I congedi a tutela della genitorialità nell`Unione europea

Working Paper
Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del lavoro e sulle Relazioni industriali
I congedi a tutela
della genitorialità
nell’Unione europea
Un quadro comparato per rileggere il Jobs Act
Valeria Viale
ADAPT Professional Fellow
Ricercatrice Isfol
Rosita Zucaro
Scuola di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro
ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo
Working Paper ADAPT, 10 aprile 2015, n. 175
ISSN 2240-273X – Registrazione n. 1609, 11 novembre 2001 – Tribunale di Modena
Si segnala che le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero
dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’amministrazione di appartenenza.
2
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INDICE
Premessa ..................................................................................................................
4
1.
Il quadro di riferimento europeo ......................................................................
6
2. La tutela della genitorialità in Danimarca, Francia, Germania, Norvegia,
Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Svezia ............................................................
11
2.1 I congedi di paternità e parentali: la disciplina in tutta l’EU28 ......................
20
3. Una riforma in itinere. Il caso italiano e le novità in materia di congedi
contenute nel Jobs Act .............................................................................................
26
4.
27
Prospettive de iure condendo ...........................................................................
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3
Premessa
La condivisione dei carichi legati alla genitorialità, tra i genitori lavoratori, è una
delle premesse per l’esercizio del diritto alla cura. La legislazione europea, però, in
tema di famiglia e lavoro ha teso a rafforzare per lo più il ruolo della madre lavoratrice,
a detrimento di quello dei padri lavoratori, sebbene la valorizzazione di entrambi i ruoli
e il riequilibrio nei carichi di cura sia presente nell’agenda europea da almeno 30 anni.
In questa direzione sono comunque stati avviati vari tentativi.
Nella Raccomandazione 92/241/CEE del Consiglio del 31 marzo 1992, Sulla
custodia dei bambini, viene espressamente richiesta una maggior partecipazione dei
padri nella cura dei figli, e la promulgazione di una legislazione che sia gender
neutral, al fine di dare ai genitori che lavorano specifici diritti in materia di congedi
parentali1.
Successivamente le direttive 96/34/CE2 e 92/85/CEE3 sono state oggetto di riforma,
cui risultato è stata la Direttiva 2010/18/EU4, entrata in vigore l’ 8 marzo del 2012.
Con essa le parti sociali europee hanno concluso un nuovo accordo quadro sul congedo
parentale, che estende la durata dello stesso a quattro mesi per ciascun genitore e si
applica a tutti i lavoratori e a tutte le tipologie contrattuali. È evidente, quindi, come ne
venga riconosciuto un ruolo fondamentale per conciliare vita professionale e
responsabilità familiari e nella promozione della parità di trattamento tra gli uomini e le
donne.
L’Unione Europea considera di fondamentale importanza l’affermazione e lo
sviluppo di politiche di genere e di pari opportunità, quali strumenti essenziali per
la crescita, la prosperità e la competitività. Si evidenzia, in tal modo, la trasversalità
delle azioni ad esse connesse e la necessaria attenzione alla dimensione di genere. Tra
gli obiettivi, quindi, la valorizzazione del ruolo femminile nel mondo del lavoro, che
metta uomini e donne sul piano dell’effettiva parità lavorativa, ma anche familiare
avendo ricadute positive nel campo dell’economia, delle condizioni di lavoro e delle
scelte legate alla funzione genitoriale.
L’Europa ponendo l’obiettivo dell’innalzamento dell’occupazione femminile come
motore di sviluppo sottolinea al tempo stesso che gli interventi a favore
dell’occupazione si colleghino con quelli per la conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro.
1
Art. 2, Raccomandazione 92/241/CEE del Consiglio del 31 marzo 1992 Sulla custodia dei bambini
Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. L 123 del 08/05/1992, pag. 0016 – 0018.
2
del Consiglio del 3 giugno 1996 concernente l'accordo quadro sul congedo parentale concluso
dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES.
3
del Consiglio del 19 ottobre 1992 Concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il
miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di
allattamento.
4
del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l'accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale
concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE.
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Pertanto, se si vuole sciogliere il nodo della scarsa partecipazione delle donne alla
vita economica e sociale, le problematiche di work life-balance devono essere
affrontate a vari livelli.
Nel contesto italiano, dove è in fase di approvazione il decreto legislativo sulla
conciliazione vita-lavoro, in attuazione della legge delega n. 183/2014, meglio nota
come Jobs Act, è necessario, introdurre strumenti legislativi innovativi nella
direzione aperta dalla Legge 8 marzo 2000, n. 53 sui congedi parentali. Tale normativa
applica in Italia la direttiva 96/34/EC che, come accennato, definisce il congedo
parentale e i requisiti minimi per facilitare la conciliazione delle responsabilità familiari
e professionali.
Il congedo parentale è uno strumento volto a favorire la conciliabilità tra il ruolo
di genitore e quello di lavoratore, garantendo a entrambi i genitori la possibilità di
trascorrere più tempo con i propri figli, agevolando la partecipazione delle donne al
mercato del lavoro e incoraggiando un maggiore coinvolgimento dei padri nella cura dei
figli. Recenti studi di alcuni organismi internazionali rilevano che i Paesi caratterizzati
da una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro sono quelli che
otterrebbero dall’aumento dell’occupazione femminile un maggior vantaggio in termini
di crescita5.
In particolare, poi, la grave perdita economica rappresentata dal gender gap è
stata da ultimo quantificata nel recente studio del Fondo Monetario
Internazionale, Fair Play: More Equal Laws Boots Female Labor Force
Partecipation, in cui si legge che se venisse colmato il divario, il PIL aumenterebbe del:
5% negli Stati Uniti, 9% in Giappone, 15% in Italia. Il rapporto evidenzia anche che i
congedi di maternità possono senza dubbio contribuire a una maggiore
partecipazione femminile al mercato del lavoro, ma gli effetti che ne scaturiscono
non sono lineari. In altre parole, mentre politiche per le famiglie correttamente
progettate possono favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro, lunghi
periodi di congedo, tenendo al di fuori del mercato del lavoro, rischiano di ridurre skill e
guadagni. Pertanto un congedo parentale utilizzato quasi esclusivamente dalle donne,
può, in contrasto a quello che costituirebbe il proprio obiettivo, favorire fenomeni di
discriminazione e segregazione orizzontale. Ciò implica che le politiche volte a
incoraggiare un riequilibrio nei carichi genitoriali possono favorire, da una parte un più
rapido ritorno al lavoro delle madri e dall’altra incidere sulle differenze di genere
citate6.
Si evidenzia, inoltre, che i Paesi con bassi tassi d’occupazione e di natalità sono quelli
che hanno una copertura di servizi inferiore, vi è una minore disponibilità da parte dei
padri a prendere congedi parentali, le donne hanno un maggior carico di lavoro
domestico e vi è un elevato divario di genere nella condivisione dei carichi di cura.
Partendo dai presupposti descritti, il presente working paper, dopo una trattazione
del contesto di riferimento europeo in tema di congedi, contiene un’analisi di alcuni
5
6
OECD (2012), Closing the Gender Gap: Act Now,OECD Plubishing.
World Bank, World Development Report 2013: Jobs, Washington: World Bank, 2012.
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5
Paesi UE di riferimento in materia, passando poi ad una sintetica descrizione della
disciplina dei congedi di paternità e parentali in tutti i 28 Stati membri.
L’analisi comparata costituirà il presupposto per rileggere il recente intervento del
legislatore italiano in materia di congedi - dichiaratamente volto alla tutela della
maternità, nell’ottica di favorire, per tale via, l’occupazione femminile - rilevandone le
criticità e tracciando quelle che potrebbero costituire le prospettive de iure condendo, al
fine di rendere il testo normativo effettivamente più confacente agli obiettivi sottesi.
1. Il quadro di riferimento europeo
I congedi per motivi familiari, di cui possono usufruire i lavoratori con figli, sono un
importante strumento per bilanciare l’attività lavorativa con la vita privata.
Il vantaggio delle policy in tema di congedi, comparato ad altre misure di conciliazione,
è che questi possono avere un’influenza maggiore sullo sbilanciamento di genere che
persiste tra lavoro retribuito e non retribuito, al fine di ricondurlo ad un equilibrio. Il
saldo di questo specifico divario di genere, secondo l’ILO, dovrà essere raggiunto
attraverso un più significativo sviluppo sociale lungo l’arco del 21mo secolo7.
Sulla base della legislazione e anche della contrattazione collettiva di ciascun Paese, i
lavoratori hanno il diritto di usufruire di congedi di maternità, di paternità e parentali.
Il congedo di maternità è definito all’Art. 8, paragrafo 1, della Direttiva 92/85/CEE8;
mentre l’art. 11 specifica, in riferimento al periodo del congedo di maternità che
l’indennità:«è ritenuta adeguata se assicura redditi almeno equivalenti a quelli che la
lavoratrice interessata otterrebbe in caso di interruzione delle sue attività per motivi
connessi allo stato di salute, entro il limite di un eventuale massimale stabilito dalle
legislazioni nazionali». C’è, poi, da notare che il lasso temporale indicato dalla direttiva
rappresenta lo standard minimo e non ostacola previsioni di miglior favore da parte
degli Stati membri e non può essere interpretato in modo riduttivo rispetto a quanto
stabilito.
