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MENSILE
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(conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1, DCB Roma
ANNO 30
• N. 318 • APRILE 2014
* pag. 55
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Stati Uniti
IN CROCIERA
LUNGO LA COSTA EST
* pag. 69
●
Rigging
ERRORI E ORRORI
IN COPERTA
* pag. 61
Ac 72: aerodinamica carta vincente
I RETROSCENA DEL SUCCESSO DI “ORACLE” IN COPPA AMERICA
SCHOONER
LA STORIA DELLE LEGGENDARIE
GOLETTE AMERICANE
DALLA PESCA TRA I BANCHI
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Mensile dell’andar per mare
Anno 30 - Numero 318 - Aprile 2014
SOMMARIO
ATTUALITÀ
Parla Caponnetto, guru di “Oracle” Pag. 45
»
47
Gli “alieni” del Mediterraneo
»
51
Panama: i cento anni del Canale
RUBRICHE
»
5
Lettere a BOLINA
»
6
Fasi lunari di aprile
»
8
Spazio aperto
»
10
Risposte brevi
12
Idee dei lettori: copertone all’ormeggio »
»
16
Basile: il bordo libero
»
18
Foschi: la forma delle prue
»
20
Parole: la “pazienza”
»
24
Notizie, notizie
»
29
Avvisi nautici
Novità e curiosità
»
30
»
32
Regate, regate
»
37
Derive, che passione!
»
93
Secondo look
» 101
Inserzioni gratuite
A BORDO
L’organizzazione delle previsioni
Il Bastone di Giacobbe
Un tablet come chartplotter
Piccole barche, grandi firme
Strafalcioni in coperta
Il lume dei pescatori
Navigare alla cieca
Rally a vela nella Est Coast
Gilboy, pionere del Pacifico
Motori raffreddati ad aria
Fai-da-te col pennello
Impiombare secondo i cavi
Metamorfosi dell’ancora
Poche modifiche e solo “Ce”
SAPORE DI MARE
Barcola sospesa nel tempo
Quel mare che resta dentro
Allieva velista: comandi!
Il mio cuore blu
Pag.
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Per le condizioni di abbonamento vedere a pagina 13
ltro che come un mulo,
bisognerebbe dire
“cocciuto come un velista”!
Già, perché è a di poco ostinato chi continua ad andar per
mare malgrado le difficoltà che
tutti conosciamo e che sono non
solo di carattere economico, ma
burocratico, normativo, logistico e via discorrendo.
Il profumo delle onde in questi
mesi di Primavera arriva nelle
folate di vento che si insinuano
nell’entroterra, fino ad arrivare
in città. Poi ci si mette anche il
sole a giocare i suoi sortilegi ri-
portando alla mente piacevoli
trascorsi velici.
Il desiderio diventa quindi irrefrenabile quando una domenica come le altre, il caso ci vuole
sì al mare o al lago, ma semplicemente a passeggiare sulla
spiaggia: impossibile non
cedere all’inquietudine nelAL VOSTRO SERVIZIO 24 ORE SU 24
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DECORRENZA DA QUALSIASI MESE
l’osservare una barca a vela che
sfila all’orizzonte. Così scatta in
noi il desiderio di essere altrove,
a bordo della nostro guscio a
rassettare la coperta, ad armare
le vele e predisporre i doppini in
vista di una veleggiata che ci
porti al largo, dove le acque
sono più blu.
Insomma ammettiamolo,
siamo un caso disperato. Malati
di vento e mare. E non guariremo, né ci faremo sopraffare
dalle difficoltà perché siamo
cocciuti. Cocciuti come velisti!
Buon vento.
In copertina: “Sprit of Malouen VI”, Settimana delle Bocche 2013, Porto Cervo - Foto di Franco Pace
Associato all’Unione Stampa Periodica Italiana
EDITRICE INCONTRI NAUTICI srl - Largo Angelicum, 6 - 00184 ROMA - Tel. 06/6990100 (4 linee) - fax 06/6990137. Internet: www.bolina.it.
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In redazione: Fabrizio Coccia, capo servizio ([email protected]), Sandro Angeloni ([email protected]), David Ingiosi
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BOLINA Aprile 2014 3
Lettori, qui BOLINA, avanti, passo...
NON SI PUBBLICANO
LETTERE ANONIME
Tutta la corrispondenza, anche
se spedita via e-mail, deve riportare l’indirizzo completo del
mittente. BOLINA non pubblica
testi anonimi, siglati o solo firmati: i lettori sono benvenuti su
queste pagine solo se dichiarano
il loro indirizzo completo.
Riccione insabbiato
scrive il club nautico
Con riferimento alla lettera del
signor Maurizio Panciroli, pubblicata dalla vostra rivista nel numero di gennaio 2014 a pagina 7 col
titolo Porto insabbiato e io pago...
il Club Nautico Riccione chiarisce
quanto segue: al momento dell’assegnazione del posto-barca,
il signor Panciroli è stato chiaramente e ripetutamente informato
delle condizioni del fondale del
nostro porto, in particolare per una imbarcazione come la sua
con un pescaggio di 1,80 m,
quindi decisamente “a rischio”;
durante l’estate 2013 non è stata
effettuata da parte delle autorità
competenti, come invece di solito avviene, alcuna operazione di
dragaggio dell’imboccatura e
della darsena; il Club Nautico (a
cui sono assegnati 40 dei circa
500 posti barca del porto) non ha
alcuna possibilità di effettuare o
condizionare la realizzazione di
queste manutenzioni e ciò è stato già sottolineato nella vostra risposta al signor Panciroli. Segnaliamo comunque che anche
durante la stagione 2013, parti-
colarmente sfortunata, tutti i nostri soci hanno potuto utilizzare in
entrata e uscita le loro imbarca-
Questo numero
L
a stagione velica è definitivamente avviata! La inauguriamo con un numero ricco di spunti interessanti. A cominciare da
Mario Caponnetto che ci rivela i
retroscena del successo di Oracle
in Coppa America (Castiglioni,
pag. 45). Il Mediterraneo è sempre più tropicale. Lo dimostrano i
pesci (anche velenosi) che ne
stanno modificando l’habitat
(Coccia, pag. 47). Trasformare un
tablet Android in un chartplotter?
Ecco come fare (Giorgetti, pag.
53). Architetti illustri si sono misurati anche col disegno di derive
(Ingiosi, pag. 55). Errori grossolani nell’allestimento dell’attrezzatura di coperta. Capita. (Fabbroni,
pag. 61). Navigazione con scarsa
visibilità, che incubo! (Auriemma ed Eordegh, pag. 65). Quindi
un itinerario in Usa (Clerici e Vittoria pag. 69), Bernard Gilboy e la
sua traversata del Pacifico (pag.
73), entrobordo raffreddati ad aria
(Tross, pag. 75), nautica disegnata, arte marinaresca, notizie, regate, schede di barche, etc. B.V! ■
zioni, anche quelle simili per pescaggio a quella del signor Panciroli, questo, naturalmente, nei
limiti del possibile e sfruttando
con attenzione orari (maree) e
giornate favorevoli; il
contratto con i soci
in generale e con
il signor Panciroli nello specifico
solleva il Club
da ogni responsabilità di questa
natura; il regolamento ormeggi noto
a tutti i soci inoltre prevede il pagamento della quota dell’ormeggio assegnato anche in caso di
non utilizzo da parte del socio
pertanto è immotivata e non legittima la richiesta di rimborso da
parte del Panciroli.
È evidente che siamo dispiaciuti per i disagi che il basso fondale crea ai nostri soci e, non da
oggi, stiamo facendo, con richieste e sollecitazioni alle autorità
competenti, tutto quanto è possibile per migliorare la situazione.
FABIO BERNI
Riccione
Nella lettera pubblicata a gennaio, il lettore Maurizio Panciroli
lamentava l’aver pagato, come
BOLINA Aprile 2014 5
Notizie, notizie, notizie
Attaccato yacht
al largo della Corsica
Assalto pirata di fronte alle coste
della Corsica. Domenica 16 febbraio lo yacht francese Armageddon (17 m) con tre persone a bordo
è stato abbordato da un gruppo di
quattro uomini armati, su un motoscafo, mentre si trovava in navigazione nel Golfo di Roccapina nel
Sud Est della Corsica.
I malviventi dopo avere chiuso i
tre diportisti per alcune ore dentro
una cabina li hanno poi abbandonati al largo su un tender fuggendo con l’imbarcazione, un curioso motorsailer costruito dal cantiere Garcia Yachting dotato di un
piccolo albero con randa sopra il
ponte superiore (fly bridge). Le
vittime hanno potuto dare l’allarme solo dopo avere raggiunto alcune ore più tardi la spiaggia del
paese di Campomoro, nel Golfo
di Valinco, a Nord del luogo dell’attacco. Ma le ricerche delle autorità di polizia sono state vane.
Anche se inquietante, è questo
uno dei rari casi di pirateria avvenuti in Corsica o, più in generale,
nel Mediterraneo occidentale; nel
2009 alcuni francesi erano già
stati condannati ad Ajaccio per un
traffico di imbarcazioni rubate tra
la Costa Azzurra e la Tunisia.
Traversata atlantica
su una sampierota
Ripercorrere le antiche rotte solcate dagli antichi navigatori a
bordo di una tradizionale imbarcazione veneziana in legno: è
questo l’obiettivo dei coniugi
Marco Tapetto e Ursula Zancarlin che il 10 febbraio hanno presentato presso il Comune della
città lagunare il progetto di una
traversata atlantica a bordo della
sampierota Achab.
