N. 04401/2015 REG.PROV.COLL. N. 13494/2014 REG.RIC. R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 13494 del 2014, proposto dalla signora Stefania TRIPPA, rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Manzi, Pietro Piciocchi, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Via F. Confalonieri, 5; contro il COMUNE di ANZIO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Fabio Pasquali, con domicilio eletto presso l’avv. Edmondo Tomaselli in Roma, Via Piemonte, 39/A; per l’accertamento ai sensi dell’articolo 31 e dell’articolo 117 del cpa del silenzio serbato dal Comune di Anzio in ordine all’istanza presentata dalla ricorrente in data 4 settembre 2014 ai fini dell’ampliamento dell’oggetto della concessione di suolo pubblico di cui è titolare per edicola stagionale all’attività di somministrazione di bevande e alimenti e dell’obbligo dell’Amministrazione di procedere e di concludere il procedimento amministrativo nonché per il risarcimento di tutti danni subiti e subendi dalla ricorrente in conseguenza e connessione del silenzio serbato dal Comune di Anzio sull’istanza della ricorrente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Anzio; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2015 il Cons. Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori presenti, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Riferisce la signora Stefania Trippa di aver acquistato in data 30 giugno 2004 un esercizio commerciale costituito da un chiosco adibito a rivendita di giornali sito in Anzio, Largo Caboto e di aver ottenuto dal Comune l’atto di concessione in data 17 novembre 2004, prot. n. 5140 per occupare il suolo pubblico su cui insiste il predetto chiosco. In data 7 dicembre 2004 con provvedimento prot. n.1996 il Comune ha autorizzato la signora Trippa a svolgere l’attività di vendita di giornali e riviste e, a seguito di successiva istanza, con deliberazione G.C. n.229 del 23.8.2005 ha autorizzato ad un “maggior utilizzo di superficie pubblica per un totale di circa 19,00 mq. in Largo Caboto, al fine di installare un nuovo chiosco”. In data 2 novembre 2005 la signora Trippa ha presentato domanda per ottenere l’autorizzazione all’esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande nel predetto chiosco e il Comune con nota in data 30 novembre 2005 ha accolto la predetta domanda subordinatamente alla presentazione entro 6 mesi di alcuni documenti, tra cui il certificato di idoneità sanitaria del locale. La signora Trippa – si espone nel ricorso - facendo affidamento su tale assenso ha intrapreso i lavori per dotare il chiosco delle attrezzature necessarie per lo svolgimento dell’attività, ma che, a causa di problemi organizzativi della società di erogazione del servizio idrico, non ha effettuato i lavori di allaccio idrico e fognario, con impedimento della tempestiva presentazione della richiesta certificazione di idoneità sanitaria e conseguente decadenza dell’ autorizzazione “condizionata”. La signora Trippa ha quindi presentato una ulteriore domanda di autorizzazione all’esercizio della somministrazione di alimenti e bevande in data 6 giugno 2006 che è stata accolta dall’Amministrazione con atto comunicato con nota in data 20 luglio 2006. Tuttavia a causa del protrarsi delle problematiche relative all’allaccio idrico anche tale titolo è decaduto. Nel frattempo con permesso di costruire n.19378 del 13 marzo 2007 il Comune ha autorizzato la signora Trippa ad eseguire lavori di ampliamento del chiosco. In data 2 ottobre 2006 la signora Trippa ha ottenuto il nulla osta della USL relativamente alla realizzazione di un “chiosco prefabbricato destinato a Barrivendita di giornali in Anzio, Piazza Caboto” e successivamente con Dia, presentata ai sensi dell’art. 22, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, ha comunicato all’Ufficio Tecnico comunale l’intenzione di eseguire alcune opere in variante non sostanziale al progetto approvato, tra cui “il mutamento d’uso di una porzione del locale da edicola per la rivendita dei giornali a bar”, come indicato nella relazione tecnica allegata. Inoltre riferisce che il Comune non avrebbe eccepito nulla in ordine all’estensione dell’utilizzo del chiosco anche alla attività di somministrazione di alimenti e bevande, oltre che naturalmente a quella di rivendita di giornali e riviste (ratificata e approvata con gli atti autorizzativi). Successivamente in data 18 aprile 2007, a lavori ultimati, la signora Trippa ha presentato una nuova istanza di