IN GRANDE! Vittorio Tatti Direttore di Il mondo in mondo in un blog E-zine Il numero di Natale dell'e-zine ha riscosso un notevole successo, al punto che abbiamo dovuto ampliare la quantità di pagine a nostra disposizione (con somma gioia di chi si occuperà della grafica ahahahahah ndVittorio), perché nuove redattrici si sono aggiunte alla già nutrita schiera di mani&menti esperte. Non solo gli articoli ma anche i racconti, però, hanno contribuito a catturare l'attenzione di chi è più interessato alla narrativa piuttosto che all'intrattenimento di altro genere. Stiamo crescendo, migliorando e gli articoli di prossima pubblicazione non potranno che dare ulteriore lustro alla rivista elettronica. Per adesso, tuttavia, non possiamo ancora andare verso la pubblicazione periodica. Chi scrive per l'e-zine lo fa gratuitamente e solo per passione. Di conseguenza, nonostante gli sforzi per rispettare le varie scadenze, può capitare che impegni più importanti abbiano la priorità sulla stesura dell'articolo. Vi chiediamo, quindi, di avere pazienza. Se davvero apprezzate quello che leggete in queste pagine, allora rinnovo l'invito farci pervenire i vostri pareri (non più tramite questionario, come leggerete alla fide della rivista ndVittorio). Solo in questo modo saremo in grado di capire cosa migliorare e cosa lasciare inalterato. In poche parole: il vostro contributo è indispensabile. Prima di lasciarvi alla lettura del terzo numero, vorrei invitarvi a una riflessione. In Italia, ormai si sa, si scrive tanto (troppo) ma si legge poco (troppo). Spesso, chi si cimenta nella scrittura di un romanzo autopubblicato, è totalmente carente nella grammatica di base. A volte, si affronta con eccessiva superficialità la difficoltà che comporta tradurre i propri pensieri in parole scritte. Inoltre, con il mercato degli e-book ormai saturo, è sempre più difficile ricavare una propria nicchia di lettori fedeli e sinceramente interessati. Con queste premesse, secondo voi, cosa ci spinge verso la "necessità" di far sapere al mondo quello che si cela nei nostri cuori? Mania di protagonismo? Desiderio di emulazione? Passione per la scrittura? Fateci sapere cosa ne pensate così, tramite l'angolo della posta (da me curato), anche voi avrete modo di esternare le vostre considerazioni sull'argomento. Le e-mail potranno essere spedite all'indirizzo [email protected] Anche per questo numero è tutto. Quando leggerete queste righe noi, probabilmente, saremo già al lavoro sulla quarta uscita (teoricamente prevista per la metà di Aprile). Ci piace essere letti ma, ancora di più, ci piace scrivere. INDICE 03 La Girastoria di Silvia Boscolo 07 Poetici Incontri di Lucia Boggia 10 Le stagioni in Giappone di Eufemia Griffo 13 Inseguendo il Bianconigno di Elena Brilli 16 Basta un poco di zucchero di Imma Gaglione 18 C'era una volta... di Vittorio Tatti 21 Un libro fra le mani... di Lettrice Segreta 24 La settima nota di Anemone Cerami 27 Spillaletture di Maria R. Ferrara 30 Keep calm, I'm a food addicted di Irene Donesi Racconti La prima volta 33 di Vittorio Tatti Un sorriso mi ha salvato la vita 34 di Imma Gaglione La nostra spiaggia 36 di Elena Brilli 38 Crediti - Posta La Girastoria Il femminismo nel mondo antico, la saggezza e la forza di Ipazia. Si torna con questo nuovo appuntamento per parlare ancora una volta di donne, quella grande forza nascosta e incompresa che da tempo esiste da quando la civiltà ha iniziato a muovere i primi passi, una forza molte volte repressa, ma mai del tutto soggiogata, che dimostra, come gli uomini, quanto le donne siano in grado di dare un contributo per fare la storia del mondo. Questa volta però raccontiamo la storia di un personaggio vissuto nell’antica Grecia, quindi facciamo un bel salto indietro nel tempo Matematica, filosofa e astronoma questa donna dalla mente geniale e martire della libertà di pensiero è Ipazia, nata in una delle città più famose e importanti del mondo antico, ovvero Alessandria d’Egitto centro nevralgico degli studi scientifici e culturali, seconda soltanto a Roma per grandezza e ricchezza. Non si ha una data precisa della nascita di questa studiosa ma molti storici sono d’accordo nell’affermare che sia nata nella seconda metà del IV secolo dal padre Teone noto come “il geometra, il filosofo d’Alessandria” e madre purtroppo a noi ignota. Ipazia dimostrò di avere una grande talento per la materia filosofica e matematica ma più di tutte fu migliore del padre per quanto riguarda l’astronomia, divenne da allieva a collaboratrice del genitore sostituendolo in diverse occasioni anche come insegnante, arrivando già dal 393 a capo della scuola alessandrina. di Silvia Boscolo Purtroppo non esistono opere autografe e si sa veramente molto poco sul suo effettivo contributo allo sviluppo del sapere matematico ed astronomico nella celebre città di Alessandria. Quello che ci è pervenuto sono i risultati dei suoi insegnamenti attraverso agli appunti di uno dei suoi allievi, Sinesio. Quest’ultimo, infatti grazie a lei, concepì l’astrolabio, cioè un antico strumento astronomico tramite il quale è possibile individuare e calcolare la posizione dei corpi celesti. Un altro strumento costruito sulla base degli insegnamenti di Ipazia è l’idroscopio, ovvero uno strumento atto a misurare il peso dei liquidi, oggi, invece, lo si intende come strumento usato per esplorare il fondo marino. Sebbene non sembra esista nemmeno un contributo di tipo filosofico di Ipazia rimane comunque la sua influenza sulle opere scritte dai suoi allievi e il rispetto che questi portavano verso la sua persona, che l’ha fatta diventare appunto riverita nella comunità di Alessandria. Era il periodo dei decreti teodosiani con cui l’imperatore aveva sancito la proibizione di ogni genere di culto pagano ordinando la distruzione dei templi oppure trasformandone alcuni in chiese e cattedrali come il Cesareo (ovvero il tempio di Augusto). Il vescovo di Alessandria, Teofilo, usò tutti i mezzi possibili per recare offesa a chi praticava il culto pagano tanto da provocare l’ira di questi ultimi che tramarono una cospirazione ai danni dei cristiani ferendone e uccidendone alcuni. L’imperatore tentò di sollecitare la comunità ellenica alla conversione alla fede cristiana ma questi, come ultimo atto, abbandonarono i templi da loro occupati per salvare la propria vita. Dimostrazione che nel corso della storia non si arriva mai a soluzioni pacifiche anzi si trova sempre il modo di commettere nefandezze per raggiungere i propri scopi, infatti, il vescovo Teofilo usò mezzi come l’inganno per portare a compimento i progetti di esclusione di chi praticava il culto pagano. In seguito a queste tensioni non si sa di preciso quale fu la posizione o il pensiero di Ipazia, poiché all’interno della comunità, grazie alla sua saggezza dovutale dalla sua enorme cultura, aveva un ruolo di grande spicco e prestigio tanto renderla consigliera quando i capi della città avevano bisogno. Non so se avete visto il film, abbastanza recente, proprio sul personaggio di Ipazia intitolato Agorà del 2009 diretto da Alejandro Amenábar. Racconta la storia, senza dubbio romanzata ma comunque efficace riguardo alla libertà di pensiero, appunto di Ipazia. Vi consiglio davvero di vederlo perché aldilà della veridicità della storia comunque delinea un quadro convincente della figura storica di Ipazia, mostra di fatto la collaborazione con il padre nelle materie scientifiche e matematiche, l’insegnamento nella scuola alessandrina e della saggezza che ella porta e il prestigio e il rispetto derivatale all’interno dell’intera comunità. Nella realtà storica purtroppo, e nel clima che si respirava all’epoca, (come anche raccontato nel film) di tensione, diffidenza e rabbia Ipazia subì alla fine le ire del fanatismo cristiano che ormai dominava da qualche tempo e che aveva soverchiato quasi completamente la cultura ellenistica. Venne catturata da un gruppo piuttosto nutrito di cristiani e successivamente uccisa, il corpo fatto a pezzi e poi bruciati per cancellare ogni traccia della sua esistenza. Quello che ammiro di questa donna è che ha mantenuto fino alla fine i propri ideali, non si convertì al cristianesimo per una questione di sopravvivenza o anche di convenienza come fatto da molti a quel tempo perché avrebbe voluto dire abbandonare tutto ciò in cui credeva e tutto ciò per cui aveva lottato e conquistato con la sua determinazione e la sua passione. Silvia Boscolo “Mi chiamo Silvia e sono una modesta e “recidiva” studentessa universitaria, amante di libri, di film, di viaggi e della natura. Mi definisco molte cose ma più di tutto in questo sono amica e blogger. Mi piace molto anche cucinare ma è meglio dire che mi piace la sensazione che mi dà il momento in cui mi metto ai fornelli e seguire una ricetta, mi fa passare lo stress e mi mette di buonumore” Poetici Incontri di Lucia Boggia Eccoci al nostro primo appuntamento con la rubrica “Poetici incontri”. Non è stato difficile trovare un argomento di cui occuparmi, dato che è da tempo che coltivo questo sogno: uno spazio da dedicare alla magia della poesia e da condividere con tutti voi, attraverso le parole e la vita di quelli che, per me, sono stati i più grandi poeti di tutti i tempi. L’idea sarebbe quella di presentarvene ogni volta uno, tratteggiandone il ritratto. Non un ritratto dipinto con le solite biografie, piene di dati e di fatti