La barca, lunga 6,70 metri e larga 1,80, è una replica dei tipici
scafi veneti con vele al terzo costruita dallo stesso Tapetto (carpentiere navale e regatante) tre
anni fa e modificata per l’occa24 BOLINA Aprile 2014
IDEA: UNA BARCA STAMPATA IN 3D - Si chiama Livrea 26 ed è il primo prototipo di barca a vela pensato per essere costruito con la stampa tridimensionale o 3D. Il disegno, per ora un modello in scala 1:14 è nato dalla collaborazione tra il progettista palermitano Francesco Belvisi, con Daniele Cevola Design
Studio ed è stato realizzato dalla CRP Technology di Modena specializzata in
questo tipo di stampe a 3 dimensioni. Si è ora in attesa di finanziatori in grado di
scommettere su questa sfida tecnologica. Info: <www.livreayacht.com>.
sione. È stato rinforzato il fasciame con inserti in compensato marino, creata una cabina e sono stati aggiunti scomparti riempiti di
polistirolo per renderla inaffondabile.
Per navigare in Atlantico sarà
dotata di una zattera autogonfiabile, dissalatore a mano, pannello
solare, gps e telefono satellitare.
Dopo essere stata imbarcata su un
cargo per raggiungere l’isola di
Sal in Capoverde, Achab salperà
ad aprile alla volta di Antigua
(Caraibi) coprendo circa 2.500
miglia di oceano. La spedizione,
sostenuta dall’Associazione Vela
al terzo, dal Wwf e dal Comune di
Venezia, può essere seguita sul sito <www.marcotapetto.com>.
La Polizia nautica
verso la soppressione
Due veneziani attraverseranno l’oceano sulla loro sampierota di 6,70 m.
La concentrazione delle competenze dei controlli in mare, a lungo
richiesta dai diportisti, arriverà forse per necessità. La scure della
spending review sta colpendo infatti anche le squadre nautiche della Polizia. Il ministero dell’Interno
per contenere i costi avrebbe pianificato una serie di riduzioni che riguardano oltre gli uffici della Poli-
Regate, regate, regate
Alla Roma per Due
anche i solitari
C’è grande attesa per il ritorno il
6 aprile della Roma per Due, storica regata d’altura di 530 miglia
no-stop sul percorso Riva di
Traiano-Ventotene-Lipari e ritorno, giunta alla 21° edizione. Quest’anno infatti accanto ai tradizionali equipaggi in doppio e più numerosi (Roma per Tutti), il comitato organizzatore ha aperto per la
prima volta la competizione anche agli skipper solitari, dando vita a un evento velico, la Roma per
Uno, senza eguali nel panorama italiano dell’altura.
Al momento i navigatori solitari iscritti sono 16: tra loro spiccano i nomi di Matteo Miceli sull’Este 40 Eco 40, Sergio Frattaruolo sul Class 40 Extreme Sail
Academy, Giancarlo Simeoli sul
Class 40 Aeronautica Militare e
Giacomo Sabbatini sul Figaro 2
Scusami le Spalle.
L’evento è organizzato dal Circolo Velico Riva di Traiano. Info:
<www.romaper2.com>.
Invernale del Tigullio
ecco i campioni
Con l’ultima prova disputatasi
il 23 febbraio si è concluso a Lavagna (Ge) l’Invernale del Tigullio, campionato d’altura organizzato dal Comitato Circoli
Velici Tigullio. Quest’anno sono stati 36 gli equipaggi in gara,
divisi nella classi Irc, Orc e Libera, che si sono affrontati in
undici prove totali nell’arco degli oltre tre mesi dedicati all’evento, iniziato il 20 novembre
2013.
Ad aggiudicarsi la vittoria nelle
rispettive classi di questa 38° edizione del Campionato Invernale
sono stati: il J122 Chestress3 al
comando di Giancarlo Ghislanzoni (Irc), l’M37 Low Noise condotto da Giuseppe Giuffrè (Orc) e
il J80 Montpres di Paolo Montedonico (Libera). Info: <www.circolivelicitigullio.it>.
32 BOLINA Aprile 2014
ALEX THOMSON: SKIPPER O STUNTMAN? - Lo skipper britannico Alex
Thomson dimostra ancora di saperci fare con la comunicazione. Dopo l'exploit del
2013 in cui era stato fotografato in abito da sera sulla chiglia del suo Open 60 Hugo Boss, il 4 marzo si è cimentato in un’altra spericolata impresa: camminare sull’albero della barca mentre questa navigava a 18 nodi fino a raggiungerne la testa con un aplomb degno di James Bond. Info: <www.hugoboss.com>.
I Mini 6,50 salpano
per il Gran Premio
La flotta dei Mini 6,50 ad aprile
scende in acqua con una delle
prove più impegnative: il Gran
Premio d’Italia. La partenza è fissata alle ore 12 di sabato 2 aprile
da Genova e il percorso è il consueto slalom nel Tirreno che por-
ta gli equipaggi in doppio a raggiungere prima l’isola di Capraia,
poi La Caletta nella costa orientale della Sardegna, quindi a tornare nell’arcipelago toscano lambendo Giannutri e infine fare rotta su Genova.
Sono oltre 500 le miglia di navigazione da percorrere in un periodo di elevata instabilità meteorologica, che dal 2006, anno
d’esordio della regata, rendono
questo appuntamento uno dei test più importanti per collaudare i
piccoli cabinati oceanici. Info:
<www.gpi-mini650.com>.
Este 24 “RideCosì”
campione d’inverno
RideCosì si è aggiudicato il Campionato Invernale degli Este 24 2014.
Si è dovuto aspettare l’esito
dell’ultima regata a Santa Marinella (Roma) il 26 febbraio per
stabilire il vincitore del Campionato Invernale degli Este 24. Il
risultato infatti è rimasto incerto
fino all’ultima boa grazie al serrato confronto tra RideCosì condotta da Claudia Rossi e La Po-
Derive, che passione!
classe 29er
classe Rs Feva
Dall’11 al 20 aprile le acque gardesane ospitano la seconda edizione della Settimana Mondiale della Vela Giovanile: in programma quattro eventi internazionali
che coinvolgono le classi 29er, Europa, Optimist e le tavole a vela Techno 293.
Il mondo delle derive sul Garda
all’insegna della vela giovanile
D
IECI GIORNI DI REGATE CON LA
partecipazione di oltre 1.700
atleti provenienti da 40 nazioni
per promuovere le discipline veliche giovanili, ma più in generale
lo sport e il territorio.
La seconda edizione della Settimana Mondiale della Vela Giovanile che si svolge sul lago di
Garda dall’11 al 20 aprile si
preannuncia come uno dei più
grandi eventi velici organizzati in
Italia dedicati ai ragazzi. A essere
coinvolti sono tutti i circoli velici
dell’Alto Garda, associati in Vela
Garda Trentino,
con una serie di
manifestazioni
che iniziano l’11
aprile con la 29er
Easter Regatta
dedicata a questa
deriva in doppio
propedeutica dell’acrobatica classe olimpica 49er.
Dal 14 al 20, invece, è il Circolo Surf Torbole a organizzare il 3°
Meeting Techno 293, tavola a ve-
la che fa da apripista alla più impegnativa RS:X, mentre al Fraglia Vela Riva dal 17 al 20 torna
Arrivano le Adidas
per gli skiff
P
er creare una nuova linea di
calzature per la vela, la multinazionale Adidas ha ingaggiato
nientemeno che il campione
olimpico britannico Ben Aislie.
Sono nati così due modelli da deriva e da skiff: Adipower Trapèze e Adipower Hiking. Il primo è
basso sotto le caviglie mentre il
secondo è un classico calzare alto con in più un’apertura posteriore che agevola i movimenti
del piede. Entrambi
hanno la suola in 3D
Mesh traspirante
che assicura il pieno
grip e un sistema di allacciatura
veloce sul calcagno. Info:
<www.weonwater.com>.
■
il Meeting del Garda Optimist, la
più grande regata monoclasse del
mondo, già entrata nel guinness
dei record con l’edizione del
2012 da 1.200 partecipanti.
A concludere l’evento sarà la 16°
edizione del Torbole Europa Meeting dedicato alla classe Europa,
deriva olimpica fino al 2004 che
continua ad avere un largo seguito
soprattutto in Nord Europa. Info:
<www.velagardatrentino.com>.
Il circuito Rs Feva
inizia il 26 aprile
Riparte ad aprile con il circuito nazionale la stagione agonistica della classe Rs Feva. Sono
quattro le tappe previste quest’anno dal calendario, delle
quali la prima si svolge a Marina di Carrara (Ms) il 26 e 27 aprile. Si prosegue poi con Campione del Garda (Bs) il 17 e 18
maggio, Gravedona (Co) il 28 e
29 giugno e quindi Sulzano (Bs)
il 12 e 13 luglio con il Trofeo
del Sebino. Per il Campionato
Mondiale bisognerà invece trasferirsi in Francia, a Carnac, dal
26 luglio al 1° di agosto. Info:
<www.rsfeva.it>.
BOLINA Aprile 2014 37
Meteo
L’ORGANIZZAZIONE
DELLE PREVISIONI
di GIAN CARLO RUGGERI
La registrazione dei dati atmosferici necessari alle
previsioni si fonda su standard condivisi e può contare
su una rete internazionale di enti tecnici ufficiali
S
E DOVESSIMO GIUDICARE
la maturità di una branca
della scienza solo dall’affidabilità delle previsioni che
questa produce, dovremmo
concludere che la Meteorologia
sta ancora attendendo la nascita
di Keplero e che persino i sacerdoti dell’antica Babilonia erano
in grado di predire le posizioni
delle stelle con un’accuratezza
ben più alta se paragonata a
quella con cui i meteorologi
moderni prevedono il tempo atmosferico.
