No mi la bufo Bosa, GENNAIO 2015 InBosa (Gruppo di InformAzione Indipendente) per il Territorio e i Beni Comuni Tempo di cambiare Acqua: grossa occasione sciupata di Aldo Brambilla Siamo inglobati in un sistema che in nome della crescita e dello sviluppo, in modo sempre più devastante, si appropria delle nostre vite e dei territori. Viviamo in tempi di profonda miseria e di malessere; e quelli che ci aspettano si preannunciano ancora più duri e difficili. Ma possono essere anche tempi di cambiamento, di svolta, di conquiste. Dipende dalle prospettive che ci diamo: le difficoltà sono sempre prove da superare, che però possono portarci ad una reale evoluzione umana. Le scelte che dobbiamo fare sono grandi e prorompenti: decidere di volere le trivellazioni in mare e in terra – “beni comuni” - per succhiarne fino all’ultima goccia di petrolio o difenderne le vocazioni naturali, preservandoli e sottraendoli alla speculazione; vendere e comprare da un mercato sconosciuto e lontano, o valorizzare la produzione e il consumo locali a “chilometro zero”; cemento o natura; lavoro o salute…. E’ tempo in cui non si può sbagliare, non si può più procedere a tentoni, andare incontro a sprechi; occorre usare gli tutti gli strumenti a disposizione: strumenti di informazione, tecnologie, approfondimenti e studi di produttività. Così, in Francia l’azienda che vuole chiudere e riaprire in Polonia, dopo 1336 giorni di lotta operaia, si trasforma in una cooperativa gestita dai lavoratori, che riprende la produzione. La nuova cooperativa vuole sviluppare la produzione di tè e tisane biologiche con aromi naturali, lavorare con agricoltori locali, rilanciare piante aromatiche come la verbena e il tiglio. In Italia e nel mondo ci sono riassetti e riorganizzazioni che portano ad un cambiamento obbligato ma sensato, intelligente, fruttuoso, fatto di energie rinnovabili, materiali a basso impatto, ristrutturazioni, riutilizzo, reciclo. Anche noi nel nostro piccolo abbiamo scelto un carattere editoriale (un ecofont facilmente rintracciabile in rete) che ci permette di risparmiare sull’inchiostro per avere un minore impatto ecologico. Invitiamo tutti gli uffici pubblici e privati e ogni cittadino a fare altrettanto! graffito sardo È veramente un paradosso essere comproprietario di qualcosa senza avere alcuna possibilità di disporre del proprio bene; soprattutto di disfarsene se questo è all’origine di tanti problemi e preoccupazioni da far perdere il sonno. Eppure è cosi; i cittadini-utenti della società Abbanoa spa che ne sono i comproprietari, attraverso i comuni che ne detengono le azioni, vivono ogni giorno situazioni dure con il timore di vedersi recapitare una di quelle bollette pazze che il gestore unico della rete di distribuzione dell’acqua, che sarebbe improprio e non vero definire sempre potabile, tira fuori a caso dal suo cappello magico costituito dalla sua catastrofica gestione della fatturazione. prosegue a pagina 2 Su esser mere in cumone de unu bene, chena bi poder cumandare nudda e massimu de non si nde poder istare cando custu faghet naschere fastizzos e oriolos de nde peldere su sonnu, est de aberu unu paradossu ACQUA: GROSSA OCCASIONE SCIUPATA IL RE TRAVICELLO ACQUA PUBBLICA E NO-PROFIT: A CHE PUNTO SIAMO pag.2 pag.3 AMIANTO MALE COMUNE pag.4 pag.5 LE BUONE PRATCHE SULLO SMALTIMENTO DELL’AMIANTO pag.6 LA VOCAZIONE DI UNA TERRA NON PUÒ ESSERE TRASCURATA! pag.7 IL SALTO DELLA RANA - CIBO A KM 10 MILA InBosa Gruppo di Informazione Indipendente per Bosa e Dintorni | www.inbosa.it pag.8 Bosa, Gennaio 2015 ACQUA: GROSSA OCCASIONE SCIUPATA In una situazione normale l’utentecomproprietario avrebbe tutti i diritti di chiedere conto delle ingiustizie e errori subiti e di mettere alla porta i responsabili di un comportamento non rispettoso delle regole e dei ruoli. E invece da otto anni questi signori generosamente retribuiti per creare benefici e soddisfazioni ai loro datori di lavoro (leggi metro cubo di acqua a basso prezzo e efficienza nel servizio), non fanno correttamente il loro lavoro e non tengono conto che il bene che trattano è essenziale per la vita di tutti e danno risposte insoddisfacenti alle nostre istanze. Inutile fare gli struzzi, saranno molti i milioni che dovremo sborsare, costretti a tirare ancora di più la cinghia, chiedendoci perché mai ci hanno messo in questa situazione senza chiedere il nostro parere, visto che saremo chiamati, volenti o nolenti, a onorare la nostra responsabilità di comproprietari? Ma nella vita si deve sempre sperare che anche per i casi più disperati si trovino alla fine delle soluzioni. L’occasione straordinaria si presenta sotto la forma di un disegno di legge regionale concepito per un cambiamento degli organismi incaricati di attuare gli obbiettivi della Sardegna in materia di approvvigionamento e gestione dell’acqua con tutte le