REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di AOSTA Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Anna Bonfilio ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1558/2011 promossa da: AL.SA. (C.F. (...)) e LO.MA. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. ZE.EL. e dell'avv. BO.AL. (...) VIA (...) 10138 TORINO, elettivamente domiciliati in PIAZZA (...) 16 11100 AOSTA presso il difensore avv. ZE.EL. ATTORE/I contro FL.PI. (C.F.), RI.LA. (C.F.), MA.PI. (C.F.), MA.SE. (C.F.), MA.CO. (C.F.), tutti con il patrocinio dell'avv. CO.AD. e dell'avv. SA.PI. (...) VIA (...) 10015 IVREA, elettivamente domiciliati in VIA (...) 11024 CHATILLON presso il difensore avv. CO.AD. CONVENUTO/I nella quale, all'udienza del 22.04.2014 le parti formulavano le seguenti CONCLUSIONI Per la parte attrice: "Accertare l'esistenza dei gravi difetti nell'immobile degli attori così come descritti in fatto e come risultanti dalla prodotta perizia di parte. Dichiarare la responsabilità dei convenuti in via tra di loro solidale al risarcimento in favore degli attori dei danni costituiti dai costi di eliminazione dei difetti, da quantificarsi nella complessiva somma di Euro 37.500,00 oltre IVA in altra veriore somma determinando. Vinte le spese del giudizio, oltre oneri fiscali. Dichiara di non accettare il contraddittorio su eventuali domande nuove di controparte"; per la parte convenuta: "voglia l'Ill.mo Tribunale di Aosta, contrariis reiectis, dare atto e dichiarare che l'esponente non accetta il contraddittorio su domande nuove. Nel merito, in via preliminare: accertare e dichiarare la tardività della denuncia dei vizi e dei difetti ex adverso proposta e per l'effetto dichiarare inammissibile ed infondata la domanda risarcitoria avversaria. In via principale: respingere tutte le domande avversarie in quanto infondate ed illegittime. In via subordinata: determinare l'ammontare eventualmente dovuto dagli attori nei limiti individuali dalla C.T.U. In via riconvenzionale: accertare e dichiarare che i sig.ri Sa. e Ma. sono debitori nei confronti dei convenuti, per le ragioni di cui in premessa, dell'importo pari ad Euro 6.000,00 e per l'effetto dichiararli tenuti e condannarli al relativo pagamento oltre agli interessi maturati dal dovuto al soddisfo. Con il pieno favore di spese e competenze per il giudizio, oltre maggiorazioni di legge, oltre CPA ed IVA nelle misure previste e rimborso C.T.U.". FATTO E DIRITTO Con atto di citazione notificato in data 26.10.2011 i sig.ri Al.Sa. e Lo.Ma., premesso di avere acquistato in data 30.06.2005 dalla Al. s.n.c. di un alloggio compreso in stabile sito in Brusson, (...), precedentemente ristrutturato dalla stessa Società venditrice, quindi disciolta e cancellata dal Registro delle Imprese in data 11.01.2006, allorché costituita tra i soci sigg. Fl.Pi., Ri.La., Ma.Pi., Ma.Se. e Ma.Co., riferivano di aver quindi denunciato già nel 2007 ai soci della disciolta società venditrice la presenza di una serie di vizi nell'immobile compravenduto, taluni riguardanti parti comuni dell'edificio, altri relativi al proprio alloggio, ed in specie la presenza di tracce di umidità, distacchi di intonaco e muffe. Assumevano peraltro che i soci della disciolta Società venditrice avessero quindi riconosciuto l'esistenza di detti vizi, pur ascrivendoli a carenze manutentive e fattori meteorici, riferendo perciò di aver promosso infine approfondita indagine tecnica incaricando al fine un tecnico di fiducia, che aveva in effetti riscontrato come detti vizi derivassero invece da deficienze progettuali e costruttive nell'effettuazione dei lavori di ristrutturazione dell'immobile. Gli esponenti descrivevano quindi analiticamente i vizi così riscontrati in relazione ai locali dell'alloggio adibiti a camera da letto piccola e tavernetta, nonché a carico di muretti e cancelli esterni, evidenziando altresì la carenza dei requisiti di insonorizzazione dell'immobile, assumendo doversi ascrivere detti difetti nel contesto normativo ex art. 1669 c.c., in quanto tali da compromettere radicalmente od almeno in misura rilevante la funzionalità dell'immobile. Gli esponenti convenivano perciò in giudizio i soci della disciolta Società venditrice, chiedendone condanna al risarcimento dei danni conseguenti alla presenza nell'immobile compravenduto dei gravi vizi e