Ma l’approccio giusto a queste valutazioni è un altro, risiede cioè nel considerare che lo
scopo principale di una scienza,
qual è la Meteorologia, è la
spiegazione dei fenomeni che si
osservano. Keplero mise insieme il materiale a sua disposizione empiricamente in formule
matematiche che consentirono
di effettuare previsioni sufficientemente corrette dei movimenti planetari, ma non fu in
grado di spiegare perché i pianeti si muovessero.
I meteorologi moderni sono in
grado di capire e valutare una
gamma più numerosa e più
complessa di processi fisici che
controllano il tempo meteorologico, pur non essendo in condizioni, attualmente, di predire la
loro evoluzione a lungo termine. Però, la spiegazione e la
comprensione dei fenomeni meteo che si osservano è un esercizio non solo degli addetti ai la-
Spesso le stazioni meteorologiche vengono installate su apposite navi che
possono rilevare i dati anche in località geografiche remote ma strategiche.
vori, ma anche dei fruitori, siano questi normali cittadini oppure utenti specializzati, come
per esempio chi pratica a vario
titolo attività marittime o aero-
Per la misurazione dei fenomeni atmosferici in quota si utilizzano radiosonde collegate a palloni aerostatici.
nautiche, anche e soprattutto
perché una corretta cognizione
di ciò che accade nell’ambiente
atmosferico in cui viviamo ci
consente una migliore comprensione dei “prodotti” offerti dai
servizi meteorologici.
Alla luce di quanto esposto, è
nostra intenzione avviare, partendo da questo articolo, un “ritorno” ai concetti che costituiscono la base della Meteorologia e, in particolare, del suo settore marittimo. Iniziamo allora
subito con illustrare alcune nozioni di base sull’organizzazione dei servizi meteorologici, incipit necessario poiché ci servirà più tardi per comprendere
gli argomenti successivi.
La Meteorologia è una scienza
(e un servizio per il pubblico)
che deve avvalersi della collaBOLINA Aprile 2014 41
Astronomia
BASTONE DI GIACOBBE
E QUADRANTE DI DAVIS
di AUGUSTO GUIDOBALDI
Due strumenti utilizzati dai naviganti per misurare la
latitudine e dagli astronomi per determinare la posizione delle stelle fino all’invenzione dell’ottante
L
GERSHON, NOTO
anche col nome latinizzato di Gersonide (12881344), è stato un eclettico studioso e pensatore francese di
origine ebraica, autore di opere
filosofiche e religiose e trattati
di matematica e astronomia. A
lui è attribuita l’invenzione del
“bastone di Giacobbe” (un nome forse ispirato dal bastone
del biblico patriarca) detto anche “bacolo” (dal latino baculus = bastone), un elementare
strumento capace però di risolvere problemi legati alla navigazione e allo studio degli astri.
Il bastone di Giacobbe è costituito da un’asta lungo cui possono scorrere aste trasversali più
piccole con dei traguardi posti
alle estremità.
La misura dell’angolo interessato, per esempio fra due stelle
o fra l’orizzonte e un astro (stella, Sole, Luna o pianeta) si effettua facendo scorrere l’asta trasversale lungo il bastone, posizionato con un’estremità vicina
a un occhio, fino a inquadrare i
due corpi celesti attraverso i traguardi.
Dividendo la semi-lunghezza
dell’asta trasversale per la distanza misurata dall’estremità
posta vicino all’occhio del bastone e l’asta, si ha la tangente
dell’angolo formato dalla direzione del bastone e uno degli
oggetti, e tramite questa ricavare il valore dell’angolo sotteso.
Moltiplicando per due questo
EVI BEN
Il “bastone di Giacobbe” o “bacolo” (disegno in alto) ideato da Levi Ben Gershon
era usato per misurare la distanza angolare fra due astri e la latitudine.
valore si ha quello dell’angolo
cercato.
Il bastone di Giacobbe era comunemente usato a bordo delle
navi in quanto consentiva di misurare facilmente e con buona
approssimazione l’angolo di elevazione del Sole a mezzogiorno,
e di conoscere così la latitudine
a cui si stava navigando. Ma il
suo uso presentava un serio inconveniente: traguardando il Sole si restava abbagliati dalla sua
luce ed era doloroso e invalidante fare i rilevamenti.
A ciò pose rimedio, circa due
PASQUA: PRIMA DOMENICA DOPO IL PLENILUNIO
L
a regola stabilita nel primo Concilio di Nicea del 325 stabilisce
che la Pasqua si festeggi la prima domenica dopo la Luna piena
successiva all’equinozio di primavera, e quest’anno la data è quella
del 20 aprile. Venere, Nettuno, Urano e Mercurio restano praticamente invisibili in quanto transitano prossimi al Sole, che sorge alle 06,4305,58 (gli orari sono quelli estivi d’inizio-fine mese e sono riferiti al
meridiano centrale del nostro fuso orario) e tramonta alle 19,2519,57. Giove si può osservare dal tramonto alle 02,47-01,03; Saturno
dalle 22,39-20,36 all’alba. Marte resta visibile tutta la notte. La Luna
è piena il 15 e nuova il 29: in queste date si verificano rispettivamente un’eclissi lunare e una solare non visibili in Italia. Nel periodo si
■
guadagna 1h e 17’ di luce diurna.
BOLINA Aprile 2014 43
Coppa America
Le basi di ala e fiocco avvicinate agli end plates convogliano e recuperano l’energia del flusso dell’aria.
wing end plate
jib end plate
traversa
AERODINAMICA, CARTA VINCENTE
di IDA CASTIGLIONI
L’ingegnere esperto di fluidodinamica che ha progettato per Oracle l’ala rigida nel 2010
e la piattaforma nel 2013, spiega quali sono stati gli assi nella manica del team Usa
M
ARIO CAPONNETTO, 53
anni, ingegnere navale
genovese nel design
team del Moro di Venezia e di Luna Rossa nel 2007, ha vinto la
Coppa America del 2010 e del
2013 progettando ala e piattaforma di Oracle. Lui e Michele Stroligo sono rientrati in patria per lavorare alla sfida italiana. Gli abbiamo rivolto alcune domane per
capire quali sono state le innovazioni che hanno portato Oracle a
vincere contro tutti i pronostici
l’ultima Coppa America.
– Quali sono state le carte su
cui si è giocata l’ultima edizione della Coppa America?
«I catamarani che hanno regata-
to a San Francisco l’estate scorsa
erano barche che si potevano immaginare solo come uscite dalla
mente di uno scrittore di fantascienza. Se l’aspetto più appariscente è il foiling, ce n’è un altro
meno ovvio che ha giocato un
ruolo forse fondamentale per la
vittoria di Oracle Team Usa su
Emirates Team New Zealand.
L’aerodinamica.
– Si è molto parlato di appendici, di foil e della distribuzione dei pesi nella piattaforma.
«Su monoscafi lenti e pesanti è
lo studio della carena la chiave di
volta della progettazione. È dalla
carena che si genera la più grande
resistenza al moto (onda e attrito)
I cerchi dietro la poppa indicano la pressione dei vortici che si liberano dalla base
del fiocco e dell’ala. Notevolmente ridotti con l’aggiunta del pod e degli end plates.
ed è quindi dalla sua ottimizzazione che si possono ottenere i benefici maggiori. Poi ci sono le appendici (chiglia e timone) mentre
la resistenza all’aria delle sovrastrutture, sartie e stralli, equipaggio, attrezzatura, ha percentualmente un’importanza non rilevante».
– Quando invece si naviga in
full foiling?
«Barche stabili e leggere come i
multiscafi di ultima generazione
possono essere da due a quattro
volte più veloci di un monoscafo
di pari lunghezza. Questo cambia
di molto l’importanza relativa
delle diverse componenti di resistenza. La resistenza di carena diventa molto bassa (nulla se la barca è in foiling) mentre quella delle appendici aumenta in proporzione, ma soprattutto sale la resistenza all’aria della barca. L’area
frontale esposta di un multiscafo è
grande rispetto alla sua lunghezza; la velocità del centro apparente è molto alta e la resistenza aerodinamica cresce circa con il
BOLINA Aprile 2014 45
Ambiente
GLI “ALIENI” DEL MEDITERRANEO
di FABRIZIO COCCIA
Aumentano i pesci tropicali nelle acque dei nostri mari,
un’invasione di specie esotiche, non sempre innocue
L
’ ULTIMO DEGLI “ ALIENI ”
SORpreso ad aggirarsi lungo le nostre coste è stato il
variopinto, ma letale, se le sue
carni sono ingerite, pesce palla,
che dallo scorso autunno nuota
tranquillo tra le acque di Sicilia,
Calabria e Puglia, invece che
nel suo Mar Rosso.
Ma la pattuglia delle nuove
specie ittiche che sempre più
spesso raggiungono il Mediterraneo e decidono di restarci,
spesso a scapito dei vecchi residenti, è ben più sostanziosa e annovera nomi come pesce scorpione, pesce flauto, muso lungo,
pesce gatto e via dicendo.
Tutti esemplari che fino a qualche anno fa potevano essere ammirati, da noi europei, solo negli
acquari, nei documentari o nei
viaggi all’estero, ma che negli
ultimi anni sono a portata di mano davanti alle coste di casa.
