MENSILE www.bolina.it 5,00 inserzioni gratuite Svizzera Tic. 11 FS ● Derive d’autore PICCOLE BARCHE GRANDI FIRME Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1, DCB Roma ANNO 30 • N. 318 • APRILE 2014 * pag. 55 ● Stati Uniti IN CROCIERA LUNGO LA COSTA EST * pag. 69 ● Rigging ERRORI E ORRORI IN COPERTA * pag. 61 Ac 72: aerodinamica carta vincente I RETROSCENA DEL SUCCESSO DI “ORACLE” IN COPPA AMERICA SCHOONER LA STORIA DELLE LEGGENDARIE GOLETTE AMERICANE DALLA PESCA TRA I BANCHI ALLA COPPA AMERICA 200 PAGINE A COLORI € 18,00 EDITRICE INCONTRI NAUTICI - Largo Angelicum, 6 - 00184 Roma Ordini: <www.bolina.it>, Tel. 06.6990100 - Fax 06.6990137 VELA SENZA LIMITI Navigazione d’altura e patente nautica. Un corso pratico, un metodo. Il manuale che mancava! 300 PAGINE A COLORI € 30,00 2° EDIZIONE AGGIORNATA EDITRICE INCONTRI NAUTICI - Largo Angelicum, 6 - 00184 Roma Ordini: <www.bolina.it>, Tel. 06.6990100 - Fax 06.6990137 www.bolina.it Mensile dell’andar per mare Anno 30 - Numero 318 - Aprile 2014 SOMMARIO ATTUALITÀ Parla Caponnetto, guru di “Oracle” Pag. 45 » 47 Gli “alieni” del Mediterraneo » 51 Panama: i cento anni del Canale RUBRICHE » 5 Lettere a BOLINA » 6 Fasi lunari di aprile » 8 Spazio aperto » 10 Risposte brevi 12 Idee dei lettori: copertone all’ormeggio » » 16 Basile: il bordo libero » 18 Foschi: la forma delle prue » 20 Parole: la “pazienza” » 24 Notizie, notizie » 29 Avvisi nautici Novità e curiosità » 30 » 32 Regate, regate » 37 Derive, che passione! » 93 Secondo look » 101 Inserzioni gratuite A BORDO L’organizzazione delle previsioni Il Bastone di Giacobbe Un tablet come chartplotter Piccole barche, grandi firme Strafalcioni in coperta Il lume dei pescatori Navigare alla cieca Rally a vela nella Est Coast Gilboy, pionere del Pacifico Motori raffreddati ad aria Fai-da-te col pennello Impiombare secondo i cavi Metamorfosi dell’ancora Poche modifiche e solo “Ce” SAPORE DI MARE Barcola sospesa nel tempo Quel mare che resta dentro Allieva velista: comandi! Il mio cuore blu Pag. » » » » » » » » » » » » » 41 43 53 55 61 64 65 69 73 75 79 81 85 89 » » » » 95 97 99 100 Per le condizioni di abbonamento vedere a pagina 13 ltro che come un mulo, bisognerebbe dire “cocciuto come un velista”! Già, perché è a di poco ostinato chi continua ad andar per mare malgrado le difficoltà che tutti conosciamo e che sono non solo di carattere economico, ma burocratico, normativo, logistico e via discorrendo. Il profumo delle onde in questi mesi di Primavera arriva nelle folate di vento che si insinuano nell’entroterra, fino ad arrivare in città. Poi ci si mette anche il sole a giocare i suoi sortilegi ri- portando alla mente piacevoli trascorsi velici. Il desiderio diventa quindi irrefrenabile quando una domenica come le altre, il caso ci vuole sì al mare o al lago, ma semplicemente a passeggiare sulla spiaggia: impossibile non cedere all’inquietudine nelAL VOSTRO SERVIZIO 24 ORE SU 24 06/6990100 ABBONAMENTO TELEFONO-INTERNET www.bolina.it DECORRENZA DA QUALSIASI MESE l’osservare una barca a vela che sfila all’orizzonte. Così scatta in noi il desiderio di essere altrove, a bordo della nostro guscio a rassettare la coperta, ad armare le vele e predisporre i doppini in vista di una veleggiata che ci porti al largo, dove le acque sono più blu. Insomma ammettiamolo, siamo un caso disperato. Malati di vento e mare. E non guariremo, né ci faremo sopraffare dalle difficoltà perché siamo cocciuti. Cocciuti come velisti! Buon vento. In copertina: “Sprit of Malouen VI”, Settimana delle Bocche 2013, Porto Cervo - Foto di Franco Pace Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana EDITRICE INCONTRI NAUTICI srl - Largo Angelicum, 6 - 00184 ROMA - Tel. 06/6990100 (4 linee) - fax 06/6990137. Internet: www.bolina.it. E-mail: [email protected] - Redazione: [email protected] - Direttore responsabile: Alberto Casti ([email protected]). Collaboratori: Giancarlo Basile, Hilde Bianchi, Angelo Sindoni, Gianpaolo Karis, Marco Cobau, Stefano Colitti, Pasquale De Gregorio, Danilo Fabbroni, Rodolfo Foschi, Augusto Guidobaldi, Cino Ricci, Gian Carlo Ruggeri, Sauro Servadei, Marco Sassu, Fabio Fiori, Paolo Giorgi, Enea Riboldi, Giulio Mazzolini, Angelo Preden, Ida Castiglioni. In redazione: Fabrizio Coccia, capo servizio ([email protected]), Sandro Angeloni ([email protected]), David Ingiosi ([email protected]), Filomena Fontanile, segreteria ([email protected]) - Aut. Trib. Roma n. 103/85, 22.2.1985 - Stampa: Stilgrafica, Roma - Distribuzione edicola: M-Dis Spa - Via Cazzaniga, 1 - 20132 Milano, Tel. 02/2582.1 ([email protected]). Una copia € 5,00, arretrate € 5,00 Italia (+ sp. postali) - ABBONAMENTO: annuo € 41,50 (Italia), € 66,50 (Europa), versamenti: ccp. n. 14402002 intestato a Editrice Incontri Nautici, Largo Angelicum, 6 - 00184 Roma. PUBBLICITÀ: E.I.N. ([email protected]), Tel. 06/6990100. Copyright “Bolina”, diritti riservati. Manoscritti e foto ricevuti non vengono restituiti. Garanzia di riservatezza: l’Editore garantisce la riservatezza dei dati personali dei lettori e la possibilità di richiederne gratuitamente per iscritto la rettifica o la cancellazione; le informazioni custodite nel nostro archivio vengono utilizzate solo per inviare comunicati informativi agli abbonati (Legge 675/96). BOLINA Aprile 2014 3 Lettori, qui BOLINA, avanti, passo... NON SI PUBBLICANO LETTERE ANONIME Tutta la corrispondenza, anche se spedita via e-mail, deve riportare l’indirizzo completo del mittente. BOLINA non pubblica testi anonimi, siglati o solo firmati: i lettori sono benvenuti su queste pagine solo se dichiarano il loro indirizzo completo. Riccione insabbiato scrive il club nautico Con riferimento alla lettera del signor Maurizio Panciroli, pubblicata dalla vostra rivista nel numero di gennaio 2014 a pagina 7 col titolo Porto insabbiato e io pago... il Club Nautico Riccione chiarisce quanto segue: al momento dell’assegnazione del posto-barca, il signor Panciroli è stato chiaramente e ripetutamente informato delle condizioni del fondale del nostro porto, in particolare per una imbarcazione come la sua con un pescaggio di 1,80 m, quindi decisamente “a rischio”; durante l’estate 2013 non è stata effettuata da parte delle autorità competenti, come invece di solito avviene, alcuna operazione di dragaggio dell’imboccatura e della darsena; il Club Nautico (a cui sono assegnati 40 dei circa 500 posti barca del porto) non ha alcuna possibilità di effettuare o condizionare la realizzazione di queste manutenzioni e ciò è stato già sottolineato nella vostra risposta al signor Panciroli. Segnaliamo comunque che anche durante la stagione 2013, parti- colarmente sfortunata, tutti i nostri soci hanno potuto utilizzare in entrata e uscita le loro imbarca- Questo numero L a stagione velica è definitivamente avviata! La inauguriamo con un numero ricco di spunti interessanti. A cominciare da Mario Caponnetto che ci rivela i retroscena del successo di Oracle in Coppa America (Castiglioni, pag. 45). Il Mediterraneo è sempre più tropicale. Lo dimostrano i pesci (anche velenosi) che ne stanno modificando l’habitat (Coccia, pag. 47). Trasformare un tablet Android in un chartplotter? Ecco come fare (Giorgetti, pag. 53). Architetti illustri si sono misurati anche col disegno di derive (Ingiosi, pag. 55). Errori grossolani nell’allestimento dell’attrezzatura di coperta. Capita. (Fabbroni, pag. 61). Navigazione con scarsa visibilità, che incubo! (Auriemma ed Eordegh, pag. 65). Quindi un itinerario in Usa (Clerici e Vittoria pag. 69), Bernard Gilboy e la sua traversata del Pacifico (pag. 73), entrobordo raffreddati ad aria (Tross, pag. 75), nautica disegnata, arte marinaresca, notizie, regate, schede di barche, etc. B.V! ■ zioni, anche quelle simili per pescaggio a quella del signor Panciroli, questo, naturalmente, nei limiti del possibile e sfruttando con attenzione orari (maree) e giornate favorevoli; il contratto con i soci in generale e con il signor Panciroli nello specifico solleva il Club da ogni responsabilità di questa natura; il regolamento ormeggi noto a tutti i soci inoltre prevede il pagamento della quota dell’ormeggio assegnato anche in caso di non utilizzo da parte del socio pertanto è immotivata e non legittima la richiesta di rimborso da parte del Panciroli. È evidente che siamo dispiaciuti per i disagi che il basso fondale crea ai nostri soci e, non da oggi, stiamo facendo, con richieste e sollecitazioni alle autorità competenti, tutto quanto è possibile per migliorare la situazione. FABIO BERNI Riccione Nella lettera pubblicata a gennaio, il lettore Maurizio Panciroli lamentava l’aver pagato, come BOLINA Aprile 2014 5 Notizie, notizie, notizie Attaccato yacht al largo della Corsica Assalto pirata di