Anthropos Collettivo di Resistenza Umana Laboratorio Esistenziale Alla ricerca del possibile per una pratica ed una filosofia dell’Essere Bene Alle soglie del terzo millennio Oltre il Capitalismo Per una comunità planetaria liberata dall’economia Parte prima Il Sistema Capitalistico alle soglie del terzo millennio. Analisi B. Allegati Allegato 2 Preliminari 1 Oltre il Capitalismo Per una comunità planetaria liberata dall’economia Un invito ad allargare lo sguardo Parte prima Il Sistema Capitalistico alle soglie del terzo millennio. Analisi A. Bozza di piattaforma problematica complessiva. L’invalicabile limite di un sistema economico-sociale che ha capovolto il rapporto tra mezzi e fini. Materiale elaborato tra il 2012 e il 2015 B. Allegati Allegato 1 Antefatti: economico ed esistenza (dis)umana Allegato 2 Preliminari Allegato 3 Caratteristiche di base del modello economico capitalistico Allegato 4 Funzionamento del modello economico capitalistico Allegato 5 L’anima del modello economico capitalistico Allegato 6 Altri modelli oltre l’economico (in lavorazione) Allegato 7 Altri sistemi (in preparazione) Allegato 8 Funzione di una variabile ovvero l’impossibilità di “moralizzare” il capitalismo Allegato 9 Intermezzo metodologico ovvero della non neutralità di qualsiasi strumento siamo qui C. Citazioni (in preparazione) Parte seconda Oltre il Sistema Capitalistico. Ipotesi Materiale in lavorazione Inizio lavorazione 2012 Prima pubblicazione primavera 2014 Seconda pubblicazione primavera 2015 2 siamo qui Avvertenze tecniche ed istruzioni per l’uso 1. Il lavoro è impaginato in fronte-retro. Pagine dispari a destra, pagine pari a sinistra. 2. Si tratta di un lavoro collettivo al quale hanno partecipato moltissime persone. Un sentitissimo grazie a tutti. 3. Si tratta di un lavoro aperto. In divenire. Ed in più sensi. Dovrà essere migliorato, ampliato, approfondito. Non escludiamo di essere incorsi in qualche strafalcione. Ringraziamo tutti coloro che vorranno collaborare. 4. E’ strutturato in tre tipi di materiale: A. una bozza di piattaforma problematica complessiva; B. gli allegati, da considerare spunti per un inizio di approfondimento tematico; C. le citazioni ragionate. Ogni parte del lavoro è in relazione con tutte le altre e con l’insieme. Per questo può essere letto liberamente partendo da un punto qualsiasi e seguendo un itinerario personale. Ma il senso di ogni singolo passaggio può essere recepito solo collocandolo nel contesto complessivo della elaborazione. 5. Ci sono alcune sovrapposizioni, nel senso che alcuni passaggi del “piattaforma problematica” vengono riproposti negli “allegati”. 6. Di tutto il materiale chiunque può farne l’uso che ritiene più opportuno. 3 4 Allegato 2 Preliminari La storia non è finita. Alle soglie del terzo millennio il capitalismo sta entrando nella sua terza crisi epocale. La ricerca delle cause potrebbe essere ostacolata da “rimozione”. Fenomeno di origine squisitamente emotiva. L’unica cosa che sta crescendo, a questo punto, è il disagio. Di noi abitanti della civiltà. Alcune cruciali domande senza risposta. Sulle dinamiche ed i perchè della cosiddetta crisi regna una grande confusione. Può essere conseguenza di un approccio inadeguato. Ipotesi per un approccio adeguato alla natura della cosiddetta crisi. 