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Dipartimento Comunicazione & Immagine
Responsabile - Lodovico Antonini
RASSEGNA STAMPA
Anno XVI - 27/03/2015
A cura di Bruno Pastorelli
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Sommario
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Contratto bancari al rush finale - La disponibilità del governo a mediare ha favorito la ripresa del confronto.
In ballo c'è il rafforzamento del fondo di garanzia, che interverrebbe in caso di nuovi esuberi. Il nuovo Ccnl
potrebbe durare di più
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IL SOLE 24 ORE venerdì 27 marzo 2015
Abi richiama i sindacati al tavolo per trovare un’intesa
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Abi e sindacati evitino oltranzismi fuori luogo
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Riforma Popolari a rischio ricorso - Nel mirino i profili di incostituzionalità delle nuova normativa. Possibile
coinvolgimento anche della Corte di Giustizia Ue. Intanto l'opposizione lavora per emendare il testo sulla
soglia degli 8 miliardi
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Ma la Bce approva la trasformazione in società per azioni
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Brontos, prosciolti Profumo e altri 19
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
L'esordio di Draghi al Parlamento italiano? Un passo avanti che poteva essere più lungo
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
Riservato alle strutture
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Anno XVI - 27/03/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
Il risparmio non va spremuto - Il presidente di Assogestioni: l'industria del gestito è in un momento di
grande espansione, ma le risorse raccolte devono fare da sostegno all'economia reale. Anche attraverso nuovi
strumenti
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Anche oggi Class Cnbc protagonista al Salone del Risparmio
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Ivass, il Btp pesa già su Solvency - L'autorità di controllo del settore assicurativo ha inviato una lettera alle
compagnie in vista del test di giugno sul nuovo regime di vigilanza. Il faro è puntato sui tassi bassi e sulle
scadenze
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Eurovita, 12 mln al fondo Jc Flowers grazie ai conti
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Broker a rischio per gli alti costi
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Antitrust, multa di 29 mln a Generali e Unipol
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Banca Sistema apre il cantiere ipo - Il gruppo specializzato nell'acquisto di crediti verso la pubblica
amministrazione approva il progetto di quotazione. Allo studio un'offerta di vendita e sottoscrizione. Nel
2014 utile quasi triplicato a 19,5 milioni
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Credifarma, ok al piano di salvataggio
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Cariverona stringe su B. Marche Mentre si appresta a scendere in Unicredit sulla scia delle nuove norme, la
fondazione è pronta a diversificare. Nel mirino anche la salita nel Banco e l'eventuale polo veneto di Claudia
Cervini
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
La prima banca privata comincia a erogare prestiti
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Prosegue la corsa di Banca Ifis (+5%)
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Piace alle banche centrali il bond Sap
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IL SOLE 24 ORE venerdì 27 marzo 2015
Draghi: «Il Qe favorisce le riforme» - L’intervento alla Camera: possibile un punto di Pil in più, ma la politica
monetaria da sola non basta
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IL SOLE 24 ORE venerdì 27 marzo 2015
Abi richiama i sindacati al tavolo per trovare un’intesa
Abi conferma l’incontro con i sindacati del 30 marzo, data già prevista nelle agende delle parti. Dopo
la riflessione all’interno delle organizzazioni sindacali e delle banche stesse ieri mattina dal Casl è
partita la lettera con cui viene confermato a Fabi, Fiba, Fisac, Uilca, Ugl Credito, Dircredito, Sinfub
e Unisin, l’incontro di lunedì prossimo, rimasto in bilico dopo l’interruzione del negoziato all’inizio
di questa settimana. I sindacati martedì hanno alzato i toni con l’annuncio di due scioperi e una
manifestazione, mentre i banchieri hanno cercato di smorzarli e di invitare alla ragionevolezza.
Non che vi sia un argomento che ha fatto spostare in avanti la situazione, da ieri c’è però maggiore
disponibilità delle parti a fare uno sforzo per trovare soluzioni, soprattutto dopo che il governo ha
fatto capire che preferirebbe rimanere fuori dalla partita. Le parole del ministro del Lavoro Giuliano
Poletti sono chiare. Soprattutto perché se il governo dovesse intervenire in uno dei primi contratti
che vengono rinnovati quest’anno si creerebbe un precedente, con il rischio poi di dover intervenire
in altre vertenze.
Le evoluzioni di questi giorni non hanno cancellato le distanze tra Abi e i sindacati ma è chiaro che
di fronte a un quadro che sta cambiando c’è più interesse da parte di tutti a fare il contratto. Da un
lato ci sono le banche con i grandi gruppi che vorrebbero rinnovare il contratto - anche se non a ogni
costo -, i sindacati che ugualmente comprendono la necessità di rinnovare il contratto soprattutto
perché con la disapplicazione verrebbe persa l’area contrattuale e infine c’è il governo che
preferirebbe rimanere fuori dalla partita. Ieri il presidente del Casl, Alessandro Profumo, ha ribadito
che «c’è tempo fino al 31 marzo» per fare il contratto.
Le compensazioni possibili sui diversi temi sono ancora nel calcolatore, alla ricerca di un difficile
equilibrio. Sull’occupazione i sindacati chiedono ad Abi un impegno sui singoli temi, come
l’occupazione dei giovani, le newco e le esternalizzazioni, sull’area contrattuale garanzie più alte per
appalti e newco, sugli inquadramenti garanzie sulla fungibilità. La parte economica verrà decisa una
volta chiaro il quadro delle compensazioni della parte normativa. Allo stato attuale sembra
verosimile una forchetta tra il 2,80 e il 3,10% di aumento, a patto però che si trovi la quadra sulla
parte normativa e sul modello di banca. Con una scadenza del contratto posticipata di 6 mesi, al 31
dicembre 2017. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cristina Casadei
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Abi e sindacati evitino oltranzismi fuori luogo
Contrarian
Siamo a una svolta nei rapporti tra sindacati e banchieri? Dopo l'interruzione delle trattative tra l'Abi
e le varie sigle per il rinnovo del contratto di lavoro dei 300 mila bancari, con il seguito di due
giornate di sciopero da fissare, ieri è giunta la notizia che comunque le parti si incontreranno lunedì
30 marzo.
