collana di racconti brevi collana di racconti brevi

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Giuseppe Amata
Sei fiabe
che sconvolsero il mondo
Copyright © MMXV
ARACNE editrice int.le S.r.l.
www.narrativaracne.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 15
00040 Ariccia (RM)
(06) 93781065
isbn
978-88-548-8349-9
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’editore.
I edizione: aprile 2015
Alla piccola Emanuela
ribelle anzitempo
Due grandi amici
Nel mondo antico secondo quanto racconta Diodoro, due grandi amici,
Damone e Finzia, filosofi pitagorici, erano legati l’uno all’altro per la vita
e per la morte. E ne diedero dimostrazione. Finzia fu condannato a morte
per attentato al tiranno Dionisio e chiese, prima dell’esecuzione, un po’
di tempo per poter sbrigare alcuni affari. Garantiva il suo ritorno l’amico
Damone che prendeva il suo posto di condannato. Dionisio non credeva
alla sincerità di Finzia e volle metterlo alla prova; una parte del popolo
apprezzava l’altruismo di Damone che per l’amico era disposto a sacrificare
la sua vita, mentre l’altra parte, non credendo al ritorno di Finzia, considerava Damone un credulone. Fissata l’esecuzione, mentre tutto era pronto
e Damone era condotto al patibolo, Finzia si presentò per sottoporsi alla
condanna e tutto il popolo apprezzò la sua onestà e il gesto dell’amico.
Dionisio, meravigliato della sua sincerità, gli concesse la grazia.
Allo stesso modo nell’era moderna due grandi amici, Carlo e Federico, operarono strettamente nella loro attività di pensiero e di azione.
Non si conoscevano dagli anni giovanili e quando s’incontrarono erano
già formati. Fisicamente, nell’aspetto esteriore, erano diversi: Carlo era
robusto, tarchiato con occhi leonini, una folta capigliatura a criniera, barba lunga e arricciata. Federico era alto, biondo, barbetta nelle
guance con folti baffi e pelo molto allungato, a pizzo largo, sul mento;
vestiva elegante e sembrava un vero gentleman.
Carlo era due anni più avanti (era nato in Renania nel 1818) e aveva una grande passione per la filosofia e per l’economia. Ai filosofi rim-
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proverava di aver solo studiato il mondo, trascurando di cambiarlo; agli
economisti più attenti (e non a quelli prezzolati al servizio del potere,
che disprezzava!) riconosceva di aver fatto delle analisi approfondite
sulle categorie economiche, ma gli rimproverava di considerare il modo
di produzione del loro tempo come eterno e immutabile.
Dopo la laurea e il dottorato, l’attività di ricerca nell’università
della sua regione natale gli fu impedita da un’ondata reazionaria che
si abbattè su tutte le università della Prussia e che colpì anche il suo
maestro. Si diede, quindi, all’attività giornalistica, ma anche in questo
settore intervenne spesso la censura per proibire le pubblicazioni del
giornale in cui scriveva. Per mantenere la sua libertà di pensiero e d’azione fu costretto a emigrare in diverse grandi città europee (Parigi,
Bruxelles, ancora Parigi), non avendo una fissa dimora, almeno fino
a quando si stabilì a Londra. Infatti, scrivendo abbondantemente e
costruendo un sistema di pensiero e d’azione che colpiva il sistema
economico e i governi politici che nei diversi paesi lo rappresentavano,
a volte fu costretto alla fuga oppure al foglio di via obbligatorio verso
altre destinazioni.
Federico, da parte sua, originario di una zona industriale nei pressi
della città di Brema, conosceva molto bene sia la storia economica
(dalle origini della civiltà fino al suo tempo), sia l’economia nel lavoro
pratico lavorando nella ditta del padre, proprietario di una fabbrica di
cotone della zona e comproprietario di una fabbrica a Manchester. Per
ragioni di lavoro faceva, quindi, la spola tra la Prussia e l’Inghilterra,
attraversando e visitando diverse città.