5 Fine della storia? Sul finire del novecento, riprendendo teorie di metà secolo, qualcuno, incautamente, parlò di “fine della storia”. In concomitanza, il crollo del muro di Berlino sanzionava, più modestamente, la fine del comunismo. O meglio, del socialismo reale. Molti esultarono, identificando nella conclusione di quella parabola storica il definitivo trionfo del sistema capitalistico. In poco più di un ventennio i fatti smentiscono. Stiamo assistendo ad un nuovo e per certi versi inaspettato fallimento. Quello della libera economia di mercato a base capitalistico-industriale. Anche se trascina, tra migliaia di irrisolvibili contraddizioni, la propria agonia. “......una realtà che assomma in sè una crisi senza precedenti dell’economia della crescita e che tocca ogni aspetto del sociale - politica, economia, società, cultura - oltre ai rapporti tra società e ambiente.” (Takis Fotopoulos “Per una democrazia globale” Ed. Elèuthera 1999) Si può “uscirne” con modalità distruttive che azzerino lo sviluppo e consentano quindi alla “crescita” di ripartire. E’ una “soluzione” classica di quando gli spazi diventano veramente esigui. E’ già successo, e per ben due volte, nel corso del novecento. Siamo del parere che dovremmo rifiutare, ed una volta per sempre, “soluzioni” di questo tipo. Sempre in agguato. Ma rifiutarle, purtroppo, non basta. Possiamo immaginare sbocchi costruttivi? Per poi lavorarvi? A nostro modo di vedere sì. Ma è tutt’altro che semplice. Perchè tutto ci dice che il ginepraio nel quale ci siamo cacciati non può essere risolto agitandosi all’interno del ginepraio stesso. Standoci dentro non possiamo che ingarbugliare ancora di più la matassa. D’altra parte la crisi, in quanto tale, non può portare, tantomeno oggi, a vie d’uscita costruttive. Nè bastano il disagio, la sofferenza, l’insofferenza o il desiderio di un mondo migliore. Non bastano la speranza o la disperazione. Non basta la protesta. Non bastano buone intenzioni nè buona volontà. Non basta l’indignazione. Non basta tutto l’armamentario di sconnessi pseudo-ragionamenti che, con un certo affanno, vengono quotidianamente riproposti. Tutto questo ed altro ancora non basta perchè la cosiddetta crisi è talmente profonda, sistemica, intricata, organica, complessiva, epocale, che non è possibile affrontarla seriamente e tantomeno “risolverla” stando all’interno del paradigma che l’ha determinata. Se vogliamo tentare un approccio adeguato che porti poi a possibili sbocchi costruttivi dobbiamo compiere un vero e proprio salto evolutivo. 6 Prima di tutto mentale. Qualcuno ha detto, giustamente, che la soluzione di un problema non può essere trovata rimanendo all’interno delle logiche che lo hanno creato. Salto mentale che ci consenta di vedere, con la chiarezza richiesta dalle circostanze, dove siamo e perchè. Dovremmo guardare il presente e quello che vi succede, da un futuro immaginabile, quindi possibile, totalmente diverso dall’ora e qui. E da un passato remoto di prima della cosiddetta “civiltà”, che potrebbe insegnarci parecchio. La natura epocale della cosiddetta crisi richiede prospettive epocali dalle quali osservarla. Se vogliamo tentare di capirla. Salto evolutivo -o paradigmatico- significa, in parole semplici, un modo di ragionare profondamente diverso da quello che ci ha portati qui. Che vuol dire nuovi e diversi criteri di analisi; nuove e diverse categorie interpretative; nuovi e diversi contesti problematici entro i quali collocare nuovi e vecchi strumenti di pensiero; nuovi e diversi termini per indicare nuovi e diversi concetti. Il tutto applicato con estrema concretezza a nuove e diverse finalità del nostro agire. Nella consapevolezza che non ne verremo fuori se non andando oltre.Cambiando in profondità e dall’interno il Sistema nel quale ora viviamo. Abbiamo un estremo bisogno oggettivo e soggettivo di tutto questo. Esattamente ciò che, per qualche strana ragione, si evita accuratamente di fare. Di qui la penosa situazione di stallo nella quale ci troviamo. Se le cose stanno grossomodo così, allora sarebbero necessari: 1. Una vera chiave di interpretazione della crisi epocale nella quale siamo immersi che è crisi storica della Modernità da un lato e più in generale della Civiltà dall’altro. 2. Un conseguente Progetto, articolato e consapevole, di trasformazione totale in campo economico, sociale, politico e culturale. E su una scala necessariamente planetaria. 