L'incontro, penserebbe un pessimista, potrebbe essere limitato a valutare le reciproche posizioni
sull'ipotesi di disapplicazione del vigente contratto collettivo, che l'Abi si è riservata, a partire dal
prossimo 1° aprile. Ma più proficuamente la riunione potrebbe essere destinata alla ripresa del
negoziato sui punti descritti nel Contrarian di ieri, al fine di tentare uno sblocco della trattativa e
imboccare una fase che, magari fermando gli orologi, conduca a un'intesa. Prevarrebbe così il
«ragionare e ragionare» al quale opportunamente si è appellato il presidente dell'Abi, Antonio
Patuelli. Contatti informali fra le parti avrebbero lasciato intravedere che una svolta nel negoziato
sarebbe possibile. Ma l'invito di Patuelli dovrà riguardare, innanzitutto, una parte sicuramente
minoritaria di banchieri ai quali forse piacerebbe che il negoziato naufragasse o, meglio ancora, che
avesse un esito a loro favorevole, piegando le resistenze sindacali. Le quali, quando esercitate su basi
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non sostenibili, dovrebbero essere abbandonate in nome della ragione, ma non certo quando si
manifestano nell'equilibrata difesa delle aspettative e prima ancora dei diritti dei lavoratori.
Comunque le organizzazioni sindacali farebbero bene a non sottrarsi alla sfida della meritocrazia,
quando è veramente tale, e a prendere, loro, la bandiera del merito, che non significa disattendere le
ragioni dell'esperienza maturata con l'anzianità. Oggi le capacità di un banchiere non si dimostrano
pensando di imboccare la via più comoda, nei processi di razionalizzazione e revisione organizzativa
e funzionale. Quella, cioè, di mettere tutto o molto a carico della negoziazione di un nuovo contratto.
Troppo facile, anche se la cosa può avere conseguenze imprevedibili. In una sorta di spending review
bancaria, scrupolosa attenzione andrebbe esercitata a 360 gradi, senza escludere strategie e
innovazioni. Se manca questa attitudine e si pensa, anche per antiche reminiscenze di compiti
esercitati, di condurre una battaglia in stile vetero-confindustriale in una vicenda importante, ma
pur sempre circoscritta, allora c'è da dubitare sul fatto che tali banchieri in posizione minoritaria
siano in sintonia con lo spirito del tempo. Che se ha sciolto alcuni lacci e lacciuoli non postula certo
una mancata valorizzazione del capitale umano o il ritorno a schemi di 20 anni fa. Pragmatismo,
realismo, condivisione di compatibilità, visione degli interessi non solo di categoria ma generali
riguardano tutti, datori di lavoro e sindacato. E sarebbe grave se, a questo punto, ripresi i contatti, la
vertenza dovesse tornare in alto mare: c'è una prova che entrambe le parti debbono dare al Paese, ed
è quella di riuscire a superare le difficoltà del confronto, trovare l'intesa e mettersi poi al lavoro,
ciascuno per la propria parte, per migliorare a tutti i livelli l'esercizio delle funzioni istituzionali della
banca, a favore di imprese e famiglie. Alessandro Profumo, che guida la delegazione Abi, con la sua
eccezionale esperienza e professionalità queste cose le sa benissimo: sarebbe una notizia come quella
dell'uomo che morde il cane se egli si facesse frenare da posizioni retrive o revansciste.
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Riforma Popolari a rischio ricorso - Nel mirino i profili di incostituzionalità delle nuova
normativa. Possibile coinvolgimento anche della Corte di Giustizia Ue. Intanto l'opposizione
lavora per emendare il testo sulla soglia degli 8 miliardi
di Luca Gualtieri
Dopo la conversione del decreto Renzi-Padoan, la partita sulla trasformazione delle banche popolari
in società per azioni potrebbe non essere ancora chiusa. Se l'iter parlamentare è terminato nei tempi
previsti con il voto di fiducia di martedì scorso e gli istituti sono concentrati sulla preparazione delle
assemblee di bilancio, in queste settimane la palla potrebbe passare ai soci.
Riuniti in comitati di natura cittadina o regionale, questi soggetti starebbero infatti preparando
iniziative legali a difesa del modello mutualistico. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il
primo di questi progetti sarebbe partito in questi giorni a Verona per volontà di soci del Banco
Popolare e di altri istituti di credito del Nordest. Al momento sembra che i vertici delle banche ne
siano completamente estranei, ma non sfuggirà che a gennaio proprio dal Banco Popolare
arrivarono le critiche più dure alla riforma varata dal governo. In una lettera indirizzata ai dipendenti
il presidente Carlo Fratta Pasini annunciava tra l'altro azioni «sul piano sia giuridico che politico
affinché il decreto legge venga meno e le banche popolari possano mantenere la propria identità».
Oggi l'obiettivo dei soci sarebbe opporsi alla riforma, presentando in tempi brevi un ricorso alla Corte
Costituzionale. Un'iniziativa di questo genere è nell'aria da tempo, visto che sia Assopopolari sia le
forze politiche ostili al progetto del governo hanno in più di un'occasione denunciato la presunta
incostituzionalità del decreto. In primo luogo si è contestata la sussistenza dei casi straordinari di
necessità e urgenza, presupposto fondamentale per il ricorso a un decreto legge. Secondariamente si
è puntato l'indice contro le presunte violazioni della libertà d'iniziativa economica privata e della
funzione sociale della cooperazione. Ragioni ribadite ancora una volta un paio di settimana fa dal
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Anno XVI - 27/03/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
La prima audizione al Parlamento italiano di Mario Draghi quale presidente della Bce, svoltasi ieri,
non poteva fornire elementi straordinariamente nuovi, che non si creano à la carte, ma certamente
poteva produrre, come ha fatto innanzitutto con la relazione del presidente, una sistemazione
organica della linea della Bce con riferimento anche alle politiche economica e fiscale. Delle
prospettive di crescita oggi più favorevoli, degli impatti che si potranno avere sull'inflazione,
dell'importanza della politica monetaria per contribuire alla ripresa, che Draghi tiene a rimarcare
come ciclica, e per avvicinare comunque la crescita al potenziale, ma pure degli evidenti limiti della
politica stessa e della necessità delle riforme strutturali il presidente ce ha parlato lungamente in
questi ultimi tempi, da ultimo al Parlamento Europeo. Dunque, ieri nihil novi. Più interessanti sono
state invece l'analisi e le indicazioni sul tema cruciale della produttività del lavoro, con
l'evidenziazione delle enormi differenze nei tassi di crescita tra Italia, Unione Europea e Stati Uniti.
