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REVIEW
L’adattamento prismatico
nella riabilitazione della
negligenza spaziale unilaterale:
una rassegna critica
A. FACCHIN 1, A. TORALDO 2, R. DAINI 1
Dipartimento di psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca; Milano, Italia
Dipartimento di psicologia, Università degli Studi di Pavia, Pavia, Italia
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Adattamento prismatico
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A partire dal XIX secolo, l’adattamento
prismatico è stata una delle tecniche di
cui si è servita la psicologia sperimentale
per lo studio della plasticità visuo-motoria
a breve termine; le lenti prismatiche permettono infatti di spostare il campo visivo
in una determinata posizione dello spazio
alla quale il sistema motorio si adatta in
maniera più rapida ed efficace rispetto ad
altre tecniche più invasive come l’inversione completa del campo visivo tramite
specchi 3-6. Questo adattamento visuomotorio viene ottenuto tramite prismi con
orientamento a base sinistra (il lato con
maggior spessore si trova a sinistra) che
inducono uno spostamento percettivo del
campo visivo a destra oppure con prismi a
base destra (il lato con maggior spessore si
trova a destra) che inducono uno spostamento percettivo a sinistra..
Recentemente l’adattamento prismatico è
stato riscoperto in ambito neuropsicologico nella riabilitazione della NSU 7-10.
Per adattamento prismatico, non si inten-
Autore di contatto
R. DAINI
de il semplice utilizzo dei prismi o occhiali
prismatici, ma una procedura suddivisa in
diverse fasi. Inizialmente vengono fatti indossare degli occhiali prismatici, orientati
a base sinistra (Base Left). Nella seconda fase il paziente esegue un compito di
puntamento con la mano verso dei punti
disposti orizzontalmente su un piano. I
primi movimenti tendono a raggiungere
la posizione virtuale del target mancando
la sua posizione reale 8. Con i successivi
movimenti di puntamento l’errore si riduce velocemente fino a compiere movimenti
veloci e corretti in direzione del target 3.
A questo punto non vi è ancora adattamento ma solo una riduzione dell’errore 11.
Per ottenere un adattamento robusto non
serve solo compensare l’errore di puntamento iniziale, processo che avviene entro
una decina di prove, ma è necessario che
il compito di puntamento sia ripetuto nel
tempo. I numerosi studi di adattamento prismatico hanno utilizzato dai 50 7,12
ai 150 puntamenti 13. Questa ripetizione
continua potenzia l’apprendimento inconsapevole sensori-motorio che viene considerato l’adattamento vero e proprio ai
prismi 11.
Successivamente i prismi vengono tolti ed
è possibile osservare l’aftereffect, cioè l’errore di puntamento in direzione contraria
a quello dell’adattamento. È da questo
momento in poi che si possono osservare i
miglioramenti nella NSU. I prismi quindi
non vengono indossati continuativamente,
ma solo per il periodo di adattamento 14.
Nonostante l’apparente semplicità della
procedura, sono molte le variabili implicate nell’adattamento prismatico e sembrano
essere coinvolti numerosi processi e sistemi di rappresentazione. In letteratura sono
stati descritti due principali processi sottostanti l’adattamento prismatico, denominati in modo differente dai diversi autori:
–– apprendimento percettivo e apprendimento motorio 15;
–– processi centrali e processi periferici 16;
–– correzione cognitiva e vero adattamento 17;
–– apprendimento cognitivo e apprendimento percettivo 18;
–– acquisizione di abilità e ricalibrazione 19;
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L’obiettivo di questa rassegna è chiarire
come nei molteplici studi sull’adattamento
prismatico per la riabilitazione di pazienti
cerebrolesi affetti da negligenza spaziale unilaterale (NSU) siano stati utilizzati
metodi, mezzi e pazienti differenti, con
risultati non sorprendentemente variegati.
Ad una parte iniziale, in cui verranno introdotti i lineamenti essenziali della tecnica dell’adattamento prismatico e una teoria di riferimento 1-3, seguirà la trattazione
dei principali risultati positivi e negativi.
La terza sezione farà riferimento alle proposte interpretative dell’efficacia riabilitativa e in ultimo l’ interpretazione delle
discrepanze tra gli studi ed il ruolo probabilmente centrale delle differenti metodologie utilizzate.
–– ricalibrazione e riallineamento 1-3.
Anche se i termini utilizzati sono differenti, tali processi di base sembrano essere i
medesimi, caratterizzati da specifiche finalità.
Il primo processo – di qui in poi denominato ricalibrazione - consisterebbe in una
risposta iniziale allo spostamento indotto
dai prismi e sarebbe di natura essenzialmente strategico-cognitiva. Si tratterebbe
di una riprogrammazione dei movimenti
nello spazio, all’interfaccia tra il sistema
visivo occhio-capo e il sistema propriocettivo mano-testa, con l’obiettivo di ridurre
rapidamente l’errore. La ricalibrazione sarebbe un tipo di apprendimento cognitivo
2,3
, per il quale sono stati utilizzati anche
altri termini come “correzione cosciente”
15
; tuttavia quest’ultimo termine non rende
la natura parzialmente automatica del processo 11. La ricalibrazione permetterebbe
di modificare non solo il movimento pianificato, programmato con una strategia
feedforward, ma utilizzerebbe anche informazioni online per ridurre l’errore secondo
una strategia di feedback visivo. Inoltre, il
processo di ricalibrazione consentirebbe la
ritaratura delle dimensioni e della posizione dello spazio dedicato al compito (task
work space 3).
Il secondo meccanismo innescato dal­
l’esposizione ai prismi – di qui in avanti
denominato riallineamento – risulterebbe
in una riorganizzazione completamente
automatica delle mappe spaziali specifiche
(oculocentriche, craniocentriche, etc.) in
relazione alle altre mappe spaziali. Il riallineamento verrebbe quindi definito come
un tipo di apprendimento percettivo 11.
Ricalibrazione e riallineamento sono processi relativamente indipendenti. In effetti
il processo di ricalibrazione non riceve informazioni circa lo stato del riallineamento, ed è stato pertanto definito “trasparente” rispetto ad esso 11. Crucialmente, i
due processi opererebbero a livelli, tempi e
modalità differenti. Essi riducono l’errore
di puntamento in modo diverso: mentre
la ricalibrazione ridurrebbe l’errore seguendo una strategia diretta di modifica
dei programmi motori, il riallineamento
ridurrebbe la discordanza tra mappe con
differenti sistemi di riferimento e quindi
correggerebbe la programmazione del movimento in modo indiretto.