difetti riscontrati, con vittoria delle spese del giudizio. Si costituivano ritualmente e congiuntamente in giudizio i soci tutti della disciolta So.Al. s.n.c., eccependo anzitutto la tardività delle doglianze attoree in relazione a vizi in nessun modo qualificabili difetti tali da esporre a rischio di rovina l'immobile compravenduto e già comunque denunciati dagli attori sin dal luglio 2007. Nel merito contestavano peraltro la fondatezza delle doglianze attoree, chiedendo perciò rigettarsi ogni avversa domanda e, in via riconvenzionale, condannarsi gli attori al pagamento dell'importo di Euro 6.000,00 dovuto a saldo del prezzo di compravendita dell'immobile in questione; con vittoria delle spese del giudizio. Esperito dapprima senza esito un tentativo di conciliazione, il Giudice disponeva quindi C.T.U. per la verifica dell'esistenza, natura e gravità dei vizi denunciati dagli attori in citazione, limitatamente a quelli riconducibili a difetti di impermeabilizzazione dell'immobile di proprietà attorea, soli ascrivibili al disposto normativo ex art. 1669 c.c., nonché per la determinazione dei lavori e dei costi necessari per la radicale eliminazione dei difetti così eventualmente riscontrati, nominando per l'incarico il Geom. Lu.Va. Dopo il deposito della relazione peritale, assunti adeguati chiarimenti sulle conclusioni esposte dalla C.T.U., esperito infine senza esito un ulteriore tentativo di conciliazione, il Giudice invitava infine le parti alla precisazione delle conclusioni, che esse formulavano come in epigrafe riportate all'udienza del 22.04.2014; dopo il deposito delle difese di rito, la causa perviene, dunque, in decisione. Alla luce delle risultanze acquisite in esito alla C.T.U. esperita nel giudizio la domanda risarcitoria attorea deve ritenersi solo in parte fondata. Deve anzitutto evidenziarsi, anche a fronte delle conclusioni ribadite dalla parte attrice all'atto della remissione della causa in decisione, con mero richiamo delle domande svolte già nell'atto introduttivo del giudizio, che, atteso il lungo tempo trascorso dalla stipulazione della compravendita dell'immobile in contestazione, perfezionata con rogito stipulato in data 30.06.2005 tra gli odierni attori e la So.Al. s.n.c., cancellata dal Registro delle Imprese in data 11.01.2006 a seguito di scioglimento senza previa messa in liquidazione, che già aveva provveduto alla ristrutturazione del bene, sicuramente tardiva e perciò solo inammissibile deve ritenersi ogni doglianza e pretesa risarcitoria non ascrivibile, tra quelle formulate dagli odierni attori in citazione, al disposto normativo ex art. 1669 c.c. Ed infatti ogni diversa censura, relativa a vizi e difetti che non assumano gravità tale da giustificare l'applicazione del disposto richiamato, siccome soggetta ai ristretti termini decadenziali e prescrizionali imposti ex artt. 1667 o - peggio - 1495 c.c., deve ritenersi all'evidenza ormai preclusa e quindi inammissibile. E' peraltro ormai principio acquisito alla luce della giurisprudenza consolidata della Suprema Corte in materia che "l'azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall'art. 1669 cod. civ., può essere esercitata non solo dal committente contro l'appaltatore, ma anche dall'acquirente contro il venditore che abbia costruito l'immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell'opera" (Cass. civ. Sez. II, 16.02.2012 n. 2238; Sez. 2, Sentenza n. 9370 del 17/04/2013 Sez. 2, Sentenza n. 467 del 13/01/2014). Del resto, in materia, la giurisprudenza ha pure ormai chiarito che "il difetto di costruzione che, a norma dell'art. 1669 cod. civ., legittima il committente all'azione di responsabilità extracontrattuale nei confronti dell'appaltatore, come del progettista, può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un'insoddisfacente realizzazione dell'opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la rovina o il pericolo di rovina), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinata, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell'immobile medesimo" (Cass. Civ. Sez. II, 4.10.2011 n. 20307). Peraltro "i gravi difetti che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 cod. civ. non si identificano con i fenomeni che influiscono sulla staticità, durata e conservazione dell'edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando direttamente una parte dell'opera, incidano sulla struttura e funzionalità globale, menomando in modo apprezzabile il godimento dell'opera medesima, come ad esempio si verifica nel caso di infiltrazioni di acqua e di umidità ..."