Per Draghi fondamentale è la triade «crescita, finanza e competenze», queste ultime da legare
strettamente all'equità. Il fattore-chiave è la riallocazione delle risorse per far crescere le imprese ad
alta produttività, per migliorare e diversificare le competenze, per rendere possibile un maggiore
sostegno della finanza all'economia reale, nel caso dell'Italia liberando i bilanci delle banche dal peso
dei prestiti deteriorati. Per ciascuno dei fattori della triade sono fondamentali le condizioni di
contesto, l'ambiente istituzionale, il fisco e, a livello europeo, il mercato unico. Dunque, riforme
interne - l'elenco è stranoto - e miglioramento della convergenza istituzionale in campo comunitario,
privilegiando il suo raggiungimento rispetto all'azione sulla sola armonizzazione delle regole
nazionali. Nessuno dei partner europei può essere un debitore permanente o un creditore
permanente. A chi osserva che l'integrazione europea è troppo o troppo poco, Draghi risponde
valorizzando i progressi sinora compiuti e proponendo di rispondere alle sfide della bassa
produttività (in particolare in Italia), dell'alta disoccupazione e a quelle demografiche seguendo una
rotta al tempo stesso ambiziosa e pragmatica, affrontando tutto ciò che è necessario fare nel nostro
Paese, lungo le linee indicate, e quanto è opportuno compiere in campo europeo, con particolare
riferimento ai progressi della suddetta integrazione. Di fronte a questa relazione il momento delle
domande dei parlamentari avrebbe potuto essere molto interessante. Ma l'enorme quantità dei
quesiti posti ha fatto sì che le risposte di Draghi, anche per ragioni di tempo, non potessero che essere
sintetiche e rapide. Egli ha detto di avere fiducia negli effetti positivi del Quantitative easing; di essere
molto favorevole al piano Juncker affermando che la Bce potrebbe acquistare i titoli emessi per il
piano dalla Bei ma sul mercato secondario e aggiungendo che l'iniziativa di Juncker deve ora
decollare rapidamente; di considerare che l'aumento delle dotazioni di capitale delle banche,
soprattutto nel caso in cui quest'ultimo è ridotto a dimensioni esigue, è una misura che porta a
erogare nel medio termine maggiore credito, dunque è positiva; di ritenere che i titoli sovrani, non
essendo esenti da rischi, dovranno subire una ponderazione a questo fine; di condividere la riforma
delle banche popolari anche se non intende scendere nei particolari della revisione; di ritenere
necessario un consolidamento del sistema bancario italiano. Importante è stato l'accenno finale di
Draghi al ruolo fondamentale degli investimenti pubblici. Molto vago è risultato invece il riferimento
ai vincoli dell'ordinamento della Bce e non si è capito se essi siano condivisi dal presidente, che ha
più volte peraltro menzionato il divieto di finanziamento monetario degli Stati. In definitiva, come
prima esperienza l'audizione, oltre all'aspetto informativo e di chiarimento, è valsa a tracciare il
campo. Non dovrebbero però mancare future occasioni in cui i principali temi possano essere
sviluppati. Un passo avanti, insomma, che però poteva essere più lungo. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Il risparmio non va spremuto - Il presidente di Assogestioni: l'industria del gestito è in un
momento di grande espansione, ma le risorse raccolte devono fare da sostegno all'economia
reale. Anche attraverso nuovi strumenti
di Jole Saggese Class Cnbc
«Il risparmio non deve essere considerato sempre e solo un serbatoio per le entrate fiscali. Penso che
debba essere considerato un obiettivo di politica economica per sé». Lo ha detto Giordano
Lombardo, presidente Assogestioni, in un'intervista esclusiva a Class Cnbc al Salone del Risparmio
a Milano.
Domanda.
Dottor Lombardo, è soddisfatto di come sta andando il Salone quest'anno?
Risposta. Sono soddisfattissimo, anche se i bilanci si fanno alla fine. Però siamo contenti dell'afflusso
di persone, che sono state tantissime, ma anche degli argomenti trattati nel corso dei dibattiti.
Abbiamo scelto un tema importante per l'economia del Paese, cioè come mettere in contatto l'ingente
ammontare di risorse che stanno affluendo al risparmio con la crescita del Paese.
D. Lei ha detto che il risparmio può crescere ancora, dopo un 2014 record in termini di raccolta e di
patrimonio a patto che sia tutelato e che diventi davvero l'interlocutore della politica. Su questi due
temi l'intervento di Padoan al Salone le è piaciuto?
R. Io credo che queste siano le due condizioni fondamentali per creare quel collegamento di cui
parlavamo prima. L'industria del risparmio in Italia sta crescendo più che in ogni altro Paese
d'Europa. Il ministro ha tracciato linee molto chiare e del resto il governo ha già impostato alcune
linee di azione: penso al decreto Competitività e a Destinazione Italia, con i quali, per esempio, si
comincia a dare al risparmio previdenziale la missione di canalizzare un po' di risorse verso le piccole
e medie imprese.
D. Quando parla di tutela del risparmio, che cosa intende?
R. Chiediamo che il risparmio non venga considerato sempre e solo un serbatoio, come tanti, per le
entrate fiscali. Penso che debba essere considerato un obiettivo di politica economica per sé. Tutelare
il risparmio e farlo cresce negli anni dovrebbe essere uno degli obiettivi primari della politica
economica. Questo passaggio è stato un po' dimenticato da troppi anni e da troppi governi. La novità
potrebbe essere vedere il risparmio al centro della politica.
D. Padoan ha detto in sostanza che è un momento di mutamento e il suo auspicio è che il risparmio
si incanali sempre più verso forme un po' più rischiose, dove la parola rischio ha un'accezione
positiva. Secondo lei, il ministro chiede anche un'offerta maggiore all'industria del risparmio?
R. Credo di sì e comunque l'industria è pronta a farlo, questo sforzo. Perché quando parliamo di
rischio non parliamo soltanto di spostare le risorse ma soprattutto di nuovi strumenti. Per esempio
i famosi Fondi di Credito, piuttosto che i Fondi a Lungo termine, sono strumenti che non esistono o
esistono in maniera molto limitata nei portafogli ma che sempre di più prenderanno piede. Sono
strumenti meno liquidi, sono più volatili e quindi ecco perché devono essere collegati a un obiettivo
di lungo periodo. Perché per tenerli in portafoglio gli investitori hanno bisogno di un orizzonte
temporale adeguato.
D. Il risparmio che confluisce in attività reali può servire anche per preservare l'italianità delle
aziende?
R. Il mercato è ovviamente libero e anche il mercato della proprietà lo è. Io non vedo assolutamente
con sfavore il fatto che ci siano capitali stranieri che investono in importanti realtà imprenditoriali
italiane. È un segno di forza del Paese. Sarebbe bello che avvenisse anche il contrario, dato che ci
sono capitali che cercano impieghi. Sarebbe bello investire nello sviluppo del Paese ma, perché no,
anche all'estero. È una via a doppia circolazione. Sicuramente lo stock di risparmio italiano deve
essere diversificato tra l'Italia e l'estero. Per esempio oggi sappiamo che la Borsa italiana rappresenta
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Anno XVI - 27/03/2015
A cura di Bruno Pastorelli – [email protected]
poco più dell'1% negli indici globali. Perché questa percentuale cresca è necessario far tornare i
risparmiatori italiani.
