LETTERA APERTA AGLI STUDENTI DELL

LETTERA APERTA AGLI STUDENTI
DELL’AREA NAPOLETANA, CASERTANA E CAMPANA.
In questi giorni c’è qualcuno che sta cercando di scippare a voi e alla vostra Università il
nome “Napoli”, simbolo di una grande tradizione culturale, antica ed europea, fra le prime
al mondo.
Se gli studenti e i cittadini di buona volontà non si mobilitano subito – con petizioni al
Ministro, con azioni pubbliche, con manifestazioni culturali immediate – lo scippo sarà
consumato in brevissimo tempo con grave danno, e tutti se ne accorgeranno quando sarà
troppo tardi.
--Cari Colleghi, cari Studenti,
a valle della discussione già avvenuta nel nostro Consiglio di Dipartimento,
vorrei aggiungere solo qualche brevissima chiosa, che trae spunto dalla
sollecitazione venuta da qualche argomento ascoltato.
Sono convinto che, essendo il nostro Rettore persona intelligente e il nostro
Senato accademico composto da persone d’onore, nessuno di loro vorrà, in nome
della celerità, strozzare il dibattito necessario per una decisione importante. Il
nome di una Università non è una pratica da sbrigare.
Non entro nel merito della legittimità giuridica della deliberazione del Senato
accademico, perché ritengo che essa abbia bisogno di una specifica
contestualizzazione, d’altra parte necessaria. Ritengo però, in ogni caso, che,
anche dando per scontata la sua perfetta legittimità procedurale, una democrazia
sostanziale non può prescindere da una consultazione vera di tutte le componenti
di base dell’Università. Non si tratta, perciò, (solo) di procedure, ma di sostanza,
e dalla sostanza non si prescinde.
Non si dica che questa esigenza di cambiare il nome è stata più volte avanzata,
perché essa è stata quasi sempre avanzata su sollecitazione esterna e, d’altra
parte, non c’è mai stata una vera discussione su questo argomento, che tocca
questioni essenziali di identità, sia per i docenti che per gli studenti.
Vorrei entrare nel merito di un argomento emerso nel corso della discussione.
Quell’argomento diceva che la nostra Università non è riuscita a rappresentare
ciò che il suo nome rappresenta.
Mi pare che in questo argomento ci sia un equivoco, legato alla questione su
che cosa sia un nome. Il nome “Università degli studi di Napoli” è il nome di una
Università, e pertanto non è una semplice etichetta. Il nome-etichetta si appiccica
su un prodotto per indicare che cosa quel prodotto contiene. Può accadere per un
deodorante o per una saponetta. Il nome di una Università è un nome non fisico,
né commerciale, ma simbolico, cioè generato da una storia, da una cultura e da
una carica emozionale. Per questa ragione, il nome-simbolo non “segue” la cosa
a cui si riferisce, ma la PRECEDE. Quel nome rappresenta il livello – ideale,
storico, affettivo – al quale ci si deve collocare per essere alla sua altezza. Non
riguarda solo il contenuto, ma la forza ideale; non riguarda solo il passato, ma il
futuro; non riguarda solo l’accaduto, ma ciò che deve accadere. Il nome “Napoli”
non indica un Comune, né una circoscrizione municipal-geografica. È il nome
elaborato da una storia e da una cultura, che ha fatto di Napoli il simbolo di una
grande tradizione culturale e universitaria in Europa, una delle più antiche.
Napoli non è un municipio, ma un sentimento, una patria e una nazione. In
questo senso, siamo tutti napoletani. Benedetto Croce, che non era nato a Napoli,
è senza alcun dubbio filosofo napoletano; Giordano Bruno, nolano, è filosofo
napoletano; Ernesto Rossi, nato a Caserta, è politico meridionalista e napoletano.
Il nome-etichetta segue la cosa di cui è etichetta, il nome-simbolo la precede,
ancor prima di seguirla.
Dovremmo riuscire, nel nostro Ateneo, a tenere un dibattito sereno che sappia
perciò anche sottrarsi al sospetto di essere condizionato da calcoli elettorali. Si
faccia attenzione su questo punto. Non sto dicendo che questi calcoli elettorali ci
siano: sto dicendo che un dibattito vero deve svolgersi in modo da sottrarsi al
sospetto di essere condizionato da calcoli elettorali.
La questione che stiamo discutendo, essendo questione di identità, non è di
piccolo cabotaggio e non può essere di breve respiro. Come si sa, le questioni
costituzionali – e l’identità è una questione costituzionale – non possono
ricondursi a piccoli calcoli congiunturali e di condominio.
Propongo che al nostro prossimo incontro si voti, innanzitutto, su una mozione
che ponga come pregiudiziale il quesito su se cambiare o non cambiare il nome.
E ritengo, d’altra parte, che debba potersi votare a scrutinio segreto. Solo in via
subordinata e successiva potremo, a mio avviso, votare su eventuali possibili
mutamenti di nome, precisando in che estensione e in che modo.
Abbiamo bisogno di quel livello di dibattito che Habermas chiamava “libero da
dominio”, ossia libero e non esposto a pressioni. Gli studenti, che sono in ultima
analisi, i veri depositari del senso dell’Università, dovrebbero poter esprimersi
con un referendum.
Spero che queste mie brevi considerazioni, con cui semplicemente integro
quelle già svolte in Consiglio di Dipartimento, possano incontrare un ascolto.
Con affetto e stima
Giuseppe Limone