fronte alle coste della Corsica. Domenica 16 febbraio lo yacht francese Armageddon (17 m) con tre persone a bordo è stato abbordato da un gruppo di quattro uomini armati, su un motoscafo, mentre si trovava in navigazione nel Golfo di Roccapina nel Sud Est della Corsica. I malviventi dopo avere chiuso i tre diportisti per alcune ore dentro una cabina li hanno poi abbandonati al largo su un tender fuggendo con l’imbarcazione, un curioso motorsailer costruito dal cantiere Garcia Yachting dotato di un piccolo albero con randa sopra il ponte superiore (fly bridge). Le vittime hanno potuto dare l’allarme solo dopo avere raggiunto alcune ore più tardi la spiaggia del paese di Campomoro, nel Golfo di Valinco, a Nord del luogo dell’attacco. Ma le ricerche delle autorità di polizia sono state vane. Anche se inquietante, è questo uno dei rari casi di pirateria avvenuti in Corsica o, più in generale, nel Mediterraneo occidentale; nel 2009 alcuni francesi erano già stati condannati ad Ajaccio per un traffico di imbarcazioni rubate tra la Costa Azzurra e la Tunisia. Traversata atlantica su una sampierota Ripercorrere le antiche rotte solcate dagli antichi navigatori a bordo di una tradizionale imbarcazione veneziana in legno: è questo l’obiettivo dei coniugi Marco Tapetto e Ursula Zancarlin che il 10 febbraio hanno presentato presso il Comune della città lagunare il progetto di una traversata atlantica a bordo della sampierota Achab. La barca, lunga 6,70 metri e larga 1,80, è una replica dei tipici scafi veneti con vele al terzo costruita dallo stesso Tapetto (carpentiere navale e regatante) tre anni fa e modificata per l’occa24 BOLINA Aprile 2014 IDEA: UNA BARCA STAMPATA IN 3D - Si chiama Livrea 26 ed è il primo prototipo di barca a vela pensato per essere costruito con la stampa tridimensionale o 3D. Il disegno, per ora un modello in scala 1:14 è nato dalla collaborazione tra il progettista palermitano Francesco Belvisi, con Daniele Cevola Design Studio ed è stato realizzato dalla CRP Technology di Modena specializzata in questo tipo di stampe a 3 dimensioni. Si è ora in attesa di finanziatori in grado di scommettere su questa sfida tecnologica. Info: <www.livreayacht.com>. sione. È stato rinforzato il fasciame con inserti in compensato marino, creata una cabina e sono stati aggiunti scomparti riempiti di polistirolo per renderla inaffondabile. Per navigare in Atlantico sarà dotata di una zattera autogonfiabile, dissalatore a mano, pannello solare, gps e telefono satellitare. Dopo essere stata imbarcata su un cargo per raggiungere l’isola di Sal in Capoverde, Achab salperà ad aprile alla volta di Antigua (Caraibi) coprendo circa 2.500 miglia di oceano. La spedizione, sostenuta dall’Associazione Vela al terzo, dal Wwf e dal Comune di Venezia, può essere seguita sul sito <www.marcotapetto.com>. La Polizia nautica verso la soppressione Due veneziani attraverseranno l’oceano sulla loro sampierota di 6,70 m. La concentrazione delle competenze dei controlli in mare, a lungo richiesta dai diportisti, arriverà forse per necessità. La scure della spending review sta colpendo infatti anche le squadre nautiche della Polizia. Il ministero dell’Interno per contenere i costi avrebbe pianificato una serie di riduzioni che riguardano oltre gli uffici della Poli- Regate, regate, regate Alla Roma per Due anche i solitari C’è grande attesa per il ritorno il 6 aprile della Roma per Due, storica regata d’altura di 530 miglia no-stop sul percorso Riva di Traiano-Ventotene-Lipari e ritorno, giunta alla 21° edizione. Quest’anno infatti accanto ai tradizionali equipaggi in doppio e più numerosi (Roma per Tutti), il comitato organizzatore ha aperto per la prima volta la competizione anche agli skipper solitari, dando vita a un evento velico, la Roma per Uno, senza eguali nel panorama italiano dell’altura. Al momento i navigatori solitari iscritti sono 16: tra loro spiccano i nomi di Matteo Miceli sull’Este 40 Eco 40, Sergio Frattaruolo sul Class 40 Extreme Sail Academy, Giancarlo Simeoli sul Class 40 Aeronautica Militare e Giacomo Sabbatini sul Figaro 2 Scusami le Spalle. L’evento è organizzato dal Circolo Velico Riva di Traiano. Info: <www.romaper2.com>. Invernale del Tigullio ecco i campioni Con l’ultima prova disputatasi il 23 febbraio si è concluso a Lavagna (Ge) l’Invernale del Tigullio, campionato d’altura organizzato dal Comitato Circoli Velici Tigullio. Quest’anno sono stati 36 gli equipaggi in gara, divisi nella classi Irc, Orc e Libera, che si sono affrontati in undici prove totali nell’arco degli oltre tre mesi dedicati all’evento, iniziato il 20 novembre 2013. Ad aggiudicarsi la vittoria nelle rispettive classi di questa 38° edizione del Campionato Invernale sono stati: il J122 Chestress3 al comando di Giancarlo Ghislanzoni (Irc), l’M37 Low Noise condotto da Giuseppe Giuffrè (Orc) e il J80 Montpres di Paolo Montedonico (Libera). Info: <www.circolivelicitigullio.it>. 32 BOLINA Aprile 2014 ALEX THOMSON: SKIPPER O STUNTMAN? - Lo skipper britannico Alex Thomson dimostra ancora di saperci fare con la comunicazione. Dopo l'exploit del 2013 in cui era stato fotografato in abito da sera sulla chiglia del suo Open 60 Hugo Boss, il 4 marzo si è cimentato in un’altra spericolata impresa: camminare sull’albero della barca mentre questa navigava a 18 nodi fino a raggiungerne la testa con un aplomb degno di James Bond. Info: <www.hugoboss.com>. I Mini 6,50 salpano per il Gran Premio La flotta dei Mini 6,50 ad aprile scende in acqua con una delle prove più impegnative: il Gran Premio d’Italia. La partenza è fissata alle ore 12 di sabato 2 aprile da Genova e il percorso è il consueto slalom nel Tirreno che por- ta gli equipaggi in doppio a raggiungere prima l’isola di Capraia, poi La Caletta nella costa orientale della Sardegna, quindi a tornare nell’arcipelago toscano lambendo Giannutri e infine fare rotta su Genova. Sono oltre 500 le miglia di navigazione da percorrere in un periodo di elevata instabilità meteorologica, che dal 2006, anno d’esordio della regata, rendono questo appuntamento uno dei test più importanti per collaudare i piccoli cabinati oceanici. Info: <www.gpi-mini650.com>. Este 24 “RideCosì” campione d’inverno RideCosì si è aggiudicato il Campionato Invernale degli Este 24 2014. Si è dovuto aspettare l’esito dell’ultima regata a Santa Marinella (Roma) il 26 febbraio per stabilire il vincitore del Campionato Invernale degli Este 24. Il risultato infatti è rimasto incerto fino all’ultima boa grazie al serrato confronto tra RideCosì condotta da Claudia Rossi e La Po- Derive, che passione! classe 29er classe Rs Feva Dall’11 al 20 aprile le acque gardesane ospitano la seconda edizione della Settimana Mondiale della Vela Giovanile: in programma quattro eventi internazionali che coinvolgono le classi 29er, Europa, Optimist e le tavole a vela Techno 293. Il mondo delle derive sul Garda all’insegna della vela giovanile D IECI GIORNI DI REGATE CON LA partecipazione di oltre 1.700 atleti provenienti da 40 nazioni per promuovere le discipline veliche giovanili, ma più in generale lo sport e il territorio. La seconda edizione della Settimana Mondiale della Vela Giovanile che si svolge sul lago di Garda dall’11 al 20 aprile si preannuncia come uno dei più grandi eventi velici organizzati in Italia dedicati ai ragazzi. A essere coinvolti sono tutti i circoli velici dell’Alto Garda, associati in Vela Garda Trentino, con una serie di manifestazioni che iniziano l’11 aprile con la 29er Easter Regatta dedicata a questa deriva in doppio propedeutica dell’acrobatica classe olimpica 49er. Dal 14 al 20, invece, è il Circolo Surf Torbole a organizzare il 3° Meeting Techno 293, tavola a ve- la che fa da apripista alla più impegnativa RS:X, mentre al Fraglia Vela Riva dal 17 al 20 torna Arrivano le Adidas per gli skiff P er creare una nuova linea di calzature per la vela, la multinazionale Adidas ha ingaggiato nientemeno che il campione olimpico britannico Ben Aislie. Sono nati così due modelli da deriva e da skiff: Adipower Trapèze e Adipower Hiking. Il primo è basso sotto le caviglie mentre il secondo è un classico calzare alto con in più un’apertura posteriore che agevola i movimenti del piede. Entrambi hanno la suola in 3D Mesh traspirante che assicura il pieno grip e un sistema di allacciatura veloce sul calcagno. Info: <www.weonwater.com>. ■ il Meeting del Garda Optimist, la più grande regata monoclasse del mondo, già entrata nel guinness dei record con l’edizione del 2012 da 1.200 partecipanti. A concludere l’evento sarà la 16° edizione del Torbole Europa Meeting dedicato alla classe Europa, deriva olimpica fino al 2004 che continua ad avere un largo seguito soprattutto in Nord Europa. Info: <www.velagardatrentino.com>. Il circuito Rs Feva inizia il 26 aprile Riparte ad aprile con il circuito nazionale la stagione agonistica della classe Rs Feva. Sono quattro le tappe previste quest’anno dal calendario, delle quali la prima si svolge a Marina di Carrara (Ms) il 26 e 27 aprile. Si prosegue poi con Campione del Garda (Bs) il 17 e 18 maggio, Gravedona (Co) il 28 e 29 giugno e quindi Sulzano (Bs) il 12 e 13 luglio con il Trofeo del Sebino. Per il Campionato Mondiale bisognerà invece trasferirsi in Francia, a Carnac, dal 26 luglio al 1° di agosto. Info: <www.rsfeva.it>. BOLINA Aprile 2014 37 Meteo L’ORGANIZZAZIONE DELLE PREVISIONI di GIAN CARLO RUGGERI La registrazione dei dati atmosferici necessari alle previsioni si fonda su standard condivisi e può contare su una rete internazionale di enti tecnici ufficiali S E DOVESSIMO GIUDICARE la maturità di una branca della scienza solo dall’affidabilità delle previsioni che questa produce, dovremmo concludere che la Meteorologia sta ancora attendendo la nascita di Keplero e che persino i sacerdoti dell’antica Babilonia erano in grado di predire le posizioni delle stelle con un’accuratezza ben più alta se paragonata a quella con cui i meteorologi moderni prevedono il tempo atmosferico. Ma l’approccio giusto a queste valutazioni è un altro, risiede cioè nel considerare che lo scopo principale di una scienza, qual è la Meteorologia, è la spiegazione dei fenomeni che si osservano. Keplero mise insieme il materiale a sua disposizione empiricamente in formule matematiche che consentirono di effettuare previsioni sufficientemente corrette dei movimenti planetari, ma non fu in grado di spiegare perché i pianeti si muovessero. I meteorologi moderni sono in grado di capire e valutare una gamma più numerosa e più complessa di processi fisici che controllano il tempo meteorologico, pur non essendo in condizioni, attualmente, di predire la loro evoluzione a lungo termine. Però, la spiegazione e la comprensione dei fenomeni meteo che si osservano è un esercizio non solo degli addetti ai la- Spesso le stazioni meteorologiche vengono installate su apposite navi che possono rilevare i dati anche in località geografiche remote ma strategiche. vori, ma anche dei fruitori, siano questi normali cittadini oppure utenti specializzati, come per esempio chi pratica a vario titolo attività marittime o aero- Per la misurazione dei fenomeni atmosferici in quota si utilizzano radiosonde collegate a palloni aerostatici. nautiche, anche e soprattutto perché una corretta cognizione di ciò che accade nell’ambiente atmosferico in cui viviamo ci consente una migliore comprensione dei “prodotti” offerti dai servizi meteorologici. Alla luce di quanto esposto, è nostra intenzione avviare, partendo da questo articolo, un “ritorno” ai concetti che costituiscono la base della Meteorologia e, in particolare, del suo settore marittimo. Iniziamo allora subito con illustrare alcune nozioni di base sull’organizzazione dei servizi meteorologici, incipit necessario poiché ci servirà più tardi per comprendere gli argomenti successivi. La Meteorologia è una scienza (e un servizio per il pubblico) che deve avvalersi della collaBOLINA Aprile 2014 41 Astronomia BASTONE DI GIACOBBE E QUADRANTE DI DAVIS di AUGUSTO GUIDOBALDI Due strumenti utilizzati dai naviganti per misurare la latitudine e dagli astronomi per determinare la posizione delle stelle fino all’invenzione dell’ottante L GERSHON, NOTO anche col nome latinizzato di Gersonide (12881344), è stato un eclettico studioso e pensatore francese di origine ebraica, autore di opere filosofiche e religiose e trattati di matematica e astronomia. A lui è attribuita l’invenzione del “bastone di Giacobbe” (un nome forse ispirato dal bastone del biblico patriarca) detto anche “bacolo” (dal latino baculus = bastone), un elementare strumento capace però di risolvere problemi legati alla navigazione e allo studio degli astri. Il bastone di Giacobbe è costituito da un’asta lungo cui possono scorrere aste trasversali più piccole con dei traguardi posti alle estremità. La misura dell’angolo interessato, per esempio fra due stelle o fra l’orizzonte e un astro (stella, Sole, Luna o pianeta) si effettua facendo scorrere l’asta trasversale lungo il bastone, posizionato con un’estremità vicina a un occhio, fino a inquadrare i due corpi celesti attraverso i traguardi. Dividendo la semi-lunghezza dell’asta trasversale per la distanza misurata dall’estremità posta vicino all’occhio del bastone e l’asta, si ha la tangente dell’angolo formato dalla direzione del bastone e uno degli oggetti, e tramite questa ricavare il valore dell’angolo sotteso. Moltiplicando per due questo EVI BEN Il “bastone di Giacobbe” o “bacolo” (disegno in alto) ideato da Levi Ben Gershon era usato per misurare la distanza angolare fra due astri e la latitudine. valore si ha quello dell’angolo cercato. Il bastone di Giacobbe era comunemente usato a bordo delle navi in quanto consentiva di misurare facilmente e con buona approssimazione l’angolo di elevazione del Sole a mezzogiorno, e di conoscere così la latitudine a cui si stava navigando. Ma il suo uso presentava un serio inconveniente: traguardando il Sole si restava abbagliati dalla sua luce ed era doloroso e invalidante fare i rilevamenti. A ciò pose rimedio, circa due PASQUA: PRIMA DOMENICA DOPO IL PLENILUNIO L a regola stabilita nel primo Concilio di Nicea del 325 stabilisce che la Pasqua si festeggi la prima domenica dopo la Luna piena successiva all’equinozio di primavera, e quest’anno la data è quella del 20 aprile. Venere, Nettuno, Urano e Mercurio restano praticamente invisibili in quanto transitano prossimi al Sole, che sorge alle 06,4305,58 (gli orari sono quelli estivi d’inizio-fine mese e sono riferiti al meridiano centrale del nostro fuso orario) e tramonta alle 19,2519,57. Giove si può osservare dal tramonto alle 02,47-01,03; Saturno dalle 22,39-20,36 all’alba. Marte resta visibile tutta la notte. La Luna è piena il 15 e nuova il 29: in queste date si verificano rispettivamente un’eclissi lunare e una solare non visibili in Italia. Nel periodo si ■ guadagna 1h e 17’ di luce diurna. BOLINA Aprile 2014 43 Coppa America Le basi di ala e fiocco avvicinate agli end plates convogliano e recuperano l’energia del flusso dell’aria. wing end plate jib end plate traversa AERODINAMICA, CARTA VINCENTE di IDA CASTIGLIONI L’ingegnere esperto di fluidodinamica che ha progettato per Oracle l’ala rigida nel 2010 e la piattaforma nel 2013, spiega quali sono stati gli assi nella manica del team Usa M ARIO CAPONNETTO, 53 anni, ingegnere navale genovese nel design team del Moro di Venezia e di Luna Rossa nel 2007, ha vinto la Coppa America del 2010 e del 2013 progettando ala e piattaforma di Oracle. Lui e Michele Stroligo sono rientrati in patria per lavorare alla sfida italiana. Gli abbiamo rivolto alcune domane per capire quali sono state le innovazioni che hanno portato Oracle a vincere contro tutti i pronostici l’ultima Coppa America. – Quali sono state le carte su cui si è giocata l’ultima edizione della Coppa America? «I catamarani che hanno regata- to a San Francisco l’estate scorsa erano barche che si potevano immaginare solo come uscite dalla mente di uno scrittore di fantascienza. Se l’aspetto più appariscente è il foiling, ce n’è un altro meno ovvio che ha giocato un ruolo forse fondamentale per la vittoria di Oracle Team Usa su Emirates Team New Zealand. L’aerodinamica. – Si è molto parlato di appendici, di foil e della distribuzione dei pesi nella piattaforma. «Su monoscafi lenti e pesanti è lo studio della carena la chiave di volta della progettazione. È dalla carena che si genera la più grande resistenza al moto (onda e attrito) I cerchi dietro la poppa indicano la pressione dei vortici che si liberano dalla base del fiocco e dell’ala. Notevolmente ridotti con l’aggiunta del pod e degli end plates. ed è quindi dalla sua ottimizzazione che si possono ottenere i benefici maggiori. Poi ci sono le appendici (chiglia e timone) mentre la resistenza all’aria delle sovrastrutture, sartie e stralli, equipaggio, attrezzatura, ha percentualmente un’importanza non rilevante». – Quando invece si naviga in full foiling? «Barche stabili e leggere come i multiscafi di ultima generazione possono essere da due a quattro volte più veloci di un monoscafo di pari lunghezza. Questo cambia di molto l’importanza relativa delle diverse componenti di resistenza. La resistenza di carena diventa molto bassa (nulla se la barca è in foiling) mentre quella delle appendici aumenta in proporzione, ma soprattutto sale la resistenza all’aria della barca. L’area frontale esposta di un multiscafo è grande rispetto alla sua lunghezza; la velocità del