Intervento del Ministro - Ministero dello Sviluppo Economico

Federica Guidi
Ministro dello Sviluppo Economico
“Il ruolo dell’innovazione
nell’industria petrolifera:
vincere le sfide HSE-Qualità
ed efficienza, creando
opportunità di lavoro”
Convention
Comitato promotore PO GA M,
Comune di Picenza, Eni
Piacenza, 23 marzo 2015
Piacenza, 23 marzo 2015
Ringrazio gli organizzatori, il Sindaco di Piacenza, le autorità tutte e i presenti
per il gradito invito a questo evento, il quale unisce cultura e tecnologia,
passato e futuro.
Non esagero dicendo che, se mai dovessimo scegliere una capitale
italiana dell’energia, Piacenza e l’Emilia e la Romagna avrebbero pochi
rivali. E’ in queste terre che nasce l’oil & gas italiano ed europeo.
E’ qui vicino che, scrivendo nel 1825 i suoi “Viaggi alle due Sicilie e in alcune
parti dell'Appennino”, l’Abate Lazzaro Spallanzani parlava dell’ “olio di sasso” e
dei “gas delle paludi”. Erano a Salsomaggiore i pozzi descritti pochi anni dopo
da Antonio Stoppani. Su questa strade camminava Achille Donzelli, che subito
dopo l’Unita’ d’Italia poteva contare su una produzione giornaliera di 25 kg di
petrolio. E Guido Della Rosa, che verso la fine degli anni 1880 scese a 308
metri sotto terra per cavarne una produzione di 3.750 kg di petrolio al giorno.
E poi venne la crescita vigorosa impressa dall’Eni, 60 anni fa Ente Nazionale
Idrocarburi, oggi multinazionale che il mondo ci invidia. Da ultimo, gli sviluppi
degli ultimi anni, che col superamento del monopolio e la possibilita’ anche per
i privati di impegnarsi nell’esplorazione e produzione di idrocarburi hanno
restituito vitalita’ al settore in un momento di produzione nazionale declinante.
La centralita’ di questa regione e’ evidente anche oggi, che tanti anni
sono passati: tant’e’ che questo museo sorge proprio qui. Tant’e’ che non
molto distante da qui (a Ravenna) si svolge una tra le più importanti rassegne
mondiali del settore, ossia l’Offshore Mediterranean Conference 2015, che
prenderà il via tra pochi giorni.
Parlare qui, a Piacenza, in un museo che raccoglie documenti e materiali sulle
origini di questo settore in Italia, e’ quindi una vera emozione. Parlo da
emiliana, parlo da Ministro, e parlo da imprenditore.
Da emiliana, batte il cuore al pensiero che l’Italia e’ stata ed e’
all’avanguardia nel settore che piu’ di tutti ha guidato l’esplosione della
crescita economica e del benessere nell’ultimo secolo e mezzo. E quando dico
l’Italia, penso l’Emilia Romagna: queste sale ne sono la testimonianza. Dal
petrolio al nucleare, dal gas all’efficienza energetica, Piacenza e’ al crocevia
dell’innovazione nell’energia.
Da Ministro dello Sviluppo economico, non posso che guardare con
ammirazione al coraggio, all’ingegno e allo spirito visionario che qui
sono documentati. Penso che la crescita di un paese sia funzione della sua
capacita’ di spingersi verso e oltre la frontiera. Ecco, qui noi vediamo le tracce
tangibili degli sforzi di chi la frontiera l’ha sondata, testata, spinta piu’ in la’. E
spero che questa stessa forza sapra’ averla anche la nostra generazione,
perche’ se vogliamo che l’Italia torni a essere quel centro di eccellenza e di
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Piacenza, 23 marzo 2015
creazione di valore che merita di essere, allora dobbiamo ritrovare quella forza
che qui palpita in modo cosi’ tangibile.
