sarei qui a mostrarvi che nel grande
mare di pubblicazioni indecenti, c'è sempre
l'autore o l'autrice che riesce a fare la
differenza.
Tutto questo lungo giro di parole era
indispensabile per riuscire a farvi cogliere un
punto fondamentale riguardo al libro che
stringo fra le mie mani in questo momento:
se un romanzo come Il mio lieto fine,
l’ultimo nato in casa Eilan Moon, incentrato
su una storia d’amore, riesce ad
appassionarmi e ad entrarmi nel cuore, allora
ha davvero qualcosa di speciale, di diverso
dalla massa… di unico nel suo genere.
La prima avventura nel mondo romance fatta
da Eilan Moon, affermata autrice del
panorama self-publishing, ci catapulta nella
vita di Serena, una giovane donna ricca di
soddisfazioni sul lavoro e (almeno per ora)
molto innamorata del suo principe azzurro
Chris:
Le favole, dove la principessa si imbatteva
nel proprio principe azzurro, non erano mai
state adatte a me, io vivevo con i piedi ben
saldi a terra. Ero una ribelle e facevo ciò che
preferivo, senza pormi troppi problemi, e il
più delle volte non ascoltavo la testa, ma
solo l’istinto, facendomi finire in casini
assurdi da cui riaffioravo con difficoltà. Le
favole erano adatte alle bambine, non a me.
Ormai ero cresciuta e non credevo più alle
fiabe con il lieto fine, anche se ancora le
sognavo. Però Christian sembrava davvero il
mio principe azzurro.
Serena potrebbe sembrare davvero la persona
più felice della terra: ha un lavoro che ama e
la gratifica, un’amica speciale che la
accompagna fianco a fianco nella sua vita, un
fidanzato molto bello e mooolto ricco che la
chiede in moglie… cosa potrebbe volere di
più?
Peccato basti davvero poco a mettere in crisi la
certezza di una vita così meravigliosa. Un
evento decisamente fuori dai piani della nostra
protagonista, ma decisivo nel disegno che il
Destino ha tracciato per lei: l’incontro con
Nicola.
Chris e Nico. Due persone completamente
diverse che riusciranno a dividere il cuore di
Serena a metà. Un cuore che vi racconterà
ogni suo singolo battito, alcuni senza neppure
comprenderli a pieno. Una voce sincera, nel
bene e nel male, che si lascia coinvolgere e
sconvolgere da ciò che le accade attorno e ce
lo riporta senza mezzi termini.
Vi renderete conto, pagina dopo pagina, che
ogni parola prenderà vita davanti ai vostri
occhi, come se un’amica vi stesse raccontando
la sua storia: un susseguirsi di emozioni vere,
autentiche, difficili da gestire perfino per voi,
che siete semplicemente i suoi ascoltatori.
Serena è una donna che non va giudicata a
priori. E’ un personaggio da analizzare, capire e accettare in tutte le sue sfaccettature,
perché ha l’umiltà di mostrarvi the dark side of the moon, quel mondo buio e negativo del
nostro Io che nella società attuale siamo abituati a nascondere *e non dite che non è vero*
Vi assicuro che leggere Il mio lieto fine non è facile. Non è un libricino leggero, non è una
favola dove tutti vivono felici e contenti e le scelte sembrano leggere, come fare “m’ama,
non m’ama” con una margherita. La storia di Serena è un cammino di introspezione, di
lotta fra mente e cuore, di decisioni difficili, di lacrime e battiti accelerati.
Se proprio vogliamo chiamarla favola… allora è una favola al contrario! Perché questa
volta nessun pirata andrà a rapire la principessa e nessun principe potrà salvarla. Questa
volta è la principessa a dover scegliere se vivere al sicuro nel castello, schiacciata dalla vita
di corte, o partire all’avventura su una nave dalla rotta incerta, libera di essere se stessa in
ogni attimo del suo viaggiare.
Lettrice Segreta
“Leggo per non dimenticare mai di sognare!
Canto per non smettere mai di amare!
Scrivo per raccontare al mondo
ciò che ero, sono e sarò...
Nutro costantemente la mia anima di arte!”
La settima nota
di Anemone Cerami
“La settima nota” nasce come rubrica che
racconta storie di musica. Per il terzo numero
della rivista ho deciso di esplorare un aspetto
diverso che non riguardi esclusivamente la
vita degli artisti, i generi o i successi relegati
alle Top Ten internazionali. Oggi le nostre
“note” vogliono esplorare la connessione che
intercorre fra musica, mente e poesia.