affastellati gli uni sugli altri, ma un quadro venuto fuori dalle impressioni nate in me, leggendo quegli autori… come fosse un romanzo. Un romanzo che vorrei leggeste insieme a me. Il primo amico che vorrei presentarvi è il mio carissimo John Keats, poeta inglese vissuto nell’Ottocento… un romanticone, ovviamente. Perché proprio lui? Beh, perché John è John: è uno dei più grandi simboli del romanticismo inglese. Un romanticismo allo stesso tempo delicato e profondamente tormentato, con una vena ironica e scherzosa sparsa qua e là. Qualche riferimento, seppur minimo, alla sua vita è comunque d’obbligo… se non altro per conoscere il contesto in cui vive ed opera: nasce il 31 Ottobre del 1795, da Thomas e Frances Jennings; al 1814 circa, risalgono le sue prime poesie, tra cui ricordiamo Imitation of Spencer e To Lord Byron, mentre il 25 Luglio del 1816 sull’«Examiner» viene pubblicata la sua prima poesia, il sonetto O solitude. Due sono gli eventi che, in positivo e in negativo, sconvolgono la sua vita: l’incontro, nel Settembre del 1818, con Fanny Brawne, che diventerà la sua musa ispiratrice e al cui amore resterà legato fino alla morte; e la scomparsa del giovane fratello Tom, il primo dicembre dello stesso anno, morto di tubercolosi, malattia di cui morirà lo stesso Keats, qualche anno dopo. In seguito a questo triste avvenimento, il poeta si trasferisce con lo scrittore e amico Charles Brown a Wentworth (Place Hampstead). Il 3 febbraio del 1820 Keats è colpito dal primo attacco del suo male; un male a cui nemmeno il trasferimento in Italia, riuscirà a mettere fine: il poeta morirà a Roma il 25 febbraio del 1821. La scelta di citare solo pochi, particolari avvenimenti ha un motivo: credo infatti che, a parte in qualche caso, l’amore di Fanny Brawne e la malattia con cui Keats si ritrova a fare i conti (prima con la madre e il fratello, poi vivendola sulla sua pelle), abbiano influito molto sulla sua già profonda sensibilità. Accostandomi alla lettura di questo grande poeta, sono stata davvero rapita dal suo particolare modo di scrivere e di combinare tra loro le parole: la poesia di Keats è melodia pura, come se con un ridottissimo spettro di lettere, riuscisse a creare un’immensa tavolozza di colori, uno più bello dell’altro. I suoi componimenti sono un mosaico, le cui tessere trovano sempre nuove combinazioni, e ognuna di esse nasconde al proprio interno significati tutti da scoprire. È come prendere un pennello tra le mani e cominciare a stendere il colore sulla tela, senza sapere dove esso ti porterà. Che il suo temperamento sia malinconico e romantico, sempre alla ricerca di quel “qualcosa” che tutti noi rincorriamo, senza mai trovare, traspare in maniera chiara ed evidente dai suoi testi. Lo vediamo in Fill for me a brinning bowl, in cui l’autore traduce con versi tormentati e delicati a un tempo, il tema dell’amore struggente e dell’inappagabile visione della donna. Lo vediamo nel suo desiderio ardente di riempire quella coppa fino all’orlo, per poi potervi annegare con tutta l’anima, o nella spasmodica ricerca delle acque del Lete, che avrebbero così il potere di liberarlo dal velenoso pensiero dell’amore. Ma il tormento interiore del giovane Keats è presente anche nella già citata O solitude! If I must with thee dwell, dialogo tra se stesso e la solitudine, temuta e invocata allo stesso tempo. Ciò che colpisce del suo stile, è che in esso si mescolano toni classicheggianti e mitici e pennellate del più intenso lirismo romantico, senza per questo disturbare l’armonia dei versi. Tra le poesie che toccano le più alte vette, c’è sicuramente Bright star would I were stedfast as thou art. Sì, sarà che mi sono innamorata della sua storia d’amore, ma credo che un po’ tutti (in segreto) vorremmo che qualcuno ci dedicasse parole simili. Eccolo che parla alla sua Fulgida stella, desiderando di essere come lei: ferma e costante, mentre riluce nel cielo notturno. Eccolo che desidera farsi stella come lei, lei che dall’alto fissa lo scorrere delle acque o i cristalli di neve, mentre scendono sulle montagne. Perso, nel dolce respiro del suo amore, esprime il desiderio di vivere per sempre così… «o venir meno nella morte». È così che si chiude la splendida lirica, nei versi della quale il poeta non può non apparentare l’amore alla morte o, comunque, al senso dell’eternità. Ed è così che, ironicamente, termina anche il suo amore: un amore reso eterno proprio attraverso la morte… Più grande simbolo del romanticismo non può esistere: una vita che ha scritto con i gesti, le stesse cose che ha espresso nei suoi versi immortali. Lucia Boggia Testa tra le nuvole, sempre in cerca di un posto per me: lo trovo nei libri o nell’immaginazione. Studentessa universitaria, aspirante filologa e aspirante scrittrice. Ma, più di tutto… un’inguaribile sognatrice… Le stagioni in Giappone 秋 aki (autunno) e 冬 fuyu (inverno) di Eufemia Griffo I Giapponesi scandiscono il ritmo della vita a secondo delle stagioni e dei colori ad esse abbinati: la vita nel Sol Levante è legata ad ogni sfumatura del tempo e al mutare delle stagioni. Come non farsi affascinare da tutto questo? In questo articolo, affronteremo come tema l’autunno e l’inverno giapponesi, con le connotazioni che li determinano e le tradizioni che animano queste due stagioni. 秋 Aki - Autunno L’estate è terminata ed in Giappone tutti i colori sembrano prendere vita: chi ha avuto la fortuna di recarsi in questo paese, descrive Aki (autunno) come un periodo magico. I giapponesi hanno conservato nel tempo una passione innata per la contemplazione della natura e le sue manifestazioni spontanee; i colori dell’autunno giapponese sono più unici che rari e celebri poeti hanno decantato le meraviglie delle stagioni nelle sue varie manifestazioni, ma nulla può ancora essere paragonato alla possibilità di vivere dal vivo questi spazi. Se la primavera giapponese è nota per “hanami” (ammirare gli alberi) e per la fioritura dei sakura (fiori di ciliegio) che tingono di rosa le città, aki ossia l’autunno, pare rubare la tavolozza alla primavera per ridipingere la natura di giallo oro e di rosso. Sono i momiji (Acer Japonicum.) ossia gli aceri giapponesi, che dominano l’autunno e le persone, si fermano ad osservare questo spettacolo unico (momijigari) , sentendo il profumo di aki nell’aria, passeggiando per i boschi dove si intrattengono seduti nei prati a chiacchierare (come avviene per hanami), consumando il loro bento (il pranzo) sotto un albero. Leggeri ma freddi soffi di vento cominciano ad avvolgere le città, si tirano fuori dagli armadi giacche e cappelli, e la natura dà il meglio di sé, pronta a mettersi in mostra con uno degli spettacoli più belli del mondo. In Giappone esistono molti luoghi incantevoli in cui poter godere pienamente le meraviglie dell’autunno; Tokyo, capitale del Giappone, è conosciuta in autunno per i tramonti suggestivi e le passeggiate urbane. Visitare Tokyo in autunno è meno costoso che in altri periodi dell’anno. L’autunno dalla capitale è anche chiamato Momijigari perché il nome dai grandi aceri (momiji) presenti anche in città. Visitando la capitale in questo periodo dell’anno non manca d’imbattersi in strascichi d’estate e quindi non è raro trovare infatti passanti in maniche corte. Vicino a Tokyo c'è un giardino in puro stile nipponico di nome Rikugien (giardino delle sei poesie) in cui è possibile ammirare nella sua pienezza l'esplosione dei colori della natura. Questo giardino riproduce in miniatura 88 scene tratte da famose poesie Waka giapponesi. Il giardino rappresenta un ottimo esempio di giardino del Periodo di Edo, con un grande stagno centrale circondato da colline artificiali e piccole foreste, il tutto connesso da sentieri e ponticelli. Tsuruoka hachiman-gu, è invece il più importante santuario scintoista di Kamakura, che proprio in autunno raggiunge il culmine della sua bellezza E’ nell’osservazione della natura che la vita umana acquista significato; essa è come un fiore destinato a perire , eppure va assaporata con gusto, ogni giorno, così come si osserva un fiore, anche se il giorno successivo sarà irrimediabilmente appassito. 