Benvenuti, dunque, nel nuovo
“acquario Mediterraneo”, un
bacino che sta cambiando sempre più rapidamente assumendo
inattese connotazioni tropicali.
Con implicazioni non trascurabili, visto che secondo gli esperti è il mare sottoposto alla maggiore pressione di specie aliene
del mondo. Quante? Difficile
stimarle con esattezza.
I metodi di conteggio e classificazione di questi nuovi ospiti
con le squame, infatti cambiano
a seconda se si considerano solo
Le acque di zavorra delle navi veicolano molte specie “aliene” nei mari.
i singoli avvistamenti, quelli ripetuti e classificati o gli insediamenti permanenti.
Il Daise (Delivering Alien Invasive Species Inventories for
Europe), un organismo europeo
che effettua azione di monitoraggio su questi “clandestini”
dei mari, per esempio ne ha censiti circa un migliaio, tra specie
animali e vegetali.
Per il nostro Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), sarebbero
invece oltre 5.000 le segnalazioni esotiche avvenute nel Mare
Nostrum dall’inizio del Novecento, delle quali circa 1.200
nelle acque italiane. Tra queste,
i pesci forestieri sarebbero una
cinquantina.
Ancora non si tratta, quindi, di
una vera e propria invasione, ma
certamente questa crescente migrazione esotica che dalle aree
tropicali o sub tropicali arriva
nelle nostre acque trovando per
giunta un habitat insolitamente
favorevole, sta preoccupando
non poco.
È infatti un esodo tutt’altro che
pittoresco, i cui rischi sono in
larga parte imprevedibili a cauBOLINA Aprile 2014 47
Anniversari
A distanza di un secolo dall’inaugurazione,
avvenuta nel 1914, il Canale sarà ingrandito.
PANAMA: I 100 ANNI DEL CANALE
Il prossimo agosto si celebra il centenario del passaggio:
ma la festa rischia di essere rovinata da una disputa
N
2014 CADE UN ANNIversario importante per
una delle opere dell’uomo che ha segnato la storia della navigazione: il Canale di Panama compie infatti 100 anni.
Era il 15 agosto del 1914 quando venne inaugurato questo passaggio strategico che nell’unire
l’oceano Atlantico e il Pacifico
di fatto fu l’origine di una vera
rivoluzione.
Non solo infatti le distanze tra
i porti delle rispettive coste del
continente americano si accorciarono, ma anche l’oriente e
l’occidente divennero più vicini
e soprattutto le rotte oceaniche
del naviglio internazionale vennero stravolte: niente più circumnavigazioni obbligate a Sud
del mondo, niente più passaggi
di Capo Horn e navigazioni tra i
“quaranta ruggenti” con i tempi
dilatati e i rischi concreti di perdita del carico in quel mare quasi sempre tempestoso.
Il progetto originario del varco
panamense risaliva al 1881,
EL
quando l’imprenditore francese
Ferdinand de Lesseps, già costruttore del Canale di Suez,
fondò una società ad hoc e iniziò i lavori di scavo; la complessità dell’opera e gli ostacoli di
natura finanziaria tuttavia dopo
otto anni fecero fallire obiettivi
e impresa.
Nel 1901 furono gli Stati Uniti a odorare l’affare e tentarono
di ottenere l’autorizzazione per
costruire e gestire il Canale dal
governo panamense. Quest’ultimo però rivendicò lo status di
Ai lavori per l’apertura del Canale di
Panama presero parte 75.000 operai.
Repubblica indipendente del
paese, alla stregua di Cuba, e
concesse agli statunitensi solo
l’affitto perpetuo della “Zona
del Canale” e il mandato per la
costruzione del passaggio.
Il nodo burocratico era sciolto,
restava la questione tecnica. Si
trattava di un’opera di ingegneria straordinaria, la più imponente mai realizzata fino ad allora, alla quale presero parte
75.000 operai, di cui molti italiani, non senza difficoltà: basti
pensare che nella giungla infestata da malaria e febbre gialla a
causa delle condizioni disumane di lavoro persero la vita
22.000 persone.
Eppure c’era tra quelle maestranze la consapevolezza di
partecipare a un evento epocale
e avveniristico. Tecnicamente
non si trattava solo di scavare un
passaggio, ma di costruire una
specie di “ascensore ad acqua”
che attraverso un sistema di
chiuse a doppio senso permettesse di innalzare le navi in transito al livello del lago Gatun (27
metri sul livello del mare) e poi,
dopo il suo attraversamento, riportarle a quota zero dall’altra
BOLINA Aprile 2014 51
Tecnologia
Grazie a un software è possibile visualizzare sul
proprio palmare le diverse tipologie di cartografia
IL TABLET
CHARTPLOTTER
di ANDREA GIORGETTI
I
N COMMERCIO ESISTONO OR-
mai svariate applicazioni
per trasformare smartphone
o tablet in validi strumenti di
aiuto alla navigazione. Se poi il
device è dotato di ricevitore
Gps, con la giusta “app” può diventare un vero e proprio plotter cartografico.
Purtroppo ognuna di queste
applicazioni utilizza un formato
di cartografia proprio e non convertibile, ovvero, come si dice
in gergo, usa un formato proprietario. In pratica vuol dire
che le altre carte comprate per il
plotter o per il computer non
possono essere visualizzate sul
tablet.
Se da una parte avere più fonti
di dati permette di confrontare le
carte e “scovare” qualche errore
che una mappa può avere, dall’altra costringe ad acquistare più
volte la cartografia della stessa
aerea in cui si vuole navigare.
Chi possiede un tablet con sistema operativo Windows ha la
possibilità di utilizzare OpenC-
OruxMap è un’applicazione gratuita che
trasforma le “tavolette” con sistema
operativo Android in comodi chartplotter
PN per visualizzare una grande
varietà di tipi di carte elettroniche. Questo programma open
source, però, non è ancora disponibile per il sistema operativo Android, anche se gli sviluppatori stanno lavorando a questo
progetto da diverso tempo e si
pensa che a breve sarà sul mercato. Ma per chi utilizza
OpenCPN, installando il plugin
di Google Earth <http://opencpn.org/ocpn/downloadplugins>
e il software GE to Kap
<www.gdayii.ca/Downloads.ph
p>, può creare file sovrapponendo alla carta nautica di origine l’immagine satellitare di
Google Earth.
Nel frattempo si può utilizzare il tablet Android come plotter
cartografico grazie
a OruxMaps.
Questa applicazione, scaricabile
gratuitamente da
GooglePlay, non è
stata specificatamente
pensata per la nautica, ma per
ogni tipo di attività all’aperto,
dal parapendio al trekking, passando per il volo a vela e la
mountain-bike.
Una volta installato, OruxMaps
è in grado di visualizzare mappe
raster (cartografia digitale formata da pixel) sia on-line che
off-line. Se si possiede una connessione internet, sullo schermo
del tablet si vede la mappa con il
posizionamento, la velocità e tutti i dati di navigazione, dal punto
Gps, alla distanza percorsa, all’Eta (ora stimata di arrivo), alla
velocità, alla rotta, fino alla pressione atmosferica (se il tablet è
equipaggiato di barometro), e
perfino i battiti cardiacidi di chi lo usa, se
dotati di apposito
cardiofrequenzimetro bluetooth.
In realtà si ha la
possibilità di
scegliere fra vari
tipi di cartografie
on-line e si possono
BOLINA Aprile 2014 53
Design
Più o meno fortunati, i dinghy firmati rispecchiano
lo stile, la filosofia e l’epoca dei loro progettisti.
PICCOLE BARCHE, GRANDI FIRME
di DAVID INGIOSI
Alcuni dei più grandi maestri mondiali della progettazione nautica, da Olin Stephens
a Bruce Farr, hanno disegnato anche derive che sono dei gioielli di marineria
L
A PROGETTAZIONE DI DERIVE È UN MONDO A SÉ
nel campo dello yacht design. La maggior
parte dei progetti che hanno fatto la storia della “vela leggera”, dagli evergreen per le scuole di vela alle classi olimpiche, sono stati disegnati da ex atleti, come Ian Kirby (Laser) e Julian Bethwaite
(49er), oppure da specialisti che alla creazione di
queste barche hanno dedicato tutto il proprio talento, come Jean Jacques Herbulot (Vaurien, Caravelle) o Uffa Fox (Albacore, Javelin 14, Duckling). In
alcuni casi poi dietro uno scafo riuscito c’è l’apice di
una carriera che lì è finita, come è accaduto per Andre Cornu (470), Bill Crosby (Snipe), Clark Mills
(Optimist) e George Cockshott (Dinghy 12 piedi).
Eppure anche alcuni grandi maestri dello yacht design moderno hanno firmato modelli di derive: Olin
Stephen, Nathanael Herreshoff, John Alden, Philip
Rhodes, Ricus Van de Stadt, Jean Marie Finot, Michel Joubert con Bernard Nivelt e infine Bruce Farr.
Certi progetti, come dire “griffati”, hanno avuto
successo, altri meno. Tutti però certamente rivelano
la classe e la genialità dei loro “papà”.
Prototipi hi-tech e concentrati di stile
Uno dei più grandi architetti
nautici che si è cimentato con
fortuna nella progettazione di
derive è Olin Stephens, figura
leggendaria capace con il suo
genio acuto di rivoluzionare la
vela sportiva moderna.