Un’altra differenza tra i due processi sarebbe la scala temporale. La ricalibrazione è un processo rapido di aggiustamento
dell’errore in cui con poche prove viene
già annullato l’errore. Anzi se si compie
un adattamento ai prismi con movimenti
lenti e la visione completa del braccio lungo tutta la sua traiettoria l’errore è quasi
nullo fin dalla prima prova 3. Il processo
di riallineamento è invece un processo più
lento e necessita di prove ripetute per essere sviluppato.
La distinzione tra processi di calibrazione e allineamento corrisponde anche ad
Università degli Studi di Milano-Bicocca,
Dipartimento di Psicologia, Edificio U6,
Piazza dell’ateneo nuovo 1, 20126 Milano,
Italia. E-mail: [email protected]
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Volendo valutare nel dettaglio i diversi
fenomeni sottostanti, le condizioni sperimentali in cui si possono ottenere e i diversi sistemi di riferimento coinvolti, il modello si complica ulteriormente 1-3,11,21,28.
Adattamento prismatico come tecnica
riabilitativa
Rossetti e collaboratori 7 nel 1998 furono i
primi a proporre l’applicazione della procedura di adattamento prismatico come tecnica riabilitativa per la negligenza spaziale
unilaterale (NSU), un disturbo della cognizione spaziale nel quale, a seguito di una lesione cerebrale, il paziente fallisce nell’esplorare lo spazio controlaterale alla lesione, non
essendo consapevole degli stimoli presenti
in quella porzione di spazio esterno o corporeo e dei relativi disordini funzionali 29.
Nel caso di emianopsia omonima sinistra
è possibile utilizzare i prismi come mezzo compensatorio 30. Sebbene la tipologia
di prismi sia la stessa (prismi binoculari a
base sinistra), pur con poteri minori, il loro
utilizzo è ben diverso in quanto vengono
portati continuativamente. Questo tipo di
utilizzo nella NSU non apporta miglioramenti significativi 14,31, a differenza di
quanto suggerito da Suchoff e Ciuffreda 32.
Rossetti et al. 7 mostrarono che dopo un
breve periodo di adattamento prismatico,
i soggetti che presentavano NSU traevano
un grosso vantaggio nell’indicazione della
linea mediana, tonicamente spostata verso destra. Questo miglioramento avviene
però solo dopo l’adattamento prismatico
con prismi a base sinistra (che producono
uno spostamento percettivo a destra ed un
aftereffect a sinistra), mentre i prismi a base
destra non producono cambiamenti significativi. Rossetti dimostrò anche che gli stessi prismi anteposti a soggetti normali creano una normale situazione di adattamento
visuomotorio che viene immediatamente
compensata. Nei pazienti con NSU questi
miglioramenti riguardavano non solo l’indicazione della linea mediana soggettiva,
ma anche una serie di test neuropsicologici
di valutazione della NSU. L’efficacia di questo trattamento è stata confermata rispetto
ad un gruppo di controllo di pazienti che
indossavano occhiali neutri.
Il vantaggio più importante evidenziato
da questa tecnica rispetto alle diverse tecniche riabilitative sensoriali consiste nel
fatto che i miglioramenti permangono in
maniera significativa fino a 24 ore dopo
un singolo trattamento di 10 minuti con
i prismi 33.
Dopo i primi risultati ottenuti da Rossetti et al., 7, la tecnica dell’adattamento
prismatico è stata ampiamente applicata
e viene tuttora studiata in maniera molto
estesa.
stato quello di capire in che misura un suo
utilizzo sistematico rispetto a una singola
applicazione potesse migliorare sia i risultati ai test che il comportamento quotidiano dei pazienti NSU. Si è passati quindi a
costruire una vera e propria terapia riabilitativa basata sull’adattamento prismatico.
Con un’applicazione dell’adattamento prismatico della durata di 14 giorni, per due
volte al giorno, con un compito di 90 puntamenti ed un prisma di 10° si è osservato
un miglioramento medio ai test neuropsicologici della durata di 5 settimane, anche
se in alcuni pazienti i miglioramenti sono
durati fino a 17 settimane 34.
Lo stesso risultato è stato ottenuto in un
altro studio 35 con sette pazienti cronici (a
33 mesi di media dall’ictus). I miglioramenti riguardavano l’esplorazione visiva,
la bisezione di linee e la posizione del centro di gravità misurata con un sistema di
rilevamento pressorio. È interessante notare che non furono osservati cambiamenti in una scala che valutava il comportamento nelle attività della vita quotidiana,
anche se molti pazienti a livello soggettivo
notarono dei miglioramenti. Ciò è spiegabile considerando la tipologia di pazienti
utilizzati nello studio: quasi tutti erano
autosufficienti e presentavano quindi punteggi già alti ad una scala di valutazione
comportamentale.
Sempre in un paziente cronico (11 anni
dopo l’ictus), Humphreys et al. 36 hanno
trovato che un’applicazione dell’adattamento prismatico di 10 sessioni in due settimane determinava miglioramenti fino a
5 settimane dopo le sessioni di adattamento prismatico. Il dato forse più eclatante
fu il fatto che il miglioramento ad un test
di cancellazione fu mantenuto fino ad un
anno dal trattamento. Il miglioramento è
stato quindi confermato anche su pazienti
cronici nei quali l’effetto non può essere
attribuito al recupero spontaneo.
Oltre alla valutazione neuropsicologica
standard, sono stati indagati anche gli
aspetti comportamentali tramite la batteria BIT 37. Dopo un’applicazione giornaliera di 20 minuti per 14 giorni è stato
osservato un miglioramento fino a tre mesi
38
. Il risultato più interessante, oltre alla
durata dell’effetto è che il miglioramento
è stato osservato sia nei test convenzionali
della BIT (classici test neuropsicologici per
la valutazione della NSU) sia nei test comportamentali (simulazione delle diverse
attività quotidiane), ottenendo un effetto
generalizzato dell’adattamento prismatico.
Con la stessa procedura, in un altro gruppo di pazienti, è stato osservato un miglioramento alla batteria BIT fino a 6 mesi dal
trattamento iniziale 39.
Il miglioramento prodotto dall’adattamento prismatico è risultato essere indipendente dal sistema di riferimento spaziale considerato durante l’adattamento.
Dopo aver eseguito, nella fase di adattamento, un compito di puntamento ma-
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una loro generale localizzazione anatomofunzionale rispettivamente nella corteccia
e nel cervelletto 20,21. L’abilità di adattarsi
ai prismi è infatti preservata in caso di lesioni alla corteccia parietale posteriore e in
assenza di danni cerebellari 22, mentre il
riallineamento è perso a seguito di lesioni
cerebellari con risparmio della corteccia
parietale posteriore 17,23.
A conferma di questo circuito anatomofunzionale, un alterato adattamento ai
prismi è stato trovato in un paziente con
lesione parietale bilaterale 24 e in pazienti
con lesioni cerebellari 17,23.