冬 Fuyu - Inverno Il Giappone in inverno è ancora più affascinante grazie alle mille luci e alle illuminazioni, agli addobbi, alle feste e alle tradizioni del Capodanno, nonché ai giochi sulla neve e le mille ed esotiche ricorrenze. Visitare il durante il periodo natalizio, avrà un effetto stupefacente sul turista: a Tokyo per esempio, ci sono addobbi e decorazioni natalizie sontuose, il tutto accompagnato da dolci e melodiche musiche che non hanno nulla da invidiare a quelli del mondo occidentale. Il Natale in Giappone è molto popolare benché esso assuma un significato ben diverso da quello religioso, che connota la festa cristiana. Non si tratta infatti di una festa nazionale ufficiale perché scuole ed uffici rimangono aperti il 25 Dicembre. Invece il 23 Dicembre, che celebra la data di nascita dell'imperatore Akihito, è festa nazionale. Durante il mese di Dicembre le città si riempiono di luci, ovunque spuntano alberi natalizi e addobbi di vario genere che però vengono smontati subito dopo il 25 Dicembre; infatti nel Sol Levante non si festeggia l'Epifania. Anche in Giappone si usa scambiarsi regali tra amici e parenti, e soprattutto tra fidanzatie. Il Natale infatti in Giappone è inteso come un momento da trascorrere con coloro che si ama. La vigilia di Natale è considerata una delle giornate più romantiche dell’anno, seconda solo a San Valentino; le coppie per esempio, trascorrono la serata in qualche ristorante o locale d’atmosfera. Tra i cibi che si utilizzano per festeggiare Natale, ricordiamo la Chsristmas cake, accompagnata da un bicchiere di vino e la torta chiamata Kurisumasu Keki, (è un pan di spagna farcito con panna, fragole e decorato a tema). I bambini sono i grandi protagonisti della festa e i più piccoli si scambino dei biglietti colorati di augurio contenenti delle preghiere. I bambini inoltre si recano anche negli ospedali o negli ospizi per i poveri per cantare canzoni natalizie e le famiglie che possono permetterselo fanno un regalo ai bisognosi. Hotei-Osho è la versione giapponese di Babbo Natale ed è un monaco buddista che porta di casa in casa i regali per i bambini; la tradizione rappresenta Hotei-Osho con degli occhi dietro la testa che gli permettono di vedere sempre ciò che fanno i bambini. Ma la vera festa dell’inverno per i giapponesi è il Capodanno: le famiglie si riuniscono per stare insieme e celebrare la rinascita e l’eterno ritorno della natura seguendo riti antichi, propiziatori di pace e prosperità. Il capodanno giapponese ( 正 月 Shōgatsu) celebra il nuovo anno secondo usanze e caratteristiche tipiche della cultura nipponica. La vigilia di capodanno è chiamata Ōmisoka (大晦日)e per r vivere l’intensità di questa festa ci si reca in visita a templi e reliquiari, dove la gente del posto, spesso vestita con i costumi tradizionali, giunge per pregare e lasciare doni votivi alle divinità. Invece il 2 gennaio a Tokyo, si può eccezionalmente entrare nella corte del palazzo imperiale per assistere alle uscite pubbliche dell’imperatore e della sua famiglia che ad orari prestabiliti e da un balcone protetto da un vetro, escono a salutare la folla festante. Dal mese di dicembre a marzo protagoniste assolute dell’inverno in Giappone sono le luci di fuochi e le lanterne che illuminano città e villaggi. A Tokyo per esempio, la famosa via Keyakizaka, si accende di bianco e di blu, mentre sulle sponde del fiume Megurogawa, migliaia di luci rosa danzano sull’acqua illuminando la notte, in onore delle foglie dei ciliegi in fiore che rifioriranno in primavera. Tra dicembre e marzo, nella città di Kyoto, le antiche strade si illuminano per l’ ”Hanatoro” che in giapponese significa “ via di fiori e di luci”, con migliaia di lanterne e giochi di luci e fiori che creano un’atmosfera assai suggestiva. Di grande fascino sono poi le installazioni e i giochi di luce del giardino botanico Nabano No Sato a Kuwana, realizzati con milioni di fonti led che riproducono figure, paesaggi e immagini di ogni tipo. Eufemia Griffo : Mi chiamo Eufemia e scrivo per passione, necessità, perché le parole sono dei sogni che su carta prendono forma ed anima. Le parole creano magia, legami, suscitano emozioni finanche conducono all'Amore. Mi piace la poesia, il Giappone, mi piace la creatività, ma soprattutto mi piace vivere! Non amo le mezze misure, sono o bianco o nero. Inseguendo il Bianconiglio Quando il Bianconiglio insegue un lavoro di Elena Brilli “Arriva un momento nella vita in cui non rimane altro da fare che percorrere la propria strada fino in fondo. Quello è il momento d’inseguire i propri sogni, quello è il momento di prendere il largo, forti delle proprie convinzioni. Quando piombi nella disperazione più cupa, ti si offre l’opportunità di scoprire la tua vera natura. Proprio come i sogni prendono vita quando meno te lo aspetti, così accade per le risposte ai dubbi che non riesci a risolvere. Lascia che il tuo istinto tracci la rotta per la saggezza, e fa che le tue paure siano sconfitte dalla speranza. La maggior parte di noi non è preparata ad affrontare i fallimenti ed è per questo che non siamo capaci di compiere il nostro destino. È facile sfidare quel che non comporta alcun rischio. La scoperta di nuovi mondi non ti porterà solo felicità e saggezza, ma anche tristezza e paura: come puoi apprezzare la felicità, senza sapere che cos’è la tristezza? Come puoi raggiungere la saggezza, senza affrontare le tue paure? Alla fine, la grande sfida della vita consiste nel superare i nostri limiti, spingendoci verso luoghi in cui mai avremmo immaginato di poter arrivare. I sogni sono fatti di tanta fatica. forse, se cerchiamo di prendere delle scorciatoie, perdiamo di vista la ragione per cui abbiamo cominciato a sognare e alla fine scopriamo che il sogno non ci appartiene più. Se ascoltiamo la saggezza del cuore il tempo infallibile ci farà incontrare il nostro destino. Ricorda: “Quando stai per rinunciare, quando senti che la vita è stata troppo dura con te, ricordati chi sei. Ricorda il tuo sogno”.” Sergio Bambarèn “Il delfino - i sentieri del sogno portano alla verità” La citazione che riporto in apertura di questo articolo racchiude in se tutto quello che questa rubrica rappresenta per me, e mi auguro possa rappresentare per voi. Così ho deciso di raccontarvi il mio ultimo inciampo nel fallimento e come il 'tempo infallibile' mi ha fatto incontrare il mio destino, almeno per quanto riguarda il momento attuale della mia vita che mi trovo giorno dopo giorno a costruire... Dunque, è successo che avessi firmato il contratto per la mia nuova casetta in affitto intorno alla metà del mese di settembre dello scorso anno e dopo aver faticato a lungo per renderla abitabile per me, il mio bambino e i miei due gattuzzi pelosi, vi fossi rientrata i primi giorni del mese di ottobre. È successo poi che intorno alla metà dello stesso mese un mio carissimo amico del- l'università con il quale avevo diviso le fatiche e le gioie di tanti esami della mia vita passata di studentessa modello, si facesse vivo dopo oltre cinque anni di silenzio reciproco, in cui ognuno di noi due aveva intrapreso la propria vita di inciampi, i miei, e successi, i suoi, per chiedermi come fosse messa la mia situazione lavorativa in quanto lui aveva bisogno di una persona che lavorasse con lui. È successo che io gli avessi risposto che non andava poi male, avevo un contratto a tempo indeterminato con un importante azienda internazionale, ma, essendomi appena trasferita, e avendo un po' di tempo libero dato che il contratto prevedeva poche ore settimanali, avremmo potuto comunque parlarne davanti ad una tazza di tè. È successo poi che alla fine del mese di ottobre la mia splendida azienda internazionale decidesse di chiudere il negozio per il quale lavoravo, comunicando a me e alle colleghe l'intenzione di procedere al licenziamento che sarebbe improcrastinabilmente avvenuto intorno alla metà del mese di dicembre scorso. È successo allora che io avessi immediatamente ricontattato quel mio caro amico e, ancora sotto shock per la notizia cocente, inaspettata, imprevedibile, devastante, gli avessi detto che la mia disponibilità ad ascoltare la sua proposta di lavoro era diventata, da un momento all'altro e mio malgrado, totale, quasi incondizionata e con carattere di estrema urgenza. È successo allora che un pomeriggio lo raggiungessi all'interno della sua azienda, che nel tempo del nostro perdersi di vista è accaduto che diventasse fiorente, rigogliosa e in cerca di nuova forza lavoro, riabbracciandolo dopo tanto tempo e ascoltando, con orecchi attenti e pensieri che avevanogià preso la decisione di accettare, quasi a scatola chiusa, la sua proposta del lavoro che lui aveva deciso di offrire a me, perché il caso aveva voluto che lui avesse pensato proprio a me, e chissà perché proprio a me, per ricoprire il ruolo che necessitava all'interno della sua azienda, all'interno di quel piccolo mondo produttivo che lui era riuscito a mettere in piedi nel tempo in cui io mi perdevo in relazioni sbagliate. È successo quindi che io accettassi, con gratitudine immensa e riconoscenza infinita, e che lui fosse altrettanto grato e riconoscente a me, secondo un meccanismo che ancora oggi non riesco a spiegarmi, e che iniziassi questa nuova avventura ancor prima che finisse, nella più mesta delle giornate pre-natalizie di dicembre quella che aveva costituito il fulcro della mia vita produttiva fino a che qualcuno non aveva deciso la sua conclusione al posto mio. Succede quindi adesso che io usi le mie mani e la mia mente per tagliare tessuti e pelli perché con il lavoro sapiente di altre figure professionali diventino borse, e vi confesso che non avevo mai fatto questo lavoro, ma imparo, mi rimbocco le maniche, e nel mio piccolo affronto le mie paure legate al costante senso di inadeguatezza e cerco di superare i miei limiti ogni momento. E niente sul finire dell'estate avrebbe mai potuto farmi pensare che l'avvicendarsi delle mie giornate avrebbe preso da lì all'inizio del nuovo anno una direzione tanto diversa da quella routine che scandiva le mie giornate fino a questi ultimi eventi. Sono cambiati i ritmi, le situazioni, le prospettive, le aspettative...una piccola grande rivoluzione delle abitudini, dei luoghi, delle persone, dei tempi, che ancora a momenti fatico a comprendere e a gestire. Mi ripetevo spesso nelle giornate che segnavano il passaggio dalla situazione precedente alla attuale, che mettevano il sigillo all'ennesimo fallimento delle mie aspettative per aprire uno spiraglio inaspettato su una nuova pagina del mio vivere quotidiano tutto da scrivere, che fosse stato il destino, il caso, chiamatelo come