autorizzazione all’esercizio di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande del chiosco-bar suddetto. Tale istanza è stata respinta dal Comune con nota 28 maggio 2007, prot. n. 26747 in quanto la concessione dell’area di cui al chiosco sarebbe stata rilasciata per l’istallazione di un “chiosco edicola, come da Deliberazione della Giunta Municipale n. 229 del 23.08.2005” sicché di tale chiosco non risulterebbe consentito l’utilizzo ai fini dello svolgimento dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande. A seguito di ulteriori istanze di autorizzazione presentate dalla signora Trippa, l’UOA ha ribadito con nota n. 64286 del 21 dicembre 2007 il vincolo stabilito dalla predetta delibera n. 229 del 2005 all’utilizzo del chiosco per l’attività di edicola stagionale, con la conseguente esclusione di altri utilizzi per attività non autorizzate. Successivamente a seguito di ulteriore richiesta di autorizzazione il Comune si è espresso con reiezione in data 20 marzo 2008, prot. n. 14920, ribadendo il predetto diniego. In data 13 maggio 2014 la signora Trippa, a seguito della nuova disciplina in materia di c.d. liberalizzazioni (modifiche apportate all’art. 5 del d.lgs.n. 70 del 2001 dall’art. 39 del d.l. n.1 del 2012), ha presentato al Comune una SCIA con la quale ha comunicato l’inizio (dal 17 maggio) dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande all’interno del proprio chiosco. Con ordinanza n. 2 del 19 giugno 2014 il Comune ha ordinato alla signora Trippa la cessazione immediata della suddetta attività sul rilievo che “in base alla Delibera di G.M. n. 229 del 23.08.2005, l’utilizzo del chiosco è vincolato all’attività di EDICOLA STAGIONALE” e che “l’art. 39 del Decreto Legge 1/2012, convertito in Legge 27/2012, consente agli edicolanti la vendita di prodotti alimentari ma non la loro somministrazione, come da parere della Regione Lazio prot. DB112308 del 07.06.2012”; avverso tale provvedimento la signora Trippa ha proposto ricorso straordinario dinanzi al Presidente della Repubblica al fine di ottenere l’annullamento. Con successiva istanza in data 4 settembre 2014 ha chiesto al Comune – in base alla Direttiva UE n.2006/123 (cd. Direttiva Bolkenstein), concernente la liberalizzazione dei servizi nel mercato interno e la semplificazione amministrativa, che non esclude dal campo di applicazione del regime di autorizzazione ivi contenuto, i regimi di autorizzazione concernenti le attività che si intendano svolgere su suolo pubblico “l’estensione dell’attuale concessione di suolo pubblico relativa al chiosco sito in Anzio, Piazza Caboto, anche all’attività di somministrazione di bevande e alimenti, oltreché di rivendita di giornali e riviste, se del caso anche attraverso la modificazione della delibera di Giunta comunale n.229 del 23 agosto 2005”, senza però ottenere riscontro. Alla luce di ciò la signora Trippa ha proposto ricorso a questo Tribunale per ottenere l’accertamento della illegittimità del silenzio serbato dal Comune in ordine all’istanza presentata ai fini dell’ampliamento dell’oggetto della concessione d’uso del suolo pubblico su cui insiste il chiosco di sua proprietà. Ha chiesto inoltre la declaratoria dell’obbligo di provvedere, nonché il risarcimento dei danni subiti e subendi a causa del comportamento illegittimo del Comune. Con il ricorso ha formulato i seguenti motivi di impugnazione: 1) Sull’illegittimità del silenzio serbato in relazione all’istanza di ampliamento dell’oggetto dell’attuale concessione presentata in data 4 settembre 2014: violazione degli articoli 1 e 2 della legge n.241 del 1990: il mancato riscontro da parte del Comune dell’istanza da ultimo presentata in data 4 settembre 2014 costituirebbe violazione delle norme rubricate, con aggravamento del procedimento e mancata conclusione dello stesso. 2) Sull’istanza di risarcimento: sulla sussistenza dei presupposti per il risarcimento dei danni subiti per effetto della condotta dell’amministrazione: l’attività posta in essere dal Comune sarebbe viziata da eccesso di potere con grave danno alla ricorrente meritevole di risarcimento. Il comportamento del Comune sarebbe contraddittorio in quanto da un lato ha rilasciato il titolo edilizio ai fini dell’adeguamento del locale di proprietà e ha accolto due istanze per l’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande; dall’altro ha respinto la identica istanza di autorizzazione, vanificando gli investimenti effettuati per l’adeguamento del chiosco; infine ha ordinato la cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande in violazione dei principi in ordine alla libertà di iniziativa economica garantita costituzionalmente. L’azione risarcitoria sarebbe ammissibile - attesa la mancata conclusione del procedimento a prescindere dal relativo esito, la sussistenza del nesso di causalità e della colpa grave dell’Amministrazione - con danni da quantificare in € 150 per ogni giorno successivo al 4 ottobre 2014 e fino all’adozione di un provvedimento espresso al riguardo. 