Nel 2008 la Commissione europea ha pubblicato una proposta di emendamento alla
Direttiva 92/85/CE9 che si uniforma alla Strategia di Lisbona per la crescita e
l’occupazione e al Patto europeo sulla uguaglianza di genere. Il tema chiave
dell’emendamento riguarda l’introduzione dell’estensione della durata del congedo
7
ILO, Global Wage Report 2014/2015. Wages and income inequality, Geneva 2015.
Articolo 8 Congedo di maternità 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le lavoratrici
di cui all'articolo 2 fruiscano di un congedo di maternità di almeno quattordici settimane ininterrotte,
ripartite prima e/o dopo il parto, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali. 2. Il congedo di
maternità di cui al paragrafo 1 deve includere un congedo di maternità obbligatorio di almeno due
settimane, ripartite prima e/o dopo il parto, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.
9
La proposta per una Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 03 ottobre 2008 che emenda la
Direttiva del Consiglio 92/85/CE sull’introduzione di misure che promuovano la sicurezza e la salute
della donna lavoratrice in stato di gravidanza, della donna che ha appena partorito e in allattamento
(COM(2008) 637 final). La proposta rientra nel cosiddetto "Work-life balance package” (Commission
MEMO 08/603).
8
6
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da 14 a 18 settimane. Oltre a poter usufruire della parte obbligatoria del congedo (sei
settimane dopo il parto) le donne avrebbero, così, l’opportunità di utilizzare la parte
restante dello stesso in maniera più flessibile, prima e dopo il parto.
Il Parlamento europeo, procedendo in prima lettura il 20 ottobre 2010, ha adottato la
Risoluzione con la quale si chiede un’ulteriore estensione del congedo di maternità a 20
settimane. Attualmente, la durata media del congedo di maternità nell’UE28 è di 23
settimane, dal set minimo di 14 settimane della Germania alle 58,6 della Bulgaria10.
In tema di durata del congedo di maternità, anche l’ILO11sostiene che la durata
dovrebbe essere innalzata da 14 a 18 settimane. Questa Raccomandazione divide gli
Stati membri in due gruppi: quelli che già garantiscono 18 settimane di congedo di
maternità e quelli che, invece, sono sotto lo standard minimo. La maggior parte degli
Stati membri si attengono già alla Raccomandazione (15 Stati membri), mentre 13 sono
ancora sotto la soglia minima.
Obiettivo della revisione della Direttiva è quello di rafforzare la salute e le misure
di sicurezza, riguardanti nello specifico la salute riproduttiva e la sicurezza sociale della
donna lavoratrice.
Il Paragrafo 1 della Clausola 2 dell’Accordo Quadro sul Congedo Parentale
attribuisce:«ai lavoratori, di ambo i sessi, il diritto individuale al congedo parentale per
la nascita o l’adozione di un bambino, affinché possano averne cura per un periodo
minimo di tre mesi fino a un’età non superiore a 8 anni determinato dagli Stati membri
e/o dalle parti sociali». Il Paragrafo 2 specifica che:«per promuovere la parità di
opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne le parti firmatarie del presente
accordo considerano che il diritto al congedo parentale dovrebbe, in linea di principio,
essere attribuito in forma non trasferibile». Al fine di incoraggiare un equilibrato
utilizzo dei congedi parentali da parte di entrambi i genitori, almeno uno dei quattro
mesi dovrebbe essere previsto su base non trasferibile. Le modalità di applicazione del
periodo non trasferibile sono attribuite alle decisioni legislative dei singoli Stati membri
e/o della contrattazione collettiva nazionale.
È grazie all’adozione della Direttiva 2010/18/UE che tutti gli Stati membri prevedono i
congedi parentali. La citata normativa europea definisce il congedo parentale come un
diritto individuale, ma gli Stati possono scegliere se mantenerlo tale o metterlo a
disposizione di entrambi i genitori. Essa prevede, inoltre, la durata minima di 4 mesi,
fino al compimento degli 8 anni del bambino.
In merito ai congedi di paternità, non essendo prevista a livello europeo una
legislazione in materia, non esiste una definizione comune. In virtù di come i congedi
di paternità sono implementati, a livello di ciascuno Stato membro, vige
un’interpretazione secondo cui questi sono un diritto specifico dei padri, che ne possono
usufruire contemporaneamente al periodo di congedo obbligatorio spettante alla madre
10
Il congedo di maternità in Bulgaria è espresso in giorni (410) che sono stati trasformati in settimane
(58,6) per renderlo comparabile con quello degli altri Stati membri che esprimono la durata del congedo
di maternità in settimane.
11
Recommendation 191 in connection with the Maternity Leave Convention (Convention 183) of 2000.
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7
o prima di usufruire dei congedi parentali. In riferimento a questi ultimi, come vedremo
nel corso dell’analisi, alcuni Stati membri prevedono la destinazione di parte dei
congedi parentali ai padri in modalità non trasferibile.
Nel 2010, con la già citata Risoluzione, il Parlamento europeo invita gli Stati
membri a valutare la possibilità di riconoscere ai lavoratori padri un congedo di
paternità pari a due settimane.
Il considerando 26 della stessa evidenzia, poi, che per aiutare i lavoratori a conciliare la
loro vita professionale e familiare, nonché a conseguire un’autentica parità di genere,
è essenziale che gli uomini abbiano diritto a un congedo di paternità retribuito.
Tradizionalmente i congedi tendono a esser visti e analizzati da una prospettiva che
considera le donne, le principali caregiver, prestando minor attenzione alla situazione
dei padri. È, però, importante riflettere sui congedi correlati alle responsabilità di cura
anche dal punto di vista paterno, questo soprattutto nell’ottica del tanto auspicato
innalzamento del tasso di occupazione richiesto dalla strategia Europa 2020.
Riassumendo: i congedi di maternità hanno lo scopo di tutelare la salute della donna in
gravidanza e quella del nascituro12, i congedi parentali si riferiscono ad un periodo
piuttosto lungo di astensione dal lavoro che è a disposizione di entrambi i genitori. I
congedi parentali diventano così un importante strumento per conciliare la vita
professionale con quella privata e promuovere pari opportunità e uguale
trattamento per uomini e donne13.
Come già precedentemente sottolineato, i congedi di paternità generalmente si
riferiscono ad un breve periodo di congedo, destinato in modo esclusivo ai padri,
successivo alla nascita del bambino. Malgrado non ci sia a livello europeo una
legislazione dedicata questa è stata introdotta nelle legislazioni di alcuni Stati membri
tra cui Italia, Francia, Paesi Bassi e Norvegia.
L’International Network on Leave Policies and Research14classifica i congedi parentali
nell’ambito di alcune categorie: congedi che possono essere divisi tra entrambi i
genitori; congedi che possono essere utilizzati da un solo genitore; e congedi misti. In
14 Stati membri i congedi parentali possono essere divisi tra i genitori (tra cui
Germania, Danimarca, Cipro). In 12 Stati membri si tratta di un diritto individuale (tra
cui Belgio, Francia, Grecia, Italia), mentre in Portogallo, Svezia e Norvegia i congedi
parentali comprendono due parti, una che può essere utilizzata in modalità condivisa e
un’altra che non può essere condivisa.
12
Dichiarazione universale dei Diritti umani (1948): la maternità e l’infanzia hanno diritto a cure e
assistenza speciali.
13
Direttiva 2010/18/UE.
14
Il network ha tra i suoi membri 35 paesi e ha come scopo lo scambio di informazioni sull’adozione dei
congedi nei singoli Paesi www.leavenetwork.org.
8
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Il recentissimo studio dell’Eurofound, Promoting uptake of parental and paternity leave
among fathers in the European Union15, evidenzia, poi, che nella maggior parte dei
Paesi europei sono riconosciuti benefici economici per i lavoratori con figli, che
usufruiscono dei congedi parentali. In alcuni Paesi questi benefici sono forfettari come
nel caso del Belgio e della Francia, ad esempio; in altri stati l’ammontare è correlato
proporzionalmente al salario percepito (Italia 30%, Polonia 60%, Germania 67% fino al
100% previsto dalla Danimarca); in otto Paesi (Croazia, Cipro, Grecia, Irlanda, Malta,
Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito), invece, se preso, il congedo parentale non è
retribuito.
In merito ai congedi di paternità, lo studio, illustra che in tutti e 28 gli Stati membri
sono previsti, ad eccezione di alcuni, tra cui Austria e Germania. In termini di durata i
congedi di paternità variano considerevolmente dal giorno obbligatorio previsto
dall’Italia16 ai 20 giorni del Portogallo, ai 30 della Lituania. Nella maggioranza dei casi
i congedi di paternità sono retribuiti dal sistema di previdenza nazionale; in Romania e
nei Paesi Bassi, in cui sono previsti rispettivamente 5 e 2 giorni, la retribuzione spetta
per intero ai datori di lavoro.
È necessario considerare che negli ultimi 20 anni le politiche di conciliazione
lavoro famiglia hanno acquisito sempre maggior importanza non solo in relazione
alla crescita economica e all’occupazione, ma anche perché fungono da volano per
la crescita demografica. Quest’ultima necessita, da un lato della ricerca di soluzioni
per aumentare i tassi di natalità e dall’altro di capire come la mole del lavoro di cura, cui
si fanno carico le donne possa essere distribuita in maniera più equa tra entrambi i
generi, al fine di aumentare l’indipendenza economica delle donne. L’esistenza dei
congedi dovrebbe contribuire al raggiungimento della parità di genere e supportare le
donne che desiderano tornare e/o rimanere nel mercato del lavoro.