Considerando nello specifico le lesioni cerebellari, l’adattamento prismatico risulta
compromesso o assente in caso di danno al
sistema olivo-cerebellare, ma non a seguito
di lesioni dovute a infarto dell’arteria cerebellare superiore 25.
Anche i gangli della base sembrano essere
coinvolti nell’adattamento prismatico. In
pazienti con Corea di Huntington è stato
riscontrato un adattamento ai prismi significativamente compromesso, ed il grado di compromissione sembra essere correlato alla progressione della demenza 26,27.
Come accennato precedentemente, tramite il processo di ricalibrazione, l’errore iniziale viene ridotto o annullato in circa una
decina di puntamenti verso una mira. Le
specifiche procedure sperimentali possono
incidere molto a questo livello. Se vi è la visibilità totale del braccio con cui viene effettuato il puntamento (“esposizione concorrente”; feedback visivo-propriocettivo),
la riduzione dell’errore sarà più rapida rispetto ad una condizione in cui è visibile
solo la parte finale della mano alla fine del
movimento (braccio coperto; “esposizione
terminale” 1,2).
L’effetto diretto, cioè l’errore di puntamento osservabile nei primi movimenti
appena vengono utilizzati i prismi non
viene osservato con un esposizione concorrente cioè quando il movimento è visibile
dall’inizio alla fine. Similmente, anche
con movimenti lenti, l’effetto diretto dei
prismi può non essere visibile. La mancanza di un errore di puntamento avviene anche con prismi di basso potere o quando lo
spostamento prismatico viene introdotto
gradatamente 3.
L’aftereffect, ovvero l’errore di puntamento
che appare in direzione opposta alla deviazione ottica dei prismi, alla rimozione degli stessi, sembra dipendere dal processo di
riallineamento. In effetti, se si utilizzano
pochi puntamenti, quelli necessari ad ottenere solo la ricalibrazione, non si ottiene
un aftereffect significativo. Analogamente
all’effetto diretto dei prismi, un’esposizione concorrente e dei movimenti lenti non
rende osservabile l’aftereffect 3.
È interessante notare che l’aftereffect è minore rispetto alla deviazione ottica indotta
dai prismi: tipicamente la sua ampiezza
oscilla tra il 30 e il 40% della deviazione
ottica 21.
Efficacia della procedura di adattamento
prismatico
Uno dei primi obiettivi dello studio neuro­
psicologico dell’adattamento prismatico è
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dopo il trattamento sia un’ora dopo di esso
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. Le perseverazioni semplici – ovvero le
cancellazioni multiple - diminuiscono di
frequenza, mentre le perseverazioni complesse – ovvero produzioni di materiale
grafico irrilevante al compito – vengono
totalmente eliminate.
La disgrafia spaziale è definita come un
disturbo dell’espressione grafica dovuto
ad un deterioramento della percezione
visuo-spaziale in pazienti con una lesione
all’emisfero destro 61. Pazienti che presentano NSU possono manifestare questo deficit, sia nei termini di scrittura limitata al
lato destro del foglio, sia nei termini di un
insieme di manifestazioni definibili come
costruttive 67. L’adattamento prismatico è
risultato essere efficace anche nel ridurre
la disgrafia legata a NSU. Non solo si è osservata un’espansione dell’area di scrittura
verso sinistra, ma anche un miglioramento
di diversi aspetti costruttivi – ovvero una
diminuita frequenza di linee interrotte, linee inclinate ed errori grafici 56.
Perseverazione e disgrafia sono particolarmente interessanti poiché non fanno, strettamente parlando, parte della sindrome di
NSU – sono infatti in doppia dissociazione
con essa. Il loro miglioramento va perciò
ricondotto a strutture anatomo-funzionali
differenti da quelle responsabili dei deficit
di esplorazione visiva. Un modello teorico che spieghi l’efficacia dell’adattamento
prismatico deve quindi tenere in considerazione anche questi aspetti e non solo la
NSU.
panelle, bisezione di linee, copia di disegni, lettura di parole, lettura di non parole
e lettura di un testo.
Quando l’adattamento prismatico è stato combinato con altre tecniche, quali la
stimolazione optocinetica, esso non ha
prodotto risultati migliori rispetto ad altre
tecniche 69, ma analizzando nel dettaglio
le procedure utilizzate da Keller et al., ciò
potrebbe essere dovuto a un periodo di
adattamento troppo breve (8-20 puntamenti), sufficiente per indurre una ricalibrazione, ma insufficiente per indurre un
riallineamento, ciò che invece sembra essere necessario ai fini riabilitativi 21.
Turton e collaboratori 70, in uno studio
di gruppo in singolo cieco per il tipo di
occhiali utilizzati nel trattamento (lenti
prismatiche o lenti neutre), hanno determinato che la procedura di adattamento
prismatico, dopo un applicazione ripetuta
(10 sessioni in 14 giorni con prismi di 10
diottrie prismatiche (abbreviate con il simbolo Δ oppure d. p., vedi 71 per approfondimenti) riesce a modificare il puntamento
senza controllo visivo, ma non a migliorare la gravità della NSU (Batteria BIT) e il
comportamento motorio e spaziale (scala
CBS). Gli autori concludono che la tecnica sia in realtà efficace, ma che altri fattori
siano stati responsabili dei risultati negativi. Tali fattori sarebbero la procedura di
adattamento (esposizione terminale), tipo
e potere dei prismi (10Δ su una montatura
di prova di tipo oftalmico) e tipologia dei
pazienti (alta variabilità della gravità del
deficit).
Confrontando casi singoli è possibile osservare le dissociazioni tra compiti che
rendono possibilmente interpretabili le
mancate registrazioni di miglioramenti
significativi in alcuni di essi. In uno studio su un caso singolo, dopo un’applicazione dell’adattamento prismatico ripetuto per tre settimane sono migliorate tutte
le variabili sperimentali misurate ad eccezione della dislessia da neglect 46. Sempre
studiando casi singoli, Pisella et al. 72 hanno mostrato che l’adattamento prismatico
sembra essere efficace nel modificare sia
l’indicazione della linea mediana soggettiva sia la bisezione di linee. Tuttavia, in
due pazienti che presentavano entrambi
questi deficit, a distanza di due giorni, è
stata osservata una doppia dissociazione.
Un paziente era migliorato nell’indicazione della linea mediana soggettiva ma
non nella bisezione di linee mentre l’altro
paziente aveva manifestato un profilo opposto.
Una mancanza di miglioramento specifica per alcuni compiti è stata osservata in
modo abbastanza coerente in diverse ricerche.