attività connesse. La situazione in questo momento vede al vertice del governo dell’acqua in Sardegna l’Autorità d’Ambito, organismo composto dall’assemblea dei sindaci, dei delegati delle province e dalla Regione con il compito di dare l’indirizzo politico e gestionale con decisioni che venivano prese, prima del commissariamento, tenendo conto del peso azionario di ogni socio, con la Regione e i maggiori comuni a fare la parte del leone. Dal 2008 l’Autorità d’Ambito è commissariata e per conseguenza tutte le prerogative che per legge erano attribuite a comuni e province sono state passate al commissario che decide per tutti con pieni poteri. Nel disegno di legge “Istituzione dell’Ente di governo dell’ambito della Sardegna” la Regione sostituisce l’Autorità d’Ambito con l’ “Ente di governo dell’Ambito della Sardegna” confermando nel contempo che l’ente agirà in un unico Ambito Territoriale Ottimale, che coprirà tutta la Sardegna con possibilità di aumentarne il numero anche su richiesta degli enti locali interessati che rappresentino non meno di cinquecentomila abitanti per rendere più economica, efficace ed efficiente la gestione del servizio idrico integrato. Gli organi di governo dell’ente sono il “Comitato costituzionale d’ambito” formato da 3 assessori della regione e da 8 sindaci; e le ”Conferenze territoriali” composte dai sindaci dei comuni dell’ambito territoriale di riferimento. La parte del leone, con questo nuovo assetto, la fa il comitato costituzionale con larghi compiti decisionali, mentre alle conferenze territoriali è affidato il compito propositivo sugli interventi e priorità, sui miglioramenti dell’organizzazione del servizio, sulla carta di qualità del servizio e sul regolamento di utenza ed è convocato almeno una volta all’anno. La Giunta regionale decide le linee guida di programmazione, pianificazione e di indirizzo del servizio idrico integrato. A prima vista quanto prevede il disegno di legge sembra una vera rivoluzione. Oh! finalmente, sparite le azioni, i sindaci che avranno tutti lo stesso peso, saranno i veri responsabili delle decisioni del governo dell’acqua dell’isola e chi dice sindaci dice cittadini, il che significa scelte democratiche e partecipate con il contributo di tutti. Peccato che l’entusiasmo si smorzi rapidamente considerando che: 1) il cambiamento del governo dell’acqua è stato deciso senza alcuna consultazione della popolazione; 2) si è mantenuto un solo Ambito Territoriale Ottimale. Per i lettori che non lo sapessero questa denominazione significa che sulla base di alcuni parametri (abitanti del territorio della Regione, numero delle utenze, metri cubi erogati ed altro) ogni regione ha deciso di creare il numero di ATO che permetta prosegue dalla prima pagina di avere la soluzione economica più interessante per il costo dell’acqua fornita con la migliore efficienza. Ora è sorprendente che i legislatori non abbiano tenuto conto del disastroso risultato della creazione di un unico Ambito Territoriale Ottimale in Sardegna. E’ una contraddizione stridente quella di confermare un solo Ambito Territoriale Ottimale e aprire alla creazione di altri ammettendo che sulla base di un bacino di oltre 500mila abitanti si può creare una nuova ATO “per rendere più economica, efficace ed efficiente la gestione del servizio idrico integrato”; sulla base di quanto sopra la Sardegna con un milione e seicentomila abitanti dovrebbe avere tre ATO . Allora il cittadino-utente-comproprietario ha il diritto di chiedere come mai la decisione di creare tre ATO con nuovi gestori non sia stata presa subito e come mai non sia stato consultato su questa scelta fondamentale; si aspetta almeno che il proprio sindaco ne spieghi pubblicamente la ragione e che non aspetti la convocazione della riunione annuale per chiedere la costituzione di una nuova ATO con nuovo gestore come previsto dalla legge. A meno che l’obbiettivo sia quello di dimostrare che la gestione pubblica dell’acqua sia una soluzione da scartare, visti i risultati, e che, dopo aver sanato il vorticoso deficit della gestione Abbanoa naturalmente a spese dei cittadini-utenti-comproprietari, non si apra la porta a un gestore privato. Se cosi fosse siamo ancora ben lontani dal ritrovare un sonno tranquillo. S’Abbanudda: graffito su un muro di Bosa 2 il re travicello Una pioggia di rane (fenomeno segnalato dalla Bibbia come una delle piaghe d’Egitto) ha interessato in tempi da poco trascorsi la nostra isola. La pioggia che le ha portate si è in gran parte dispersa, ma ha anche prodotto pozze di varie dimensioni dalle quali abbiamo attinto l’acqua che arriva ai nostri rubinetti Galleggia su una tavoletta di legno Ram ‘a Zot; dovrebbe sistemare le cose e per riuscirci prima di tutto chiede sacrifici a quelli che bevono il liquido che arriva dalla pozza. Zot scaglia i suoi fulmini sulle rane