3. La volontà e la capacità soggettiva, storica, di realizzarlo nelle modalità corrette. Vale a dire in una interazione critico-dialettica continua tra Progetto e Realtà della Trasformazione. Dobbiamo comprendere in primo luogo che viviamo dentro un Sistema - Meccanismo - Macchina. Poi il suo funzionamento. Come determina le tragiche conseguenze, che quotidianamente constatiamo. Poi ancora perchè funziona in quel determinato modo. Ed infine con quale altro sistema - o non sistema- potremmo eventualmente sostituirlo. Attraverso quali passaggi. Il tutto tenendo debito conto dell’intricata vicenda storica che ci ha portati fin qui. Forse, in questo modo, potremmo sperare di farcela. Si tratterà, in ogni caso, di un gigantesco percorso collettivo Di portata epocale. Quindi su tempi storici. E’ nostra convinzione però, che il processo di trasformazione reale non potrà essere avviato che a partire da un lungo, serio, approfondito lavoro di elaborazione concettuale. 7 E qui vogliamo far rilevare una questione metodologico-culturale di cruciale importanza. Siamo diventati dei senzatempo. In qualche manciata di secondi ed in poche battute vorremmo risolvere questioni intricatissime determinatesi nel complesso interagire di millenari processi storici. Quindi non possiamo comprendere e non comprendiamo le vere ragioni. Quindi siamo impotenti di fronte alla potenza delle forze che ci dominano. Alla potenza dei meccanismi nei quali siamo prigionieri. Vivendo come naturale, ovvio, scontato, da sempre così e quindi per sempre così ciò che, in realtà, è storicamente determinato. Quindi modificabile. Enormi problemi per complessità, portata, profondità, richiedono tempo, calma, studio, letture, approfondimento, elaborazione, dibattito serio, metabolizzazione, decantazione. Solo così possiamo, nel tempo, formarci un’idea attendibile, solida, di dove siamo, come siamo messi, perchè, e cosa potremmo fare per andare oltre. Solo così, pensiamo, potrebbe iniziare una nuova era di vero affrancamento dalla sudditanza. No, la storia non è finita. Tutt’altro. In realtà la storia di una vera civiltà, su scala planetaria e per tutti gli esseri, umani e non, deve ancora incominciare. 8 Miti, ragione, sentimento, rimozione e ricerca. Se siamo qui e messi così una ragione ci deve pur essere. O magari più ragioni. Insomma dei perchè. Pare che l’universo funzioni così: per rapporti di causa ed effetto. Il quale a sua volta retroagisce sulla causa. Pur rimanendo sostanzialmente effetto, conseguenza. Le cause, spesso e volentieri, hanno delle retrocause che le trasformano a loro volta in effetti. Per quanto complicato il tutto sembra seguire procedimenti di per sè intellegibili. Il pensiero scientifico si è incaricato di darne ampia dimostrazione storica. Anche se qualcosa può sfuggire. In questo caso si tratta di errore tipicamente umano. Il mistero non esisterebbe. O meglio esiste fino a quando non troviamo una buona spiegazione di fatti apparentemente inspiegabili.. Che deve pur esserci e che non ne esclude altre ancora più buone. In ogni caso, così sembra, non esiste problema che non nasconda dentro di sè l’opportuna soluzione. Si tratta “semplicemente” di trovarla. Il più delle volte il problema non è costiuito dal problema ma dal fatto di non volerlo risolvere. Vedendo, per esempio, cause dove invece si tratta di effetti. Per “strane” ragioni emotive che nulla hanno a che vedere con procedimenti che dovrebbero e potrebbero essere veramente razionali. Forse, nonostante scienza e coscienza, viviamo ancora nell’era dei miti. Uno di essi, secondo alcuni, sarebbe appunto la ragione. Sì perchè sembra proprio che prima di qualsiasi ragionamento vi sia sempre una tesi, dalla quale noi sempre partiamo, in quanto essa esercita su di noi, per qualche strana ragione, un fascino irresistibile. I ragionamenti vengono dopo, e non