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CONFEDERAZIONE COBAS - COBAS Pubblico Impiego
COBAS ROMA COMUNE
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L’AGONIA CONTRATTUALE
Dopo mesi di annunci e smentite, siamo riusciti ad avere in premio le terza versione del contratto decentrato.
Siamo così passati dal contratto unilaterale, attualmente vigente, ad una “preintesa negoziale” di cui non si
conoscono ancora tempi e modi di applicazione. Le parti in gioco tendono a rinviare la chiusura della partita
attraverso continui aggiornamenti e comunicati deliranti, l’ultimo dei quali annuncia la volontà di “impedire
irragionevoli decurtazioni dei flussi retributivi”!
Così come avevamo annunciato, dunque, la supposta trattativa si è tradotta in una irritante e lunghissima messa
in scena che ci ha riportato alla base di partenza, cioè al punto morto di un sistema di relazioni sindacali che, in
assenza di rinnovi dei contratti nazionali e di una coerente opposizione al processo di dismissioni della PA, può
solo accompagnare la scomparsa delle residue tutele del lavoro.
Sul punto bisogna essere chiari: il fenomeno dell’applicazione unilaterale dei contratti decentratati sta
interessando diversi comuni d’Italia a causa della crisi dei contratti pubblici generata da una serie di irrazionalità
dei governi centrali. In buona sostanza, la controriforma del rapporto di lavoro non è stata recepita dai contratti
collettivi di comparto poiché, contestualmente, sono state varate norme che hanno congelato i rinnovi
contrattuali. Le norme imperative del decreto Brunetta hanno così impattato sui contratti decentrati, con l’effetto
di farli decadere anche grazie all’aiuto delle censure operate dagli ispettori ministeriali.. Obiettivo non dichiarato
della crisi (indotta) è stato quello di spostare il terreno di confronto sindacale solo sui negoziati aziendali e sulla
produttività individuale, in modo da replicare ciò che è già avvenuto nel mondo del lavoro privato con
l’escalation del potere datoriale. D’altro canto, i sindacati maggioritari, ormai trasformati in puri apparati di potere
alla ricerca di continui apprezzamenti da parte dei governi, mediante la commedia delle trattative di livello
decentrato hanno tentato di recuperare quel protagonismo e quella rilevanza che hanno perso a livello centrale a
causa dei troppi cedimenti sul fronte della concertazione. Il risultato complessivo è che, in assenza di una
vertenzialità generalizzata e orientata a porre un argine alla deregolamentazione dei rapporti di lavoro, tutte le
iniziative locali hanno mostrato una ridottissima capacità rivendicativa anche in termini di pretese salariali,
praticamente azzerate. Tanto più che, ormai, è la stessa Ragioneria dello Stato a certificare il calo del potere
d’acquisto degli stipendi pubblici, evidenziandone lo scarto di oltre il 4% rispetto al tasso di inflazione reale
(tradotto in cifre: una perdita di 1.360 euro) e ammettendo una variazione negativa della dinamica retributiva a
partire dal 2011.
Rimane l’amaro sapore della presa in giro, sensazione rafforzata dall’assoluto mistero sui criteri con cui è stato
gestito il lungo confronto sul contratto decentrato. Al di là di parole vaghe, minacce di azioni legali e
dichiarazioni demagogiche, sono state rese note solo le diverse versioni del contratto avanzate
dall’Amministrazione. Gli unici fatti su cui si è potuta riscontrare un’effettiva evoluzione delle posizioni sono
stati quelli riguardanti la categoria dei vigili e il settore educativo-scolastico, soprattutto grazie alle lotte intraprese
dagli stessi lavoratori. Per il resto, cioè il cosiddetto settore tecnico-amministrativo, si è assistito ad una resa
(quasi) senza condizioni.
Gli ultimi annunci rinviano le decisioni all’esito di eventi non ben definiti, compreso un referendum da tenersi
“in tempi brevi”. Il sospetto, più che fondato, è che si stia tentando di minimizzare l’impatto della nuova
disciplina posticipandone e diluendone gli effetti nel tempo, con il principale obiettivo, non dichiarato, di non
influenzare troppo l’esito delle elezioni RSU.
Forse sarebbe il caso di non prolungare oltre questa agonia contrattuale, che già sta producendo enormi danni
agli orientamenti organizzativi degli uffici. L’accordo fondato sulla trovata della “produttività di sistema” sarà
comunque irricevibile, anche perché va calato in un ente in equilibrio provvisorio di bilancio e sottoposto ad un
piano di rientro (dal debito) che ha già sancito il taglio del trattamento accessorio del personale dipendente (13,2% in un triennio).
Per quanto ci riguarda, abbiamo già avviato una vertenza dal basso, in ogni luogo di lavoro, per allargare la
conoscenza sui contenuti reali della nuova disciplina contrattuale e cominciare così ad organizzare una convinta
azione di resistenza attiva, anche sul piano legale, alle millanterie del “ciclo della performance”
Roma 18 febbraio 2015