volete, a mettere in fila il concatenarsi esatto degli eventi, come pezzi di un puzzle ad incastro che mai era stato così tanto temporalmente perfetto in nessun altro momento della mia vita... Mi ripetevo che il destino, il caso, chiamatelo come volete, aveva deciso così, e talvolta nella vita si debba seguire gli eventi, senza opporsi, farsi trascinare dalla corrente così come viene, in modo che “il tempo infallibile” ci faccia “incontrare il nostro destino”. Non so se arriverò alla realizzazione dei miei sogni, ma un passo almeno inseguendo il Bianconiglio alla ricerca di un lavoro l'ho fatto, un salto nel buio di una professionalità che ancora non mi appartiene ma che ho intenzione di scoprire, un piccolo passo che confermi a quella parte di me che vuole accettazione, realizzazione, riconoscimento del proprio valore e delle proprie capacità, che sono una persona che vale, e che non può esser messa in un angolo nemmeno da una miserrima lettera che licenzia la matricola 30013. Non sono un numero, e non ho nessuna intenzione di farmi ridurre a tale da nessuno... “ricordati chi sei. Ricorda il tuo sogno.” Perciò, se qualcuno di voi si rivede, si ritrova in quello che scrive Sergio Bambarèn, scrivete, raccontate la vostra esperienza, quello che vi sta capitando, e chissà che non ci sia qualcuno da qualche parte che vi legge e scrive altresì che cerca proprio voi, proprio nel momento in cui avete più bisogno di quello che è disposto ad offrirvi! Io vi aspetto, contattatemi, e intanto preparo un po' di tè per tutti, che davanti ad una tazza di te con vecchi amici, credetemi, possono esserci rivoluzioni nella vostra vita che non avreste mai potuto immaginare, nemmeno nei vostri sogni più remoti! A presto! Elena Brilli “Mamma, blogger, innamorata, sognatrice, tormentata... In ordine sparso...” Basta un poco di zucchero #sorridoancheperlei di Imma Gaglione Quando ha smesso di essere divertente e ha cominciato a diventare un incubo senza via d'uscita? E' questa la domanda che mi pongo da quando, un mesetto fa, ho letto la notizia di una ragazza, che si è tolta la vita per una delusione d'amore. L'amore è un argomento delicato, perché può facilmente tramutarsi in disperazione. Tutto ciò che, un attimo prima, era unico e perfetto, improvvisamente può diventare fonte di sofferenza. E' per questo motivo che ci insegnano a non scherzare con i sentimenti, a non giocare con le persone, a non mentire davanti a degli occhi che ti amano. Ho letto qualcosa sui suicidi, recentemente, e sono numerosi per entrambi i sessi, le motivazioni, invece, sono diverse. I maschi ricorrono al suicidio per insicurezza davanti alla società, le femmine per insicurezza davanti a un maschio. Ho subito collegato questo risultato con la notizia che avevo letto poco prima e così mi sono sentita incredibilmente vicina a quella ragazza. Ho subito pensato: “se solo queste donne si rendessero conto di quando sono belle, uniche e speciali, prima di buttare la vita per il primo coglione che passa...” Le donne tanto più sono se stesse, più sono straordinarie. Amano incondizionatamente, perciò c’è l’uomo coraggioso, che questo amore lo ricambia, e l’uomo senza palle. che ne è sopraffatto e non è in grado di ricambiarlo. Si, perché bisogna essere in grado di amare, è necessario saper stare in due in un rapporto, non far prevalere il proprio egoismo continuamente. La donna speciale la riconosci subito, è quella pulita, quella che non fa giochetti, quella che negli occhi ha ancora l’innocenza della bambina che era, quella che è donna quando fa l’amore eppure senti il bisogno di proteggere quando sorride. Cosa succede a un certo punto nella testa delle donne? Perché per un commento o un gesto di un uomo, mettono in discussione tutto quello che sono? Perché devo ancora leggere, nel 2015, che una ragazza si è uccisa per una delusione d’amore? Cosa pensava in quel momento? Che era sbagliata, che era imperfetta, che non era indispensabile per nessuno. E poi un giorno, davanti a un film, mi è venuto da sorridere, e nella mia testa pensavo: “sorrido anche per lei”. La mattina seguente, al supermercato, vidi due vecchietti tenersi per mano, mi è venuto da sorridere, e nella mia testa pensavo: “sorrido anche per lei”. Ho preso a cuore la storia di quella ragazza, pur non conoscendola affatto. Ho deciso di farla vivere nei miei sorrisi. Ora quella ragazza e tante altre ragazze, che, spinte dalla disperazione, hanno fatto un gesto del genere, non possono più sorridere, ma ci sono ancora quelle che restano. A tutte capita di sentirsi sbagliate, imperfette e non indispensabili. A molte è capitato di imbattersi in un uomo che non ricambiava i propri sentimenti. Bisogna essere più forti di tutto questo. Bisogna avere la capacità di pensare che dopo la tempesta, arriva il sereno. Dopo il dolore, arriva una nuova gioa. Ed è sempre un crescendo. E' sempre più bello scoprirsi capaci di amare un amico, un uomo, una donna, un animale, una pianta, un luogo, un odore. Il suicidio non solo non dovrebbe essere l'ultima spiaggia, non dovrebbe proprio essere un'opzione. Voglio affidarmi alle parole dei Negramaro, per rendere chiaro il concetto: “Meraviglioso ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso? Ma guarda intorno a te che doni ti hanno fatto: ti hanno inventato il mare Meraviglioso perfino il tuo dolore potrà apparire poi meraviglioso. Tu dici non ho niente Ti sembra niente il sole? La vita? L’amore? NEGRAMARO Mi rivolgo a tutte voi, alle donne, sosteniamoci, aiutiamoci, non serve per forza un uomo per farci capire quanto valiamo. Scattati una foto, con il sorriso più bello che hai (quello che nasce dal cuore), condividi la foto con l’hashtag #sorridoancheperlei, dedica questo gesto a chi non ha avuto la tua stessa forza e ha smesso di lottare. Ricordala, per far capire a chi sta per mollare la presa che non è sola e che quella forza ce l’ha dentro, deve solo tirarla fuori. Sono Imma e #sorridoancheperlei. Imma Gaglione "C'è chi mi definisce una persona che anche da ferma è in continuo movimento, chi dice che sono la felicità in carne ed ossa. Io semplicemente preferisco: innamorata della vita C'era una volta... l'anime di Vittorio Tatti Il “C'era una volta...” di questo numero avrà, come sempre, forti tinte nostalgiche con un pizzico di malinconia. Quello che rimpiangiamo maggiormente, degli anni dell'infanzia, era la purezza con la quale osservavamo la vita. Tutto ci sembrava più bello, più magico, più positivo. Anche se c'era qualche problema, nei nostri sogni veniva risolto e, di conseguenza, anche l'ottimismo si espandeva alla realtà. A darci una mano erano, spesso e volentieri, i personaggi degli anime (アニメ, scritto in katakana, in quanto contrazione del termine straniero “animation”), ossia i cartoni animati giapponesi. Da “Goldrake” (Ufo Robot Grendizer) a “Ken il guerriero” (Hokuto no ken), da “Holly&Benji” (Capitan Tsubasa) a “I Cavalieri dello Zodiaco” (Saint Seiya), i nostri amati personaggi colorati ci hanno accompagnato durante la crescita, a volte senza mai abbandonarci. Il nostro viaggio nel tempo, stavolta, non ci condurrà ad un anno specifico. Balzeremo, infatti, in vari momenti degli ultimi trent'anni del XX secolo, che hanno visto comparire, diffondere e creare scalpore la pacifica invasione dal Sol Levante. Prima di tutto, però, permettetemi di introdurvi al mercato degli anime, per comprenderne meglio i meccanismi. In Giappone gli anime (così come i manga, dai quali spesso sono ispirati) vengono trasmessi in diverse fasce orarie. Scordatevi il cartone animato come prodotto esclusivamente riservato ai bambini. Ogni target di riferimento può contare su titoli creati appositamente. Avremo così anime kodomo (子供, bambini/e), shoujo ( 少 女 , ragazzine), shounen ( 少 年 , ragazzini), seinen ( 青 年 , ragazzi maggiorenni e oltre), josei (女性, ragazze maggiorenni e oltre). Questi target possono contare su generi ormai collaudati, così sarà relativamente facile imbattersi in anime di combattimenti per shounen e storie romantiche per shoujo. Non sempre sarà la regola ma...quasi. Dopo questa breve premessa, possiamo finalmente metterci in marcia verso il passato. Macchina accesa, motore pieno, data impostata, via! Sebbene gli anime avessero esordito in Italia a partire dalla fine degli Anni '50 (con lungometraggi trasmessi nei cinema) la svolta arrivò nel 1976, con titoli seriali che hanno fatto la storia: Atlas Ufo robot (Ufo Robot Grendizer), Heidi (Alps no shoujo Heidi), Barbapapà (Baabapapa) e Vicky il vichingo (Chiisana viking Vikke). Anche se fu la RAI a dare inizio alle trasmissioni, presto vennero letteralmente soppiantati dalla Fininvest e dal proprio angolo pomeridiano noto come “Bim bum bam”. La Fininvest iniziò a snaturare e censurare molte serie, inaugurando anche la triste abitudine di cambiare letteralmente le sigle iniziali e finali, per la gioia di Cristina d'Avena (la quale divenne un punto fermo nel settore). Alle reti locali venne lasciato l'arduo compito di trasmettere anime più violenti, che mal si sarebbero adattati agli spazi commerciali del gruppo di Milano. Solo lì avremmo potuto vedere Ken il guerriero (Hokuto no ken), I Cavalieri dello Zodiaco (Saint Seiya), Dragonball, Jeeg robot d'acciaio (Koutetsu Jeeg) e via dicendo. Come ho spiegato in precedenza, in Giappone le serie tv sono create e trasmesse in base a un particolare target di riferimento. In