Nato a New York (Stati Uniti)
nel 1908, Stephens appena ventenne insieme a Drake Sparkman
creò lo studio Sparkman &
Stephens, uno dei più longevi sodalizi nautici che ha dato origine
a oltre 2.000 progetti. Tra questi,
splendidi cruiser dalle linee clas-
siche, ma soprattutto barche da
regata innovative e vincenti: come il Dorade (15,84 m), primo
ocean racer che nel 1931 si aggiudicò sia la Transat, dagli Stati
Uniti all’Inghilterra, che il Fastnet; lo Stormy Weather (16,42 m),
la barca con più vittorie nella storia velica e poi ancora il Finisterre (9,14 m), prototipo che nel
1957 lanciò le linee piatte e larghe di carena adottate ancora
oggi da tutti i monotipi da regata, e poi ben sei scafi di Coppa
America che dal 1938 al 1980 si
aggiudicarono per otto volte il
prestigioso trofeo.
Da questa straordinaria produzione si desumono alcuni concetti essenziali divenuti nel tempo il marchio di fabbrica di
Sparkman & Stephens: vocazioBOLINA Aprile 2014 55
Rigging
STRAFALCIONI
IN COPERTA
di DANILO FABBRONI
N
EL MONDO DELLA VELA,
animato da tanta passione e buoni propositi, si
finisce talvolta preda (e vittime)
di questi stessi sentimenti. La
passione infatti porta a vivere le
esperienze con gioia, entusiasmo, ma anche con evidenti sviste dovute a sottovalutazioni delle reali forze in gioco.
Il fatto per esempio di prendere “sottogamba” certi lavori all’attrezzatura di una barca non è
solo dato, come si potrebbe pensare, dalla reiterazione delle
stesse azioni eseguite giorno dopo giorno, mese dopo mese e via
di seguito, ma anche dall’innegabile evidenza che attrezzare
una coperta non pare (e non lo
è!) poi essere così complicato e
quindi sembra una cosa da “ragazzi”, semplice.
In fin dei conti si tratta di una
manciata di carrucole, argani,
“cordame” vario che mischiati
assieme formano l’attrezzatura
di uno scafo. Eppure la troppa
sicurezza può portare alla faci-
Eccessiva sicurezza, false convinzioni,
abitudini reiterate possono portare a
compiere errori “tecnici” da matita rossa
loneria, a una sicumera che causa inequivocabilmente delle castronerie. Vediamone alcune
che abbiamo scoperto su delle
imbarcazioni.
La catenaria dell’avvolgifiocco. Un’esigenza odierna è di
cercare di evitare l’antiestetica,
“padellona” dell’avvolgifiocco
in coperta (e la conseguente perdita di superficie velica) e scegliere un modello underdeck,
quindi con la mura del genoa
quasi a filo della coperta.Tutto
Fig. 1 - La catenaria non prevista dello
strallo causa lo sfregamento della vela.
parrebbe filare liscio e semplice
da realizzare, visto che si tratta
solo di eseguire un foro in coperta per accogliere l’avvolgifiocco (più precisamente il “tubo” che porta la rotazione del
tamburo ai profili), inclinato a
dovere sul versante poppa-prua
per soddisfare l’aggolettamento
scelto dall’architetto navale in
sede di progetto.
È ovvio che accanto a questo
requisito si deve tenere conto
anche della catenaria che genera lo strallo nell’andatura di bolina, tanto più accentuata in
quanto il peso non indifferente
della serie di estrusi che costituisce l’insieme dei profili porta
ad aumentarla notevolmente.
Parrebbe una cosa “semplice”,
salvo scivolare sulla classica
buccia di banana. Così ai primi
bordi ci si accorge che la mura
della vela sfrega pesantemente
la coperta tanto da causare una
tale usura prematura che costringe a cambiare il gerlo diverse volte durante una stagione
BOLINA Aprile 2014 61
Alieutica
IL LUME DEI PESCATORI
Una tecnica di pesca notturna d’origine medievale che utilizza una fonte di luce, la
“lampara”, per attrarre i banchi di pesci prima di catturarli con le reti a circuizione
to da documenti del XIII secolo che
parlano della pesca “a lumen” in
Provenza.
Nell’Ottocento in Dalmazia la
“pesca a lume” è regolamentata, in
relazione a modi e tempi, anche per
evitare conflitti con altre tecniche.
In quelle zone, un pescatore a bordo
di una barca a remi dotata di un luminiero usciva per andare a cercare
un banco di sardine e condurlo poi
sotto costa, grazie alla luce, dove veniva circondato da una rete, calata
La pesca con la lampara è diffusa in tutte le flotte di pescherecci d’Italia.
da una seconda barca, che veniva
poi rimorchiata a riva. Ma anche nel
N MEDITERRANEO, NELLE NOTTI TRANQUILLE
Tirreno e nell’Arcipelago Toscano, la tratta con fuosenza Luna, va in scena da secoli un grande co viene svolta “sin da remotissimi tempi”.
spettacolo alieutico: la pesca con la lampara.
Secondo il naturalista Achille Costa, autore di
Nel silenzio della vela è una luminosa, sempre una descrizione della pesca nel Golfo di Napoli nel
inaspettata, apparizione. All’orizzonte compare 1870, la lampara, intesa come rete a circuizione
prima un bagliore diffuso, poi cominciano a distin- usata lontano dalla spiaggia, è un’invenzione naguersi le luci e le barche, piccole e grandi. Secoli fa, poletana, risalente al 1838. In principio era usata
avevano i fuochi, tenuti accesi su bracieri esterni al- senza luce artificiale e il pesce veniva attirato dallo scafo, poi vennero le lampade a petrolio, ad ace- la fosforescenza prodotta dalle pareti della rete,
tilene e infine elettriche.
che “i pescatori scuotono continuamente”.
Immutata rimane la strategia di pesca e quella maOggi le lampare sono pescherecci di 12-20 metri
gica esca chiamata luce. I pesci infatti, e quelli tur- di lunghezza che escono dal porto al tramonto traichini (acciughe, sarde, sgombri, etc.) in particolare, nando, o tenendo in coperta, delle piccole lance.
sono fototropi positivi, cioè vengono attratti di not- Dalla barca madre, in assenza di Luna, soprattutto
te dalla luce. Una caratteristica che l’uomo ha inizia- nel periodo primaverile ed estivo, si stacca un batto a sfruttare già in età medievale, come testimonia- tello guardiano armato di potenti lampade, per
svolgere un’azione di concentrazione. Quando il
banco è consistente, un secondo battello di manoCETARA E LA COLATURA DI ALICI
vra lo circuisce con una rete molto profonda che ha
etara è ormai famosa nel mondo, almeno in
un meccanismo di chiusura sul fondo, azionabile
quello dei gourmet, per la “colatura di alici”,
in un secondo momento. Fuoriuscito il battello
una delle tante eccellenze gastronomiche italiane.
Le alici devono essere pescate con la lampara
guardiano dallo specchio di pesca, incominciano
nelle acque del Golfo di Salerno, da aprile a luglio.
le operazioni di recupero della rete.
La “colatura” è probabilmente una variante del
Pur scontando la concorrenza della pesca pelagifamoso garum romano, un liquido estratto attraca a coppia o volante, la lampara ha mantenuto a
verso un laborioso procedimento da alcuni pesci
Trieste, San Benedetto, Molfetta, Taranto e in altre
tra cui gli sgombri. Apicio, nel suo famoso ricettamarinerie un’importanza che probabilmente s’inrio, utilizza il garum in quasi tutti i piatti.
crementerà ancora in futuro, in relazione ai minoA Cetara la tradizione, opportunamente rivisitata,
ri consumi di carburante rispetto alla volante.
si è mantenuta viva in età medievale grazie ai monaci e successivamente alle popolazioni costiere, che
Colori, atmosfere e pratiche della lampara rimanfecero di questo prodotto della lavorazione delle alidano a un mondo antico, in cui il pescatore conosce
ci sotto sale, un vero e proprio tesoro, una salsa sai ritmi della Luna e le abitudini dei pesci, la forza del■
porita utilizzata per condire pasta e verdure.
FABIO FIORI
la luce e le astuzie del mestiere.
I
C
64 BOLINA Aprile 2014
ENEA RIBOLDI
Grande altura
NAVIGARE ALLA CIECA
di CARLO AURIEMMA ed ELISABETTA EÖRDEGH
Trovarsi con la barca in acque basse e non segnalate o in un banco di nebbia sono
rischi che non sempre si riesce a evitare, in questi casi serve prudenza ed esperienza
È
TARDO POMERIGGIO QUANDO
entriamo in una piccola baia
dell’isola di Mafia, al largo della costa africana. La luce è bassa e l’ancoraggio si presenta
male perché i fondali dentro la
baia, sono altissimi, superiori ai
30 metri.
Il vento viene da terra, l’acqua
è calma, la baia deserta e disabitata. Decidiamo di tentare comunque l’ancoraggio e puntiamo verso una spiaggetta grigia
in fondo della baia, avanzando
molto piano, con l’occhio puntato sull’ecoscandaglio che da
30 metri passa di colpo a 20, poi
a 10 nell’arco di pochi metri.
Quando segna 6 metri diamo
fondo all’ancora, ingranando la
marcia indietro per verificare la
presa. Tiene, ma non è un bell’ancoraggio.
La carta nautica purtroppo non
dà dettagli di questa baia, il portolano non la nomina nemmeno
e l’acqua molto torbida per la
vicinanza di un grande fiume
africano, non consente di vede-
re il fondo. Se volessimo essere
prudenti dovremmo salpare e riprendere il mare, ma è troppo
tardi per cercare un ancoraggio
alternativo e dovremmo passare
la notte alla cappa.