centro apparente è molto alta e la resistenza aerodinamica cresce circa con il BOLINA Aprile 2014 45 Ambiente GLI “ALIENI” DEL MEDITERRANEO di FABRIZIO COCCIA Aumentano i pesci tropicali nelle acque dei nostri mari, un’invasione di specie esotiche, non sempre innocue L ’ ULTIMO DEGLI “ ALIENI ” SORpreso ad aggirarsi lungo le nostre coste è stato il variopinto, ma letale, se le sue carni sono ingerite, pesce palla, che dallo scorso autunno nuota tranquillo tra le acque di Sicilia, Calabria e Puglia, invece che nel suo Mar Rosso. Ma la pattuglia delle nuove specie ittiche che sempre più spesso raggiungono il Mediterraneo e decidono di restarci, spesso a scapito dei vecchi residenti, è ben più sostanziosa e annovera nomi come pesce scorpione, pesce flauto, muso lungo, pesce gatto e via dicendo. Tutti esemplari che fino a qualche anno fa potevano essere ammirati, da noi europei, solo negli acquari, nei documentari o nei viaggi all’estero, ma che negli ultimi anni sono a portata di mano davanti alle coste di casa. Benvenuti, dunque, nel nuovo “acquario Mediterraneo”, un bacino che sta cambiando sempre più rapidamente assumendo inattese connotazioni tropicali. Con implicazioni non trascurabili, visto che secondo gli esperti è il mare sottoposto alla maggiore pressione di specie aliene del mondo. Quante? Difficile stimarle con esattezza. I metodi di conteggio e classificazione di questi nuovi ospiti con le squame, infatti cambiano a seconda se si considerano solo Le acque di zavorra delle navi veicolano molte specie “aliene” nei mari. i singoli avvistamenti, quelli ripetuti e classificati o gli insediamenti permanenti. Il Daise (Delivering Alien Invasive Species Inventories for Europe), un organismo europeo che effettua azione di monitoraggio su questi “clandestini” dei mari, per esempio ne ha censiti circa un migliaio, tra specie animali e vegetali. Per il nostro Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), sarebbero invece oltre 5.000 le segnalazioni esotiche avvenute nel Mare Nostrum dall’inizio del Novecento, delle quali circa 1.200 nelle acque italiane. Tra queste, i pesci forestieri sarebbero una cinquantina. Ancora non si tratta, quindi, di una vera e propria invasione, ma certamente questa crescente migrazione esotica che dalle aree tropicali o sub tropicali arriva nelle nostre acque trovando per giunta un habitat insolitamente favorevole, sta preoccupando non poco. È infatti un esodo tutt’altro che pittoresco, i cui rischi sono in larga parte imprevedibili a cauBOLINA Aprile 2014 47 Anniversari A distanza di un secolo dall’inaugurazione, avvenuta nel 1914, il Canale sarà ingrandito. PANAMA: I 100 ANNI DEL CANALE Il prossimo agosto si celebra il centenario del passaggio: ma la festa rischia di essere rovinata da una disputa N 2014 CADE UN ANNIversario importante per una delle opere dell’uomo che ha segnato la storia della navigazione: il Canale di Panama compie infatti 100 anni. Era il 15 agosto del 1914 quando venne inaugurato questo passaggio strategico che nell’unire l’oceano Atlantico e il Pacifico di fatto fu l’origine di una vera rivoluzione. Non solo infatti le distanze tra i porti delle rispettive coste del continente americano si accorciarono, ma anche l’oriente e l’occidente divennero più vicini e soprattutto le rotte oceaniche del naviglio internazionale vennero stravolte: niente più circumnavigazioni obbligate a Sud del mondo, niente più passaggi di Capo Horn e navigazioni tra i “quaranta ruggenti” con i tempi dilatati e i rischi concreti di perdita del carico in quel mare quasi sempre tempestoso. Il progetto originario del varco panamense risaliva al 1881, EL quando l’imprenditore francese Ferdinand de Lesseps, già costruttore del Canale di Suez, fondò una società ad hoc e iniziò i lavori di scavo; la complessità dell’opera e gli ostacoli di natura finanziaria tuttavia dopo otto anni fecero fallire obiettivi e impresa. Nel 1901 furono gli Stati Uniti a odorare l’affare e tentarono di ottenere l’autorizzazione per costruire e gestire il Canale dal governo panamense. Quest’ultimo però rivendicò lo status di Ai lavori per l’apertura del Canale di Panama presero parte 75.000 operai. Repubblica indipendente del paese, alla stregua di Cuba, e concesse agli statunitensi solo l’affitto perpetuo della “Zona del Canale” e il mandato per la costruzione del passaggio. Il nodo burocratico era sciolto, restava la questione tecnica. Si trattava di un’opera di ingegneria straordinaria, la più imponente mai realizzata fino ad allora, alla quale presero parte 75.000 operai, di cui molti italiani, non senza difficoltà: basti pensare che nella giungla infestata da malaria e febbre gialla a causa delle condizioni disumane di lavoro persero la vita 22.000 persone. Eppure c’era tra quelle maestranze la consapevolezza di partecipare a un evento epocale e avveniristico. Tecnicamente non si trattava solo di scavare un passaggio, ma di costruire una specie di “ascensore ad acqua” che attraverso un sistema di chiuse a doppio senso permettesse di innalzare le navi in transito al livello del lago Gatun (27 metri sul livello del mare) e poi, dopo il suo attraversamento, riportarle a quota zero dall’altra BOLINA Aprile 2014 51 Tecnologia Grazie a un software è possibile visualizzare sul proprio palmare le diverse tipologie di cartografia IL TABLET CHARTPLOTTER di ANDREA GIORGETTI I N COMMERCIO ESISTONO OR- mai svariate applicazioni per trasformare smartphone o tablet in validi strumenti di aiuto alla navigazione. Se poi il device è dotato di ricevitore Gps, con la giusta “app” può diventare un vero e proprio plotter cartografico. Purtroppo ognuna di queste applicazioni utilizza un formato di cartografia proprio e non convertibile, ovvero, come si dice in gergo, usa un formato proprietario. In pratica vuol dire che le altre carte comprate per il plotter o per il computer non possono essere visualizzate sul tablet. Se da una parte avere più fonti di dati permette di confrontare le carte e “scovare” qualche errore che una mappa può avere, dall’altra costringe ad acquistare più volte la cartografia della stessa aerea in cui si vuole navigare. Chi possiede un tablet con sistema operativo Windows ha la possibilità di utilizzare OpenC- OruxMap è un’applicazione gratuita che trasforma le “tavolette” con sistema operativo Android in comodi chartplotter PN per visualizzare una grande varietà di tipi di carte elettroniche. Questo programma open source, però, non è ancora disponibile per il sistema operativo Android, anche se gli sviluppatori stanno lavorando a questo progetto da diverso tempo e si pensa che a breve sarà sul mercato. Ma per chi utilizza OpenCPN, installando il plugin di Google Earth <http://opencpn.org/ocpn/downloadplugins> e il software GE to Kap <www.gdayii.ca/Downloads.ph p>, può creare file sovrapponendo alla carta nautica di origine l’immagine satellitare di Google Earth. Nel frattempo si può utilizzare il tablet Android come plotter cartografico grazie a OruxMaps. Questa applicazione, scaricabile gratuitamente da GooglePlay, non è stata specificatamente pensata per la nautica, ma per ogni tipo di attività all’aperto, dal parapendio al trekking, passando per il volo a vela e la mountain-bike. Una volta installato, OruxMaps è in grado di visualizzare mappe raster (cartografia digitale formata da pixel) sia on-line che off-line. Se si possiede una connessione internet, sullo schermo del tablet si vede la mappa con il posizionamento, la velocità e tutti i dati di navigazione, dal punto Gps, alla distanza percorsa, all’Eta (ora stimata di arrivo), alla velocità, alla rotta, fino alla pressione atmosferica (se il tablet è equipaggiato di barometro), e perfino i battiti cardiacidi di chi lo usa, se dotati di apposito cardiofrequenzimetro bluetooth. In realtà si ha la possibilità di scegliere fra vari tipi di cartografie on-line e si possono BOLINA Aprile 2014 53 Design Più o meno fortunati, i dinghy firmati rispecchiano lo stile, la filosofia e l’epoca dei loro progettisti. PICCOLE BARCHE, GRANDI FIRME di DAVID INGIOSI Alcuni dei più grandi maestri mondiali della progettazione nautica, da Olin Stephens a Bruce Farr, hanno disegnato anche derive che sono dei gioielli di marineria L A PROGETTAZIONE DI DERIVE È UN MONDO A SÉ nel campo dello yacht design. La maggior parte dei progetti che hanno fatto la storia della “vela leggera”, dagli evergreen per le scuole di vela alle classi olimpiche, sono stati disegnati da ex atleti, come Ian Kirby (Laser) e Julian Bethwaite (49er), oppure da specialisti che alla creazione di queste barche hanno dedicato tutto il proprio talento, come Jean Jacques Herbulot (Vaurien, Caravelle) o Uffa Fox (Albacore, Javelin 14, Duckling). In