D. In chiusura vuole darci qualche indicazione sul futuro?
R. Bisogna che gli investitori adeguino le aspettative sui rendimenti. Ricordo che abbiamo avuto anni
molto favorevoli dal punto di vista dei mercati finanziari e quindi impostare le proprie aspettative di
rendimento sugli ultimi anni sarebbe sbagliato. Quando si dialoga con il proprio consulente
finanziario bisogna da un lato chiarire i propri obiettivi ma dall'altro essere realistici. I prossimi anni
non saranno in termini di rendimento pari a quelli passati. È vero però che se le condizioni
economiche e i tassi rimarranno al livello attuale, e io credo che lo saranno per ancora molto tempo,
i prodotti di risparmio gestito permettono di mantenere i rendimenti soddisfacenti e soprattutto di
gestire i rischi, d'altronde nascono proprio per questo. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Anche oggi Class Cnbc protagonista al Salone del Risparmio
Class Cnbc sarà protagonista anche oggi della terza e ultima giornata del Salone del Risparmio, in
svolgimento presso l'Università Bocconi di Milano. Lo farà nei tre momenti in cui anima e modera il
dibattito su temi centrali per il risparmio gestito con Andrea Cabrini, direttore del canale, che agirà
prima nella veste di moderatore e poi di conduttore degli spazi televisivi in cui i protagonisti dei
dibattiti condivideranno la loro expertise con i telespettatori di Class Cnbc (in onda sul canale 507 di
Sky, in streaming su www.milanofinanza.it, e sull'App Le tv di Class), dallo studio speciale creato per
l'occasione, che si trova di fronte all'ingresso dell'Aula Magna.
Si comincia alle ore 9.45 del mattino con il dibattito dedicato alla Finanza come strumento di ripresa
per l'economia reale, che si svolgerà nell'Aula Magna e al quale parteciperanno, tra gli altri, Carlotta
De Franceschi (consigliere per l'economia del premier Matteo Renzi e presidente di Covip), Miguel
Maduro (ministro per lo Sviluppo Regionale del Portogallo), Roberto Reggi (direttore dell'Agenzia
del Demanio). Alle ore 12 si terrà il focus sulle nuove iniziative che la Consob, a un anno e mezzo
dall'ingresso in vigore di Mifid II, ha in atto in merito alla distribuzione dei prodotti complessi, cioè
le raccomandazioni e i suggerimenti che la Consob rivolge agli intermediari per tutelare i
risparmiatori. Saranno presenti tra gli altri Giuseppe D'Agostino e Tiziana Togna, rispettivamente
vice direttore generale e responsabile della divisione intermediari di Consob, con Alessandro Foti
(ad e dg di Fineco Bank), Marco Carreri (ad di Anima Sgr), Mauro Micillo (dg di Banca Imi), Marco
Tofanelli (segretario generale di Assoreti). Dalle 14.30 in avanti l'attenzione si sposterà sul tema
dell'Impact investing, gli investimenti che tengono conto, oltre che del ritorno finanziario,
dell'impatto sociale che riescono a generare. Qual è la chance che in Italia si sviluppi questa tipologia
di mercato? Fra gli ospiti Giuseppe Guzzetti (presidente dell'Acri), Giovanni Gorno Tempini (ad di
Cdp), Piero Fassino (presidente Anci e sindaco di Torino), Fabrizio Sammarco (ad di ItaliaCamp),
Maurizio Agazzi (dg Cometa), Luciano Balbo (presidente e fondatore Oltre Venture Capital).
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Ivass, il Btp pesa già su Solvency - L'autorità di controllo del settore assicurativo ha inviato
una lettera alle compagnie in vista del test di giugno sul nuovo regime di vigilanza. Il faro è
puntato sui tassi bassi e sulle scadenze
di Anna Messia
A livello europeo il dibattito sui Btp è ancora tutto aperto per le assicurazioni. L'Eiopa (che riunisce
le Ivass dell'Ue) è infatti chiamata a chiarire se l'investimento in titoli governativi (per le imprese che
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numerose procedure di affidamento dei servizi assicurativi rami Responsabilità Civile Auto allo
scopo di evitare il confronto competitivo e mantenere la clientela storicamente servita attraverso
negoziazioni bilaterali a fronte di premi crescenti. Su un totale di 58 gare, 39 sono andate deserte e
19 sono state aggiudicate alla compagnia storicamente affidataria del servizio in quanto unica
offerente. Gare bandite da aziende di tutta Italia. Dalla Amtab Bari, alla Gtt Torino, passando per
l'Amt di Catania oppure la Ftv di Vicenza.
Secondo l'Antitrust il coordinamento è avvenuto, tra l'altro, attraverso i contratti intercorsi tra le
compagnie nel gruppo di lavoro sul Trasporto pubblico locale istituito presso l'Ania, l'associazione
di categoria delle imprese assicurative. L'intesa è stata giudicata molto grave dall'Antitrust perché
aveva per oggetto la partecipazione coordinata a gare d'appalto in un comparto particolarmente
sensibile come la copertura assicurativa obbligatoria sui rischi Rc Auto nel Trasporto pubblico locale,
per l'alto numero di aziende e di gare coinvolte e anche per la durata. I soggetti coinvolti hanno però
rispedito al mittente le accuse annunciando ricorsi. Da Bologna hanno fatto sapere che UnipolSai
respinge le conclusioni cui è giunta l'Agcm «ritenendole infondate e prive di supporti probatori
oggettivi», aggiungendo che «la compagnia ricorrerà prontamente nelle sedi giurisdizionali
competenti a tutela dei propri diritti». Stessa linea seguita da Generali, dove hanno anche chiarito
che «la mancata partecipazione alle gare non è riconducibile a intese anticoncorrenziali bensì a scelte
giustificate dalla scarsa redditività del settore, in cui la Compagnia sta progressivamente riducendo
la propria presenza». Mentre da Ania hanno negato che «il tavolo tecnico e gli incontri associativi
più volte citati nel provvedimento fossero diretti a concertare asserite condotte anticoncorrenziali»,
aggiungendo che l'iniziativa era partita da Ivass e dall'autorità anticorruzione, presenti al tavolo.
(riproduzione riservata)
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Banca Sistema apre il cantiere ipo - Il gruppo specializzato nell'acquisto di crediti verso la
pubblica amministrazione approva il progetto di quotazione. Allo studio un'offerta di vendita
e sottoscrizione. Nel 2014 utile quasi triplicato a 19,5 milioni
di Stefania Peveraro
Banca Sistema si prepara allo sbarco a Piazza Affari. L'assemblea dell'istituto specializzato
nell'acquisto di crediti verso la pubblica amministrazione, guidato da Gianluca Garbi, ha approvato
ieri il progetto di ammissione a quotazione all'Mta e ha deliberato di presentare a Consob richiesta
di approvazione del prospetto relativo all'offerta pubblica.
