Riflessioni (n.175) sulle Letture della Domenica delle Palme (b) 29 marzo 2015 A tutti gli Amici in Gesù Nostro Signore e Salvatore A te che leggi, ti benedica il Signore e ti custodisca nella pace e nella perenne visione del Suo Volto Perdona Signore e anche voi amici tutti gli errori e le imprecisioni, che involontariamente avrò scritto: queste righe vogliono essere solo una preghiera a Te Padre Misericordioso, a Te Verbo Redentore, a Te Spirito Consolatore. Le cose che conosco della Verità sono poche, ma voglio parlarne con umiltà e devozione massima per conoscerle meglio. Lo Spirito Santo mi aiuti. Signore so che Tu non hai bisogno di quello che diciamo di Te, ma queste mie parole saranno utili e benefiche sicuramente a me e forse a qualcuno che le legge se Tu le arricchirai del Tuo Spirito Santificatore che invoco. -Nihil amori Christi praeponere- Prima Lettura - Dal libro del profeta Isaia - Is 50,4-7 - Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. Lo straordinario ritratto di Cristo che Isaia propone otto secoli prima della Sua venuta in Terra lascia senza fiato! Il Verbo di Dio, il Creatore di tutte le cose, il Pantocratore, è presentato come il Discepolo Umile e Obbediente del Signore Dio: ascolta Lui come il discepolo diligente e affezionato ascolta con trasporto il proprio Maestro. E come un discepolo attento, Egli che è Dio prima che Uomo, apprende come portare una parola di sostegno all’affranto e allo sfiduciato. E lo fa con il desiderio di chi vuole apprendere perché non cerca scappatoie per sottrarsi alla prova annunciata. Quale deve essere la prova se non quella della Passione? E in fatti le due strofe finali della pericope ne sono una puntuale anticipazione. Cristo, come sappiamo, sopporterà con pazienza e umiltà tutte le cattiverie, le ingiustizie e i sacrilegi rivolti contro di Lui e resisterà fino alla morte senza cedere né confondersi difronte ai malvagi solo apparentemente più forti di Lui. La Sua Forza Divina infatti fu nella Sua Debolezza tutta umana, scelta per aprire alla nostra dimensione quel varco nei sepolcri dei nostri corpi -di cui abbiamo parlato domenica scorsa- per accedere al Regno. Noi come fanciulli dobbiamo proporci al Signore Dio, simili a Suoi discepoli obbedienti, come lo è stato Gesù. I Suoi Insegnamenti non sono come quelli delle nostre scuole necessari per imparare a conoscere il mondo, le sue leggi, la sua storia, lo stesso mondo in cui passiamo come pellegrini, ma per conoscere il Regno di Dio, cioè il mondo che sarà la nostra Dimora Stabile per l’eternità. Dio di Sapienza e di Carità, fa che io non sia confuso dal disordine che mi circonda da ogni parte perché è lì che alligna il male che mi tenta, nascondendosi dietro il Bene che Tu Solo ci proponi. Salmo Responsoriale - Dal Salmo 21 - Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, Pag. 1 di 6 storcono le labbra, scuotono il capo: «Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!». Un branco di cani mi circonda, mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa. Si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto. Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israele. La prima strofa del Salmo è il modo di comportarsi tipico degli ipocriti, di quelli che presuntuosamente credono di possedere la verità e la ragione. Fa veramente orrore quel modo di essere! Anche i Romani pagani dicevano “in dubio pro reo”; costoro invece non hanno dubbi, condannano senza tentennamenti! Cristo è stato giudicato da costoro -che poi siamo noi tutti- con superficialità e con cattiveria per non accettare gli Insegnamenti necessari a raggiungere la Carità e perché la Carità è impegnativa... Come è familiare quel grido di dolore della II strofa perché quanti hanno provato condizioni persecutorie sanno come sia vera! La solitudine nel dolore per il male subito e l’emarginazione operata dai malvagi che godono della sofferenza inferta, sono mali che lasciano cicatrici profonde e piaghe difficili da rimarginare. Ma occorre imparare a convivere con esse senza odiare nessuno perché sono lasciapassare per il Cielo. Guai infatti a chi cercasse vendette, si allineerebbe ai suoi stessi aguzzini. L’Esempio che ci fornisce l’alternativa è Lui, Cristo sofferente sulla croce che dice (Lc 23, 3334): “Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno».” O Gesù mia Salvezza e mio Modello di vita, dammi qualcosa soltanto delle Tue Sante Virtù e saprò anch’io sopportare i malfattori che attentano alla salute dell’anima mia! Seconda Lettura - Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi - Fil 2,6-11 - Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò. Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Pag. 2 di 6 «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre. Dopo oltre duemila anni dalla nascita, il Mistero dell’Incarnazione di Dio in Gesù di Nazareth ci risulta ancora avvolto nelle incertezze della razionalità umana. Quello che leggiamo nel brano della Lettera di San Paolo ci trascina a riflettere ancora su questa straordinaria unicità della fede cristiana. Cristo Dio-Uomo non può essere spiegato razionalmente e dunque va accettato per fede. Ma l’enorme letteratura-testimonianza che ci è pervenuta e che si continua a commentare ci conforta sulla sua veridicità. I non credenti di solito ammirano la figura di Cristo perché ineccepibile nella Sua Bellezza; ma non credono che sia una Emanazione Divina né che sia risorto dopo la morte. Ma proprio in questi due aspetti si concentra tutta la dottrina cristiana. Per chi ha avuto la Grazia di credere lo «scoglio principale» è superato, ma se ne presentano altri riguardanti, per così dire, i dettagli ma che tali non sono certamente, come accennato all’inizio di questa riflessione. Nei limiti ristretti della razionalità umana -ma per tanti aspetti geniali, scintilla divina- non riusciamo a dare risposte esaurienti e convincenti a una serie di domande che ci vengono in mente sul come e sui perché. Tra i molti modi di chiamare Dio c’è quello di “DioChe-Si-Nasconde” che mi pare adattissimo quando ci soffermiamo a indagare più a fondo perché nessuno mai è riuscito a penetrare la cortina che Lo «isola» dalla nostra inestinguibile sete di conoscere e desiderosa di avere i segni. Evidentemente Dio, per chi crede in Lui, ha posto dei limiti invalicabili validi durante la nostra esistenza terrena, ma ha promesso che li rimuoverà quando saremo ammessi alla Sua Visione che si presenterà ai nostri occhi come un libro aperto in cui trovare risposta a ogni quesito, chiarimento a ogni incertezza. Dio però non si nasconde quando vuole farci conoscere la Sua Presenza, la Sua Esistenza; anche i suoi Attributi e le Sue Opere sono palesi: -Dio è Carità, cioè Amore Gratuito; -Dio è Saggezza Infinita; -Dio è Misericordia Eterna; -Dio ha creato l’Universo; -Dio ha creato l’Uomo; -Dio è il Padre e Cristo il Verbo. Si potrebbero aggiungere ancora altre, moltissime Attribuzioni Divine e altre Opere della Sua Volontà, ma ritengo che quelle elencate siano sufficienti alla presente riflessione. Quando invece cominciamo a porci domande più specifiche sul come, sugli infiniti perché della nostra esistenza personale e collettiva, allora lì Dio diviene ermetico. Per quelle cose Egli esige che crediamo per fede, senza attenderci segni pronti a manifestarsi a nostro comando come molto spesso vorremmo che avvenisse. Oggi domandarci se Gesù il Nazareno fosse cosciente di essere Dio Egli stesso è una domanda che non può avere risposta e i tentativi rivelatori si mostrano spesso contraddittori fra loro. Ecco allora l’unica risposta possibile: il Credo, quello che recitiamo nella Messa. Ora dobbiamo con umiltà credere che Dio è Bene Assoluto e che ci vuole nella gioia eterna del Suo Regno appositamente preparato per noi. Non possiamo fare altro che inchinarci alla Sua Bontà e alla Sua Misericordia. Amen! Mantienimi Signore Generoso e Sapiente la Fede che m’hai donato perché possa credere in Te senza chiedere oltre né segni né conferme, ma fidarmi soltanto della Tua Voce che sento nel cuore. Canto al Vangelo Fil 2,8-9 Lode e onore a te, Signore Gesù! Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome. Lode e onore a te, Signore Gesù! Dal Vangelo secondo Marco - Mc 14,15-47 - Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Per la Lettura Evangelica della Passione, di imponente dimensione, si rimanda al Vangelo sopra indicato. Qui voglio riflettere soltanto su un passaggio della Passione. Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. Pag. 3 di 6 C Gesù si trovava a Betania, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: A «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». C Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto». La Glorificazione terrena del Signore Gesù Cristo ha un episodio rimarchevole nell’omaggio della donna (la Maddalena?) che anticipa l’unzione funebre, ormai imminente, del Corpo Santo del Salvatore. Un atto d’amore e di rispetto di una donna, neppure identificata, ma degno di un re: un vasetto di unguento profumato preziosissimo versato sui capelli del Maestro. È un’occasione unica che la donna non si lascia scappare nella consapevolezza di quanto Gesù dice all’inopportuno «censore». Infatti l’accaduto suscita immediatamente la reazione di qualcuno che non comprende la giustezza e l’unicità dell’atto compiuto dalla donna devota: mancanza di capacità di discernimento per l’ambizione di mettersi in mostra, di essere originale e attento a ogni costo! Come è facile riconoscersi in quel misero che non aveva saputo valutare correttamente la situazione, pensando di aver proposto chissà quale saggezza! Quante volte il Signore ci ha offerto occasioni di glorificarLo e ci siamo lasciati sviare da facezie e vanità ritenute prioritarie; non abbiamo compreso la Sua Lingua come fossimo stranieri nel nostro stesso cuore che dovrebbe essere casa Sua, il Tempio dello Spirito Santo! Infatti quante volte anche noi nella nostra quotidianità omettiamo i giusti riguardi e i tempi dovuti al Signore fornendo in cuor nostro un’immediata giustificazione di comodo. Dio non ci chiede mai troppo, mai cose impossibili o troppo impegnative. Se le riteniamo tali è perché non Lo amiamo abbastanza. Pensiamo a quanto tempo si dissipa in futilità, in costosi quanto sciocchi passatempi, in appassionate attenzioni ai propri idoli dello sport o alla cura ossessiva del proprio corpo …! Non è mai troppo ciò che doniamo al Signore, tenendo presente che i nostri doni possono essere solo spirituali, non certo materiali e quindi sempre disponibili senza costi monetari o gravosi impegni temporali certificati. Ungiamo anche noi i capelli di Cristo Gesù con quanto abbiamo di più prezioso: con i nostri pensieri di amore e, qui sì, con l’aiuto materiale e morale che potremmo dare a chi ha bisogno! La Sua profezia, riportata nella chiusa della pericope evangelica, «… dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto ...» s’è avverata come tutto ciò che ha detto nella Sua breve vita terrena: ciò significa che non è cosa secondaria ma importante; la glorificazione del Signore è molto gradita nel Cielo, sempre! Altre urgenze come quella invocata dal «censore» possono attendere un’ora, una mezza giornata, altro: Dio infatti sa attendere, ma alcune cose che Lo riguardano esigono i tempi giusti e non ammettono giustificazioni per ritardi insostenibili. O Dio, aiutami a non criticare il prossimo ma a frenare i miei impulsi di prevaricazione sugli altri per voler emergere con la mia falsa saggezza. Dammi, invece, la capacità di discernimento per saper tacere piuttosto che propormi sapiente quando non lo sono affatto. Tua soltanto è la Sapienza o Dio Impareggiabile! Pag. 4 di 6 CONSIDERAZIONI SUL SACRO NELL’ARTE Paolo Veronese (Paolo Caliari detto il Veronese; Verona, 1528 - Venezia, 1588) Figura 1 - Crocifissione; 1580; Paolo Veronese; S. Lazzaro dei Mendicanti, Venezia; m 3,05x1,65. Pag. 5 di 6 A conclusione della Quaresima presento una “Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».” Qui non è rappresentata nell’atto di svenire; è addolorata, sì, ma forte perché deve contribuire a realizzare la Chiesa di Cristo. San Giovanni, con le mani giunte, sembra girarsi di scatto verso il Signore come, anche lui, avesse sentito il compito che il Redentore gli affidava. Cristo è morto, ma ha mantenuto tutta la Sua Dignità umana, quella dignità che invano i suoi nemici hanno tentato di toglierGli infamandoLo sul patibolo più nefando. Egli infatti non mostra segni di sofferenza sul volto né il Suo Corpo manifesta deformazioni per gli stenti subiti: è bello, atletico, composto come, non so se ha senso quello