(Cass. civ. Sez. II, 4.11.2005 n. 21351). Né può ritenersi in specie fondata l'eccezione pure formulata dagli odierni convenuti in sede di costituzione in causa, nel rilevare come gli odierni attori abbiano in effetti già denunciato gran parte almeno dei gravi difetti oggi in contestazione già con lettera raccomandata in data 17.07.2007 (v. documento n. 5 di parte attrice). Ed infatti, pur prescindendosi dal riconoscimento implicito di detti difetti da parte dei soci della disciolta So.Al. s.n.c., quale documentato da missiva da loro sottoscritta in data 19.10.2007 con la quale si impegnavano ad eliminarli a loro cura e spese (v. documento n. 6 di parte attrice), risulta comunque dalla documentazione in atti che i sig.ri Sa. e Ma. hanno avuto in effetti piena ed adeguata conoscenza della natura, gravità e delle cause dei vizi denunciati quindi in citazione solo a seguito di indagine peritale commessa a tecnico di fiducia e conclusa con relazione in atti in data 2.03.2011 dell'Arch. Gi.Me. (v. doc. n. 8 di parte attrice), corredata da una stima dei lavori necessari per l'eliminazione dei vizi così riscontrati. Risulta peraltro che gli odierni attori hanno quindi provveduto, tramite legale, con lettera raccomandata a.r. in data 28.03.2011 (v. doc. n. 9 nel fascicolo di parte attrice) alla denuncia di detti vizi, come infine compiutamente accertati, agli odierni convenuti. L'azione risarcitoria in esame risulta peraltro esplicitamente promossa dalla parte attrice ex art. 1669 c.c., secondo cui, nel termine di dieci anni dalla costruzione dell'opera, l'appaltatore - ovvero in specie il venditore-costruttore - è responsabile per difetti della costruzione con evidente pericolo di rovina o gravi difetti nei confronti del committente - o degli acquirenti - "purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta" ed "il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia". Peraltro in merito la giurisprudenza ormai consolidata della Suprema Corte ha ormai da tempo chiarito che, "il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall'art. 1669 cod. civ. a pena di decadenza dall'azione di responsabilità contro l'appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti; tale conoscenza deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all'atto dell'acquisizione di relazioni peritali effettuate" (Cass. civ. Sez. I, 1.02.2008 n. 2460; conforme: Cass. civ. Sez. II, 23.01.2008 n. 1463). In specie, dunque, la denuncia innanzi richiamata risulta tempestiva rispetto all'accertamento peritale disposto dagli attori, laddove all'atto della notificazione della citazione da cui si procede, in data 26.10.2011, non risultavano decorsi i termini di prescrizione annuale dalla denuncia per l'esercizio dell'azione di garanzia. Nondimeno, vertendosi - appunto - in materia di "gravi difetti della costruzione" ai sensi e per gli effetti ex art. 1669 c.c., ed essendo invece tardive le denunce richiamate agli effetti del diverso disposto ex art. 1667 c.c. - o peggio del dettato ex art. 1495 c.c. -, la domanda risarcitoria attorea può comunque ritenersi, semmai, fondata, unicamente in relazione a vizi che rientrino, per natura e gravità, nella ristretta nozione del presupposto innanzi richiamato. In specie, peraltro, già in sede di conferimento dell'incarico peritale alla C.T.U. designata il Giudice ha in effetti limitato l'indagine al riscontro dei soli difetti inerenti alla difettosa impermeabilizzazione delle unità immobiliari riguardate, ritenendo ogni ulteriore accertamento superfluo in relazione a vizi in alcun modo ascrivibili al disposto normativo ex art. 1669 c.c., quali pure denunciati in citazione in ordine alle finiture dei muretti e cancelletti esterni al fabbricato attoreo ed alla insonorizzazione acustica dell'immobile. E' quindi emerso in sede peritale, pure a seguito di approfondimenti condotti in relazione ai rilievi critici formulati dalla parte attrice in merito alle prime conclusioni esposte dalla C.T.U. con relazione depositata in data 20.06.2013, che "sul fronte Nord esiste chiaramente un problema dovuto alla mancata