Un iter che ragionevolmente potrebbe portare la banca sul listino milanese all'inizio dell'estate.
Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, l'offerta sarà destinata sia agli investitori istituzionali
sia a quelli privati. I joint bookrunner sono Barclays (che è anche global coordinator), Jeffries, Banca
Akros (anche responsabile del collocamento pubblico) e Intermonte (anche sponsor).
Banca Sistema è la ex Banca Sintesi , che nel 2011 è stata ceduta dalla Cassa di Risparmio di San
Miniato al fondo di private equity Rbs Special Opportunities Fund (46,69%, tramite Sof Luxco sarl),
alle fondazioni Cassa di Risparmio di Alessandria, Pisa e Sicilia, che oggi controllano l'8,45%
ciascuna, e ai manager tramite la newco Società di Gestione delle Partecipazioni di Banca Sintesi ,
cui fa capo il 26,38% e il cui capitale è a sua volta controllato al 50% da Garbi. Secondo quanto
appreso, infatti, l'offerta sarà mista (ossia di vendita e sottoscrizione), con la quota di aumento di
capitale che sarà utilizzata per finanziare il business della banca che è in forte crescita, come
mostrano i dati del bilancio 2014 approvati sempre ieri dall'assemblea.
Al proposito, Banca Sistema ha chiuso lo scorso esercizio con un utile netto consolidato di 19,5
milioni (dai 7 milioni del 2013) e con un roe del 48% (dal 32%), a fronte di un attivo di bilancio di
2,1 miliardi (da 2 miliardi) e di un Total Capital Ratio del 15,9% (dal 13,6%). Il turnover (flusso lordo
Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
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dei crediti ceduti dalla clientela) è stato pari a 1,2 miliardi di euro, in crescita del 5,2% rispetto a un
anno prima. Considerando i crediti di terzi gestiti, il totale dei volumi a fine 2014 è stato di 1,5
miliardi di euro. La banca in questi anni ha ampliato la gamma delle attività; alla certificazione e
all'acquisto dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione si sono aggiunti il
factoring pro soluto e pro solvendo, attività nel settore dei crediti fiscali, reverse factoring,
fideiussioni, cauzioni, servizi di deposito titoli, cessione del quinto dello stipendio e della pensione,
finanziamenti a pmi. Banca Sistema è attiva anche nell'acquisto e nella gestione di crediti finanziari
e commerciali in sofferenza, grazie all'acquisizione, avvenuta un anno fa, di quote di minoranza nelle
società specializzate Candia (9,99%) e St. Ing (30%), che proprio nei giorni scorsi si sono fuse dando
luogo alla nuova realtà Cs Union, di cui Banca Sistema controlla il 25%. Per finanziare queste attività
Banca Sistema sinora ha fatto conto, oltre che sui normali canali bancari, anche sulla raccolta presso
la clientela tramite conti di deposito e conti correnti. Nel 2014 la raccolta diretta da clientela è
cresciuta del 23% passando da 718 a 881 milioni e il margine di intermediazione ha raggiunto quota
64,5 milioni di euro (+ 76,5% rispetto al 2013). (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Credifarma, ok al piano di salvataggio
di Claudia Cervini e Anna Messia
Credifarma accelera sul piano di salvataggio. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza il
consiglio di amministrazione della finanziaria delle farmacie, partecipata da Federfarma (al 66%) e
da Unicredit e Bnl, ha approvato il nuovo piano che approderà l'8 aprile all'assemblea dei soci.
Questo prevede la cessione di un ramo d'azienda insieme a 20 dipendenti (60 quelli attivi
complessivamente nella finanziaria). In pratica sarebbe trasferita alle banche socie tutta l'attività
riguardante il credito a medio e lungo termine alle farmacie. Oltre all'attività e parte dei dipendenti
sarebbero ceduti i crediti stessi. Questa mossa sarebbe utile a risollevare i ratio patrimoniali di
Credifarma, che oggi presenta un Tier 1 del 5,3%, inferiore alla soglia minima del 6% imposta dalla
Banca d'Italia. L'obiettivo di questa cessione sarebbe quello di portare l'indicatore patrimoniale al
9%. Il piano, così rivisto rispetto alle prime stesure, dovrà ottenere il via libera dei soci e poi
l'imprimatur di Banca d'Italia. Il dialogo tra la finanziaria e i soci si era raffreddato di recente. Le
divergenze erano sorte in merito al passaggio alle banche socie di 40 dipendenti. Troppi secondo gli
azionisti che, oltretutto, spingevano per acquisire anche i crediti. La finanziaria, in base a questo
piano, dovrebbe continuare a occuparsi dell'anticipazione di crediti sulle distinte contabili
riepilogative (dcr): in pratica di quanto le farmacie devono incassare dal servizio sanitario, oltre che
del recupero dei rimborsi nei confronti delle Asl. (riproduzione riservata)
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MF-MILANO FINANZA venerdì 27 marzo 2015
Cariverona stringe su B. Marche Mentre si appresta a scendere in Unicredit sulla scia delle
nuove norme, la fondazione è pronta a diversificare. Nel mirino anche la salita nel Banco e
l'eventuale polo veneto di Claudia Cervini
Cariverona, primo azionista italiano di Unicredit al 3,5%, potrebbe presto rivedere la propria
strategia finanziaria. Sulla scia dell'autoriforma varata dall'Acri, che spinge le fondazioni a
dismettere le partecipazioni che assorbono oltre un terzo dell'attivo, l'ente presieduto da Paolo Biasi
dovrà limare molto presto la quota in Unicredit .
In base agli ultimi dati disponibili (bilancio 2013), l'investimento nella banca di Piazza Gae Aulenti
assorbe il 49% del patrimonio dell'ente, e la partecipazione, qualora le nuove disposizioni
diventassero operative, dovrà essere ridimensionata affinché non impegni oltre il 33% dell'attivo.
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dei parlamentari italiani che, anche se espresse nella sua lingua natale, non sono necessariamente
interrogativi facili facili. Così c’è per esempio chi, come il presidente della commissione Finanze,
Daniele Capezzone di Forza Italia, gli chiede: «Lei non teme che i circuiti bancari di trasmissione
della politica monetaria siano drammaticamente ostruiti?». O chi, come il deputato Pd Marco Causi,
domanda attraverso quali canali dovrebbe riuscire ad arrivare più credito alle imprese. Draghi
rassicura. Il programma di allentamento quantitativo, spiega, sta già funzionando: i tassi attivi hanno
cominciato a diminuire e la dispersione nelle condizioni creditizie dell’Eurozona si è fortemente
ridotta.«Siamo convinti che l’impulso monetario si trasformerà in più credito all’economia reale.