La conoscenza che cominciava ad avere soprattutto delle grandi
città industriali gli permise di scrivere articoli e saggi sulle pessime
condizioni di vita della classe operaia, a cominciare da quella della
sua regione nativa, che per tutta la vita nel luogo di lavoro e nelle
abitazioni limitrofe aspirava i fumi del carbone, per proseguire con
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quella delle città inglesi, la quale abitava in fatiscenti costruzioni o
addirittura in tuguri posti in quartieri malsani.
Federico, non conosceva bene, però, l’economia negli aspetti teorici. I suoi studi teorici interessavano maggiormente oltre che la filosofia, le scienze naturali e soprattutto le strategie militari, appassionandosi al comportamento in battaglia dei grandi condottieri della storia.
Al riguardo, avanzando negli anni, spiegò molte cose militari a Carlo e
corresse alcuni suoi pregiudizi sull’eroe dei due mondi, facendogli cambiare idea. Federico, infatti, aveva capito subito dopo la battaglia di
Calatafimi il genio militare di Giuseppe che, facendo apparire al nemico
di compiere un percorso diverso, andò a liberare Palermo e diede inizio
alla liberazione del Sud. Inoltre ammirava Giuseppe perché conduceva
una guerra di popolo e per la prima volta nella storia un esercito di
volontari arruolati frettolosamente alle armi aveva, dopo lo sbarco in
Sicilia, addestrato e armato migliaia di contadini che sconoscevano
l’uso dei fucili e delle baionette (l’unica arma impropria che possedevano erano i coltelli!) e sconfitto un esercito professionale molto più
numeroso e meglio armato.
Federico, frequentando l’amico Carlo, apprese la teoria economica
e in cambio gli trasmise tutte le conoscenze pratiche per la gestione
delle aziende che Carlo non sapeva. Così s’integrarono perfettamente
e collaborarono per tutta la vita, pur vivendo quasi sempre in città
diverse.
Carlo e Federico s’incontrarono per la prima volta in un circolo di
discussione nel loro paese alla presenza di altri comuni amici. L’uno,
però, conosceva l’altro di nome per aver letto i suoi articoli; l’uno manifestò all’altro, in quell’occasione, il suo apprezzamento per quanto
aveva letto. Si parlarono a lungo e decisero di collaborare per approfondire lo studio di importanti argomenti filosofici e per contrastare
il pensiero dominante, impregnato a loro avviso di molto idealismo,
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pervenendo ad alcune comuni conclusioni metodologiche che misero
in carta e che si possono così riassumere:
• Ogni idea corretta deve scaturire da una concezione materialistica del mondo e dall’analisi dialettica;
• L’evoluzione del mondo è descritta sia dalla storia della natura, attraverso i processi fisici, chimici e biologici nella loro
interazione, sia dalla storia degli uomini;
• Per comprendere la storia degli uomini bisogna partire dalle
loro condizioni materiali d’esistenza e dalla loro organizzazione
fisica nel rapporto con il resto della natura;
• Gli uomini sono diversi dagli animali non solo per la coscienza, la religione o per qualsiasi cosa si voglia considerare, ma
soprattutto perché essi cominciano a costruire i mezzi della
loro sussistenza e a elaborare e perfezionare il loro linguaggio;
• Gli uomini creano lo sviluppo della loro vita materiale. Il loro
essere dipende, quindi, dalle loro condizioni materiali d’esistenza. Lo sviluppo della loro coscienza riflette le condizioni materiali e non è la coscienza che determina il loro essere sociale;
pertanto, creando le condizioni della loro esistenza, gli uomini,
creano la prima azione storica e la loro attività spirituale è
infetta dalla materia;
• Nel corso della storia gli uomini hanno costruito rapporti
sociali tra loro, basati sulle condizioni economiche specifiche
delle singole fasi dei processi storici, col risultato che una categoria limitata è stata in possesso dei mezzi di produzione, cioè
è stata proprietaria dei mezzi di produzione (bestiame, forza
lavoro, terre, miniere, palazzi, fabbriche, denaro) e la moltitudine non lo è stata ed è stata assoggettata nella forma di
schiavi, coloni agricoli, contadini con poca terra da non rica-