2. Si è costituito in giudizio il Comune di Anzio per resistere al ricorso ed ha controdedotto alle censure di parte ricorrente, ricostruendo anche nei fatti la questione controversa. La difesa comunale ha contestato la sussistenza dell’obbligo della p.a. di pronunziarsi con provvedimento espresso, trattandosi della reiterazione di richieste già presentate da parte della ricorrente, aventi identico contenuto e riscontrate dal Comune con risposte negative espresse, tra l’altro non impugnate. Inoltre la mancanza di titolo abilitativo non legittimerebbe alcun affidamento sull’ampliamento del chiosco per l’esercizio dell’attività di somministrazione, derivandone pertanto la legittimità dell’operato dell’Amministrazione nel rispetto della normativa nazionale, statutaria e regolamentare in materia di controllo dei requisiti oggettivi e soggettivi per il rilascio delle autorizzazioni in questione. Infine non sussisterebbero i presupposti per il riconoscimento della tutela risarcitoria in mancanza tra l’altro della prova concreta del danno subito da parte della ricorrente. 3. In prossimità dell’odierna camera di consiglio parte ricorrente ha replicato al Comune resistente insistendo sulle proprie considerazioni, non ritenendo sufficienti le giustificazioni della difesa comunale sul silenzio serbato dall’Amministrazione, concludendo con la richiesta di accoglimento del ricorso in considerazione del comportamento contraddittorio del Comune. Alla Camera di consiglio del 13 gennaio 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione. 4. L’articolata questione sottoposta all’esame del Collegio è stata ampiamente rappresentata nel ricorso e riportata in modo dettagliato nella richiamata istanza presentata al Comune in data 4 settembre 2014 per ottenere l’estensione all’attività di somministrazione della concessione di suolo pubblico relativa al chiosco di rivendita di giornali - in relazione alla quale parte ricorrente lamenta l’inerzia del Comune stesso e la conseguente illegittimità del silenzio serbato su tale richiesta. 4.1. Nella ricostruzione dei fatti sottesi al giudizio occorre evidenziare alcuni dei passaggi rilevanti ai fini della decisione: - l’atto - comunicato con nota 28 maggio 2007, prot. n. 26747 - con cui, sulla scorta del parere dell’Ufficio Patrimonio, è stata respinta la domanda di autorizzazione per la somministrazione di alimenti e bevande nell’area di cui al chiosco poiché “la concessione dell’area di cui trattasi, è stata rilasciata per l’istallazione di un chiosco edicola, come da Deliberazione della Giunta Municipale n. 229 del 23.08.2005”; - l’atto - comunicato con la nota n. 64286 del 21 dicembre 2007 - con cui, in riscontro ad ulteriori istanze di autorizzazione presentate dalla signora Trippa (per il rilascio della licenza di somministrazione di tipo B), l’UOA ha ribadito che la predetta delibera n. 229 del 2005 vincola l’utilizzo del chiosco all’attività di “Edicola Stagionale” e che l’ampliamento del chiosco è concesso per lo svolgimento dell’ “attività commerciale di vendita di giornali”, rilevando che, “trattandosi di suolo pubblico e dunque di proprietà dell’Ente comunale, è del tutto legittimo che l’Amministrazione individui in modo specifico la tipologia di attività che si vuole consentire sul proprio territorio, non risultando quindi applicabili le nuove normative sulle liberalizzazioni delle attività commerciali”. Nella stessa nota prot. n. 64286/2007, in relazione alla contestata contraddittorietà dell’Ufficio riguardo le comunicazioni di accoglimento delle precedenti istanze formulate dalla ricorrente, il Comune ha precisato che “l’accoglimento dell’istanza di somministrazione non può in nessun caso essere considerato titolo autorizzativo all’esercizio dell’attività, essendo finalizzato esclusivamente alla verifica del requisito professionale e alla disponibilità dei parametri numerici, così come specificato chiaramente anche nella stessa comunicazione di accoglimento”. Sulla