«Ci tuffiamo per controllare
con la maschera?».
«Non so, con l’acqua torbida e
questa poca luce», in realtà abbiamo anche un po’ di timore
per gli squali, che nell’acqua
torbida si palesano solo all’ultimo momento, quando è troppo
Verificare altezza e tipo di fondale è essenziale prima di dare fondo all’ancora
tardi. Il vento leggero che viene
da terra, la barca immobile e la
calma che regna nella baia però
sembrano fatti apposta per fugare dubbi e incertezze. «Ma sì, lasciamo stare, tanto domani partiremo all’alba».
E il giorno dopo, all’alba,
quando usciamo in coperta per
salpare, la luce perlacea che arriva da Est ci rivela uno scenario indimenticabile. A 30 metri
dalla prua, a metà tra noi e la
spiaggia, è comparso un pianoro di coralli rotti che ospita, proprio al suo bordo, la nostra povera ancora, con la catena che si
tuffa in acqua, scompare nel
fango e riemerge come se nulla
fosse a un paio di metri dalla
prua.
«Ma che cretini. Come abbiamo fatto a non accorgerci!».
Ragionando a mente fredda
riusciamo a ricostruire. Semplice, le profondità sono altissime
dappertutto, ma in direzione
della spiaggia il fondo sale ripidissimo: un muro di coralli che
BOLINA Aprile 2014 65
Rotte
La Cheasepeake Bay si estende per oltre 100 miglia
all’interno della costa offrendo riparo dagli uragani.
RALLY A VELA NELLA EST COAST
di GIORGIO CLERICI E VIVIANA VITTORIA
Un itinerario costiero negli Stati Uniti da Annapolis a
Miami seguendo i capricci della Corrente del Golfo
S
FRUTTIAMO VOLENTIERI
l’offerta di trasferire un
catamarano di 45 piedi (13
metri) da Annapolis, nello Stato
del Maryland, fino a Miami in
Florida, circa 1.000 miglia di
navigazione costiera.
Molte imbarcazioni che navigano nell’area caraibica riparano durante la stagione degli uragani, tra giugno e novembre,
nell’ampia e frastagliata baia di
Cheasepeake. Profonda un centinaio di miglia, complessa e intricata, vi si affacciano oltre alla
capitale Washington ben tre Stati dell’Unione: Maryland a Est,
Delawere a Ovest e la Virginia a
Sud. Centinaia di insenature,
porti, promontori, fiumi, lagune
e fiordi hanno reso la baia una
delle capitali del diporto nautico
statunitense.
Ulteriore motivo della sua popolarità è la collocazione geografica che la pone al riparo e al
di fuori dei percorsi classici degli uragani atlantici. Le assicurazioni non coprono i danni da
fortunale a meridione della baia
nella stagione a rischio. Alla fine di quest’ultima, il primo novembre di ogni anno, le polizze
tornano a essere valide dando il
via a un’anomala migrazione.
Migliaia di barche qui sfollate,
lasciano gli ormeggi nell’arco di
un mese per raggiungere le latitudini calde.
Due le rotte caraibiche. I più
esperti e temerari affrontano
l’alto mare con rotta sulle isole
Vergini. Una navigazione diret-
Cape Hatteras è uno dei tratti più pericolosi per chi naviga nell’Est Coast.
ta di oltre 1.300 miglia affrontando i fronti freddi che sferzano continuamente l’Atlantico
creando mare duro e corto in
quanto opposto alla forte Corrente del Golfo che scorre con
forza verso Nord Est.
L’alternativa più godereccia è
il trasferimento lungo le 1.200
miglia di navigazione costiera
fino a Miami per iniziare da qui
la discesa dell’arco caraibico
dall’isola di Bimini nelle Bahamas. Un percorso effettuato dal
Salty Dawg Rally <www.saltydawgrally.org> la cui iscrizione
è peraltro gratuita. È un’organizzazione amatoriale statunitense che offre ai propri iscritti
una serie di facilitazioni ed
eventi ma soprattutto un’ottima
consulenza meteorologica. I
120 iscritti dell’edizione 2013,
tra i quali ci siamo anche noi,
sono liberi di gestirsi la navigazione a discrezione, salvo fare
riferimento a luoghi di raggruppamento suggeriti e spalmati
nell’arco del mese previsto per
raggiungere la meta finale il 2
dicembre a Fort Lauderdale a
Miami. Da Annapolis, dove
prendiamo in consegna il nostro
BOLINA Aprile 2014 69
Avventure
Fu sul finire del 1800 che si registrarono i primi
tentativi di navigazione oceanica per diporto.
GILBOY, PIONIERE DEL PACIFICO
Nel 1882 il navigatore statunitense compì la prima
traversata in solitario e senza scalo del grande oceano
A
NCHE NELLA STORIA DEL-
la navigazione, che poi è
quella dell’uomo, ci sono i pionieri che aprono gli orizzonti e quelli che ne raccolgono
il testimone, spostandolo un po’
più in là.
È il caso per esempio della prima traversata in solitario dell’Atlantico del Nord, da Gloucester
(Sati Uniti) ad Abercastle (Inghilterra), portata a termine nel 1876
dal navigatore statunitense Alfred
Johnson con un dory di
5,48 metri. Quell’incredibile viaggio divenne negli
anni a seguire fonte di ispirazione per un pugno di audaci che tentarono di imitare
le stesse gesta marinaresche.
Tra questi c’era Bertrand
Gilboy, anche lui americano,
30 anni, ex ufficiale della
Marina, al quale però l’impresa di Johnson suggerì
un’avventura ancora più ambiziosa: attraversare il Pacifico in
solitario e senza scalo. Nel 1882
incaricò il cantiere Burns &
Kneass di San Francisco di costruire una barca di 5,50 metri,
larga 1,82, dalla chiglia lunga
ma dal pescaggio contenuto
(0,76 m) e con una velatura di
13 metri quadri disposta su un
armo a goletta.
All’interno l’imbarcazione,
interamente pontata eccetto due
passi d’uomo, doveva essere divisa in due scomparti: quello
prodiero destinato alla cambusa
Il diario dei bordo dell’impresa velica di
Bernard Gilboy venne in seguito pubblicato con il titolo “Un viaggio di piacere”.
e alle attrezzature e quello a
poppa che ospitava la cabina.
Al momento del varo Gilboy
battezzò la barca Pacific e senza
neanche collaudarla in qualche
uscita di prova, stivò tutto il materiale necessario alla traversata:
14 barili di acqua potabile, 75
chilogrammi di pane, 80 di biscotti, 15 latte di carne di manzo
e pesce, un fucile a doppia canna,
un revolver, un ombrello e diverse candele; per la navigazione stimata portò con sé un sestante, il
cronometro, un barometro, la
bussola e le carte del Pacifico.
Il 18 agosto del 1882 salpò dalla Baia di San Francisco
di fronte a una piccola folla di curiosi venuti a salutarlo. Era un venerdì e
quando qualche superstizioso in banchina lo rimproverò di avere scelto un giorno poco propizio, lui fece
spallucce e guadagnò il largo.
La barca, stivata oltremisura
e con poca deriva, faticava a
tenere la bolina, ma Gilboy non
si preoccupò più di tanto: la rotta che intendeva percorrere per
l’Australia seguiva i venti portanti, quindi tutta al lasco. La naBOLINA Aprile 2014 73
Controcorrente
Un propulsore raffreddato ad aria è più rumoroso, ma necessita di minore manutenzione.
MOTORI? RAFFREDDATI AD ARIA!
di ERNESTO TROSS
Una riflessione sui limiti degli attuali propulsori che
adottano il circuito alimentato con acqua di mare
P
ENSO SIA DOVEROSA E PRO-
ficua una riflessione sulla
motorizzazione delle nostre barche a vela. Ormai, purtroppo, è tramontata la definizione di “motore ausiliario” e i
moderni cabinati sono quasi
tutti muniti di entrobordo potenti in grado di spingerli alla
massima velocità consentita
dallo scafo.
Per ottenere questo risultato
vengono installati motori che di
“marino” non hanno più nulla.
In genere si tratta di propulsori
destinati all’autotrazione, marinizzati aggiungendo il raffreddamento dell’acqua con uno
scambiatore di calore che sfrutta la temperatura dell’acqua di
mare relativamente bassa.
I guai che ne conseguono sono numerosi e in genere la causa va ricercata non nel motore
raffreddato ad acqua in sé, affidabile e usualmente impiegato
da tutta l’industria automobilistica, bensì nel raffreddamento
tramite l’acqua di mare. Senza
contare inoltre che un motore
destinato all’autotrazione è pur
sempre raffreddato ad aria, anche se non direttamente. Al
principale rischio dell’intasamento si aggiunge la criticità
delle differenze di potenziale
elettrico dei componenti degli
scambiatori di calore.
Nel campo dell’autotrazione
il motore raffreddato ad acqua
ha preso il sopravvento per la
maggiore potenza e la silenzio-
Uno dei rischi dei motori raffreddati
ad acqua è l’intasamento dei condotti di ingresso e di scarico sullo scafo.
sità. Fattori vincenti, salvo piccoli e sporadici incidenti, quali
per esempio la bruciatura della
guarnizione di testata, etc. Non
per nulla alla Volkswagen valeva il detto: “l’aria non bolle e
non gela”.