fuoricasta che vorrebbero farlo scendere dalla tavoletta e con l’aiuto di Man in Thath, capo di una delle bande di rane, riesce a restare a galla. Riusciranno le rane che mendicano qualche goccia dal rubinetto a scongiurare il sacrificio supremo? di Riccardo Chiozzi TRADUZIONE A FIANCO S’alza il grido di dolore del cittadino utente: “Da dove arriva l’acqua che beviamo? è potabile? la maggior parte delle volte che apro il rubinetto esce un liquido con un forte e strano odore, con un gusto particolare, a volte non è nemmeno trasparente”; guarda il proprio portafogli malfornito, getta lo sguardo sulla bolletta di Abbanoa e si chiede: “ acconti, quote fisse, cauzioni, potabilizzazione... ma cosa sto pagando?” poi telefona al comitato AcquaBeneComunePlanargiaMontiferro e con voce rotta dalla rabbia sussurra “Dottore ho fatto i reclami, la conciliazione e adesso mi arriva una “bomba” di Abbanoa per 4.000 euro !” Illustrazione di Gustave-Paul Doré (18321883), disegnatore, incisore, scultore francese per la fiaba di Charles Perrault “Le rane vogliono un Re”, ispirata alla favola del Re Travicello di Esopo Risposta: “Per favore non mi intrattenga al telefono, venga il martedì dalle 17 alle 19 allo sportello del Comitato presso la sede della GCIL a Bosa, via Manin 23” Il comune di Sardara sta attivando un servizio di raccolta panni igienici a domicilio. BUONI ESEMPI 1 SARDARA Il servizio si aggiunge alla raccolta della frazione di secco e tutti i cittadini possono farne richiesta mediante compilazione di apposito modulo o presso il comando di polizia municipale. Sardara è il Comune più sostenibile d’Italia ed ha conquistato il premio A+Com nel 2014, assegnato da Alleanza per il Clima Italia e Kyoto Club e rivolto agli enti locali che hanno elaborato e deliberato nell’ambito dell’adesione al Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors) il proprio Piano di azione per l’energia sostenibile (PAES). Il piccolo comune sardo ha attenuto il premio grazie alle sue iniziative sulla promozione del risparmio energetico, della raccolta differenziata dei rifiuti e di altri temi ambientali. Per la redazione del PAES si è avvalso della collaborazione dell’Agenzia regionale Sardegna ricerche, nell’ambito del progetto “Smart City–comuni in classe A”. Un’immagine di Sardara 3 ACQUA PUBBLICA E NO PROFIT: A CHE PUNTO SIAMO? Tre anni fa, 27 milioni di cittadine e cittadini votavano per la ripubblicizzazione del servizio idrico e l’eliminazione dei profitti dall’acqua. Da allora, i governi che si sono succeduti non hanno fatto altro che ostacolarne l’applicazione. Tra Finanziarie-bis e pacchetti Salva-Italia, prima il governo Berlusconi, poi quello Monti, riproponevano la privatizzazione dei servizi pubblici locali, reintroducendo norme abrogate con i referendum. La Corte Costituzionale, con una sentenza prevedibile, accogliendo il ricorso di alcune regioni (compresa la Sardegna), avrebbe poi bocciato quei provvedimenti, perché incostituzionali. Nel frattempo, nel decreto cosiddetto “salva Italia”, Monti affidava all’Autorità per l’energia elettrica ed il gas (Aeeg) – garante del mercato e della concorrenza – il compito di definire il nuovo “Metodo tariffario transitorio” 2012-13. L’Aeeg metteva così a punto un calcolo che lasciava intatti i profitti per i gestori, reintroducendo la remunerazione del capitale sotto la nuova voce degli “oneri fiscali e finanziari”: un costo – a detta della stessa Autorità - “variabile in funzione dell’andamento dei mercati finanziari”. Il Metodo ha conquistato anche le sinistre: Letta lo ha adottato, in via definitiva, per il 2014-15, trasferendo all’Aeeg (trasformata in Aeegsi) funzioni di controllo e regolazione dei servizi idrici; e soddisfa Renzi, che alla vigilia dei referendum si era espresso apertamente a favore della remunerazione del capitale. Nessuno stupore, quindi, se nella squadra del nuovo che avanza, ci siano dei partigiani della privatizzazione, come la ministra per lo Sviluppo economico Guidi, dell’idea che “vanno superate le municipalizzate ancora a prevalenza di capitale pubblico” e che “è necessario il passaggio in mano privata delle fasi più remunerative del ciclo integrato dell’acqua”; o il ministro dell’Ambiente Galletti, per il quale “i partiti che hanno sostenuto il referendum sull’acqua e le regioni che hanno proposto ricorso alla Corte Costituzionale si devono (...) assumere la responsabilità di aver causato un danno enorme al Paese”. Il “danno enorme”, sarebbe quello di azzerare “la concorrenza in questi settori strategici”. Sarà per questo, che il Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge di iniziativa popolare approvata ad aprile scorso dalla Regione Lazio sulla gestione pubblica e partecipata dell’acqua, senza finalità di lucro: perché in contrasto “con le regole riservate alla legislazione statale in