base di tali premesse il Comune conclude rilevando che “la richiesta della Sig.ra Trippa Stefania rimane subordinata all’emanazione di un nuovo atto da parte della Giunta municipale che autorizzi l’utilizzo del chiosco in oggetto per l’attività di somministrazione”; - l’atto - comunicato con nota in data 20 marzo 2008, prot. n. 14920, con cui il Comune, a seguito di ulteriore richiesta di autorizzazione ( in data 20 febbraio 2008), ha ribadito il predetto diniego confermando che tale richiesta “non può essere accolta in quanto la Delibera di G.M. n. 229 del 23.08.05 vincola l’utilizzo del chiosco all’attività di Edicola Stagionale”, con la conseguenza che l’accoglimento dell’istanza“rimane subordinata all’emanazione di un nuovo atto da parte dell’Amministrazione che autorizzi l’utilizzo del chiosco in oggetto anche per l’attività di somministrazione”; - l’ordinanza n. 2 del 19.6.2014 che ha ordinato la cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitata nel chiosco Edicola, nel frattempo intrapresa dalla ricorrente, sul presupposto che “in base alla Delibera di G.M. n.229 del 23.08.2005, l’utilizzo del chiosco è vincolato all’attività di Edicola Stagionale” e che “l’art. 39 del Decreto Legge 1/2012, convertito in Legge 27/2012, consente agli edicolanti la vendita di prodotti alimentari ma non la loro somministrazione, come da parere della Regione Lazio Prot. DB112308 del 07.06.2012”. Alla luce dei descritti fatti occorre evidenziare che la ricorrente ha impugnato solo tale ultima ordinanza n. 2 /2014 con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica: deve di conseguenza ritenersi che, con riferimento ai precedenti provvedimenti di diniego, come sopra indicati, e non impugnati, la ricorrente ha prestato acquiescenza. Da ultimo, con l’istanza 4 settembre 2014 parte ricorrente, dopo aver ripercorso tutte le fasi rilevanti della vicenda elencandole con il richiamo anche agli atti adottati dall’Amministrazione a seguito delle specifiche richieste autorizzative dalla medesima presentate, ha chiesto al Comune “l’estensione dell’attuale concessione di suolo pubblico relativa al chiosco sito in Anzio, piazza Caboto, anche all’attività di somministrazione di bevande e alimenti, oltreché di rivendita di giornali e riviste, se del caso anche attraverso la modificazione della delibera di Giunta comunale n.229 del 23 agosto 2005”, preannunciando in caso di perdurante inerzia azioni - nelle competenti sedi - avverso il silenzio o l’eventuale diniego, nonché per il risarcimento dei danni . In particolare parte ricorrente in tale istanza formula le seguenti specifiche considerazioni: “- attesi gli investimenti effettuati anche a motivo dell’affidamento ingenerato….in ordine alla possibilità di attivare l’esercizio…; - poiché codesta spett.le Amministrazione appare ritenere ostativa al rilascio della predetta autorizzazione la circostanza che la delibera della Giunta comunale n.229 del 23 agosto 2005 avrebbe assentito alla concessione di suolo pubblico esclusivamente per l’esercizio dell’attività di rivendita di giornali, si rende necessario ottenere l’espressa estensione della suddetta concessione anche per l’attività di somministrazione…;- che pertanto il rilascio del provvedimento in oggetto si rileva indispensabile per consentire l’accesso, da parte dell’esponente, all’attività di somministrazione …; - che in base alla Direttiva UE n.2006/123 (cd. Direttiva Bolkenstein), concernente la liberalizzazione dei servizi nel mercato interno e la semplificazione amministrativa, gli Stati membri e le relative Amministrazioni possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto in presenza di determinate circostanze e, ad ogni modo, mediante la previsione di criteri <che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinchè tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario>; - che, in base alla definizione resa all’art. 4, n. 6 della Direttiva in parola, la nozione di <regime di autorizzazione> riguarda <qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio; - che del resto, non solo è dato rinvenire, nel testo della Direttiva n.2006/123 alcuna disposizione che consenta di escludere dal campo di applicazione delle disciplina ivi contenuta i regimi di autorizzazione concernenti le attività che si intendano svolgere su suolo pubblico, ma che, anzi, le Amministrazioni, in quanto emanazione dello Stato, costituiscono i principali destinatari delle prescrizioni dettate dalle direttive europee, di talchè non può in alcun modo condividersi l’effermazione di cui al provvedimento prot. n. 64286 del 21 dicembre 2007 in base alla quale <trattandosi di suolo pubblico, e dunque di proprietà dell’Ente comunale, è del tutto legittimo che l’Amministrazione individui in modo specifico la tipologia di attività che si vuole consentire sul proprio territorio, non risultando quindi applicabili le nuove normative sulle liberalizzazioni delle attività commerciali”. 