SINDACATO NAZIONALE AUTONOMO GIORNALAI Aderente alla Confcommercio Circ. n. 73/15 2408/Sn AAB/sb Milano, 17 marzo 2015 A tutti i Sindacati PROVINCIALI - CIRCONDARIALI - COMUNALI Loro indirizzi Ai Componenti del CONSIGLIO NAZIONALE Loro indirizzi e p.c. agli Associati SNAG - indirizzi e-mail Oggetto: Comunicazione in merito all’Audizione presso la Commissione Cultura della Camera dei Deputati del 17/3/2015 Con la presente vi informiamo che si è tenuta in data odierna l’Audizione presso la Commissione Cultura della Camera dei Deputati in merito alla proposta di Legge “Abolizione del finanziamento pubblico all’editoria”. Lo Snag ha depositato il documento, qui allegato, in cui si illustrano le maggiori problematiche della categoria dei rivenditori di giornali. Il Presidente Abbiati è intervenuto illustrando le criticità del sistema attuale di finanziamento all’editoria e ha chiesto nuove modalità di finanziamento che sostengano l’acquisto di prodotti quotidiani e periodici. È stata inoltre chiesta la conferma dei contributi per l’informatizzazione della rete di vendita. Con i migliori saluti. Il Presidente (Abbiati Armando) All.: n° 1 Via San Vito, 24 – 20123 MILANO – Tel. 02/86.98.44.13 – 02/86.45.51.01 – Fax 02/80.29.83.90 e‐mail: [email protected] ‐ www.snagnazionale.it Partita IVA 05142860963 SINDACATO NAZIONALE AUTONOMO GIORNALAI Aderente alla Confcommercio CAMERA DEI DEPUTATI COMMISSIONE VII CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE PROPOSTA DI LEGGE C. 1990 PRESENTATA IL 23 GENNAIO 2014 “ABOLIZIONE DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO ALL’EDITORIA” AUDIZIONE dello S.N.A.G. CONFCOMMERCIO Roma ‐ 17 marzo 2015 Pag.1di13 Via San Vito, 24 – 20123 MILANO – Tel. 02/86.98.44.13 – 02/86.45.51.01 – Fax 02/80.29.83.90 e‐mail: [email protected] ‐ www.snagnazionale.it Partita IVA 05142860963 I. UN GIORNALE SENZA EDICOLA E’ COME UN PESCE FUOR D’ACQUA: IL RUOLO DELLE EDICOLE NELLA DIFFUSIONE DELLA STAMPA E L’ANDAMENTO DEL MERCATO EDITORIALE Le edicole sono il punto di accesso fondamentale dei cittadini all’informazione a mezzo stampa. Non ha senso finanziare l’editoria (ed in particolare la piccola editoria o quella locale) se poi non si è in grado di garantire ai cittadini un accesso capillare ai prodotti editoriali finanziati su tutto il territorio nazionale, tramite una rete di vendita “dedicata all’informazione”. In questo senso si può affermare che un giornale senza edicola è come un pesce fuor d’acqua. Le edicole ‐ con il loro impegno quotidiano e senza beneficiare di alcuna forma di contribuzione pubblica ‐ assicurano la libertà di stampa e di diffusione del pensiero tutelato dall’art. 21 della Costituzione nonché il diritto di dare e ricevere informazioni tutelati dall’art. 10 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) e dall’art. 11 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, garantendo la diffusione paritaria dell’intera offerta editoriale (che in Italia può essere stimata in circa 6.000 testate tra pubblicazioni quotidiane e periodiche cartacee). Invero, le edicole, più che commercializzare un prodotto in un’ottica concorrenziale 1 , offrono un servizio di interesse pubblico all’utenza. Ma è possibile che nessuno si accorga di quanto siano importanti le edicole nel garantire il diritto all’informazione? Gli edicolanti sono delle micro‐imprese familiari con ricavi limitati al 19% del prezzo di vendita delle pubblicazioni imposto dagli editori che si trovano in una condizione di grave crisi. In particolare la crisi delle edicole è dovuta all’effetto sinergico di molteplici fattori quali: a) la crisi generale del sistema Italia e la contrazione diffusa dei consumi; b) la ridotta propensione alla lettura ed il crollo dei consumi dedicati a beni a contenuto informativo‐ culturale (nel 2014 le famiglie italiane hanno dedicato solo l’1,05% dei propri consumi a libri e stampa); c) le politiche editoriali di prezzo particolarmente aggressive di molti editori che hanno abbassato il prezzo di vendita di molte testate a pochi centesimi di euro, riducendo i già esigui ricavi degli edicolanti e radicando nei consumatori l’idea che la stampa abbia “poco valore” o che non sia opportuno “spendere” per informarsi; 1 L’attuale sistema di vendita di quotidiani e periodici non è un sistema concorrenziale (e non lo sarà mai fintantoché non si procederà ad una riforma organica e radicale dell’intero sistema). Le rivendite di giornali per l’applicazione degli artt. 4 e 5 del D.lgs. 24 aprile 2001, n. 170, infatti: - non possono variare il prezzo di vendita delle pubblicazioni; - non possono negoziare il prezzo di acquisto delle forniture; - non possono decidere quali pubblicazioni ricevere; - non possono decidere quante pubblicazioni ricevere; - non possono decidere quali pubblicazioni esporre in vendita. Pag.2di13 d) gli abusi di posizione dominante posti in essere dai distributori locali della stampa che – rappresentando l’unico canale di approvvigionamento per gli edicolanti – impongono condizioni inique o particolarmente gravose (quali ad es. il pagamento di costi per la portatura dei giornali) ovvero rifiutano la fornitura ai punti vendita che si trovano in zone remote o che reputano antieconomici e comunque decidono quali