avrebbero altra funzione che quella di corroborare la tesi di partenza, frutto di scelte profondamente emotive. Questo spiegherebbe in maniera semplice e convincente l’accanimento verbale che, il più delle volte, caratterizza quelli che potrebbero e dovrebbero essere pacati e costruttivi scambi di idee alla ricerca di cause e retrocause razionalmente indagabili a partire da effetti constatabili. Magari integrando organicamente tra loro, nel procedimento di ricerca, le parti più attendibili, interessanti e costruttive di metodologie diverse, di interpretazion diverse, di tesi diverse e di diverse culture. 9 Il disagio nella Civiltà. Un disagio più o meno sottile cova da tempo dentro ciascuno di noi. Possiamo ben dire che va rapidamente trasformandosi in marcata inquietudine, quando non angoscia vera e propria. Qualcosa, e di grosso, non va. Non passa giorno, ormai, senza che segni sempre più evidenti dello scricchiolio di un Sistema ci vengano sottoposti. Segni forti, articolati a tutti i livelli, da quello psicologico-personale a quello macroeconomico, geopolitico, eco-ambientale. Spesso catastrofici, disperanti. Non di rado mostruosi. A volte la sensazione è che sia all’opera una sorta di follia “umana” che non vuole, o non può, o entrambe le cose, fare i conti con quanto ha generato e sta generando. E quindi con le inquietanti prospettive che va preparando. Follia “umana” non a caso tra virgolette. Si perchè bisognerebbe evitare di essere generici. “Umano”, insieme a “naturale” sono sempre stati aggettivi adoperati per confondere le idee. Dalla “naturale” aggressività “umana”, alla “naturale” propensione, sempre “umana”, all’avidità. Passando per tutta una serie di edificanti qualità tipicamente “umane”. Ma non divaghiamo. Avremo modo di ritornarci sopra. “Il mondo occidentale è vissuto per secoli nella confortevole convinzione che il progresso materiale non sarebbe mai finito. Automobili, telefoni, e impianti di riscaldamento centralizzati sono considerati la prova che la vita è molto più comoda per noi oggi di quanto non lo fosse per i nostri antenati. E sebbene riconosciamo che il progresso può essere lento ed ineguale, con temporanei regressi, riteniamo tuttavia che la vita, nel complesso, sarà in futuro molto più facile di adesso.” Questo passaggio è tratto dall’interessantissimo e bel libro di Marvin Harris “Cannibali e re. Le origini delle culture” (Universale economica Feltrinelli ). Prima edizione 1979. Seconda edizione 1992.Forse altre edizioni sono seguite. Il libro è stato scritto nel 1977. Oggi potremmo aggiungere ai telefoni i telefonini. E che, la convinzione riguardo alle “magnifiche sorti e progressive”, è decisamente meno salda di allora. 10 Il sistema economico, sociale e politico nel quale viviamo, a questo punto planetario, si sta rivelando, con ogni evidenza, incapace di affrontare e tantomeno risolvere i gravissimi problemi che lo attanagliano. Nonostante le premesse e le promesse. Il problema oggi è rispondere ad una “semplice” domanda: perchè? Come mai? Da che cosa dipende? Si può fare qualcosa? E se si che cosa? Alcuni sostengono, e non da ora, che porsi domande del genere è indice di semplicismo. Di profonda ingenuità quando non sconfinata presunzione, data la complessità dei problemi. Questo è vero. La questione è estremamente intricata e complessa. Ma proprio per questo dovremmo impegnarci ancora di più per tentare di capire alcuni perchè del caos nel quale viviamo. Possibilmente cause di fondo. Un sospetto di malafede può essere legittimamente avanzato quando l’argomentazione della estrema complessità del problema precede, tentando di delegittimarlo, qualsiasi tentativo di iniziare una qualche forma di seria analisi dei perchè che tenti di uscire dai consueti schemi. Oppure quando, con “logica “stringente si salta a piè pari alla disperante conclusione: alternative a questo sistema non ne esistono nè possono esisterne. Quindi non incominciamo neppure a parlarne. La sensazione, a volte, è che siano all’opera classici processi di rimozione. Curiosamente. Che potenti tabù operino tuttora dentro la storia, in un’epoca come la nostra mai così ricca di scibile e di informazione. Quindi di possibilità di comprendere. Se il comunismo, o meglio l’esperienza economico-sociale condotta in Unione Sovietica nel corso del XX secolo, è fallita, il capitalismo, termine rcentemente ritornato d’attualità, sembra abbondantemente dentro una crisi di portata storica. Incapace di rispondere ad esigenze soggettive ed oggettive sempre più evidenti. Esigenze di un mondo dove economia e benessere materiale per tutti, diventino strumenti al servizio dell’Essere Bene. Di una qualità di vita. E non viceversa. Gli strumenti teorici per tentare di capire sono a disposizione da più di un secolo. Certo era necessario provarci, per così dire, e verificare in pratica possibilità e limiti di un certo tipo di sviluppo economico e socioculturale. Questa è la Storia. Ed è giusto e bene che sia così. Nè d’altra parte possiamo farla o rifarla a forza di se e di ma. Ma non possiamo nemmeno sottrarci ad un ulteriore serie di interrogativi. Nel caso in cui volessimo sperare di avere un futuro. Per esempio, come mai nonostante scienza, tecnica, informazione, conoscenza, sapere, sviluppati ad un grado mai visto nella storia, non si è fatto un solo vero passo avanti nella comprensione delle cause che determinano l’enorme sofferenza umana che affligge il pianeta nel suo complesso? Come mai degli strumenti teorici preziosisi datati più di un secolo che ci avrebbero consentito di comprenderle già da un pezzo è stato fatto scempio, distorsione, falsificazione, caricatura? Perchè un sistema economico, a questo punto globale, continua imperterrito su una strada che con ogni evidenza prepara catastrofi globali di portata biblica? In parte già in atto. E perchè si continua a riproporre quale cura del male la malattia stessa? Crescita. Fino a quando? Fin dove? 11 A scanso di possibili, spiacevoli equivoci. In un lungo processo storico la civiltà occidentale ha prodotto molte cose di grande valore. E se siamo qui oggi a ragionare in questi termini, possiamo affermare che questa opportunità è uno dei tanti buoni frutti generati da quel processo. Ciò è fuori discussione. Ma non è questo il punto. Troppo spesso questa veritiera argomentazione viene adoperata quale albi preventivo per delegittimare qualsiasi tentativo di analisi critica. Storicamente necessaria. Oggi più che mai. Il punto non è se la civiltà occidentale abbia o non abbia migliorato la qualita della vita per una parte relativamente ristretta dell’umanità. La occidentale, appunto. Il punto è un altro e precisamente: 1. a quali spaventosi costi umani e materiali su scala planetaria questo miglioramento sia stato conseguito; 2. se la vita umana nel suo complesso e oggi sul pianeta terra esprima un, anche solo sufficiente, livello qualitativo. Oppure no; 3. se, quanto e perchè, siamo distanti rispetto alle potenzialità qualitative oggi in teoria conseguibili; 4. se la civiltà occidentale sia legittimata oggi a proporsi quale non discutibile modello per tutta l’umanità. Il tutto nella convinzione che il tanto di buono e salvabile della cultura occidentale sia recuperabile, con ogni probabilità, solo all’interno di un diverso contesto che potrebbe essere delineato a partire da una profonda analisi critica. Veramente critica e quindi costruttiva. Magari in un rapporto di interazione creativa con altre culture. . 