Diversamente dal miglioramento in tutti i
test neuropsicologici, nelle scale funzionali
CBS, FIM e NIH, Fortis et al. 73 non hanno notato nessun miglioramento nella bisezione di linee. Questo risultato è in linea
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nuale su una lavagna – ovvero nello spazio
peripersonale, un conseguente miglioramento è stato osservato anche entro diversi
sistemi di riferimento spaziale come quello
extrapersonale 34 e quello personale 39.
Se vengono considerate le diverse manifestazioni della NSU, sono stati osservati miglioramenti in molteplici aspetti: esplorazione visiva dell’emispazio sinistro 35,38-42,
equilibrio posturale 35,43, percezione somatosensoriale controlesionale 44-46, giudizi di
ordine temporale 47, compiti visuo-verbali
33
, dislessia da neglect 48, rappresentazione
mentale 49-51, deficit motori 52, motilità su
sedia a rotelle 12,53, deficit di disancoraggio
dell’attenzione 54,55 e descrizione dell’ambiente 34. Il miglioramento immediato in
test neuropsicologici è stato ottenuto in
quasi tutte le ricerche effettuate.
Dall’insieme di questi risultati si inferisce
che l’adattamento prismatico è un’eccellente tecnica riabilitativa, anche se studi
su campioni numerosi e con assegnazione
causale al gruppo sperimentale (Randomized Placebo Control Trial) sono relativamente pochi.
Alcuni studi, compreso il primo di Rossetti et al.7, includevano gruppi di controllo,
ma la seconda valutazione è stata fatta immediatamente dopo la singola sessione di
adattamento prismatico e non è stato applicato un trattamento ripetuto 7,56,57.
Una ricerca con un’applicazione ripetuta dell’adattamento prismatico per 4
giorni 58 ha mostrato un miglioramento
della durata di circa un mese, e cosa più
importante, i miglioramenti erano significativi non solo rispetto alla condizione
iniziale pre-trattamento ma anche rispetto ad un gruppo di controllo non trattato 58, confermando con questo metodo
più raffinato l’efficacia di un trattamento
ripetuto.
Allo stesso risultato sono giunti Serino et
al.59, utilizzando 10 sessioni di adattamento prismatico in due settimane su 10 pazienti, confrontati con altri 10 pazienti di
controllo. A questi ultimi, al termine delle
due settimane di trattamento placebo, è
stato applicato l’adattamento prismatico
raggiungendo, alla fine del trattamento,
risultati comparabili a quelli del gruppo
sperimentale.
Oltre agli aspetti clinici patognomonici
della sindrome di NSU, due sintomi sono
particolarmente interessanti da considerare per il loro contributo teorico: le perseverazioni 60 e la disgrafia 61.
La perseverazione, cioè la ripetuta produzione involontaria di una precedente risposta 62, può essere considerata come una
manifestazione produttiva, relativamente
indipendente dalla NSU, con meccanismi
anatomo-patolologici e spiegazioni funzionali differenti 63-65. Anche questo tipo
di manifestazione, maggiormente legato
a danni frontali e sottocorticali 60, diminuisce di intensità in seguito a una procedura di adattamento prismatico, sia subito
Risultati parziali e negativi
Sebbene la maggior parte degli studi riportino risultati ampiamente positivi è appropriato considerare anche i limiti dell’adattamento prismatico.
In un gruppo di 13 pazienti, Sarri et al. 68
hanno trovato che i quattro pazienti che
presentavano l’aftereffect minore, misurato tramite l’indicazione della linea mediana soggettiva, erano gli stessi che non
presentavano miglioramenti significativi
ai test di cancellazione.
Quindi la presenza di un normale adattamento prismatico, con relativo aftereffect,
sembra essere un prerequisito fondamentale per ottenere un miglioramento globale
della NSU con questa tecnica.
Nonostante un adattamento prismatico
preservato, in un’altra ricerca sono stati
evidenziati risultati riabilitativi totalmente negativi 57. In un gruppo sperimentale
composto da 10 pazienti NSU (di cui sei
con emianopsia) confrontato con otto soggetti neurologicamente sani, non è stato
riscontrato alcun miglioramento significativo dopo l’adattamento prismatico in
diversi test neuropsicologici. L’adattamento prismatico è stato eseguito secondo la
metodologia di Rossetti et al. 7 e verificato
tramite l’indicazione della linea mediana
soggettiva. I risultati sono stati negativi in
tutti i test utilizzati: cancellazione di cam-
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tuttavia, sembra essere indipendente dalle
capacità esplorative e dai relativi miglioramenti. Infatti, la percentuale di riconoscimenti corretti di una serie di stimoli sembra essere poco sensibile all’adattamento
prismatico.
Saevarsson et al.42 hanno inoltre specificato che il miglioramento in compiti di ricerca visiva avviene se non vi sono costrizioni
temporali nell’esecuzione del compito. Al
contrario se la ricerca visiva è limitata temporalmente non vi sono effetti significativi
dell’adattamento prismatico (Tabella I).
Possibili spiegazioni dell’efficacia
riabilitativa.
Fin dalla prima ricerca di Rossetti et al.7 ci
si è chiesti perché l’adattamento prismatico sia così efficace nella riabilitazione della
NSU.
La prima interpretazione ha proposto che
l’adattamento prismatico agisca ad un
alto livello di rappresentazione spaziale, lo
stesso compromesso nella NSU, stimolandone la riorganizzazione 7. La persistenza
dell’efficacia riabilitativa e la sua generalizzazione ad attività motorie non direttamente riabilitate suggeriscono che l’effetto
dell’adattamento prismatico nella NSU
dipenda da una riorganizzazione della rappresentazione spaziale egocentrica, nucleo
centrale di questa patologia 10,33. Tuttavia
tale spiegazione ha come limite l’eccessiva
astrazione e la mancanza di prove empiriche dirette che ne confermino la validità.
Una prospettiva leggermente diversa è
quella di Rode et al. 9,56: secondo gli autori l’adattamento prismatico agirebbe su
tutti i processi di rappresentazione spaziale
e non solo su quelli implicati nella NSU,
altrimenti non si spiegherebbero i miglioramenti rispetto a deficit spaziali diversi
dalla NSU stessa, come i deficit produttivi
di perseverazione 66, i deficit posturali in
pazienti emiparetici sinistri senza NSU 43
e la disgrafia spaziale 56.
Questa proposta è plausibile anche ad un
livello anatomo-funzionale. L’adattamento prismatico riuscirebbe ad attivare in
pazienti con NSU una riorganizzazione
anatomo-funzionale di aree integre quali
il cervelletto, il talamo sinistro, la corteccia temporo-occipitale sinistra, la corteccia
parietale posteriore sinistra e il lobo temporale medio 76. Inoltre in pazienti cronici,
dopo una sessione di adattamento prismatico, sono state rilevate maggiori e significative attivazioni della corteccia parietale
posteriore e della sostanza pericallosale
dell’emisfero controlesionale 35. Entrambi
gli studi hanno utilizzato la tomografia ad
emissione di positroni (PET) per la rilevazione delle aree attivate a seguito della
stimolazione prismatica.