Parlo, infine, da imprenditore: da persona che ha fatto fino a pochi mesi fa
attivita’ di impresa, e che intende tornare a farla quando questa avventura
arrivera’ alla fine. Negli oggetti e nei documenti che voi rendete cosi’
opportunamente fruibili al pubblico, vedo la fatica di tanti individui
creativi
che
hanno
capito
che
dietro
ogni
problema
c’e’
un’opportunita’. E vedo anche il sudore di molti altri che questa stessa sfida
l’hanno raccolta ma non l’hanno saputa vincere. Il progresso e’ la somma di
questi sforzi, di questa fatica, di questo sudore, di queste vittorie e di queste
sconfitte.
E’ bello, insomma, oggi, guardare al passato e pensare che il progresso e’
passato da qui, da Piacenza, dall’Emilia e dalla Romagna, dall’Italia. E’
bello pensare che il petrolio non e’ solo un liquido untuoso che inquina, ma
anche un volano di prosperita’ e benessere e valore. Lo e’ stato, e puo’ esserlo
ancora, seppure in un mondo che e’ cambiato e nel quale le regole del gioco
sono mutate.
Anzi tutto, gli idrocarburi hanno “cambiato mestiere”, si sono specializzati. Una
volta dire petrolio era come dire energia a 360 gradi; e dire gas era come dire
spreco (anche se nella metanizzazione l’Italia e’ stata pioniera nel mondo).
Oggi dire petrolio e’ dire anzitutto mobilita’, e poi petrolchimica. Dire gas e’
dire riscaldamento, industria, energia elettrica.
Secondo, e piu’ importante, una volta tutto quello che contava era cavare
l’idrocarburo dal grembo della terra. Oggi, invece, bisogna farlo bene,
avendo riguardo degli effetti sulla salute e sull’ambiente. Per questo
tutti i paesi si sono dotati di una regolamentazione molto severa, finalizzata a
escludere conseguenze negative derivanti dallo sfruttamento delle risorse
minerarie. Oil & gas, che sono una benedizione per l’economia, non possono e
non devono piu’ essere anche una maledizione per il territorio. Credo che si
possa dire senza tema di smentita che, anche sotto questo profilo, l’Italia non
e’ seconda a nessuno: le imprese che operano in questo settore seguono
scrupolosamente le best practice. Chi teme chissa’ quali devastazioni del
territorio, forse perche’ e’ ancora impressionato dalle immagini giovanili viste
al cinema o in tv nel “Gigante”, dovrebbe venire qui, a farsi un giro. Qui, in
questo museo. Qui, nelle terre italiane del petrolio.
Ma se le regole poste a tutela dell’ambiente e della salute vengono rispettate,
allora perche’ no? Perche’ dovremmo rinunciare a una grande opportunita’ di
sviluppo, di investimento, di ricerca, di occupazione qualificata?
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Piacenza, 23 marzo 2015
L’Italia ha oscillato tra due estremi. Nel passato remoto forse ha prestato poca
attenzione alle conseguenze sociali di uno sfruttamento non corretto delle
risorse del sottosuolo. Invece negli anni piu’ recenti ha reagito con normative
draconiane, di fatto pensate per impedire lo sviluppo delle risorse domestiche.
Questo fenomeno e’ ben fotografato dall’andamento della produzione nazionale
di idrocarburi. Per quanto riguarda il petrolio, dal picco di 127 mila barili al
giorno del 2005 eravamo crollati a 95 mila barili al giorno nel 2009, per poi
riprendere lentamente a salire e tornare a 116 nel 2013. Per quanto riguarda il
gas, dagli oltre 20 miliardi di metri cubi di produzione annua dei primi anni
Novanta siamo scesi di quasi due terzi: nel 2013 la produzione nazionale e’
stata pari a 7-8 miliardi di metri cubi. Eppure, l’Italia ha ancora molte
risorse da sfruttare – molte, lo sottolineo.
Questo calo non e’ solo il risultato fisiologico del graduale esaurimento dei
giacimenti conosciuti. E’ anche dovuto all’affastellarsi di norme intricate e ostili,
e al conseguente diradarsi delle attivita’ esplorative. Questa tendenza si e’
invertita solo negli ultimi anni, e in particolare a partire dal 2014, col
decreto “Sblocca Italia”, che ha segnato una vigorosa inversione di marcia. Ma,
naturalmente, per vederne gli effetti ci vorra’ tempo, e questo tempo ci servira’
soprattutto a riconquistare credibilita’.