Un recente studio del Parlamento europeo17 mette in evidenza che la maggior parte delle
donne, che usufruiscono dei congedi lo fanno con pochi effetti sulla loro partecipazione
al mercato del lavoro, in quanto le retribuzioni durante la durata di questi rimangono
basse.
L’Impact Assessment Report della Commissione europea18 sottolinea invece che il
basso tasso di occupazione femminile in generale e delle donne, con figli piccoli in
particolare, potrebbe subire un incremento se venissero offerte misure che migliorino la
conciliazione vita lavoro, purché ciò non implichi maggiori costi per i datori di lavoro.
15
Eurofound, Promoting uptake of parental and paternity leave among fathers in the European Union,
Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2015.
16
La legge 28 giugno 2012, n. 92 ha introdotto in via sperimentale, per il triennio 2013-2015, misure a
sostegno della genitorialità.
17
Directorate general for internal policies, Policy Department C: Citizens rights and Constitutional Affairs
Women Rights & Gender Equality, Maternity, paternity and parental leave: Data related to duration and
compensation rates in the European Union, febbraio, 2015.
18
Nel 2008 la Commissione ha integrato la proposta di revisione della Direttiva 92/85/CE nel quadro
politico con lo scopo di aumentare il livello di occupazione e in particolare quello delle donne.
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9
Altro aspetto degno di analisi riguarda le percentuali di coloro che usufruiscono dei
congedi parentali e di paternità. Poche sono le ricerche e ancor meno i dati disponibili
che possono essere comparati. Non è facile stabilire quali siano in Europa le tendenze
che illustrano chi sono, e quanti sono, coloro che utilizzano i congedi parentali e di
paternità, ad ogni buon conto la media europea dei padri che usufruiscono dei
congedi parentali in Europa si attesta al 10,1% 19.
La tendenza, che emerge maggiormente dagli indicatori forniti dalle fonti statistiche
nazionali, è che la percentuale degli uomini che usufruiscono dei congedi parentali e di
paternità è in crescita nella maggior parte degli Stati membri, anche se generalmente
rimane ancora piuttosto bassa. C’è ancora, quindi, margine per migliorare l’equilibrio
tra i genitori, su chi debba usufruire o meno dei congedi parentali20.
In Italia, ad esempio, chi usufruisce maggiormente dei congedi parentali sono le
donne, anche se la percentuale degli uomini, che usufruiscono dei congedi parentali sta
aumentando. Nel 2010 gli uomini, che ne hanno usufruito erano il 9,7%, nel 2012 la
percentuale si attesta all’11%21. Anche i dati Istat (2011) confermano questa tendenza:
solo il 6,9% dei lavoratori con figli sotto gli 8 anni di età ha usufruito dei congedi
parentali. In controtendenza, neanche, i dati elaborati dall’ufficio statistico dei Paesi
Bassi: nel 2013 i padri lavoratori che hanno usufruito dei congedi parentali sono stati il
24% contro il 57% delle donne lavoratrici madri.
Sulla base dell’osservazione in tema effettuata dall’International Network on Leave
Policies and Research22laddove i congedi parentali possono essere fruiti in modalità
condivisa l’utilizzo che ne fanno i padri è piuttosto basso. Nel caso in cui, però, il
congedo sia connotato come diritto individuale e relativamente ben retribuito, i
padri ne fanno un uso maggiore. Questo è confermato dalle legislazioni in materia nei
Paesi del Nord Europa, come Danimarca, Islanda, Norvegia e Svezia. Essi prevedono il
congedo parentale come diritto individuale (quota papà) e un livello di retribuzione che
arriva anche al 100% (Norvegia).
Alcuni Stati membri, recentemente, hanno cominciato a implementare iniziative
per promuovere l’utilizzo dei congedi parentali e di paternità. Nei sistemi, ad
esempio, che prevedono congedi parentali, che possono essere utilizzati da entrambi i
genitori, uno strumento ampiamente usato per promuoverne l’utilizzo da parte dei padri
è quello di prevedere un bonus in termini di ampliamento della durata o in termini
economici. In Austria è garantito un bonus da due a sei mesi se entrambi i genitori
usufruiscono del congedo parentale. La durata del congedo parentale è fino a 36 mesi,
30 mesi se non è condiviso tra entrambi i genitori.
19
European Parliament, Directorate general for Internal Policies Policy department C. Citizens’ Rights
and Constitutional Affairs Women’s Rights & Gender Equality, Maternity, paternity and parental leave:
Data related to duration and compensation rates in the European Union, febbraio, 2015.
20
Eurofound, op. cit., 2015.
21
Fonte INPS.
22
10th International Review of Leave Policies and Related Research, 2014.
10
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Un’altra policy attuata per promuovere l’utilizzo dei congedi parentali da parte dei
padri è quella di offrire l’opzione di utilizzare il congedo parentale part-time. Uno dei
vantaggi è la grande flessibilità che questa modalità consente, i genitori non sarebbero
completamente esclusi dal mercato del lavoro durante il periodo di congedo con la
possibilità, poi, di poter conciliare il lavoro con la vita privata più facilmente. I Paesi
Bassi prevedono per legge il congedo parentale part-time, il tempo pieno è possibile
solo con l’accordo del datore di lavoro.
Anche l’utilizzo del congedo di paternità sta aumentando in quasi tutti i Paesi
europei attraverso l’implementazione di differenti misure tra cui il congedo di
paternità obbligatorio (Italia, Portogallo). Rispetto, però, al congedo di maternità, il
congedo di paternità è su base volontaria nella maggior parte degli Stati membri. Grandi
differenze tra i Paesi UE esistono anche sulla lunghezza massima del congedo di
paternità (i padri finlandesi hanno un congedo di paternità di 54 giorni, il più lungo in
Europa).
Dall’analisi condotta, si evincono in particolare i seguenti aspetti, che possono portare
ad effetti positivi: garantire il congedo parentale con una quota esclusiva per i padri
promuove la paternità, soprattutto se il partner non è in congedo nello stesso lasso di
tempo, e facilita anche il reingresso della madre nel mercato del lavoro dopo la
maternità e dopo il congedo parentale. Creando, quindi, le condizioni per una
distribuzione dei carichi di cura che sia più bilanciata tra entrambi i genitori, si potrebbe
contribuire in modo più incisivo all’aumento della presenza e della permanenza delle
donne nel mercato del lavoro.
2. La tutela della genitorialità in Danimarca, Francia,
Germania, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e
Svezia
Danimarca
In Danimarca, il congedo di maternità è pari a 18 settimane di cui 4 prima del parto
e 18 dopo, retribuito al 100% - finanziato sia dal datore di lavoro, che a livello statale –
per un importo massimo pari ad € 546 a settimana. Le due settimane dopo il parto sono
obbligatorie. Si ha diritto al congedo di maternità, se si è risieduto in Danimarca da
almeno 6 settimane.
Il congedo di paternità è invece un diritto che spetta solo ai lavoratori dipendenti, per
un totale di due settimane da usufruire durante le prime 14 settimane dopo la
nascita, retribuito come il congedo di maternità.
Il congedo parentale invece è pari a 32 settimane da condividere (in continuazione
a quello di maternità, di paternità o di altro congedo parentale di cui sta usufruendo
l’altro genitore) e può essere goduto fino ai 9 anni del bambino, retribuito sia da parte
del datore di lavoro, che a livello statale, come il congedo di maternità. Ad esso si
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11
aggiunge un diritto individuale di 8 settimane non retribuito. È possibile concordare con
il datore di lavoro di lavorare a part-time per tutto il congedo o solo per periodi.
In Danimarca le politiche sui congedi sono fortemente disciplinate non solo dalla
legislazione nazionale, ma anche dalla contrattazione collettiva nazionale e
aziendale, le quali coprono circa il 75% della forza lavoro. Tutti i dipendenti di sesso
maschile, coperti da contratti collettivi ricevono una retribuzione piena durante il
congedo di paternità, in quanto la sovvenzione statale viene integrata dal datore di
lavoro. In supporto ai datori di lavoro per finanziare tali costi, è stato istituito nel 1996
un sistema di fondi di rimborso per il congedo e dal 2006, tutti i datori di lavoro
pubblici e privati sono obbligati a essere membri dello stesso. Questo, pertanto,
consente a tutti i dipendenti, con un tetto massimo per quelli con stipendi più alti, di
ricevere una retribuzione piena durante maternità e paternità, senza costi diretti per il
datore di lavoro.
Un monitoraggio effettuato nel 2010 ha dimostrato che è aumentato il numero di
lavoratori padri che hanno usufruito del congedo, a seguito della ricezione di una
retribuzione piena, nel corso dello stesso. Mentre i datori di lavoro hanno riferito di
essere più favorevoli verso gli uomini, che prendono il congedo rispetto al passato e, in
generale, sono positivi sul sistema dei fondi. Nel 2009, il 61% dei padri danesi ha
usufruito delle due settimane di congedo di paternità23.
Francia
Le politiche rivolte alla famiglia in Francia si sono evolute lungo un percorso teso
all’inizio degli anni ’70 ad aumentare il tasso di natalità e compensare i costi che le
famiglie sopportavano per i figli, fino ad arrivare all’implementazione di misure e
strumenti volti alla conciliazione lavoro famiglia, lasciando ai genitori libertà di scelta
tra cure parentali, servizi rivolti all’infanzia, pubblici e/o privati. Il sistema di misure è
variegato, l’uso dei servizi di cura dipende dalla situazione lavorativa dei genitori e
dalla loro situazione economica. Nel 2007 il 64% dei bambini, al di sotto dei tre anni,
con genitori occupati, hanno usufruito di servizi di cura formali, contro l’8% dei
bambini cui almeno un genitore non era occupato (Exchange of good practices on
gender equality parenting in France, 2013 – IRS, ÖSB).
