ROTARY CLUB BIELLA Bollettino n. 20

ROTARY CLUB BIELLA
- Fondato nel 1937 -
DISTRETTO 2031
Riunioni al Circolo Sociale, Piazza Martiri Libertà, 16 (tel. 015.22175)
Conviviali 1° 2° 3° lunedì del mese ore 19,45 – Aperitif 4° lunedì ore 19
ANNO ROTARIANO 2013–2014 - Presidente: Massimo Andreoni
Bollettino n. 20
INDICE:
111...
222...
333...
Le Presenze del 20 Gennaio 2014
Programmi
Relazione
1 – Le Presenze del 20 Gennaio 2014
Riunione del 20 Gennaio presso il Circolo Sociale presieduta dal Presidente Massimo
Andreoni
Percentuale di presenza: 54,65%
2 – Programmi
DATA E ORA
PROGRAMMA DEL GIORNO
Lunedì 27
Gennaio ore
19.00
Riunione Aperitivo al Circolo Sociale
“L’Associazione Amici del Nuovo Ospedale”
Relatori Dr. Adriano Guala e Dr. Leo Galligani.
SEGRETERIA: Via Sabadell, 1 – 13900 Biella Tel. 01533872 Fax 0150991402 Sito Web: www.rotarybiella.it e-mail: [email protected]
Rotary Club Biella
3 – Relazione
Parole chiare, vive, a tratti appassionate. Sono state quelle con cui il generale di Corpo
d'Armata Giuseppe Vaccino, comandante del III Reggimento Alpini della Brigata Taurinense,
ha improntato il registro della sua relazione sul tema “L'Afghanistan del dopo Isaf:
prospettive e problemi per la stabilità del Paese”, lunedì 20 gennaio alla conviviale di Rotary
Club Biella.
Parole chiare soprattutto in virtù della conoscenza in presa diretta dei problemi, considerata
l'esperienza internazionale maturata dal generale Vaccino durante la sua lunga carriera e, in
particolare, proprio nell’ambito della missione Isaf in Afghanistan (il III Reggimento è stato
altresì chiamato a fornire la base su cui si è costituito il Contingente Italfor XIX, sempre
impiegato nella capitale afgana nell’ambito dell’operazione Isaf).
Isaf è l'acronimo di International Security Assistance Force ed è una missione di supporto al
governo afghano operativa sulla base di una risoluzione Onu. Costituita su mandato del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2001, essa ha avuto il compito di sorvegliare la
capitale Kabul e la vicina base area di Bagram dalle violenze e dagli attacchi dei Talebani,
degli elementi di al-Qa'ida e degli eserciti mercenari in modo da proteggere il governo
transitorio guidato da Hamid Karzai: una missione che oggi è in via di smatellamento. Nel
2014, il ritiro della missione pone pertanto problemi ed incognite significative circa il futuro
degli equilibri socio-politici della regione.
Ed è in quest'ottica che Giuseppe Vaccino ha improntato il suo intervento. Lo ha fatto
cercando, però, di sgombrare, in partenza, alcuni pregiudizi storici che vorrebbero
l'Afghanistan un territorio dove, tradizionalmente, ogni guerra si perde: gli esempi, pur
lontani, di Alessandro Magno o Gensis Khan nonché quelli, più vicini, degli interventi inglesi
nell'Ottocento non confermano infatti pienamente questa leggenda. Tuttavia, Vaccino ha
attirato, sin da subito, l'attenzione sulla peculiarità di un territorio diviso tra etnie spesso
culturalmente e socialmente in contrasto tra loro: quella dominante è l'etnia Pashtun che abita
in prevalenza l'Afghanistan orientale e meridionale e il Pakistan occidentale, nella regione del
Pashtunistan. I pashtun parlano la lingua pashtu e seguono un codice religioso di onore e
cultura indigeno e pre-islamico, il Pashtunwali, integrato nella religione islamica.
Giuseppe Vaccino ha fornito il quadro di una società culturalmente arretrata (“Il Paese è circa
400 anni indietro rispetto a noi”): una società nella quale l'Occidente, con la missione Isaf è
entrato a gamba tesa.
La storia
Per far comprendere la ratio della missione, Vaccino è partito dal 1979, un anno di svolta per
l'intera area medio-orientale e, più in generale, per il mondo islamico. Il 1979, infatti, vide
l'implementazione degli Accordi di Camp David (1978). Un'implementazione che contribuì ad
accendere la scintilla della reazione contro l'Occidente e ad alimentare un'avversione,
cresciuta nel tempo, verso la società occidentale . Non è un caso che il 1979 fu anche l'anno
della nascita di al Qa'ida e della rivoluzione iraniana che decretò la fine della dinastia Pahlavi
ed il ritorno di Khomeini a Theran.
E' in questo quadro complessivo che va colto ed interpretato l'intervento militare russo in
Rotary Club Biella
Afghanistan, sempre nel 1979: un intervento che stimolò la reazione dell'America e
dell'Occidente in genere che, infatti, prese a finanziare i Mujahedin in funzione antagonista e
anti-russa.