12 Crisi: approccio inadeguato e confusione Viviamo tempi di grande confusione.Un esempio per tutti: l’imperversare della contrapposizione tra “tecnica” e “politica” durante le breve stagione del Governo Monti salutato da tutti come salvatore della Patria in quanto a capo di una compagine solidamente e sanamente tecnica. Come se una vera e buona politica potesse essere realizzata senza idonei e congruenti strumenti tecnici. Come se strumenti tecnici, di qualsiasi tipo essi siano non possiedano, necessariamente,valenze etiche, filosofiche, morali e politiche. La contrapposizione tra politica e tecnica, allora -eancora oggi- di moda, appartiene ad una visione degenerata di entrambe e dell’operare umano. Frutto ed al tempo stesso alimento della confusione nella quale ci troviamo. Laddove Politica, restituita al suo significato profondo di Arte del possibile e Tecnica nella accezione originaria di Arte (téchné) delle regole pratiche nell’esercizio di qualsiasi attività umana, costituiscono un tutto assolutamente inscindibile all’interno di un qualsiasi, vero, impegno costruttivo. Che siamo in crisi è diventato ormai un luogo comune. Ma questo non ci aiuta minimamente a capire. Crisi di che cosa? E soprattutto, perchè? Sulla sua natura, sulle sue dinamiche, sulle sue origini, sulle sue cause, sembra regnare, come su tutto il resto, una grande confusione. Inevitabili, di conseguenza, imbarazzo, incertezza, contraddizioni, differimenti, temporeggiamenti, sostanziale paralisi sul fare e sul che fare. Sentiamo quotidianamente parlare di una infinità di questioni che vanno dalla speculazione finanziaria, al debito pubblico; dalla pressione fiscale alla recessione, alla disoccupazione, al costo del lavoro; dai vincoli che ingessano il mercato del lavoro alla delocalizzazione, alla mobilità, ai costi della politica, al rifiuto della politica. Dalla partitocrazia alla corruzione, alla burocratizzazione, alle disfunzioni degli apparati, alla incapacità dei politici, al malaffare. E ancora, di attacchi speculativi, di stagnazione, inflazione, stagflazione, rating, credit crunch, globalizzazione, precariato, concorrrenza sleale, voli e crolli delle borse, delinquenza, criminalità organizzata, lacci e lacciuoli, liberalizzazione, sprechi, parassitismo, clientelismo, carrierismo, nepotismo, illegalità, evasione fiscale, spred, economia sommersa, nuove politiche di sviluppo, pil. privatizzazione, crescita. E altro. Sembra però sfuggire il fatto che tutto ciò, se da un lato descrive abbastanza compiutamente il caotico stato di cose dall’altro, con ogni probabilità, non costituisce altro che un complesso di sintomi. Conseguenze. E non cause. Probabilmente la ragione di fondo della paralizzante confusione nella quale ci troviamo è proprio questa. Che sbagliamo metodo continuando pervicacemente a cercare di vedere cause laddove trattasi semplicemente di sintomi. Che invece andrebbero interpretati. 13 Colpisce profondamente, in ogni caso, l’imponenza del quadro sintomatico in quanto tale. 1. Per la sua vastità (enorme quantità di sintomi) 2. Per la sua profondità (sintomi di qualità sostanziale). 3. Per la sua organicità , sistematicità, sistemicità (intreccio funzionale e di reciproca interazione rafforzativa di ciascun sintomo con tutti gli altri). Il tutto presenta caratteri ben diversi da quelli di un “normale” passaggio congiunturale risolvibile con “aggiustamenti” e non può che essere definito in termini di profonda crisi sistemica o di “Sistema”. Crisi quindi di portata storica. Epocale. Di volta in volta si consumano tentativi di analisi imputando ora all’uno ora all’altro ora all’altro ancora dei sintomi, la causa dello stato di “crisi”. A volte si tentano perspicaci connessioni tra alcuni di essi. Ma che non portano molto lontano. La sensazione è quella di trovarsi di fronte ad un insondabile, enigmatico mistero. I contorni del quale malignamente sfuggono ad ogni tentativo di definizione. Ma forse più prosaicamente si potrebbe trattare di errore umano. Ovvero di approccio “sbagliato” o perlomeno non adeguato al tipo di situazione. Vediamo. 