Con i guai che derivano da
questa soluzione poco marina si
potrebbe riempire un intero fascicolo. Solo pochi anni fa nel
porto di Corfù ricordo uno skipper disperato con lo scambiatore di calore completamente corroso dalla corrente galvanica,
per il quale gli era impossibile
trovare il ricambio. Naturalmente ho fatto anch’io le mie
modeste esperienze negative.
Non vedo per quale motivo
non venga proposta come alternativa l’adozione di motori raffreddati ad aria. Specialmente
per quelle barche che, a differenza del grande parco di scafi
più o meno stazionari nei marina, intendono affrontare la navigazione sugli oceani.
Ricordo un lungo e interessante racconto di qualche anno fa
dei navigatori Elisabetta Eördegh e Carlo Auriemma: era veramente triste ascoltare la descriBOLINA Aprile 2014 75
Cavi
Le impiombature sono utili per diversi scopi,
dall’unione tra cavi alla creazione di “occhi”.
IMPIOMBARE SECONDO I CAVI
di ALFREDO MOSSO
Quali tecniche utilizzare per eseguire i giusti lavori sui
cordami considerando materiali e tipologie di costruzione
F
REQUENTANDO LE BANCHI-
ne, quelle vere e quelle
virtuali dei forum dedicati
alla vela, capita spesso di incontrare molti appassionati che si
muniscono di manuali e strumenti per dedicarsi all’arte marinara dell’impiombatura.
Oltre alle difficoltà oggettive
legate alla manualità e alla limitata esperienza, sorge anche il
problema di che tipo di legatura
effettuare in relazione alla tipologia di cavo e alla manovra che
si sta attrezzando. La risposta si
può trovare nei manuali o frequentando un corso specializzato. In ogni caso c’è sempre da
lavorare. Se si è risoluti nel vo-
lerlo fare è bene considerare prima di tutto una regola che vale
per tutti i lavori d’impiombatura, ossia che questi ingrossano il
cavo e di conseguenza lo accorciano.
Bisognerà quindi avere un’idea chiara della misura effettiva
che la manovra dovrà avere, aggiungendo a questa la quantità
di cavo necessaria per l’esecuzione del lavoro.
Per attrezzare una manovra è
necessario provvedere all’impalmatura (fasciatura del capo
della cima) che avrà anch’essa
necessità di una quantità aggiuntiva (a eccezione delle impalmature con legatura piana).
Lunghezza occhio
Quando si acquista un cavo nuovo, dopo avere considerato l’allungamento ed
eventuali lavori, è consigliabile aggiungere almeno 50 centimetri di lunghezza.
Questa quantità è un’indicazione che varia con il diametro e
il tipo di cavo, pertanto o si ricorre a formule di tipo empirico
o a tabelle già calcolate, che è
possibile trovare negli appositi
manuali che è necessario avere
sempre a portata di mano.
La lunghezza effettiva che deve avere la manovra è invece
quella misurata in barca con pazienza e cordella metrica. Il cavo precedente, quello da sostituire, può darci infatti indicazioni imprecise legate all’allungamento subito e al passaggio dai
nodi alle impiombature che non
è di semplice interpretazione.
Un altro dato che occorre considerare è la lunghezza dell’occhio con cui termina la cima,
corrispondente alla semicirconferenza del medesimo.
Risolti tutti questi problemi, al
momento dell’acquisto del nuovo cavo sarà necessario abbondare di almeno 50 centimetri,
per poi riportare il tutto alla giusta misura utilizzando una lama
affilata e bloccando i capi solo
con un giro di nastro adesivo
(non utilizzare l’accendino per
compattare i trefoli). Per cominBOLINA Aprile 2014 81
Accessori
METAMORFOSI DELL’ANCORA
di GIULIO MAZZOLINI
Dall’ammiragliato ai nuovi modelli di lega leggera e con
roll bar, il prezioso “ferro” ha subito profonde modifiche
A
NCHE LE ANCORE HANNO
avuto negli ultimi 80 anni, come tanti altri prodotti industriali, una evoluzione
rapida e impressionante. Prima
del 1930 si usava praticamente
solo l’ancora ammiragliato; questo modello ha dominato il mondo della navigazione per centinaia se non migliaia di anni.
Il segreto del suo successo sta
nel ceppo. Una ammiragliato
quando atterra sul fondale si posiziona con la marre adagiate sul
fondo (figura 1).
Quando la catena inizia a tirare il ceppo si fissa (è lì per questo) e il fusto si solleva dal fondo assieme alle marre, in questa
posizione l’ancora è in equilibrio instabile; quindi si inclina
immediatamente appoggiando
sul fondo un’unghia che inizia a
scalfire il terreno, la marra ruota e affonda fino a portare il ceppo in posizione orrizontale, a
questo punto la presa è conclusa. L’ammiragliato risponde abbastanza bene ai principali requi-
siti che deve avere un’ancora:
- deve posizionarsi facilmente
(cosa che l’ammiragliato fa);
– deve penetrare nel suolo rapidamente (le piccole unghie
dell’ammiragliato le permettono proprio questo);
– deve opporre una buona resistenza alla tensione della catena, ovvero deve restare conficcata nel fondo senza spedare (la
tenuta dell’ammiragliato è limitata dalla piccola superfcie delle
ancora a riposo
ceppo
cicala
fuso
marre
ancora in tensione
catena
si solleva
si inceppa
si ribalta
Fig.1 - L’ancora ammiragliato penetra
bene nel fondo, ma ha scarsa tenuta.
patte, anzi dell’unica patta attiva rimanendo l’altra inutilizzata
in alto);
– quando viene messa in tensione deve tendere ad affondare
e non a sollevarsi (la curvatura
delle marre dell’ammiragliato la
fanno affondare);
– se messa in tensione da una
direzione diversa non deve spedare (il profilo delle marre dell’ammiragliato offre poca resistenza alla rotazione, quindi
cambia direzione facilmente);
– se viene applicata una tensione superiore alla sua capacità
di tenuta deve arare nel terreno
e non spedare (in genere l’ammiragliato non speda);
– deve fare presa in tutti i fondali (bene con alghe e anche con
fondali rocciosi).
Il punto debole dell’ammiragliato è dunque la sua scarsa tenuta, inoltre è scomoda da manovrare e da stivare a causa del
ceppo, anche con quello mobile.
Per questo non si vedono più da
tempo sulle barche da diporto;
nelle prove eseguite da riviste
specializzate internazionali e da
grandi distributori di materiale
nautico negli anni 2006, 2011 e
BOLINA Aprile 2014 85
Refitting
POCHE MODIFICHE E SOLO “CE”
di MARCO COBAU
Le norme europee impediscono qualsiasi intervento
importante alla barca, a meno di costose procedure
N
EGLI ARTICOLI PRECEDENTI abbiamo visto come
smontare, demolire e
sbarcare un po’ di tutto dalla nostra vecchia barca da restaurare.
Bene.
A questo punto bisogna fermarsi un momento e decidere
come proseguire. Infatti ci sono
due possibilità: o procedere banalmente in direzione opposta,
ricostruendo con materiali nuovi e rimontando pari pari tutto
ciò che è stato rimosso, oppure
intervenire con modifiche e aggiunte anche importanti per
“ringiovanire” la barca e rendere quindi più agevole e moderno
il suo utilizzo.
Nel primo caso ci vorrà solo
pazienza, tempo e una certa spesa, ma alla fine la barca sarà
uguale a com’era prima ma molto più “giovane” e quindi più affidabile nel tempo. Ciò significa
che ogni meccanismo e impianto dovrà essere identico a
com’era precedentemente la cura senza che vi sia stato apporta-
to nessun cambiamento. Poniamo un esempio banale con l’impianto elettrico: su una barca di
35-40 anni i cablaggi vanno sostituiti, ma questo intervento
non dovrà comprendere l’aggiunta di nuove utenze o il potenziamento generale dell’impianto stesso.
È ovvio che situazioni di questo genere sono molto rare: quale armatore infatti potrebbe resistere alla tentazione di aggiungere qualcosa a un “vecchio”
Dal 1998 tutte le imbarcazioni devono essere conformi alle direttive CE.
impianto? Varrebbe la pena seguire questa strada solo se avessimo da restaurare (e parlo di un
vero restauro filologicamente
corretto) una barca nobile di origine o di storia passata.
Come a nessuno verrebbe in
mente di utilizzare lo skai o l’alcantara per sostituire il rivestimento dei sedili di un’auto Bugatti del 1930, altrettanto assurdo sarebbe montare una tv al plasma su uno yacht a vela progettato da Sparkman&Stephens e
costruito in legno nel 1939!
Diamo per scontato che nessuno possa resistere alla tentazione di “ringiovanire”, in buona
fede, la propria barca, non titolata ma anzianotta, apportandovi aggiunte o modifiche anche
sostanziali. La frase di prammatica in questi casi è: “già che ci
siamo, mettiamoci anche…”,
idea alla quale aderiscono prontamente tutta la famiglia dell’armatore al gran completo e gli
amici del circolo velico di appartenenza.
Così nell’immaginario collettivo di chi circonda il nostro armatore-restauratore vengono elencati tutti gli accessori senza i quaBOLINA Aprile 2014 89
Nautica disegnata
FAI-DA-TE COL PENNELLO
La primavera è la stagione ideale per rimettere a lucido la propria barca. Alcune idee
pratiche e di semplice esecuzione per ottimizzare i lavori di tinteggiatura
T
ra i diversi lavori in agenda del velista “bricouler” molti, dalla stesura dell’antivegetativa agli impregnanti per i legni, prevedono l’impiego di vernici e pennelli. I trucchi e le precauzioni per ottenere risultati soddisfacenti non sono mai abbastanza. A seguire ne proponiamo alcuni.