Una terza, interessante prospettiva viene da Redding e Wallace 21, i quali non
solo spiegano l’efficacia dell’adattamento
prismatico (che studiano da quattro de-
cenni) ma interpretano anche la natura
della NSU stessa. Essi sostengono che la
compromissione nella NSU consista in un
deficit a carico di due componenti.
La prima componente sarebbe il processo
di calibrazione, o ricalibrazione – uno dei
due principali processi implicati nell’adattamento prismatico (si veda la Sezione
“L’adattamento prismatico” all’inizio
della presente rassegna). La calibrazione
coinvolge diversi processi quali l’attenzione spaziale, la rappresentazione spaziale
egocentrica e allocentrica, ovvero processi spesso patologici nella NSU 21. Diversi
processi di calibrazione sono richiesti per
permettere il mappaggio tra diversi sistemi di rappresentazione, e ciò consente di
spiegare i deficit a vari livelli presenti nella
NSU.
La seconda componente della NSU sarebbe una riduzione di ampiezza dello spazio
dedicato al compito (task work space) cioè
quella porzione di spazio, verso cui è diretta l’attenzione, specifica per ogni sistema
di riferimento. Oltre alla riduzione dello
spazio dedicato al compito, la sua posizione sarebbe spostata verso destra e vi sarebbe un’incapacità di modificare questo
spazio 21.
Il riallineamento (il secondo processo implicato nell’adattamento prismatico, non
compromesso nei pazienti con NSU) permetterebbe di “riallineare”, appunto, i diversi sistemi di rappresentazione rispetto
alla componente egocentrica e ad indurre i
miglioramenti. Quello che l’adattamento
prismatico non modificherebbe è invece lo
spazio dedicato al compito, precisamente
la sua ampiezza, patologicamente ristretta 21.
Quest’ultima prospettiva è quella apparentemente più esaustiva ed è l’unica che a nostro parere permetta di spiegare in maniera
esauriente sia l’efficacia di questa tecnica
riabilitativa sia la natura stessa della NSU.
Come specificato dagli stessi autori in un
lavoro più recente 28, il miglioramento ottenibile tramite l’adattamento prismatico
sottostà all’integrità di un determinato
substrato anatomo-funzionale. Perché ciò
avvenga non sarebbe sufficiente l’integrità della corteccia cerebellare (implicata
nel processo di riallineamento; 17), ma
sarebbero altresì necessarie strutture corticali e sottocorticali facenti parte della
cognizione spaziale, capaci di vicariare le
aree danneggiate. Il miglioramento dato
dall’adattamento prismatico dipenderebbe
quindi dall’integrità di molteplici e specifiche aree cerebrali, e ciò potrebbe spiegare
la diversità dei risultati nelle diverse ricerche e la grande variabilità da caso a caso.
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con altri studi sia su casi singoli 12,36,46,72
che su gruppi di pazienti 13,35,58,74-76. Dai
diversi studi emerge quindi che la bisezione di linee, ovviamente quando presenta
un bias patologico in pazienti NSU, non
è sempre sensibile all’adattamento prismatico.
L’adattamento prismatico tipicamente migliora la prestazione in compiti con una
componente preponderante di esplorazione visiva, ma non in compiti relativamente indipendenti da questa componente,
come il riconoscimento di facce chimeriche. L’adattamento prismatico, infatti,
aumenta il numero di fissazioni oculari
nella parte sinistra di volti chimerici, senza però migliorarne il riconoscimento.
Questo profilo è stato riscontrato in due
studi, entrambi su casi singoli 36,40, e confermato da Sarri et al. 77 su tre pazienti,
i quali mostravano un miglioramento nel
numero di fissazioni nella parte sinistra
di volti e figure chimeriche. Il riconoscimento di figure chimeriche era migliorato
dopo l’adattamento prismatico, senza alcun miglioramento nella riconoscimento
di volti chimerici. Uno studio di gruppo
ha permesso di chiarire meglio la dissociazione tra comportamento oculomotorio e
rilevazione consapevole di stimoli visivi.
Datiè et al. 78 hanno monitorato l’esplorazione visiva in pazienti con NSU prima
e dopo l’adattamento prismatico mentre
eseguivano un compito di descrizione di
figure. Dopo la valutazione iniziale (preadattamento) i pazienti sono stati suddivisi
in due gruppi, quelli con esplorazione simmetrica dello spazio egocentrico e quelli
con esplorazione asimmetrica. I pazienti
sono stati valutati prima, subito dopo e
15 minuti dopo l’adattamento prismatico.
Subito dopo il trattamento, i pazienti con
un’esplorazione asimmetrica hanno mostrato un aumento dei movimenti saccadici verso il lato controlesionale (sinistro),
determinando una maggiore simmetria
esplorativa che permaneva anche 15 minuti dopo l’adattamento prismatico. Il gruppo di pazienti con esplorazione simmetrica, al contrario, in seguito all’adattamento
prismatico ha evidenziato un’esplorazione
significativamente asimmetrica, con movimenti saccadici ridotti nell’emicampo controlesionale. Dopo 15 minuti tale
asimmetria scompariva. La descrizione di
figure migliorava solo nel 25% dei pazienti
in cui era deficitaria, indipendentemente
dall’appartenenza al gruppo con esplorazione inizialmente simmetrica o asimmetrica.
Riassumendo gli studi che hanno indagato l’effetto dell’adattamento prismatico sui
movimenti oculari, è possibile affermare
che, in presenza di asimmetrie esplorative, sono stati osservati dei miglioramenti
ed un maggior bilanciamento spaziale del
comportamento esplorativo oculare. Il
miglioramento della rilevazione consapevole degli stimoli nello spazio esplorato,
Discussione
La maggior parte delle numerose pubblicazioni sperimentali inerenti l’adattamento prismatico in pazienti con negligenza
spaziale unilaterale presentano risultati
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REVIEW
IN
Valutazione dell’aftereffect
Per valutare l’adattamento prismatico circa metà degli studi (Vedi tabella 1) hanno usato l’indicazione della linea mediana soggettiva ad occhi chiusi (Subjective
Straight Ahead, SSA), mentre altri il puntamento “senza controllo visivo”, ovvero, il
puntamento di un oggetto la cui posizione
viene rilevata visivamente, ma in condizione di assenza di visione del braccio che
compie il movimento e del risultato del
puntamento (Open Loop Pointing, OLP).