Italia, questo, non successe. Vennero così acquistate serie che mostravano anche scene e temi non particolarmente adatti ad un pubblico di bambini. Anziché evitare di trasmetterle (ma sarebbe stato meglio informarsi prima...ndVittorio) vennero effettuati veri e propri interventi di taglia&cuci. I nomi giapponesi vennero cambiati con altri più improbabili (e decisamente meno adatti) italiani. Anche alcuni dialoghi vennero letteralmente stravolti, inventadoli di sana pianta per non turbare le fragili menti dei bambini consumatori. C'è da dire che questa sorte non toccò a tutte le serie, almeno non subito e non sempre. All'inizio, titoli come L'incantevole Creamy (Creamy Mami), Georgie (Lady Georgie), Candy Candy e altre vennero risparmiate, “cavandosela” con solo il cambiamento della sigla. Fu dagli Anni '90 che si decise di stravolgerli pesantemente, in modo da evitare le proteste del MOIGE (un'associazione di genitori). Gli anime divennero sempre più un prodotto bistrattato fino all'avvento di marchi editoriali come Yamato video e Dynamic Italia. Lì, finalmente, riuscirono a recuperare un po' di smalto, grazie al ripristino di sigle originali e doppiaggi fedeli ai dialoghi giapponesi. Solo per completezza di cronaca (in quanto non riguarda più il passato), è doveroso menzionare l'iniziativa di MTV, nota come “Anime night”. A seguire arriveranno nuove case editrici, i canali satellitari e lo streaming via internet. È ora di salire nuovamente sulla macchina del tempo e tornare nel presente. Il mercato degli anime è molto cambiato ultimamente, anche se permane un certo scetticismo nel considerare i cartoni animati giapponesi anche un prodotto per adulti. A noi non resta che fregarcene dell'opinione dei moralisti. Divertiamoci guardando i vari One piece, Dragonball, Naruto, Bleach, Toriko, Hunterxhunter, Magi e compagnia bella. È solo fantasia e, con essa, possiamo provare a sognare Vittorio Tatti “Sono tutto e niente, ordinato e caotico, bianco e nero. Ah: e pure aspirante scrittore” Un libro fra le mani... per seguire il proprio cuore! di Lettrice Segreta ATTENZIONE: Le intromissioni di provenienza *subconscia* che leggerete nel corso dell'articolo sono incontrollabili, mi scuso in anticipo per qualsiasi tipo di cattiveria dovessero tirar fuori ...o forse no! Se provaste ad osservare per qualche momento il vasto e complesso mondo dell'editoria italiana (e non solo) vi rendereste conto, cari Lettori, che da alcuni anni a questa parte - diciamo all'incirca dal 2011, quando una signora chiamata E.L. James ha pubblicato il primo volume della sua trilogia erotica "Cinquanta Sfumature" viene dedicato un forse anche troppo ampio spazio a quei libri che un tempo venivano semplicemente chiamati romanzi rosa, ma che oggi si definiscono "romance o contemporary novels" *perché ormai fa molto più figo usare parole straniere per definire qualunque cosa* Ebbene si, da quando il fenomeno "Christian Grey" è entrato nelle vene del mondo letterario moderno, noi poveri lettori siamo costretti a vedere gli scaffali delle librerie pieni di carta straccia. Si sa, in ogni settore si seguono delle mode e l'editoria non è da meno. Nel panorama fantasy, ad esempio, c'è stato il periodo in cui si sfornavano romanzi sui vampiri come se non ci fosse un domani, dopo il grande successo mondiale della saga Twilight, scritta da Stephenie Meyer. In ambito romantico, ora ci ritroviamo circondati da storielle con una protagonista sfigata ma gnocca e il suo maschio alfa bello e dannato, che prima o poi (decisamente prima, ve l'assicuro) consumeranno il loro grande amore (nato venti pagine indietro) e a noi toccherà sorbirci una dettagliata descrizione di ogni amplesso e ogni picco di piacere della coppia in questione. *Ma al problema della deforestazione non ci pensa più nessuno?* Si è capito che non sono una grande appassionata di questi romanzi romance o erotici? Spesso li trovo noiosi perché, a grandi linee, seguono scontati filoni narrativi che di libro in libro si ripetono e non lasciano nulla di speciale al lettore. E se le scene "erotiche" sono come quelle della James... *un consiglio: preparate pigiamino e copertina... una bella dormita è assicurata* Ovviamente non tutti la pensano come la sottoscritta... Ci sono lettori (in prevalenza donne) che il romanzo non lo leggono se non hanno la certezza che i protagonisti si innamorino e finiscano a letto come conigli… e poi ci sono io, che scatto in piedi e “faccio la ola” all’autore se per caso i due in questione rimangono solo amici *sono matta, me ne rendo conto* Ora, non voglio fare di tutta l'erba un fascio, altrimenti non sarei qui oggi a scrivere questo articolo solo per voi. Non sarei qui a mostrarvi che nel grande mare di pubblicazioni indecenti, c'è sempre l'autore o l'autrice che riesce a fare la differenza. Tutto questo lungo giro di parole era indispensabile per riuscire a farvi cogliere un punto fondamentale riguardo al libro che stringo fra le mie mani in questo momento: se un romanzo come Il mio lieto fine, l’ultimo nato in casa Eilan Moon, incentrato su una storia d’amore, riesce ad appassionarmi e ad entrarmi nel cuore, allora ha davvero qualcosa di speciale, di diverso dalla massa… di unico nel suo genere. La prima avventura nel mondo romance fatta da Eilan Moon, affermata autrice del panorama self-publishing, ci catapulta nella vita di Serena, una giovane donna ricca di soddisfazioni sul lavoro e (almeno per ora) molto innamorata del suo principe azzurro Chris: Le favole, dove la principessa si imbatteva nel proprio principe azzurro, non erano mai state adatte a me, io vivevo con i piedi ben saldi a terra. Ero una ribelle e facevo ciò che preferivo, senza pormi troppi problemi, e il più delle volte non ascoltavo la testa, ma solo l’istinto, facendomi finire in casini assurdi da cui riaffioravo con difficoltà. Le favole erano adatte alle bambine, non a me. Ormai ero cresciuta e non credevo più alle fiabe con il lieto fine, anche se ancora le sognavo. Però Christian sembrava davvero il mio principe azzurro. Serena potrebbe sembrare davvero la persona più felice della terra: ha un lavoro che ama e la gratifica, un’amica speciale che la accompagna fianco a fianco nella sua vita, un fidanzato molto bello e mooolto ricco che la chiede in moglie… cosa potrebbe volere di più? Peccato basti davvero poco a mettere in crisi la certezza di una vita così meravigliosa. Un evento decisamente fuori dai piani della nostra protagonista, ma decisivo nel disegno che il Destino ha tracciato per lei: l’incontro con Nicola. Chris e Nico. Due persone completamente diverse che riusciranno a dividere il cuore di Serena a metà. Un cuore che vi racconterà ogni suo singolo battito, alcuni senza neppure comprenderli a pieno. Una voce sincera, nel bene e nel male, che si lascia coinvolgere e sconvolgere da ciò che le accade attorno e ce lo riporta senza mezzi termini. Vi renderete conto, pagina dopo pagina, che ogni parola prenderà vita davanti ai vostri occhi, come se un’amica vi stesse raccontando la sua storia: un susseguirsi di emozioni vere, autentiche, difficili da gestire perfino per voi, che siete semplicemente i suoi ascoltatori. Serena è una donna che non va giudicata a priori. E’ un personaggio da analizzare, capire e accettare in tutte le sue sfaccettature, perché ha l’umiltà di mostrarvi the dark side of the moon, quel mondo buio e negativo del nostro Io che nella società attuale siamo abituati a nascondere *e non dite che non è vero* Vi assicuro che leggere Il mio lieto fine non è facile. Non è un libricino leggero, non è una favola dove tutti vivono felici e contenti e le scelte sembrano leggere, come fare “m’ama, non m’ama” con una margherita. La storia di Serena è un cammino di introspezione, di lotta fra mente e cuore, di decisioni difficili, di lacrime e battiti accelerati. Se proprio vogliamo chiamarla favola… allora è una favola al contrario! Perché questa volta nessun pirata andrà a rapire la principessa e nessun principe potrà salvarla. Questa volta è la principessa a dover scegliere se vivere al sicuro nel castello, schiacciata dalla vita di corte, o partire all’avventura su una nave dalla rotta incerta, libera di essere se stessa in ogni attimo del suo viaggiare. Lettrice Segreta “Leggo per non dimenticare mai di sognare! Canto per non smettere mai di amare! Scrivo per raccontare al mondo ciò che ero, sono e sarò... Nutro costantemente la mia anima di arte!” La settima nota di Anemone Cerami “La settima nota” nasce come rubrica che racconta storie di musica. Per il terzo numero della rivista ho deciso di esplorare un aspetto diverso che non riguardi esclusivamente la vita degli artisti, i generi o i successi relegati alle Top Ten internazionali. Oggi le nostre “note” vogliono esplorare la connessione che intercorre fra musica, mente e poesia. Il vocabolario Treccani definisce la Musica dal gr. μουσική, sostantivo femminile dell’agg. μουσικός : musicale - come “l’arte d’ideare e produrre successioni strutturate di suoni semplici o complessi, che possono variare per altezza (cioè per la frequenza delle vibrazioni del corpo sonoro), per intensità (cioè per l’ampiezza delle vibrazioni) e per timbro (che dipende dal materiale del corpo sonoro), per mezzo della voce umana (m. vocale), di strumenti (m. strumentale) o della combinazione di entrambe queste fonti”. Cos’è davvero la musica e perché non possiamo