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LA STAMPA
DOMENICA 15 MARZO 2015
MONTAGNA
.
Società .29
www.lastampa.it/montagna
ENRICO MARTINET
C’
è qualcuno che definisce «uomini blu»
gli alpinisti dilettanti dell’Himalaya. I Tuareg
con i loro veli e abiti colorati
non c’entrano, il riferimento
è al curioso doping in uso fra i
turisti dell’avventura in alta
quota, il citrato di sildenafil,
conosciuto soprattutto con il
nome commerciale Viagra, la
pasticca blu. Ingollare pastiglie color cielo di solito usate
per raggiungere altre vette fa
parte di un doping comune
fra i villaggi di tende ai piedi
degli Ottomila. Il rifornimento è nella tenda-farmacia, immancabile in ogni spedizione
commerciale che si rispetti.
Di pratiche dopanti nell’alpinismo se ne parla da un po’
e l’ultimo International
Mountain Summit di Bressanone, nell’ottobre scorso, gli
ha dedicato un’intera giornata. Come sovente accade nel
mondo della montagna
Reinhold Messner aveva dato il là, fin dal 2013, a un dibattito che ha però sempre
faticato a decollare. Aveva risposto con una frase choc a
un giornalista spagnolo della
rivista Desnivel: «Se si facessero gli esami del sangue agli
alpinisti del campo base dell’Everest si scoprirebbe che
il 90 per cento è drogato».
Percentuale strabiliante, che
i medici delle stesse spedizioni hanno subito definito «esagerata». Messner parlava soprattutto di farmaci.
Il professor Marco Maggiorini, medico e responsabile dell'unità di terapia intensiva dell’ospedale di Zurigo,
era fra i relatori a Bressanone. Oggi spiega: «Confermo
che nelle spedizioni si fa un
gran uso di farmaci. Oltre al
Viagra e agli antidolorifici,
stimolanti per combattere
l’asma, cortisone e i diuretici.
Sono usati allo scopo di aumentare le capacità respiratorie e diminuire il rischio di
insufficienza cardiaca. Diciamo che è una zona grigia. Il
dosaggio complicato e comunque il loro uso fanno temere per la salute di chi
adotta metodi disinvolti. Forti diuretici vengono usati nella misura di 120 milligrammi
per due volte al giorno, proprio per acidificare il sangue
e stimolare la respirazione».
Chi accusa
1 Nel 2013 Reinhold
Messner dichiarò alla
rivista spagnola Destivel che «se si facessero
controlli al campo base dell’Everest si scoprirebbe il 90% degli
alpinisti dopati».
1 Hervé Barmasse
sostiene che «l’uso dell’ossigeno sugli 8000
equivale al doping».
Non solo, ma parla di
«doping tecnologico
con corde fisse e attrezzature varie».
Gli “uomini blu” dell’alpinismo
dopati per salire sull’Himalaya
Tra i dilettanti Viagra e cortisone per aiutare le capacità respiratorie
Campo base
Sopra
un’immagine
del campo base
dell’Everest: i
villaggi di
tende ai piedi
degli Ottomila
sono pieni di
alpinisti sia
professionisti
che dilettanti
1 Al Nanga Parbat
Silvio Mondinelli è stato testimone di un caso
di doping: «Un coreano
che “andava” a anfetamine. Ma il doping più
diffuso è l’incoscienza
della gloria».
Daniele Nardi: «Eravamo a un passo»
Nanga Parbat, fallita l’impresa
della prima ascesa invernale
ISLAMABAD
La Luna che andava e veniva
tra le nubi, la fatica: per questo la prima volta d’inverno
sulla vetta del Nanga Parbat
(8.126 metri) è di nuovo sfumata. Fra gli alpinisti «stregati dalla Luna» c’è anche il
laziale Daniele Nardi, che da
tre anni sogna di salire in cima a uno dei due Ottomila
ancora inviolati nella stagione più fredda (l’altro è il K2).
«Eravamo a un passo», dice
Daniele. Due notti fa lui, lo
spagnolo Alex Txikon e il
pakistano Alì Sadpara sono
partiti dai 7.200 metri di
campo 4, lungo la via Kinshofer: nonostante la neve alta
sono riusciti a salire veloci. E
hanno segnato il record in-
ALEX TXIKON
vernale, raggiungendo quota
8000. Ma nel farlo, l’effetto
notte li ha portati fuori «rotta». Txikon ha scritto: «Di lì
non potevamo più salire verso
l’alto». Erano a 126 metri di dislivello dall’impresa. Stanchi e
amareggiati hanno dovuto
Da sx Daniele
Nardi, Alì
Sadpara e
Alex Txikon
Il problema è quello di affrontare la quota nel minor tempo
possibile di acclimatamento.