materia di tutela della concorrenza”. Una decisione grave; così come è grave che il Tar Lombardia abbia respinto il ricorso promosso dal Forum contro la tariffa-truffa elaborata dall’Authority. Poco importa se nel gennaio 2013 il Consiglio di Stato, in- terpellato dall’Aeegsi, si fosse espresso per l’immediata eliminazione della remunerazione del capitale investito dalle bollette; parere ribadito due mesi dopo dal Tar Toscana. Cose che capitano, in mancanza di un quadro legislativo unitario e chiaro, di cui avrebbero dovuto farsi carico Governo e Parlamento, in risposta a un risultato referendario inequivocabile. Così, a tre anni dal referendum, sul fronte della ripubblicizzazione, il Paese è attraversato da una miriade di percorsi fluttuanti, fatti di avanzamenti ma anche di clamorose marce indietro; alimentati spesso più dalla tenacia dei comitati cittadini che dalla volontà di Comuni e Regioni, troppe volte impegnati in reciproche battaglie partitiche, quando non inclini a favorire lobby affaristiche. Un esempio su tutti: la città di Napoli, primo Comune in Italia ad aver superato la forma della Spa, promuovendo la creazione di una Azienda speciale di diritto pubblico, ma che a tutt’oggi non ha abolito il profitto dalle bollette e sta lottando contro un Disegno di Legge Regionale, che impone la privatizzazione dei grandi acquedotti. In quanto alle tariffe, poi, l’Aeegsi ha riconosciuto una restituzione che ha il sapore della beffa: irrisoria, limitata al solo periodo non coperto dal metodo tariffario transitorio, 21 luglio-31 dicembre 2011 e nemmeno concretamente corrisposta dai gestori. Le nuove norme sulla gestione dell’acqua introdotte con il decreto “sblocca Italia” e la “legge di stabilità; la cancellazione alla Camera nel Testo del ddl collegato alla legge di stabilità di un articolo che garantiva, in caso di morosità, un minimo vitale di 50 litri al giorno per persona, sono gli ultimi provvedimenti di questo governo che, 4 di Patrizia De Rosa in modo ancor più selvaggio, sta accelerando il processo di mercificazione dell’acqua, rendendo più chimerica la scelta di una gestione pubblica dei servizi pubblici locali, offrendo incentivi agli enti locali che li mettano in vendita, dandoli in pasto alle grandi multinazionali quotate in borsa. Tutto ciò, in spregio alla volontà di un intero Paese, al riconoscimento dell’Onu del diritto umano all’acqua ed alla nostra Costituzione, che lo sancisce. IN SARDEGNA L’Autorità di Ambito Territoriale (Ato), prima, ha rimesso la competenza della ridefinizione del modello tariffario all’Aeegsi, liquidando così gli utenti che, aderendo alla campagna di obbedienza civile, decurtavano dalle bollette la remunerazione del capitale investito. Poi, fatti due calcoli, sottraendo dalle somme da restituire “voci di costo” dietro cui si cela la remunerazione del capitale, è giunta alla conclusione che “non risultano somme da restituire agli utenti”, in quanto “l’ammontare risultante è di segno negativo”, pari a poco meno di 5milioni di euro. Insomma, siamo noi debitori nei confronti della Società. Intanto, per far quadrare il proprio bilancio fallimentare, appellandosi a una delibera del 2013 dell’Aeegsi, Abbanoa ci sta obbligando a versare un deposito cauzionale, in violazione della stessa Carta dei servizi, non adeguata a questa nuova normativa - peraltro prevista ma non imposta dall’Autorità -. E per i conti antecedenti il 2012, l’Ato ci informa di aver deliberato un conguaglio di 106milioni di euro perché la tariffa applicata era sottostimata. Ergo, ci sarà una voce in più nelle nostre bollette e, giacché ci siamo, tra gli interventi previsti per il risanamento ed il rilancio della Società, è in arrivo la revisione delle tariffe, di cui si occuperà l’Ente di governo d’ambito, che entro il 2014 andrà a sostituire l’Ato. Il futuro del servizio idrico della Sardegna è quanto mai incerto. Allo stato attuale Abbanoa, che lo gestisce, è una società in house, vale a dire interamente pubblica, dato che i soci sono gli stessi Comuni e la Regione. Potrebbe essere un privilegio: sono molti i Comuni in Italia finiti nelle mani degli speculatori privati. Ma se ricordiamo a quali condizioni la Commissione europea ha concesso che la Regione salvasse Abbanoa, con 187 milioni, dal baratro finanziario, lo spettro della privatizzazione sembra materializzarsi; e c’è anche una data: il 31 dicembre 2025, allo scadere della concessione assegnata ad Abbanoa (anticipata di tre anni da Cappellacci), il servizio idrico dovrà essere messo sul mercato e sottostare ai principi della libera concorrenza. Per Abbanoa questa è solo una ipotesi; ma certo, anche alla luce degli ultimi provvedimenti legislativi nazionali, tutt’altro che remota. Come andrà a finire, è ancora da vedere... MA NOI, COSA VOGLIAMO1? - Il diritto all’acqua potabile ed ai servizi igienico