e quante pubblicazioni portare al punto vendita2. Il mercato della stampa evidenzia una crisi cronica che sembra inarrestabile: si consideri che nel 1990 si vendevano 6.5 milioni di copie di quotidiani al giorno mentre oggi se ne vendono la metà. Secondo i dati Audipress nel 2013 1,9 milioni di Italiani hanno smesso di leggere abitualmente quotidiani e 3,6 milioni di persone hanno smesso di leggere un periodico. Che fare? Prima di decidere se finanziare o meno alcune testate editoriali o di confermare a vantaggio di editori crediti di imposta o crediti agevolati, bisogna preoccuparsi di sostenere il consumo di quotidiani e periodici e bisogna garantire il facile accesso dei cittadini all’informazione a mezzo stampa. Bisogna garantire la presenza di edicole anche nelle zone periferiche del territorio nazionale e garantire che ad esse sia assicurata la fornitura adeguata dei prodotti quotidiani e periodici. In breve, quando si finanzia un giornale si assicura la sua edizione, ma poi la sua effettiva diffusione (che è l’obbiettivo finale massimo per la realizzazione di un pluralismo informativo) dipende da molte altre variabili distributive (politiche dei distributori nazionali, comportamenti abusivi dei distributori 2 Sul punto si osserva come affidare la localizzazione delle edicole al mercato (o meglio al monopolio distributivo) vuol dire condannare molte zone del territorio nazionale (zone commercialmente poco appetibili, zone periferiche o remote etc…) a non avere il servizio di vendita di quotidiani e periodici o ad aver un servizio limitato e/o insufficiente. Deve considerarsi che la distribuzione intermedia delle pubblicazioni è affidata dagli Editori a distributori locali che operano come monopolisti nelle aree di loro competenza e ‐ spesso ‐ subordinano la fornitura a condizioni inique ed in violazione dell’accordo nazionale sulla vendita di quotidiani e periodici (quali ad es. il pagamento di costi per la portatura dei giornali) ovvero rifiutano la fornitura ai punti vendita che si trovano in zone remote. Nelle aree dove i Comuni accettano le SCIA (e non si applica il sistema di programmazione territoriale previsto dal D.lgs. n. 170/2001), sono in sostanza i distributori locali a “selezionare unilateralmente” gli esercizi che possono accedere al servizio di fornitura di quotidiani e periodici e tale selezione avviene – non in base ad una ponderata valutazione degli interessi culturali e sociali connessi – ma al fine di massimizzare i ricavi dell’azienda di distribuzione. In ogni caso (stante la sostanziale disapplicazione dell’art. 39 del D.L. 1/2012) sono i distributori intermedi a decidere unilateralmente quali e quante pubblicazioni portare al punto vendita. Tale rischio è stato riconosciuto anche dall’Antitrust nella recente Indagine Conoscitiva sulla distribuzione dei prodotti editoriali IC35 dove, a pagina 41 si legge: “l’interesse pubblico alla diffusione dell’informazione potrebbe in ogni caso essere salvaguardato riservando al soggetto pubblico la facoltà di garantire la presenza di un numero minimo di rivendite in determinate aree remote, dove la libera iniziativa non trovi economicamente conveniente svolgere l’attività. Ad esempio, l’amministrazione potrebbe sovvenzionare tali rivendite, utilizzando lo strumento della gara per selezionare il gestore più efficiente e minimizzare l’importo della sovvenzione. Tale iniziativa dovrebbe evidentemente accompagnarsi a forme di incentivo per il distributore locale di zona, in maniera da evitare rischi di rifiuto di fornitura al punto vendita.” Pag.3di13 locali3, presenza effettiva di edicole sul territorio etc…) che stabiliscono in concreto l’utilità sociale e culturale di quel finanziamento. La FIEG parla di una riduzione del numero delle edicole da 35.000 a 30.0004 tuttavia ‐ in realtà ‐ la diminuzione è molto più profonda e la circostanza “grave” è che, giornalmente, molte edicole vengono unilateralmente chiuse dal loro unico fornitore (Distributore Locale monopolista) perché le ritiene “antieconomiche”. Ciò determina un enorme “danno” in termini socio‐culturali – poiché migliaia di cittadini vengono privati del diritto di accedere all’informazione – ed un “danno” economico a tutta la filiera perché si perde il fatturato di quelle edicole5 (che può essere prudenzialmente stimato su base nazionale in oltre 70 milioni di euro). Prima di decidere se continuare a finanziare alcuni giornali, servono interventi urgenti per tutelare la paritaria diffusione della stampa, perché non si può vendere un giornale senza un’edicola, e quando un distributore locale di giornali oscura il territorio di decine di comuni facendo chiudere le edicole ivi localizzate (come è avvenuto nelle province di Messina, Foggia, Pistoia, Pisa etc…), perché le ritiene antieconomiche, è agevole prevedere che in quei paesini si leggerà ancora meno che in passato. 