che dico, soltanto un Dio può morire. Il capo reclinato di lato e in basso, piuttosto che rilasciato per l’abbandono della vita, sembra rivolto ai due presenti ai piedi della croce per parlare loro e lasciare l’eredita d’amore che ben conosciamo. Il cielo, come detto quasi notturno, occupato da quel vapore bianco delle nubi, sembra essere la contraddizione di quei cieli chiari e tersi che aveva sempre proposto nelle opere della giovinezza e della maturità. Ora sembra che lo affascinino i misteri che possono scoprirsi nelle penombre dei tramonti e delle albe. Ma Veronese non vuole presentare il mistero della Trascendenza in un’atmosfera mistica e neppure soprannaturale, ma, e qui è il difficile, in una dimensione totalmente umana. Ma se gli artisti sono i termometri della coscienza collettiva, il declino della potenza della grande Repubblica Serenissima non poteva essere ignorato da un suo eminente cittadino, una grande mente, come Paolo Veronese. E poi i traumi della Riforma protestante e della Controriforma non potevano certamente neanch’essi lasciare indifferenti né i seguaci di una parte né gli altri e nel Veronese è evidente la presa di posizione controriformista. Ma è anche in questi momenti critici che la Fede diviene il rifugio sicuro di chi cerca riferimenti certi e sicuri che trascendono le contingenze del momento in cui nessuno è più in grado di fornire sicurezze e certezze. Ecco allora, ma in questo entra anche il fattore età, che la produzione finale del pittore si orienta maggiormente verso soggetti religiosi, come quello che stiamo esaminando. Crocefissione, un’opera di Paolo Veronese, un po’ diverso da quello che conosciamo. L’opera è del 1580 circa e dunque realizzata nell’ultimo decennio della sua vita. Non più i grandiosi contesti architettonici che lo avevano reso famoso in tutta Europa (Cena in casa Levi, Le Nozze di Cana), ma un’opera semplice, con sole tre figure, oltre alla cornice indifferenziata dei Cherubini in alto. Un festone, anziché di fronde, di foglie e di fiori, fatto dei piccoli volti degli Angioletti. Con la forma arcuata della cornice superiore vanno a formare una specie di mandorla a bassa luminosità e di un colore rosseggiante simile a quello di certi tramonti. Le affollate mense delle occasioni festose dei due dipinti sunnominati, sono ormai un ricordo. Qui il prodotto artistico diviene, se possibile, ancora più intellettualistico, semplificato al massimo nella composizione, come si usava prima del Quattrocento. La presenza delle dense nuvole bianche sullo sfondo di un cielo quasi totalmente buio dà l’impressione di essere difronte a una visione. Ma il realismo tipico di Veronese ci riconduce immediatamente entro un ambito più propriamente materiale, umano, mentale. Un paradosso figurativo: un’immagine frutto di fantasia creativa e dunque filiazione della mente ma al contempo un’immagine composta di «materia» reale. Tale genesi creativa tipica di Veronese non sconfina però mai nell’illusorio, nella contraffazione, proprio perché prodotto di una lucida razionalità. Al primo impatto assistiamo dunque a un’immagine che va oltre il reale per il distacco da terra di Maria, Giovanni e la croce, ma anche per la presenza delle nuvole più basse del Crocifisso Stesso e dei Cherubini, alla stessa altezza di Maria addolorata e di San Giovanni. E il punto di vista, posto alla loro altezza, trasporta anche chi guarda oltre i limiti dell’orbe terrestre. I colori sono decisamente meno vivaci che in passato e più opachi per la minore azione della luce che sempre più va attenuandosi, lasciando maggiore spazio alla penombra. Cristo dunque sembra già avviato ai Cieli al di sopra del cielo: “tutto è compiuto”. Il Suo sacrificio d’amore s’è consumato fino all’ultima stilla di sangue, di quel Sangue Risanatore che vediamo scorrere dal costato trafitto, lungo il fianco e la gamba. Maria, avvolta in un mantello scurissimo, funereo, porta una mano al petto come a indicare la profezia di Simeone alla presentazione al tempio del Bambino Gesù (Lc 2, 34-35): Giorgio -Nihil amori Christi praeponere- 27 mar 2014 Questi stessi scritti sono pubblicati insieme ad altre riflessioni sul sito www.giorgiopapale.it Pag. 6 di 6
© Copyright 2024 ExpyDoc