sanitari come un diritto umano essenziale; - il servizio idrico come privo di rilevanza economica e sottratto ai principi della libera concorrenza; - un modello gestionale scelto esclusivamente tra quelli possibili per gli enti di diritto pubblico; - l’erogazione gratuita di 50 litri per abitante come quantitativo minimo vitale giornaliero; - il governo partecipativo del servizio idrico; - l’accesso all’acqua potabile per tutti gli abitanti del pianeta NON È UNA UTOPIA A Parigi, dove dal primo gennaio 2010 il servizio di distribuzione e depurazione delle acque è stato rimunicipalizzato: i guadagni economici sono totalmente reinvestiti nel servizio; la trasparenza finanziaria è totale, il prezzo dell’acqua potabile è sceso dell’8%; un Osservatorio dell’acqua permette a ogni cittadino di informarsi e contribuire al dibattito; il Cda conta due rappresentanti dei lavoratori con parere deliberativo. AMIANTO MALE COMUNE Convinsi mio babbo ad andarci insieme. La grande sala era gremita di ex operai. Fu commovente vederli rincontrarsi dopo tanto tempo. Erano tutti molto emozionati. Si abbracciavano, e scherzavano su come erano invecchiati guardandosi l’un l’altro dalla testa ai piedi. Dal palco furono invitati a prendere posto alle sedie. Apparve il capo del sindacato e subito si levò una breve ma intensa ondata di plauso: era la persona che tante volte aveva letto ciò che loro non sapevano leggere e scritto ciò che loro non sapevano scrivere. Calmati i clamori, prese parola, e in sostanza disse: L’amianto è un pericolo mortale, uccide dopo 15, 20, 30, perfino 40 anni dopo la prima esposizione, basta inalare anche poche fibre per sviluppare poi nel tempo tumori. Il sindacato sta lottando per accedere a dei fondi assistenziali che dovranno essere messi a disposizione delle persone considerate ad alto rischio, in primis proprio gli ex operai del settore amianto ed i loro familiari. Ma per far ciò bisogna essere uniti e disposti a farsi valere, inoltrando delle richieste, sottoponendosi a dei controlli medici certificati ed avviando una serie di procedure d’ufficio. Ascoltarono tutti in silenzio, finchè uno si alzò in piedi e con forte accento marmillese e ad alta voce disse: “Ma che cosa sta dicendo? Ma se arrivavano i camion in fabbrica e ne scaricavano montagne di amianto nel piazzale. Era tutta una nuvola di polvere! E adesso cosa ci venite a dire?” Gli operai cominciarono a brontolare rumorosamente, ed il capo sindacato: “State calmi, siamo quì per questo, bisogna avere pazienza, ci sono dei fondi per aiutarvi...”, ma il brontolìo aumentò ancora di più. Tutti cominciarono a discutere animatamente tra 1 I punti che seguono sono tratti dalla proposta di “Legge nazionale per l’acqua pubblica e partecipata” depositata in Parlamento dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua nel marzo 2014. 5 di Alessandro Perdighe loro. Dal palco, il capo sindacato, in piedi e con le mani sul tavolo, scuoteva la testa sfiduciato: si accorse, come forse già poteva immaginare, che non sarebbe stato facile. A nessuno interessavano veramente quei soldi. Tanto meno a nessuno interessava sentirsi dire puoi morire di questo o di quello, nè andare a passare ancora più tempo di quello che già capitava negli ambulatori e negli uffici. La stragrande maggioranza di quegli operai era composta solo da pensionati contenti di rivedersi ancora vivi dopo una vita in fabbrica. Ora volevano solo la pensione che gli spettava, ed essere lasciati in pace. Mio babbo mi disse: “Aiò ca si c’andamos, ca no’nde cherzo ischire nudda” Sono passati circa vent’anni, e cosa è cambiato? Veramente poco, troppo poco. Ogni anno tante persone, e non solo operai, si ammalano gravemente e muoiono per via dell’amianto. Ci si ammala non solo di absestosi, mesotelioma pleurico e tumori polmonari, ma anche di altre malattie tipiche dell’esposizione all’amianto, come i tumori renali e il mesotelioma del peritoneo. E’ il fatto che uccide in ritardo che inganna: gli effetti non si vedono subito, e così si sottovaluta continuando a far danni che mostreranno tutta la loro terribile gravità solo più in là nel tempo. La gente continua ad utilizzare vecchie cisterne e fare e disfare tetti con vecchie lastre recuperate. I muratori spesso se ne trovano davanti durante i lavori e sono costretti a romperlo o tagliarlo con lame smeriglio e a smaltirlo come meglio gli capita. Spesso se ne vedono brandelli gettati ovunque. Anche gran parte delle condutture idriche sono ancora in cemento-amianto. Nonostante ciò la legislazione in materia è ancora troppo lacunosa, ma sopratutto non vi è alcun controllo sulla effettiva adempienza ai regolamenti. La macchina degli indennizzi, abbandonata a se stessa e chiusa in un circolo vizioso, si affanna a risarcire i malati di oggi senza riuscire a evitare che ci si ammali domani. Le battaglie