alcuni casi poi dietro uno scafo riuscito c’è l’apice di una carriera che lì è finita, come è accaduto per Andre Cornu (470), Bill Crosby (Snipe), Clark Mills (Optimist) e George Cockshott (Dinghy 12 piedi). Eppure anche alcuni grandi maestri dello yacht design moderno hanno firmato modelli di derive: Olin Stephen, Nathanael Herreshoff, John Alden, Philip Rhodes, Ricus Van de Stadt, Jean Marie Finot, Michel Joubert con Bernard Nivelt e infine Bruce Farr. Certi progetti, come dire “griffati”, hanno avuto successo, altri meno. Tutti però certamente rivelano la classe e la genialità dei loro “papà”. Prototipi hi-tech e concentrati di stile Uno dei più grandi architetti nautici che si è cimentato con fortuna nella progettazione di derive è Olin Stephens, figura leggendaria capace con il suo genio acuto di rivoluzionare la vela sportiva moderna. Nato a New York (Stati Uniti) nel 1908, Stephens appena ventenne insieme a Drake Sparkman creò lo studio Sparkman & Stephens, uno dei più longevi sodalizi nautici che ha dato origine a oltre 2.000 progetti. Tra questi, splendidi cruiser dalle linee clas- siche, ma soprattutto barche da regata innovative e vincenti: come il Dorade (15,84 m), primo ocean racer che nel 1931 si aggiudicò sia la Transat, dagli Stati Uniti all’Inghilterra, che il Fastnet; lo Stormy Weather (16,42 m), la barca con più vittorie nella storia velica e poi ancora il Finisterre (9,14 m), prototipo che nel 1957 lanciò le linee piatte e larghe di carena adottate ancora oggi da tutti i monotipi da regata, e poi ben sei scafi di Coppa America che dal 1938 al 1980 si aggiudicarono per otto volte il prestigioso trofeo. Da questa straordinaria produzione si desumono alcuni concetti essenziali divenuti nel tempo il marchio di fabbrica di Sparkman & Stephens: vocazioBOLINA Aprile 2014 55 Rigging STRAFALCIONI IN COPERTA di DANILO FABBRONI N EL MONDO DELLA VELA, animato da tanta passione e buoni propositi, si finisce talvolta preda (e vittime) di questi stessi sentimenti. La passione infatti porta a vivere le esperienze con gioia, entusiasmo, ma anche con evidenti sviste dovute a sottovalutazioni delle reali forze in gioco. Il fatto per esempio di prendere “sottogamba” certi lavori all’attrezzatura di una barca non è solo dato, come si potrebbe pensare, dalla reiterazione delle stesse azioni eseguite giorno dopo giorno, mese dopo mese e via di seguito, ma anche dall’innegabile evidenza che attrezzare una coperta non pare (e non lo è!) poi essere così complicato e quindi sembra una cosa da “ragazzi”, semplice. In fin dei conti si tratta di una manciata di carrucole, argani, “cordame” vario che mischiati assieme formano l’attrezzatura di uno scafo. Eppure la troppa sicurezza può portare alla faci- Eccessiva sicurezza, false convinzioni, abitudini reiterate possono portare a compiere errori “tecnici” da matita rossa loneria, a una sicumera che causa inequivocabilmente delle castronerie. Vediamone alcune che abbiamo scoperto su delle imbarcazioni. La catenaria dell’avvolgifiocco. Un’esigenza odierna è di cercare di evitare l’antiestetica, “padellona” dell’avvolgifiocco in coperta (e la conseguente perdita di superficie velica) e scegliere un modello underdeck, quindi con la mura del genoa quasi a filo della coperta.Tutto Fig. 1 - La catenaria non prevista dello strallo causa lo sfregamento della vela. parrebbe filare liscio e semplice da realizzare, visto che si tratta solo di eseguire un foro in coperta per accogliere l’avvolgifiocco (più precisamente il “tubo” che porta la rotazione del tamburo ai profili), inclinato a dovere sul versante poppa-prua per soddisfare l’aggolettamento scelto dall’architetto navale in sede di progetto. È ovvio che accanto a questo requisito si deve tenere conto anche della catenaria che genera lo strallo nell’andatura di bolina, tanto più accentuata in quanto il peso non indifferente della serie di estrusi che costituisce l’insieme dei profili porta ad aumentarla notevolmente. Parrebbe una cosa “semplice”, salvo scivolare sulla classica buccia di banana. Così ai primi bordi ci si accorge che la mura della vela sfrega pesantemente la coperta tanto da causare una tale usura prematura che costringe a cambiare il gerlo diverse volte durante una stagione BOLINA Aprile 2014 61 Alieutica IL LUME DEI PESCATORI Una tecnica di pesca notturna d’origine medievale che utilizza una fonte di luce, la “lampara”, per attrarre i banchi di pesci prima di catturarli con le reti a circuizione to da documenti del XIII secolo che parlano della pesca “a lumen” in Provenza. Nell’Ottocento in Dalmazia la “pesca a lume” è regolamentata, in relazione a modi e tempi, anche per evitare conflitti con altre tecniche. In quelle zone, un pescatore a bordo di una barca a remi dotata di un luminiero usciva per andare a cercare un banco di sardine e condurlo poi sotto costa, grazie alla luce, dove veniva circondato da una rete, calata La pesca con la lampara è diffusa in tutte le flotte di pescherecci d’Italia. da una seconda barca, che veniva poi rimorchiata a riva. Ma anche nel N MEDITERRANEO, NELLE NOTTI TRANQUILLE Tirreno e nell’Arcipelago Toscano, la tratta con fuosenza Luna, va in scena da secoli un grande co viene svolta “sin da remotissimi tempi”. spettacolo alieutico: la pesca con la lampara. Secondo il naturalista Achille Costa, autore di Nel silenzio della vela è una luminosa, sempre una descrizione della pesca nel Golfo di Napoli nel inaspettata, apparizione. All’orizzonte compare 1870, la lampara, intesa come rete a circuizione prima un bagliore diffuso, poi cominciano a distin- usata lontano dalla spiaggia, è un’invenzione naguersi le luci e le barche, piccole e grandi. Secoli fa, poletana, risalente al 1838. In principio era usata avevano i fuochi, tenuti accesi su bracieri esterni al- senza luce artificiale e il pesce veniva attirato dallo scafo, poi vennero le lampade a petrolio, ad ace- la fosforescenza prodotta dalle pareti della rete, tilene e infine elettriche. che “i pescatori scuotono continuamente”. Immutata rimane la strategia di pesca e quella maOggi le lampare sono pescherecci di 12-20 metri gica esca chiamata luce. I pesci infatti, e quelli tur- di lunghezza che escono dal porto al tramonto traichini (acciughe, sarde, sgombri, etc.) in particolare, nando, o tenendo in coperta, delle piccole lance. sono fototropi positivi, cioè vengono attratti di not- Dalla barca madre, in assenza di Luna, soprattutto te dalla luce. Una caratteristica che l’uomo ha inizia- nel periodo primaverile ed estivo, si stacca un batto a sfruttare già in età medievale, come testimonia- tello guardiano armato di potenti lampade, per svolgere un’azione di concentrazione. Quando il banco è consistente, un secondo battello di manoCETARA E LA COLATURA DI ALICI vra lo circuisce con una rete molto profonda che ha etara è ormai famosa nel mondo, almeno in un meccanismo di chiusura sul fondo, azionabile quello dei gourmet, per la “colatura di alici”, in un secondo momento. Fuoriuscito il battello una delle tante eccellenze gastronomiche italiane. Le alici devono essere pescate con la lampara guardiano dallo specchio di pesca, incominciano nelle acque del Golfo di Salerno, da aprile a luglio. le operazioni di recupero della rete. La “colatura” è probabilmente una variante del Pur scontando la concorrenza della pesca pelagifamoso garum romano, un liquido estratto attraca a coppia o volante, la lampara ha mantenuto a verso un laborioso procedimento da alcuni pesci Trieste, San Benedetto, Molfetta, Taranto e in altre tra cui gli sgombri. Apicio, nel suo famoso ricettamarinerie un’importanza che probabilmente s’inrio, utilizza il garum in quasi tutti i piatti. crementerà ancora in futuro, in relazione ai minoA Cetara la tradizione, opportunamente rivisitata, ri consumi di carburante rispetto alla volante. si è mantenuta viva in età medievale grazie ai monaci e successivamente alle popolazioni costiere, che Colori, atmosfere e pratiche della lampara rimanfecero di questo prodotto della lavorazione delle alidano a un mondo antico, in cui il pescatore conosce ci sotto sale, un vero e proprio tesoro, una salsa sai ritmi della Luna e le abitudini dei pesci, la forza del■ porita utilizzata per condire pasta e verdure. FABIO FIORI la luce e le astuzie del mestiere. I C 64 BOLINA Aprile 2014 ENEA RIBOLDI Grande altura NAVIGARE ALLA CIECA di CARLO AURIEMMA ed ELISABETTA EÖRDEGH Trovarsi con la barca in acque basse e non segnalate o in un banco di nebbia sono rischi che non sempre si riesce a evitare, in questi casi serve prudenza ed esperienza È TARDO POMERIGGIO QUANDO entriamo in una piccola baia dell’isola di Mafia, al largo della costa africana. La luce è bassa e l’ancoraggio si presenta male