Attualmente, la famiglia ha espresso bisogni diversi cui il Governo francese ha dato
risposta. Il 26 novembre 2014 è entrata in vigore la LOI n° 2014-873 du 4 août 2014
pour l'égalité réelle entre les femmes et les hommes. Il testo normativo è molto ampio
e va dalla protezione delle donne da qualsiasi forma di violenza, alla ripartizione
equilibrata dei carichi di cura all’interno della coppia. Attraverso di esso si stabilisce il
principio della divisione delle responsabilità, ponendo l’accento sul fatto che gli uomini
devono assumersi responsabilità assieme alle donne per contribuire al raggiungimento
dell’uguaglianza.
23
L. Bloksgaard, T. Rostgaard, Denmark country note, in P. Moss (ed.), International Review of Leave Policies and
Research, 2013.
12
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Con il nuovo testo, per il primo figlio il congedo parentale è portato da sei mesi ad
un anno, a condizione che esso sia fruito da entrambi genitori, altrimenti il periodo
di congedo sarà di sei mesi. A partire, invece, dal secondo figlio, fermo restando il
limite sino ai tre anni di età del bambino, la durata massima del congedo è pari a 36
mesi. Ciascuno dei due genitori potrà usufruire sino ad un massimo di 24 mesi. Se uno
dei due genitori usufruisce del congedo per 24 mesi, i 12 restanti dovranno essere presi
dal secondo genitore per poter beneficiare della durata massima. L’elemento
caratterizzante questa tipologia di congedo è la non trasferibilità tra i genitori.
Il congedo di maternità è obbligatorio e ha una durata di 16 settimane, almeno due
settimane devono essere utilizzate prima della nascita, il periodo rimanente potrà essere
fruito prima o dopo la nascita del bambino.
I padri, invece, hanno diritto a 11 giorni di congedo di paternità che deve essere
fruito entro quattro mesi dalla nascita del bambino. I dati disponibili24 mostrano che
circa i 2/3 (62%) dei padri che ne hanno diritto usufruiscono del congedo di paternità.
Questa modalità di utilizzo dei congedi parentali e di paternità grazie alla riforma
strutturale entrata da poco in vigore, ha principalmente due obiettivi, accrescere i
tassi di occupazione femminile, riequilibrare i carichi di cura familiare e
consentire il superamento di quelle resistenze culturali di cui i padri, che vogliono
occuparsi dei figli, sentono tutto il peso.
Germania
Il sistema tedesco relativo ai congedi sembra essere abbastanza gender equal; ad
entrambi i genitori, infatti, sono garantiti gli stessi diritti, e le norme a disposizione
consentono lunghi periodi da dedicare sia ai carichi di cura che all’attività lavorativa.
Sulla base della legislazione federale Bundeselterngeld - und Elternzeitgesetz (BEEG)
entrambi i genitori hanno diritto a usufruire del congedo parentale fino a tre anni
dalla nascita del bambino (156 settimane). Molti contratti collettivi e di secondo
livello estendono il congedo parentale fino a 12 anni, o nel settore pubblico, fino a 18
dal secondo figlio25.
Ai genitori è consentito di usufruire del congedo parentale anche durante lo stesso
lasso di tempo. Ciascun genitore ha diritto a ricevere un’indennità pagata dallo
stato federale pari il 67% del guadagno medio relativo ai 12 mesi, che precedono la
nascita del bambino. Tale indennità si applica a livello federale, ma alcuni Länder
pagano un’ulteriore indennità basata sul reddito.
Dal 2013 è entrata in vigore la regolamentazione riguardante i nuovi vantaggi
economici per i congedi parentali. Si tratta di indennità rivolte ai genitori i cui figli
24
J. Fagnani, D. Boyer, and O. Thévenon, France country note, in P. Moss (ed.) International Review of
Leave Policies and Research, 2014.
25
The Council of Europe, Family database, www.coe.int/familypolicy/database
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13
sono nati dopo il 30 luglio 2012 e che non usufruiscono di servizi di cura pubblici.
Queste sono erogate a seguito del congedo parentale e pagate indipendentemente dallo
status occupazionale del genitore.
Il congedo di maternità è previsto per 14 settimane di cui sei settimane possono
essere utilizzate prima della nascita e otto dopo la nascita del bambino. Le lavoratrici
possono scegliere di continuare la loro attività lavorativa sino alla nascita del bambino,
ma per tutelare la salute della madre le otto settimane seguenti la nascita sono
obbligatorie.
Data l’ampiezza del diritto ai congedi parentali che possono essere utilizzati da
entrambi i genitori, per i padri tedeschi non è previsto il congedo di paternità.
Dal Familienreport 201226 emerge che i padri che hanno usufruito del congedo
parentale e ricevuto la relativa indennità hanno consentito alle madri un più facile
reingresso nel mercato delle lavoro.
I risultati del monitoraggio dell’indennità erogata in funzione del congedo
parentale, richiesto dal Ministero Federale per gli Affari della Famiglia, hanno
mostrato che i padri, che tra il 2007 e il 2010, hanno usufruito del congedo
parentale hanno passato più tempo con i figli in un qualsiasi giorno della settimana
(7 ore) rispetto a coloro che non ne avevano usufruito (3 ore). La media del tempo
che le madri trascorrevano con i loro figli è così, proporzionalmente diminuita; hanno
utilizzato il tempo recuperato per rientrare prima nel mercato del lavoro.
I dati del rapporto evidenziano che le madri, i cui partner hanno usufruito dei congedi
parentali sono più inclini ad essere occupate.
Norvegia
Nel sistema dei congedi norvegesi non c’è un lessico comune. Il Work Environment
Act (2005) di responsabilità del Ministero del Lavoro, che garantisce il congedo, ma
non l’aspetto economico ad esso legato, utilizza il termine “congedo di gravidanza”
per indicare il periodo di congedo prima della nascita e “congedo per nascita” per
indicare le sei settimane seguenti. Il termine congedo parentale si riferisce, invece,
al restante periodo.
Il congedo, prima e dopo la nascita, ha una durata massima di 54 settimane. Di
queste nove sono per la madre (equiparabili al congedo di maternità) e sei sono per il
padre (quota papà). Le restanti 39 settimane sono un diritto che può essere utilizzato da
entrambi i genitori.
La Norvegia è stato il primo Paese a riservare una parte del congedo parentale ai
padri. I congedi parentali gender neutral sono stati messi a disposizione dei padri sin
dagli anni ’70, ma in pochi coglievano l’opportunità di condividere il congedo con la
madre. La quota papà, introdotta nel 1993, non può essere trasferita alla madre, dando
26
Familienreport 2012, http://www.bmfsfj.de/blaetterkatalog/195574/blaetterkatalog/index.html.
14
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così il diritto esclusivo ai padri di usufruire di quattro settimane di congedo parentale.
Durante i daddy leave entrambi i genitori possono essere in congedo.
Il congedo di paternità è divenuto più flessibile nel 2007, esso può essere preso con
gradualità e combinato con il lavoro part-time, sino al compimento dei tre anni di età
del bambino. Il congedo di paternità non è retribuito, ma l’indennità è stabilita dai
contratti collettivi di lavoro.
Il sistema dei congedi è estremamente flessibile, essi possono essere fruiti in uno o
più blocchi o lungo un arco temporale continuativo ed è visto come una soluzione win
to win, per i bambini, per i padri e per le madri. Nel 2008 il 97% degli uomini che
avevano diritto al congedo ne hanno usufruito.
L’introduzione della quota papà in Norvegia ha fatto chiaramente emergere quello che è
lo scopo di introdurre nel sistema dei congedi il congedo di paternità: promuovere
l’uguaglianza di genere tra uomini e donne in ambito familiare ha ricadute
estremamente positive anche sul mercato del lavoro, in particolare in termini di aumento
dell’occupazione femminile.
Paesi Bassi
Nel 2001 il governo dei Paesi Bassi ha introdotto nell’ordinamento nazionale il Dutch
Work and Care Act del 2011 che regola le condizioni di: congedo di maternità,
paternità, congedo parentale, congedo in caso di adozione e affidamento, congedi
di breve durata, congedi di lunga durata e congedi per emergenza.
In esso sono compresi una serie di provvedimenti volti a proteggere la salute e la
sicurezza della donna lavoratrice e a garantire alle famiglie con bambini la
possibilità di un miglior bilanciamento tra i carichi di cura e il lavoro al fine di
supportare la partecipazione delle donne in ambito lavorativo. La partecipazione
all’attività professionale dovrebbe in questo modo esercitare una maggior attrattiva,
rispetto al lasciare il lavoro per sostenere i carichi di cura.
Dal 2005 i congedi di cura per lunghi periodi sono stati incorporati nei congedi
parentali attraverso anche un sistema di credito d’imposta così da offrire al
lavoratore una compensazione economica. Dal 2009 il congedo parentale è
raddoppiato passando da tredici a ventisei settimane.
Il congedo di maternità è pari a sedici settimane; sei settimane prima della nascita
del bambino e le altre dieci possono essere utilizzate dopo. Il congedo può iniziare tra le
sei e le quattro settimane prima della data presunta del parto. Il congedo è obbligatorio,
alle lavoratrici in gravidanza non è permesso lavorare nelle quattro settimane precedenti
la nascita del bambino e durante le sei settimane seguenti la nascita.