5. Il ricorso all’esame è infondato. Come risulta con chiarezza dalla stessa esposizione in fatto del ricorso e in più passaggi argomentativi degli atti difensivi depositati, con l’istanza 4 settembre 2014, come da ultimo espressamente richiamata, la ricorrente ha reiterato la domanda già più volte proposta ad ottenere l’autorizzazione per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande – pur contenendo articolate argomentazioni relative alla disciplina sulle liberalizzazioni delle attività commerciali - in ordine alla quale il Comune si è già espresso. Al riguardo occorre richiamare proprio il provvedimento di diniego prot. n. 64286 del 21 dicembre 2007 - successivo alla adozione della predetta Direttiva n.2006/123 - laddove l’Amministrazione si è già espressa anche sul profilo della applicabilità della disciplina della nuova normativa sulle liberalizzazioni delle attività commerciali alla tipologia in questione (chiosco adibito all’esercizio di rivendita di giornali). Ed invero con l’ultima istanza in data 4.9.2014 la ricorrente formula nella sostanza una richiesta di riesame delle determinazioni precedentemente adottate, già riscontrate con dinieghi espressi da parte dell’Amministrazione divenuti inoppugnabili. Ritenere ammissibile la domanda di accertamento del silenzio-rifiuto significherebbe consentire la riapertura dei procedimenti già definiti in sede amministrativa ovvero rimettere in discussione provvedimenti ormai divenuti inoppugnabili, non sussistendo l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere – e di conseguenza, non sussistendo un’ipotesi di silenzio-rifiuto – allorquando l’interessato, mediante la procedura del silenzio-rifiuto, intenda provocare il riesercizio del potere dell’Amministrazione (stimolando l’adozione di provvedimenti di riesame, come nella specie, laddove la richiesta è posta anche “ se del caso …. attraverso la modificazione della delibera di Giunta comunale n.229 del 23 agosto 2005”) rispetto al quale è ravvisabile una posizione, non di interesse legittimo, ma di mero interesse di fatto; deve quindi escludersi che, in tale ipotesi, sussista l’obbligo dell’Amministrazione di rideterminarsi o che comunque lo stesso segua obbligatoriamente all’istanza, secondo quanto richiesto dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990, attesa la natura discrezionale, anche nell’an dell’esercizio del potere di riesame, in ragione anche della specifica valutazione già espressa sulla inapplicabilità alla tipologia di attività della normativa sulle liberalizzazioni sopravvenuta (Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4309; Tar Campania, Napoli, sez. VII, 17 gennaio 2013, n. 363; Tar Lazio, Roma, sez. I, 5 maggio 2010, n. 9769; idem, sez. II, 2 ottobre 2013, n.8543). In altre parole, la domanda con cui la ricorrente ha chiesto il rilascio dell’autorizzazione all’ampliamento della concessione di suolo pubblico con riferimento al chiosco – reiterando la medesima istanza sulla quale l’Amministrazione si è già pronunciata con atti rimasti inoppugnati – non è idonea ad avviare un procedimento che la medesima Amministrazione abbia l’obbligo di concludere ai sensi del comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 241 del 1990. L’infondatezza dell’azione volta alla declaratoria dell’illegittimità del silenzio comporta l’insussistenza dei presupposti per l’azione di condanna al risarcimento dei danni patiti dalla ricorrente a causa dell’inerzia mantenuta dall’Amministrazione. 6. In definitiva , il ricorso in quanto infondato va respinto unitamente alla domanda di risarcimento dei danni. 7. La particolarità dell’articolata vicenda contenziosa giustifica la compensazione delle spese di giudizio tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati: Maddalena Filippi, Presidente Mariangela Caminiti, Consigliere, Estensore Maria Laura Maddalena, Consigliere L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 20/03/2015 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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