Il vocabolario Treccani definisce la Musica dal gr. μουσική, sostantivo femminile
dell’agg. μουσικός : musicale - come “l’arte
d’ideare e produrre successioni strutturate
di suoni semplici o complessi, che possono
variare per altezza (cioè per la frequenza
delle vibrazioni del corpo sonoro), per
intensità (cioè per l’ampiezza delle
vibrazioni) e per timbro (che dipende dal
materiale del corpo sonoro), per mezzo della
voce umana (m. vocale), di strumenti (m.
strumentale) o della combinazione di
entrambe queste fonti”.
Cos’è davvero la musica e perché non
possiamo farne a meno?
La musica non è altro che una funzione
umana di elaborazione di significati, così
come il linguaggio. Parole e musica nascono
dalle aree cerebrali sviluppate per la
produzione di suoni, per la comprensione e
destinate alle arti. L’uomo concepisce e
comprende i significati attraverso il
collegamento fra i neuroni e per mezzo di
una coscienza che si forma attraverso
l’interazione con l’ambiente esterno.
Il suono, inteso anche come linguaggio, ha
come base un codice, senza il quale non
esisterebbe nemmeno il pensiero umano. Il
simbolo/segno, che riferisce al significato, è
fondamentale per l’interazione sociale poiché
è un processo che definisce le immagini
mentali attraverso le quali entriamo in
contatto con gli altri.
Il linguaggio non è in grado da solo di
esprimere tutti i contenuti nascosti del
pensiero, così all’uomo occorre utilizzare
altre forme come la musica, la danza, la
pittura.
L’uomo, in tal modo, crea i significati che
generano la realtà in cui vive.
Dire che la musica è una creazione di
significati da parte dell’essere umano,
significa, in poche parole, discostarla dal
paradigma secondo cui la musica riflette la
cultura già esistente.
Non è solo la spiegazione di qualcosa (la
cultura) che viene creata dall’uomo, ma è
uno strumento di scambio, di riflessione e di
contemplazione edonistica.
La Musica non comunica soltanto un
messaggio, ma riesce a inventare nuovi
significati e parla dove non si può fare
apertamente.
Pensiamo, nella storia del Rock, ai Clash
con album come “Sandinista!” in cui i testi
diventarono un modo per parlare di politica
in maniera più ampia;
qualcosa che
nemmeno i Beatles, forse, erano riusciti a
fare, così apertamente e così poco
correttamente.
Altre volte la musica resta conservatrice di
significati antichi.
La musica classica, ad esempio, resta sempre
legata ai canoni tradizionali, in maniera
molto forte e decisa; forse anche troppo nei
conservatori
moderni,
a
scapito
dell’inventiva personale dell’artista.
La
musica
predispone
ad
alcuni
atteggiamenti mentali che portano a
meditare, decodificare e comunicare
qualcosa. Le emozioni vengono catturate
dalla musica che attribuisce loro un
significato nuovo: sensibile e cognitivo allo
stesso tempo.
L’emozione di chi compone e suona viene
contaminata da quella del fruitore,
dell’ascoltatore.
Questo concetto è ravvisabile anche in
poesia. Del resto il legame tra musica e
poesia è strettissimo: la musicalità è un
elemento chiave della poetica. La lettura in
metrica era presente già negli scritti degli
antichi poeti greci e latini e conferiva suoni e
ritmo al racconto: «Tìtyre, tù patulaè |
recubàns sub tègmine fàgi sìlvestrèm | tenuì
Musàm | meditàris avèna».
Edgar Allan Poe, verso metà ottocento
affermò che: «La musica è come l’idea della
poesia. L’indeterminatezza della sensazione
suscitata da una dolce aria, che dev’essere
rigorosamente indefinita, è precisamente
quello a cui dobbiamo mirare in poesia».
Il linguaggio è legato alle sonorità ma non
più
come
semplice
accessorio
di
abbellimento di un testo, piuttosto come
colonna portante della poesia che ha come
riferimento l’“indefinito” e suscita emozioni
indeterminate.
«Ma sedendo e mirando, interminati spazi di
là da quella, e sovrumani silenzi, e
profondissima quiete…- io quello Infinito
silenzio a questa voce vo comparando- … - e
mi sovvien l'eterno - … -Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio. E il
naufragar m'è dolce in questo mare - »,
raccontava l’infinito di Leopardi.