Queste due misure dipendono almeno in
parte da processi differenti e non sembrano essere intercambiabili. Mentre l’indicazione della linea mediana soggettiva si
basa principalmente su indicatori propriocettivi e cinestesici (sia sulla posizione da
raggiungere che sulla posizione della mano
che deve raggiungere quella posizione), il
puntamento senza controllo visivo richiede anche un’interazione tra informazioni
visive (sul punto da raggiungere) e informazioni propriocettive e cinestesiche (sulla posizione della mano che deve raggiungere il punto esterno).
M
Il confronto tra le due misure mostra che
l’errore nel OLP è d’ampiezza simile tra
pazienti NSU e soggetti neurologicamente sani, mentre il compito di SSA presenta
differenze significative tra i due gruppi,
ovvero, evidenzia un bias ipsilesionale nei
pazienti con NSU 68. Per questa ragione il
SSA rappresenta secondo autori come Sarri ed altri l’indicatore migliore per la valutazione dell’adattamento prismatico.
Tuttavia, il compito di SSA, utile a livello
clinico e spesso (ma non sempre) patologicamente spostato verso destra in pazienti
NSU 72, non rappresenterebbe la misura
più idonea per la valutazione dell’aftereffect nell’adattamento prismatico. Secondo
il modello di Redding e Wallace 1 basato
sui meccanismi di ricalibrazione e riallineamento, una misura dell’aftereffect totale
può essere effettuata solo tramite OLP,
mentre il compito di SSA fornirebbe una
sottostima dell’aftereffect, poiché non
comprende la fondamentale componente
visuo-percettiva.
In altri termini il compito di SSA, nonostante permetta di rilevare un effetto
significativo dell’adattamento prismatico,
rifletterebbe solo una parte dei processi in
atto, in quanto coinvolgerebbe il sistema
di riallineamento tra mano e capo, ma non
considererebbe il sistema di riferimento visivo e l’interazione tra questi due gruppi
di processi.
In caso di valutazioni sia cliniche che sperimentali la valutazione dell’aftereffect
dovrebbe quindi includere il compito di
OLP perché produce una misura “completa” dell’aftereffect 1,3,11,21, è più sensibile
al potere prismatico 71 e sembra essere la
misura che correla maggiormente con il
miglioramento globale ottenibile 73.
tamento durante l’esposizione ai prismi è
dovuta solamente alla componente di ricalibrazione. Nello studio di Keller et al.,
69
non essendo avvenuto il processo di riallineamento non sono stati evidenziati gli
effetti riabilitativi.
Sempre riguardo alla procedura utilizzata
per l’adattamento, solo due studi presentano procedure visuo-motorie più articolate
e interattive per coinvolgere maggiormente il paziente 35,73.
Fortis et al. 73 hanno sviluppato la loro ricerca confrontando il semplice compito di
puntamento utilizzato nella fase di adattamento 34 rispetto ad un insieme di attività
visuo-motorie utilizzando oggetti comuni.
I risultati hanno mostrato la totale equivalenza dei due metodi nell’indurre sia l’aftereffect sia il miglioramento globale del deficit. A livello soggettivo i pazienti hanno
preferito il trattamento con le varie attività
visuomotorie, sicuramente più coinvolgenti del semplice compito di puntamento.
Anche Shiraishi et al., 35 hanno ottenuto
un miglioramento in quasi tutte le variabili sperimentali tramite l’adattamento prismatico, utilizzando nella fase di adattamento vari compiti visuo-motori per circa
40-60 minuti.
C ER
O V
P A
Y
R M
IG E
D
H I
T C
® A
positivi e soprattutto indicano questa tecnica come molto efficace, non solo per gli
effettivi risultati oramai incontestabili, ma
per la dimensione e la durata dell’effetto
riabilitativo. Sono sufficienti poche sessioni riabilitative e di breve durata per un
effetto molto durevole nel tempo, soprattutto rispetto ad altre tecniche sensoriali
8,9,79
come la stimolazione optocinetica 80,
quella calorica vestibolare 81,82 o quella
elettrica transcutanea 83.
Il quadro tuttavia è eterogeneo, per la presenza di molti risultati positivi ma di alcuni risultati parziali e altri negativi. Va
specificato ad onor di verità, tuttavia, che
un artefatto di media può spiegare l’assenza di effetti rilevanti del trattamento in
singoli studi.
Ad esempio, nello studio di Luautè, et al.
76
, non è stato osservato un miglioramento
al test di disegno della BIT, ma osservando
accuratamente i dati si può notare come,
su un totale di cinque pazienti, due pazienti fossero migliorati, due fossero peggiorati, ed uno avesse ottenuto un punteggio invariato. Tale risultato è bel lontano
dall’indicare una semplice e generalizzata
inefficacia del trattamento.
L’artefatto di media però non può spiegare
la discrepanza tra studi che mostrano tali
effetti e studi che non li mostrano, ed ancor meno può spiegare la positività degli
effetti in un test e non in un altro entro lo
stesso gruppo di pazienti.
Discuteremo qui di seguito il possibile
ruolo di alcuni fattori nel generare l’eterogeneità di risultati tra i diversi studi,
ovvero i compiti utilizzati per valutare
l’adattamento prismatico e una serie di
parametri riguardanti la fase di adattamento, la cui importanza viene tipicamente sottostimata.
Compito motorio di adattamento
I lavori presenti in letteratura hanno dato
relativamente poco spazio allo studio e
all’evoluzione della procedura di adattamento prismatico, la quale è rimasta sostanzialmente la stessa di Rossetti et al.
(1998). Il compito visuo-motorio di adattamento consiste generalmente nel puntare con il dito indice della mano destra verso due-quattro punti in maniera casuale
per circa 50-150 volte.
Un numero inferiore a 50 puntamenti
sembra inficiare la procedura di adattamento prismatico con conseguenze negative sul risultato della ricerca 69. Come
discusso in precedenza, il modello teorico
ricalibrazione/riallineamento di Redding
e Wallace 1 presuppone che per avere un
aftereffect significativo (evidenza incontrovertibile di avvenuto adattamento
prismatico) è necessario che abbia avuto
luogo sia la ricalibrazione che il riallineamento. Siccome il riallineamento si instaura con una ripetizione sostenuta del
compito motorio, poche ripetizioni non
sono sufficienti a garantirlo. Con poche
ripetizioni, la riduzione dell’errore di pun-
Prismi
Un’altra possibile fonte di variazione nei
risultati tra i diversi studi è l’utilizzo di
prismi di diverso potere. Nei diversi articoli viene correttamente riportato l’orientamento come Base Sinistra (Base Left; 7)
oppure come rightward optical deviation.