1. I tentativi di analisi (°) sono in genere superficiali limitandosi a constatare la presenza di singoli aspetti della questione. 2.I tentativi di analisi nel puntare di volta in volta i riflettori su uno o l’altro o anche più aspetti del manifestarsi della crisi trascurano il fatto che questi aspetti costituiscono nientaltro che un complessodi sintomi. Che quindi nulla ci dicono, nè ci possono dire, sulle cause. Sui perchè. 3. I tentativi di analisi vengono compiuti adottando punti di vista, procedimenti mentali, categorie, concetti interni allo stato di cose che andrebbe analizzato e compreso. Un po’ come pretendere di capire la configurazione planimetrica di una grande e complessa città restandone dentro, a livello del suolo, prigionieri dell’intricatissima rete viaria. Se vogliamo davvero capire come è fatta una città dobbiamo dotarci di una planimetria o farci un giro sopra in aereo. Dobbiamo insomma collocarci da un punto di vista esterno. Nella odierna letteratura divulgativa, per esempio, può capitare di imbattersi in definizioni di “Economia” di autorevoli autori (economisti) come la seguente: “....l’economia potrebbe essere ribattezzata “scienza del denaro”. Come si guadagna, come si spende, come si muove, come si distrugge il denaro: questi i principi della teoria economica, che in sintesi ci racconta quanto ricchi o poveri siamo, e così facendo ci offre una visione della ricchezza delle nazioni in cui viviamo.” Tipico esempio di un modo di concepire l’economia che non potrà mai spiegare il perchè della crisi storica nella quale viviamo. 14 (°)Ci riferiamo, evidentemente, a quelle che raggiungono, tramite i media, le persone normali mediamente informate. Bene. Se questi sono i principali limiti della metodologia adottata, allora avremmo conseguentemente bisogno: 1.di un approccio capovolto che non confonda quelli che sono sintomi con le cause a monte; 2. di un approccio complessivo e non frammentato, in grado di connettere singoli aspetti in un quadro organico approfondito e veramente esplicativo; 3. di un punto di vista esterno. Ovvero un approccio dal di fuori del paradigma o modello o sistema da analizzare che solo può fornire un quadro complessivo di interpretazione dei sintomi alla ricerca delle vere cause a monte. Delle tre condizioni quella chiave è, evidentemente, la terza. Perchè è quella che, con buone probabilità, ci consentirebbe di soddisfare le altre due. Allora potrebbe, forse, esserci d’aiuto un certo tipo di approccio storico. Non erudito. Non da studiosi. Ma da uomini qualunque in grado di esercitare un minimo di buon senso critico, ed in possesso di quel minimo di conoscenze delle quali chiunque può disporre. Ma animati da quella che potremmo definire una istintualità storica. Ovvero la percezione, prima che intellettuale, sensoriale, del fatto che noi non viviamo nella Realtà bensì in una realtà. Una delle tante che si sono succedute nella storia dell’umanità. Questa. Un determinato e particolare prodotto di determinate e particolari condizioni storiche. Quindi non immutabile, alla stregua del corso delle stelle o della forza di gravità. Quindi, guardando in prospettiva, una delle tante immaginabili e/o possibili. Allora l’approccio storico potrebbe diventare un potente strumento pratico. Di vera comprensione, e quindi di trasformazione, della realtà nella quale viviamo. Insomma non un esercizio accademico fine a sè stesso ma con il concreto scopo di capire dove ci troviamo ora e perchè. E poi quello di cominciare ad immaginare vie d’uscita costruttive. Vero è che per possedere questo tipo di istintualità storica è probabilmente necessario essere in qualche modo disadattati rispetto a questa realtà. Sentire, in altre parole il disagio della civiltà e soprattutto il proprio personale disagio nella civiltà. Ma questo è un altro discorso. 