La musicalità è intesa, dunque, non come
ornamento esteriore, ma come cuore dell’arte
poetica
Per riuscire a scostarsi dalla semplice comunicazione o dalla prosa, la poesia sposa la
musica e ne diventa il sentimento generato da quel significato nascosto dietro una parola
scritta.E dopo tanto “parlare” forse non resta che il rumore del silenzio o del suono di un
pianoforte in sottofondo. Sia nel caso in cui si parli, sia qualora si ascolti una melodia, si dà
voce alla coscienza, alla contemplazione, al pensiero.
Ed è questo il valore che ha l’arte per l’uomo. Scrivere o suonare, regalano all’umanità la
capacità di esprimere quell’universo interiore, che altrimenti resterebbe celato nel proprio
inconscio.
Per saperne di più:
http://www.theclash.com/gb/music/albums/sandinista
http://lafrusta.homestead.com/pro_poe.html
http://www.neuroscienze.net
Anemone Cerami
“Delicata come un fiore, urticante come
un'alga, Anemone, siciliana,
generazione anni '80.
Scrivo per passione e per seguire il flusso di
emozioni che accompagnano le mie lunghe e
oscure notti verso la splendente luce del
giorni. Sognatrice e fiduciosa
verso il prossimo... sempre...”
Spillaletture
di Maria Rosaria Ferrara
Le passioni sono contagiose. A conferire
loro questo effetto, sono gli stessi
appassionati che ne parlano, che le
condividono con amici parenti e conoscenti,
che non riescono a trattenersi da dirigere
qualunque conversazione verso di esse;
quella forza che è come un fuoco che nutre e
sazia e fa sentire vivi… Le passioni sono
contagiose e tante volte è bello che,
condividendole,
si
creino
delle
contaminazioni, delle sperimentazioni che
aggiungono un sapore speziato e frizzante
alla base della lingua e sul palato mentre si
parla, un brivido che attraversa repentino la
schiena, e si scopre quanto può ampliarsi la
nostra conoscenza e in quanti modi si
possano vivere le passioni.
Io amo la scrittura e la lettura. Il mio amico
Raffaele (De Lucia), invece, ha la passione
per le birre, una passione talmente forte da
spingerlo ad aprire un locale (lo Spillale, Via
Mazzocchi, Caserta) nel quale vengono
servite solamente birre, e nello specifico
esclusivamente birre artigianali.
Adoro trascorrere del tempo nel locale
piccolo ma accogliente del mio amico – un
fratello, a dire il vero, visto che ci
conosciamo ormai da una vita – mi piace
l’atmosfera raccolta e intima quando, a inizio
serata, non c’è ancora molta folla. Mi piace
che sia ritrovo di tante persone e che si
finisca per intromettersi simpaticamente
nelle conversazioni altrui e diventare
inaspettatamente un’unica comitiva mentre si
siede a sorseggiare la birra proposta
Mi piace che con Raffaele parliamo tanto di
musica – lui ha un passato da cantante e io
sono batterista!
E poi una sera ho avuto questa malsana idea
di proporgli, mentre mi consigliava
l’ennesima birra da sperimentare, un
abbinamento ad una portata insolita:
suggerire una birra adatta da degustare
leggendo un libro. Che cosa ne poteva venir
fuori? Raffo incuriosito ha accettato la sfida,
io mi sono lanciata e questi sono i risultati.
Speriamo soddisfino i vostri palati. Buona
birra e buona lettura nel nostro angolo delle
Spillaletture!
“La luce giusta cade di rado”
di Caterina Saracino abbinata al Lambic
Per
il
nostro
primo
abbinamento
sperimentale, mi sono presentata in birreria
con i volumi di tre romanzi che avevo letto
negli ultimi mesi. Il primo di cui abbiamo
scelto di parlare è l’ultima creazione di
Caterina Saracino, “La luce giusta cade di
rado” edito da Eiffel edizioni. Un romanzo
che
affronta
diverse
problematiche
impegnative e importanti quali la diversità,
l’autismo, l’omosessualità, il tormento
dell’animo di individui incompleti o incapaci
di esprimere se stessi.
Affinché Raffaele, l’esperto, individui una
birra adatta, gli racconto la trama e i punti
fondamentali su cui Caterina ha incentrato il
suo racconto. Gli spiego che il libro è
impegnativo e va letto con lentezza,
soffermandosi
per
riflettere
sulle
problematiche avanzate dall’autrice. È un
libro che scuote il lettore, che penetra nel suo
animo e non gli permette indifferenza
durante la lettura. Non è un libro leggero, pur
essendo piacevole, a tratti poetico – è
inevitabile con la scrittura di Caterina!