Per il padre lavoratore sono previsti due giorni di congedo da poter utilizzare
entro quattro settimane dalla nascita. Il congedo può essere utilizzato da uomini e
donne lavoratori, che sono partner della donna, che ha dato alla luce il bambino o
dell’uomo, che lo ha riconosciuto.
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Il governo ha previsto un congedo parentale pari a 26 settimane per i primi otto
anni del bambino, è un diritto individuale e non trasferibile e deve essere utilizzato
part-time. Il lavoratore lavorerà il 50% dell’orario di lavoro previsto nell’arco di 12
mesi. I genitori che utilizzano il congedo parentale hanno diritto a una tassazione
agevolata (sino al 2015). Sulla base di una scelta individuale il congedo può essere
fruito da entrambi i genitori nello stesso periodo di tempo.
Già a metà degli anni ’80 il sistema di policy dei Paesi Bassi aveva introdotto il
concetto di “work and care”: combinando il sistema lavoro con la cura venne
identificato per la prima volta, quello che è stato l’obiettivo del Policy Plan
Emancipation, ossia l’indipendenza economica della donna era vista come il
prerequisito per la sua emancipazione. Dall’altro lato c’era la necessità di aumentare i
tassi di partecipazione attiva delle donne al mercato del lavoro, necessità ancora più
forte per le donne con figli piccoli. Pertanto, da quell’epoca in poi, si sono susseguite
una serie di misure volte ad introdurre il sistema di congedi descritto.
Regno Unito
Il sistema inglese è caratterizzato da una tendenza alla residualità delle prestazioni
sociali e da un limitato intervento del pubblico, favorendo generalmente soluzioni
di mercato. Ad ogni buon conto, però, a partire dagli anni Settanta fino ad oggi, la
citata tendenza ha avuto un costante ridimensionamento.
Per quanto attiene alle politiche statali a sostegno della famiglia, si evidenziano i
Child benefit, ovvero gli “assegni familiari” di importi settimanali, il cui ammontare
varia a seconda, che si tratti di primo o secondo figlio; il Child Tax Credit (CTC) e il
Working Tax Credit (WTC), corrisposti nella forma del “credito di imposta”. Mentre il
Child Tax Credit supporta in generale le persone che hanno figli ed è concesso a chi si
occupa del bambino, il Working Tax Credit costituisce una misura rivolta ai lavoratori
per il sostengo dei bassi salari, che prevede uno specifico elemento (childcare element)
per il rimborso delle spese di cura sostenute dai genitori che lavorano, finalizzato,
peraltro, a rendere comunque conveniente il lavoro femminile anche in presenza di bassi
salari.
In materia di congedi le lavoratrici dipendenti hanno diritto a 26 settimane di
maternità, il cosiddetto ordinary maternity leave e quelle che hanno lavorato presso
lo stesso datore di lavoro per almeno 26 settimane, dimostrabili alla data dell’inizio
della 14esima settimana prima della data presunta del parto, hanno diritto ad un
congedo di maternità supplementare di 26 settimane, il cosiddetto additional
maternity leave. La lavoratrice ha facoltà di iniziare a godere di tale congedo da undici
settimane prima la data prevista per il parto, mentre è obbligata a fruire delle due
settimane dopo la nascita del figlio. Infine il citato congedo può essere goduto fino 5
anni di età del bambino.
Nel 2012 è stato introdotto lo Shared parental leave, un innovativo congedo “bigenitoriale”, orientato verso logiche di maggiore condivisione nei carichi famigliari tra
la madre e il padre, con una utilizzo quasi paritario del congedo. A partire da aprile
16
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2015, a seguito dell’adozione del Children and Family Act nel 2014 è previsto che
dopo le due settimane, che obbligatoriamente devono essere godute dalla madre, a
seguito della nascita del figlio, per le restanti 50, entrambi i genitori hanno la medesima
facoltà di assentarsi dal lavoro. Inoltre lo shared parental leave può essere utilizzato da
ciascun genitore consecutivamente, o da entrambi i genitori contemporaneamente,
purché la quantità combinata di congedo non superi la quantità totale a disposizione
della coppia. Può essere preso in modo continuativo o discontinuo, ma per periodi di
almeno una settimana.
Qualora i dipendenti vogliano prendere il congedo parentale condiviso per blocchi
discontinui, devono preventivamente concordarlo con i rispettivi datori di lavoro. Se
non si raggiunge l’accordo, i dipendenti possono scegliere di:(a) revocare l’avviso di
congedo o (b) prendere il loro congedo parentale flessibile in un unico blocco, che inizia
in una data a loro scelta.
In ordine alle prime sei settimane, si ha diritto al 90% della retribuzione, importo
che si riduce a 136,78 sterline (€164 circa) per le successive 33, mentre le ultime 13 non
vengono retribuite. Queste ultime settimane costituiscono il congedo parentale, che se il
figlio è disabile ed entrambi i genitori lavorano, sono estensibili a 18.
È stato, inoltre, introdotto un congedo di paternità pari a due settimane delle quali
il lavoratore ha facoltà di usufruire in tranche di una settimana, entro 8 settimane dalla
nascita del figlio, ricevendo un’indennità fissa o il 90% del reddito medio settimanale,
se inferiore. I congedi sono finanziati dal datore di lavoro, che viene rimborsato fino al
92%.
La Federazione Sindacale del Regno Unito (Trades Union Congress -TUC)
dall’analisi dei dati ufficiali ha rilevato che, sebbene il 91% dei padri abbia deciso
di usufruire del congedo dopo il parto, il 71% ha preso solo due settimane (14
giorni consecutivi) o meno, e dei padri 285.000 idonei a prendere il congedo di paternità
supplementare solo 0,6% (1.650), lo ha fatto negli anni 2011 e 201227.
Inoltre, nel Regno Unito sono particolarmente diffuse politiche aziendali, che
permettono la flessibilità oraria e di conseguenza il contemperamento delle
esigenze familiari con la vita professionale, oltre alla concessione da parte delle
aziende dei Childcare Vouchers, erogati per pagare tutti i servizi rivolti ai minori fino a
15 anni (16, se disabili), o di Directly contracted childcare, apposite convenzioni con il
fornitore del servizio, al fine di consentire l’accesso da parte dei dipendenti.
Infine, recenti studi dell’Eurofound evidenziano che negli ultimi anni, nel Regno
Unito, le differenze di genere si sono notevolmente ridotte 28. Infatti, secondo gli
ultimi dati pubblicati dall’ufficio nazionale di statistica britannico, il tasso di
occupazione femminile si attesta al 67,2% (14 milioni di donne circa). Si tratta del
livello occupazionale più alto registrato da quando, nel 1971, sono cominciate le
rilevazioni statistiche. L’ultimo incremento, in particolare è dovuto all’aumento del
27
Eurofound, op. cit., 2015, 5.
Eurofound, Working Condition and job quality comparing sectors in Europe, 2014; Eurofound, Women, men and
working conditions in Europe, 2013.
28
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17
numero di donne, che lavorano full time, salito a 8,1 milioni, negli ultimi tre mesi,
mentre è sceso a 5,9 milioni il numero di donne che lavorano a part-time.
Spagna
In Spagna la disciplina dei congedi presenta analogie con il modello britannico.
Innanzitutto, è previsto un congedo di maternità pari a 16 settimane, retribuito al
100% con finanziamento statale fino ad un massimo €3.230 al mese. Hanno diritto al
congedo quelle lavoratrici che abbiano avuto i contributi pagati per almeno 180 giorni
nell’ultimo quinquennio. Per quanto attiene invece alle lavoratrici che non soddisfano i
criteri di accesso, è prevista un’indennità forfettaria (€532 al mese), pagati per 42 giorni.
Il congedo di paternità è pari a 15 giorni consecutivi (cui sono aggiunti 2 giorni in
caso di nascite multiple) ed è retribuito al 100 %, con il medesimo tetto massimo
previsto per quello di maternità. I padri, inoltre, in alterativa alla madre, possono
usufruire di 10 settimane di congedo materno.
Per quanto attiene al congedo parentale, la lavoratrice madre e il lavoratore padre
possono utilizzarlo fino ai 3 anni del bambino per un massimo di 156 settimane.
Generalmente non è pagato, ma sussistono alcune diversità da regione a regione. È
prevista inoltre la possibilità fino ai 6 anni di usufruire del part-time, in alternativa al
congedo, con una riduzione della giornata lavorativa dal 30 al 50%.
I tassi di utilizzo del congedo di paternità e del congedo parentale sono diventati un
tema d’interesse in Spagna, in particolare dalla legge del 22 marzo 2007 n. 3 per la
parità effettiva tra uomini e donne, che ha introdotto i congedi parentali. Ad esempio,
uno studio su questo tema dimostra che, a dispetto dei tagli derivanti dalla
recessione, il tasso di utilizzo del congedo di paternità è passato dal 63,8 % del
2008 al 76,7% del 201129.. Le statistiche elaborate dall’Istituto nazionale della sicurezza
sociale spagnolo (Instituto Nacional de la Seguridad Social – INSS) mostrano che tra il
2009 e il 2013 il tasso di diffusione del congedo di paternità è stato abbastanza stabile,
intorno all’ 80 %-83% dei dati relativi del congedo di maternità.