perché i fondali dentro la baia, sono altissimi, superiori ai 30 metri. Il vento viene da terra, l’acqua è calma, la baia deserta e disabitata. Decidiamo di tentare comunque l’ancoraggio e puntiamo verso una spiaggetta grigia in fondo della baia, avanzando molto piano, con l’occhio puntato sull’ecoscandaglio che da 30 metri passa di colpo a 20, poi a 10 nell’arco di pochi metri. Quando segna 6 metri diamo fondo all’ancora, ingranando la marcia indietro per verificare la presa. Tiene, ma non è un bell’ancoraggio. La carta nautica purtroppo non dà dettagli di questa baia, il portolano non la nomina nemmeno e l’acqua molto torbida per la vicinanza di un grande fiume africano, non consente di vede- re il fondo. Se volessimo essere prudenti dovremmo salpare e riprendere il mare, ma è troppo tardi per cercare un ancoraggio alternativo e dovremmo passare la notte alla cappa. «Ci tuffiamo per controllare con la maschera?». «Non so, con l’acqua torbida e questa poca luce», in realtà abbiamo anche un po’ di timore per gli squali, che nell’acqua torbida si palesano solo all’ultimo momento, quando è troppo Verificare altezza e tipo di fondale è essenziale prima di dare fondo all’ancora tardi. Il vento leggero che viene da terra, la barca immobile e la calma che regna nella baia però sembrano fatti apposta per fugare dubbi e incertezze. «Ma sì, lasciamo stare, tanto domani partiremo all’alba». E il giorno dopo, all’alba, quando usciamo in coperta per salpare, la luce perlacea che arriva da Est ci rivela uno scenario indimenticabile. A 30 metri dalla prua, a metà tra noi e la spiaggia, è comparso un pianoro di coralli rotti che ospita, proprio al suo bordo, la nostra povera ancora, con la catena che si tuffa in acqua, scompare nel fango e riemerge come se nulla fosse a un paio di metri dalla prua. «Ma che cretini. Come abbiamo fatto a non accorgerci!». Ragionando a mente fredda riusciamo a ricostruire. Semplice, le profondità sono altissime dappertutto, ma in direzione della spiaggia il fondo sale ripidissimo: un muro di coralli che BOLINA Aprile 2014 65 Rotte La Cheasepeake Bay si estende per oltre 100 miglia all’interno della costa offrendo riparo dagli uragani. RALLY A VELA NELLA EST COAST di GIORGIO CLERICI E VIVIANA VITTORIA Un itinerario costiero negli Stati Uniti da Annapolis a Miami seguendo i capricci della Corrente del Golfo S FRUTTIAMO VOLENTIERI l’offerta di trasferire un catamarano di 45 piedi (13 metri) da Annapolis, nello Stato del Maryland, fino a Miami in Florida, circa 1.000 miglia di navigazione costiera. Molte imbarcazioni che navigano nell’area caraibica riparano durante la stagione degli uragani, tra giugno e novembre, nell’ampia e frastagliata baia di Cheasepeake. Profonda un centinaio di miglia, complessa e intricata, vi si affacciano oltre alla capitale Washington ben tre Stati dell’Unione: Maryland a Est, Delawere a Ovest e la Virginia a Sud. Centinaia di insenature, porti, promontori, fiumi, lagune e fiordi hanno reso la baia una delle capitali del diporto nautico statunitense. Ulteriore motivo della sua popolarità è la collocazione geografica che la pone al riparo e al di fuori dei percorsi classici degli uragani atlantici. Le assicurazioni non coprono i danni da fortunale a meridione della baia nella stagione a rischio. Alla fine di quest’ultima, il primo novembre di ogni anno, le polizze tornano a essere valide dando il via a un’anomala migrazione. Migliaia di barche qui sfollate, lasciano gli ormeggi nell’arco di un mese per raggiungere le latitudini calde. Due le rotte caraibiche. I più esperti e temerari affrontano l’alto mare con rotta sulle isole Vergini. Una navigazione diret- Cape Hatteras è uno dei tratti più pericolosi per chi naviga nell’Est Coast. ta di oltre 1.300 miglia affrontando i fronti freddi che sferzano continuamente l’Atlantico creando mare duro e corto in quanto opposto alla forte Corrente del Golfo che scorre con forza verso Nord Est. L’alternativa più godereccia è il trasferimento lungo le 1.200 miglia di navigazione costiera fino a Miami per iniziare da qui la discesa dell’arco caraibico dall’isola di Bimini nelle Bahamas. Un percorso effettuato dal Salty Dawg Rally <www.saltydawgrally.org> la cui iscrizione è peraltro gratuita. È un’organizzazione amatoriale statunitense che offre ai propri iscritti una serie di facilitazioni ed eventi ma soprattutto un’ottima consulenza meteorologica. I 120 iscritti dell’edizione 2013, tra i quali ci siamo anche noi, sono liberi di gestirsi la navigazione a discrezione, salvo fare riferimento a luoghi di raggruppamento suggeriti e spalmati nell’arco del mese previsto per raggiungere la meta finale il 2 dicembre a Fort Lauderdale a Miami. Da Annapolis, dove prendiamo in consegna il nostro BOLINA Aprile 2014 69 Avventure Fu sul finire del 1800 che si registrarono i primi tentativi di navigazione oceanica per diporto. GILBOY, PIONIERE DEL PACIFICO Nel 1882 il navigatore statunitense compì la prima traversata in solitario e senza scalo del grande oceano A NCHE NELLA STORIA DEL- la navigazione, che poi è quella dell’uomo, ci sono i pionieri che aprono gli orizzonti e quelli che ne raccolgono il testimone, spostandolo un po’ più in là. È il caso per esempio della prima traversata in solitario dell’Atlantico del Nord, da Gloucester (Sati Uniti) ad Abercastle (Inghilterra), portata a termine nel 1876 dal navigatore statunitense Alfred Johnson con un dory di 5,48 metri. Quell’incredibile viaggio divenne negli anni a seguire fonte di ispirazione per un pugno di audaci che tentarono di imitare le stesse gesta marinaresche. Tra questi c’era Bertrand Gilboy, anche lui americano, 30 anni, ex ufficiale della Marina, al quale però l’impresa di Johnson suggerì un’avventura ancora più ambiziosa: attraversare il Pacifico in solitario e senza scalo. Nel 1882 incaricò il cantiere Burns & Kneass di San Francisco di costruire una barca di 5,50 metri, larga 1,82, dalla chiglia lunga ma dal pescaggio contenuto (0,76 m) e con una velatura di 13 metri quadri disposta su un armo a goletta. All’interno l’imbarcazione, interamente pontata eccetto due passi d’uomo, doveva essere divisa in due scomparti: quello prodiero destinato alla cambusa Il diario dei bordo dell’impresa velica di Bernard Gilboy venne in seguito pubblicato con il titolo “Un viaggio di piacere”. e alle attrezzature e quello a poppa che ospitava la cabina. Al momento del varo Gilboy battezzò la barca Pacific e senza neanche collaudarla in qualche uscita di prova, stivò tutto il materiale necessario alla traversata: 14 barili di acqua potabile, 75 chilogrammi di pane, 80 di biscotti, 15 latte di carne di manzo e pesce, un fucile a doppia canna, un revolver, un ombrello e diverse candele; per la navigazione stimata portò con sé un sestante, il cronometro, un barometro, la bussola e le carte del Pacifico. Il 18 agosto del 1882 salpò dalla Baia di San Francisco di fronte a una piccola folla di curiosi venuti a salutarlo. Era un venerdì e quando qualche superstizioso in banchina lo rimproverò di avere scelto un giorno poco propizio, lui fece spallucce e guadagnò il largo. La barca, stivata oltremisura e con poca deriva, faticava a tenere la bolina, ma Gilboy non si preoccupò più di tanto: la rotta che intendeva percorrere per l’Australia seguiva i venti portanti, quindi tutta al lasco. La naBOLINA Aprile 2014 73 Controcorrente Un propulsore raffreddato ad aria è più rumoroso, ma necessita di minore manutenzione. MOTORI? RAFFREDDATI AD ARIA! di ERNESTO TROSS Una riflessione sui limiti degli attuali propulsori che adottano il circuito alimentato con acqua di mare P ENSO SIA DOVEROSA E PRO- ficua una riflessione sulla motorizzazione delle nostre barche a vela. Ormai, purtroppo, è tramontata la definizione di “motore ausiliario” e i moderni cabinati sono quasi tutti muniti di entrobordo potenti in grado di spingerli alla massima velocità consentita dallo scafo. Per ottenere questo risultato vengono installati motori che di “marino” non hanno più nulla. In genere si tratta di propulsori destinati all’autotrazione, marinizzati aggiungendo il raffreddamento dell’acqua con uno scambiatore di calore che sfrutta la temperatura dell’acqua di mare relativamente bassa. I guai che ne conseguono sono numerosi e in genere la causa va ricercata non nel motore raffreddato ad acqua in sé, affidabile e usualmente impiegato da tutta l’industria automobilistica, bensì nel raffreddamento tramite l’acqua di mare. Senza contare inoltre che un motore destinato all’autotrazione è pur sempre raffreddato ad aria, anche se non direttamente. Al principale rischio dell’intasamento si aggiunge la criticità delle differenze di potenziale elettrico dei componenti degli scambiatori di