Deve essere sorseggiata con lentezza e si
presta alla meditazione”, proprio come il
libro di Caterina: il palato deve essere
abituato lentamente alle note proposte,
così come l’animo del lettore deve
predisporsi alla lettura del romanzo.
Concedo qualche minuto a Raffaele per
individuare sulla sua dispensa una birra
adatta. Io intanto gusto la Tipopils che mi ha
versato, mentre fuori dal locale piove. È
mercoledì sera, il natale si avvicina ed è
quasi ora di cena. Mentre molti corrono a
casa, e pochi entrano nel locale per rilassarsi
prima di rincasare, io mi godo l’atmosfera e
adoro questa parte del mio lavoro.
Continuiamo per diverso tempo a
chiacchierare di questo libro e del Lambic, e
Raffaele si accorge di una cosa particolare
che ci fa sorridere e rende l’abbinamento
assolutamente eccezionale.
“In fase di fermentazione della birra”, mi
spiega Raffo, “i tini di fermentazione
vengono posti vicino a grosse vetrate per
permettere ai lieviti che si trovano nell’aria
di cadere naturalmente su di essi a conferire
questo particolare sapore alla birra prodotta”,
così come nel romanzo di Caterina la luce
giusta cade di rado.
Dopo qualche istante, Raffo mi propone
come accostamento al libro di Caterina
il Lambic, una birra belga molto particolare.
Mi spiega che si tratta di una birra
con retrogusto acido e caratterizzata da
una fermentazione spontanea. “L’ho scelta
perché il libro parla di diversità”, dice, “ e
credo che la vera diversità si trovi nella
spontaneità. Le persone sono fatte così, è la
loro natura, così come questa birra acquisisce
il proprio sapore e le proprie caratteristiche
dalla fermentazione dei lieviti selvatici,
senza forzature, senza ricette particolari, non
c’è nulla di studiato, è assolutamente
naturale”.
L’abbinamento proposto da Raffaele è
perfetto perché nel libro si parla di qualcosa
che riguarda l’essere umano senza
costruzioni, così come questa birra che nasce
senza forzature. Raffo aggiunge che il
“Lambic è una birra difficile alla bevuta, che
non incontra i gusti di tutti, per la sua acidità.
Mi sembra quasi che libro e birra, con questo accostamento, acquisiscano un sapore
aggiunto alla loro degustazione, e sono tentata dal farmi versare la birra da Raffaele e
leggere qualche passo tra un sorso e l’altro.
Potrebbe essere un altro esperimento, che ne dite? Infondo, bisogna verificare l’efficacia
dell’unione. Vi terrò aggiornati! Buona birra e buona lettura!
Maria Rosaria Ferrara
“Scrittrice, blogger e musicista...
praticamente giullare alla corte
delle emozioni”
Keep calm,
I'm a food addicted
di Irene Donesi
Cominciare la mia rubrica a Febbraio non
mi dispiace affatto. In fondo è un mese
goloso per tradizione; carnevale con la
classica lasagna, le chiacchiere croccanti e
le soffici castagnole. Poi, come la mettiamo
con i cioccolatini di San Valentino?
Diciamo che i buoni propositi per
mantenersi in forma anche questo mese
saranno messi a dura prova. Invitanti e
succulenti
prelibatezze
gastronomiche
finiranno col tentare la nostra forza di
volontà e ,sono certa, nella maggior parte dei
casi, non riusciremo a dire no. Perché in
fondo, come diceva Oscar Wilde: «l' unico
modo per liberarsi di una tentazione è
cedervi».
Il primo maggio a Milano prenderà il via l'
expo 2015, un evento di rilevanza mondiale,
attesissimo e dedicato, per quest'edizione,
all'alimentazione. Il cibo è vita, nutrimento
del pianeta, ma anche e soprattutto cultura,
moda.
E allora io, amante della buona tavola e
sempre attenta alle ultime tendenze, vorrei
portarvi alla scoperta di nuovi sapori,
tenterò di trasportarvi da una parte
all'altra del mondo raccontandovi abitudini,
novità culinarie ed emozionanti esperienze
gastronomiche.
Per questo primo appuntamento voglio
prendervi davvero per la gola. Comincio in
qualche modo...dalla fine; comincio dal
dolce!
Per questo primo appuntamento voglio
prendervi davvero per la gola. Comincio in
qualche modo...dalla fine; comincio dal
dolce!