L’Italia e’ infatti un paese di indubbio interesse per l’industria petrolifera: le
riserve forse non sono sterminate ma sono comunque tra le piu’ vaste in
Europa. Il mercato si trova sostanzialmente “a bocca di pozzo”. Gli idrocarburi
sono di qualita’ mediamente buona. I fondali sottomarini, nel caso di
giacimenti offshore, sono relativamente poco profondi. Tuttavia, dopo tanti
anni di chiusure, gli sforzi di riaprire il proprio sottosuolo alle imprese italiane e
straniere devono essere coerenti e costanti nel tempo. Perche’ cio’ accada
dobbiamo prendere sul serio le perplessita’ degli scettici, e convincerli che non
e’ nostra intenzione condannare il territorio. Convincerli, non costringerli. Fargli
capire, non fargli digerire un boccone amaro.
Consentitemi una parentesi personale. Io, in questo territorio, ci vivo. Qui
vicino ho la mia famiglia, i miei affetti, la mia casa. Qui sono cresciuta e qui
voglio che crescano i miei figli. Tutto desidero, tranne che vedere far del male
alla terra emiliana e romagnola – che di male, purtroppo, ne ha gia’ subito
tanto.
Ma, allo stesso modo e per le stesse ragioni, tutto desidero tranne vedere la
terra emiliana costretta a rinunciare a occasioni di crescita, di sviluppo, di
prosperita’. Questa pianura e’ casa mia, e se anche avessi il minimo
sospetto che la ripresa delle attivita’ oil & gas puo’ farle male, sarei in prima
fila a oppormi ai buchi e alle trivelle. Se invece sono in prima fila dalla parte
opposta, se cerco di fare in modo che la regolamentazione diventi severa
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Piacenza, 23 marzo 2015
quanto serve ma non ciecamente ostile agli investimenti, e’ perche’ in tutta
sincerita’ credo che tali attivita’ possano convivere con la tutela e la
cura del territorio.
In Italia tendiamo sempre a essere un po’ esterofili, e non di rado a ragione.
Quindi sarei tentata di dirvi: andate in Olanda, andate in Inghilterra o in
Norvegia per verificare se e’ vero o no che lo sfruttamento delle risorse
minerarie puo’ coniugarsi col rispetto dell’ambiente, col benessere economico e
con la tutela del territorio. Ma in questo caso non credo sia necessario
prendere l’aereo. Prendete la macchina, il motorino o la bicicletta, e girate per
le strade della Pianura Padana. Perche’ anche queste sono terre di petrolio,
e non meno di Gröningen in Olanda, non meno di Wytch Farm nel
Regno Unito, non meno di Statfjord in Norvegia.
La morale, che deriva dalle esperienze osservate all’estero, e nasce dalle
lezioni imparate in casa nostra, e’ insomma semplice: le cose si possono
fare, se si fanno bene. Io sono convinta che in Italia possiamo fare le
cose per bene. Le leggi non devono essere scritte col metro
dell’impossibilita’: vanno scritte col metro del realismo, del rigore,
dell’intelligenza.
E’ in quest’ottica che si inquadrano gli interventi piu’ recenti, a partire dal
decreto “Sblocca Italia” che citavo prima. In relazione allo sfruttamento degli
idrocarburi, il decreto si focalizza su due temi di interesse per lo sviluppo delle
risorse energetiche nazionali:
1) il primo mira a realizzare un approccio all'iter procedimentale
efficiente e finalmente in linea con i Paesi OCSE più evoluti in
materia autorizzativa;
2) il secondo è teso a favorire la realizzazione di interventi di
sviluppo economico e dell’occupazione nelle regioni di insediamento
degli impianti produttivi utilizzando le risorse che derivano dalla
estrazione degli idrocarburi.
In sostanza, esso interviene sul sistema compensatorio a favore delle Regioni,
sulla base della produzione realizzata in mare. Inoltre il decreto definisce la
“strategicità e la pubblica utilità” delle attività di prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale.
Analogamente viene regolamentata la corretta applicazione dello strumento
della Conferenza dei Servizi da svolgersi nel termine di 180 giorni, finalizzata al
rilascio di un titolo concessorio unico che comprende sia la fase di ricerca che
quella di coltivazione di idrocarburi. In tal modo l’Italia si allinea, finalmente,
agli standard dell’Unione europea e di alcuni paesi del Nord Europa.