impermeabilizzazione del tratto a ridosso del seminterrato adibito a camera che è stato realizzato ex novo" quale "ampliamento nell'ambito del progetto di recupero edilizio" realizzato dalla Società alienante dell'immobile, laddove "anche all'esterno sul fronte Nord sono evidenti problemi dovuti ad una esecuzione non a perfetta regola d'arte che ha provocato il dissesto della pavimentazione in pietra sprovvista di adeguato sottofondo e lo scrostamento dell'intonaco sulla parete dovuto all'umidità di risalita" (v. prima relazione peritale, pag. 3). La C.T.U. ha quindi ritenuto "necessaria la realizzazione di un'intercapedine lungo il muro perimetrale partendo dall'angolo N-E fino alla scala di accesso all'ingresso", con conseguente "demolizione e successivo rifacimento della scala e della pavimentazione in pietra e di parte del muro di contenimento del terreno a monte", nonché "ripristino dell'intonaco sulla facciata Nord" (ibidem, pag. 4). La C.T.U. ha inoltre riscontrato che "per quanto riguarda l'interno dell'edificio il locale con destinazione di camera da letto ha evidenti tracce di umidità sia sulla parete Nord sia nella pavimentazione a parquet", ravvisando quindi necessari "la rimozione dello stesso ed il suo completo rifacimento mentre la tinteggiatura dovrà essere rimossa e nuovamente eseguita" (ibidem). Infine, "per quanto riguarda il locale interrato a Sud, destinato a taverna e catastalmente indicato come cantina, che era peraltro la sua destinazione originaria trattandosi di un locale esistente prima della ristrutturazione, la C.T.U. ha rilevato che "si tratta di un ampio locale con soffitto a volta le cui pareti presentano sfarinamento dell'intonaco", sottolineando peraltro che "il locale è fornito di bocca di lupo di aerazione", evidenziando quindi che "lo sfaldamento dell'intonaco sulle pareti laterali fino all'altezza di circa cm. 180 (...) possa essere ovviato con un'accurata rimozione dell'intonaco esistente ed eseguendo un nuovo intonaco di fondo deumidificante e successivo rivestimento ai silicati ad alta traspirabilità" (ibidem). A seguito ed in risposta ai rilievi critici formulati dalla parte attrice, quali ribaditi all'udienza dell'8.10.2013, la C.T.U. ha peraltro rilevato che "la documentazione fotografica evidenziò tracce di umidità sulla parete Nord e sul pavimento mentre la parete Est, dove vi è la finestra, non presenta tracce di umidità", concludendo peraltro di ritenere congrua l'estensione dell'intercapedine già indicata come necessaria lungo il muro perimetrale come sopra descritta solo "per la parte di muro al di sotto del davanzale della finestra che si affaccia sulla stradina ad Est", precisando invece, quanto al locale interrato, "che l'umidità presente non è causata da difettosa impermeabilizzazione, poiché si tratta di un locale preesistente, in origine cantina, a cui si accedeva direttamente dall'esterno sul fronte Sud e poi trasformato in taverna", comunque "dotato di aerazione naturale per mezzo di bocca di lupo", concludendo quindi di non ritenere "necessaria la realizzazione dell'intercapedine bensì la rimozione dell'intonaco ed il suo rifacimento" (v. relazione integrativa depositata in data 16.01.2014). In merito alla stima dei costi necessari per la realizzazione degli interventi come sopra indicati la C.T.U. ha ritenuto peraltro congruo fare riferimento al prezziario regionale, tenuto conto delle variazioni ivi previste in relazione a condizioni di esecuzione dei lavori particolari rispetto ad un situazione di "normalità", parametrate su variabili dovute ad altitudine, orografia, reperibilità dei materiali, dimensioni dell'area di cantiere e simili (v. relazione integrativa, pag. 3). Ella ha quindi stimato un costo complessivo delle opere indicate per la totale sanatoria dei difetti riscontrati pari ad Euro 12.304,44 secondo valori attualizzati all'anno in corso. Su detto importo sono dovuti peraltro interessi moratori al saggio legale dalla data di deposito della presente sentenza al saldo, trattandosi di importo non liquido all'atto dell'introduzione del giudizio. Risulta peraltro sicuramente fondata la domanda formulata in via riconvenzionale dalla parte convenuta per il pagamento della (somma di Euro 6.000,00 dovuta a saldo del corrispettivo della vendita dell'immobile in contestazione; gli odierni attori