Soffice e leggero, goloso senza essere
stucchevole, i parigini gli dedicano sette
giorni di festa: ecco a voi sua maestà
l'Eclair. Un classico della pasticceria
francese, inventato ai primi dell'Ottocento da
Marie Antoine Carême, è stato rilanciato
qualche anno fa dal famoso pastry chef
Christophe Adam, proprietario adesso a
Parigi di due pasticcerie specializzate:
«Eclair de genie» (il colpo di genio).
Eclair significa lampo ed è proprio in un
lampo che il morbidissimo dolcetto ha
surclassato, in fatto di popolarità i
famosissimi e sempre francesi macaroon
(dolcetti di mandorla e meringa ripieni di
crema) e i deliziosi e variegati cupcakes di
origine però anglosassone.
Alla base dell'Eclair c'è la pasta choux, un
impasto neutro da poter infatti farcire sia con
creme dolci che salate. É di forma lunga e
sottile, va cotto in forno, poi farcito e
rigorosamente glassato. Mentre Parigi gli
dedica un'intera settimana di festeggiamenti,
in Italia, questo goloso pasticcino, non si è
ancora ritagliato un posto di rilievo nel
mondo del foodstyle. Solo a Firenze, Rudolf
Rainer, nelle sue due pasticcerie, sembra
abbia colto questa nuova moda, tanto da
scrivere anche un libro (Eclair, Bignè e torte
in pasta choux. Giunti editore) Ma se vi
trovate a Milano, potete passare da Ernest
Knam, il famoso re del cioccolato, e ritirare,
su ordinazione, la sua versione esclusiva
dell'eclair farcito e glassato con tre creme
diverse: zabaione, lampone e crema
pasticcera.
Ma se volete riprodurlo a casa vi suggerisco
una ricettina per l'impasto base!
La Ricetta
500gr di acqua
200gr di burro
5gr di sale (un cucchiaino)
300gr di farina
12uova
Procedimento: portare a bollore l'acqua e il
burro. Aggiungere farina e sale, cuocere e
girare con un cucchiaio di legno fin quando
non si forma una palla che tende a staccarsi
dalle pareti. Spegnere il fuoco e lasciare
raffreddare per almeno 15 minuti, girando di
tanto in tanto. Aggiungere le uova una alla
volta. Mettere il composto ottenuto in una
sac à poche con bocchetta liscia dal diametro
di 12 mm. Formare gli eclair a forma di
bastoncini lunghi 10 - 12 cm. Cuocere in
forno statico 200 gradi
per 20 minuti.
Irene Donesi
“Laureata in lettere moderne, appassionata di
cucina e lifestyle, scovo sempre la
ricetta perfetta!
Perennemente con le mani in pasta”
Racconti
"Il mare d'inverno"
La prima volta
di Vittorio Tatti
Di quella giornata accarezzata dai raggi
del sole e da un tiepido scirocco, rammento
il nostro primo appuntamento. Ricordo
come se fosse ieri, e con lo stesso
adolescenziale imbarazzo, quando i nostri
sguardi si incrociarono per la prima volta.
Ebbi l'impressione di varcare le porte del
paradiso. Dopo aver rotto il ghiaccio con
un timoroso “ciao” mi avvicinai per una
stretta di mano esageratamente formale. La
tua presenza mi rasserenò ma, allo stesso
tempo, provocò una dolorosa fitta al petto.
Avendoti lì, vicina a me, mi assalì
l'immediata
paura
di
perderti.
Fortunatamente il tuo carattere gioioso
spazzò via ogni ombrosa nuvola dai miei
pensieri. Assaggiammo il nostro primo
gelato mano nella mano. L'amore stava
scaldando i nostri corpi, non solo i nostri
cuori, così lo finimmo prima che si
sciogliesse. Dopo quello arrivò il nostro
primo bacio. Non per mia iniziativa, ma
nemmeno per la tua.
Successe e basta, non ricordo nemmeno
io come. Ma ricordo benissimo il durante,
perché è ancora impresso in me. E poi
giunse la prima volta che facemmo l'amore.
I nostri corpi nudi, distesi sulla sabbia,
venivano accarezzati dalle placide onde del
mare. Fu un momento magico e
indimenticabile, che ora si largo
prepotentemente nei miei pensieri. Un
ricordo indelebile nel mio cuore e nella mia
mente. Un ricordo doloroso e piacevole
allo stesso tempo.