farne a meno? La musica non è altro che una funzione umana di elaborazione di significati, così come il linguaggio. Parole e musica nascono dalle aree cerebrali sviluppate per la produzione di suoni, per la comprensione e destinate alle arti. L’uomo concepisce e comprende i significati attraverso il collegamento fra i neuroni e per mezzo di una coscienza che si forma attraverso l’interazione con l’ambiente esterno. Il suono, inteso anche come linguaggio, ha come base un codice, senza il quale non esisterebbe nemmeno il pensiero umano. Il simbolo/segno, che riferisce al significato, è fondamentale per l’interazione sociale poiché è un processo che definisce le immagini mentali attraverso le quali entriamo in contatto con gli altri. Il linguaggio non è in grado da solo di esprimere tutti i contenuti nascosti del pensiero, così all’uomo occorre utilizzare altre forme come la musica, la danza, la pittura. L’uomo, in tal modo, crea i significati che generano la realtà in cui vive. Dire che la musica è una creazione di significati da parte dell’essere umano, significa, in poche parole, discostarla dal paradigma secondo cui la musica riflette la cultura già esistente. Non è solo la spiegazione di qualcosa (la cultura) che viene creata dall’uomo, ma è uno strumento di scambio, di riflessione e di contemplazione edonistica. La Musica non comunica soltanto un messaggio, ma riesce a inventare nuovi significati e parla dove non si può fare apertamente. Pensiamo, nella storia del Rock, ai Clash con album come “Sandinista!” in cui i testi diventarono un modo per parlare di politica in maniera più ampia; qualcosa che nemmeno i Beatles, forse, erano riusciti a fare, così apertamente e così poco correttamente. Altre volte la musica resta conservatrice di significati antichi. La musica classica, ad esempio, resta sempre legata ai canoni tradizionali, in maniera molto forte e decisa; forse anche troppo nei conservatori moderni, a scapito dell’inventiva personale dell’artista. La musica predispone ad alcuni atteggiamenti mentali che portano a meditare, decodificare e comunicare qualcosa. Le emozioni vengono catturate dalla musica che attribuisce loro un significato nuovo: sensibile e cognitivo allo stesso tempo. L’emozione di chi compone e suona viene contaminata da quella del fruitore, dell’ascoltatore. Questo concetto è ravvisabile anche in poesia. Del resto il legame tra musica e poesia è strettissimo: la musicalità è un elemento chiave della poetica. La lettura in metrica era presente già negli scritti degli antichi poeti greci e latini e conferiva suoni e ritmo al racconto: «Tìtyre, tù patulaè | recubàns sub tègmine fàgi sìlvestrèm | tenuì Musàm | meditàris avèna». Edgar Allan Poe, verso metà ottocento affermò che: «La musica è come l’idea della poesia. L’indeterminatezza della sensazione suscitata da una dolce aria, che dev’essere rigorosamente indefinita, è precisamente quello a cui dobbiamo mirare in poesia». Il linguaggio è legato alle sonorità ma non più come semplice accessorio di abbellimento di un testo, piuttosto come colonna portante della poesia che ha come riferimento l’“indefinito” e suscita emozioni indeterminate. «Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete…- io quello Infinito silenzio a questa voce vo comparando- … - e mi sovvien l'eterno - … -Così tra questa Immensità s'annega il pensier mio. E il naufragar m'è dolce in questo mare - », raccontava l’infinito di Leopardi. La musicalità è intesa, dunque, non come ornamento esteriore, ma come cuore dell’arte poetica Per riuscire a scostarsi dalla semplice comunicazione o dalla prosa, la poesia sposa la musica e ne diventa il sentimento generato da quel significato nascosto dietro una parola scritta.E dopo tanto “parlare” forse non resta che il rumore del silenzio o del suono di un pianoforte in sottofondo. Sia nel caso in cui si parli, sia qualora si ascolti una melodia, si dà voce alla coscienza, alla contemplazione, al pensiero. Ed è questo il valore che ha l’arte per l’uomo. Scrivere o suonare, regalano all’umanità la capacità di esprimere quell’universo interiore, che altrimenti resterebbe celato nel proprio inconscio. Per saperne di più: http://www.theclash.com/gb/music/albums/sandinista http://lafrusta.homestead.com/pro_poe.html http://www.neuroscienze.net Anemone Cerami “Delicata come un fiore, urticante come un'alga, Anemone, siciliana, generazione anni '80. Scrivo per passione e per seguire il flusso di emozioni che accompagnano le mie lunghe e oscure notti verso la splendente luce del giorni. Sognatrice e fiduciosa verso il prossimo... sempre...” Spillaletture di Maria Rosaria Ferrara Le passioni sono contagiose. A conferire loro questo effetto, sono gli stessi appassionati che ne parlano, che le condividono con amici parenti e conoscenti, che non riescono a trattenersi da dirigere qualunque conversazione verso di esse; quella forza che è come un fuoco che nutre e sazia e fa sentire vivi… Le passioni sono contagiose e tante volte è bello che, condividendole, si creino delle contaminazioni, delle sperimentazioni che aggiungono un sapore speziato e frizzante alla base della lingua e sul palato mentre si parla, un brivido che attraversa repentino la schiena, e si scopre quanto può ampliarsi la nostra conoscenza e in quanti modi si possano vivere le passioni. Io amo la scrittura e la lettura. Il mio amico Raffaele (De Lucia), invece, ha la passione per le birre, una passione talmente forte da spingerlo ad aprire un locale (lo Spillale, Via Mazzocchi, Caserta) nel quale vengono servite solamente birre, e nello specifico esclusivamente birre artigianali. Adoro trascorrere del tempo nel locale piccolo ma accogliente del mio amico – un fratello, a dire il vero, visto che ci conosciamo ormai da una vita – mi piace l’atmosfera raccolta e intima quando, a inizio serata, non c’è ancora molta folla. Mi piace che sia ritrovo di tante persone e che si finisca per intromettersi simpaticamente nelle conversazioni altrui e diventare inaspettatamente un’unica comitiva mentre si siede a sorseggiare la birra proposta Mi piace che con Raffaele parliamo tanto di musica – lui ha un passato da cantante e io sono batterista! E poi una sera ho avuto questa malsana idea di proporgli, mentre mi consigliava l’ennesima birra da sperimentare, un abbinamento ad una portata insolita: suggerire una birra adatta da degustare leggendo un libro. Che cosa ne poteva venir fuori? Raffo incuriosito ha accettato la sfida, io mi sono lanciata e questi sono i risultati. Speriamo soddisfino i vostri palati. Buona birra e buona lettura nel nostro angolo delle Spillaletture! “La luce giusta cade di rado” di Caterina Saracino abbinata al Lambic Per il nostro primo abbinamento sperimentale, mi sono presentata in birreria con i volumi di tre romanzi che avevo letto negli ultimi mesi. Il primo di cui abbiamo scelto di parlare è l’ultima creazione di Caterina Saracino, “La luce giusta cade di rado” edito da Eiffel edizioni. Un romanzo che affronta diverse problematiche impegnative e importanti quali la diversità, l’autismo, l’omosessualità, il tormento dell’animo di individui incompleti o incapaci di esprimere se stessi. Affinché Raffaele, l’esperto, individui una birra adatta, gli racconto la trama e i punti fondamentali su cui Caterina ha incentrato il suo racconto. Gli spiego che il libro è impegnativo e va letto con lentezza, soffermandosi per riflettere sulle problematiche avanzate dall’autrice. È un libro che scuote il lettore, che penetra nel suo animo e non gli permette indifferenza durante la lettura. Non è un libro leggero, pur essendo piacevole, a tratti poetico – è inevitabile con la scrittura di Caterina! Deve essere sorseggiata con lentezza e si presta alla meditazione”, proprio come il libro di Caterina: il palato deve essere abituato lentamente alle note proposte, così come l’animo del lettore deve predisporsi alla lettura del romanzo. Concedo qualche minuto a Raffaele per individuare sulla sua dispensa una birra adatta. Io intanto gusto la Tipopils che mi ha versato, mentre fuori dal locale piove. È mercoledì sera, il natale si avvicina ed è quasi ora di cena. Mentre molti corrono a casa, e pochi entrano nel locale per rilassarsi prima di rincasare, io mi godo l’atmosfera e adoro questa parte del mio lavoro. Continuiamo per diverso tempo a chiacchierare di questo libro e del Lambic, e Raffaele si accorge di una cosa particolare che ci fa sorridere e rende l’abbinamento assolutamente eccezionale. “In fase di fermentazione della birra”, mi spiega Raffo, “i tini di fermentazione vengono posti vicino a grosse vetrate per permettere ai lieviti che si trovano nell’aria di cadere naturalmente su di essi a conferire questo particolare sapore alla birra prodotta”, così come nel romanzo di Caterina la luce giusta cade di rado. Dopo qualche istante, Raffo mi propone come accostamento al libro di Caterina il Lambic, una birra belga molto particolare. Mi spiega che si tratta di una birra con retrogusto acido e caratterizzata da una fermentazione spontanea. “L’ho scelta perché il libro parla di diversità”, dice, “ e credo che la vera diversità si trovi nella spontaneità. Le persone sono fatte così, è la loro natura, così come questa birra acquisisce il proprio sapore e le proprie caratteristiche dalla fermentazione dei lieviti selvatici, senza forzature, senza ricette particolari, non c’è nulla