Nella storia dell’alpinismo
eroico, il caso più famoso di doping è quello di Hermann Buhl,
l’austriaco che per primo salì
in vetta al Nanga Parbat facendo da solo e senza ossigeno gli
ultimi 1.200 metri. Lui stesso
scrisse di aver ingerito il Pervitin, una metanfetamina, per
sopportare la fatica. Maggiorini spiega: «Dove comincia il
doping e dove finisce la profilassi per evitare che uno si ammali? Il problema è che bisogna tornare a casa sani e l’uso
abnorme di farmaci è un pericolo, soprattutto perché non
se ne conoscono bene gli effetti
in situazioni così particolari
rientrare al quarto campo.
«Durante un traverso - ha
spiegato lo spagnolo - siamo
andati troppo in orizzontale e
abbiamo saltato il canale che
avremmo dovuto imboccare
per raggiungere la vetta». Non
hanno così avuto che una sola
possibilità, scendere. Ma il bel
tempo avrebbe consentito loro
di riprovare alle prime luci dell’alba di ieri. La lunga permanenza in alta quota, la fatica
della salita di quattro giorni
nella neve alta caduta durante
le bufere di una settimana fa li
hanno indotti a desistere.
Si chiude così un altro tentativo invernale al Nanga Parbat che era cominciato per Daniele Nardi sullo Sperone
Mummery, sempre sul versante Diamir. Già la sua ex compagna di cordata, la francese Elisabeth Revol con il polacco Tomasz Mackiewicz, avevano dovuto rinunciare a gennaio.
Avevano raggiunto quota
7.800 metri, ma il maltempo li
aveva ricacciati indietro e Tomasz era precipitato in un crepaccio ferendosi a una gamba
e al costato.
[E. MAR.]
come gli Ottomila». Nell’alpinismo il doping assume un significato diverso rispetto allo
sport perché non esiste competizione tra atleti. Tuttavia ci
sono i record. Silvio «Gnaro»
Mondinelli, che è salito senza
ossigeno in vetta a tutti i 14 Ottomila e continua ancora a farlo, dice: «Anfetamine? Sono testimone soltanto di un caso, almeno credo. Ricordo che al
Nanga Parbat ho incontrato un
coreano visibilmente “fatto”
che era stato sette giorni di fila
in parete. E noi usiamo poco i
farmaci, diciamo che ci affidiamo soltanto all’Aspirina. I diuretici costringono a bere e comunque evitiamo le medicine
perché ti impediscono di sapere se stai bene oppure no, quin-
Ossigeno
«L’ossigeno
(foto sopra
alcune
bombole) - dice
la guida Hervé
Barmasse - per
salire gli 8000
è doping. Se ce
l’hai quando
arrivi agli
8.878 metri
dell’Everest è
come se fossi a
6.300»
di comprometteresti le tue
possibilità. Ho sentito dire dei
russi che prendono cortisone
per aumentare l’ematocrito o
dei norvegesi che fanno uso di
Viagra, ma non li ho mai visti.
Il vero doping è la coscienza,
anzi l’incoscienza della gloria o
del denaro». La guida del Cervino Hervé Barmasse salta a
piè pari droghe e farmaci per
parlare di un doping di materiali. «L’ossigeno - dice - per salire gli Ottomila è doping. Se ce
l’hai quando arrivi agli 8.848
metri dell’Everest è come se
fossi a 6.300. Per non parlare
poi dell’uso dei portatori o di
chilometri di corde fisse, di
centinaia di chiodi. Mezzi che
alterano l’alpinismo più dei
medicinali».
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TORINO
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testimoniare l’amore per la
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cioccolato Novi (10 kg a te-
Aprica
On line
la web serie
su alcune
località
alpine: da
domani Aprica
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(una notte in albergo e due
skipass Via Lattea).
Su www.lastampa.it/montagna prosegue poi la web serie in
cui i nostri giornalisti raccontano
in mondo nuovo alcune località
alpine: domani tocca all’Aprica.