3 Attualmente la distribuzione di quotidiani e periodici è affidata a circa 90 imprese di distribuzione locale che operano come esclusivisti (nell’area di loro competenza) determinando un monopolio di fatto. Abusando della posizione dominante il distributore locale: - impone contratti di fornitura unilateralmente predisposti, prevedendo condizioni particolarmente gravose per l’edicolante, in deroga all’Accordo Nazionale; - decide unilateralmente se “attivare” (iniziare la fornitura) o meno di un nuovo punto vendita in possesso di regolare titolo autorizzatorio (in sostanza il Distributore Locale determina l’articolazione e l’omogeneità della rete di vendita senza considerare in alcun modo l’interesse pubblico e il diritto all’informazione); - decide la prosecuzione del rapporto di fornitura sulla base di valutazioni unilaterali (può decidere di interromperli a suo insindacabile giudizio recedendo dal contratto o sospendendo la fornitura); - decide unilateralmente la tipologia di prodotto da inviare al punto vendita in violazione del principio di parità di trattamento (di cui all’art. 4 del D.lgs. n. 170/2001); - decide unilateralmente la quantità di prodotto da inviare; - applica costi di portatura in deroga all’A.N. e costi aggiuntivi unilateralmente determinati; - sospende arbitrariamente la fornitura a suo insindacabile giudizio per: ‐ ritardi, anche minimi, nei pagamenti (24h di ritardo) ‐ contestazioni sul saldo dare avere in E/C ‐ mancata sottoscrizione di contratti; - non adegua le forniture alle reali esigenze diffusionali del punto vendita: rifornisce di prodotto per eccesso le rivendite al solo fine di acquisire una anticipazione finanziaria, non accettando le rese in compensazione per ridurre l’anticipazione finanziaria (cfr. art. 5 d) ter D.Lgs. n. 170/2001). 4 Cfr. Audizione FIEG davanti a questa Commissione dell’8 ottobre 2014. 5 Negli ultimi mesi sono già quattro i distributori locali che hanno oscurato intere zone del territorio loro affidato, lasciando decine di comuni senza un’edicola. Stiamo parlando di edicole che fatturano mediamente 1500‐1700 euro al mese. Moltiplicando 40 edicole x 1700 euro mensili si ottiene un totale di 68.000 euro di fatturato mensile. Moltiplicando il fatturato mensile di 68.000 euro moltiplicato x 12 mesi risulta un fatturato 816.000 euro annuo. Moltiplicando 816.000 euro all’anno per ciascuno dei 90 distributori locali otteniamo 73.440.000 euro. Pag.4di13 II. FINANZIAMENTO ALL’EDITORIA: MEGLIO FINANZIARE L’OFFERTA EDITORIALE O SOSTENRE LA DOMANDA DI PRODOTTI EDITORIALI? Lo SNAG non è – in assoluto – contrario ai contributi all’editoria (o forse dovremmo dire alla filiera editoriale). Il problema è che ci sono contributi “buoni” e contributi “cattivi”. Ci sono contributi che promuovono l’efficienza, la lettura e l’acquisto di prodotti culturali e contributi che fanno stampare quotidiani che nessuno legge e che neppure arrivano in edicola o che permettono agli editori di fare politiche di concorrenza sleale a danno degli edicolanti praticando sconti sugli abbonamenti del 60/70%, quando ad un edicolante viene riconosciuto solo il 19% (ci riferiamo alle agevolazioni tariffarie per la spedizione dei prodotti editoriali). Ci sono contributi (crediti di imposta ad editori o agevolazioni creditizie) che hanno “ingrossato” alcuni gruppi editoriali, permettendo la politica delle tirature folli per sostenere gli introiti dalla raccolta pubblicitaria. Peraltro è lecito dubitare che questo sistema di contributi abbia prodotto risultati utili in termini di pluralismo democratico e di libertà di stampa ‐ se è vero come è vero ‐ che l’Italia nel 2014 è scesa al 73.mo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa. Serve una ridefinizione delle forme di sostegno al settore editoriale che privilegi la diffusione piuttosto che l’edizione, che metta al centro le vendite piuttosto che le tirature. In questo senso molti dei contributi che il progetto di legge intenderebbe abrogare possono dirsi appartenere alla categoria dei contributi “cattivi”. Certamente però ci sono forme di contribuzione “buone” che devono essere conservate: ci riferiamo all’art. 4 del D.L. 63/2012 così come convertito in legge con modificazioni dalla L. 16 luglio 2012, n. 103. Questa norma permette l’informatizzazione “condivisa” su base nazionale di tutta la rete di vendita della stampa. Questo progetto consentirebbe un progresso notevole nella distribuzione della stampa in Italia con benefici per tutti gli anelli della filiera e per i consumatori. Se ben eseguita e se gestita, in maniera condivisa, l’informatizzazione della rete è una fonte potenziale di vantaggi enormi in termini di efficienza e di capacità di far arrivare i giornali ai lettori. Abrogare l’art. 4 del D.L. 18 maggio 2012, n. 63 è una follia assoluta: vorrebbe dire rinunciare all’informatizzazione prima ancora che l’informatizzazione della rete di vendita sia iniziata. Piuttosto bisogna chiedersi perché tale informatizzazione non sia ancora “partita”. E forse bisognerebbe chiederlo alla FIEG che da anni sta predisponendo un progetto in materia. Sul punto lo SNAG osserva che l’informatizzazione deve prevedere: 1. la partecipazione di tutti gli anelli della filiera per garantire il funzionamento della rete6; 6 La gestione condivisa della rete risponde ad un principio di democrazia e di partecipazione ed è anche la “chiave” per garantire il funzionamento in concreto della stessa. In passato i tentativi di informatizzazione (promossi a livello privatistico) sono falliti perché imposti dall’alto (dagli Editori) senza la partecipazione degli anelli intermedi della