di studiato, è assolutamente naturale”. L’abbinamento proposto da Raffaele è perfetto perché nel libro si parla di qualcosa che riguarda l’essere umano senza costruzioni, così come questa birra che nasce senza forzature. Raffo aggiunge che il “Lambic è una birra difficile alla bevuta, che non incontra i gusti di tutti, per la sua acidità. Mi sembra quasi che libro e birra, con questo accostamento, acquisiscano un sapore aggiunto alla loro degustazione, e sono tentata dal farmi versare la birra da Raffaele e leggere qualche passo tra un sorso e l’altro. Potrebbe essere un altro esperimento, che ne dite? Infondo, bisogna verificare l’efficacia dell’unione. Vi terrò aggiornati! Buona birra e buona lettura! Maria Rosaria Ferrara “Scrittrice, blogger e musicista... praticamente giullare alla corte delle emozioni” Keep calm, I'm a food addicted di Irene Donesi Cominciare la mia rubrica a Febbraio non mi dispiace affatto. In fondo è un mese goloso per tradizione; carnevale con la classica lasagna, le chiacchiere croccanti e le soffici castagnole. Poi, come la mettiamo con i cioccolatini di San Valentino? Diciamo che i buoni propositi per mantenersi in forma anche questo mese saranno messi a dura prova. Invitanti e succulenti prelibatezze gastronomiche finiranno col tentare la nostra forza di volontà e ,sono certa, nella maggior parte dei casi, non riusciremo a dire no. Perché in fondo, come diceva Oscar Wilde: «l' unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi». Il primo maggio a Milano prenderà il via l' expo 2015, un evento di rilevanza mondiale, attesissimo e dedicato, per quest'edizione, all'alimentazione. Il cibo è vita, nutrimento del pianeta, ma anche e soprattutto cultura, moda. E allora io, amante della buona tavola e sempre attenta alle ultime tendenze, vorrei portarvi alla scoperta di nuovi sapori, tenterò di trasportarvi da una parte all'altra del mondo raccontandovi abitudini, novità culinarie ed emozionanti esperienze gastronomiche. Per questo primo appuntamento voglio prendervi davvero per la gola. Comincio in qualche modo...dalla fine; comincio dal dolce! Per questo primo appuntamento voglio prendervi davvero per la gola. Comincio in qualche modo...dalla fine; comincio dal dolce! Soffice e leggero, goloso senza essere stucchevole, i parigini gli dedicano sette giorni di festa: ecco a voi sua maestà l'Eclair. Un classico della pasticceria francese, inventato ai primi dell'Ottocento da Marie Antoine Carême, è stato rilanciato qualche anno fa dal famoso pastry chef Christophe Adam, proprietario adesso a Parigi di due pasticcerie specializzate: «Eclair de genie» (il colpo di genio). Eclair significa lampo ed è proprio in un lampo che il morbidissimo dolcetto ha surclassato, in fatto di popolarità i famosissimi e sempre francesi macaroon (dolcetti di mandorla e meringa ripieni di crema) e i deliziosi e variegati cupcakes di origine però anglosassone. Alla base dell'Eclair c'è la pasta choux, un impasto neutro da poter infatti farcire sia con creme dolci che salate. É di forma lunga e sottile, va cotto in forno, poi farcito e rigorosamente glassato. Mentre Parigi gli dedica un'intera settimana di festeggiamenti, in Italia, questo goloso pasticcino, non si è ancora ritagliato un posto di rilievo nel mondo del foodstyle. Solo a Firenze, Rudolf Rainer, nelle sue due pasticcerie, sembra abbia colto questa nuova moda, tanto da scrivere anche un libro (Eclair, Bignè e torte in pasta choux. Giunti editore) Ma se vi trovate a Milano, potete passare da Ernest Knam, il famoso re del cioccolato, e ritirare, su ordinazione, la sua versione esclusiva dell'eclair farcito e glassato con tre creme diverse: zabaione, lampone e crema pasticcera. Ma se volete riprodurlo a casa vi suggerisco una ricettina per l'impasto base! La Ricetta 500gr di acqua 200gr di burro 5gr di sale (un cucchiaino) 300gr di farina 12uova Procedimento: portare a bollore l'acqua e il burro. Aggiungere farina e sale, cuocere e girare con un cucchiaio di legno fin quando non si forma una palla che tende a staccarsi dalle pareti. Spegnere il fuoco e lasciare raffreddare per almeno 15 minuti, girando di tanto in tanto. Aggiungere le uova una alla volta. Mettere il composto ottenuto in una sac à poche con bocchetta liscia dal diametro di 12 mm. Formare gli eclair a forma di bastoncini lunghi 10 - 12 cm. Cuocere in forno statico 200 gradi per 20 minuti. Irene Donesi “Laureata in lettere moderne, appassionata di cucina e lifestyle, scovo sempre la ricetta perfetta! Perennemente con le mani in pasta” Racconti "Il mare d'inverno" La prima volta di Vittorio Tatti Di quella giornata accarezzata dai raggi del sole e da un tiepido scirocco, rammento il nostro primo appuntamento. Ricordo come se fosse ieri, e con lo stesso adolescenziale imbarazzo, quando i nostri sguardi si incrociarono per la prima volta. Ebbi l'impressione di varcare le porte del paradiso. Dopo aver rotto il ghiaccio con un timoroso “ciao” mi avvicinai per una stretta di mano esageratamente formale. La tua presenza mi rasserenò ma, allo stesso tempo, provocò una dolorosa fitta al petto. Avendoti lì, vicina a me, mi assalì l'immediata paura di perderti. Fortunatamente il tuo carattere gioioso spazzò via ogni ombrosa nuvola dai miei pensieri. Assaggiammo il nostro primo gelato mano nella mano. L'amore stava scaldando i nostri corpi, non solo i nostri cuori, così lo finimmo prima che si sciogliesse. Dopo quello arrivò il nostro primo bacio. Non per mia iniziativa, ma nemmeno per la tua. Successe e basta, non ricordo nemmeno io come. Ma ricordo benissimo il durante, perché è ancora impresso in me. E poi giunse la prima volta che facemmo l'amore. I nostri corpi nudi, distesi sulla sabbia, venivano accarezzati dalle placide onde del mare. Fu un momento magico e indimenticabile, che ora si largo prepotentemente nei miei pensieri. Un ricordo indelebile nel mio cuore e nella mia mente. Un ricordo doloroso e piacevole allo stesso tempo. Un anno dopo, mentre ripenso a quella calda giornata, mi trovo qui nello stesso luogo. Adesso è inverno e fa freddo, non solo intorno ma anche all'interno del mio petto. Stavolta tu non sei presente e le onde del mare in burrasca esultano per il mio cuore infranto. Il cielo è grigio, come il mio sguardo spento. Senza la tua presenza ad accenderlo non riesco nemmeno ad immaginare l'alba del giorno dopo. Sento ancora sulla mia pelle la sensazione del contatto con il tuo corpo. Vibro tutto, quando i miei pensieri ripercorrono la strada a ritroso fino al nostro ultimo istante vissuto insieme . Breve ma intenso. Quel mare, che era diventato il testimone della nascita del nostro amore, decise di volerti tutta per sé. Ti strappò dalle mie mani con la ferocia di un amante innamorato folle di gelosia. Non riuscii ad oppormi. Per quanto ti amassi la mia mano lasciò la presa e ti perse per sempre. Non me lo perdonerò mai. Così eccomi qui, a dodici mesi esatti da quando il destino decise di dividere le nostre strade, intento a non perderti nuovamente. Se non potrò sottrarti alle agitate acque del mare, mi unirò a voi due. Mi accontenterò di essere l'altro, il rimpiazzo, la seconda scelta. Ma mai più rinuncerò a te. Verrò fagocitato dagli abissi profondi e diverrò schiuma marina. Smetterò di respirare. Poi, accompagnati dalle onde, i nostri cuori si uniranno di nuovo. Un sorriso mi ha salvato la vita di Imma Gaglione Metto a terra l'ultima valigia, chiudo la porta alle mie spalle, mettendo fine a quello che io pensavo, fino ad una settimana fa, essere il matrimonio perfetto. Eravamo io e lui, Elena e Leonardo complici, innamorati, presi l'uno dall'altra in un modo che faceva quasi paura. O almeno questo era quello che credevo io. Mercoledì scorso avevo finito di lavorare prima del solito, volevo organizzargli una cenetta romantica, era un po' che non facevamo l'amore ed io mi rimproveravo, credendomi colpevole, perché presa troppo dal lavoro. Avevo comprato gli ingredienti per i suoi piatti preferiti. Tornando a casa, l'ho trovato a letto con la vicina, nel mio letto, nel nostro letto, come quello che succede in una squallida commedia di terza categoria, solo che quello non era un film, era la mia vita. Inizialmente ha prevalso la rabbia: ho afferrato la vicina, ancora intenta a cavalcare mio marito, per i capelli e l'ho trascinata, nuda, fuori dal pianerottolo, poi è stato il turno di lui. Non ci sono state bugie o preghiere per farsi perdonare. Mi ha detto che tra noi le cose non andavano da tanto e che lui si era innamorato di un'altra. E' stata una doccia fredda, mi sentivo umiliata, stupida, tremendamente ferita. Sono stata via di casa per giorni, odiandolo e al tempo stesso pregando perché mi cercasse. Ho passato le giornate a fissare il telefono. Nulla, non ha suonato mai. Fino ad arrivare a questa mattina. Mi ha chiesto di vederci a casa nostra, mi sono appigliata a quell'aggettivo possessivo con le unghie e con i denti, come una stupida quindicenne, ma quella ormai non era più “casa nostra”, me ne sono accorta appena entrata, vedendo, con la coda dell'occhio, tutte le mie valigie nel salotto. Perdendo ogni briciolo di dignità, l'ho pregato di ripensarci, di dare a me e a noi una seconda possibilità. Nei suoi occhi c'era pena, l'uomo che mi aveva amata per anni, che mi aveva guardata con affetto, rispetto, passione, ora mi guardava come un animale ferito. Ho ancora quegli occhi