giudiziarie, slegate l’una dall’altra, dopo tante dure sconfitte e tanta sofferenza, nei casi migliori sono state ridotte a strazianti e disperate false vittorie. Legali vendette private dei singoli e delle associazioni dunque, non piano organico istituzionale per risolvere il problema alla base: eliminare per sempre l’amianto dalle nostre vite e, non dimentichiamolo, dalle vite di chi verrà dopo di noi. bUONE ESEMPI 2 E’ l’impegno di tutti che serve, in primis quello istituzionale e legislativo. Basterebbero anche pochi punti per prendere posizione attivamente: - Massiccia campagna di informazione, sopratutto nelle scuole, ma anche tramite l’apertura di sportelli informativi comunali. - Monitoraggio e censimento totale dell’amianto presente sul territorio: sapere dove e quanto. - Obbligo di smaltimento autorizzato e certificato all’atto della compravendita: divieto di vendere o comprare beni immobili se vi è presenza di amianto. Il notaio deve essere tenuto a esigere un certificato che attesti l’assenza o l’avvenuto smaltimento. - Revisione del codice penale a favore di pene più severe, fino alla reclusione ed al sequestro di immobili, per chi smaltisce o lavora amianto illegalmente. Ma ad oggi le istituzioni che fanno? A stento ancora ne discutono. Ovviamente si dice che costa troppo, che ora c’è crisi. Forse rendono di più i malati, meglio attirano investitori e fondi, aiutano il PIL e la crescita. Chiunque noi siamo, politici nullafacenti o muratori sprovveduti, industriali senza scrupoli o popolani monnezzari, ci stiamo rendendo responsabili della futura sofferenza e morte di centinaia di persone, perfino bambini che devono ancora nascere. Il tempo è scaduto. Chiunque noi siamo, con l’amianto non abbiamo più diritto a nessuna scusa. lo smaltimento dell’amianto Succede a Mirabello Monferrato (AL) dove c’è un progetto di bonifica amianto realizzato nel Comune del Casalese, coinvolto nel processo Eternit, e che in passato rifiutò il risarcimento dell’azienda per continuare la battaglia legale. Lo sportello di bonifica amianto prevede una serie di agevolazioni e di incentivi per i cittadini, ma soprattutto è un posto dove il cittadino si può recare per fare domande e ricevere informazioni senza essere rimpallato da un ufficio all’altro. È un posto unico dove poter trattare questo tema importante e delicato per la salute, per l’ambiente ma anche per il contesto urbanistico e di degrado del territorio poiché, anche se questo è un problema secondario, i manufatti in cemento-amianto sono, oltre che pericolosi, anche esteticamente brutti. Il sindaco Luca Gianola afferma che non bisogna far sentire nessuno a priori a disagio, non è colpa del cittadino se ha un manufatto di questo tipo ma è colpa di chi, pur conoscendone la pericolosità, l’ha tenuta nascosta. Il vantaggio economico ne ha permesso la fabbricazione a costo della vita di quasi tutti gli operai ed i lavoratori delle fabbriche Eternit e a costo della vita di molti cittadini. Importanti e decisivi sono gli incontri con la cittadinanza con cadenza annuale, a volte anche semestrale. La comunicazione e la consapevolezza di intraprendere un percorso difficile insieme sono alla base di tutto il progetto. Agli incontri vengono invitati, su rotazione: il medico, il tecnico, l’amministratore, il Centro regionale amianto, la ASL, l’ARPA, l’AFEVA (Associazione familiari vittime dell’amianto), i sindacati. Si discute su cosa si può fare quando si ha un manufatto in amianto, a chi rivolgersi, quali sono le pratiche, come fare una bonifica con l’impresa. Quando non si tratta di un manufatto di grosse dimensioni, viene consegnato un vademecum con le procedure per effettuare la bonifica in proprio. Nel caso invece in cui ci si rivolga all’impresa, c’è un elenco delle imprese, iscritte ad un albo, che devono mantenere un prezzo di cartello (intorno ai 12 euro al metro quadro di bonifica), quindi i cittadini vengono anche indirizzati verso azien- de che non se ne approfittano. Il ritiro dell’amianto viene fatto a domicilio da un’azienda presa dal consorzio dei 44 Comuni del Casalese. ll ritiro è gratuito, si paga solo l’accesso alla discarica che è a Casale ed è di pochi euro. Inoltre se il lavoro comporta un’occupazione di suolo pubblico non viene fatta pagare questa tassa. Le spese di segreteria per queste documentazioni sono quindi azzerate. Per chi decide di effettuare la bonifica con l’impresa, il Comune eroga degli incentivi fino a 300 euro. Si può effettuare la bonifica anche in proprio in questo caso si spende poco ma bisogna farlo seguendo delle procedure precise. Le istruzioni esatte vengono date allo sportello. Una delle chiavi tecniche per attuare il progetto è stata la delibera di giunta con la quale gli interventi di rimozione e sostituzione dell’amianto sono stati equiparati ad interventi di normale