filiera (Distributori Locali ed Edicolanti che non erano motivati o incentivati a far funzionare il sistema). Pag.5di13 2. la gestione dei dati di vendita e l’utilizzo degli stessi per promuovere l’efficienza distributiva7; 3. un adeguato riparto dei costi della rete tra i vari anelli della filiera e il contrasto ad utilizzi abusivi8; 4. svariati servizi a valore aggiunto a vantaggio di tutta la filiera e dei consumatori9. Con l’informatizzazione il cliente sarà in grado di trovare in edicola il prodotto editoriale di cui ha bisogno con estrema facilità e ci saranno estremi vantaggi in termini di efficienza purché ovviamente questa informatizzazione veda partecipi anche gli edicolanti che sono i soggetti della filiera che hanno il rapporto con il pubblico. La rete informatizzata si presta ad una serie di utilizzi per la fruizione e/o l’offerta di servizi a valore aggiunto anche in termini di rapporti con la p.a. a vantaggio del cittadino. In conclusione serve una ridefinizione organica delle forme di sostegno al settore editoriale che deve intendersi esteso a tutta la filiera e che porti ad incrementare la lettura di quotidiani e periodici. Sembra che il Governo ‐ con il Sottosegretario On. Luca Lotti ‐ voglia affrontare a breve una riforma dell’Editoria “vera” e sarebbe giusto parlare di riforma del sistema di contribuzione in quella sede. Perché la rete funzioni è necessario che ciascuna componente della filiera collabori attivamente e ne tragga un beneficio. E’ necessaria la partecipazione, non solo degli editori, ma anche dei distributori e degli edicolanti. Si tenga in considerazione che per far funzionare la rete la parte maggiormente gravata sono gli edicolanti che devono utilizzare il sistema di tracciatura (lettore codice a barre) per tutti i prodotti “veicolati” (prodotti forniti, prodotti venduti, prodotti resi). Si tenga in considerazione che giornalmente escono alcune centinaia di nuove pubblicazioni (i margini di errore e le difficoltà saranno evidenti). Quindi è necessario un elevato grado di partecipazione e coordinamento, non solo a livello tecnico informatico, ma anche a livello gestionale e operativo. 7 Vi è la questione della gestione dei dati (dati di vendita e dati di reso) in forma singola ed aggregata. Tali dati hanno un valore economico e strategico. Anche in questo caso è opportuna una gestione condivisa che stabilisca le modalità di utilizzo degli stessi. Questi dati devono essere utilizzati per modernizzare la rete e promuovere l’efficienza del sistema distributivo: in breve sulla base dei dati Editori e Distributori dovrebbero calibrare il numero di copie trasmesso a ciascun edicola al fine di: a) massimizzare le vendite; b) ridurre i prodotti resi; c) ridurre gli esauriti. Per raggiungere questo risultato è necessario che tutti gli anelli della filiera possano accedere ai dati ed utilizzare gli stessi, contribuendo a sviluppare la rete e a rendere il sistema più efficiente. Si potrebbero ad esempio elaborare dei sistemi con i quali una edicola richiede in tempo reale i rifornimenti per le pubblicazioni che si stanno esaurendo. 8 La partecipazione di tutti gli anelli della filiera alla gestione della rete è anche fondamentale al fine di evitare – come è già avvenuto in passato – che i costi della rete vengano rovesciati a valle sull’ultimo anello della filiera (e cioè sugli edicolanti) sotto forma di costi di collegamento e/o di costi per accedere al servizio imposti unilateralmente da chi gestisce la rete. Questi costi andranno invece ripartiti in maniera adeguata su tutti gli anelli della filiera e non possono essere rimessi alla unilaterale determinazione di un soggetto a danno degli altri. In questo senso è imprescindibile che la gestione della rete sia affidata alle rappresentanze di tutti i soggetti interessati. Deve evitarsi che la rete, da strumento di modernizzazione volto a promuovere l’efficienza e la razionalizzazione delle politiche di distribuzione e di commercializzazione dei giornali (quale è e deve continuare ad essere), diventi un’occasione di mero business per alcuni. 9 La rete si presta ad una serie di utilizzi per la fruizione e/o l’offerta di servizi a valore aggiunto. Questi servizi garantiranno ricavi verosimilmente sufficienti a coprire i costi di gestione. Anche in questo senso è necessario che lo sfruttamento della rete sia affidato a tutti i componenti della filiera e non vada a vantaggio di alcuni. Pag.6di13 I contributi pubblici non devono servire a far aumentare gli editori ma a far aumentare i lettori. Servono contributi che portino a: conservare una rete di vendita su tutto il territorio nazionale a beneficio dei cittadini; rendere il sistema più efficiente attraverso l’informatizzazione della rete di vendita; vendere più giornali; leggere di più (ad esempio attraverso un bonus lettura o attraverso la detraibilità delle spese per libri e giornali). Bisogna pensare a contributi che sostengano i consumi e non che sostengano la produzione. Non basta abrogare l’esistente e destinare le maggiori risorse disponibili all’innovazione digitale ma bisogna pensare nuove forme di contribuzione per sostenere la lettura ed il consumo di prodotti editoriali. Il “bonus lettura” presentato pochi giorni fa da