Infatti, le previsioni della Bce sono cresciute in modo significativo e abbiamo specificato che le nuove
stime di crescita sono condizionali alla piena attuazione del Quantitative easing». Draghi poi ricorda
che c’è chi obietta che il Qe in Europa potrebbe funzionare poco perché il nostro sistema finanziario
è bancocentrico.«È vero - ammette - all’80 per cento i finanziamenti in Europa avvengono per via
bancaria. Ma questo dipende anche dalla struttura industriale europea, che è fatta in prevalenza di
piccole imprese. Queste, per essere prezzate sul mercato, hanno bisogno di maggiore trasparenza.
Dunque, anche se nel medio termine, giustamente, l’obiettivo della Commissione europea è di
favorire il loro ingresso nel mercato dei capitali, a oggi la struttura delle piccole e medie imprese
“chiama” necessariamente un sistema finanziario basato sulle banche». Tuttavia, ha proseguito
Draghi, il Qe ha funzionato anche in paesi come il Regno Unito che ha una struttura simile alla nostra
o in Giappone che pure è simile all’Europa da questo punto di vista. E ha funzionato, secondo il
presidente della Bce, perché i canali di trasmissione sono tanti: «C’è un canale che passa per la
variazione dei tassi di cambio; ci sono i tassi d’interesse a lungo termine che sono scesi molto più di
quanto non fosse prevedibile due anni fa». Quanto all’Italia, Draghi ha citato le stime formulate dalla
Banca d’Italia che parlano di un punto di crescita del Pil in più derivante dal Qe entro il settembre
del 2016. «Ma gli effetti complessivi potrebbero essere maggiori - ha aggiunto - tenendo conto delle
reazioni nella fiducia di famiglie e imprese e tenendo conto del fatto che le stime della Banca d’Italia
sono state formulate due mesi mesi prima che il Qe partisse».
Ma Draghi ieri ha affrontato anche altri temi caldi della politica economica italiana. In primo luogo
ha sottolineato che quando un Paese ha tassi di disoccupazione a due cifre, quello è il maggiore
incentivo a varare rapidamente riforme che permettano di innalzare il potenziale di crescita e
bisogna sfruttare il miglioramento del ciclo economico per farlo. Poi, Draghi ha parlato di riforme
necessarie sul versante bancario, ribadendo che una condizione indispensabile affinché i capitali
possano affluire alle imprese è l’esistenza di un settore bancario sano, in grado di espandere il
credito. «Ciò significa, a sua volta - ha aggiunto - che i prestiti deteriorati debbano emergere
rapidamente nei bilanci degli intermediari e che vengano attuate misure per una rapida soluzione
del problema». Questo processo, ha spiegato Draghi, è già iniziato con lo scrutinio Bce sul sistema
creditizio. Oggi, ha affermato «la Bce guarda con favore a nuove iniziative tese a ridurre il peso delle
partite deteriorate nei bilanci delle banche italiane; esse consentiranno di liberare risorse soprattutto
a beneficio delle imprese». E, a margine dell’audizione, ha ripetuto ai cronisti «Certo, la Bce vede
con favore la bad bank in Italia».
Con i banchieri italiani, però, Draghi non è stato affatto tenero. E ha colto lo spunto del giudizio su
una riforma appena varata dal Parlamento, quella relativa alle grandi banche popolari, per far capire
che nel nostro Paese le aziende di credito e i loro top manager sono ancora troppi. «Sulle banche
popolari - ha osservato - la Bce ha dato un parere favorevole. Personalmente - ha aggiunto - non
posso che essere favorevole agli sviluppi che ci sono stati. Fino a qualche tempo fa, infatti, in Italia
c’erano 750 banche. Il che vuol dire 750 consigli di amministrazione, ognuno con cinque membri;
una banca ne aveva perfino 19». Tutto ciò, ha sottolineato ancora Draghi, è molto costoso e questi
costi vengono pagati dai clienti. «Indubbiamente - ha concluso - l’argomento per un consolidamento
del sistema bancario è forte». © RIPRODUZIONE RISERVATA Rossella Bocciarelli
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IL SOLE 24 ORE venerdì 27 marzo 2015
Nei Paesi con alto debito banche più fragili e meno risorse anticrisi
I Paesi con un alto debito pubblico, come l’Italia, hanno una marcia in meno rispetto a quelli con
basso debito. Uno Stato altamente indebitato ha meno risorse per gli investimenti a sostegno della
crescita e ha spazi di manovra limitati per assorbire lo shock di crisi sistemiche. Come è successo
all’Italia che all’inizio della crisi del debito sovrano europeo aveva un debito/Pil già al 103% e per
questo aveva meno «soldi da poter spendere nella crisi». Inoltre i Paesi con basso debito pubblico
«hanno banche più forti» mentre le banche nei Paesi altamente indebitati sono esposte a forti perdite
e quando la credibilità dello Stato debitore è messa in discussione erogano meno credito a imprese e
famiglie.
È questo in essenza il monito che Mario Draghi ha rivolto ieri all’Italia, in occasione del suo primo
intervento alla Camera dei deputati in veste di presidente della Bce. Inutile guardare all’Europa in
termini di «trasferimenti permanenti dagli Stati forti a quelli deboli, con creditori permanenti e
debitori permanenti». «Il debito accumulato va ripagato», ha sottolineato, ricordando che a questo
riguardo bisogna porsi anche il problema delle dinamiche della crescita demografica.
Nel suo discorso, e poi nelle risposte alle domande dei deputati, il problema dell’«alto debito» è
affiorato e riaffiorato, ripetutamente. Fin dalle prime battute, l’Italia, per i suoi trascorsi di Paese
altamente indebitato, non è stata risparmiata. «Lo spread di 500 punti base pagato dall’Italia rispetto
ai Bund nei momenti peggiori della crisi, quando a fine 2011 il BTp decennale rendeva oltre il 7% e il
Bund il 2%, è esattamente quello che gli italiani hanno pagato per 15 anni in media prima
dell’introduzione dell’euro», ha esordito, aggiungendo - rivolgendosi ai movimenti anti-euro
rappresentati in Parlamento - che questo è un elemento utile per chi volesse fare paragoni
«sull’utilità della moneta unica per il nostro Paese». Draghi ha successivamente rincarato la dose
sullo stesso concetto: «Io personalmente penso che trincerarsi nuovamente dentro i confini nazionali
non risolverebbe i problemi della bassa demografia e del debito alto». Inoltre, ha messo in chiaro,
nell’Eurozona «il default di uno Stato crea danni a tutti».