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Piacenza, 23 marzo 2015
La finalità nel complesso è quella di sviluppare i territori e diversificare il
mix energetico nazionale, equilibrandolo anche alla luce delle mutate
esigenze di sicurezza degli approvvigionamenti nel delicato contesto
internazionale odierno (Russia, Libia, ecc), e in applicazioni delle
raccomandazioni del G7, della Commissione Europea e del recente documento
della Presidenza del Consiglio UE in materia di approvvigionamenti energetici.
Torno al punto di partenza del mio intervento. Per farlo, dobbiamo convincere
gli italiani che e’ la cosa giusta. Dobbiamo portare gli scettici nelle terre
italiane del petrolio. Dobbiamo farli venire in questo museo. Dobbiamo
fargli vedere che si puo’ fare petrolio in modo pulito. Che le attivita’ estrattive
possono essere un’operazione win-win. Ne sono convinta. Ne siamo convinti. E
questa convinzione e’ confortata da quel che tutti vediamo in queste sale.
Fare petrolio, oltre tutto, non e’ piu’ un’attivita’ che esclude convergenze con
altri business, ne’ esclude di investire con eguale convinzione su altri settori
altrettanto promettenti, nei quali l’Italia si trova pure all’avanguardia, quali
possono essere quelli della green e white economy.
In questo senso, il Governo vede in modo molto favorevole l’ampliamento del
portafoglio di competenze del polo produttivo emiliano-romagnolo dai
tradizionali temi oil & gas a quelli attinenti promozione delle fonti rinnovabili e
dell’efficienza energetica, nell’ottica di contributo all’attuazione degli obiettivi di
decarbonizzazione dell’economia e di accrescimento della sicurezza degli
approvvigionamenti. Obiettivi che l’Unione europea ha adottato e che l’Italia
condivide.
Ridurre le emissioni, del resto, non vuol dire abbandonare le fonti fossili,
almeno nel breve termine. Incrementare la sicurezza degli approvvigionamenti
non significa condannarsi alla poverta’ energetica. Dobbiamo semmai guardare
con determinazione alle opportunita’ che si aprono: i target possono anche
essere sfidanti, ma devono essere raggiungibili, e devono esserlo a condizioni
tali da migliorare il tenore di vita di tutti.
Non vogliamo essere condannati a scegliere tra un mondo piu’ pulito e uno piu’
ricco: vogliamo un mondo che sia piu’ pulito e piu’ ricco. Questa e’ la
direzione indicata dalla Commissione europea col suo programma per l’Unione
dell’energia, che l’Italia ha contribuito a sviluppare durante il suo semestre di
presidenza. E questa e’ certamente la direzione che il Governo segue fin
dal suo primo giorno.
Per valorizzare le risorse, pero’, non bastano regole ragionevoli. Serve anche
“dosare” nelle giuste proporzioni i fattori di produzione. Cioe’ il capitale (le
imprese) e il lavoro. Il mestiere del petrolio (ma anche quello delle rinnovabili,
dell’efficienza energetica, ecc.), proprio perche’ deve essere soggetto a
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requisiti stringenti che lo costringono a mettersi sulla frontiera tecnologica, non
e’ un mestiere per tutti.
La disponibilità di manodopera qualificata è quindi condizione
necessaria perché le imprese possano crescere, migliorare, competere,
innovare e, quindi, creare ricchezza.
In questo senso, la stagnazione della produzione domestica d’idrocarburi è
un fattore di impedimento a qualsiasi sviluppo nell’industria petrolifera.
Perfino qui, nelle terre del petrolio, in Emilia Romagna: attualmente e’ stata
sospesa ogni attività amministrativa per il rilascio di nuovi permessi,
autorizzazioni e intese per le attività di ricerca, produzione di idrocarburi e
stoccaggio di gas naturale. Dall’aprile 2014 sono, infatti, sospesi oltre 20
procedimenti autorizzativi nonostante si sia lavorato ai più elevati livelli
scientifici per studiare il territorio e le possibili interazioni tra le attività di
sottosuolo e la sicurezza dello stesso territorio.
