N. 01503/2015REG.PROV.COLL. N. 06160/2014 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 6160 del 2014, proposto da: Codacons, Associazione Utenti Autostrade, Giovanni Pignoloni, rappresentati e difesi dagli avv. Carlo Rienzi, Gino Giuliano, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Nazionale Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 73; contro Ministero dei Lavori Pubblici e dei Trasporti, in persona del Ministro p.t. e Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche delle Regioni Piemonte-Valle D'Aosta, Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche delle Regioni Lombardia-Liguria, Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche delle Regioni Veneto-Trentino Alto Adige-Friuli Venezia Giulia, Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche delle Regioni Emilia Romagna-Marche, Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche delle Regioni Toscana-Umbria, Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche delle Regioni Campania-Molise, Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche delle Regioni Puglia-Basilicata, Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche delle Regioni Sicilia-Calabria, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici, ope legis, domiciliano in Roma, Via dei Portoghesi 12; Comune di Grottaglie, Comune di Monzuno, Comune di San Benedetto Val di Sambro; nei confronti di Anas Spa, Autostrade per l’Italia Spa; per la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio - Roma: Sezione III n. 03650/2014, resa tra le parti, concernente silenzio serbato dall'amministrazione sulla richiesta di verifiche straordinarie delle strutture di protezione installate su ponti e cavalcavia delle autostrade e delle strade sopraelevate onde accertare il loro livello si sicurezza - risarcimento danni. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dei Lavori Pubblici e dei Trasporti e di e dei Provveditorati Interregionali per le Opere Pubbliche intimati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2015 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Esposito (su delega di Rienzi); Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Codacons, Associazione Utenti Autostrade e il sig. Giovanni Pignaloni appellano la sentenza TAR Lazio, Sezione III, 2 aprile 2014, n. 3650, con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso avverso il silenzio inadempimento serbato dagli Uffici Interregionali per le OO.PP. nei confronti di plurime istanze presentate al fine di far adottare misure idonee a garantire la sicurezza stradale degli utenti. Conseguentemente è stata dichiarata l’inammissibilità delle domande volte a dichiarare l’obbligo della Amministrazione a provvedere e della relativa condanna al risarcimento danni. Le parti appellanti si dolgono della statuizione di primo grado adducendo, in primo luogo, la erronea, insufficiente, contraddittoria ed illogica motivazione della sentenza. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del D.M. del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 29 aprile 2011, n. 167. Contrariamente a quanto affermato dalla sentenza di primo grado il tenore delle richieste formulate sarebbe stato diretto a sollecitare un’attività tutt’altro che generica e diffusa, ma puntualmente individuata e volta a sollecitare l’attivazione dei poteri e delle competenze normativamente attribuite alle amministrazioni destinatarie della diffida. La piena ammissibilità del ricorso, inoltre, risiederebbe nella circostanza che di fronte alle istanze dei privati sussisterebbe sempre un obbligo di provvedere, ove l’iniziativa nasca da una situazione soggettiva protetta dalle norme e di cui sia portatore un soggetto che vanti un interesse differenziato e qualificato. Con il secondo motivo di gravame parte appellante lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 L. 241/1990 e art. 97 Cost. e conseguente risarcibilità del danno causato dall’inerzia dell’Amministrazione. Dalla dimostrazione della ammissibilità del ricorso discenderebbe l’ulteriore conseguenza del dovere del giudice amministrativo di pronunciarsi sul merito del ricorso, dovendo, in caso di fondatezza della domanda, dichiarare l’obbligo dalla P.A. di adottare un provvedimento di accoglimento. Viene, infine, riproposta la domanda di condanna dell’Amministrazione al risarcimento danni, da quantificarsi in via equitativa, derivante dal silenzio serbato sull’istanza all’utenza di strade e autostrade, costretta a viaggiare in condizioni di sicurezza inadeguate e dei danni subiti da Codacons che, in qualità di associazione a Associazione a tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti, vantava fin dall’origine della presente vicenda un interesse qualificato ad ottenere un riscontro in merito all’atto di diffida inoltrato e volto a sollecitare i sopra rappresentati interventi. Si è costituito il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per resistere al ricorso in oggetto. Alla Camera di Consiglio dell’8 gennaio 2015, il ricorso è stato discusso e trattenuto in decisione. DIRITTO Viene in decisione il ricorso in appello n.r.g. 6160/2014 con il quale Codacons, Associazione Utenti Autostrade e il sig. Giuseppe Pignaloni chiedono che venga riformata la sentenza TAR Lazio, Sezione III, 2 aprile 2014 n. 3650. Con la citata decisione, il giudice di prime cure ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso volto a vedere dichiarata l’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione, in quanto l’istanza avanzata non appariva tesa all’adozione di un provvedimento amministrativo specifico, ma allo svolgimento di attività amministrativa di vigilanza e sollecito nei confronti di terzi, genericamente intesa. L’appello