Draghi ha poi spiegato come il «nesso» tra banche e rischio sovrano abbia esasperato la crisi nel 2011
e 2012. Il debito pubblico, ha detto, influenza le banche in due modi: i mercati considerano il
«bilancio pubblico il garante di ultima istanza delle banche». Più il debito pubblico è alto, più lo Stato
è fragile e di conseguenza le banche devono raccogliere più capitale per rafforzarsi e pagano più caro
il costo del loro finanziamento. Inoltre, le banche che detengono i titoli di Stato del loro Paese in
grandi quantità (come quelle italiane che svettano in cima alle classifiche europee sulla detenzione
di titoli di Stato in percentuale degli asset totali) sono vulnerabili: «Quando la credibilità dello Stato
debitore viene messa in discussione come è accaduto nel 2011 e nel 2012, i titoli di Stato perdono
valore, le banche devono appostare forti perdite e quindi erogano meno credito».
Proprio il debito pubblico «troppo alto» in Europa, tema ricorrente «negli ultimi 30 anni», secondo
Draghi rende per lo meno poco realistica la prospettiva di una scarsità di titoli di Stato per il
quantitative easing della Bce. «A oggi contiamo di raggiungere i 60 miliardi di euro per marzo anche
se gli acquisti sono iniziati il 9. Non ci sono segnali di scarsità di titoli di Stato, questa non è una
prospettiva realistica. Non mi risulta ci siano difficoltà nel fare questi acquisti». I titoli di Stato in
circolazione in grandi quantità, per contro, hanno contribuito a ridurre l’erogazione del credito
bancario all’economia in occasione delle prime misure non convenzionali della Bce per aumentare la
liquidità: dopo le due LTRO a tre anni nel 2011/2012, che hanno iniettato nel sistema 1.000 miliardi
di euro, «la trasmissione del credito all’economia non c’è stata in Italia, Spagna e Portogallo» perché
i bilanci delle banche «erano malati» e quella liquidità da ridare alla Bce dopo tre anni è stata
utilizzata per fare il bilancio con i titoli di Stato che pesano con rischio zero (diversamente dal rischio
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è avvenuta a conclusione della loro gestione in amministrazione straordinaria, il cui bilancio è stato
approvato da Bankitalia nei giorni scorsi. Nel 2014 il gruppo guidato da Marco Jacobini ha raggiunto
impieghi per circa 9,6 miliardi di euro e raccolta complessiva, da clientela, per quasi 15,8 miliardi e
ha ulteriormente rafforzato il suo patrimonio grazie ad un'operazione di aumento di capitale,
conclusasi a dicembre, con l'integrale sottoscrizione per complessivi 500 milioni di euro tra equity e
obbligazioni subordinate. Ed un'altra coda di 50 milioni di euro, non soddisfatta in prima battuta,
andrà presto in assegnazione ai richiedenti. Anche la compagine sociale è ulteriormente aumentata
di altri 7.000 azionisti,raggiungendo quota 68.000, confermando, anche per questa via, la capillarità
sul territorio. Nonostante la crisi la banca ha erogato a famiglie e pmi nuovo credito per circa 900
milioni di euro. Le sofferenze nette hanno raggiunto i 620 milioni di euro (di cui 307 milioni di euro
riferibili a Banca Tercas e Banca Caripe e 47 milioni di euro alla Cassa di Risparmio di Orvieto) ed il
rapporto S/I si è attestato al 6,0%, con un grado di copertura del 60,5%. I fondi propri al 31 dicembre
2014 hanno raggiunto quota 1,3 miliardi di euro con coefficienti superiori alla soglia regolamentare,
con un livello di CET1 Ratio dell'11,03% e di Total Capital Ratio del 14,55% in linea con le best
practice. Il margine di interesse è stato pari a circa 208 milioni di euro e quello di intermediazione
di oltre 412 milioni(rettifiche per 103 milioni e costi operativi per 268 milioni).Il risultato netto
consolidato della capogruppo è pari a 24,9 milioni di euro, mentre, a livello individuale, il risultato
netto della BPB è stato pari a 21,3 milioni di euro contro i 17,1 del 2013 (+24,5%). All'assemblea del
18 e 19 aprile verrà proposto ai soci un dividendo pari a 0,10 euro per azione. «I numeri sono buoni
- commenta Marco Jacobini, presidente del gruppo. Abbiamo lavorato bene e contenuto il peso delle
sofferenze delle due banche acquisite, il cui salvataggio ha fatto crescere ancora il nostro peso di
popolare più grande in una parte dell'Italia molto difficile. Anche quest'anno abbiamo sostenuto
famiglie e pmi e distribuiamo il dividendo. Insomma continuiamo a fare il nostro mestiere».E sulla
riforma delle popolari ci sono integrazioni o alleanze in vista? «Non c'è fretta-risponde Jacobini,
Dobbiamo ragionare con calma, servono 2 anni, nessuna agitazione. Non abbiamo investitori
istituzionali dentro, non succede assolutamente nulla. E per il futuro faremo come sempre abbiamo
fatto guardandoci intorno e valorizzando la nostra territorialità». Vincenzo Rutigliano
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IL SOLE 24 ORE venerdì 27 marzo 2015
Tango bond, altro stop alle cedole
Milano. Per chi tra i bondholder italiani si fosse illuso sulla possibilità di ottenere il pagamento delle
cedole dei bond argentini che scadono a fine mese può mettere il cuore in pace che ciò non avverrà.
A mettere la parola fine, almeno per il momento, è ancora una volta il giudice americano Thomas
Griesa che dopo aver consentito alla sede argentina di Citibank di pagare le cedole in scadenza, ieri
ha ordinato a Euroclear di bloccare qualsiasi versamento di interessi legati ai titoli ristrutturati del
debito argentino.
Euroclear è il circuito di post trading che garantisce il pagamento delle cedole attraverso il sistema
bancario: già la scorsa estate Griesa si era pronunciato in merito all’impossibilità per il circuito di
effettuare i pagamenti ai bondholder per non rischiare pesanti sanzioni. Ma allora chi saranno i
fortunati che potranno ricevere i pagamenti delle cedole da parte di Citibank? Secondo i legali,
soltanto gli investitori argentini che non incorreranno in alcun conflitto territoriale tra le diverse
giurisdizioni.
L’obiettivo del giudice americane è sempre il medesimo: obbligare il governo di Cristina Fernandez
de Kirchner ad accettare la sentenza americana che prevede il pagamento di circa 1,6 miliardi di
dollari ai fondi speculativi che chiedono il pagamento integrale dei titoli ante ristrutturazione. La
decisione di Griesa arriva dopo che la settimana scorsa il magistrato aveva annunciato che “non
impedirà” a Citibank di pagare 17 milioni di dollari di interessi ai detentori di titoli sotto legislazione
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Anno XVI - 27/03/2015
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importo residuo di almeno 20 milioni, vale circa 11 miliardi, e le operazioni di rinegoziazione possono
produrre risparmi fino a un miliardo. Tre sono le opzioni messe a disposizione delle Regioni: la
variazione della durata di ammortamento, lo stop ai pagamenti per le quote di capitale nel 2015 e
2016 e la la trasformazione in tasso fisso dei mutui a tasso variabile. © RIPRODUZIONE
RISERVATA G.Tr.