Un anno dopo, mentre ripenso a quella
calda giornata, mi trovo qui nello stesso
luogo. Adesso è inverno e fa freddo, non
solo intorno ma anche all'interno del mio
petto. Stavolta tu non sei presente e le onde
del mare in burrasca esultano per il mio
cuore infranto. Il cielo è grigio, come il mio
sguardo spento. Senza la tua presenza ad
accenderlo non riesco nemmeno ad immaginare
l'alba del giorno dopo. Sento ancora sulla mia
pelle la sensazione del contatto con il tuo corpo.
Vibro tutto, quando i miei pensieri ripercorrono la
strada a ritroso fino al nostro ultimo istante
vissuto insieme .
Breve ma intenso. Quel mare, che era diventato
il testimone della nascita del nostro amore, decise
di volerti tutta per sé. Ti strappò dalle mie mani
con la ferocia di un amante innamorato folle di
gelosia. Non riuscii ad oppormi. Per quanto ti
amassi la mia mano lasciò la presa e ti perse per
sempre. Non me lo perdonerò mai. Così eccomi
qui, a dodici mesi esatti da quando il destino
decise di dividere le nostre strade, intento a non
perderti nuovamente. Se non potrò sottrarti alle
agitate acque del mare, mi unirò a voi due. Mi
accontenterò di essere l'altro, il rimpiazzo, la
seconda scelta. Ma mai più rinuncerò a te. Verrò
fagocitato dagli abissi profondi e diverrò schiuma
marina. Smetterò di respirare. Poi, accompagnati
dalle onde, i nostri cuori si uniranno di nuovo.
Un sorriso mi ha salvato la vita
di Imma Gaglione
Metto a terra l'ultima valigia, chiudo la porta alle mie spalle, mettendo fine a quello che
io pensavo, fino ad una settimana fa, essere il matrimonio perfetto. Eravamo io e lui, Elena
e Leonardo complici, innamorati, presi l'uno dall'altra in un modo che faceva quasi paura. O
almeno questo era quello che credevo io.
Mercoledì scorso avevo finito di lavorare prima del solito, volevo organizzargli una
cenetta romantica, era un po' che non facevamo l'amore ed io mi rimproveravo, credendomi
colpevole, perché presa troppo dal lavoro. Avevo comprato gli ingredienti per i suoi piatti
preferiti. Tornando a casa, l'ho trovato a letto con la vicina, nel mio letto, nel nostro letto,
come quello che succede in una squallida commedia di terza categoria, solo che quello non
era un film, era la mia vita.
Inizialmente ha prevalso la rabbia: ho afferrato la vicina, ancora intenta a cavalcare mio
marito, per i capelli e l'ho trascinata, nuda, fuori dal pianerottolo, poi è stato il turno di lui.
Non ci sono state bugie o preghiere per farsi perdonare. Mi ha detto che tra noi le cose non
andavano da tanto e che lui si era innamorato di un'altra. E' stata una doccia fredda, mi
sentivo umiliata, stupida, tremendamente ferita. Sono stata via di casa per giorni, odiandolo
e al tempo stesso pregando perché mi cercasse. Ho passato le giornate a fissare il telefono.
Nulla, non ha suonato mai. Fino ad arrivare a questa mattina. Mi ha chiesto di vederci a
casa nostra, mi sono appigliata a quell'aggettivo possessivo con le unghie e con i denti,
come una stupida quindicenne, ma quella ormai non era più “casa nostra”, me ne sono
accorta appena entrata, vedendo, con la coda dell'occhio, tutte le mie valigie nel salotto.
Perdendo ogni briciolo di dignità, l'ho pregato di ripensarci, di dare a me e a noi una
seconda possibilità. Nei suoi occhi c'era pena, l'uomo che mi aveva amata per anni, che mi
aveva guardata con affetto, rispetto, passione, ora mi guardava come un animale ferito.
Ho ancora quegli occhi stampati nella testa, mentre cammino sul lungomare di Catania,
la città che ho sempre adorato, che mi dava forza, carica, oggi sembra così fredda, così
spenta.
Non ho più un motivo per vivere, riesco ad ascoltare il flusso dei miei pensieri, so che
questa non sono io, che io sono più forte di questa donna che non riesce a fare altro che
trascinarsi per strada, ma ora non posso farci niente, la mia forza non la trovo. Voglio solo
che finisca tutto, voglio smettere di pensare. Mi ritrovo, senza nemmeno rendermene conto,
su una piccola spiaggetta. Fisso il mare, che oggi è particolarmente arrabbiato. Forse se
provassi ad immergermi e a lasciarmi cadere a picco, non sentirò più questo dolore. Sul
fondo del mare riuscirò finalmente a spegnere la luce e a dormire per sempre.