Eppure, come sempre, anche in questo caso dietro ogni problema c’e’
un’opportunita’. Cosi’, i dubbi che a suo tempo sono stati sollevati in merito
alla sicurezza delle attivita’ estrattive ci hanno spinti tutti, istituzioni e imprese,
a cogliere l’occasione per creare un momento di approfondimento, di
conoscenza, di trasparenza.
L’esigenza di mantenere costantemente monitorate le attivita’ estrattive ha
inoltre costretto – virtuosamente – il mio Ministero a dotarsi di competenze
tecniche assolutamente all’altezza. Penso di poter dire tranquillamente che il
Mise, sotto questo profilo, rappresenta una assoluta eccellenza nell’ambito
della Pubblica Amministrazione. E, in un certo senso, questa e’ stata per me
una piacevole sorpresa, quando sono stata chiamata ad assumermi la
responsabilita’ del Ministero.
Proprio grazie al lavoro svolto con scienziati di fama internazionale negli
specifici settori di interesse, i miei uffici tecnici hanno maturato una
conoscenza e una capacità di normare tecnicamente ambiti così di nicchia,
ancora non sviluppati negli altri Paesi.
Prova ne è che le Linee Guida per i monitoraggi delle attività, messe a
punto e immediatamente rese disponibili alla Regione Emilia-Romagna come
alle altre Regioni e agli operatori, costituiscono attualmente un unicum
mondiale: non esiste uno strumento di controllo e monitoraggio
integrato analogo in nessun altro Paese.
Nonostante questi alti risultati tecnici la condizione di stallo ancora non è stata
ancora del tutto superata e sta comportando crescenti e non previste
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Piacenza, 23 marzo 2015
difficoltà per numerose compagnie italiane e straniere, che vedono
congelati sine die gli investimenti pianificati.
La mancanza di possibilità pianificatoria, l’assenza di un quadro normativo
certo e stabile, le indeterminatezze e le lungaggini amministrative spaventano
e rischiano ormai di allontanare per sempre, le imprese, specie quelle estere.
Lo dico dunque con la massima chiarezza: oggi esistono i presupposti per
superare l’attuale fase di stallo.
Il distretto emiliano-romagnolo, più di tutti, sta risentendo di questo fermo
prolungato di attività e numerosi sono i danni che esso sta
progressivamente producendo alle aziende del settore: diversi attori
internazionali sono venuti più volte a rappresentarmi che, senza un cambio di
rotta, abbandoneranno definitivamente l'Italia. Ma lo stallo danneggia
soprattutto i programmi degli operatori italiani e, in particolare, come detto, le
service companies. Inoltre, se non si ripartirà immediatamente, anche le
attività attualmente in esercizio si esauriranno entro pochi anni.
L’auspicio è, quindi, che gli operatori del settore siano posti in condizione di
tornare a investire capitali e ad alimentare il circolo virtuoso
dell’innovazione tecnologica, quale precursore necessario per lo sviluppo e
la creazione di benefici economici e occupazionali.
L’impegno, chiaro, evidente e, soprattutto, quotidiano, mio e di quello dei miei
uffici è quello di profondere ogni mio e nostro sforzo perché ciò avvenga nel
più breve tempo possibile.
L’occasione di oggi vale da monito e da incoraggiamento. Questo museo ci
ricorda che l’Italia e’ stata grande nel mestiere del petrolio, che e’ stata
all’avanguardia nel mestiere dell’energia. Ricordare e’ importante, ma non
basta. Questo museo ci dice anche che possiamo tornare grandi in quel
campo, se abbiamo fiducia in noi stessi. Io ho fiducia negli italiani. Io
credo che noi non dobbiamo avere paura di noi stessi. Credo che, come una
volta siamo stati bravi quanto e piu’ degli altri, cosi’ possiamo essere bravi
quanto e piu’ degli altri anche nel futuro. Il petrolio non ci ha mai fatto paura,
e non ci fa paura neppure oggi. E’ una ricchezza che possiamo coltivare,
responsabilmente, come responsabile e per bene e’ la nostra gente.
Grazie
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