alcune associazioni di editori che prevede un bonus per gli under 25 fino a cento euro per l’acquisto di libri e giornali (bonus che ad esempio potrebbe essere diffuso tramite dei coupon anche in edicola) è un’ottima idea. Anche un bonus fiscale che permetta la detrazione fiscale entro certi limiti per chi acquista quotidiani e periodici potrebbe essere una soluzione auspicabile. III. CANALI DISTRIBUTIVI ALTERNATIVI RISPETTO AL CANALE EDICOLA. ABBONAMENTI E DIGITALE: FALLIMENTI E FALSI MITI. Quanto ai canali alternativi di diffusione della stampa, questi devono intendersi assolutamente inefficienti (vendita tramite abbonamenti) o assolutamente parziali (diffusione digitale). I finanziamenti a supporto delle spedizioni postali previsti dalla L. 46/2004 sono stati il più grande esempio di sperpero di denaro pubblico nel nostro settore: al momento sono “sospesi” ma andrebbero certamente aboliti. Attualmente il quadro delle vendite in abbonamento in Italia è “desolante”, e ciò nonostante tale canale abbia beneficiato sino a pochi anni or sono della maggiore forma di contribuzione pubblica indiretta agli Editori10. L’enorme mole di risorse pubbliche impiegate per sostenere gli abbonamenti a 10 Questa era in termini di utilizzo delle risorse pubbliche la principale forma di contributo statale indiretto all’Editoria (cfr. Segnalazione sull’Editoria quotidiana, periodica e multimediale – Antitrust del 15.1.2010, pag. 4) oltre che uno dei contributi pubblici più inefficaci visto i risultati raggiunti (cfr. Segnalazione sull’Editoria quotidiana, periodica e multimediale – Antitrust del 15.1.2010, pag. 5). “Quanto ai risultati raggiunti, [si legge nell’indagine Antitrust IC35 ‐ EDITORIA QUOTIDIANA, PERIODICA E MULTIMEDIALE (prima parte: le sovvenzioni pubbliche e i limiti alla concentrazione per i quotidiani)] si può sostenere che le agevolazioni postali non hanno costituito una misura efficace per lo sviluppo delle vendite in abbonamento. L’Italia infatti si caratterizza tra i Paesi occidentali per la scarsissima rilevanza degli abbonamenti a quotidiani e periodici.... Il motivo di tale scarto rispetto agli altri Paesi è univocamente attribuito dagli editori ad una inadeguata qualità del servizio postale. Dato che i quotidiani sono prodotti ad elevata deperibilità, è fondamentale che essi siano resi disponibili agli abbonati nelle prime ore del mattino. In più occasioni, invece, essi risultano consegnati più tardi. Quanto ai periodici, spesso essi vengono recapitati al lettore alcuni giorni dopo l’uscita in edicola, di modo che la percezione psicologica del destinatario è di ricevere una pubblicazione già obsoleta. Pag.7di13 mezzo posta hanno consentito una politica di prezzo particolarmente aggressiva (sconti fino all’80% del prezzo di copertina) ma non hanno garantito ai lettori un servizio adeguato e tali politiche si sono rivelate un “flop”11. Le cause di tale situazione sono da ricondurre ad una inadeguata qualità del servizio postale12, a servizi di trasporto inaffidabili e al ritardo sistematico nelle consegne. Peraltro il numero degli abbonamenti è in continuo decremento (tra il 2009 e il 2011 per i quotidiani si è registrato un – 11,6%13). La situazione è divenuta infine insostenibile a seguito dei progressivi tagli alle tariffe agevolate14 che hanno reso il sistema di abbonamento a mezzo del servizio postale, oltre che inefficiente, economicamente non competitivo (soprattutto se associato a politiche di marketing aggressive e a prezzi “predatori”15). Si deve concludere quindi che il sistema di abbonamenti postali, oltre che assolutamente inaffidabile, è inidoneo a determinare un reale incremento della diffusione della lettura. Poi esiste il canale diffusionale tramite web. In merito alle edizioni digitali dei quotidiani e dei periodici non esistono dati propriamente attendibili. Solo nel 2014 Audipress ha iniziato una rilevazione dei “Lettori Replica” ma la stessa Audipress nelle note precisa che in merito ai “lettori del target Replica: per le stime contenute si raccomanda cautela nella lettura dei risultati”. Risultati che in effetti sono quantomeno stravaganti, se è vero ‐ come è vero ‐ che risulterebbero più lettori delle copie digitali tra gli over 65 che non tra gli under 24. Inoltre, attualmente, Poste Italiane non consente una piena tracciabilità delle copie spedite. Una seconda constatazione attiene alla distribuzione delle risorse tra i diversi beneficiari. Poiché la quantificazione delle compensazioni postali dipende dal numero di copie spedite in abbonamento, le grandi imprese ricevono gran parte delle somme erogate. .... In altri termini, soltanto una parte minore della spesa pubblica per le agevolazioni postali concorre alla tutela del pluralismo, contribuendo alla diffusione tramite abbonamento di testate minori. Il resto è appannaggio dei principali gruppi editoriali, per i quali tuttavia l’incidenza di tale contributo sul fatturato complessivo è minima, e non influenza in maniera rilevante sullo sviluppo delle vendite in abbonamento. In proposito, si consideri che gli editori non hanno interesse ad esporre i lettori maggiormente fidelizzati al rischio sistematico di consegna intempestiva della pubblicazione.” 