Uno, due, tre passi, le onde arrivano a toccare le mie scarpe. Procedo ancora, l'acqua è
così fredda da sembrare tante lame, che trafiggono il mio corpo. Funziona: tutto questo mi
distrae dai miei pensieri. Mi sonno immersa fino alle gambe, quando sento una risata
spontanea, chiassosa, irruenta, contagiosa, che non accenna a fermarsi.
E' familiare, mi ricorda qualcuno, mi ricorda me. Mi volto e vedo una ragazza al
cellulare, seduta su uno scoglio, che parla, poi ride e guarda l'orizzonte. Un tempo lo facevo
anch'io, immaginavo cosa potesse esserci dall'altra parte del mare, sognavo il grande amore,
credevo nel futuro e questa cosa mi teneva viva.
«Signora, sta bene?» mi chiede la ragazza, guardandomi confusa, distraendomi dai miei
pensieri. Si è accorta di me.
«Si, sto bene» rispondo, sorridendo, stupendomi di quanto quest'affermazione sia
sincera.
«Ho perso il mio orecchino..» dico, non smettendo di sorridere.
Sorride anche lei, come poco prima al telefono.
«E lei si tuffa a mare, a febbraio, per un orecchino? Deve valere molto.» ribatte.
«Credevo valesse quanto la mia vita, ma mi sbagliavo di grosso.»
Mi porge la mano e mi aiuta ad uscire dall'acqua. Noto il libro che ha tra le mani “Essere
felici” di Osho.
«Libro interessante..» dico.
«Sono laureata in psicologia, sogno di aiutare gli alti.» risponde.
«Penso che tu ne abbia tutte le possibilità. Ho un po' di soldi da parte e pensavo di
fondare una piccola associazione, che offra un sostegno psicologico per le donne che hanno
pensato o pensano al suicidio. Ti andrebbe di aiutarmi?»
Mi guarda come se fossi pazza e ride, come per assecondarmi.
«E come la chiamiamo?» chiede, ancora ridendo.
«Il mare d'inverno.» rispondo e fisso l'orizzonte davanti a me, con gli occhi sognanti che
voglio avere per tutta la vita.
Un sorriso mi ha salvato la vita. Userò il mio per salvare quella degli altri.
La nostra spiaggia
di Elena Brilli
C'è il sole stamani. Èfreddo, un freddo
pungente e fastidioso alle narici, ma almeno c'è
il sole. Son scesa dal treno, poche centinaia di
metri e sarò sulla spiaggia, la nostra spiaggia.
'Cazzo quanto pesa!'
Ho messo l'urna con le 'sue' ceneri nello
zaino, ho avuto il permesso dalla famiglia di fare
io quest'ultimo saluto a Luigi. Ho scelto e
chiesto di poterlo fare da sola,nel luogo in cui ci
eravamo conosciuti, solo io e lui, come la prima
volta.
'Cazzo quanto pesa però!'.
Si è alzato il vento, porta con se qualche
granello di neve ghiacciata dalle vicine Apuane.
'Il mare sarà agitatissimo...come quel giorno...'.
Era una giornata ventosa di primavera quel
giorno, il mare muoveva i suoi flutti arrabbiati e
nervosi e io sfidando la forza del vento e il
risucchio delle onde avevo immerso i piedi in
acqua. La nebbiolina schiumosa delle onde
bagnava il mio viso e si mischiava, aggiungendo
loro il sapore del sale, alle lacrime che
scendevano copiose a salutare con il loro corso
sulle guance i miei genitori che mi avevano
lasciata da sola, all'improvviso, in quel maledetto
incidente la sera di Pasqua, mentre tornavano a
casa dopo aver passato la giornata con me.
'Se solo con una scusa qualsiasi avessi
impedito loro di venire a trovarmi, se solo avessi
chiesto loro di non farsi quelle svariate centinaia
di chilometri per passare qualche ora insieme e
scambiare con me le solite chiacchere che
avremmo potuto fare al telefono, senza il calore
di un abbraccio e di una carezza!'.
Questi i pensieri confusi che affollavano la
mia mente, mentre non mi accorgevo che i
sussulti del mare arrivavano a bagnare sempre
più in alto, e i pantaloni erano già inzuppati ben
oltre il risvolto che avevo fatto per arginare
l'acqua...