Secondo studi sul punto l’aumento della percentuale di uomini, che accedono al
congedo di paternità è attribuibile sia a un effettivo interesse a usufruirne, sia al
fatto che l’occupazione maschile si è ridotta in settori e gruppi con condizioni di
lavoro di qualità inferiore30. Un’altra ricerca, infine, analizzando alcune delle
determinanti economiche personali e socioeconomiche di utilizzo da parte dei padri, ha
concluso che i padri sono più propensi a prendere i congedi, se hanno la stabilità
dell’occupazione, ci sono strutture per conciliare lavoro e vita familiare e se il partner
lavora31.
29
30
L.G. Flaquer, A. Escobedo, Licencias parentales y política social de la paternidad en España, 2014.
L.G. Flaquer, A. Escobedo, op. cit.
L. Escot, J.A. Fernández-Cornejo, Fathers’ use of childbirth leave in Spain – The effects of the13-day
paternity leave, Population Research and Policy Review, 2013, n. 3, 419–453.
31
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Svezia
In Svezia, peculiarità caratterizzante in materia di congedi, è che entrambi i genitori
hanno diritto ad astenersi dal lavoro per un totale di 480 giorni di cui 60 vanno
garantiti obbligatoriamente alla madre o al padre (chiamato mammamånader una
“quota della madre”, e pappamånader o “quota del padre”)32 .
A partire dai minori nati il 1 gennaio 2014, il congedo può essere goduto fino ai 12
anni del bambino, in una o più tranche e anche frazionato (l’indicazione in giorni è per
agevolare la flessibilità di utilizzo), ma dopo il compimento del quarto anno di età
possono essere presi massimo 96 giorni. Per i bambini nati prima di tale data, i genitori
possono utilizzare il congedo retribuito fino al compimento dell’ottavo anno. Inoltre il
congedo parentale può essere fruito contemporaneamente dai genitori per un
massimo di 30 giorni, fino a un anno del bambino (questo periodo è nominato
dubbeldagar, “giorni doppi”). Il congedo è retribuito all’80%, fino a un tetto massimo
pari €48,83 all’anno, per 65 settimane (390 giorni), mentre per le rimanenti 15
settimane (90 giorni) è previsto un importo forfettario. È previsto il cosiddetto Gender
Equality bonus (jämställdhetsbonus), un incentivo economico che viene corrisposto a
quei genitori che si suddividono equamente il congedo parentale. L’importo del bonus,
esente da tassazione, ammonta a € 5,00 per ogni giorno di congedo equamente
condiviso, fino a un tetto massimo pari a € 1.485.
In confronto ad altri sistemi di incentivi, quello svedese non solo incoraggia
entrambi i genitori a prendere il congedo, ma assicura anche che lo stesso sia
equamente diviso tra di loro. Ad esempio nella più lunga opzione del congedo
austrico (si veda la tabella di cui al paragrafo 2.1), un periodo di bonus di sei mesi è
previsto se il padre è in congedo in quel periodo, ma la madre può rimanervi per un
massimo di 30 mesi. La lunghezza del bonus dipende dalla lunghezza del tempo del
secondo genitore che è in congedo: se il padre è solamente in congedo per due mesi, la
totale durata del congedo per la famiglia è 32 mesi. Ciò contrasta quindi con la Svezia,
poiché in Austria il bonus viene concesso, anche se il congedo viene condiviso in modo
diseguale.
Non esiste, invece, un vero e proprio congedo di maternità, ma è obbligatorio che la
madre prenda due settimane prima e dopo il parto. È facoltà della lavoratrice decidere se
usufruire in tale periodo di parte del congedo parentale retribuito, in mancanza è un
periodo non pagato.
Il congedo di paternità è invece pari a 10 giorni di cui ha diritto il padre alla
nascita del figlio, che possono essere fruiti in concomitanza con la madre, e viene
retribuito all’80% fino ad un tetto massimo.
Il sistema svedese attraverso previsioni particolarmente generose in termini di
congedi, cui si aggiunge l’incentivo economico citato, determina che secondo gli
32
Il quadro normativo di riferimento è contenuto nel Parental leave act del 1995 e il Social Insurance
code del 2010.
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ultimi dati il 90% dei padri usufruisce del congedo parentale, e circa il 20,5% dei
padri utilizza tutti i giorni di congedo disponibili33.
Secondo un sondaggio realizzato dall’Agenzia svedese delle assicurazioni sociali, che
ha esaminato l’atteggiamento del datore di lavoro rispetto al congedo parentale,
solo il 10% dei datori di lavoro ritiene problematico che i dipendenti siano in congedo
parentale, mentre il 70% ritiene che si dovrebbe spingere i dipendenti a condividere
equamente tra entrambi genitori il congedo parentale34.
Questo dimostra che il sostegno delle parti sociali e dei datori di lavoro è
necessario per favorire l’utilizzo del congedo parentale da parte dei padri,
soprattutto nei Paesi in cui è necessario un accordo con il datore di lavoro per quanto
riguarda il tempo e la durata dello stesso.
2.1 I congedi di paternità e parentali: la disciplina in tutta
l’EU28
Negli Stati membri dell’Unione Europea l’impatto della genitorialità sulla
partecipazione al mercato del lavoro è ancora molto differente sulla base del genere,
a causa dello sbilanciamento dei carichi di cura a sfavore della componente femminile. I
trend demografici attuali, tra cui l’invecchiamento della popolazione europea,
dimostrano che sia gli uomini, che le donne avranno sempre più carichi di cura diversi
per un periodo di tempo indefinito. Gli Stati membri che hanno inserito nelle loro
agende le politiche di conciliazione stanno registrando un aumento del tasso di
occupazione sia maschile, che femminile e un relativo aumento del tasso di natalità.
L’Unione Europea sta facendo, quindi, progressi in questa direzione prestando
particolare attenzione a una cura che sia di qualità35.
Dagli anni ’70 il diritto ai congedi è stato considerevolmente ampliato in tutti gli Stati
membri. L’obiettivo era quello di consentire ai genitori lavoratori di avere tempo da
dedicare alla cura dei figli. In linea con questa tendenza i congedi parentali sono un
diritto di entrambi i genitori a seguito del congedo di maternità. Dato, poi, il crescente
numero di famiglie a doppio reddito, ai congedi parentali si sono affiancati i congedi
di paternità.
In riferimento al diritto ai congedi parentali, la maggior parte dei Paesi dell’UE 28
consente ai genitori di decidere chi debba usufruirne, questo significa, però che
generalmente lo utilizza chi tra i due genitori ha un’entrata economica più bassa36,
quindi generalmente le madri. Al fine di perseguire l’obiettivo dell’uguaglianza di
genere, alcuni Paesi hanno introdotto una quota papà o un bonus papà nel sistema
33
R. Broomhill, R. Sharp, Australia’s parental leave policy and gender equality: An international comparison
(Adelaide, Australian Workplace Innovation and Social Research Centre, The University of Adelaide), 2012.
34
Eurofound, Promoting uptake of parental and paternity leave among father in European Union, 2015, 9.
35
European Commission, Strategy for equality between women and men 2010-2015, Brussels: European
Commission, 2010.
36
OECD Family Database, maggio 2014.
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dei congedi parentali. Si tratta di un periodo di congedo ad uso esclusivo del padre
sulla base del principio take it or lose it.
La tabella, che segue, mostra la varietà delle legislazioni europee in materia di
congedi parentali e di paternità. Dall’analisi comparata, qui di seguito presentata,
emerge che solo pochi Paesi – quelli del Nord Europa in testa – hanno sviluppato un
sistema di congedi che sembra essere basato sull’evidenza che entrambi i genitori sono
impegnati sul mercato del lavoro. In alcuni Paesi, il congedo non è retribuito, laddove
preso esso viene compensato da indennità pagate dallo Stato o dai datori di lavoro. Oltre
alle differenze sulla durata e il livello di compensazione economica, lo schema dei
congedi può essere rivolto a entrambi i genitori o essere un diritto individuale e non
trasferibile.
Tabella n. 1 – I congedi di paternità e parentali nell’EU28
Paese
Paternità
Parentali
Austria
Non
è
previsto
il
congedo di paternità nel
privato, ma nel pubblico
impiego è pari a 4
settimane.
Esistono 5 opzioni:
- 36 mesi (30 se non condivisi), retribuito
€436 al mese;
- 24 (20 se non condivisi), retribuito €624 al
mese;
- 18 (15 se non condivisi), retribuito €800 al
mese;
- 14 (12 se non condivisi), retribuito €1000 al
mese;
- 14 (12 se non condivisi), retribuito al 80%
del reddito precedente fino ad €2,000 al
mese.
Ulteriori vantaggi per i genitori single con reddito
molto basso , regole per max .di reddito che si
può avere per fruire dei benefici
Finanziato dalla previdenza sociale.
Può
essere
preso
per
un
periodo
contemporaneamente dai genitori e fino ad una
certa età del minore.
È previsto un bonus per favorire la condivisione
del congedo tra le due figure genitoriali.
Belgio
10 giorni
obbligatori.
di
cui
3
100% retribuiti i primi 3,
82% i restanti 7.
Finanziamento
misto:
datore di lavoro primi tre
giorni,
previdenza
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17 settimane per ogni genitore.
Importo forfettario.
Finanziato
dalla
previdenza
(assicurazione pubblica statale).
sociale
Opzione part-time; in blocco o più blocchi; fino a
una certa età; tutto o in parte, in contemporanea
tra i due genitori.