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IL SOLE 24 ORE venerdì 27 marzo 2015
Jobs act, il punto a «Tuttolavoro» - I primi due decreti attuativi al vaglio di istituzioni,
imprese ed esperti
Appuntamento lunedì prossimo per la quinta edizione di “Tuttolavoro”, durante la quale istituzioni,
imprese ed esperti del Sole 24 Ore analizzeranno le novità contenute nei primi due decreti attuativi
del Jobs act.
L’evento si svolgerà il 30 marzo, dalle ore 8.30 alle 18, a Milano, nella sede del giornale, con la
partecipazione - in apertura - del ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Il primo convegno della
giornata - dopo l’intervento del ministro Poletti - metterà a confronto i decreti attuativi del Jobs act
e il nuovo mercato del lavoro: a discuterne saranno Pierangelo Albini, direttore area lavoro e welfare
di Confindustria, Valentina Aprea, assessore a Istruzione, formazione e lavoro della Regione
Lombardia, Stefano Colli-Lanzi, ceo di Gi Group e vicepresidente Assolavoro. Oltre a loro anche
Isabella Covili Faggioli, presidente nazionale di Aidp, Gabriele Fava, avvocato giuslavorista
presidente di Fava & Associati, Vincenzo Silvestri, vicepresidente del Consiglio nazionale dell’Ordine
dei consulenti del lavoro, e Stefano Venturi, amministratore delegato di Hp.
Gli impatti dei decreti attuativi sul mercato del lavoro, dai licenziamenti alle nuove regole sui
contratti, dalla conciliazione agli ammortizzatori sociali saranno il tema della tavola rotonda che
prenderà il via alle ore 11. Nel pomeriggio, invece, ci sarà la possibilità di partecipare a una serie di
approfondimenti nel workshop a numero chiuso che costituisce una novità nella formula di
“Tuttolavoro”, con l’obiettivo di fornire una vera e propria guida operativa alle rinnovate regole del
mercato del lavoro.
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IL SOLE 24 ORE venerdì 27 marzo 2015
Per Cig e mobilità pronti 500 milioni
ROMA. Per la cassa e mobilità in deroga sono in arrivo tra i 480 e i 500 milioni che serviranno a
coprire l’arretrato del 2014.
A giorni verrà emanato il decreto con le risorse attese da decine di migliaia di lavoratori, secondo
quanto ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nell’incontro di ieri con le Regioni che
lamentavano di avere le domande ferme a causa del blocco dei finanziamenti e hanno sollecitato
certezze per assicurare la copertura del 2015. Con i nuovi fondi sarà possibile chiudere il 2014 poiché
le Regioni Calabria, Sicilia e Sardegna provvederanno a coprire il proprio fabbisogno attraverso la
riprogrammazione dei fondi comunitari, attingendo a proprie risorse. Nei prossimi giorni si terranno
incontri bilaterali tra le Regioni e il ministero del Lavoro per la definizione del riparto. «Poletti ci ha
assicurato che nel bilancio dello Stato ci sono le risorse per coprire tutto il 2015 -spiega l’assessore
Gianfranco Simoncini, coordinatore del Lavoro per la Conferenza delle Regioni -. Questo decreto
permetterebbe alle Regioni di cominciare ad autorizzare la Cig a quelle aziende che ne hanno fatto
richiesta dall’inizio dell’anno». Altro tema al centro dell’incontro, la riorganizzazione dei centri per
l’impiego: «Abbiamo ribadito la fortissima preoccupazione per il loro futuro - aggiunge Simoncini -,
e messo in rilievo l’emergenza nella quale si trovano quasi tutte le Province per la situazione “di
limbo” dei servizi per il lavoro provinciali, a causa del combinato disposto della riforma delle
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IL SOLE 24 ORE venerdì 27 marzo 2015
Caf, nuovi moduli per la delega Isee
Disponibili i modelli aggiornati per dare mandato ai Caf, anche tramite soggetto delegato, al fine di
farsi assistere nella richiesta dell’Isee. E nelle prossime settimane dovrebbero essere pubblicati i
primi chiarimenti ai dubbi interpretativi riguardanti l’applicazione delle nuove regole.
A seguito della convenzione siglata a gennaio tra Inps e Caf per la regolamentazione del servizio di
assistenza fornito dai Centri, ieri l’istituto di previdenza ha pubblicato i modelli che devono essere
compilati e firmati dall’interessato. Finora i Caf avevano fornito assistenza utilizzando dei moduli
simili ma non specifici. Quelli messi a punto dall’Inps, come confermato da Valeriano Canepari,
coordinatore della consulta dei Caf, non hanno un impatto rilevante sulle procedure, perché nella
sostanza le stesse informazioni venivano già richieste.
Si tratta comunque di un ulteriore passo verso l’implementazione a pieno regime del nuovo Isee, che
è diventato operativo a gennaio, con qualche difficoltà nel periodo iniziale. «La situazione è in
costante miglioramento - afferma Canepari - e ora registriamo una crescita di richieste di Isee
rispetto ai primi due mesi dell’anno, quando i numeri erano sensibilmente più bassi rispetto allo
stesso periodo del 2014. A marzo siamo quasi sui livelli dell’anno scorso».
Ma oltre alla quantità migliora anche l’efficienza del sistema che, secondo quanto previsto dalla
normativa, prevede l’elaborazione dell’Isee da parte dell’Inps entro dieci giorni lavorativi dalla
domanda. «Nella maggior parte dei casi - prosegue Canepari - il termine viene rispettato, il ritardo è
l’eccezione anche se c’è ancora un po’ di arretrato da smaltire».
In compenso nelle scorse settimane è stato attivato un tavolo tecnico tra Caf, Inps e ministero del
Lavoro per individuare soluzioni, anche con il coinvolgimento dell’agenzia delle Entrate, ai dubbi
generati dall’applicazione delle nuove regole. Le prime indicazioni dovrebbero essere pubblicate
dall’Inps nelle prossime settimane.
Inoltre, ora che è stata completata la fase di avvio del nuovo indicatore, da aprile dovrebbe
riprendere il confronto tra Caf e Inps sulla convenzione e relativi compensi per l’assistenza fornita
dai primi ai cittadini. © RIPRODUZIONE RISERVATA Matteo Prioschi
Publilio Sirio
Etiam capillus unus habet umbram suam: Anche un solo capello ha la sua ombra
.c.
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