non hanno infatti in alcun modo contestato la debenza di tale importo a saldo del prezzo di vendita del bene, assumendo unicamente di averla trattenuta a titolo cautelativo a fronte dei gravi difetti riscontrati nell'immobile. Risultando peraltro correttamente opposta l'eccezione di inadempimento a giustificazione del mancato pagamento del predetto importo, su tale somma sono dovuti interessi moratori al saggio legale solo dal deposito della presente sentenza al saldo. E, dunque, se, da un lato, le conclusioni motivatamente e ragionevolmente esposte con chiarezza e puntualità dalla C.T.U. nominata nel giudizio in merito alla domanda risarcitoria attorea meritano certamente di essere condivise, dall'altro, in considerazione dell'importo stimato per il totale ripristino dell'immobile in contestazione, avuto riguardo alle proposte transattive formulate dalle parti in corso di giudizio, il Tribunale ravvisa in specie i presupposti per l'applicazione del disposto normativo ex art. 91, comma I, ultimo capoverso, c.p.c. Risulta infatti che, all'atto dell'esperimento di un tentativo preliminare di conciliazione disposto dal Giudice, la parte convenuta, all'udienza dell'11.04.2012, aveva quindi proposto "in via conciliativa di corrispondere alla parte attrice, a tacitazione di ogni pretesa svolta nel giudizio, la somma complessiva di Euro 18.000,00 con rinunzia alla domanda riconvenzionale formulata e integrale compensazione delle spese del giudizio" (v. verbale di udienza in data 11.04.2012), laddove la parte attrice, all'udienza successiva del 24.05.2012, ha proposto invece "in via conciliativa che la parte convenuta corrispondesse la somma di Euro 21.000,00 con rinuncia alla domanda riconvenzionale ed integrale compensazione delle spese del giudizio" (v. verbale di udienza in data 24.05.2012). E, dunque, in applicazione del disposto richiamato, secondo cui il Giudice, "se accoglie la domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 92" in tema di compensazione delle spese di lite, si ritiene congruo e giustificato in specie porre a carico della parte attrice, pure parzialmente vittoriosa, il pagamento delle spese di giudizio sostenute dalla controparte dopo l'udienza dell'11.04.2012, alla quale essi erano ingiustificatamente assenti personalmente pure a seguito di ordine di comparizione del Giudice per l'esperimento di un tentativo di conciliazione, nonché le spese della C.T.U. esperita nel giudizio, ravvisandosi invece, a fronte della parziale reciproca soccombenza delle parti, gravi motivi per la compensazione delle spese maturate prima della richiamata udienza. P.Q.M. IL TRIBUNALE definitivamente pronunciando nel contraddittorio fra le parti, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1. accertati i gravi difetti denunciati dalla parte attrice in citazione in relazione all'immobile oggetto di compravendita tra le parti in data 30.06.2005 nei limiti di cui in motivazione, condanna i convenuti in solido al pagamento a titolo risarcitorio ex art. 1669 c.c. in favore degli attori, creditori in solido, dell'importo complessivo di Euro 12.304,44, oltre interessi moratori al saggio legale dal deposito della presente sentenza al saldo; 2. in accoglimento della domanda riconvenzionale formulata dalla parte convenuta, condanna i sig.ri Al.Sa. e Lo.Ma., in via solidale fra loro, al pagamento in favore degli odierni convenuti, creditori in solido, della somma di Euro 6.000,00 a saldo del corrispettivo dovuto in forza del contratto di compravendita stipulato tra le parti in data 30.06.2005, oltre interessi moratori al saggio legale dal deposito della presente sentenza al saldo; 3. condanna infine ex art. 91, comma I, ultimo capoverso, c.p.c., sig.ri Al.Sa. a Lo.Ma., in via solidale fra loro, al pagamento in favore degli odierni convenuti, creditori in solido, delle spese del presente giudizio quali maturate a seguito dell'udienza celebrata in data 11.04.2012, che liquida in complessivi Euro 4.500,00 oltre accessori di legge, nonché al pagamento integrale delle spese relative alla C.T.U. esperita nel giudizio; 4. compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio quali maturate sino all'udienza dell'11.04.2012. Così deciso in Aosta, il 19 agosto 2014. Depositata in Cancelleria il 21 agosto 2014.
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