21
sociale i restanti 7.
Bulgaria
15 giorni, retribuito al
90% dalla previdenza
sociale.
410 giorni (entrambi i genitori), retribuito al 90/
dalla previdenza sociale (assicurazione pubblica
statale).
Ciprio
Non è previsto.
13 settimane (entrambi i genitori), non retribuiti.
Danimarca
2 settimane da usufruire
durante le prime 14
settimane
dopo
la
nascita.
Fino ai 9 anni di vita del bambino, 32 settimane
per ciascun genitore; importo forfettario.
Estonia
10 giorni lavorativi.
Massimo 435 giorni di calendario.
100% fino al tetto di 3
volte il salario medio
lordo
nazionale
nel
penultimo trimestre.
100% della retribuzione dell’anno precedente
(tasso minimo e massimo relativi al minimo
nazionale e al salario medio).
Finanziato
dalla
previdenza sociale.
Finlandia
Francia
Può essere fruito tra i 70 giorni e i 3 anni del
figlio, in una o più tranche, può essere trasferito
anche a un non genitore.
54
giorni
lavorativi,
retribuito al 70% fino ad
un tetto massimo dalla
previdenza
sociale
(assicurazione sociale).
26 settimane/158 giorni lavorativi (entrambi i
genitori), retribuito al 70% dalla previdenza
sociale (assicurazione sociale).
Può essere preso fino ai
2 anni del figlio, di cui 18
giorni
contemporaneamente
alla maternità, mentre i
restanti 36 giorni la
madre non può essere
in maternità.
Possibilità di fruire, in alternativa al congedo, del
part-time, in un’unica tranche o in più tranche.
1 giorni entro i primi 4
mesi dalla nascita
Fino a 3 anni del bambino: 12 mesi (un anno
aggiuntivo in caso di disabilità o malattia del
bambino).
Può essere condiviso liberamente dai genitori.
Importo forfettario; indennità di congedo
parentale versata ai genitori con un solo figlio
fino a 6 mesi dopo la fine del congedo maternità.
Germania
Fino ai 3 anni (l’ultimo anno può essere preso
fino gli 8): 156 settimane, di cui 52 pagate per
entrambi i genitori.
Non è previsto
Retribuzione proporzionale allo stipendio
percepito; indennità di congedo parentale (67%)
versata fino a un massimo di 28 mesi.
Grecia
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2 giorni, retribuito
100% dal datore
al
di
Nel settore privato: 4 mesi ogni genitore; non
pagato.
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lavoro.
Nel settore pubblico: fino a 2 anni ogni genitore;
per terzo e successivo figlio: 3 mesi pagati.
Può essere fruito fino ai 6 anni del bambino.
Italia
Irlanda
1 giorno obbligatorio di
congedo di paternità
retribuito e massimo 2
giorni
facoltativi
in
sostituzione
della
madre.
Fino agli 8 anni del bambino: 10 mesi fruibili
(sono aumentabili a 11, se il padre ne prende
almeno 3).
Non è previsto
17 settimane per ciascun genitore
Fino a 3 anni e per un periodo complessivo di 6
mesi (entrambi i genitori indennità al 30%).
Non retribuito
Lettonia
10
giorni
all’80%
retribuiti
78 settimane per ciascun genitore; retribuito al
70%.
Lituania
30 giorni consecutivi;
retribuiti al 100%.
156 settimane di cui 52 retribuite per ciascun
genitore; retribuite al 100% sino a un anno del
bambino; al 70% fino a due anni.
Lussemburgo
2 giorni;
100%.
retribuito
al
26 settimane per ciascun genitore; può essere
fruito anche part time.
Malta
Non
è
previsto
congedo di paternità.
il
13 settimane per ogni genitore
compimento degli otto anni.
sino
al
Non retribuito
Norvegia
14 giorni consecutivi
59 settimane di cui 14 settimane riservate alla
madre e 14 al padre. Può essere utilizzato part
time, a blocchi, i genitori ne possono usufruire
lungo lo stesso arco temporale.
Non retribuito
9 settimane retribuite al 100% o 59 settimane
retribuite all’80%
Paesi Bassi
2 giorni;
100%.
retribuito
al
26 settimane per ciascun genitore; deve essere
utilizzato in modalità part time.
Non retribuito
Polonia
14 giorni consecutivi;
retribuito al 100%
156 settimane dopo il congedo di maternità di
cui 104 retribuite.
Retribuito al 60% per 26 settimane.
Portogallo
20 giorni di cui 10 sono
obbligatori; retribuito al
100%.
Congedo parentale iniziale di 17 o 21 settimane;
congedo parentale aggiuntivo 13 settimane per
ciascun genitore.
Congedo parentale iniziale retribuito al 100% (o
all’80% per 21 settimane); congedo parentale
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aggiuntivo retribuito al 25%.
Repubblica
Ceca
Non è previsto.
156 settimane (entrambi i genitori), al 70% del
reddito (con diversità mensili e un tetto
massimo, a seconda della lunghezza).
Finanziato
dalla
previdenza
(assicurazione sociale e fondi pubblici)
sociale
Fruibile fino al terzo compleanno del figlio (se
una parte del congedo parentale è spostata tra il
terzo e l’ottavo anno del figlio occorre
l’approvazione del datore di lavoro); può essere
preso tutto allo stesso tempo
Regno Unito
2 settimane da prendere
in tranche di una
settimana
entro
8
settimane dalla nascita.
Facoltà di usufruire, al
posto della madre del
cosiddetto congedo di
“bigenitorialità” per 50
settimane massimo (in
cui sono incluse le 13
settimane di congedo
parentale non pagato).
13 settimane per ogni genitore (18 in caso di
figlio disabili e entrambi i genitori lavorano); max
4 settimane per ogni anno in blocchi di almeno
una settimana; da usufruirsi fino a 5 anni di vita
del bambino.
Non retribuito.
La retribuzione è pari al
90% dello stipendio per
le prime 6 settimane,
che scenderà a sole
136,78 sterline (circa
164
euro)
per
le
successive
33
settimane, mentre le
ultime 13 non saranno
retribuite.
Romania
5
giorni
che
raddoppiano se il padre
frequenta
un
corso
sull’accudimento;
retribuito al 100%
Entrambi i genitori: 12 mesi retribuiti al 75% se i
genitori decidono di tornare al lavoro prima del
compimento dell’anno del bambino; 24 mesi non
retribuiti se i genitori decidono di non tornare al
lavoro.
Fino a 24 mesi retribuiti al 75% sulla base del
tetto stipendiale e senza incentivi se i genitori
decidono di tornare al lavoro dopo il compimento
dell’anno di età del bambino.
Slovacchia
Non è previsto
156 settimane per entrambi i genitori fino ai tre
anni del bambino.
Slovenia
90 giorni; retribuiti al
100% per i primi 15
480 giorni totali, di cui massimo 96 giorni dopo il
compimento del quarto anno del bambino: può
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giorni
essere fruito fino ai dodici anni del bambino, in
modalità
part
time,
in
blocchi
e
contemporaneamente da entrambi i genitori.
Retribuiti al 90% (al 100% se la retribuzione non
supera € 763).
Spagna
15
giorni
immediatamente o al
termine del congedo di
maternità.
Fino al terzo anno compiuto del figlio.
Nessuna indennità.
Retribuito al 100%.
Svezia
Il padre ha diritto a 10
giorni di congedo la
nascita del figlio che
possono essere fruiti in
concomitanza con la
madre.
Retribuito al 80% fino ad
un tetto massimo dalla
previdenza
sociale
(assicurazione sociale).
Ungheria
5 giorni retribuito al
100% dalla previdenza
sociale
(con
fondi
dell’assicurazione
sanitaria).
Può essere goduto entro
i primi 2 mesi del figlio.
480 giorni possono essere presi fino all’età di 12
anni del bambino.
Retribuito al 80% fino a un tetto massimo per 65
settimane (390 giorni); prestazioni forfetarie per
15 settimane (90 giorni).
I genitori hanno diritto di godere di un periodo
massimo di 2 settimane in concomitanza.
156 settimane (entrambi i genitori), retribuite al
70% fino ad un tetto massimo per 104 settimane
per i genitori assicurati; importo forfettario per le
restanti 52 settimane e per tutti gli altri.
Finanziato dalla previdenza sociale (con fondi
dell’assicurazione sanitaria e dello stato).
Fruibile fino al terzo anno del figlio; può essere
trasferito anche a un non genitore.
Possibilità di optare in alternativa per il part-time.
Fonte: Elaborazione su dati Eurofound, Promoting uptake of parental and paternity leave
among fathers in the European Union; OECD, Family database, maggio 2014.
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3. Una riforma in itinere. Il caso italiano e le novità in materia
di congedi contenute nel Jobs Act
Si passa ora a esaminare nel dettaglio il caso italiano, in quanto una delle aree di
intervento della riforma del lavoro in corso – ex legge delega del 10 dicembre 2014
n. 183 - è, come riportato testualmente nella rubrica, la « […] tutela e conciliazione
delle esigenze di cura, di vita e di lavoro». In una prima fase tale titolazione
presentava il riferimento alla maternità e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro
mentre, a seguito dell’approvazione degli emendamenti nella Commissione Lavoro alla
Camera, nonostante i contenuti in merito siano rimasti immutati, è stata modificata,
almeno nella denominazione, in modo più coerente con il significato completo delle
politiche di work-life balance, che inglobano al loro interno anche le misure di sostegno
a entrambe le figure genitoriali.