Si era avvicinato, il volto sereno, due tranquilli
occhi celesti, una mano calda, accogliente, tesa...
'Ehi!... Ti stai bagnando tutta!... Va tutto
bene?... Vieni indietro...vieni che ti offro un
tè caldo al bar in passeggiata...vieni, che
altrimenti alla peggio ci finisci dentro alla
burrasca, e meglio che ti vada ti becchi la
bronchite!'.
Mi ero scossa, avevo tirato su con il
naso, l'avevo guardato per lunghi attimi
chiedendomi chi fosse, chi l'aveva mandato
lì, proprio da me, proprio lui...poi avevo
fatto un paio di passi indietro e avevo
messo la mia mano dentro la sua...
'Quanto è calda...è piacevole star qua,
racchiusa
nella
mano
di
questo
sconosciuto...'.
'Mi
chiamo
Luigi...tu?...
Sembri
sconvolta...hai voglia di parlarne? Io posso
ascoltare, se a te va bene...'.
Da quel giorno ventoso la sua mano
calda e accogliente non aveva mai lasciato
la mia, ed eravamo tornati tante volte in
quel pezzetto di spiaggia, nel 'nostro'
angolino di mare, a ridere, a giocare, a far
l'amore con gli occhi con le mani con le
parole...a litigare anche qualche volta...
Poi era arrivata la malattia, e dolore ospedali dottori...poi la chemio...sprazzi di
luce...squarci di sereno...e poi di nuovo il buio...e ancora ospedali dottori dolore, e angoscia,
e sguardi pietosi, e addii...e addio...l'ultimo...per me... Se ne era andato Luigi, lasciandomi
sola, in una surrealmente calda mattina di inizio inverno, quasi che volesse dire a chi
restava che la notte non necessariamente è buia...che l'inverno non necessariamente è privo
di calore...che la mancanza non necessariamente è assenza...
Sono arrivata in spiaggia...sono sola...ci sono solo io nel 'nostro' angolino di mare
d'inverno. Il mare si agita e ruggisce al largo...ma a riva, stranamente, arriva calmo. È
freddo e, come quel primo giorno, il vento mischiato alla nebbia del mare mi bagna la
faccia... Appoggio lo zaino, lo apro...l'urna è nera, fredda, pesante...non mi rassegno al fatto
che il calore di una vita possa star dentro ad un contenitore tanto freddo...vorrei
appoggiarmelo sul petto...scaldarlo nello stesso modo in cui lui aveva scaldato la mia mano
e il mio cuore dal momento che i nostri sguardi si erano incrociati. Mi levo le scarpe e le
calze...
'Cazzo se è freddo!'.
Quasi non mi accorgo e l'acqua già mi bagna i piedi...strano a dirsi, ma sembra quasi
calda, ora che sono dentro...
'Domani avrò la febbre...'.
Guardo il mare...la sua immensa furia si placa all'improvviso, una tregua concessa al
mondo. Apro l'urna, la rovescio...il vento si porta via quel che resta del mio amore, della
mia vita, della mia anima, della mia felicità...
E piango...non credevo di avere ancora lacrime da versare...no, aspetta, è solo il
nevischio portato dal vento...
Appoggio quell'odioso cilindro freddo, ormai privo di ogni senso, sulla sabbia...mi volto,
mi allontano, mi rimetto calze e scarpe...
Non sono sola...rimane con me di quel mucchietto di cenere un figlio che sto crescendo
dentro...avrà le mani calde...e io scalderò le sue.
Crediti
Imma Gaglione
Vittorio Tatti
Direttore – Redattore di “C'era una volta...”
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zucchero...” - Copertina
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Redattrice di “Un libro fra le mani...”
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Elena Brilli
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L'angolo dei lettori
Cari lettori, permettetemi di inaugurare ufficialmente lo spazio riservato alle vostre considerazioni
personali. Per questo numero non faccio più in tempo ma, dal prossimo, potrò pubblicare
finalmente le vostre e-mail. Contenti?
Intanto vi annuncio che il questionario verrà inglobato nella sezione della posta, in quanto molti
lettori l'hanno trovato scomodo da compilare e inviare.
Per ovviare a tale problema, sparirà del tutto il layout grafico, lasciando carta bianca a
suggerimenti, critiche e via dicendo.
Chi vorrà, potrà continuare a utilizzare il voto numerico.
Il tutto andrà recapitato all'indirizzo e-mail [email protected]
Vittorio Tatti