11 In Italia si vendono in abbonamento solo il 6% di copie delle pubblicazioni quotidiane e circa il 10% delle pubblicazioni periodiche (solo Grecia e Portogallo fanno peggio in Europa). Anzi – secondo i dati Audipress 2014/III del 2 marzo 2015 – risulta che le letture dei quotidiani in abbonamento sarebbero del 3,6%, del 7,5% per i settimanali e dell’8,6% per i mensili. 12 Cfr. Segnalazione sull’Editoria quotidiana, periodica e multimediale – Antitrust del 15.1.2010, pag. 5 ed anche Sintesi degli studi FIEG e DELOITTE & TOUCHE sulla stampa in Italia e sui bilanci delle aziende editrici di quotidiani (1995‐1996‐1997); 13 Dati FIEG – Rapporto 2012 sull’editoria quotidiana. 14 Questa era in termini di utilizzo delle risorse pubbliche la principale forma di contributo statale indiretto all’Editoria (cfr. Segnalazione sull’Editoria quotidiana, periodica e multimediale – Antitrust del 15.1.2010, pag. 4) oltre che uno dei contributi più inefficaci visto i risultati raggiunti (cfr. Segnalazione sull’Editoria quotidiana, periodica e multimediale – Antitrust del 15.1.2010, pag. 5). 15Si è calcolato ad esempio che per distribuire una copia in abbonamento a mezzo del servizio postale di “Vanity Fair” servano circa 80 centesimi. Pag.8di13 Non è poi precisato quale sia il prezzo di acquisto di queste copie digitali. Anche in questo caso gli Editori si sono lanciati in politiche di marketing estremamente “aggressive” che hanno “drogato” il “mercato digitale” e che prevedono ad esempio l’abbonamento a 1 euro a settimana per 10 settimane, oppure l’abbonamento ad un quotidiano e 3 allegati ed un quotidiano straniero a € 4,99 a settimana. Anche in questo canale si vedono sconti sugli abbonamenti per i periodici che vanno dal 50% a oltre il 70%. Molte poi delle copie digitali che risultano “vendute” sono in realtà regalate in abbinamento all’abbonamento cartaceo del quotidiano o del periodico. Nonostante quanto sopra le vendite sono tutt’altro che “sorprendenti”. Certamente il digitale non stà mantenendo le attese e la crescita del digitale non è certo pari alle aspettative. Anzi recenti studi sulla cd. “Lettura profonda”16 hanno accertato che con l’“e‐reading” è più difficile apprendere nozioni complesse e soprattutto le nozioni vengono memorizzate con maggiori difficoltà. Inoltre c’è il fattore della “distrazione a portata di click” (la connessione permanente porta il lettore a indirizzare altrove il proprio interesse dopo pochi minuti). Insomma, sembrerebbe che sia impossibile leggere un romanzo come “I fratelli Karamazov” in versione e‐reading (almeno su un tablet o su uno smartphone) e ci permettiamo di pensare che pochi sarebbero in grado di leggere (con la dovuta attenzione) le 90 pagine di un quotidiano su un tablet o peggio su uno smartphone. Sembra infatti che le caratteristiche cognitive della lettura online non siano le stesse di quelle della lettura profonda. Con il digitale, la nostra attenzione e la nostra concentrazione sono parziali, superficiali, limitate. La nostra capacità di lettura si concentra sull'immediatezza e sulla velocità di trattamento piuttosto che sui contenuti17. Con la lettura digitale “la scrematura è la nuova normalità. Con il digitale, si scannerizza, si naviga, si rimbalza … e questo riduce la nostra attenzione profonda, la nostra capacità di avere una lettura concentrata. Noi tendiamo a dare più importanza all'immagine. Noi tendiamo a meno interiorizzare la conoscenza e a dipendere di più dalle fonti esterne”18. Parafrasando una citazione di Stephen Fry si potrebbe dire che il supporto cartaceo della stampa è minacciato dal supporto digitale “come le scale dagli ascensori”. A queste considerazioni in merito alla lettura digitale devono aggiungersi le considerazioni di natura economica in merito alle edizioni digitali: il vantaggio concorrenziale di queste edizioni è “gigantesco”. I contenuti editoriali e giornalistici sono i medesimi del cartaceo (l’edizione digitale è infatti una mera riproduzione di quella cartacea), non ci sono costi per la stampa e non ci sono costi per l’acquisto della carta, non ci sono costi distributivi o per la gestione delle rese, non ci sono altri anelli della filiera cui corrispondere un aggio. Non basta? Bisogna aggiungere altri incentivi? E’ opportuno accrescerne ulteriormente il vantaggio competitivo? 16 Cfr. studi di A.Mangen dell’Università di Stavanger in Norvegia. 17 Cfr. M.Wolf, direttrice del Centro di ricerca sulla lettura e il linguaggio dell’Università Tufts (Boston, Usa). Elementi tratti dall’articolo dell’ADUC “Il nostro cervello all'epoca dei nuovi modi di leggere”. 