15 Costi della politica Rifiuto della politica Partitocrazia Corruzione Incapacità dei politici Parassitismo Clientelismo Carrierismo Nepotismo Illegalità Malaffare Delinquenza Criminalità organizzata Politica contrapposta a tecnica Burocratizzazione, Disfunzioni degli apparati Sprechi Rating, Voli e crolli delle Borse Spred Evasione fiscale Economia sommersa Globalizzazione Concorrrenza “sleale” 16 Debito pubblico Liquidità Credit crunch Default Pil Stagnazione Recessione Inflazione Stagflazione Disoccupazione Precariato Nuove politiche di sviluppo Crescita Finanza impazzita Bolle finanziarie Speculazione finanziaria Attacchi speculativi Pressione fiscale Costo del lavoro Vincoli al mercato dellavoro Lacci e lacciuoli Delocalizzazione Mobilità Liberalizzazione Privatizzazione Crisi: ipotesi di approccio adeguato. Alcune domande Vediamo se è possibile trovare uno spunto dal quale partire. Non tutte le questioni delle quali sentiamo parlare hanno la medesima importanza. Per esempio “recessione” o “disoccupazione” hanno un carattere decisamente strutturale, fondante, primario, che altre non hanno o hanno di meno. Nella pagina a fianco facciamo un tentativo di raggruppare in blocchi alcune delle questioni solitamente menzionate. Molte altre, evidentemente, potrebbero essere aggiunte. La grafica evidenzia una ipotesi di interazione funzionale e di scala di importanza. Ci sembra che alcuni blocchi (quelli cerchiati) possano rientrare nella categoria delle problematiche fondanti. Pilastri strutturali, economici. E tra essi, particolarmente determinante il blocco in grassetto.Mentre gli altri (i non cerchiati) pur significativi, ci sembra possano essere considerati aspetti “culturali”. Tra i blocchi cerchiati il blocco in grassetto riveste importanza strutturale. Ed è quindi lì che occorrerebbe scavare. Ma, cercando di leggere tra le righe della mediatica confusione sembra di capire che si attribuisca all’arresto della Crescita o Sviluppo la valenza di causa prima e scatenante di tutto il resto. Quindi, con logica stringente viene generalmente indicata quale soluzione al blocco della Crescita.............la ripresa della Crescita. Qualcosa, evidentemente, non torna. 17 Alcune domande si impongono a questo punto. 1. L’arresto della Crescita è la causa della crisi o la conseguenza di altri fattori che l’hanno determinata? 2. L’esplosione delle Bolle Finanziarie, spesso indicate quali cause dell’arresto della Crescita sono vere cause o, a loro volta, sintomi? 3. Se sia la Crisi sia l’esplosione delle Bolle sia l’arresto della Crescita sono sintomi, allora dove si nascondono le cause profonde, veramente prime, veramente scatenanti? 4. Perchè sono così sfuggenti, così difficili da individuare nonostante l’immenso scibile di cui disponiamo oggi? 5. Perchè il tasto del perchè si è arrestata la crescita o sviluppo viene sistematicamente evitato? 6. Nell’attuale stato delle cose è possibile far ripartire la Crescita? E come? 7. Ammesso che fossimo in grado di far ripartire la Crescita non sarebbe come curare un male somministrando al paziente i medesimi principi “attivi” che ne hanno determinato la malattia? 8. Crescita? Ancora? Fin dove? Fino a quando? Fino alla distruzione del Pianeta? O fino....alla prossima Crisi? 9. Perchè da più parti si afferma, in modo più o meno categorico, che non disponiamo di alternative possibili alla Crescita prima ancora di cominciare a ragionare sulla questione? Ribadiamo: non riusciamo a sottrarci alla sensazione che ci sia qualcosa, e di grosso, che non torna. “E’ il capitalismo nel suo insieme che sta affrontando una crisi nuova. La domanda non è più tanto chi lo guiderà, ma se, nel suo insieme, sopravviverà a sfide che mettono in causa la sua logica fondamentale.” (Giorgio Ruffolo “Il capitalismo ha i secoli contati” Einaudi 2009) . 18
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