è infondato e deve essere respinto. La procedura intesa alla formazione del c.d. “silenzio-inadempimento” riguarda le ipotesi in cui, di fronte alla formale richiesta di un provvedimento da parte di un privato, costituente cioè atto iniziale di una procedura amministrativa normativamente prevista per l’emanazione di una determinazione autoritativa su istanza di parte, la p.a. ometta di provvedere entro i termini stabiliti dalla legge. E dunque, l’omissione dell’adozione del provvedimento finale assume il valore di silenzio-inadempimento (o rifiuto) solo nel caso in cui sussisteva un obbligo giuridico di provvedere, cioè di esercitare una pubblica funzione attribuita normativamente alla competenza dell’organo amministrativo destinatario della richiesta, attivando un procedimento amministrativo in funzione dell’adozione di un atto tipizzato nella sfera autoritativa del diritto pubblico. (cfr. Cons. St., Sez. VI, sent. 22 maggio 2008, n. 2458). Presupposto per l’azione avverso il silenzio è, dunque, l’esistenza di un obbligo in capo all’Amministrazione di adottare un provvedimento amministrativo esplicito, volto ad incidere, positivamente o negativamente, sulla posizione giuridica e differenziata del ricorrente. Il rimedio processuale di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a., pertanto, non è esperibile contro qualsiasi tipologia di omissione amministrativa. Lo scopo dell’istituto è quello di fare ottenere al ricorrente un provvedimento esplicito dell’amministrazione, sicché ne restano esclusi non solo i casi di silenzio significativo (assenso o diniego), ma anche gli obblighi di eseguire che richiedono, per il loro rispetto, una attività materiale – con corrispondente potestà, non obbligo, dell’amministrazione di tipo esecutivo o esecutoria - e non provvedimentale. (cfr. Cons. St., sez. IV, 20 settembre 2006, n. 5500). Nel caso di specie, invece, come correttamente affermato dalla sentenza di primo grado, non ricorrono tali presupposti, posto che gli appellanti hanno attivato lo strumento del ricorso avverso il silenzio per far accertare l’illegittimità di una mancata attività amministrativa generica – di vigilanza e stimolo – e non l’adozione di un provvedimento specifico derivante da obblighi di legge su istanza del soggetto interessato. L’istanza presentata dalle parti appellanti era, infatti, espressamente volta a richiedere ai Provveditorati Interregionali OO.PP. di “voler utilizzare ogni strumento consentito dalla legge e dal rito allo scopo di stimolare gli Enti proprietari delle strade sovrappassanti, a ciò tenuti ai sensi dell’art. 14 del Codice della Strada, ad adoperarsi per ottenere che gli stessi pongano in essere tutti i controlli necessari ad accertare la situazione e a disporre immediate verifiche straordinarie delle strutture di protezione installate su ponti e cavalcavia e le strutture che lo compongono (barriere laterali, in particolare) rispondano alla normativa, tecnica, vigente e, in ogni caso, se le riparazioni e manutenzioni straordinarie siano state fatte fino ad ora effettuate e se si, siano eseguite secondo le regole dell’arte”. Tali richieste sono connotate dall’adozione di un’attività meramente generica e non dalla adozione di un provvedimento specifico derivante da obblighi di legge su istanza del soggetto interessato, in quanto richiedenti l’adozione di poteri di vigilanza nei confronti di soggetti terzi. Né appaiono persuasivi i riferimenti giurisprudenziali (cfr. Cons. St., sez. VI, sent. 17 maggio 2007, n. 2318 e sez. IV, sent. 14 dicembre 2004, n. 7975) riproposti anche in questa sede, in base ai quali è stato riconosciuto l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere anche in assenza di una espressa previsione legislativa che tipizzi l’istanza del privato. I precedenti citati, infatti, pur riconoscendo l’obbligo delle amministrazioni di pronunciarsi su ogni istanza palesemente non abnorme presentata dai privati, precisano che tale obbligo sussiste ogni qualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongano l’adozione di un provvedimento espresso. (cfr. Cons, St. sent. 7975/2004 cit.). Senza, dunque, discostarsi dai precedenti giurisprudenziali, viene riconosciuto come presupposto necessario per l’attivazione dell’Amministrazione e, conseguentemente, per l’esperimento dell’azione avverso il silenzio, la finale adozione di un provvedimento amministrativo, che benché non tipizzato, sia espressivo di un potere procedimentalizzato dall’Amministrazione competente. Nel caso di specie, invece, l’istanza dei privati era diretta all’adozione di poteri di vigilanza e controllo nei confronti di soggetti terzi, senza che dalla stessa potesse scaturire l’adozione di un provvedimento amministrativo specifico. Confermata l’inammissibilità del ricorso avverso il silenzio-rigetto e l’insussistenza dell’obbligo di pronunciarsi delle Amministrazioni, si deve, altresì, confermare l’inammissibilità della domanda di condanna dell’Amministrazione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno per la mancata adozione delle misure richieste dagli istanti. Pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni, l’appello va respinto. Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna in solido gli appellanti alle spese del presente giudizio, che liquida in € 3.000,00, oltre I.V.A. e C.P.A. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati: Riccardo Virgilio, Presidente Nicola Russo, Consigliere, Estensore Fabio Taormina, Consigliere Raffaele Potenza, Consigliere Andrea Migliozzi, Consigliere L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 19/03/2015 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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