18 Cfr. N.Carr intervista a Wired del 2008. Pag.9di13 Inoltre alcuni analisti ritengono che la crescita dei quotidiani on‐line sia dovuta (oltre che al politiche di marketing sopra menzionate) ai cd. “pionieri digitali” e che questo effetto sia destinato ad esaurirsi portando ad un ritorno al cartaceo. Tale ipotesi sarebbe confermata dal fatto che gli abbonamenti digitali da aprile 2014 mostrano un brusco rallentamento19. Ultimo, ma non per ultimo, il digitale al momento non tutela certo il pluralismo. La grandissima parte dei quotidiani medio‐piccoli non esce in formato digitale e solo tre testate possiedono una quota molto elevata ‐ e crescente ‐ del totale delle Digital Edition di tutti i quotidiani: più di due copie digitali su tre sono diffuse da Il Sole 24 Ore, Il Corriere della Sera e La Repubblica. La crisi è profonda ma lo SNAG crede ancora nella carta, nella Carta Costituzionale che tutela il diritto di tutti di essere informati, nella carta stampata come eccezionale veicolo di informazione, cultura, libertà e democrazia e infine crede nella rete di vendita che veicola la carta stampata e che – senza beneficiare di un euro di contribuzione pubblica – offre un servizio socialmente utile ai cittadini. IV. LE PROPOSTE DELLO SNAG: INTERVENTI NORMATIVI URGENTI A TUTELA DEL DIRITTO DI INFORMARE ED ESSERE INFORMATI A MEZZO STAMPA. Tenuto conto di tutto quanto sopra esposto, lo SNAG intende sottoporre all’attenzione di questa ill.ma Commissione un serie di proposte concrete. Gli interventi urgenti in materia di vendita di quotidiani e periodici possono riassumersi in 5 punti: 1) Programmazione territoriale “ragionata” dei punti vendita di giornali basata su criteri qualitativi; 2) Parità di trattamento solo per le pubblicazioni “regolari” e “in occasione della loro prima immissione sul mercato”; 3) Informatizzazione della rete di vendita “condivisa” da tutte le componenti della filiera, volta a promuovere l’efficienza della filiera; 4) Equità nei rapporti di distribuzione locale; 5) Possibilità per le edicole di vendere prodotti ulteriori – sviluppo servizi a valore aggiunto – servizi informativi e turistici – rapporti con la P.A. 1) Per programmazione “ragionata” dei punti vendita di giornali basata su criteri qualitativi si intende una forma di programmazione territoriale dei punti vendita per garantire il diritto di informare degli editori e soprattutto quello di essere informati dei cittadini, per far si che vi sia una edicola laddove c’è un bisogno in termini culturali e di promozione della lettura e dell’informazione. In particolare: i cittadini devono poter accedere all’intera offerta editoriale (alcune migliaia di titoli) con relativa facilità su tutto il territorio nazionale; 19Secondo Human Highway, in base ai dati ADS, pubblicati da prima Comunicazione, “L’aumento annuo degli abbonamenti digitali mostra però un continuo rallentamento e scende dall'80% di inizio 2014 al 15% di gennaio 2015. L'andamento mensile indica che a partire da aprile 2014 si è interrotta la crescita sostenuta di diffusione degli abbonamenti digitali, che ora viaggia al ritmo di poco più dell'1% mensile… La crescita del digitale non riesce a compensare la perdita di copie cartacee per nessuna testata….” Pag.10di13 i punti vendita devono essere localizzati non in funzione dell’utilità commerciale del distributore locale ma in funzione dell’utilità sociale connessa alla diffusione dell’informazione; i punti vendita devono offrire un adeguato livello qualitativo di servizio (numero pubblicazioni poste in vendita, orari di apertura, aperture festive garantite, personale addetto alle vendite con adeguato livello di professionalità, servizio arretrati, collegamento informatico, servizio informativo anche a fini turistici o culturali per il Cittadinoetc...). 2) Parità di trattamento solo per le pubblicazioni “regolari” e “in occasione della loro prima immissione sul mercato”. La parità di trattamento deve essere assicurata solo per: le pubblicazioni regolari: che sono diffuse al pubblico con periodicità regolare e che rispettano tutti gli obblighi previsti dalla Legge 8 febbraio 1948, n. 47 e recano stampata sul prodotto ed in posizione visibile: a) la data e la periodicità effettiva b) il codice a barre c) la data di prima immissione sul mercato; “in occasione della loro prima immissione sul mercato”: solo quando un nuovo numero di una data pubblicazione “esce”, e cioè quando la singola uscita periodica viene immessa sul mercato, merita di beneficiare della parità di trattamento; La parità di trattamento parità di trattamento non deve essere garantita per pubblicazioni vecchie, ridistribuite, ricopertinate, stickerate etc... che possono essere “rese liberamente” dal punto vendita anche prima della loro scadenza. 3) Informatizzazione “condivisa” volta a promuovere l’efficienza della filiera che preveda: gestione condivisa con la partecipazione di tutti gli anelli della filiera. La gestione condivisa della rete risponde ad un principio di democrazia e di partecipazione ed è anche la “chiave” per garantire il funzionamento in concreto della stessa. Perché la rete funzioni è necessario che ciascuna componente della filiera collabori attivamente e ne tragga un beneficio: sono gli edicolanti a dover sostenere il carico maggiore di incombenze dovendo tracciare tutte le pubblicazioni (con apposito lettore di codice a barre) in tutte le fasi (fornitura, vendita e resa delle pubblicazioni). Giornalmente vengono fornite alle edicole alcune centinaia di pubblicazioni (i margini di errore e le difficoltà saranno evidenti); gestione dei dati di vendita e utilizzo degli stessi per promuovere l’efficienza distributiva. I dati (dati di vendita e dati di resa in forma singola ed aggregata) hanno un valore economico e strategico. E’ opportuna una gestione condivisa che stabilisca le modalità di utilizzo degli stessi per raggiungere l’obbiettivo di modernizzare la