manutenzione ordinaria. Ci sono dei regolamenti esportabili e adattabili ad altri contesti qualora altri Comuni volessero seguire questo esempio. LA FONTANA DI MAGOMADAS BUONI ESEMPI 3 A Magomadas l’amministrazione comunale ha collegato la sorgente Fontana ‘e Renu all’abbeveratoio che si trova sulla strada pubblica nelle vicinanze. L’acqua è di nuovo accessibile a tutti ed è stata accolta con favore perche è vivo il ricordo di una di Raffaella Stellione una fonte considerata la migliore della zona. Servit pro sas piantas e est bellu chi siet abba de totus, dice uno degli operai. Il comune di Magomadas ha poi invitato i cittadini a presentare idee, disegni e proposte che rappresentino 6 come vorrebbero diventasse l’area circostante al fine di migliorare e accrescere la fruibilità e l’utilizzo del luogo, mettendo in pratica un esempio di partecipazione dal basso alla Cosa Pubblica. LA VOCAZIONE DI UNA TERRA NON PUÒ ESSERE TRASCURATA! Zps o Parco rappresenta oggi il più alto che si possa imprimere. Siamo in piena fase di trasformazione e l’esaltazione del capannone o della villetta e il ritorno alla natura hanno esaurito entrambe il loro ciclo. È finita l’epoca dei capannoni, tanti sono quelli dismessi, e delle villette, tante sono quelle abbandonate, ma è finita anche l’epoca dei parchi statici, monumentali, che non hanno fatto altro che imbalsamare il territorio. SA VOCASSIONE DE UNA TERRA NO SI PODEt LASSARE A UN’ALA S’agattant logos chi naschent po sa solte chi prummittint; gai Milano enit a esser sa capitale finantziaria, Torino sa tzittade ‘e sas industrias, Firenze de s’arte... Inoghe, in sa lacana de su mundu, in sa tzittade chena tempus, chie tenet dudas po su tempus benidore? Cale solte at’a toccare a cuss’ isterrida manna de logu malu a domare inue bivent animales e piantas chi s’agattant inoghe ebbia? La vocazione di una terra non può essere trascurata! Ci sono luoghi che nascono per il destino che promettono1 e così Milano diventa la capitale finanziaria, Torino la città delle industrie, Firenze la città dell’arte e così via. Qui, alla fine del mondo, nella città senza tempo2, chi ha dubbi sul futuro che verrà? La vastità di territorio, incontaminato, abitato per lo più da specie autoctone, animali e vegetali e l’estensione considerevole di terra indomabile e impenetrabile, fitta di macchia mediterranea e arbusti, quale destino promettono? Il senso che le organizzazioni mondiali stanno imprimendo a questi spazi va nella direzione della conservazione. E’ stato sancito ormai che non si può ricoprire tutto lo spazio utile di fabbri- di Elena Ranaldo che, capannoni, zone produttive, perché non resterebbe più aria da respirare non solo nei quartieri industriali ma nell’intero pianeta. Si stanno contando ormai sulle dita di una mano gli spazi naturali che mantengono la memoria delle origini. Così si sovvenzionano, finanziano e sostengono questi posti per preservarli. In realtà siamo di fronte a misure che non sono proprio calate dall’alto perché corrispondono alle attitudini del popolo che ci vive. La conservazione infatti è già in atto da tempo, visto lo stato in cui il territorio si è mantenuto fino ai giorni nostri. Un simile sostegno significa riconoscere il valore comunitario di un territorio che ha sancito il suo carattere fuori dagli schemi. Il valore che si può dare alle zone Sic, 7 Oggi, l’altro modo di pensare l’ambiente si può incontrare con l’altro modo di pensare l’economia? “Direi di sì, a condizione che la cultura di impresa e quella dei parchi prendano atto che sono in profonda trasformazione i paradigmi produttivi e il tentativo di far ripartire un ciclo economico di lunga lena ruota intorno ai concetti di limite, sostenibilità, conversione ecologica, risparmio energetico”2. L’idea di conservazione si arricchisce di nuove sfumature: ”una recente ricerca Unioncamere ci dice che sono 68mila le imprese localizzate nei parchi nazionali, poco meno di 700mila quelle localizzate nei parchi regionali, con una forte rappresentanza a conduzione femminile e giovanile: si occupano di agricoltura, ristorazione, turismo e commercio”3. L’economia si converte dall’agro-silvicoltura comunitaria, alle produzioni di qualità e all’accoglienza turistica dolce4. Oggi la sfida è portare il Parco oltre i suoi confini. Il Parco è motore di nuove relazioni sociali e produttive. Dalla wilderness alla ricerca scientifica sulla biodiversità, dal turismo-natura alle produzioni certificate, dalle tecnologie smart per la mobilità alla fruibilità del territorio. Soluzioni che, senza fondamentalismi, sono “esportabili” e danno valore al bene comune territorio e forniscono un importante spunto per l’innovazione delle imprese. 