calore. Nel campo dell’autotrazione il motore raffreddato ad acqua ha preso il sopravvento per la maggiore potenza e la silenzio- Uno dei rischi dei motori raffreddati ad acqua è l’intasamento dei condotti di ingresso e di scarico sullo scafo. sità. Fattori vincenti, salvo piccoli e sporadici incidenti, quali per esempio la bruciatura della guarnizione di testata, etc. Non per nulla alla Volkswagen valeva il detto: “l’aria non bolle e non gela”. Con i guai che derivano da questa soluzione poco marina si potrebbe riempire un intero fascicolo. Solo pochi anni fa nel porto di Corfù ricordo uno skipper disperato con lo scambiatore di calore completamente corroso dalla corrente galvanica, per il quale gli era impossibile trovare il ricambio. Naturalmente ho fatto anch’io le mie modeste esperienze negative. Non vedo per quale motivo non venga proposta come alternativa l’adozione di motori raffreddati ad aria. Specialmente per quelle barche che, a differenza del grande parco di scafi più o meno stazionari nei marina, intendono affrontare la navigazione sugli oceani. Ricordo un lungo e interessante racconto di qualche anno fa dei navigatori Elisabetta Eördegh e Carlo Auriemma: era veramente triste ascoltare la descriBOLINA Aprile 2014 75 Cavi Le impiombature sono utili per diversi scopi, dall’unione tra cavi alla creazione di “occhi”. IMPIOMBARE SECONDO I CAVI di ALFREDO MOSSO Quali tecniche utilizzare per eseguire i giusti lavori sui cordami considerando materiali e tipologie di costruzione F REQUENTANDO LE BANCHI- ne, quelle vere e quelle virtuali dei forum dedicati alla vela, capita spesso di incontrare molti appassionati che si muniscono di manuali e strumenti per dedicarsi all’arte marinara dell’impiombatura. Oltre alle difficoltà oggettive legate alla manualità e alla limitata esperienza, sorge anche il problema di che tipo di legatura effettuare in relazione alla tipologia di cavo e alla manovra che si sta attrezzando. La risposta si può trovare nei manuali o frequentando un corso specializzato. In ogni caso c’è sempre da lavorare. Se si è risoluti nel vo- lerlo fare è bene considerare prima di tutto una regola che vale per tutti i lavori d’impiombatura, ossia che questi ingrossano il cavo e di conseguenza lo accorciano. Bisognerà quindi avere un’idea chiara della misura effettiva che la manovra dovrà avere, aggiungendo a questa la quantità di cavo necessaria per l’esecuzione del lavoro. Per attrezzare una manovra è necessario provvedere all’impalmatura (fasciatura del capo della cima) che avrà anch’essa necessità di una quantità aggiuntiva (a eccezione delle impalmature con legatura piana). Lunghezza occhio Quando si acquista un cavo nuovo, dopo avere considerato l’allungamento ed eventuali lavori, è consigliabile aggiungere almeno 50 centimetri di lunghezza. Questa quantità è un’indicazione che varia con il diametro e il tipo di cavo, pertanto o si ricorre a formule di tipo empirico o a tabelle già calcolate, che è possibile trovare negli appositi manuali che è necessario avere sempre a portata di mano. La lunghezza effettiva che deve avere la manovra è invece quella misurata in barca con pazienza e cordella metrica. Il cavo precedente, quello da sostituire, può darci infatti indicazioni imprecise legate all’allungamento subito e al passaggio dai nodi alle impiombature che non è di semplice interpretazione. Un altro dato che occorre considerare è la lunghezza dell’occhio con cui termina la cima, corrispondente alla semicirconferenza del medesimo. Risolti tutti questi problemi, al momento dell’acquisto del nuovo cavo sarà necessario abbondare di almeno 50 centimetri, per poi riportare il tutto alla giusta misura utilizzando una lama affilata e bloccando i capi solo con un giro di nastro adesivo (non utilizzare l’accendino per compattare i trefoli). Per cominBOLINA Aprile 2014 81 Accessori METAMORFOSI DELL’ANCORA di GIULIO MAZZOLINI Dall’ammiragliato ai nuovi modelli di lega leggera e con roll bar, il prezioso “ferro” ha subito profonde modifiche A NCHE LE ANCORE HANNO avuto negli ultimi 80 anni, come tanti altri prodotti industriali, una evoluzione rapida e impressionante. Prima del 1930 si usava praticamente solo l’ancora ammiragliato; questo modello ha dominato il mondo della navigazione per centinaia se non migliaia di anni. Il segreto del suo successo sta nel ceppo. Una ammiragliato quando atterra sul fondale si posiziona con la marre adagiate sul fondo (figura 1). Quando la catena inizia a tirare il ceppo si fissa (è lì per questo) e il fusto si solleva dal fondo assieme alle marre, in questa posizione l’ancora è in equilibrio instabile; quindi si inclina immediatamente appoggiando sul fondo un’unghia che inizia a scalfire il terreno, la marra ruota e affonda fino a portare il ceppo in posizione orrizontale, a questo punto la presa è conclusa. L’ammiragliato risponde abbastanza bene ai principali requi- siti che deve avere un’ancora: - deve posizionarsi facilmente (cosa che l’ammiragliato fa); – deve penetrare nel suolo rapidamente (le piccole unghie dell’ammiragliato le permettono proprio questo); – deve opporre una buona resistenza alla tensione della catena, ovvero deve restare conficcata nel fondo senza spedare (la tenuta dell’ammiragliato è limitata dalla piccola superfcie delle ancora a riposo ceppo cicala fuso marre ancora in tensione catena si solleva si inceppa si ribalta Fig.1 - L’ancora ammiragliato penetra bene nel fondo, ma ha scarsa tenuta. patte, anzi dell’unica patta attiva rimanendo l’altra inutilizzata in alto); – quando viene messa in tensione deve tendere ad affondare e non a sollevarsi (la curvatura delle marre dell’ammiragliato la fanno affondare); – se messa in tensione da una direzione diversa non deve spedare (il profilo delle marre dell’ammiragliato offre poca resistenza alla rotazione, quindi cambia direzione facilmente); – se viene applicata una tensione superiore alla sua capacità di tenuta deve arare nel terreno e non spedare (in genere l’ammiragliato non speda); – deve fare presa in tutti i fondali (bene con alghe e anche con fondali rocciosi). Il punto debole dell’ammiragliato è dunque la sua scarsa tenuta, inoltre è scomoda da manovrare e da stivare a causa del ceppo, anche con quello mobile. Per questo non si vedono più da tempo sulle barche da diporto; nelle prove eseguite da riviste specializzate internazionali e da grandi distributori di materiale nautico negli anni 2006, 2011 e BOLINA Aprile 2014 85 Refitting POCHE MODIFICHE E SOLO “CE” di MARCO COBAU Le norme europee impediscono qualsiasi intervento importante alla barca, a meno di costose procedure N EGLI ARTICOLI PRECEDENTI abbiamo visto come smontare, demolire e sbarcare un po’ di tutto dalla nostra vecchia barca da restaurare. Bene. A questo punto bisogna fermarsi un momento e decidere come proseguire. Infatti ci sono due possibilità: o procedere banalmente in direzione opposta, ricostruendo con materiali nuovi e rimontando pari pari tutto ciò che è stato rimosso, oppure intervenire con modifiche e aggiunte anche importanti per “ringiovanire” la barca e rendere quindi più agevole e moderno il suo utilizzo. Nel primo caso ci vorrà solo pazienza, tempo e una certa spesa, ma alla fine la barca sarà uguale a com’era prima ma molto più “giovane” e quindi più affidabile nel tempo. Ciò significa che ogni meccanismo e impianto dovrà essere identico a com’era precedentemente la cura senza che vi sia stato apporta- to nessun cambiamento. Poniamo un esempio banale con l’impianto elettrico: su una barca di 35-40 anni i cablaggi vanno sostituiti, ma questo intervento non dovrà comprendere l’aggiunta di nuove utenze o il potenziamento generale dell’impianto stesso. È ovvio che situazioni di questo genere sono molto rare: quale armatore infatti potrebbe resistere alla tentazione di aggiungere qualcosa a un “vecchio” Dal 1998 tutte le imbarcazioni devono essere conformi alle direttive CE. impianto? Varrebbe la pena seguire questa strada solo se avessimo da restaurare (e parlo di un vero restauro filologicamente corretto) una barca nobile di origine o di storia passata. Come a nessuno verrebbe in mente di utilizzare lo skai o l’alcantara per sostituire il rivestimento dei sedili di un’auto Bugatti del 1930, altrettanto assurdo sarebbe montare una tv al plasma su uno yacht a vela progettato da Sparkman&Stephens e costruito in legno nel 1939! Diamo per scontato che nessuno possa resistere alla tentazione di “ringiovanire”, in buona fede, la propria barca, non titolata ma anzianotta, apportandovi aggiunte o modifiche anche sostanziali. La frase di prammatica in questi casi è: “già che ci siamo, mettiamoci anche…”, idea alla quale aderiscono prontamente tutta la famiglia dell’armatore al