rete e promuovere l’efficienza del sistema distributivo: in breve sulla base dei dati Editori e distributori dovrebbero calibrare il numero di copie trasmesso ad ogni edicola al fine di: ‐ massimizzare le vendite ‐ ridurre i prodotti resi ‐ ridurre gli esauriti (ad esempio consentendo ad un’edicolante di richiedere in tempo reale i rifornimenti per le pubblicazioni che si stanno esaurendo); Pag.11di13 equa ripartizione dei costi della rete tra i vari anelli della filiera e contrasto all’eventuale utilizzo abusivo. Si deve evitare – come è già avvenuto in passato – che i costi della rete vengano rovesciati a valle sull’ultimo anello della filiera (e cioè sugli edicolanti) sotto forma di costi di collegamento e/o di costi per accedere al servizio. L’informatizzazione della rete non deve generare costi aggiuntivi per gli edicolanti (ad es. in termini di software e/o di costi di collegamento e/o costi generati a monte). Deve evitarsi che la rete, da strumento di modernizzazione volto a promuovere l’efficienza e la razionalizzazione delle politiche di distribuzione e di commercializzazione dei giornali (quale è e deve continuare ad essere), diventi un’occasione di mero business per alcuni (ad esempio alcuni Distributori Locali stanno sviluppando dei propri sistemi informativi che impongono alla rete di vendita a pagamento). servizi a valore aggiunto a vantaggio di tutta la filiera. La rete si presta ad una serie di utilizzi per la fruizione e/o l’offerta di servizi a valore aggiunto. Questi servizi devono garantire un corrispettivo per gli edicolanti che prestano il servizio. 4) Per riportare equità nei rapporti tra distributore e edicolante prevenendo abusi a danno del contraente debole, bisogna prevedere normativamente che: al fine di garantire l’applicazione delle norme e dei principi fondamentali in materia di libertà di stampa e di espressione l’applicazione dell’art. 4 e dell’art. 5 del D.lgs. n. 170/01 i distributori di quotidiani e periodici devono attenersi all’Accordo Nazionale sulla vendita di quotidiani e periodici stipulato tra associazioni di editori e di edicolanti. al fine di garantire l’accesso all’informazione dei cittadini e di incrementare la lettura, i distributori di quotidiani e periodici devono garantire una fornitura adeguata dei prodotti editoriali provvedendo tempestivamente alle richieste di rifornimento; le pubblicazioni fornite in eccesso o che risultino essere già state immesse sul mercato in precedenza o che siamo prive dei requisiti di cui all’art. 2 della Legge 8 febbraio 1948 n. 47 possono essere restituite anticipatamente dagli edicolanti senza alcuna limitazione temporale e, se non fornite in conto deposito, defalcate dall’estratto conto; i rapporti fra distributori ed edicolanti sono soggetti all’art. 9 della Legge 18 giugno 1998, n. 192 (abuso dipendenza economica); la sospensione delle forniture ad una rivendita, tenuto conto della funzione economico sociale della vendita di quotidiani e periodici, non può avvenire se non previa autorizzazione degli Editori interessati e con un preavviso scritto minimo di 10 giorni e solo nei casi di grave inadempimento. In ogni caso la sospensione non deve compromettere il diritto all’informazione; i distributori possono recedere dal rapporto di distribuzione di quotidiani e periodici con gli edicolanti solo laddove il servizio di distribuzione a favore della singola rivendita diventi oggettivamente antieconomico tenuto conto della redditività dell’intera area distributiva, e solo laddove ciò non comprometta il diritto all’informazione, concedendo un preavviso non inferiore a 36 mesi; Pag.12di13 prevedere in alcuni casi l’obbligo di fornitura a carico del distributore locale ed istituire presso il Dipartimento dell’Editoria una “Commissione per la rete e per i prodotti editoriali” con la partecipazione dei rappresentanti degli edicolanti, nonché un “elenco dei rivenditori della stampa”, ampliando le funzioni del Dipartimento (sulla scorta del modello francese del ConsiglioSuperioredelladistribuzionedellastampa). 5) Per contrastare la crisi nella vendita di prodotti editoriali e consentire il servizio di diffusione della stampa assicurato dalle edicole bisogna: consentire alle edicole di destinare parte della superficie di vendita a prodotti ulteriori anche su suolo pubblico (prodotti non alimentari, tabacchi, prodotti alimentari preconfezionati o preimbottigliati etc...); garantire alle edicole “servizi a valore aggiunto”; consentire ai rivenditori di variare il prezzo di acquisto delle pubblicazioni indicato dall’editore; sviluppare l’edicola come punto informativo o turistico o come elemento per la sicurezza urbana o ancora come punto di contatto con gli archivi della P.A.; creare “bonus lettura” o prevedere “detrazioni fiscali” per l’acquisto di quotidiani e periodici. Lo SNAG si augura che quanto esposto nella presente relazione possa contribuire, non solo alla discussione della proposta di legge di cui in epigrafe, ma possa rappresentare un contributo per i lavori che codesta ill.ma Commissione dovrà intraprendere nella prospettiva di una riforma organica dell’editoria. Con i migliori saluti. Il Presidente (Abbiati Armando) Pag.13di13
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