DILUENTE - L’aggiunta di diluente alla vernice va effettuata a piccole dosi fino a ottenere la viscosità ottimale. In eccesso renderebbe la tinta inutilizzabile.
FILTRO CON CALZA - Una vernice già aperta può essere riutilizzata se adeguatamente diluita. Eventuali parti insolubili saranno eliminate con un filtro realizzato con un pezzo di calzamaglia.
TEST - L’ideale per valutare il grado di viscosità di una
vernice è una superficie di vetro o di plexiglas. Nella tinta stesa non deve essere visibile la singola pennellata.
SETOLE - Del nastro avvolto sulla mano con il lato adesivo verso l’esterno
consente di eliminare le setole cadenti.
ADESIVO - Il nastro adesivo impiegato nel corso della verniciatura deve essere in grado di non assorbire la tinta. Solitamente si utilizza il 3M 233 Plus o il 3M
2080. Per le curve è meglio fare riferimento a più strati del sottile 3M 218.
BOLINA Aprile 2014 79
SECONDO LOOK VISITIAMO ALCUNE BARCHE DI IERI CHE NAVIGANO OGGI
Edel 6
dati tecnici
Un cabinato di successo
per la crociera costiera
non veloce, ma stabile
è realizzato con cura
e ha interni ospitali
C
1975 AL
1984 in quasi mille
esemplari, l’Edel 6 è un piccolo cabinato che ha tutte le
qualità per fare apprezzare i
piaceri di una crociera costiera anche a una famiglia. Disegnato dal progettista e costruttore francese Maurice
Edel è uno scafo solido con
generosi spessori di vetroresina, controstampato, dai volumi pieni, la coperta piatta,
la chiglia semilunga (o deriOSTRUITO DAL
lunghezza
larghezza
pescaggio
peso
velatura
m 6,65
m 2,50
m 0,99
kg 750
mq 21,60
va mobile) e il timone a barra. Non è molto veloce, ma
con vento fresco è in grado di
dare soddisfazioni e resta facile da controllare anche se la
brezza rinforza. Il pozzetto è
largo, ma un po’corto, sotto
coperta invece c’è più spazio
del previsto grazie alla possibilità di sollevare parzialmente la tuga. Offre 4 cuccette, wc marino o chimico, fornello e lavello. Ha l’entro■
bordo da 4 a 8 hp.
Alpa 8,25
dati tecnici
lunghezza m
larghezza m
pescaggio m
peso
t
velatura mq
8,30
2,60
1,60
2,5
42,5
Pensato per la regata
si è dimostrato un buon
cabinato per il diporto
solido, morbido sull’onda
e con qualità marine
N
ASCE NEL 1967 NEL CANtiere di Offanengo (Cr)
l’Alpa 8,25, uno dei tanti
progetti che hanno dato lustro a questo pioniere italiano
della nautica da diporto. Disegnato per competere nelle
regate di IV classe Ior, pur affermandosi in diverse competizioni, ha ottenuto più successo come barca da crociera.
Merito delle sue linee gradevoli caratterizzate dalla prua
fine e slanciata, il pozzetto
(in teak) protetto delimitato
da un originale paramare
ovale, la tuga bassa e il baglio
stretto. Ma anche degli interni giudicati (all’epoca)
confortevoli, rifiniti in mogano e ciliegio che offrono una
cabina a prua, il bagno separato, il quadrato con sedute
trasformabili in cuccetta e
un’ulteriore cuccetta di quarto. È armata in testa d’albero
e motorizzata con un entro■
bordo da 22 hp.
BOLINA Aprile 2014 93
SECONDO LOOK VISITIAMO ALCUNE BARCHE DI IERI CHE NAVIGANO OGGI
Dehler 29
dati tecnici
Firmato da Judel-Vroljik
questo progetto tedesco
si presta a diversi utilizzi
si per la competizione
che per la crociera
E
“YACHT OF THE
Year” in Germania nel
1979, il Dehler 29 è una barca versatile, ancora attuale,
disegnata dai progettisti Judel-Vroljik come scafo da
crociera o per regate da club.
Stretto di baglio, con la prua
verticale e un’opera morta di
altezza ridotta è reattivo, veloce e si comporta bene di bolina; l’armo è a 7/8. Il pozzetto non brilla per le sue dimensioni (il timone è a barra), ma
LETTO
lunghezza
larghezza
pescaggio
peso
velatura
m
m
m
t
mq
8,75
2,95
1,22-1,80
3
45,00
può accogliere fino a 6 persone, tuttavia è sotto coperta
che la barca sfodera doti di
originalità con un quadrato
luminoso e spazioso dominato da una seduta a “U” centrale con alle spalle la cabina di
prua separata da una tenda.
Una seconda cabina è a poppa sulla sinistra, mentre la
zona cucina è a dritta lungo la
murata. Di fronte sono collocati un piccolo tavolo da car■
teggio e il bagno.
New Ranger 26
dati tecnici
lunghezza
m 9,00
larghezza
m 2,84
pescaggio m 1,42
peso
t 1,6
velatura
mq 53,00
Remake di un progetto
d’autore dalle linee
classiche, la chiglia lunga
e ampi volumi di carena;
stile e qualità marine
I
N EW R ANGER 26 È LA
versione “modernizzata”
proposta dal cantiere romano
Makò Sailers, a metà degli
Anni 70, del Ranger, un noto
progetto del 1959 del progettista statunitense Philip Rhodes. Dotato di chiglia lunga,
timone incernierato sulla zona poppiera, zavorra in piombo incapsulata nella vetroresina, è una barca per la crociera di linee classiche, marina, dotata di ottima stabilità
L
94 BOLINA Aprile 2014
di rotta, ma che per prendere
un buon passo ha bisogno di
brezza tesa. Il pozzetto è
stretto e lungo, dotato di ruota del timone. Gli interni sono semplici, disposti con con
bagno a sinistra, la cucina a
dritta anche con funzione di
tavolo da carteggio (coperta
con un pannello) e una cabina doppia a prua. Era venduto anche semifinito, con soli
guscio e coperta, gli interni si
potevano allestire da sé. ■
Sapore di Mare / Articoli scritti dai lettori
BARCOLA SOSPESA NEL TEMPO
di GUIDO SARTORIO
Alcuni ricordi e suggestioni ispirati dalla celebre
frazione del lungomare di Trieste, fra tradizioni
di pescatori, vecchie strade e giochi di ragazzi
I
L CIMITERO DI BARCOLA, FRAzione di Trieste, è un quadratino di terra cintato da un decrepito muro e qualche cipresso.
Sarebbe uno dei tanti piccoli cimiteri nei dintorni del Carso se
non fosse distante dal mare quel
tanto che è larga la strada, quella
che arrivando da Miramare, da
Sistiana, da Duino, da Monfalcone, insomma dall’Italia, attraversa tutta Barcola, prima di finire
in città.
Alla fine di Barcola c’è un semaforo e la fermata del tram numero 6. Girando a sinistra si
prende via Bovedo e subito si
vede il cimitero. Per entrare nel
cimitero, una volta, c’era un
ponticello che scavalcava un
potok, ossia un piccolo torrente
che si riversava nel canale sotto
la strada e finiva in mare. Quando pioveva forte l’acqua scavava sotto il muro e faceva sparire
qualche morto: non si è mai saputo se fosse il morto a passare
sotto il muro e prendere il largo
o il potok a catturarselo dentro il
cimitero. Sta di fatto che il Comune rinchiuse il rigagnolo
dentro grossi tubi, interrò il fossato ed eliminò la croce e con
essa il ricordo della fregata francese Danae che agli inizi dell’Ottocento era saltata in aria nel
porto di Trieste con tutto il suo
equipaggio. I barcolani se ne
erano accorti, oltre che per il
botto, anche perché nei paraggi
erano stati trovati molti resti
straziati di quei poveri marinai:
da pescatori e uomini di mare, i
barcolani li seppellirono e ci
piantarono la croce.
Con l’interramento del potok
finì pure un bel gioco dei ragaz-
zi di Bovedo: la gara delle barchette, oggi si chiamerebbe regata. Lì attorno, infatti, c’era
sempre qualche pezzo di carta
gettata a terra da quelli che
scendevano dal tram numero 6.
Niente di meglio che farne delle
barchette e lasciarle andare con
la corrente da sotto il ponticello
del cimitero, dentro il canale e
poi, sino al mare.
Un ragazzino tutto ricci coi pantaloncini rattoppati sul sedere era
particolarmente abile nel costruire le barchette: sceglieva pezzi di
carta rossa, li piegava e ripiegava,
la punta della lingua tra i denti, le
manine rapide e precise.
Gli altri facevano barchette senza tanta attenzione e con pezzi di
carta qualsiasi, tranne un ragazzino dai capelli impomatati, la camicia di seta, il golf e i pantaloni
lunghi e stirati. Lui costruiva la
sua con carta nera, sbirciando
Ricciuto per carpirne i segreti.
«…Prrronti… Viaaa!». Partite
le barchette, i ragazzi si arrampicavano sulla strada, correvano
dall’altra parte oltre i binari del
tram, saltavano sulla spiaggietta
della Canottieri Saturnia e attendevano che la flotta uscisse dal
canale. «La gialla è la mia! Dai,
BOLINA Aprile 2014 95