stampati nella testa, mentre cammino sul lungomare di Catania, la città che ho sempre adorato, che mi dava forza, carica, oggi sembra così fredda, così spenta. Non ho più un motivo per vivere, riesco ad ascoltare il flusso dei miei pensieri, so che questa non sono io, che io sono più forte di questa donna che non riesce a fare altro che trascinarsi per strada, ma ora non posso farci niente, la mia forza non la trovo. Voglio solo che finisca tutto, voglio smettere di pensare. Mi ritrovo, senza nemmeno rendermene conto, su una piccola spiaggetta. Fisso il mare, che oggi è particolarmente arrabbiato. Forse se provassi ad immergermi e a lasciarmi cadere a picco, non sentirò più questo dolore. Sul fondo del mare riuscirò finalmente a spegnere la luce e a dormire per sempre. Uno, due, tre passi, le onde arrivano a toccare le mie scarpe. Procedo ancora, l'acqua è così fredda da sembrare tante lame, che trafiggono il mio corpo. Funziona: tutto questo mi distrae dai miei pensieri. Mi sonno immersa fino alle gambe, quando sento una risata spontanea, chiassosa, irruenta, contagiosa, che non accenna a fermarsi. E' familiare, mi ricorda qualcuno, mi ricorda me. Mi volto e vedo una ragazza al cellulare, seduta su uno scoglio, che parla, poi ride e guarda l'orizzonte. Un tempo lo facevo anch'io, immaginavo cosa potesse esserci dall'altra parte del mare, sognavo il grande amore, credevo nel futuro e questa cosa mi teneva viva. «Signora, sta bene?» mi chiede la ragazza, guardandomi confusa, distraendomi dai miei pensieri. Si è accorta di me. «Si, sto bene» rispondo, sorridendo, stupendomi di quanto quest'affermazione sia sincera. «Ho perso il mio orecchino..» dico, non smettendo di sorridere. Sorride anche lei, come poco prima al telefono. «E lei si tuffa a mare, a febbraio, per un orecchino? Deve valere molto.» ribatte. «Credevo valesse quanto la mia vita, ma mi sbagliavo di grosso.» Mi porge la mano e mi aiuta ad uscire dall'acqua. Noto il libro che ha tra le mani “Essere felici” di Osho. «Libro interessante..» dico. «Sono laureata in psicologia, sogno di aiutare gli alti.» risponde. «Penso che tu ne abbia tutte le possibilità. Ho un po' di soldi da parte e pensavo di fondare una piccola associazione, che offra un sostegno psicologico per le donne che hanno pensato o pensano al suicidio. Ti andrebbe di aiutarmi?» Mi guarda come se fossi pazza e ride, come per assecondarmi. «E come la chiamiamo?» chiede, ancora ridendo. «Il mare d'inverno.» rispondo e fisso l'orizzonte davanti a me, con gli occhi sognanti che voglio avere per tutta la vita. Un sorriso mi ha salvato la vita. Userò il mio per salvare quella degli altri. La nostra spiaggia di Elena Brilli C'è il sole stamani. Èfreddo, un freddo pungente e fastidioso alle narici, ma almeno c'è il sole. Son scesa dal treno, poche centinaia di metri e sarò sulla spiaggia, la nostra spiaggia. 'Cazzo quanto pesa!' Ho messo l'urna con le 'sue' ceneri nello zaino, ho avuto il permesso dalla famiglia di fare io quest'ultimo saluto a Luigi. Ho scelto e chiesto di poterlo fare da sola,nel luogo in cui ci eravamo conosciuti, solo io e lui, come la prima volta. 'Cazzo quanto pesa però!'. Si è alzato il vento, porta con se qualche granello di neve ghiacciata dalle vicine Apuane. 'Il mare sarà agitatissimo...come quel giorno...'. Era una giornata ventosa di primavera quel giorno, il mare muoveva i suoi flutti arrabbiati e nervosi e io sfidando la forza del vento e il risucchio delle onde avevo immerso i piedi in acqua. La nebbiolina schiumosa delle onde bagnava il mio viso e si mischiava, aggiungendo loro il sapore del sale, alle lacrime che scendevano copiose a salutare con il loro corso sulle guance i miei genitori che mi avevano lasciata da sola, all'improvviso, in quel maledetto incidente la sera di Pasqua, mentre tornavano a casa dopo aver passato la giornata con me. 'Se solo con una scusa qualsiasi avessi impedito loro di venire a trovarmi, se solo avessi chiesto loro di non farsi quelle svariate centinaia di chilometri per passare qualche ora insieme e scambiare con me le solite chiacchere che avremmo potuto fare al telefono, senza il calore di un abbraccio e di una carezza!'. Questi i pensieri confusi che affollavano la mia mente, mentre non mi accorgevo che i sussulti del mare arrivavano a bagnare sempre più in alto, e i pantaloni erano già inzuppati ben oltre il risvolto che avevo fatto per arginare l'acqua... Si era avvicinato, il volto sereno, due tranquilli occhi celesti, una mano calda, accogliente, tesa... 'Ehi!... Ti stai bagnando tutta!... Va tutto bene?... Vieni indietro...vieni che ti offro un tè caldo al bar in passeggiata...vieni, che altrimenti alla peggio ci finisci dentro alla burrasca, e meglio che ti vada ti becchi la bronchite!'. Mi ero scossa, avevo tirato su con il naso, l'avevo guardato per lunghi attimi chiedendomi chi fosse, chi l'aveva mandato lì, proprio da me, proprio lui...poi avevo fatto un paio di passi indietro e avevo messo la mia mano dentro la sua... 'Quanto è calda...è piacevole star qua, racchiusa nella mano di questo sconosciuto...'. 'Mi chiamo Luigi...tu?... Sembri sconvolta...hai voglia di parlarne? Io posso ascoltare, se a te va bene...'. Da quel giorno ventoso la sua mano calda e accogliente non aveva mai lasciato la mia, ed eravamo tornati tante volte in quel pezzetto di spiaggia, nel 'nostro' angolino di mare, a ridere, a giocare, a far l'amore con gli occhi con le mani con le parole...a litigare anche qualche volta... Poi era arrivata la malattia, e dolore ospedali dottori...poi la chemio...sprazzi di luce...squarci di sereno...e poi di nuovo il buio...e ancora ospedali dottori dolore, e angoscia, e sguardi pietosi, e addii...e addio...l'ultimo...per me... Se ne era andato Luigi, lasciandomi sola, in una surrealmente calda mattina di inizio inverno, quasi che volesse dire a chi restava che la notte non necessariamente è buia...che l'inverno non necessariamente è privo di calore...che la mancanza non necessariamente è assenza... Sono arrivata in spiaggia...sono sola...ci sono solo io nel 'nostro' angolino di mare d'inverno. Il mare si agita e ruggisce al largo...ma a riva, stranamente, arriva calmo. È freddo e, come quel primo giorno, il vento mischiato alla nebbia del mare mi bagna la faccia... Appoggio lo zaino, lo apro...l'urna è nera, fredda, pesante...non mi rassegno al fatto che il calore di una vita possa star dentro ad un contenitore tanto freddo...vorrei appoggiarmelo sul petto...scaldarlo nello stesso modo in cui lui aveva scaldato la mia mano e il mio cuore dal momento che i nostri sguardi si erano incrociati. Mi levo le scarpe e le calze... 'Cazzo se è freddo!'. Quasi non mi accorgo e l'acqua già mi bagna i piedi...strano a dirsi, ma sembra quasi calda, ora che sono dentro... 'Domani avrò la febbre...'. Guardo il mare...la sua immensa furia si placa all'improvviso, una tregua concessa al mondo. Apro l'urna, la rovescio...il vento si porta via quel che resta del mio amore, della mia vita, della mia anima, della mia felicità... E piango...non credevo di avere ancora lacrime da versare...no, aspetta, è solo il nevischio portato dal vento... Appoggio quell'odioso cilindro freddo, ormai privo di ogni senso, sulla sabbia...mi volto, mi allontano, mi rimetto calze e scarpe... Non sono sola...rimane con me di quel mucchietto di cenere un figlio che sto crescendo dentro...avrà le mani calde...e io scalderò le sue. Crediti Imma Gaglione Vittorio Tatti Direttore – Redattore di “C'era una volta...” Redattrice di “Basta un poco di zucchero...” - Copertina E-mail: [email protected] Blog: Ordine e Caos Pagina Facebook: Vittorio Tatti scrittore E-mail: [email protected] Blog: im1dreamer Facebook: Imma Gaglione Silvia Boscolo Lettrice Segreta Redattrice di “La Girastoria” Redattrice di “Un libro fra le mani...” E-mail: [email protected] Blog: L'Isola oltre le Stelle E-mail: [email protected] Blog: Le Parole Segrete dei Libri Pagina Facebook: Le Le Parole Segrete dei Libri Lucia Boggia Anemone Cerami E-mail: [email protected] Blog: Tra sogno e realtà Facebook: Lucia Boggia E-mail: [email protected] Blog: AnemoneCerami.com Facebook: Anemone Cerami Eufemia Griffo E-mail: [email protected] Blog Personale: Il fiume scorre ancora MultiBlog : Memorie di una Geisha Elena Brilli Redattrice di “Inseguendo il Bianconiglio...” E-mail: [email protected] Blog: Crazy Alice in Wonderland Facebook: Elena Brilli Maria Rosaria Ferrara Redattrice di “Spillaletture” E-mail: [email protected] Blog: duemilaQ Pagina Facebook: Maria Rosaria Ferrara Irene Donesi Redattrice di “Keep calm, I'm a food addicted” E-mail: [email protected] Facebook: Dolci Segreti Di Irene Posta: L'angolo dei lettori Cari lettori, permettetemi di inaugurare ufficialmente lo spazio riservato alle vostre considerazioni personali. Per questo numero non faccio più in tempo ma, dal prossimo, potrò pubblicare finalmente le vostre e-mail. Contenti? Intanto vi annuncio che il questionario verrà inglobato nella sezione della posta, in quanto molti lettori l'hanno trovato scomodo da compilare e inviare. Per ovviare a tale problema, sparirà del tutto il layout grafico, lasciando carta bianca a suggerimenti, critiche e via dicendo. Chi vorrà, potrà continuare a utilizzare il voto numerico. Il tutto andrà recapitato all'indirizzo e-mail [email protected] Vittorio Tatti
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