Tuttavia nelle diverse ricerche sono stati
utilizzati differenti tipologie di prismi e
diversi poteri prismatici, da 10Δ a 26,79Δ
(da 5,71° a 15°), i quali chiaramente inducono aftereffect di diversa ampiezza 3,71 e
che potrebbero essere un’ulteriore fonte di
variabilità dei risultati.
La relazione che intercorre tra potere del
prisma, ampiezza dell’aftereffect ed efficacia riabilitativa (in determinati pazienti) è
complessa e tuttora non totalmente chiara.
Alcune considerazioni possono tuttavia
essere effettuate. Siccome l’aftereffect indotto dai prismi è in relazione diretta con
il potere del prisma utilizzato nella fase di
adattamento (anche se non in modo lineare), si potrebbe pensare di utilizzare prismi
di alto potere che sicuramente inducono
un aftereffect maggiore e un processo di
riallineamento quantitativamente più ampio. Tuttavia, se il processo responsabile
del miglioramento fosse il riallineamento di per sé, indipendentemente dalla sua
dimensione (ovvero dal potere prismatico
che lo ha indotto), sarebbe meglio utilizzare i prismi che inducono la minore distorsione ed il minor disagio soggettivo, cioè
quelli di potere minore.
Tuttavia, da un punto di vista clinico
vanno anche considerate le aberrazioni ottiche: se un prisma di maggiore entità si
dovesse rivelare più efficace bisognerebbe
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37
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Tabella I. — Studi sull’adattamento prismatico: numerosità del campione, potere del prisma, numero di puntamenti, compito di verifica
dell’adattamento prismatico, compito di valutazione dell’efficacia (variabili sperimentali), effetti positivi ed effetti nulli dell’adattamento
prismatico sulla NSU. Le diverse ricerche hanno in parte utilizzato paradigmi e metodi diversi pertanto si rimanda ai singoli articoli
per la spiegazione dettagliata degli obiettivi di ricerca e della metodologia sperimentale utilizzata. Legenda: SSA= indicazione della
linea mediana soggettiva, OLP= puntamento senza controllo visivo, LB= bisezione di linee, VM= attività Visuo-motorie, VV= attività
VisuoVerbali, HCC= haptic circle centring, BIT= Behavioral Inattention Test, M.O.= movimenti oculari, OKS= stimolazione optocinetica,
n. v.= non valutato.
Autori, anno
soggetti
Potere
prismi
Puntamenti
Verifica
P.A.
Compito di valutazione dell’efficacia
Effetti positivi
Rossetti et al., 1998 7
Exp1: 8
Exp2: 6
10°
10°
50
50
SSA
SSA
10 SSA
5 test neuropsicologici standard
Miglioramento
Miglioramento
1
10°
50
SSA
SSA, copia di disegni, mental imagery
Tutti i compiti sperimentali
Rode et al., 1998 49
Rode, Rossetti, Boisson, 2001
Effetti nulli
10°
50
SSA
SSA, copia di disegni, mental imagery
Tutti i compiti sperimentali
6
10°
60 in 5-7’
SSA
4 compiti VM e 4 VV
Tutti i compiti sperimentali
Frassinetti et al., 2002 34
13
10°
90
OLP
BIT, Bell Test, Lettura, Fluff, Descrizione della stanza,
Raggiungimento di oggetti, indice di motricità
Tutti i compiti sperimentali
Deficit motori
Pisella et al., 2002 71
2
10°
50
SSA
SSA, LB
Doppia dissociazione tra pazienti e compiti
Doppia dissociazione tra pazienti
e compiti
McIntosh, Rossetti, Milner 2002 46
1
10°
Maravita et al., 2003
4
20?
1
10°
3
10°
Angeli, Benassi, Ladavas, 2004 41
8
10°
Angeli et al., 2004 48
14
10°
Dijkerman et al., 2004 44
1
10°
Ferber et al., 2003
45
40
Dijkerman et al., 2003 73
Morris et al., 2004 13
4
15°
Beberovic et al., 2004 47
5
15°
Rossetti et al., 2004 51
2
10°
Serino et al., 2006
16
10°
5
10°
38
Luautè et al., 2006 75
Rousseaux et al., 2006
10°
9
10?
Datiè et al., 2006 77
28
10°
Rode et al., 2006 55
1
10°
Sarri et al., 2006
50
SSA
Cancellazione stelle, copia disegno, LB, HCC, lettura frasi
Cancellazione stele, copia disegno, LB, HCC
90
OLP
Percezione tattile
Miglioramento dell’estinzione tattile
50
SSA
M.O. e percezione di facce chimeriche
Esplorazione visiva
Percezione di facce chimeriche
100
OLP
Cancellazione stelle, Copia disegno, LB, stima della
dimensione di oggetti, M.O.
Test neuropsicologici, M.O.
Stima dimensione di oggetti
OLP
M.O., dislessia da neglect
Tutti i compiti sperimentali
90
n. v.
M.O., dislessia da neglect, prima saccade nella lettura
Pazienti non emianoptici migliorano in tutte le
variabili sperimentali, quelli emianoptici solo la
prima saccade
Pazienti emianoptici lettura e
esplorazione visiva
50
n. v.
Test neuropsicologici, sensibilità pressoria, propriocezione
della posizione delle dita
Sensibilità pressoria, propriocezione della
posizione delle dita
Test neuropsicologici
Compito di ricerca visiva
150
SSA
LB, compito di ricerca visiva
LB
5-10’
SSA
Giudizi di ordine temporale
Miglioramento
8’
OLP
Bisezione mentale di numeri
Miglioramento
90
OLP
BIT, M.O., prima saccade nella lettura
Tutti i compiti sperimentali
50
OLP
BIT
Miglioramento globale BIT
50
OLP
LB, copia di disegno, bell test, test di lettura
120
n. v.
Albert test: perseverazioni e omissioni
Tutti i compiti sperimentali
50
OLP
M.O., descrizione immagini
M.O. e consapevolezza migliorano ma presentano una dissociazione
50
SSA
Schenkenberg test, disegno, scrittura
Tutti i compiti sperimentali
60
OLP
Percezione di volti e oggetti chimerici
Percezione di oggetti chimerici
30
SSA
Albert test, LB, CBS, scala FIM
Tutti i compiti sperimentali
SSA
Cancellazione stelle, cancellazione linee, LB, afferrare
oggetti
Tutti i compiti sperimentali
3
10°
4
15 Δ fr
1
10°
21
10°
Striemer, Danckert, 2007 53
2
10°
50
SSA
Bias attentivo e deficit di sganciamento dell’attenzione
Tutti i compiti sperimentali
Sarri et al., 2008 67
13
10°
80
SSA e
OLP
SSA, OLP, Cancellazione
Tutti i compiti sperimentali
Jacquin-Courtois et al., 2008 12
1
10°
50
SSA
Albert test, LB, motilità su sedia a rotelle
Tutti i compiti sperimentali
Shiraishi et al., 2008 35
7
15°
50’ VM
n. v.