gran completo e gli amici del circolo velico di appartenenza. Così nell’immaginario collettivo di chi circonda il nostro armatore-restauratore vengono elencati tutti gli accessori senza i quaBOLINA Aprile 2014 89 Nautica disegnata FAI-DA-TE COL PENNELLO La primavera è la stagione ideale per rimettere a lucido la propria barca. Alcune idee pratiche e di semplice esecuzione per ottimizzare i lavori di tinteggiatura T ra i diversi lavori in agenda del velista “bricouler” molti, dalla stesura dell’antivegetativa agli impregnanti per i legni, prevedono l’impiego di vernici e pennelli. I trucchi e le precauzioni per ottenere risultati soddisfacenti non sono mai abbastanza. A seguire ne proponiamo alcuni. DILUENTE - L’aggiunta di diluente alla vernice va effettuata a piccole dosi fino a ottenere la viscosità ottimale. In eccesso renderebbe la tinta inutilizzabile. FILTRO CON CALZA - Una vernice già aperta può essere riutilizzata se adeguatamente diluita. Eventuali parti insolubili saranno eliminate con un filtro realizzato con un pezzo di calzamaglia. TEST - L’ideale per valutare il grado di viscosità di una vernice è una superficie di vetro o di plexiglas. Nella tinta stesa non deve essere visibile la singola pennellata. SETOLE - Del nastro avvolto sulla mano con il lato adesivo verso l’esterno consente di eliminare le setole cadenti. ADESIVO - Il nastro adesivo impiegato nel corso della verniciatura deve essere in grado di non assorbire la tinta. Solitamente si utilizza il 3M 233 Plus o il 3M 2080. Per le curve è meglio fare riferimento a più strati del sottile 3M 218. BOLINA Aprile 2014 79 SECONDO LOOK VISITIAMO ALCUNE BARCHE DI IERI CHE NAVIGANO OGGI Edel 6 dati tecnici Un cabinato di successo per la crociera costiera non veloce, ma stabile è realizzato con cura e ha interni ospitali C 1975 AL 1984 in quasi mille esemplari, l’Edel 6 è un piccolo cabinato che ha tutte le qualità per fare apprezzare i piaceri di una crociera costiera anche a una famiglia. Disegnato dal progettista e costruttore francese Maurice Edel è uno scafo solido con generosi spessori di vetroresina, controstampato, dai volumi pieni, la coperta piatta, la chiglia semilunga (o deriOSTRUITO DAL lunghezza larghezza pescaggio peso velatura m 6,65 m 2,50 m 0,99 kg 750 mq 21,60 va mobile) e il timone a barra. Non è molto veloce, ma con vento fresco è in grado di dare soddisfazioni e resta facile da controllare anche se la brezza rinforza. Il pozzetto è largo, ma un po’corto, sotto coperta invece c’è più spazio del previsto grazie alla possibilità di sollevare parzialmente la tuga. Offre 4 cuccette, wc marino o chimico, fornello e lavello. Ha l’entro■ bordo da 4 a 8 hp. Alpa 8,25 dati tecnici lunghezza m larghezza m pescaggio m peso t velatura mq 8,30 2,60 1,60 2,5 42,5 Pensato per la regata si è dimostrato un buon cabinato per il diporto solido, morbido sull’onda e con qualità marine N ASCE NEL 1967 NEL CANtiere di Offanengo (Cr) l’Alpa 8,25, uno dei tanti progetti che hanno dato lustro a questo pioniere italiano della nautica da diporto. Disegnato per competere nelle regate di IV classe Ior, pur affermandosi in diverse competizioni, ha ottenuto più successo come barca da crociera. Merito delle sue linee gradevoli caratterizzate dalla prua fine e slanciata, il pozzetto (in teak) protetto delimitato da un originale paramare ovale, la tuga bassa e il baglio stretto. Ma anche degli interni giudicati (all’epoca) confortevoli, rifiniti in mogano e ciliegio che offrono una cabina a prua, il bagno separato, il quadrato con sedute trasformabili in cuccetta e un’ulteriore cuccetta di quarto. È armata in testa d’albero e motorizzata con un entro■ bordo da 22 hp. BOLINA Aprile 2014 93 SECONDO LOOK VISITIAMO ALCUNE BARCHE DI IERI CHE NAVIGANO OGGI Dehler 29 dati tecnici Firmato da Judel-Vroljik questo progetto tedesco si presta a diversi utilizzi si per la competizione che per la crociera E “YACHT OF THE Year” in Germania nel 1979, il Dehler 29 è una barca versatile, ancora attuale, disegnata dai progettisti Judel-Vroljik come scafo da crociera o per regate da club. Stretto di baglio, con la prua verticale e un’opera morta di altezza ridotta è reattivo, veloce e si comporta bene di bolina; l’armo è a 7/8. Il pozzetto non brilla per le sue dimensioni (il timone è a barra), ma LETTO lunghezza larghezza pescaggio peso velatura m m m t mq 8,75 2,95 1,22-1,80 3 45,00 può accogliere fino a 6 persone, tuttavia è sotto coperta che la barca sfodera doti di originalità con un quadrato luminoso e spazioso dominato da una seduta a “U” centrale con alle spalle la cabina di prua separata da una tenda. Una seconda cabina è a poppa sulla sinistra, mentre la zona cucina è a dritta lungo la murata. Di fronte sono collocati un piccolo tavolo da car■ teggio e il bagno. New Ranger 26 dati tecnici lunghezza m 9,00 larghezza m 2,84 pescaggio m 1,42 peso t 1,6 velatura mq 53,00 Remake di un progetto d’autore dalle linee classiche, la chiglia lunga e ampi volumi di carena; stile e qualità marine I N EW R ANGER 26 È LA versione “modernizzata” proposta dal cantiere romano Makò Sailers, a metà degli Anni 70, del Ranger, un noto progetto del 1959 del progettista statunitense Philip Rhodes. Dotato di chiglia lunga, timone incernierato sulla zona poppiera, zavorra in piombo incapsulata nella vetroresina, è una barca per la crociera di linee classiche, marina, dotata di ottima stabilità L 94 BOLINA Aprile 2014 di rotta, ma che per prendere un buon passo ha bisogno di brezza tesa. Il pozzetto è stretto e lungo, dotato di ruota del timone. Gli interni sono semplici, disposti con con bagno a sinistra, la cucina a dritta anche con funzione di tavolo da carteggio (coperta con un pannello) e una cabina doppia a prua. Era venduto anche semifinito, con soli guscio e coperta, gli interni si potevano allestire da sé. ■ Sapore di Mare / Articoli scritti dai lettori BARCOLA SOSPESA NEL TEMPO di GUIDO SARTORIO Alcuni ricordi e suggestioni ispirati dalla celebre frazione del lungomare di Trieste, fra tradizioni di pescatori, vecchie strade e giochi di ragazzi I L CIMITERO DI BARCOLA, FRAzione di Trieste, è un quadratino di terra cintato da un decrepito muro e qualche cipresso. Sarebbe uno dei tanti piccoli cimiteri nei dintorni del Carso se non fosse distante dal mare quel tanto che è larga la strada, quella che arrivando da Miramare, da Sistiana, da Duino, da Monfalcone, insomma dall’Italia, attraversa tutta Barcola, prima di finire in città. Alla fine di Barcola c’è un semaforo e la fermata del tram numero 6. Girando a sinistra si prende via Bovedo e subito si vede il cimitero. Per entrare nel cimitero, una volta, c’era un ponticello che scavalcava un potok, ossia un piccolo torrente che si riversava nel canale sotto la strada e finiva in mare. Quando pioveva forte l’acqua scavava sotto il muro e faceva sparire qualche morto: non si è mai saputo se fosse il morto a passare sotto il muro e prendere il largo o il potok a catturarselo dentro il cimitero. Sta di fatto che il Comune rinchiuse il rigagnolo dentro grossi tubi, interrò il fossato ed eliminò la croce e con essa il ricordo della fregata francese Danae che agli inizi dell’Ottocento era saltata in aria nel porto di Trieste con tutto il suo equipaggio. I barcolani se ne erano accorti, oltre che per il botto, anche perché nei paraggi erano stati trovati molti resti straziati di quei poveri marinai: da pescatori e uomini di mare, i barcolani li seppellirono e ci piantarono la croce. Con l’interramento del potok finì pure un bel gioco dei ragaz- zi di Bovedo: la gara delle barchette, oggi si chiamerebbe regata. Lì attorno, infatti, c’era sempre qualche pezzo di carta gettata a terra da quelli che scendevano dal tram numero 6. Niente di meglio che farne delle barchette e lasciarle andare con la corrente da sotto il ponticello del cimitero, dentro il canale e poi, sino al mare. Un ragazzino tutto ricci coi pantaloncini rattoppati sul sedere era particolarmente abile nel costruire le barchette: sceglieva pezzi di carta rossa, li piegava e ripiegava, la punta della lingua tra i denti, le manine rapide e precise. Gli altri facevano barchette senza tanta attenzione e con pezzi di carta qualsiasi, tranne un ragazzino dai capelli impomatati, la camicia di seta, il golf e i pantaloni lunghi e stirati. Lui costruiva la sua con carta nera, sbirciando Ricciuto per carpirne i segreti. «…Prrronti… Viaaa!». Partite le barchette, i ragazzi si arrampicavano sulla strada, correvano dall’altra parte oltre i binari del tram, saltavano sulla spiaggietta della Canottieri Saturnia e attendevano che la flotta uscisse dal canale. «La gialla è la mia! Dai, BOLINA Aprile 2014 95
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