Quando nel 1985 Gorbaciov decise il ritiro dall'Afghanistan (completato poi nel 1989), i
Mujahedin, pur sostenuti dagli aiuti occidentali, non riuscirono tuttavia a prendere
immediatamente il potere. Le varie fazioni in lotta, espressione della composita e magmatica
situazione afghana, continuarono a combattersi sino al 1992 quando, nel vuoto venutosi a
creare dopo il ritiro dei russi e con il crescente disinteresse degli americani impegnati in
operazioni sul fronte della Bosnia, i Mujahedin riuscirono a vincere, ma, privi degli aiuti
economici precedenti, inaugurarono un periodo di estorsioni, di soprusi e di vessazioni sulla
popolazione inerme.
Fu da questa situazione che prese vita una reazione che trovò sintesi nel movimento talebano
del Mullah Omar.
Una reazione che si espresse in una lotta intestina finita nel 1996 quando, dopo 4 anni di
battaglie, i Talebani riuscirono a prendere il potere. Per reazione contro l'epoca dei Mujahedin
che i Talebani interpretavano come una cessione ed una svendita dell'Afghanistan
all'Occidente, essi inasprirono ed esagerarono certi aspetti del Corano, aprendo la strada ad
un regime retrogrado e fortemente autoritario, con connotazione spiccatamente antioccidentale: l'humus ideale in cui, non a caso Bin Laden creò appositi campi di addestramento
per terroristi islamici.
Il periodo fu segnato da un odio montante contro l'America e l'Occidente; un odio che che
ebbe poi il suo apogeo nell'attentato alle Twin Towers, nel 2001. Fu questo episodio ad aprire
la strada all'intervento Usa nella regione, deciso da Bush nel tentativo di stabilizzare
l'Afghanistan secondo un progetto che considerava esportabile il modello democratico. Nel
2003, l'intervento evolse quindi in missione Nato e, nel 2008, il nuovo presidente Barrack
Obama implementò le presenza di soldati in Afghanistan.
Peraltro, un Paese che, come ha ricordato Vaccino, è grande come la Francia più parte della
Germania, non può essere stabilizzato con un totale di forze di 130 mila uomini: “Ne
sarebbero occorsi almeno 500 mila” ha detto il generale Giuseppe Vaccino, ricordando
contestualmente come, però, per gli americani, la missione Isaf avesse assunto il costo enorme
di 10 milioni di dollari al mese. Ma, l'errore più grave, in termini di strategia politica, secondo
quanto detto da Giuseppe Vaccino, è stato soprattutto quello di annunciare il ritiro della
missione Isaf nel 2014, creando pertanto, nella popolazione afghana, una situazione di
attendismo timoroso in cui gli afghani, temendo il ritorno a breve dei Talebani, non cooperano
alla stabilizzazione del Paese sentendola come inutile.
L'oggi e il futuro.
Con il ritiro della missione Isaf, allora, quali saranno gli scenari possibili?
“Sostanzialmente tre – ha spiegato sempre Giuseppe Vaccino -. Il primo è che l'Afghanistan
riesca a diventare un Paese normale. Il secondo è che diventi uno stato fallito come lo Yemen,
e il terzo che diventi un vero e proprio narcostato, anche in considerazione del fatto che il 90%
dell'eroina che oggi si trova su piazza europea proviene già oggi dall'Afghanistan e gran parte
dei proventi di questo commercio arricchisce e mantiene i Talebani”.
Rotary Club Biella
Esistono fattori che potrebbero incidere su questi possibili scenari facendo propendere la
bilancia verso un'evoluzione più virtuosa?
Per Giuseppe Vaccino, la grande variabile è, in questo caso, rappresentata dal Trattato di
Cooperazione con gli Usa che si sta discutendo proprio in questi mesi. “Se l'Afghanistan
sottoscriverà tale Trattato – ha detto il generale Giuseppe Vaccino -, allora si prevede che
venga lasciato un presidio di 12 mila soldati americani che svolgeranno una funzione di policy
e, soprattutto, di addestramento delle forze armate e della polizia afghana. Purtroppo, oggi,
Karzai, condizionato dalle fazioni e dal suo partito, fa resistenza alla sottoscrizione,
soprattutto ponendo sul piatto della trattativa due elementi ostativi costituiti dalla riserva di
giurisdizione americana per i fatti compiuti dai militari Usa e dalla legittimazione dei raid
notturni delle forze americane. In primavera, però, Karzai terminerà il suo mandato e
bisognerà attendere l'esito elettorale sul quale, è probabile, non saranno secondarie dinamiche
anche esterne come il ruolo giocato dal Pakistan che non vuole la stabilizzazione democratica
dell'Afghanistan onde impedire che si crei un legame tra quest'ultimo e l'India. Se il Trattato
verrà firmato, come peraltro è auspicabile e forse prevedibile, l'Afghanistan avrà qualche
possibilità di evolversi, pur con molte difficoltà, verso uno scenario di normalizzazione.
Viceversa, la sindrome potrebbe essere fatale”.
Al termine della conferenza del generale Giuseppe Vaccino, sono intervenuti per avere
chiarimenti e precisazioni alcuni soci.