Nel Consiglio dei Ministri del 20 febbraio, vi è stata l’approvazione, in esame
preliminare, dello schema del relativo decreto attuativo, il quale conferma
l’impianto contenuto nella legge delega, che colloca i novelli interventi legislativi,
prevalentemente nell’ambito delle politiche di pari opportunità.
Si evince, infatti, uno spostamento di baricentro rispetto alla Riforma Fornero, in
cui c’era, seppur “timida”, una prima apertura al riequilibrio di genere nei carichi di
cura, attraverso l’introduzione di uno sperimentale (per un triennio) congedo di paternità
(per il dettaglio si veda la tabella di cui al paragrafo 2.1); laddove nel Jobs Act al centro
torna la tutela della maternità, nell’ottica di favorire per tale via l’occupazione
femminile.
Tale ratio emerge chiaramente all’art. 1, inerente oggetto e finalità del decreto, in
cui viene disposto che sono introdotte misure sperimentali volte a tutelare la
maternità delle lavoratrici (non anche appunto la paternità, o in generale la
genitorialità) e a favorire (qui il riferimento a tutti i lavoratori) le opportunità di
conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Come accennato, in questo paragrafo si
tratteranno solo le novità introdotte in materia dei congedi.
Il provvedimento in commento interviene soprattutto novellando il T.U. del 26 marzo
2001, n. 51, che costituisce, come noto, l’asse normativo portante in materia di tutela
della maternità e della paternità. Innanzitutto, in ordine alla fruizione del congedo
obbligatorio di maternità, in casi particolari, quali il parto prematuro o il ricovero
del neonato si prevede: per quanto attiene alla prima fattispecie, i giorni non goduti di
astensione obbligatoria prima del parto sono aggiunti al periodo di congedo di maternità
post partum, anche qualora la somma dei due periodi superi il limite complessivo dei 5
mesi; in riferimento alla seconda, invece, si riconosce la possibilità di fruire di una
sospensione del congedo di maternità, in presenza di idonea certificazione medica
attestante il buono stato di salute della madre.
Si dispone poi un’estensione del congedo parentale (anche in caso di adozione e
affidamento con decorrenza in tali ipotesi dall’ingresso del minore nel nucleo
famigliare) dagli attuali 8 anni di vita del bambino a 12 anni. Nello specifico quello
retribuito solo parzialmente (30%) viene elevato dai 3 anni di vita del minore ai 6;
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mentre quello non retribuito dai sei 6 ai 12 anni. Tuttavia, come si indicherà nel
paragrafo successivo, la portata di questa misura avrebbe potuto essere maggiormente
incisiva, soprattutto in riferimento alla ratio di fondo della novella legislativa.
Si interviene, poi, sul congedo parentale su base oraria, disponendo che in caso di
mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello
aziendale, delle modalità di fruizione, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione
giornaliera e quella oraria. La prima è consentita in misura pari alla metà dell’orario
medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente
precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. È esclusa la
cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al
presente decreto legislativo.
Il decreto estende, poi, il congedo di paternità nei casi in cui la madre sia
impossibilitata a fruirne per motivi naturali o contingenti a tutte le categorie di
lavoratori.
Infine, il descritto provvedimento, specificatamente dedicato come visto alla
conciliazione vita-lavoro, va letto unitamente a una misura prevista in quello sulla
semplificazione delle tipologie contrattuali, approvato sempre in via preliminare il
20 febbraio scorso. In particolare il riferimento è a una novella in cui si attribuisce, al
lavoratore la facoltà di richiedere il passaggio al part-time, in caso di necessità di
cura connesse a malattie gravi o, in alternativa, alla fruizione del congedo
parentale.
4. Prospettive de iure condendo
Lo studio condotto mette, in evidenza, che in Europa sono generalmente presenti
tutte e tre le categorie di congedi per motivi familiari - ossia il congedo di maternità,
il congedo riservato ai padri e il congedo parentale, che può essere utilizzato da
entrambi i genitori – ma al contempo fa emergere la mancanza di un approccio
comune. Nonostante la Direttiva 92/85/CEE, non è possibile, quindi, sistematizzare uno
schema di congedi condiviso da tutti gli Stati membri. Ogni Paese, infatti, come si è
visto, decide autonomamente tempi e modalità di riconoscimento del congedo per
lavoratori e lavoratrici, con evidenti differenze.
Scopo unitario è promuovere l’uguaglianza di genere nell’Unione e accrescere
l’indipendenza economica delle donne, in particolare. Dalle legislazioni esaminate si
evidenzia l’importanza dei congedi parentali come pietra angolare delle politiche di
work life balance. L’esigenza manifestata in molti Stati membri di introdurre misure e
strumenti di conciliazione lavoro famiglia ha fatto sì che venissero introdotte nelle
legislazioni nazionali modifiche alle discipline dei congedi già esistenti.
Alla luce di quanto detto sinora è possibile trarre alcune considerazioni conclusive, utili
anche a una rilettura dell’approvando decreto italiano, al fine di evidenziarne
lacune e criticità.
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Si può concludere, che particolarmente funzionale all’incremento dell’occupazione
femminile è una ripartizione più equa dei carichi di cura, obiettivo che può essere
più facilmente raggiunto, se si prevedono misure che inducano ad un utilizzo più
equilibrato dei congedi parentali. Come si è visto, infatti, l’incentivo svedese, che si
può ottenere solo in caso di condivisione paritaria del congedo, ha fortemente
contribuito a determinare effetti positivi sul mercato del lavoro e, in generale in termini
di superamento del gender gap.
Pertanto non è peregrina l’ipotesi che per quanto sia positiva l’estensione, che
dovrebbe essere introdotta in Italia, della possibilità di fruire del congedo parentale
fino a 12 anni del bambino, la mancanza di un incentivo economico o comunque di
una previsione normativa, che induca a un utilizzo il più possibile equo tra i
genitori, possa ridurre alquanto la portata dell’intervento, soprattutto proprio in
quell’ottica di promozione dell’occupazione femminile, che si vorrebbe invece favorire.
Come si è visto, infatti, un congedo parentale lungo può avere una ricaduta
negativa sulle lavoratrici, qualora non venga il più possibile condiviso con il
partner, in quanto le donne avendo retribuzioni di norma più basse sono generalmente
coloro, che usufruiscono di tali congedi, rimanendo quindi più a lungo lontane dal
mercato del lavoro, con possibile ripercussione negativa sulle proprie skill e
alimentando fattori di segregazione orizzontale e verticale e più in generale di
discriminazione.
Altro intervento importante è la previsione di un congedo di paternità obbligatorio
e retribuito. L’Italia è, al di sotto, della media europea, e inoltre il congedo attualmente
previsto è una misura sperimentale introdotta dalla Riforma Fornero, che esaurirà la sua
applicazione quest’anno.
Pertanto l’assenza nel decreto sulla conciliazione di una novella inerente il congedo
di paternità, volta a riconoscerne il rango di previsione stabile, e non più solo
sperimentale, o in subordine almeno prorogando la previsione, nonché aumentandone i
giorni previsti, per renderlo più in linea con il contesto europeo, è una criticità che, a
nostro avviso, è opportuno venga sanata.
Questa lacuna è un evidente passo indietro, rispetto a quelle che sono le logiche
attuali in tema di carichi di cura, volte favorire in generale la tutela della
genitorialità. Tra l’altro le rilevate criticità appaiano in linea con il testo del decreto che
nell’art. 1, enucleando gli obiettivi perseguiti, fa riferimento solo alla tutela della
maternità, come strumento per favorire l’ingresso e la permanenza delle donne nel
mercato del lavoro, e non anche alla paternità, o in generale alla genitorialità.
Tuttavia, come dimostrato nel corso di questo working paper, per raggiungere un
effettivo superamento del divario di genere a livelli occupazionali e retributivi, la
strada principale è il riequilibrio nei carichi di cura, che passa in primis dalla
valorizzazione dei congedi di paternità e parentali. Ciò è sostenuto anche dalla
Relazione sui progressi concernenti la parità tra donne e uomini nell’Unione europea
nel 2013 votata dal Parlamento europeo il 28 gennaio 2015. In merito alla
promozione di misure volte a conciliare la vita privata e la vita professionale, si ritiene
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fondamentale riconoscere e valorizzare la partecipazione dei padri e delle madri alla vita
familiare.
Atteso che un quarto degli Stati membri non propone il congedo di paternità come mostrato nel dettaglio anche dallo studio qui condotto - il considerando S della
Relazione evidenzia la necessità di un maggior ricorso al congedo parentale e di
paternità, al fine di raggiungere la condivisione delle responsabilità familiari e
domestiche tra uomini e donne, condizione indispensabile per il superamento del
gender gap. Il Parlamento europeo invita, pertanto, la Commissione e gli Stati membri:
«ad istituire un congedo di paternità retribuito per un minimo di 10 giorni lavorativi e a
promuovere misure, legislative e non legislative, che consentano agli uomini e in
particolare ai padri, di esercitare il loro diritto di conciliare vita privata e professionale,
tra l’altro promuovendo il congedo parentale, che verrà preso indifferentemente, ma
senza poter essere trasferito, dal padre o dalla madre fino a quando il loro bambino
raggiunga una certa età».
Estensione del congedo di paternità e maggiore condivisione tra i genitori di quello
parentale appaiono dunque i volani principali per promuovere l’occupazione e la
permanenza delle donne nel mercato del lavoro.
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