1. Per esempio, Ottana non ha realizzato le promesse di industrializzazione perché non rispettavano la vocazione del territorio 2. dall’articolo “La natura matrigna invita a ripensare sviluppo e ambiente” del Sole24ore del 24 novembre 2013 3. ibidem 4. http://www.assudd.it/turismo.html IL SALTO DELLA RANA : CIBO A KM 10mila di Paola Balderacchi 10.000 km: tanta è la distanza che separa la Sardegna dal Vietnam, luogo da dove provengono le cosce di rana surgelate e irradiate che posso comperare al supermercato di Bosa, nel banco di surgelati, vicino ai pesci. E non costano neanche tanto: pochi euro al kg. Ho letto bene l’etichetta: irradiate. irradiate con cosa? perchè? In regime di democrazia informatica è possibile sapere tutto: norme, controlli, garanzie, pericoli e così scopro che i prodotti irradiati sono svariati: pesce, spezie, patate, aglio, cipolle, erbe aromatiche, cereali, legumi , frutta secca, ecc.. L’irraggiamento con raggi gamma, raggi x, fasci di elettroni è una tecnologia utilizzata dall’industria alimentare per la conservazione degli alimenti; questi vengono sottoposti ad un bombardamento di radiazioni per impedire la germogliazione, lo sviluppo di germi nocivi, l’infestazione di insetti, muffe, batteri. In Italia non c’è l’obbligo di indicare in etichetta questo tipo di trattamento, come invece in altre nazioni da cui importiamo cibo ad es: Olanda, Francia, Thailandia, Belgio, Canada, Cile, Polonia, Spagna, Ungheria, Usa, Argentina, Israele, Norvegia . Le ricerche scientifiche internazionali sono per ora approdate a constatare nelle cavie e nei bambini, i seguenti danni alla salute: tumori, artriti, alterazioni genetiche nelle cellule del midollo osseo, squilibri ormonali, forte aumento di radicali liberi Mi chiedo se non abbiamo perso il senno. Da una parte la nostra isola potrebbe potrebbe produrre quasi tutti gli alimenti necessari ma ne importa circa l’80%, persino dal Vietnam, come nel caso delle rane, dall’altra terreni agricoli vengono abbandonati e sottratti alla propria storia e finiscono in mano a speculatori finanziari e più persone non hanno possibilità di lavoro. Recuperiamolo il senno! E con esso la sovranità alimentare. Ricominciamo a produrre e ad acquistare quel cibo sano di cui abbiamo bisogno, quello che viene dalla nostra terra e dalla luce del sole. Riprendiamoci il diritto di poter lavorare dove ci piace vivere. Assumiamoci la responsabilità del- SU GIOMPU ‘E SA RANA “S’aminettu pius malu po sa vida ‘ostra e cussa de fizos bostros no enit dae sas armas nucleares, ma dae cussu chi azis a mandigare custu sero.” (David Reuben) le nostre scelte, senza più rincorrere specchietti per allodole, che ci spingono a comperare cibo spazzatura che costa poco e ne possiamo mangiare il doppio, che cosi diventiamo obesi e desideriamo anche una dieta per dimagrire. Concordo con David Reuben: “la più terribile minaccia alla sopravvivenza vostra e dei vostri figli non proviene dalle armi nucleari, ma da ciò che mangerete questa sera a cena”. Un altro cibo è possibile. Anche a qui da noi. Da qualche anno abbiamo attivato un GAS, Gruppo di Acquisto Solidale, che ricerca cibo sano da acquistare in gruppo, a costi quindi competitivi, direttamente dai produttori, che andiamo a conoscere e vediamo come lavorano. Il gruppo compra farina di grano duro Senatore Cappelli al mulino di Nurri, riso a San Vero, noci, nocciole e miele di castagno a Tonara, miele millefiori a Bosa, patate biologiche a Fonni, polli ruspanti a Sennariolo e tutto quello che man mano riesce a trovare e aggiungere al carrello. L’organizzazione per fare gli ordini, ricevere la merce, distribuirla, è naturalmene volontaria e, benchè richieda un po’ di impegno, per ora funziona. Santina coordina l’acquisto farina, Fulvio il riso, Paola il miele e le noci, Bruno i polli... Scambiamo informazioni con altri GAS, presenti a Nuoro, Oristano e Cagliari: più crescono i gruppi e le conoscenze, più vantaggi ci sono per ciascuno. Aspettiamo altri consumatori e altre proposte di buone forniture. Siete tutti benvenuti. Contattateci scrivendo a : [email protected] BUONI ESEMPI 4 la casa dell’acqua di Magomadas Magomadas avrà presto la Casa dell’Acqua. Una soluzione che farà risparmiare gli abitanti e darà una mano all’ambiente grazie al risparmio di contenitori in plastica o vetro derivanti dall’acquisto di acqua dai market. La Casa dell’Acqua costerà quindicimila euro e fornirà ai cittadini che vivono a Magomadas acqua potabile a chilometro zero, naturale o gassata, opportunamente microfiltrata, trattata e refrigerata. A cura di In Bosa (Iniziativa di Informazione Indipendente) | Redazione: Damiano Sanna, Elena Ranaldo Collaboratori: Salvatorangelo Pisanu, Patrizia De Rosa, Paola Balderacchi, Raffaella Stellione, Riccardo Chiozzi, Alessandro Perdighe, Aldo Brambilla, Alessia Murtas | Impaginazione grafica: Damiano Sanna | Telefono 3341663188 Stampato c/o Tipografia Bosa di Alessio Laurenza 8
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