M.O., centro di gravità, LB, BADL
MO, centro di gravità e LB
Schindler et al., 2008
10
10°
200
OLP
Attenzione tramite il paradigma di Posner
Deficit di sganciamento dell’attenzione
LB, cancellazione, BIT,
76
Keane et al., 2006 74
M
Humpreys, Watelet, Riddoch, 2006 36
Serino et al., 2007 39
Nys et al., 2008
54
Dislessia da neglect
90
IN
10
Vallar et al., 2006 65
56
C ER
O V
P A
Y
R M
IG E
D
H I
T C
® A
2
Farne et al., 2002 33
50
90
OLP
BIT, Bell Test, descrizione stanza, lettura, Fluff, estinzione BIT, Bell Test, Descrizione stanza, Lettura, Fluff,
tattile, sensibilità propriocettiva, indice di motilità, M.O.
estinzione tattile, M.O.
Subtest disegno BIT
Nessun miglioramento globale
P.A. non è efficace in alcuni
pazienti
Percezione di facce chimeriche
Sensibilità propriocettiva, indice
di motilità
In 4 pazienti
BADL
10
10°
100
OLP
LB, copia disegno, Cancellazione lettere (BIT), BIT
Keller et al., 2008 68
10
10°
8-20
n. v.
LB, cancellazione, lettura, ricerca tattile
Serino et al., 2009 58
20
10°
90
OLP
BIT
BIT
Saevarsson et al., 2009 42
8
10°
60
SSA
Ricerca visiva limitata temporalmente e libera
Ricerca visiva senza limiti temporali
Turton et al., 2010
34
10 Δ
90
OLP
OLP, BIT convenzionale, scala CBS
OLP
BIT convenzionale, CBS
10
10°
90 o VM
OLP
VM durante il trattamento, test neuropsicologici, CBS,
FIM, NIH
Test neuropsicologici, CBS, FIM, NIH
Non vi è differenza tra pointing e
attività VM durante il trattamento,
LB
57
69
Fortis et al., 2010 72
38
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Copia disegno
L’aggiunta di P.A. a OKS non
migliora i risultati.
Ricerca visiva limitata nel tempo
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REVIEW
valutare anche il grado di distorsione da
esso indotto poiché le aberrazioni sono
proporzionali al potere prismatico. Tali distorsioni sono un fattore secondario nelle
procedure standard, poiché in queste i prismi non vengono indossati continuativamente ma solo nella fase di riabilitazione,.
Diversamente, procedure più interattive,
motivanti e coinvolgenti – che richiedono
di portare i prismi per tempi prolungati –
possono rendere le distorsioni un fattore
primario: in questi casi risulterà fondamentale cercare il giusto compromesso tra
efficacia riabilitativa e distorsioni indotte
dall’occhiale prismatico.
IN
M
12.
13.
RIASSUNTO
L’adattamento prismatico si è rivelato
una tecnica efficace nella riabilitazione della negligenza spaziale unilaterale (NSU) in un’ampia gamma di
compiti. Tuttavia, pur nel contesto di
una maggioranza di risultati positivi,
non mancano risultati ambigui e negativi in condizioni specifiche. Differenze nelle procedure di valutazione,
nei criteri di selezione, nei paradigmi
di ricerca, nei parametri utilizzati
per l’adattamento prismatico e, non
ultimo, nel tipo di prismi utilizzato,
rappresentano un complesso insieme
di concause in grado di rendere conto della variabilità osservata. Viene
qui presentata una rassegna completa
degli studi sull’utilizzo dell’adattamento prismatico nella riabilitazione
della NSU e viene discussa la necessità di definire con maggior precisione da una parte i criteri di selezione
e di diagnosi dei pazienti cerebrolesi,
dall’altra dei criteri di scelta delle lenti e della procedura di adattamento
prismatico.
Parole chiave: Negligenza spaziale
unilaterale – Riabilitazione - Adattamento prismatico – Neuropsicologia
– Riabilitazione.
14.
15.
16.
17.
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C ER
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P A
Y
R M
IG E
D
H I
T C
® A
Negligenza spaziale unilaterale
Al quadro intricato che si genera per effetto delle variabili legate alla procedura di
adattamento, si sommano altri fattori di
variabilità legati alla natura della sindrome
studiata. La NSU, in quanto sindrome da
lesione cerebrale, è variabile nell’eziologia,
gravità e durata; inoltre si caratterizza come
particolarmente eterogenea dal punto di
vista cognitivo 84, ed è stata definita come
composta da diverse sotto-sindromi 85 oppure addirittura come un’entità concettuale vuota 86 perché includerebbe sintomi
dissociabili tra loro. Se non vi è, neppure
teoricamente, un solo tipo di NSU, è difficile aspettarsi che tutte le forme possibili
siano ugualmente sensibili all’adattamento prismatico. Trattandosi inoltre di studi
sugli effetti di un trattamento, l’effetto soffitto gioca un ruolo non trascurabile: in un
paziente con manifestazioni lievi di NSU
il margine di miglioramento ottenibile
mediante l’adattamento prismatico è minimo (e in termini statistici probabilmente
non significativo) rispetto ad altri pazienti
con NSU più grave.
L’eterogeneità complica l’interpretazione
dei dati sperimentali quando analizzati in
studi di gruppo. Una soluzione percorribile sarebbe perciò quella di compiere studi
su casi singoli (multipli). Tale metodologia
potrebbe risultare particolarmente proficua, tanto nei casi in cui si osserva un
miglioramento, ma ancor di più in quelli
dove non avviene. Nei lavori riportati in
letteratura si è già in parte seguita questa
metodologia di ricerca 22-24,87, ma su pazienti con sindromi diverse dalla NSU.
zione della tecnica dell’adattamento prismatico nella pratica clinica è altamente
consigliata, poiché essa presenta sicuramente un’ampia e dimostrata efficacia per
la maggior parte dei pazienti che presentano NSU.
Conclusioni
Come suggeriscono Datiè et al. 78, l’insieme dei risultati positivi e negativi mostrano che l’adattamento prismatico risulta efficace in certi compiti ed in certi pazienti,
suggerendo che le indicazioni terapeutiche
e la valutazione dell’adattamento prismatico tramite specifici test deve tenere in
considerazione la natura eterogenea della
NSU. Aggiungiamo la necessità di studiare in modo dettagliato il ruolo delle
variabili sperimentali legate alla procedura
di adattamento. Ciononostante, l’applica-
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
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